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Emozioni e musica

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Emozioni e musica
Cose di musica
Emozioni e musica
di Cecilia Dolcetti
L
e emozioni sono reazioni affettive brevi ma intense che insorgono all’improvviso in risposta a degli stimoli esterni che, per un qualunque motivo,
ci colpiscono.
Le emozioni sono l’essenza della qualità e della varietà
delle esperienze umane; senza la capacità di emozionarsi,
la vita non avrebbe né colore, né significato.
Le emozioni
si formano attraverso il vissuto psicologico di ognuno di
noi, perciò sono
uniche, ma paradossalmente
uguali per tutti.
Sono «sentite»
in modo soggettivo, ma dichiarate attraverso le stesse
manifestazioni
fisiche: espressioni del volto,
rossore, sudorazione, batticuore, coinvolgimento del sistema nervoso.
minano e suscitano in noi un «certo stato d’animo». Secondo John A. Sloboda, psicologo cognitivista della musica, «se una persona è coinvolta dalla musica che ascolta,
se si commuove, se prova un’emozione, deve essere passata attraverso quella fase cognitiva che implica la formazione di una rappresentazione interna astratta o simbolica di quella musica».
Come una marea
la musica sovente
mi rapisce e inalbero la vela sotto nebbiosa volta
O nell’azzurro verso la mia pallida stella.Petto in avanti, come vela gonfio,
scavalco
Dei gran flutti accavallati le creste, che la notte mi nasconde. In
me sento vibrare
affetti opposti come una vela che patisce. Il vento che l’asseconda e
i convulsi
strappi della tempesta sull’immenso abisso mi cullano. Altre volte poi, bonaccia.
Charles Baudelaire, «La musica», in I fiori del male
La natura di tale rappresentazione interna, le emozioni che l’ascolto musicale consente di provare, sono tra i
temi più complicati dello studio della psicologia perché
rievocano stati d’animo ed esperienze che hanno contribuito alla formazione e allo sviluppo della personalità di ogni essere umano e perciò non si prestano alla rigidità di teorie precise, ma dipendono dalla soggettività
dell’ascoltatore.
Sono diversi gli aspetti della musica che ci portano a
«sentire» un’emozione. Tra i fattori che giocano un ruolo significativo, la struttura del brano musicale occupa un
posto di rilievo, esiste infatti una relazione tra l’intensità
e la qualità delle emozioni provate e la struttura del brano. Questa relazione permette di spiegare come un pezzo
che all’inizio dà una sensazione di calma, divenga in seguito gioioso per concludersi poi magari con un tono malinconico. Anche il tempo sembra avere un ruolo privilegiato. Non a caso alcune delle indicazioni usate dai compositori per segnalare a che tempo una determinata opera
musicale debba essere eseguita, hanno una connotazione
emotiva: allegro, vivace, lento, ecc. Fin dall’antichità veniva dato grande risalto al modo* in cui la musica doveva
Potrebbe sembrare scontato dire che la musica suscita
emozioni, che l’ascolto di una melodia attiva in noi stati
d’animo «particolari», che cantando, suonando o componendo possiamo manifestare e comunicare anche i nostri
sentimenti. Nessuno può dirsi totalmente indifferente ad
almeno qualche tipo di musica. Pratiche musicali ed esperienze emotive sembrano quindi un binomio inscindibile. Se i fattori emotivi sono fondamentali per l’esistenza
della musica, diventa allora necessario, sul piano della ricerca psicologica, domandarsi come la musica riesca a influire sulle persone. Quali sono gli elementi della musica
(melodia, ritmo, tempo, modo, struttura, ecc.) che deter-
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Cose di musica
essere suonata. I greci utilizzavano infatti diversi modi e
ognuno prendeva il nome e una connotazione ben definita da un popolo che poteva rappresentarlo: lidio, dorico, frigio ecc.
Altri elementi che contribuiscono al manifestarsi dell’emozione sono: il timbro degli strumenti: acuto, medio,
grave. Il ritmo: non a caso musiche troppo dissonanti o
con ritmi irregolari, come è spesso il caso di certa musica
contemporanea, hanno una connotazione acusticamente sgradevole.
Il piano temporale che rende la musica imprevedibile, in
quanto non vi è modo di sapere, a un dato istante, quel-
tipici canti partigiani infondevano ardore e infervoravano gli animi nelle imprese più disperate. I canti degli alpini ci danno la misura della loro fatica, della lotta per la sopravvivenza. I canti degli agricoltori, delle mondine davano sostegno e continuità al lavoro. Il tango argentino
insieme all’ardore e alla passionalità trasmette melanconia. Il canto materno, le ninnananne, le filastrocche danno tranquillità e sicurezza al bambino. La musica sacra induce al raccoglimento e al misticismo. Questi e molti altri sono esempi del ruolo e dell’influenza che la musica ha
sulle nostre emozioni e potremmo chiederci anche il perché di tale impatto reattivo. La psicologia non ha ancora
una risposta ben
chiara a questa
domanda. Sul
piano teorico
potremmo dire che la grande
forza emozionale della musica sta nella sua
quasi totale assenza di significato denotivativo. In altre parole, non vi è alcuna relazione tra
un brano musicale e una realtà non
musicale. La musica, in questo
senso, può essere rappresentata
come «un contenitore» aperto
alle nostre emozioni. Chi ascolta ha la possibilità di «riempire» questo contenitore-musica
con le sue emozioni del momento.
«Mi mancano le parole», usiamo dire quando proviamo un’emozione profonda, quasi a dimostrare che gli stati d’animo più intensi, le sensazioni più viscerali, le percepiamo ascoltando e non parlando. La musica, qualunque essa sia, sa suscitare e comunicare le nostre emozioni
quando raggiunge il cuore, e non è traducibile con le parole. Per questo aspetto, in qualche modo, può essere paragonata a quella «comunicazione privilegiata», anch’essa non verbale, a quello stato di «beatitudine assoluta» dove le sensazioni si esprimevano attraverso un linguaggio
gestuale dettato esclusivamente dalle emozioni provocate dal suono della voce materna .
lo che accadrà l’istante successivo. La curiosità, il desiderio di scoprire ciò che non si conosce, ci portano ad avere
delle attese e quindi a generare delle emozioni.
Finora si è cercato di analizzare le emozioni legate alla
musica, indipendentemente dal vissuto dell’ascoltatore e
dalla sua storia personale, ma le emozioni musicali, come
accennato all’inizio, sono influenzate anche e soprattutto
dalle nostre esperienze, dagli stati d’animo legati a determinati momenti della nostra vita. Una certa musica ci può
ricordare una circostanza importante, come l’incontro o
la perdita di una persona cara. Un’altra musica può essere
legata a un evento significativo o essere stata, per un certo
periodo, la nostra musica preferita, la «canzone del cuore», e riascoltarla ci fa riaffiorare ricordi ed emozioni di
quel momento. Altre volte l’associazione musica-emozione può essere dettata da un film, da una pièce teatrale che
ci ha particolarmente colpito. Alcune musiche sono legate a ideali e utilizzate affinché si crei un legame emozionale forte tra chi ascolta e l’ideale stesso che si vuole mettere in risalto: l’inno nazionale fa suscitare l’amor patrio,
la musica di Wagner, durante la seconda guerra mondiale, era utilizzata dal regime nazista per incutere terrore. I
In questa pagina: Alberto Savinio (1891-1952) Il fiume, tempera su masonite, 1950; nella pagina a fronte: Oggetti nella foresta,
olio su tela, 1928.
* Per modo si intende l’insieme ordinato di intervalli musicali che definisce i rapporti gerarchici tra i vari gradi della scala corrispondente. Nella musica occidentale si distinguono il Modo maggiore e quello minore.
La scala modo maggiore ha due semitoni, la scala modo minore può essere di quattro specie: naturale, armonica, melodica o mista.
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Melodie stridenti e struggenti
tra cielo e terra
Sul dipinto «A ma femme» di Marc Chagall
di Luisa Turchi
M
arc Chagall (Vitebsk, 1887-Saint-Paul-de-Vence, 1985) è l’artista che forse più di ogni altro
ha rappresentato nelle sue opere l’aspetto visionario, sacrale e profano della musica, fluido emozionale
dell’inconscio ed
espressione dell’i m mag i nar io
soggettivo e fantastico. «Ebreo
errante» per tradizione e di fatto, visse prevalentemente tra la
Russia e la Francia, conservando sino alla fine i suoni e i colori del suo paese d’origine, Vitebsk. Permeato
inizialmente dall’esprit russe e dalle
concezioni simboliste del Mondo
dell’arte dei maestri pietroburghesi – tra i quali Dobužinskij,
Diaghilev e Stravinskij – passò
attraverso il Fauvismo e l’Espressionismo, il Cubismo e il Futurismo, il Surrealismo e le AvanMarc Chagall e Bella Rosenfeld
g uard ie r usse, per citare solo alcuni dei movimenti che lo influenzarono, sapendo alternativamente cogliere e rifiutare tutto ciò che lo interessava o che al
contrario costituiva un tradimento della sua libertà interiore e un allontanamento da quella estetica personale connotata dalla dimensione lirico-fiabesca, per lo più
giocosa e senza tempo, in lui prevalente. In A ma Femme
(Parigi, Musée National d’Art Moderne), dove tutto ciò
che è sogno e ricordo gioca un ruolo fondamentale, ci
troviamo, infatti, di fronte a una straordinaria invenzione poetica: una proiezione della mente e dell’anima, probabilmente scaturita dall’ascolto del Flauto magico di Mozart, liberamente trasfigurato in immagini e sensazioni
della memoria, inerenti anche al vissuto di Chagall. Il dipinto, dall’accentuato cromatismo, si divide in due par-
ti, ognuna delle quali pregna di significati simbolici. Sulla destra, nuda e mollemente distesa su di un letto, come
l’Olympia di Manet o le Veneri di Tiziano, c’è Bella Rosenfeld, moglie del pittore: dietro di lei, una nuvola di fio-
ri lillà racchiusa in un vaso – il viola è il colore della temperanza – cerca la forma armonica del bosso sempervirens.
Nella camera della donna entrano i tetti e le case di Vitebsk, il paese che ha visto nascere il loro amore. La sfera materiale dei sensi è incarnata in alto dal capro – simbolo di libertà e trasgressione – il quale però, nel sorreggere una lampada sacra, viene a costituire un preludio sia
allo stato del sogno a occhi aperti di Bella che al desiderio di misticismo della medesima (non a caso il mantello
bruno-grigio dell’animale trapassa nel blu chiaro, il colore dell’aspirazione spirituale). Si passa quindi alla parte sinistra del quadro, ovvero alla raffigurazione della visione
onirica in atto, in cui personaggi e oggetti fluttuano nell’aria notturna e lunare, sulla scia della singspiel mozartia-
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na, evocata dalle note di Tamino, il personaggio intento a
suonare il flauto magico, seguito dalla regina della notte
Astrifiammante con il suo corteo di dame. Questi personaggi artefatti non sono che ombre rispetto alla coppia di
sposi, ben evidenziata, che rappresenta Chagall stesso insieme alla moglie, vestita di bianco. Il violinista che suona
appena sopra le loro teste, adombra non solo l’ispirazione
artistica tout court ma ricorda anche un musicista appartenente alla famiglia del pittore, come lo zio Neuch. La passione dell’artista per Bella si respira nel rosso usato a profusione nel quadro, un colore che assume una accezione
meno positiva o vitale nella figura più cupa dell’angelo caduto, dalle grandi ali rivolte verso la terra e il cielo, i piedi legati, a rappresentare la prigionia dei vizi. Il pesce più
sente, ed è qui scandita dalla pendola dell’orologio. Essa
segna sull’uno, simbolo dell’essere umano e del principio
attivo nonché indice del processo d’individuazione, inteso come capacità di armonizzare le facce contraddittorie della psiche e quindi come aspirazione verso un nuovo indirizzo di vita, che avrebbe inizio con il matrimonio.
Il blu profondo della notte è dominante e denota lo stato
irreale del sogno; l’albero, che presiede alla fertilità, mette in comunicazione i tre livelli del creato, ovvero il sotterraneo, tramite le radici, il terrestre, attraverso il tronco
e i rami, e il celeste, per mezzo della cima che si protende
verso il cielo. Potrebbe inoltre indicare anche le due valenze femminili e maschili che coabitano nella psiche, ovvero l’anima nell’uomo e l’animus nella donna. Ci troviamo
in basso – simbolo fallico – ha con sé un ombrello: ideazione, quest’ultima, dal sapore boschiano e surrealista. Il
vicino animale, simile a un agnello, può avere invece un
significato ambivalente, incarnando sia le pulsioni autodistruttive dell’istinto che gli impulsi oblativi, o le intenzioni. Il biancore della luna richiama la purezza del velo
da sposa e del violino proteso verso l’angelo, che è stato
fornito da mani divine, come ancora di salvezza e tramite
verso «i piani alti» dai quali giunge l’eco della musica celestiale, ritenuta stridente dagli animali, che non la possono comprendere nella sua intima essenza. La ritualità della spiritualità hassidica, sentita come propria dall’artista,
che non seguiva il giudaismo ufficiale, deriva da una esaltazione della quotidianità nella quale il divino è onnipre-
di fronte, quindi, a un’opera che, obbedendo a criteri relativi allo stile pittorico chagalliano, assume la stessa valenza di un viaggio onirico e musicale: un omaggio a colei che Chagall aveva sposato nella sua Vitebsk, nel 1915,
e che aveva tradotto per lui nel 1928 Ma Vie, libro delle
memorie dell’artista.
Sopra: Marc Chagall, A ma Femme.
I simboli del sogno di Serena Foglia, Roma, 1998.
Ma Vie, Parigi, 1931.
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