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19°Zadankai 08 novembre 2012

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19°Zadankai 08 novembre 2012
TRATTO DAL NUOVO RINASCIMENTO N°316!
08 NOVEMBRE 2012
ZADANKAI
Gratitudine
a cura di Alessandro Giorni
Intanto sorrido al
mondo
Gratitudine, per
cominciare, è un
atteggiamento interiore
positivo verso tutto e tutti,
consapevoli che ogni cosa,
situazione o persona, se
accolte con un sorriso,
possono contribuire al
nostro miglioramento e alla
nostra felicità.
«La vecchia volpe non dimentica la collinetta in cui è nata, e la tartaruga bianca ripagò il favore ricevuto
da Mao Pao. Persino gli animali conoscono la gratitudine, a maggior ragione dovrebbero conoscerla gli
esseri umani» (Ripagare i debiti di gratitudine, SND, 2, 115). Provare gratitudine è spontaneo per gli animali, anche per noi esseri umani dovrebbe esserlo. Ma cos'è questo spirito di gratitudine che Nichiren ci
invita caldamente a sviluppare e coltivare? Proviamo a ripercorrere insieme la giornata-tipo del signor
Rossi, essere umano qualsiasi che scorre la propria esistenza in una qualunque provincia di un angolo del
mondo. Il signor Rossi la mattina si alza, magari non ha dormito molto bene, accanto a lui la persona
cara. Il lavoro lo attende, fa una doccia veloce, una colazione rapida, affronta il traffico, arriva in ufficio,
lo attende il confronto/contrasto con i colleghi… Si può dire che il signor Rossi si è alzato col piede sbagliato: la persona accanto a lui "oggi" non è particolarmente attraente, la doccia "oggi" è particolarmente
fredda, il caffè "oggi" particolarmente cattivo... Insomma, il signor Rossi si approccia ai fatti del suo
mondo con una smorfia interiore di insofferenza. Tutto (gli pare) va contro di lui, o comunque il flusso
della corrente è fortemente contrario. La giornata: uno sfascio. La sera, a conclusione, rabbia e/o nervosismo. Ma le persone e le cose che popolano quel giorno non sono poi così diverse da com'erano il giorno prima o persino da com'erano nel giorno più bello in cui li ha amati maggiormente: la piccola differenza è che "oggi" il signor Rossi non riesce a vedere quel "Budda-in-ogni-istante-di-vita" che fa tanto la
differenza. Ecco, forse possiamo dire, in prima battuta, che lo spirito di gratitudine è, da un punto di
vista esteriore, uno sguardo sorridente e accogliente verso le cose del mondo; da un punto di vista interiore è l'assidua ricerca della Buddità nella propria vita, per poterla poi ritrovare rispecchiata nella vita
degli altri e nelle cose di ogni giorno.Si può dire che quasi ogni scritto di Nichiren Daishonin contenga
un ringraziamento per i doni inviati dalla persona cui Nichiren sta scrivendo: una veste per l'inverno, un
po' di riso, qualcosa per scrivere. Non sono ringraziamenti formali: all'epoca del Daishonin i monaci, pur
vivendo delle offerte dei credenti, le davano assolutamente per scontate. Nichiren inverte la rotta e ringrazia di cuore per ogni singola offerta o gesto di gentilezza che riceve.
GRUPPO PROMONTORIO!
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TRATTO DAL NUOVO RINASCIMENTO N°316!
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Quante cose della nostra vita in realtà diamo per scontate e a noi dovute? Possiamo trovarne esempi negli
affetti familiari - che, pur essendo fonte di tormento per moltissime persone, sono anche l'elemento più
fondante e radicale della nostra vita. Oppure nella nostra quotidianità: premere un interruttore e accendere una lampada, andare alla stazione e prendere il treno, spostarsi la sera per andare a fare Gongyo,
partecipare a una riunione di discussione, ascoltare l'esperienza di vita di un'altra persona... Tutte queste
cose non sono scontate, fanno parte di una trama sottile che ci lega tutti e che fa riferimento a uno dei
principi cardine del Buddismo, quello di "origine dipendente". Tale principio afferma che nessun essere o
fenomeno esiste separato dagli altri, per questo ogni nostra azione ha immancabilmente un effetto nell'ambiente e sugli altri esseri viventi, così come ogni azione compiuta dagli altri, anche apparentemente
lontano da noi, in qualche modo influenza la nostra esistenza. Insomma, ognuno, senza eccezioni, appartiene a questa rete di "sostegno reciproco" di cui ciascuno beneficia nella misura esatta in cui contribuisce a renderlo più ricco e piacevole. Sempre nel Gosho, Nichiren Daishonin esprime spesso gratitudine
per le difficoltà e le persecuzioni incontrate nella sua vita. Quando si approfondisce lo studio della dottrina buddista, si comprende che Nichiren - lungi dall'essere impazzito o dall'esercitare un virtuoso masochismo - ci ha lasciato, con il suo esempio concreto, la pietra angolare dello spirito di gratitudine per
tutti quei momenti (e sono tanti...) in cui le cose proprio non ne vogliono sapere di andare. Ci ha insegnato che un ostacolo, una sofferenza, una "persecuzione" sono, in intima essenza, l'occasione per trasformare il proprio karma, la dimostrazione della propria concreta decisione di farlo, la prova della correttezza
della propria pratica: «Poiché ho subìto queste grandi persecuzioni, in quanto devoto del Sutra del Loto,
non me ne rammarico. Nessuna esistenza potrebbe essere più fortunata di questa, per quanto numerosi
possono essere i cicli di nascita e morte. Sarei potuto rimanere nei tre o quattro sentieri malvagi, ma
adesso, con mia grande gioia, posso spezzare il ciclo delle sofferenze e ottenere la Buddità» (I desideri
terreni sono Illuminazione, SND, 4, 143). "Non me ne rammarico": la semplicità e la pervasività di questa
affermazione contrasta le costruzioni mentali che di solito coltiviamo in noi, e che opprimono il cuore.
Quante volte, magari per cose banali, oppure anche per cose gravi e importanti, proviamo rammarico,
rancore, risentimento verso una persona o una situazione? Niente di più lontano dal cuore di Nichiren.
Intendiamoci: non vuol dire che questi sentimenti vadano, ipocritamente, nascosti o mascherati. Il punto
cruciale è non lasciarsene sopraffare. Ma soprattutto: sforzarsi di coltivare il loro antidoto, sia a livello
spirituale, ricordando che un devoto del Sutra del Loto prima di preoccuparsi recita Daimoku, sia a livello concreto, attraverso semplici azioni. Quali? Un sorriso, una mano tesa, una porta aperta, una frase
amica. Usare questi due antidoti, la recitazione del Daimoku e un atteggiamento cordiale verso il mondo,
proprio quando la situazione è apparentemente avversa, è il modo per sperimentare che "nessuna esistenza potrebbe essere più fortunata di questa" e progredire verso l'interruzione del "ciclo delle sofferenze e
ottenere la Buddità". Non è forse questa una delle esperienze più comuni nell'ambito delle relazioni
umane, in specie familiari, per cui da una situazione di iniziale rancore che si manifesta anche come assenza di dialogo, indifferenza, mancanza di rispetto, si giunge dopo una serie di alterne vicende e perigliose curve, a provare gratitudine per quanto prima ci faceva torcere le budella? E sono proprio queste
"occasioni" esterne il mezzo più potente che abbiamo per cambiare radicalmente le tendenze, spesso radicate e all'apparenza immutabili, della nostra vita. Sempre nel Gosho, Nichiren è amorevolmente perentorio verso i discepoli: «Chi studia il Buddismo deve assolutamente ripagare i quattro debiti di gratitudine» (Quattro debiti di gratitudine, SND, 7, 134). "Assolutamente" significa: a prescindere da qualunque
condizione si venga a verificare, indipendentemente dalle circostanze, favorevoli o sfavorevoli che siano.
E prosegue: «Secondo il sutra Shinjikan, il primo debito di gratitudine è quello verso tutti gli esseri viventi» (Ibidem). Alla luce di quanto abbiamo esposto a proposito del principio di origine dipendente, sembrerebbe abbastanza ovvio: provare gratitudine per gli esseri viventi in genere, in quanto parte della madre terra che ci offre sostentamento con acqua, aria, terra, piante, cibo, vestiti. Nel Mondo del Gosho,
Katsuji Saito fa notare che «i caratteri cinesi usati nei sutra per denotare l'espressione "ripagare i debiti di
gratitudine" (giapponese: ho' on; cinese: bao en) sono la traduzione del sanscrito krita-jna che letteralmente significa riconoscere (jna) ciò che è stato fatto nel nostro interesse (krita)». E Daisaku Ikeda, di
rincalzo, osserva che «non avremmo mai potuto diventare ciò che siamo senza l'aiuto e il sostegno di
molte persone. Riconoscere profondamente questo e a nostra volta sforzarci per gli altri con un profondo
apprezzamento per tutta l'assistenza che abbiamo ricevuto è il significato originale di ripagare il debito di
gratitudine» (MDG, 2, 308).
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Ma, da un altro punto di vista, abbiamo un debito di gratitudine verso tutti gli esseri viventi, anche perché «se non fosse per essi, non sarebbe possibile fare il voto di salvare innumerevoli esseri viventi. Inoltre,
se non fosse per le persone malvagie che li perseguitano, come potrebbero i bodhisattva accrescere i loro
meriti?» (Quattro debiti di gratitudine, SND, 7, 129). Questa osservazione riguarda in maniera particolare
chi ha scelto di praticare il Buddismo. Il voto "di salvare innumerevoli esseri viventi" è il primo dei quattro voti universali che i bodhisattva formulano all'inizio della loro ricerca (gli altri tre sono: sradicare innumerevoli desideri terreni, approfondire innumerevoli insegnamenti buddisti, conseguire la suprema
Illuminazione). «Si tratta del primo voto - os­serva ancora Ikeda - perché assumere il compassionevole
impegno di adoperarsi per la felicità di tutte le persone è il primo passo verso il conseguimento della
Buddità. Le persone che stanno soffrendo sono i nostri benefattori perché la loro presenza suscita in noi
questo altruistico impegno. Inoltre anche le persone malvagie che ci perseguitano e ci attaccano sono
nostri grandi benefattori perché ci permettono di temprarci e diventare forti» (MDG, 2, 309). Ecco perché, riportando tutto ciò nella quotidianità che è il vero e unico ambito della pratica buddista, le persone
che più ci fanno soffrire sono i migliori alleati per la nostra felicità, perché senza tutte "le grane" che ci
procurano non potremmo mai assaggiare il mondo di Buddità presente nella nostra vita. Il secondo debito di gratitudine, quello verso i genitori, è altrettanto ovvio, visto che senza di essi non saremmo al mondo, ma fa comunque riflettere. Fu il motivo ispiratore della ricerca di Nichiren Daishonin, della sua decisione iniziale di farsi prete e ricercare l'essenza dell'insegnamento buddista. Scrive ne L'apertura degli occhi: «Quando un uomo lascia i suoi genitori e la sua casa per divenire monaco, dovrebbe avere come scopo la salvezza di suo padre e di sua madre» (SND, 1, 84). Nel Mondo del Gosho, analizzando la prima fase
della vita di Nichiren, Ikeda osserva: «Il Daishonin nutriva il profondo desiderio di condurre i suoi genitori, che avevano così tanto faticato per allevarlo, e i loro amici che avevano lavorato sodo al loro fianco,
sul sentiero della vera felicità. Fu per un profondo senso di gratitudine che egli giurò di impadronirsi dell'essenza del Buddismo e di comprendere la verità fondamentale della vita e della morte» (MDG, 1, 22). La
gratitudine vera, e forse quella più difficile da tirar fuori, è per ciò che è più vicino a noi. È facile, nella
nostra epoca in cui l'anelito a una maggiore spiritualità spinge ad abbracciare facili misticismi e filosofie a
buon mercato, provare una gratitudine teorica per le forze universali o un amore cosmico per l'umanità in
genere e non rivolgere la parola da anni al proprio padre o alla propria madre. La gratitudine di Nichiren
partì dal suo ambito immediato di vita e, via via, si allargò in una spirale sempre più ampia di consapevolezza dell'essenza della vita, di gratitudine e apprezzamento per un numero sempre crescente di persone.
Il terzo debito di gratitudine ai tempi di Nichiren si applicava alla benevolenza del signore che concedeva
un feudo al samurai, e un feudo migliore o peggiore voleva dire prosperità o miseria; oggi potremmo riviverlo in relazione alla struttura sociale che ci sostiene e che sosteniamo. Il quarto debito di gratitudine è
quello verso il Budda, la Legge e il Prete, laddove per Prete si può intendere la comunità buddista. Il debito verso il Budda e verso la Legge si ripaga praticando quindi recitando Gongyo e Daimoku, facendo
conoscere la pratica agli altri (shakubuku), partecipando alle riunioni di discussione, sostenendo i centri
culturali e così via. E la comunità buddista è la prima "palestra" in cui si pratica la compassione e il rispetto verso gli altri e la propria vita, motivo in più per nutrire gratitudine per i suoi membri. A uno dei suoi
più devoti discepoli, Shijo Kingo, Nichiren Daishonin spiega, in maniera estremamente umana e semplice, il grande potere della gratitudine. Kingo incontrò varie vicissitudini a causa della sua fede; la più grave
fu la perdita dei favori del suo signore che lo privò del feudo da cui dipendeva la sua sopravvivenza. Allorché, seguendo i consigli di Nichiren, riuscì a trasformare la situazione e a riottenere un feudo, Kingo
scrisse al Daishonin lamentandosi di non essere completamente soddisfatto. Nichiren gli risponde nel
Gosho del feudo esaminando la situazione da due punti di vista, quello concreto e quello di fede. Dal
punto di vista concreto gli fa osservare che il feudo nuovo è molto più grande del precedente: «...dici che
il tuo nuovo feudo occupa un'area tre volte più grande di quella di Tono'oka» (SND, 8, 76), e che la terra è
fertile e fornisce un'ottima rendita. Dal punto di vista della fede, Nichiren ricorda a Shijo Kingo che aver
ottenuto un feudo simile a dispetto dell'avversione del proprio signore è una cosa veramente straordinaria. E inoltre lo ammonisce: «Anche se a te non piace, non devi dirlo agli altri né al tuo signore. Se dici
"sono buone terre, ottime terre", potrai ottenerne altre, ma se ti lamenti che la zona non ti piace e che la
terra non rende, sarai abbandonato dagli dèi e dagli uomini» (SND, 8, 76). Insomma Nichiren ci ricorda
che lamentarsi non produce niente di costruttivo, mentre la gratitudine, coltivata a partire del cuore, è un
potente catalizzatore positivo che, come nella chimica, favorisce e accelera la realizzazione dei nostri
obiettivi e indirizza ogni situazione verso la felicità.
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