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Il grano duro - martinbuber.eu
Il grano duro
“Ma se tu avessi amato i Maccheroni più de' libri, che fanno l'umor negro,
non avresti patito aspri malanni... “*
Come tutti sappiamo, sono due i tipi principali di frumento: quello tenero (Triticum aestivum esaploide) che si macina per produrre farine per pane, biscotti e dolci; e quello duro (Triticum
durum - tetraploide).
La sua culla di origine è l’Africa centro-orientale (Etiopia) e costituisce la materia prima esclusiva
per la produzione della pasta, il prodotto base della dieta mediterranea.
Grano duro e grano tenero costituiscono la coltura più estesamente coltivata nel mondo,
soprattutto il tenero, perché quello duro in effetti è un cereale di nicchia a livello mondiale con
una produzione di poco superiore al 5% del grano nel suo complesso.
In questo testo analizzeremo la filiera che va dai campi alla pasta di cui siamo ghiotti
consumatori. Lo scopo è capire quante varietà di frumento coltiviamo (dipendiamo da poche
varietà?), qualcosa sulla loro storia e sui criteri di valutazione della qualità dei grani e della
pasta.
Coltivazione e caratteristiche del grano duro
Sino al 2005 sono stati mediamente coltivati in Italia 1,8 milioni di
ettari, da allora è iniziato un trend decrescente che ha visto nel 2013 un
milione e 272 mila ettari coltivati 1 , di cui 74 mila biologicamente. Le
rese sono però aumentate e da 2,77 tonnellate di frumento per ettaro del
1999 siamo
saliti a 3,21
nel 2012.
In realtà le
rese variano
molto
da
zona a zona e
dipendono
dal clima, ad
esempio nel
raccolto 2014
sono
state
anche di 5,5
tonnellate per ettaro con punte di 6,5 tonnellate.
* Frammento della poesia Maccheronata dedicata da Gennaro Quaranta a Giacomo Leopardi. 1 Il gran duro in Italia
nel 2014
1,27 milioni di ettari
coltivati:
•
•
•
56 mila al Nord
283 mila al Centro
928 mila la Sud
3,7 milioni di
tonnellate prodotte
275 €/t il prezzo
medio 2014
A coltivare sono ben 202.790 aziende agricole (censimento 2011); il 70% della produzione
proviene dal Sud Italia e dalle due isole, la regione prevalente è la Puglia che coltiva 350 mila
ettari producendo circa il 25% del frumento duro made in Italy (dati anno 2013).
Il grafico che segue illustra la distribuzione territoriale della produzione:
Fonte: Istat e Ismea
Il nostro paese è il secondo produttore mondiale, dietro al
Canada, con una produzione pari al 12% del totale
mondiale, ma rimane un grande importatore perché
produce pasta che oltre a soddisfare la domanda interna
esporta ovunque. La tabella che segue mostra le quantità
importate in tre stagioni recenti, dettagliando i paesi
fornitori 2 .
L’ultima stagione 2014 è stata negativa per il grano duro perché l’andamento climatico ha
determinato produzioni scarse e di bassa qualità sia in Italia che in molti altri paesi. Si stima che
la produzione mondiale sia di 34,6 milioni di tonnellate, la più bassa degli ultimi sette anni 3 .
Unico dato positivo per gli agricoltori è il conseguente aumento del valore del grano duro,
rispetto al prezzo degli altri cereali. Nel nostro paese si prevede un aumento delle importazioni di
grani nordamericani per integrare i grani italiani che quest’anno presentano una bassa
percentuale di proteine, questo potrebbe far lievitare i prezzi della pasta per i consumatori finali.
2 Il “frutto” del grano, che normalmente chiamiamo “chicco”, in botanica si indica col termine di
cariosside (dal greco káryon ‘seme’ e ópsis ‘aspetto’), perché si tratta di un frutto secco costituito
da un solo seme avvolto in un sottile involucro chiamato pericarpo.
I costituenti e la struttura della cariosside del grano duro determinano le caratteristiche
nutrizionali dei prodotti che se ne ricavano, anche se le tecniche ed i metodi impiegati per lo
stoccaggio e la trasformazione contribuiscono alla
qualità finale dei prodotti trasformati. Ogni
cariosside è composta dall’embrione (2%), dal
pericarpo (13%) e per l’85% dal seme vero e proprio
o endosperma 4 .
La figura a fianco rappresentata la sua struttura
mostrando quello che contiene e dove va a finire: i
carboidrati (o amidi o glucidi o zuccheri che dir si
voglia) sono la parte prevalente e si trovano
nell’endosperma, la maggior parte delle proteine è
localizzata invece nello strato aleuronico di
contorno, i lipidi (ossia i grassi) sono nell’embrione
mentre le fibre sono confinate prevalentemente nei
tegumenti esterni e finiscono nella crusca.
L’analisi chimica evidenzia questa composizione:
• Amido: 60-70%;
• Proteine: 8-20%
• Fibra 2-2,5%
• Lipidi 1,5-2%;
• Ceneri 1,5-2,2%.
Amido
L’amido è un carboidrato (zucchero) complesso costituito da più molecole di glucosio e
costituisce, come abbiamo visto, gran parte della cariosside.
Proteine
Le proteine presenti nei cereali son distribuite in percentuale diversa a seconda della regione del
chicco, globalmente costituiscono una percentuale che oscilla mediamente tra l’ 8% ed il 16%
circa dell’intero chicco e possono essere suddivise in 4 differenti classi a seconda della loro
solubilità: albumine e globuline sono quelle solubili e si trovano nell’embrione; gliadine e
glutenine (che raggruppano percentualmente anche l’80% della componente proteica), sono
localizzate invece nell’endosperma (e non sono solubili). Queste ultime due durante
l’impastamento della semola con acqua si strutturano in un complesso molecolare, il famoso
“glutine”, caratterizzato da una struttura reticolare con proprietà plastiche ed elastiche che
sono determinanti per trasformare la semola in pasta alimentare.
3 Le moderne varietà di frumento coltivate oggi sono state selezionate nel corso degli anni in modo
da adattarsi alla fase di trasformazione, ossia di migliorare il comportamento tecnologico del
relativo sfarinato nei pastifici.
Vitamine
I cereali rappresentano una importantissima fonte di vitamine, soprattutto del gruppo B
(B1, B2, B6, B12), va considerato che le azioni di macinazione con conseguente setacciatura e
allontanamento delle frazioni esterne della cariosside (il termine tecnico utilizzato è di
abburattamento) comportano un impoverimento vitaminico negli sfarinati. Questo spiega perché
la semola integrale è più ricca di vitamine.
La tabella a fianco indica tutta la “ricchezza” racchiusa in
100 grammi di grano duro, le Linee Guida per una Sana
Alimentazione Italiana pubblicati dall’Istituto Nazionale per
la Ricerca degli Alimenti e la Nutrizione nel 2003,
stabiliscono che i cereali devono essere assunti in modo da
conferire almeno il 45% delle calorie apportate giornalmente.
Sono nutrienti importanti anche le proteine e soprattutto nei
prodotti integrali, la fibra. Notevole è anche l’apporto in
elementi minerali (potassio, ferro e fosforo).
Il ruolo principale dei prodotti derivati del grano duro nella
nostra alimentazione è quello di rappresentare la principale
fonte di energia per il nostro metabolismo. La presenza di
carboidrati complessi, quali l’amido, assicura all’organismo
un rifornimento di energia prolungato nel tempo tale da
evitare brusche variazioni del tasso di glucosio nel sangue
(picchi glicemici).
Fibre
L’apporto di fibra, ma anche di certi grassi, associati
abitualmente all’introduzione di pane e pasta modulano
l’assorbimento intestinale degli zuccheri complessi, introdotti
con l’alimentazione, e indirizzano il sistema digestivo ad un’assimilazione lenta, che evita bruschi
innalzamenti dei livelli di zucchero nel sangue (il cosiddetto indice glicemico 5 ), certamente non
favorevoli alla nostra salute.
Oltre a fibra e grassi, ad intervenire sulla velocità di digestione possono concorrere anche le
tecniche impiegate per la molitura e le metodologie stesse di preparazione del prodotto finito. Per
esempio la pasta scotta pare abbia un indice glicemico più alto rispetto a quella “al dente”.
Mangiare derivati del frumento fa dunque bene e ancor di più se la pasta è derivata da semola
integrale. Numerose sono le evidenze scientifiche che dimostrano come i prodotti da sfarinati
integrali riducano il rischio di numerose patologie (malattie cardiovascolari, ipertensione, cancro)
e come contribuiscano al mantenimento di un ottimale peso corporeo ed al buon funzionamento
del sistema di funzionamento dell’insulina 6 .
Un ulteriore elemento positivo dei prodotti derivati dal frumento duro è la presenza dei
carotenoidi, come la luteina e il beta-carotene che, tra tutte le sostanze ad azione salutistica
presenti nel frumento, sembrano rivestire un ruolo preventivo nel processo di invecchiamento
cellulare e nei riguardi di alcune forme di tumore. Anche per gli antiossidanti vale il fatto che il
loro contenuto è maggiore nei prodotti ottenuti da sfarinati integrali, che presentano un
contenuto superiore a quello presente nelle uve rosse, considerato il prodotto di riferimento per
la capacità antiossidante 7 . Alcuni autori hanno peraltro messo in evidenza come il contenuto di
tali composti varia in funzione delle varietà utilizzate e delle tecniche di coltivazione adottate per
la produzione della granella 8 , ad esempio la quantità di acidi fenolici sembra maggiore nel grano
prodotto in agricoltura biologica.
4 Composti ad azione antiossidante e salutistica contenuti nella cariosside di frumento duro.
Un ruolo favorevole al nostro metabolismo è da attribuire anche al cosiddetto amido resistente.
Questa frazione di amido supera il primo tratto dell’ intestino tenue e raggiunge il tratto finale
dove, attaccata dalla flora microbica, concorre ad incrementare la disponibilità nel colon degli
acidi grassi a catena corta (detti SCFA 9 ) che mantengono in salute le cellule intestinali del colon
e prevengono il cancro all’intestino. I suddetti acidi grassi SCFA sono assorbiti dalla mucosa
intestinale e contribuiscono a ridurre i livelli di colesterolo, oltre che migliorare la sensibilità del
controllo dell’insulina sulla glicemia. Alcuni studi recenti suggeriscono, peraltro, che possono
aiutare i soggetti obesi nella normalizzazione del peso corporeo 10 .
A fronte di tanti vantaggi possono essere citati a sfavore solo alcuni punti critici, o effetti
sfavorevoli. Tra questi c’è il potenziale rischio da contaminazione da micotossine a cui i prodotti
derivati da frumento duro possono essere soggetti; tali contaminazioni possono essere
considerate delle vere e proprio emergenze socio-sanitarie poiché tali molecole resistono al calore
e pertanto sono riscontrabili nei prodotti finiti, ed hanno effetto carcinogenetico, genotossico,
La
teratogenetico,
mutagenico,
immunosoppressivo,
epatotossico
e
nefrotossico 11 .
contaminazione può manifestarsi sia durante le fasi di coltivazione sia durante lo stoccaggio
stesso, a causa di condizioni ambientali (umidità e temperatura) favorevoli all’insorgenza di
alcuni ceppi tossigeni di alcune muffe.
Varietà coltivate in Italia
Prima considerazione: sono ancora
molte le varietà di frumento duro
coltivate in Italia, alcune sono adatte ai
diversi areali (vedi cartina), altri sono
specifici di alcune regioni. Fra quelle
adatte a tutte le zone d’Italia
troviamo: Alemanno, Anco Marzio,
Avispa, Casanova, Ciccio, Claudio,
Colosseo,
Creso,
Duilio,
Iride,
Meridiano,
Neolatino,
Normanno,
Quadrato, Saragolla, Simeto, Svevo e
Tirex.
Nel centro Nord sono seminati anche
Achille, Biensur, Colorado, Grazia,
levante, Neodur, Orobel, San Carlo,
Solex, Torrebianca e Virgilio.
Nel sud e nelle isole troviamo: Aureo,
Bronte, Lesina, Maestrale, Rusticano,
5 Sant’Agata, Sfinge, Valerio, varano e Vinci. Varietà recenti sono: Ismur, Kanakis, Mimmo,
Pitagora, Ramirez, Sculptur e Yeolodur. Le prime dieci varietà seminate nel 2013 sono risultate
le seguenti: Iride, Simeto, Saragolla, Core, Claudio, Quadrato, Duilio, Levante, Odisseo e Tirex.
Nel giudicare la qualità di frumento i contratti di compravendita di solito considerano questi tre
parametri:
- peso ettolitrico;
- la tenacità delle farine (W);
- il rapporto ‘P/L’ ovvero tenacità/elasticità della semola.
Innanzitutto si considera il peso ettolitrico che rappresenta il peso in chilogrammi di un
ettolitro di grano (kg/hl) e come tale risulta una misura di densità 12 .
Altro parametro è il contenuto proteico, quasi tutto formato da glutine, normalmente compreso
nell’intervallo 12,0-14,0%.
Ma non basta che un grano abbia una buona percentuale di proteine per avere una buona
attitudine alla trasformazione, serve una buona qualità del glutine che per il grano duro deve
essere poco estensibile e tenace (glutine corto), così la pasta che si ricava risulta resistente alla
cottura e non collosa. Il parametro viene rilevato con il sistema Glutomatic e con l’indice del
glutine: debole se minore di 26, sufficiente fra 26 e 45, medio 46-65, buono 66.85, ottimo
quando maggiore di 85.
Infine, l’indice di giallo costituisce una valutazione del colore. I valori oscillano fra 14 e 34, le
classi di giudizio sono: scarso (<19), C = medio (19-22,9), B = buono (23-26), A = elevato se
maggiore di 26. Il Giudizio globale della pasta è infine una valutazione di: collosità, nervo e
ammassamento della pasta cotta. Il valore è ottenuto dalla media aritmetica dei tre parametri ed
è espresso con A, B e C.
La tabella che segue riporta i valori di questi parametri per alcuni dei grani più diffusi in Italia, si
tratta di valori desunti da coltivazione 13 e non quelli annunciati dalle case sementiere.
Varietà
Peso
ettolitrico
Contenuto Gluten
proteico
Index
tenacità Colore Giudizio
globale
pasta
“Genitori” e note
Iride
80
13
83
168
B
B
Simeto
78
14
84,5
220
B
B
Saragolla
Creso
79
81
13
14
97
74
215
174
A
C
B
Altar 84/Ionio – 1996
Adatta a differenti areali. Diffusa da
Produttori Sementi spa Bologna, spiga
alta 82-90 cm
Capeiti 8/Valnova 1988 Sviluppato
dalla stazione Sperimentale
Cerealicoltura- Caltagirone (CT),
coltivato in Italia meridionale, Spagna,
Portogallo e e Grecia. Spiga alta 8090 cm
Iride/Linea PSB 0114 - 2004
Claudio
82
13,5
80
176
C
B
Quadrato
79
14
89
224
B
B
Normanno
80
13
91
209
A
B
Aureo
81
14
94
338
A
B
Tirex
82
13
87
196
A
B
Simeto/F22/L35 – 2002
Usata da Barilla
Kofa/Svevo – 2009 Varietà specifica
per filiera pasta, usata da
Voiello/Barilla
Svevo/Nefer – 2007
Colosseo
81
14
80
176
C
B
Mutante Mexa/Creso 1995
6 B
CpB144/[(Yt54-N10-B)Cp263Tc3 1974
Sel.Cimmyt35/Durango/IS1938/Grazia
– 1998. E’ una varietà idonea a tutto il
territorio nazionale, resistente alla
siccità. Creso/Trinakria - 1999
I valori riportati sono medi, calcolati sull’intero territorio nazionale, va considerato che possono
variare sensibilmente da regione a regione, ad esempio se coltiviamo una stessa varietà di
frumento nel nord e nel sud d’Italia, al nord otteniamo generalmente grano con un contenuto
proteico più basso rispetto al sud.
Approfondiremo ora due grani antichi, oggi coltivati in agricoltura biologica: il senatore cappelli e
la saragolla irpina, insieme al grano Creso, il capostipite dei grani moderni.
Il grano Senatore Cappelli
Fonte: Quaderno n.8 dell'E.N.S.E., Ente Nazionale Sementi Elette, 1996 14
Il nome deriva dal senatore abruzzese Raffaele Cappelli, promotore nei primi del novecento della
riforma agraria che ha portato alla distinzione tra grani duri e teneri. Fu ottenuto dal genetista
Nazareno Strampelli agli inizi del ‘900 presso il Centro di Ricerca per la Cerealicoltura di Foggia.
Nato il 29 maggio 1866 a Crispiero, frazione del comune di Castelraimondo, in provincia di
Macerata, e laureatosi in agraria a Pisa, Strampelli cominciò agli inizi del ‘900 a studiare il
frumento con l’obiettivo di migliorarne sia la qualità sia la produttività. La sua attività fu quella
di incrociare il grano Rieti (a quel tempo molto diffuso), con semi provenienti da ogni parte del
mondo, contrariamente all’opinione dei suoi oppositori, come Francesco Todaro, che sostenevano
il “selezionismo” suggerendo invece una lenta selezione dei frumenti autoctoni scegliendo di volta
in volta le piante migliori per le caratteristiche desiderate. Sin dalla metà del XIX secolo il grano
Rieti Originario, coltivato da tempo immemorabile nel capoluogo sabino, era molto apprezzato in
tutta Italia, tanto che nel 1879 veniva venduto a 50 lire il quintale contro le 24-32 lire degli altri
grani. Il Rieti aveva il grosso pregio di resistere ad una malattia, la ruggine, ma il difetto di
essere soggetto all’”allettamento”, cioè al ripiegamento fino a terra della pianta a seguito di vento
o pioggia.
Nel 1915 Strampelli selezionò una varietà autunnale con buone qualità di adattabilità, ottenuta
dalla varietà locale tunisina Jeanh Rhetifah e quel grano nel 1923 venne rilasciato omaggiando
7 con il nome Raffaele Cappelli, nel frattempo divenuto senatore. Strampelli fece nascere molte
altre varietà di grano duro come il Milazzo e il Tripolino, ma è il Senatore Cappelli che si diffuse
con successo tra gli agricoltori italiani.
Nonostante fosse anch’esso alto (circa 150-160 cm), tardivo e suscettibile alle ruggini ed
all'allettamento, ebbe grande successo per la sua larga adattabilità, la sua rusticità e soprattutto
per l’eccellente qualità della sua semola. L'introduzione di questa cultivar determinò l'aumento
delle rese medie da 0,9 t/ha del 1920, ad 1,2 t/ha alla fine degli anni '30 e nel trentennio dagli
anni ’20 agli anni ’50, fino al 60% della superficie nazionale a grano duro venne seminata con
questa varietà, che si diffuse in seguito anche in altri paesi del Mediterraneo.
Il Senatore Cappelli ha rappresentato la base del successivo miglioramento del frumento duro ed
è presente nel patrimonio genetico di quasi tutte le cultivar di grano duro oggi coltivate in Italia e
di numerose altre a livello internazionale. Importante ricordare il famoso grano Creso ottenuto
irradiando con radiazioni nucleari il Cappelli, che rimane quindi esente da ogni contaminazione
da mutagenesi indotta con raggi x e y del cobalto radioattivo, a differenza di molte varietà oggi
utilizzate in agricoltura. Viene ancora coltivato, in particolare nel meridione d'Italia
(Basilicata, Puglia, Sardegna), per la produzione di pasta di qualità superiore, ma anche per
pane e pizza biologici, poiché con questo grano si produce anche un ottimo pane.
Strampelli non si arricchì mai con i suoi frumenti (molti furono anche quelli teneri), scegliendo di
non richiedere royalties per lo sfruttamento commerciale dei semi da lui distribuiti. Purtroppo è
ancora scarsamente conosciuto, sia in Italia che all’estero, perché malauguratamente la
prolificità nell’ottenere nuovi incroci andò invece di pari passo con la scarsità di pubblicazioni
scientifiche che il genetista decise di scrivere, quasi che tutto il tempo a sua disposizione dovesse
essere impiegato nel lavoro nei campi e in laboratorio e non allo scrittoio. I grani erano le sue
“pubblicazioni”. La conseguenza però fu che nel giro di pochi decenni dalla sua morte avvenuta
nel 1942, l’Italia e il mondo si dimenticarono di Strampelli 15 .
Il grano Creso
8 La storia del grano Creso ha inizio nel campo che potete vedere nella vecchia foto 16 riportata
sopra, del 1967 che ritrae il campo gamma a la Casaccia dove alla fine degli anni ‘60 nei
laboratori del CNEN (Comitato Nazionale Energia Nucleare, poi trasformato in ENEA), al Centro
Studi Nucleari il gruppo del Prof. Scarascia Mugnozza iniziò a irraggiare con raggi gamma la
gloriosa varietà di grano duro Cappelli, di cui abbiamo appena scritto. Al centro del campo era
posta la sorgente di raggi mostrata qui a fianco, l’obiettivo era quello di stimolare la mutazione
genetica delle piante di grano.
La stragrande maggioranza dei semi
irradiati morì o produsse piante
abnormi,
ma
una
pianticella
sopravvive mostrando caratteristiche
interessanti.
Come
scrissero
i
ricercatori
era
più
bassa,
più
resistente e con rese maggiori
del Cappelli. Quel mutante venne
incrociato con altre varietà di grano,
per
trasferire
le
nuove
caratteristiche,
e
nel
1969
nacquero
le
varietà
Castelporziano,
Castelfusano,
Casteldelmonte e Castelnuovo. Nel
1974 venne registrato il Creso (i
costitutori sono i Dott. Bozzini e
Mosconi) che nel giro di pochi anni
divenne il grano duro d’elezione:
tutti noi ne abbiamo mangiato a
quintali sotto forma di spaghetti,
penne, rigatoni e maccheroni poiché nel 1984 il Creso occupava il 53.3% del mercato
italiano di semi certificati di grano, ed era coltivato su 430.000 ettari. L’Enea registrò
anche altre varietà come il Crispiero, il Perseo e il Povenzal ricavando dalle royalities
discrete cifre, col solo Creso ha recuperato un milione e 678 mila euro. Dal Creso
vennero poi sviluppati altri grani, alcuni dei quali coltivati in maniera rilevante, come il
Colosseo, l’Arcangelo, il Cirillo e il Varano. Ancora oggi, dopo oltre 30 anni dalla sua
registrazione, il Creso è abbondantemente coltivato nel nostro Paese ed è stato utilizzato
nei programmi di miglioramento genetico anche in Cina Australia, Argentina, USA e
Canada. Per questo è considerato uno dei padri di buona parte dei grani duri coltivati
nel mondo.
La sua origine “anomala” è però anche motivo di critiche, il Creso (insieme ai suoi “figli”),
è fra gli indiziati accusati del dilagare della celiachia (intolleranza al glutine), in
particolare il professor Luciano Pecchiai 17 , per anni Primario Patologo dell'Ospedale dei
Bambini di Milano e fondatore nel '60 del Centro di Eubiotica Umana, ha sempre
sostenuto la tesi che a causare lo sviluppo delle intolleranze alimentari sia stato proprio
il suo diffondersi. A suo parere la modifica genetica di questo frumento sia correlata ad
una modificazione della gliadina, una proteina dalla quale per digestione si ottiene una
sostanza chiamata frazione III di Frazer, alla quale è dovuta l'enteropatia infiammatoria
e quindi il malassorbimento caratteristico della celiachia.
Ma a onor del vero non esistono evidenze scientifiche che lo abbiano dimostrato, il dato
di fatto è che il Creso continua ad essere nel catalogo delle aziende sementiere, caso raro
di longevità e che rappresenta uno spartiacque fra due generazioni di grani: quelli giunti
a noi solo per effetto di incroci e quelli moderni, nel cui genoma vi sono modifiche
originate dai raggi gamma.
9 Grano Saragolla
Il (o la) Saragolla, è un'antichissima varietà di grano duro per lungo tempo coltivata in
meridione e nelle isole, caduta però successivamente nell'oblio per la bassa
produttività e per la facilità di allettamento durante la crescita.
Non essendo stato ibridato, ha una struttura biologica più “semplice” che la rende un
sostituto squisito e digeribile per gli intolleranti ai prodotti del grano comune. Dal punto
di vista botanico appartiene al genere Triticum, specie Triticum Turgidum, come il
Khorasan commercialmente noto come Kamut che gli assomiglia nel portamento, nello
sviluppo e nelle caratteristiche.
Rispetto ad altri grani duri contiene un più alto contenuto di proteine, lipidi e sali
minerali e la farina che si produce è unica ed è adatta sia alla pastificazione sia alla
panificazione.
Venne introdotto in Abruzzo nel 400 D.C. da antiche popolazioni proto bulgare (gli
Altzek) che provenivano dall’Egitto. La denominazione saragolla è di origine bulgara
(Sarga
=
Giallo
e
Golyo
=
Seme),
ovvero
chicco
giallo.
Si diffuse nei territori dei comuni di Palazzo San Gervasio, Forenza, Maschito, Banzi,
Genzano di Lucania, Venosa, Montemilone, Lavello, tutte località oggi in provincia di
Potenza. E’ un grano molto speciale, duro e vitreo come l’ambra, che produce farine di
color giallo intenso; dal medioevo fino al 1800 molti testi lodano le qualità del grano
saragolla e tra questi il più apprezzato era il saragolla turchesco, Nel 1801 l’Abate
Bernardo Quartapelle, nel suo trattato “I Principi Della Vegetazione Ovvero Come
Coltivar La Terra Per Trarre Da Essa Il Maggior Possibile Frutto”, riporta che nell’agro
Pretuziano (antica denominazione della provincia di Teramo) “gli agricoltori distinguono
diversi specie di grani, chiamandone alcuni duri e altri bianchi, e fra i primi il più
importante è la saragolla, o meglio le migliori saragolle del nostro regno”. Ma in seguito
arrivò il periodo dell’oblio e la coltivazione venne relegata nelle piccole proprietà
contadine dell’Abruzzo collinare.
Dopo l’oblio pare oggi sia giunto il tempo della riscoperta da parte di diversi agricoltori
biologici. E’ accaduto così che nel gennaio 2014, la Saragolla Lucana sia stata iscritta al
registro delle varietà vegetali come “Varietà da conservazione”. Ovvero – sottolinea il
Centro di Ricerca per la Cerealicoltura del CRA -, varietà tradizionalmente coltivate in
particolari località e minacciate da erosione genetica.
Estratto Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 2014 18
Il recupero è avvenuto grazie all’impegno dell’Associazione Lucana Cerealisti di Antiche
Varietà di Palazzo San Gervasio, del CRA Centro di Ricerca per la Cerealicoltura di
Foggia (CRA-CER) ed alla Regione Basilicata. IL CRA spiega che la Saragolla lucana si
presenta con un culmo lungo e flessibile, la spiga è aristata e le reste sono nere alla base
10 e gialle verso l’apice. Le spighette contengono di solito 2-3 semi di colore scuro e di
grandi dimensioni se paragonati a quelle delle altre varietà di frumento duro. L’altezza
della pianta oscilla tra i 140 ed i 160 cm e l’epoca di spigatura è più tardiva rispetto a
quella dei frumenti duri più comuni. Il portamento della pianta alla fine
dell’accestimento è eretto e nonostante la taglia riesce a resistere discretamente
all’allettamento.
Una ultima nota: questo grano non va confuso con l’omonima varietà migliorata di
frumento duro, ottenuto da un incrocio e registrato nel 2004 dalla Società Produttori
Sementi di Bologna e coltivata in molte parti d’Italia.
Il kamut
Negli anni recenti, inizialmente nei negozi bio, ma ora in tutti i supermercati, si sono diffusi i
prodotti a marchio Kamut. Parliamo di marchio perché il kamut non è il nome di un grano
speciale, è un marchio commerciale registrato negli Stati Uniti da una società che si
chiama Kamut International ltd su una varietà di frumento che pertanto viene coltivata e
venduta in regime di monopolio.
Spesso in internet questa varietà viene definita come il “grano del faraone” perché si racconta che
i suoi semi siano stati ritrovati intorno alla metà del secolo scorso in una tomba egizia ed inviati
nel Montana, dove dopo migliaia di anni sarebbero stati “risvegliati” e moltiplicati.
In realtà come spiega la stessa società sul suo sito internet è solo leggenda, il nome latino di
questo cereale è Triticum turgidum ssp. turanicum, mentre il nome generico è grano khorasan che
non risulta nato ne' coltivato in Egitto.
Questo grano non è stato modificato geneticamente, neppure ibridato e non è vietato da coltivare,
è vietato venderlo col nome Kamut e la forza del marketing è stata quella di creare la domanda
non di Khorasan ma di Kamut.
Ma quali sono le differenze rispetto agli altri grani? Va premesso che ogni grano ha proprietà
specifiche per cui fare un generico confronto ha un valore relativo, ad ogni modo il khorasan ha
acqua, fibre e ceneri più o meno agli stessi livelli degli altri grani, la differenza è che ha meno
carboidrati, più proteine e più grassi, risultando quindi più energetico (tant’è che risulta adottato
da alcune squadre di calcio di serie A italiane, come sottolinea la Kamut Ltd stessa). Spesso si
parla di una sua maggiore digeribilità, ma non esistono studi consolidati, si riconosce che i grani
antichi, avendo una struttura genetica “più semplice”, possano risultare più digeribili per coloro
che soffrono di “ipersensibilità al glutine”.
Recenti studi hanno messo in evidenza la presenza di selenio (noto antiossidante), in effetti viene
certificato un contenuto minimo di selenio di 400 ppb. Poichè il selenio assorbito dai cereali
dipende dalla quantità contenuta nel terreno, terreni poveri di selenio, come alcuni in Europa,
sono automaticamente esclusi dalla possibilità di coltivare Kamut certificato.
Il frumento prodotto e venduto con il marchio Kamut è coltivato solo negli Stati Uniti (Montana) e
nel Canada (Alberta e Saskatchewan), sotto lo stretto controllo della famiglia Quinn, proprietaria
della società K.Int. Nel 2012 ne sono stati coltivati 24.000 ettari, in Europa questo grano arriva
da un unico importatore belga e da qui viene smistato nei vari stati. Per diretta ammissione della
Kamut Int. l’Italia rappresenta “di gran lunga il più grande mercato mondiale per il Kamut® e oggi
questa cifra supera il 50 per cento della produzione globale” 19 . Dopo l’Italia l’interesse maggiore è
in Germania e in Francia.
11 La filiera del frumento duro
La struttura della filiera è mostrata nello schema che segue:
Nel 2013 le aziende agricole italiane ci hanno fornito 4,1 milioni di tonnellate di frumento (più
3,4 milioni di t. di grano tenero); dalla prima trasformazione dei molini sono usciti 7,7 milioni di
tonnellate fra semola e farina per un fatturato industria molitoria pari a 3,6 miliardi.
La semola è stata trasformata dai pastifici in 3,4 milioni di tonnellate di pasta per un fatturato a
4,6 miliardi.
Nella filiera entrano anche i mangimifici che dal frumento producono cibo per gli allevamenti di
animali e, sempre nel 2013, hanno sfornato 14 milioni di t. di mangimi composti, per un
fatturato pari a 7,35 miliardi di euro, il loro numero in Italia è di 503 ed occupano 8.500 addetti.
Se consideriamo anche il grano tenero e inseriamo le quantità in gioco, otteniamo lo schema che
segue:
12 Sette milioni e mezzo di tonnellate di frumento escono dal settore agricolo per entrare in quello
della trasformazione, insieme a 5,8 milioni di tonnellate importate dall’estero. I pastifici con 3,4
milioni di tonnellate di semola producono un miliardo e mezzo di tonnellate di pasta che
consumiamo in Italia e quasi due miliardi di tonnellate che esportiamo nel mondo.
Prima trasformazione: la fase molitoria
La prima trasformazione a cui sono destinate le cariossidi di grano duro è la molitura che
avviene nei 358 mulini italiani in cui lavorano 4.600 persone.
La semola di grano duro o semplicemente semola è definita come il prodotto granulare a spigolo
vivo ottenuto dalla macinazione e conseguente setacciatura (tecnicamente chiamata
abburattamento) del grano duro liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità. Detto
altrimenti, la semola è il macinato delle particelle di endosperma , passato attraverso un setaccio
13 con fori del diametro di 0,86 mm; la parte che supera la barriera del setaccio più fine (0,14 mm)
diventa farina. In relazione alla qualità del lotto di granella ed all’efficienza del processo, la
molitura commerciale produce generalmente il 65-70% di semola ed il 5-12% di farina.
Caratteristiche della semola
Per legge 20 la semola di grano duro deve avere una umidità massima del 14,5%, una percentuale
di ceneri fra 0,7 e 0,85% 21 , una percentuale di cellulosa fra 0,2 e 0,45% e una percentuale di
proteine superiore a 10,5%.
Tipo
Umidità max
Ceneri min
Ceneri max
Proteine min
Semola
14,5%
0,90%
10.5
Semolato
14,5%
0,90%
1,35%
11,5
Semola integrale
14,5%
1,40%
1,80%
11,5
Farina
14,5%
1,36%
1,70%
11,5
La tabella che segue propone infine la composizione chimica della semola integrale e non
(g/100g), evidenziando come in quella integrale siano superiori proteine e fibre e inferiore il
contenuto calorico. Soprattutto risultano superiori le quantità di elementi minerali e vitamine.
Umidità
Proteine
Lipidi
Amido
Fibra
Energia (Kcal)
Sodio
Potassio
Ferro
Calcio
Fosforo
Tiamina
Riboflavina
Niacina
Semola
14,0
11,5
0,5
68,2
3,6
339
Elementi minerali (mg/100g)
12
170
1,3
17
165
Vitamine (mg/100g)
0,19
0,15
2,00
14 Semola integrale
14,0
12,0
1,9
59,7
9,6
319
3
337
3,0
28
300
0,40
0,16
5,00
La seconda trasformazione: i pastifici
Come è noto, l’Italia detiene nel panorama mondiale il primato di paese produttore di pasta, con
3.127.598 tonnellate annue; elevate produzioni sono raggiunte dagli Stati Uniti (secondi
produttori), dai paesi europei vicini all’Italia e da Paesi latino-americani. Sono 120 i pastifici con
7.500 addetti.
Gli ultimi dati del 2013 segnalano una produzione
nazionale pari a 3.408.499 tonnellate, di cui 1.901.354
esportate.
Anche relativamente ai consumi di pasta, l’Italia detiene
il primato mondiale con 25,3 kg pro-capite 22 ; molto
distanziati seguono il Venezuela, la Tunisia e la Grecia.
E’ però da notare che negli ultimi anni in Italia il
consumo sta calando (-0,9% anche nel primo semestre
2014), mentre sta aumentando nel resto del mondo.
Gli ingredienti basilari sono la semola e/o la farina di
grano duro ed acqua. Le cosiddette paste speciale, prevedono invece tra gli ingredienti anche
uova intere o bianchi d’uova, o altri ingredienti.
Commercialmente gli ingredienti sono lavorati a formare un impasto che è estruso sotto vuoto
per produrre pasta lunga e corta di forma e dimensione ben definita. L’essiccazione della pasta
può avvenire in tempi brevi o lunghi, quelli brevi sono preferibili poiché preservano meglio le
caratteristiche organolettiche e proteggono le proteine della pasta, l’essicazione ad alta
temperatura viene però usata dalla gran parte dei pastifici perché ottiene l’effetto di produrre
pasta che regge meglio la cottura, compensando in parte l’eventuale scarsità di glutine.
La pasta di alta qualità è caratterizzata da un uniforme brillante colore giallo dorato, privo di
punti neri, oppure, in quella integrale da un colore bruno dovuto a fibre e polifenoli; cotta
dovrebbe essere tenace, elastica, non ammassata e dovrebbe rimanere al dente nonostante
l’insorgenza di una sovracottura.
15 La pasta IRIS
I gruppi di acquisto solidale
aderenti
alla
rete
Stadera
acquistano
tutti
la
pasta
dall’Azienda IRIS. Ma la IRIS era, è
e rimarrà, come dice Maurizio
Gritti storico presidente e faccia fra
le più note nel mondo del biologico
italiano, una cooperativa agricola,
prima che un produttore di pasta.
Nata nel 1978, l’azienda ha sede
a Corteregona
di
Calvatone
(Cremona), all’interno del parco
Oglio sud.
Per dieci anni si è limitata (si fa per
dire) a coltivare, poi ha deciso di occuparsi anche dello step successivo, quello della
trasformazione. La produzione della pasta è sempre avvenuta nel pastificio Nosari di Piadena,
una fabbrica molto vecchia degli anni venti del secolo scorso, i cui macchinari sono stati rifatti
negli anni '70. Nel 2005 il pastificio era avviato al fallimento e la IRIS decise di acquistarlo.
Il grano duro utilizzato per produrre la pasta proviene dalla filiera agricola che comprende oltre
ai campi della IRIS quelli di molti agricoltori piemontesi, lombardi, veneti, emiliani, toscani,
abruzzesi, pugliesi, calabresi e siciliani, insomma un po da tutta l’Italia. La varietà di grano
coltivata è Claudio, insieme al senatore Cappelli e al Khorasan che vengono utilizzati per
produrre, rispettivamente, la pasta “senatore cappelli” e “grani antichi”. IRIS produce anche
pasta a marchio Kamut, ovviamente in questo caso la semola non è prodotta da frumento
Khorasan coltivato in Italia.
Roberto Meregalli 23 – novembre 2014
1
Fonte: Ismea, Outlook cereali agosto 2014, anche i grafici della filiera sono estratti dal report. 2
3
Fonte: Associazione nazionale cerealisti. Dato dell’International Grain Council. 4
L’endosperma è il tessuto che avvolge l’embrione nell’interno del seme e contiene sostanze nutritive necessarie allo sviluppo dell’embrione stesso. 5
L'indice glicemico misura la capacità di un determinato glucide (carboidrati, zuccheri o saccaridi) di alzare la glicemia dopo il pasto rispetto a uno standard di riferimento che è il glucosio puro. La glicemia è la quantità di «zucchero» (in realtà di glucosio) contenuta nel sangue. A digiuno la glicemia è di circa 1g di glucosio per litro di sangue. Quando si assumono carboidrati, questi si trasformano con la digestione in glucosio, e ciò si traduce con un aumento della glicemia. 6
Marquart L., Jacobs D. R. Jr, Slavin J. L.; 2000 ‐ Whole Grains and Health: An Overview Am Coll Nutr 2000 19. 7
Quaglia G. 2001 ‐ Aspetti tecnologici e nutrizionali della semola rimacinata di grano duro per la panificazione. In: Autori Vari. Ottimizzazione delle materie prime, del processo di lievitazione e del confezionamento nella produzione industriale di pane e prodotti da forno convenzionali e dietetici (pop sicilia misura 10.4). Consorzio di Ricerca Gian Pietro Ballatore. 8
Adom K. K., Sorrels, M. E., Liu R. H., 2005 – Phytochemicals and antioxidants activity of milled fractions of different wheat varieties. Journal of Agricoltural Food Chemistry. 53 9
SFCA è acronimo short chian fat acid. 10
Sajilata, M.G., Singhal, R.S., Kulkarni, P.R., 2006 ‐ Resistan Starch – A review. Comprehensive Reviews in Food Science and Food Safety‐ 5, 1‐17 11
Cantelli Forti G., 2007 – Effetti tossici e meccanismi di azione delle micotossine. In: Rapporti ISTISAN 07/37 ‐ Le micotossine nella filiera alimentare. A cura di M. Miraglia & C. Brera. Istituto Superiore di Sanità. 12
I valori del peso ettolitrico possono variare da circa 60 a circa 88: il grano duro ha valori superiori a 82 kg/hl, quello tenero è fra i 70‐74. 13
Tratti da “Le varietà di frumento duro in Italia, risultati della rete di sperimentazione 1999‐2012, edito dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura. http://qce.entecra.it/Le%20varieta'%20di%20frumento%20duro%20in%20Italia.pdf 14
http://scs.entecra.it/quaderni/libretto%208.pdf 15
Fonte: Wikipedia 16
Immagini e informazioni sono tratte dalla presentazione sull’uso pacifico dell’energia nucleare in Casaccia e la nascita del grano Creso: i 36 anni del brevetto ENEA, di Luigi Rossi, Presidente Federazione Italiana Dottori in Scienze Agrarie e Forestali, svoltasi a il Roma 14 aprile 2011
17
http://www.akrux.it/it/component/k2/item/58‐intervista‐al‐prof‐luciano‐pecchiai.html 18
http://www.gazzettaufficiale.it/do/atto/serie_generale/caricaPdf?cdimg=14A0035500000010110001&dgu=2014‐01‐28&art.dataPubblicazioneGazzetta=2014‐
01‐28&art.codiceRedazionale=14A00355&art.num=1&art.tiposerie=SG 19
http://bressanini‐lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/07/01/un‐addendum‐sul‐kamut%C2%AE/comment‐page‐1/ 20
Legge 4 luglio 1967, n. 580 (Gazzetta Ufficiale n. 189 del 29 luglio 1967), soggetta successivamente a modifiche, come il D.P.R. 30 novembre 1998, n.502 (Regolamento recante norme per la revisione della normativa in materia di lavorazione e di commercio del pane, a norma dell’art. 50 della legge 22 febbraio 1994, n. 146 ‐ pubblicato su G.U.R.I. 1 febbraio 1999, n. 25). 21
è consentita inoltre la produzione di farine di grano duro da destinare esclusivamente alla panificazione, avente un contenuto minimo di ceneri di 1.35 e massimo di 1.60. 22
http://www.aidepi.it/servizi/ufficio‐studi.html 23
Per contatti scrivere a [email protected] 16 
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