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Tecniche di costruzione e ricostruzione dei muri a secco Rilevanza

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Tecniche di costruzione e ricostruzione dei muri a secco Rilevanza
REGIONE LIGURIA
REPUBBLICA ITALIANA
UNIONE EUROPEA
COOPERATIVA OLIVICOLA ARNASCO
Programma Regionale di Sviluppo Rurale 2007-2013
LIGURIA Misura 1.1.1 Azione - Corsi di formazione
DGR n. 1332 del 09.10-2010
FONDO EUROPEO AGRICOLO
PER LO SVILUPPO RURALE:
L’EUROPA INVESTE NELLE ZONE RURALI
Tecniche di costruzione e ricostruzione
dei muri a secco
Rilevanza delle opere di consolidamento
e aspetti relativi alla sicurezza
nelle fasi realizzative
COOP OLIVICOLA DI ARNASCO
Quaderno n. 10
Arnasco 09/2010
Tipolitografia F.lli Stalla - Albenga
REGIONE LIGURIA
REPUBBLICA ITALIANA
UNIONE EUROPEA
COOPERATIVA OLIVICOLA ARNASCO
Programma Regionale di Sviluppo Rurale 2007-2013
LIGURIA Misura 1.1.1 Azione - Corsi di formazione
DGR n. 1332 del 09.10-2010
FONDO EUROPEO AGRICOLO
PER LO SVILUPPO RURALE:
L’EUROPA INVESTE NELLE ZONE RURALI
Tecniche di costruzione e ricostruzione
dei muri a secco
Rilevanza delle opere di consolidamento
e aspetti relativi alla sicurezza
nelle fasi realizzative
COOP OLIVICOLA DI ARNASCO
Tipolitografia F.lli Stalla - Albenga
Quaderno n. 10
Arnasco 09/2010
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Una delle peculiarità della Liguria è il suo paesaggio agrario a terrazze, risultante di
fatiche plurisecolari dei suoi abitanti, che, per ottenere risorse per la sopravvivenza, hanno
modificato l’aspro assetto dei versanti.
Questa tecnica agricola ha permesso di creare superfici coltivabili dove non esistevano,
sorrette da muri a secco in pietra, raccolta in superficie o cavata dalla roccia.
I terrrazzamenti sono di valore storico con profondi legami col paesaggio consolidato
e con la difesa del suolo.
La Cooperativa Olivicola di Arnasco, in collaborazione col gruppo culturale “Amici
dell’Olivo”, desidera fornire con questa breve memoria, un momento di conoscenza e di
tecnica, in argomento, e l’opportunità di spunti di riflessione per una riqualificazione del
paesaggio storico agrario e sulla sua salvaguardia, conservazione, valorizzazione.
Questa realizzazione è una delle tappe di un cammino che la Cooperativa ha intrapreso
da anni, in favore della cultura olivicola, intesa non solo nei suoi aspetti agronomici ma
estesa a tutto ciò che essa ha rappresentato nell’identità di una comunità rurale.
Cooperativa Olivicola
Arnasco
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IL PAESAGGIO AGRARIO TERRAZZATO
NOTE STORICHE
Il terrazzamento a fini agricoli è
diffuso in numerose parti del mondo:
dall’Europa, all’America, all’Asia.
L’uomo, sin dalla più lontana preistoria, ha avuto dimestichezza con
la pietra, nel sistemare i suoi rifugi
temporanei e nel difendere il fuoco
dal vento, per giungere poi alle manifestazioni delle civiltà urbane dell’Eufrate, alle mirabili costruzioni egizie
e greche. È con la civiltà romana che
la tecnica del terrazzamento agricolo
risulta documentata.
Versante terrazzato - Perù
Per quel che concerne la Liguria, muri a secco sono stati rinvenuti in scavi archeologici
dell’età del Ferro (1000 a.C.), a sistemazione di alture abitate (Castellieri).
Successivamente alla conquista romana, il paesaggio naturale della Liguria assumerà
sempre più una marcata impronta antropica.
I terrazzamenti si diffonderanno attraverso il Medioevo e l’età comunale per giungere
al ‘700 e ‘800, periodi di massima loro espansione.
Ragioni demografiche ed esigenze agronomiche (la vite prima e poi l’olivo) sono state
spinte determinanti, pur tra alterne fasi di espansione e stasi per cause politiche e sociali.
Nelle descrizioni di viaggio dell’ ‘800, la coltivazione a terrazze della Liguria suscitava
profonda ammirazione.
Nel corso del ‘900, l’espandersi
dell’economia industriale e dell’urbanesimo sono motivo determinante
dello spopolamento delle campagne: nella seconda metà diverrà una
vera e propria fuga.
Oggi, gran parte delle aree terrazzate sono in stato di abbandono
e subiscono fenomeni di degrado
sempre più intensi, essendo venuta a
mancare la mano dell’uomo, lo “strumento” che per secoli ha provveduto alla loro sorveglianza e continua
manutenzione.
“Ture de Davì” - Arnasco
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NOTE GEO-AMBIENTALI
Il terrazzamento ha creato superfici e suoli coltivabili in ambienti naturali altrimenti
impossibili.
La costruzione delle “fasce” nei versanti collinari e montani ha dato non solo risorse di vita, ma anche impedito lo scorrimento incontrollato delle acque meteoriche,
conferendo stabilità e riducendo l’erosione naturale dei versanti.
Con l’abbandono, manca la manutenzione, gli effetti naturali prevalgono e quindi
la vegetazione infestante e il dilavamento delle acque, non più controllate, creano
instabilità, frane, degrado ambientale ed in successione, conseguenze alla stessa
identità paesistica.
Milioni di tonnellate di materiale mobilizzabile sono appiccicate ai versanti.
Gli stessi interventi di recupero non eseguiti a regola d’arte, o confidando troppo
nel cemento, sono spesso all’origine di una accelerazione del degrado e dell’alterazione del paesaggio.
NOTE TECNICHE
La tecnica di costruzione dei terrazzamenti consiste nel sostenere, con muri in
pietra a secco (senza legante) ripiani gradonati. Ripiani distribuiti lungo un pendio
acclive ottenendone una serie di superfici pianeggianti (fasce).
Si tratta di innalzare, a valle, un muro in pietra a secco che contiene a monte della
terra smossa dal pendio o integrata con altra prelevata altrove. L’ampiezza delle
fasce dipende dalla acclività del luogo e dallo spessore della coltre.
La muratura a secco presenta diverse tipologie e tessiture a seconda del substrato
litico locale, ove sono raccolte o “cavate” le pietre.
La fondazione è realizzata utilizzando blocchi di maggiori dimensioni e minori per
l’elevazione. Gli interstizi sono tamponati con scaglie o pietre più piccole. Dietro al
muro una massa di materiale minuto per favorire il drenaggio.
Un sistema terrazzato è di solito completato da altre strutture, funzionali alla
sua utilizzazione: scale, ripari ricavati nella muratura, vasche, sentieri, canali, piccoli
edifici.
Può essere realizzato con altri tipi di manufatti consistenti in muri in elevazione con differenti strutture prismatiche formate da pietre naturali o artificiali
collegate con malto aventi scopi di limitare aree e portare carichi e spinte, trasmessi da altre strutture (solai, volte, tetti ….)
A. MURI IN PIETRA SQUADRATA: si impiegano dove è facile trovare pietra di
sufficiente resistenza e facile lavorazione (calcari teneri, arenarie, tufi, calciti …).
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I pezzi avranno forma parallelepipeda rettangolare. Curare: sfalsamento giunti di
uno stesso filare; massimo concatenamento di muri incrocianti; massimo concatenamento nelle cantonate, spallette rette (porte)
B. MURI DI PIETRAME: si impiegano per costruzioni modeste, dove non è
possibile trovare pietre di facile lavorabilità. Costruiti con pietrame grezzo, in pezzi
di conveniente grossezza; impiego di scaglie nei giunti irregolari; riempiendo di malta
nei vuoti. Curare: concatenamento dei pezzi, rabboccatura, impiego di pezzi squadrati o mattoni nelle cantonate. Tali muri vanno normalmente intonacati.
C. MURI IN PIETRAME LISTATO: si impiegano anche per costruzioni importanti,
dove non si trovano pietre di facile lavorabilità. La listatura ha lo scopo di regolarizzare meglio il muro e concatenare la struttura; può essere formata da semplice o
doppio ricorso di mattoni, o da getti di calcestruzzo di cemento semplice o armato.
In mattoni si eseguono, cantonate, spollette, piattabande ( o architravi) sui vani di
apertura.
D. MURI DI MATTONI: si impiegano nei paesi dove mancano buone pietre di
costruzione, oppure quando si vogliono raggiungere maggiori resistenze e quindi
spessori minori. Bagnare i mattoni prima dell’impiego. Curare massima discontinuità
dei giunti orizzontali e verticali; usare limitatamente i mezzi mattoni e i te quarti.
Curare l’orizzontabilità dei giunti con livella e fili e la verticabilità delle facce e degli
spigoli.
E. MURI DI MATTONI FORATI: si impiegano per sopraelevazioni e costruzioni
leggere, per pannelli nei fabbricati con struttura in cemento armato e per tramezzi.
Si costruiscono talvolta “muri a cassettone” in mattoni forati, pieni e misti (camera
d’aria, isolamento termico e acustico)
F.
MURI IN CALCESTRUZZO: impiegati raramente per strutture in elevazione.
Vengono costruiti entro casseri (legno o pannelli in ferro) opportunamente ancorati
e puntellati.
G. MURI IN PIETRA DA TAGLIO: si impiegano solamente per opere di carattere
monumentale. I blocchi sono curati e lavorati con la massima cura sulle sei fasce, in
modo da rendere minima la funzione della malta. Talvolta la faccia vista è lavorata a
bugne. I blocchi sono ricavati da pietre dure come calcari compatti e colorati, basalti
e graniti….
H. MURI IN CEMENTO: si impiegano quasi esclusivamente per sostegno di terre
o acque.
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I.
MURI INTELAIATI: questi muri hanno un’intelaiatura di ritti e traversi in legno,
ferro o cemento armato e pannelli in muratura (mattoni pieni o forati, pietrame)
oppure in materiali leggeri (tavole, compensati, eternit ….)
Si distinguono inoltre:
- Muri a gravità: utilizzano il loro peso proprio per contrastare la spinta del terreno, vengono realizzati in muratura o in calcestruzzo non armato ed utilizzati per
altezze limitate (generalmente inferiori ai 3m)
- Muri a sbalzo o mensola: sono caratterizzati da una suola di fondazione, in cui
è inserita una parete verticale, che permette di sfruttare il peso del rinterro che si
scarica su tale suola per aiutare ad equilibrare la spinta del terreno. Sono realizzati
in cemento armato per disporre della spinta del terreno. Sono realizzati in cemento
armato per disporre della necessaria resistenza a flessione e a taglio ed utilizzati per
altezze non superiori ai 7 m.
- Muri a speroni: sono simili ai muri a parete verticale con mensola di fondazione,
con l’aggiunta di setti triangolari o trapezoidali, detti speroni , posti ortogonalmente
rispetto alla parete verticale ed insieme alla soletta di base contrastano le spinte del
terreno. Vengono impiegati per altezze superiori ai 7 m.
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L’UTILIZZO DELLE FASCE
Cosa coltivavano i nostri vecchi sui terrazzamenti? Senza dubbio la coltura più diffusa è
stata per secoli quella dei cereali, soprattutto grano e segale, ma anche legumi come i ceci e
successivamente fagioli, patate, e tutto ciò che si poteva agevolmente coltivare e conservare
per la stagione avversa. L’orticoltura come la intendiamo noi oggi è un frutto delle nuove
tecnologie agronomiche e dei nuovi palati. Le insalate in un tempo recente erano soltanto
quelle selvatiche, poco diffusi erano i pomodori, assenti melanzane, peperoni, piselli ed altri
ortaggi più “fini”. Si coltivavano anche gli alberi da frutta, soprattutto fichi e meli, sorbi e più
di recente nespoli e peri. La maggior parte di questi prodotti si sono “persi”, come sono
state abbandonate le fasce. Con il declino numerico della popolazione residente, così come
erano aumentate con l’incremento, le fasce con i relativi muretti a secco sono stati abbandonati, partendo dalle più lontane dai centri abitati fino a formare isole coltivate solo in corrispondenza di questi ultimi. Come già detto non c’è stato solo l’abbandono territoriale ma
soprattutto quello delle specie coltivate; ad esempio dopo aver sfamato per decine di secoli
la popolazione residente, la coltivazione dei cereali è stata la prima ad essere abbandonata.
La sostituzione di questa coltivazione è stata in primo luogo il prato ed il prato pascolo, poi
il pascolo ed infine il bosco, il quale, cresciuto su un terreno con una abbondante fertilità
residua, ha dato e dà ottimi accrescimenti.
L’incremento dell’antropizzazione ed il correlativo espandersi delle coltivazione del territorio portava secoli fa al declino delle popolazioni di grandi mammiferi come il cinghiale,
il cervo, l’orso, il capriolo. Ecco che l’abbandono, con la conseguente ricolonizzazione del
bosco, ha portato anche alla riqualificazione dell’habitat degli ungulati territorialmente meno
esigenti quali il cinghiale ed il capriolo; si è passati quindi da un tempo in cui coltivare anche
ad un chilometro dal centro abitato non comprometteva in alcun modo la produzione mancando l’interferenza dei selvatici, ad oggi in cui anche coltivare vicino a casa prevede l’uso di
recinti adeguati per arginare i possibili danni.
Quindi oggi i “padroni” di questi territori sistemati a fasce che hanno sfamato per secoli
migliaia di persone, sono il bosco e gli ungulati, mentre l’uomo ora può solo immaginare quale
“forza” poteva aver spinto i nostri antenati a creare e a mantenere i muretti a secco e le fasce.
Per combattere questo degrado la Cooperativa Olivicola di Arnasco si è fatta promotrice
nel 1999, nell’organizzare il primo corso sui muri a secco, dove viene insegnato non solo la
tecnica per la realizzazione di un nuovo
muro ma anche il ripristino di muri franati.
Un corso volto al recupero delle
tecniche di costruzione dei suddetti
muretti e a far sì che la tradizione del
nostro entroterra non vada perduta.
Questa tecnica della costruzione dei
muretti a secco, simbolo del paeseggio
e dell’economia ligure, è stata esportata anche a Cuba da due soci della
Coooperativa Olivicola di Arnasco e
più precisamente nella provincia del
Granma.
Costruzione di muri a secco nell’isola di Cuba
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Alcuni particolari di un corso in Arnasco (1999)
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COSTRUZIONE DI UN MURO "A SECCO"
NOTE TECNICHE
La costruzione della fascia inizia con lo scasso del terreno possibilmente fino alla
roccia viva per basare la soglia del muro. Il materiale di risulta verrà depositato a monte
dello scavo di fondazione, separando il terriccio dalle pietre; ciò permetterà il ricupero
parziale di materiale disponibile in loco, per costruire il muro. Se il materiale litico non
fosse disponibile, occorrerà servirsi di modeste cave o di quello raccolto nei dintorni,
come nei tempi scorsi, a mezzo di ceste o a dorso di mulo.
Per il manufatto saranno necessarie pietre di varia pezzatura, e, non dovranno mancare le "scaglie", di minute dimensioni. L'attrezzatura richiede una "mazzetta" per rifilare
e sagomare le pietre da usare. Non deve mancare una "mazza" per la lavorazione e riduzione dei materiali litici.
Nella fondazione o "soglia" vengono utilizzate le pietre di maggiori dimensioni. Le pietre poste in fondazione avranno un'inclinazione all'interno, in contropendenza al pendio,
onde ridurre ogni possibilità di scivolamento. Nella costruzione vengono usati sia assi di
legno che lenze per mantenere l'allineamento durante la posa in opera.
La larghezza del muro è determinata dalla sua altezza nonché dall'ampiezza della
nuova fascia e dalla spinta esercitata da questa sul manufatto. Realizzata la fondazione, il
manufatto in elevazione, viene messo in opera per corsi orizzontali successivi, cercando
di mantenere una pendenza media, verso l'interno, del 10-15%.
È necessario attenersi a tre regole fondamentali affiché ilcarico venga distribuito egualmente int utte le direzioni:
a) ogni elemento del muro
deve scaricare il suo peso su
quelli inferiori (almeno due).
b) in ogni corso, a distanza opportuna, posizionare
pietre "di punta"; cioè il loro
lato lungo deve essere posto
ortogonalmente all'asse del
muro, onde legare le pietre di
perimetro con quelle contro il
terreno.
c) cercare di sfalzare i giunti per ogni corso a salire, evitando la formazione di pilastrate indipendenti ("sorelle").
Importante è l'utilizzo delle "scaglie" per la statica del manufatto poiché hanno il compito determinante di aumentare i punti di appoggio tra gli elementi ed evitare situazioni
di instabilità di equilibrio e di colmare i vuoti creatisi tra le pietre.
Fino al coronamento dell'opera, nell'interno partendo dalla base, è necessario versare
materiale litico a pezzatura minuta onde permettere il drenaggio delle acque percolanti.
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TECNICA PER LA COSTRUZIONE DI UN ARCO IN PIETRA
Gli archi sono strutture murarie di forma curva utilizzati per chiudere in sommità i
vuoti delle murature e scaricare il peso su di essi gravante alle pareti laterali.
La realizzazione dell’arco in pietra avviene su impalcature apposite destinate a reggere la massa muraria fino a che la stessa si sia consolidata.
Tali impalcature generalmente realizzate in legno, sono dette centine.
Gli elementi che compongono l’arco sono: la spalla o piedritto sul quale viene
appoggiato l’arco, il concio di chiave che è la pietra centrale dell’arco.
La costruzione di un arco avviene simmetricamente dalle due imposte, posando le
pietre in modo verticale fino a raggiungere la chiave di volta.
Molto importante è riempire lo spazio rimasto vuoto, tra le pietre, con pietrame più
piccolo scelto con cura perché resti ben assestato.
Arco in pietra
Centina per arco
TECNICA PER LA COSTRUZIONE DI UN ACCIOTTOLATO
La pietra non è un elemento fondamentale solo per strutture verticali, ma può essere
utilizzata anche per realizzare pavimentazioni di vie e piazze.
Una pavimentazione che sa di solenni percorsi cittadini come anche di robuste carreggiate di piazze di paese è l’acciottolato.
L’acciottolato è una soluzione particolarmente idonea per contrastare l’erosione e il dilavamento dei sentieri.
Questo tipo di pavimentazione non ha solo
il vantaggio delle solidità e lo robustezza ma
limita anche al minimo la manutenzione e ha una
durata senza tempo. Le pietre più grosse vengono posate come si suol dire di “costa” cioè
con il lato più lungo perpendicolare al senso di
marcia.
Acciottolato
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Si può, sempre con la pietra come elemento primario, e seguire una pavimentazione per mantenere il letto di un rio o di un fiume (evitandone l’evasione) o per
rallentare la velocità della corrente dello stesso, con gabbioni o similari:
- le mantellate
- i materassi ed i guanciali
- i sacchi
Trattasi di materiale sciolto in genere pietrame di opportuna pezzatura, talvolta
ben organizzato, almeno le lato “faccia vista” più spesso alla rinfusa , talvolta tufo,
che è opportunamente organizzato in gabbie metalliche fatte con filo 2/3 mm zincato (ed ora anche zincato e plasticato) ed a maglia esagonale.
Le dimensioni tipiche del gabbione sono di 1*1*3* metri, lo spazio interno al gabbione è, a volte suddiviso in sacche onde conferite maggiore resistenza strutturale.
Prima del riempimento delle gabbie metalliche vanno cuciti i singoli spigoli degli
elementi in modo da ottenere le sagome previste, in genere parallelepipedi, successivamente si procederà al collegamento degli spigoli con quelli degli elementi
contigui, comprendono nella cucitura gli eventuali fili di bordatura.
Le cuciture vengono eseguite in modo continuo, passando il filo entro ogni
maglia e con un giro doppio ogni due maglie. Il filo occorrente per cucire e tiranti
dovrà avere opportune caratteristiche.
Anche la chiusura degli elementi dovrà essere effettuata cucendo i bordi del
coperchio a quelli delle pareti con l’apposito filo da cucire, passando il filo entro
ogni maglia e con un giro doppio ogni due maglia.
I fili metallici, costituenti la rete sono zincati, galvanizzati ed atti a resistere per
lunghissimo tempo ( circa 25 anni) all’effetto ossidante , di recente sono stati introdotti sul mercato gabbioni fatti con fili che oltre ai trattamenti di cui sopra sono rivestiti di PVC da utilizzarsi in ambienti particolari aggressivi, con la precauzione di non
danneggiare il rivestimento durante il riempimento e la successiva posa in opera.
Il materiale di riempimento dovrà essere idoneo sia dal punto di vista della durabilità dell’opera, quindi non essere gelivo, friabile, dilavabile, tenero, che per peso
specifico e granulometria.
Infatti è l’azione della gravità che permette al gabbione, in genere di svolgere le
funzioni cui è destinato.
La granulometria del riempimento è compresa tra 120 ed 300% della maggiore
dimensione della maglia della rete, sempre che questo consenta di ottenere pareti
piane e parallele tra di loro, e spessore costante del manufatto.
Il riempimento degli elementi dovrebbe essere effettuato a mano con ciottoli di
fiume o pietre di cava, stipati in modo da ridurre al minimo gli spazi vuoti tra gli elementi, le fronti in vista saranno lavorate come prescritto per le murature a secco.
Tuttavia non di rado si assiste a gabbioni riempiti con i mezzi meccanici (pale
meccaniche, escavatori, ecc…)
Durante il riempimento specie se il gabbione non è diviso in sacche è necessario
disporre nel’interno del gabbione un adeguato numero di tiranti in filo di ferro zincato, ad evitare un’eccessiva deformazione delle “scatole” anche nella fase successiva
al riempimento.
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Detti tiranti possono essere disposti all’interno delle “scatole” verticalmente e/o
orizzontalmente. In genere vengono usati tiranti per collegare fondo con coperchio
e tiranti orizzontali per collegare le pareti verticali dei gabbioni di maggiore altezza
(4/6 per mc di gabbione).
Analoghi ai gabbioni sono i così detti materassi “Reno” od i guanciali che hanno
dimensioni di 0,5*2*3 e forma della figura seguente.
Sono sempre dello stesso materiale pressoché della stessa forma ma con dimensioni diverse (l’altezza si riduce intorno ai 20 cm).
I sacchi sono invece delle gabbie che non hanno forma parallelepipeda ma quella
del cilindro chiuso a mo di sacco. Servono più che altro opere di fondazione e per
difese spondali come avremo modo di vedere in seguito.
Erroneamente ambienti ecologisti hanno dato anche all’uso dei gabbioni la classificazione di opere di cementificazione.
Invero il gabbione è un elemento flessibile e tutt’altro che rigido, permeabile e
che costituisce peraltro un ottimo materiale filtrante. Col tempo l’unico e modesto
elemento turbativo: il filo metallico scompare ma il gabbione divenuto ora solo un
ammasso di pietrame, quindi elemento più che naturale rimane al suo posto a svolgere la sua funzione. L’armatura metallica nel frattempo è stata sostituita da un’armatura naturale fatta dalla vegetazione.
Per favorire tale sviluppo di vegetazione oggi si possono adoperare gabbioni che
prima di essere riempiti con pietrame vengono interamente foderati con un non
tessuto e quindi riempiti di pietrame e terreno vegetale prese minato.
Un tale gabbione già poco tempo dopo la sua posa in opera non mostrerà più
l’aspetto di pietrame ( o quello del non tessuto) ma un manto verde.
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LA TECNICA DEI MURI A SECCO
SECONDO LA SCIENZA DELLE COSTRUZIONI
Il muro a secco di una casa deve reggere solo a dei graviti verticali, mentre il muro di
sostegno, che sia di una strada o che sia di una fascia, oltre al suo peso deve sottostare
anche a delle spinte da monte.
Queste spinte non sono sempre uguali, ma dipendono dalla natura del terreno da
contenere. Se fosse costruito contro roccia non riceverebbe alcuna spinta ma, dovendo
contenere terra come sempre accade in un terrazzamento agricolo, riceverà una spinta
inversamente proporzionale al grado di compattezza della terra sovrastante. È da tener
presente che la spinta ricevuta dal muro non è sempre uguale ma sarà legata anche alla
maggiore o minore quantità di acqua presente nel terreno.
Fondamentale per la durata nel tempo della costruzione è quindi l’elevata capacità
di drenaggio del muro a secco che permette di evitare che le spinte oltrepassino il limite
critico di resistenza.
In pratica gli elementi che condizionano la spinta sono:
• la coesione
• il peso specifico
• l’angolo di attrito o di natural declivio
La coesione è sostanzialmente una forza che tiene uniti i grani di terra e si oppone
agli scorrimenti e dipende dal tipo di terra e dal grado di umidità. In pratica è una forza
favorevole alla stabilità del muro.
Il drenaggio è l’azione di allontanare l’acqua dai terreni per consentire, tramite
un loro prosciugamento, un consolidamento e quindi una maggiore stabilità e riduzione delle spinte dietro i manufatti o la salvaguardia dei manufatti stessi o la salute
di coloro che vivono a contatto con i manufatti.
Il drenaggio risulta necessario quando si è in presenza di terreni che non siano
naturalmente drenanti (sabbie grosse – ghiaie) o impermeabili come le argille.
Infatti i materiali da costruzione possono subire una veloce degradazione per la
presenza di acqua dovuta ad umidità ascendente o d’infiltrazione, con la manifestazione di danni di vario genere, principalmente di tipo meccanico (azione dei Sali
soprattutto nella zona superficiale), di tipo chimico e meccanico (carbonatazione
delle opere in c.a. e conseguente corrosione delle armature) con diminuzione della
sezione efficace dell’armatura ed espulsione del copri ferro, quindi una diminuzione
sensibile della sezione resistente di calcestruzzo, con una netta diminuzione del
grado di sicurezza dell’opera.
Il drenaggio oltre a risultare necessario per salvaguardare l’integrità dei manufatti
e la salute degli utilizzatori risulta altresì indispensabile per diminuire le spinte che i
terreni possono esercitare sui manufatti stessi per cui avere a parità di struttura un
grado di sicurezza superiore o a parità di sicurezza un costo minore dovuto ad un
dimensionamento più mirato del manufatto.
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Infatti la spinta che agisce su un manufatto di contenimento nel caso di un terreno
saturo può risultare anche oltre il doppio rispetto ad un terreno asciutto.
I terreni in generale possono essere classificati in: ghiaie, sabbie, limi, e argille;
passando da terreni a componente ghiaiosa, caratterizzati da una granulometria
elevata, alle argille con granulometria molto limitata la permeabilità diminuisce fino a
diventare praticamente nulla.
Per cui il drenaggio non risulterà necessario né nella ghiaia e sabbia grossolana
che già sonno drenati di per sé, né nelle argille che si possono considerare impermeabili.
Nei terreni a prevalente composizione limosa risulta sempre opportuno prevedere un drenaggio.
Per allontanare l’acqua dal terreno da sempre il materiale utilizzato a questo
scopo è stata la pietra, infatti uno spessore di pietrame collocato in mezzo al terreno
consente di realizzare una struttura con elevato grado di vuoto che di conseguenza
azzerando le pressioni neutre espica un’azione di richiamo nei confronti dell’acqua
presente nel terreno.
L’elevato grado di vuoto permette altresì di realizzare anche una via preferenziale
di allontanamento per le acque drenate anche in mancanza di uno specifico manufatto (tubo drenante , canaletta o cunicolo).
L’ottenimento di un alto grado di vuoto necessita l’uso di materiale con pezzatura
grossolana, questa situazione vantaggiosa per un verso risulta presentare di contro
anche degli svantaggi che tendono ad annullare la funzionalità del manufatto.
Infatti una elevata dimensione dei vuoti nel materiale arido consente un suo veloce intasamento da parte del terreno adiacente, intasamento tanto più veloce quanto
maggiore risulta la presenza di acqua e quindi il possibile trasporto del materiale fino
da parte di questa all’interno del dreno, l’intasamento del dreno diminuisce velocemente l’efficienza dello stesso fino ad inficiarne totalmente il funzionamento.
Il tentativo di aumentare l’efficienza ha portato alla messa a punto dei filtri, ancora costituiti, con materiale arido a granulometria via via minore man mano che ci si
sposta verso il terreno.
La formazione del filtro con materiale naturale tende a mantenere alta l’efficienza
del dreno aumentandone però la complicazione, in quanto su ogni lato del dreno a
contatto con il terreno comporta l’incremento considerevole di spessore del dreno
stesso che si traduce in tutta una serie di problematiche, le cui principali oltre la
complicazione non indifferente dell’intervento, si possono riassumere in:
grosse difficoltà di realizzazione
grossi ingombri
grande volume di materiale lavorato con peso elevato
grossi costi
velocità di realizzazione molto bassa
elevati pericoli per gli operatori
necessità di grossi scavi e grossi volumi di scavo da smaltire
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Per limitare gli ingombri e risolvere le problematiche legate all’eccessiva complicazione della realizzazione dei filtri naturali, sono stati messi a punto i geotessili non
tessuti, i quali consentono con spessori estremamente esigui di realizzare la funzione
di separazione e filtro permettendo quindi il passaggio solamente dell’acqua ed evitando la miscelazione di materiali diversi.
In sintesi i geotessili non tessuti consentono, eliminando il filtro naturale, di ridurre
gli spessori dei dreni realizzando tra le altre cose una semplificazione, velocizzazione oltre ad un risparmio di costi ed un miglioramento non indifferente nella sicurezza
del lavoro, cioè i geotessili consentono di tenere alta l’efficienza dell’opera, tenendo
alta la permeabilità, senza ulteriore complicazione della stessa.
Questo effetto può essere ottenuto in quanto oltre ad un’azione meramente
meccanica di separazione i geotessili non tessuti permettono, dal lato del terreno, la
formazione di un filtro naturale che in realtà è quello che risulta efficace in maniera
stabile nella funzione di filtro.
La funzione di filtro del geotessile consente di mantenere l’efficienza del dreno
solo nel caso in cui il geotessile risulta non intasabile nel tempo, sia al livello superficiale (blinding – accacamento o blocking – occlusione superficiale) che al proprio
interno (clogging – intasamento).
Per evitare l’intasamento superficiale (blinding o blocking) il geotessile deve
presentare un elevato numero di pori con una loro distribuzione di tipo casuale
che riprende la naturale struttura del terreno, mentre per prevenire l’intasamento
(clogging) per il blocco delle particelle al suo interno, lo spessore deve essere così
limitato che questa evenienza risulti praticamente irrealizzabile in quanto il geotessile si comporta come un materiale bidimensionale.
Questa funzione viene perfettamente assolta dai geotessili non tessuti di tipo termosaldato i quali presentano spessori estremamente esigui, nettamente inferiore ad
1 mm ma con caratteristiche meccaniche ottime, contro gli aguagliati che presentano
spessori elevati e caratteristiche meccaniche limitate.
DRENAGGIO VERTICALE IN EDILIZIA
Nel drenaggio verticale negli ultimi 25 anni sono stati fatti dei considerevoli passi
in avanti in quanto oltre a tenere alta la permeabilità dei dreni senza complicare la
realizzazione degli stessi si è riusciti, con la nascita dei materiali geocompositi a mantenere alta la trasmissività dei dreni diminuendone considerevolmente lo spessore e
le difficoltà di realizzazione.
Tutto ciò è stto ottenuto con la nascita del materiale ENKADRAIN.
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Questo materiale è un geocomposito drenante costituito esternamente da due
geotessili non tessuti del tipo termosaldato, realizzati da monofilamenti in poliestere rivestiti in poliammide, accoppiati con una georete tridimensionale realizzata
in monofilamenti intrecciati in Nylon che mantenendo uno spessore omogeneo, in
funzione solo della pressione a cui risulta sottoposta, consente con un grado di
vuoto superiore al 90 % di realizzare una eccezionale trasmissività del manufatto
con un peso complessivo del materiale per metro quadro che risulta inferiore ad un
chilogrammo.
Nel passare da uno spessore da 1 m ad uno spessore di 2 cm si ha una differenza
di circa 5.000%, mentre del 10.000% rispetto alla soluzione tradizionale in pietra.
Il grano di terra P non scoscenderà finchè
l’angolo che forma la superficie laterale del
cumulo con il piano orizzontale è inferiore
o al più uguale a “Ø”. Da questo si desume
l’angolo di natural declivio, detto anche
angolo di attrito
Quindi la spinta massima che può essere
esercitata contro il muro è data dal peso
della terra formante un prisma a cuneo che
si distacca dal rimanente terreno.
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Il peso specifico è il rapporto tra il peso di un corpo ed il peso di egual volume
di un’altra sostanza pres come termine di paragone (tale sostanza è l’acqua distillata
a 4° C). Si effettua con appositi strumenti.
Ogni materiale ha proprietà fisiche, termiche, ottiche – chimiche.
PROPRIETA’ FISICHE:
- DUREZZA: è la resistenza alla scalfittura. Viene riferita a quella di una serie di io
minerali scelti ed ordinati secondo la durezza crescente (scala di Mohs) :
• talco
• gesso
• calcite
• fluorite
L'angolo di natural declivio
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• apatite
• ortoclasio
• quarzo
• topazio
• corindone
• diamante
- TENACITA’: è la resistenza alla rottura, qualunque sia la causa. (urto, compressione, trazione..)
- FRAGILITA’: è la maggiore o minore attitudine a ridursi in frammenti per urto o
compressione.
- SFALDATURA: è l’attitudine che presentano molte sostanze cristalline a rompersi
secondo piani ben determinati e costanti, paralleli a facce reali o possibili del cristallo.
- MALLEABILITA’ E DUTTILITA’: si definiscono come l’attitudine più o meno pronunciata che hanno i corpi a essere ridotti rispettivamente in lamine od in fili sottili.
- SETTILITA’: è la proprietà di quelle sostanze che si lasciano tagliare, più o meno
facilmente, con una lama di coltello, senza sgretolarsi.
PROPRIETA’ TERMICHE, ELETTRICHE E MAGNETICHE
- DILATABILITA’: i minerali, come tutte le altre sostanze, riscaldandosi si dilatano,
cioè aumentano di volume. Tutti, a eccezione fatta dei minerali del primo gruppo,
dilatandosi per riscaldamento si deformano.
- CONDUCIBILITA’ TERMICA: è l’attitudine che i minerali, come tutte le altre sostanze, presentano a condurre, in grado diverso, il calore nella loro massa, dal punto
di più alta a quella di più bassa temperatura. Buoni conduttori sono i solfuri ed i
solforali.
- STATO ELETTRICO: alcuni minerali assumono per strofinamento, compressione
o riscaldamento, un sensibile stato elettrico, positivo ( ex Diamante e Calcite) o
negativo(ex solfo) oppure positivo in un punto e negativo in un altro (ex quarzo,
tormalina)
- CONDUCIBILITA’ ELETTRICA: è l’attitudine a condurre più o meno facilmente l’elettricità. Buoni conduttori sono i solfuri, i solforali ed alcuni ossidi.
- PROPRIETA’ MAGNETICHE: sono essenzialmente l’attitudine dei corpi ad essere
attratti da una calamita; si distinguono in magnetici ( ex ferro, nichelio, magnetite,
pirrotite) e non magnetico ( ex Quarzo, calcite, pirite).
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PROPRIETA’ OTTICHE
- COLORE: rispetto a questa proprietà i minerali sono suddivisi in colorati ed
incolori.
- TRASPARENZA: è diversa la proprietà dei minerali a lasciarsi attraversare dalla
luce al microscopio, in minutissimi frammenti, sono nella totalità trasparenti ad eccezione della Pirite, magnetite, grafite.
- LUCENTEZZA O SPLENDORE: è il particolare modo di riflettere la luce..
- MONORIFRAZIONE O BORIFRAZIONE: la rifrazione è quel fenomeno per cui
un raggio di luce, passando obliquamente da un mezzo ad un altro, subisce una
deviazione. Quando si verifica una semplice deviazione del raggio luminoso si ha
la monorifrazione ed i minerali si dicono monorifrangenti. Quando invece il raggio,
oltre a subire una deviazione, subisce anche uno sdoppiamento, il fenomeno prende il nome di birifrazione e birifrangenti sono le sostanze che lo presentano.
PROPRIETA’ CHIMICHE
- GRADO DI FUSIBILITA’ : una scheggia di minerale, sorretta da una pinzetta, ed
immersa in una fiamma, può fondere più o meno facilmente ( ex antimonite) o fondere solo ai bordi (ex ortoclasio) o non fondere affatto (ex quarzo).
- COLORAZIONE DELLA FIAMMA: un frammento di minerale o un filo di platino
bagnato nella sua soluzione acquosa o acida, immerso nella fiamma conferisce a
questa un diverso colore in relazione al metallo presente nel minerale, così il sodio
colora la fiamma di giallo; il potassio di violetto pallido, il litio di rosso porpora, il
calcio di rosso mattone, il rame di verde smeraldo….
PROPRIETA’ TECNICHE DELLE ROCCE
PROPRIETA’ FISICO CHIMICHE
- PESO SPECIFICO: di misura su 30 – 40 gr di materiale, ridotto a sabbia ed essiccato a 110°
- PESO DI VOLUME: è il rapporto tra il peso, espresso in chilogrammi, ed il volume
espresso in decimetri cubi di uno o più pezzi di roccia.
- GRADO DI COMPATTEZZA: è il rapporto tra il peso specifico ed il peso di volume.
Tanto è più prossimo all’unità più la roccia è povera di vacui.
- COEFFICIENTE DI POROSITA’: è la percentuale volumetrica dei vacui rispetto al
volume della roccia.
- COEFFICIENTE DI INIBIZIONE: è il rapporto tra l’aumento di peso che un campione di roccia subisce a seguito di totale inibizione di acqua e il peso del campione
asciutto.
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- DUREVOLEZZA, RESISTENZA ALLA SALSEDINE, GELIVITA’: la durevolezza è la resistenza che la roccia oppone all’azione fisico chimica dell’atmosfera. Particolarmente
nociva è la presenza nella roccia di minerali solfurei, come pirite, marcasite, pirrotite… che macchiano di giallo ruggine il materiale e ne diminuiscono la resistenza. Le
rocce costituite in tutto o in parte di anidride, non possono essere impiegate per
lavori esterni, perché esso si idrata sgretolandosi. Nei paesi di mare è invece la salsedine marina che fa sentire il suo influsso. La gelività, cioè l’attitudine di una roccia a
sgretolarsi, o a diminuire la propria resistenza meccanica quando venga sottoposta
per un certo tempo, sia asciutta che impregnata d’acqua, all’azione alternata del
gelo e del disgelo.
- COLORE: questo carattere è di mutevole importanza nelle rocce impiegate come
materiale da decorazione. Esse possono essere monocrome se a tinta uniforme o
minutamente variegate e policrome se a macchie di tinta diversa. La macchiatura può
essere “brecciata”, “mandorlata”, “screziata”, “reticolata”, “venata” …..
PROPRIETA’ MECCANICHE
- RESISTENZA ALLA COMPRESSIONE: espressa in kg/cm2, tale resistenza è misurata
dal carico minimo unitario necessario per determinare la rottura per schiacciamento
della roccia. Si fanno provini a forma di cubetti, con lato cm 7,10 o cm 10
- RESISTENZA ALLA TRAZIONE: espressa in kg/cm2, viene determinata operando
su provini di forma parallelepipeda con dei solchi per fissare il saggio alle tenaglie
della macchina.
- RESISTENZA ALLA FLESSIONE: è il carico unitario dovuto al momento di rottura
per flessione, determinato su lastre, oppure su solidi prismatici di rocce compatte
lunghi 30 cm larghi 5 e spessi 4 cm, appoggiati alle estremità su due coltelli a spigolo
arrotondato e caricati in mezzeria servendosi di un altro coltello anche questo a
spigolo arrotondato.
- RESISTENZA ALL’URTO: viene determinata facendo cadere da n. 2 o più metri di
altezza, su una lastra della roccia appoggiata sopra uno spesso strato di sabbia, una
palla di ghisa dal peso di 1 kg.
- RESISTENZA AL LOGORAMENTO O USURA: ha notevole importanza per i materiali destinati alla pavimentazione, specie stradale. Viene distinta in usura per attrito
radente, che si determina con una speciale macchina detta “tribometro” sottoponendo il materiale ad una pressione di 3 kg/cm2 contro un disco di ghisa rotante
cosparso di sabbia quarzosa e rilevando la diminuzione di spessore del provino
dopo un km di percorso; ed usura al getto di sabbia che è il logoramento prodotto
da una sabbia silicea proiettata per un determinato momento, con apparecchio ad
aria compressa alla pressione di 1,5 kg/cm2, su una faccia ben spianata di un cubetto
della roccia, e rilevata la diminuzione di peso subita.
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- RESISTENZA AL ROTOLAMENTO: è data dalla diminuzione unitaria in peso subito
da una quantità di pietrisco, dopo essere stato sottoposto a rotolamento a velocità
determinata per un certo periodo di tempo, indi setacciato e lavato per l’eliminazione della polvere formatasi nella prova.
- LAVORABILITA’: è l’attitudine di una roccia ad essere lavorata in modo da poter
assumere la forma voluta e dati caratteri di superficie. Più precisamente essa è data
dalla segabilità, dalla scolpibilità e dalla lucidabilità della roccia. La segabilità dipende dalla durezza della roccia. A questo proposito le rocce si distinguono in tenere
se segabili facilmente con una sega di acciaio a denti; semidure se segabili difficilmente come sopra ma facilmente con una sega liscia a sabbia quarzosa; dure se
segabili solo con quest’ultimo mezzo; durissime se segabili con difficoltà con sabbia
quarzosa e facilmente con sega liscia a carborundum. La scolpibilità è l’attitudine che
in maggiore o minore grado una roccia presenta alla lavorazione allo scalpello. In
linea di massima le rocce durissime e quelle fragili sono difficilmente scolpibili. La lucidità è l’attitudine ad assumere una superficie liscia e lucida mediante sfregamento,
a mano o a macchina, dapprima con abrasivi, generalmente in polvere di crescente
finezza e poi nella rifinitura con altre speciali sostanze. Di massima sono lucidabili le
rocce compatte, microcristalline e cristalline, qualunque sia la loro durezza. Le rocce
tenere sono lucidabili solo a condizione che siano omogenee e a grana molto fine.
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CRITERI DI CALCOLO
Si ricorda che le opere di sostegno servono a sostenere le pareti degli scavi quando,
per ragioni di spazio o di costo dei terreni, non si possono adottare scarpate naturali o
a sostenere altre opere, tra cui le infrastrutture di trasporto.
Per la realizzazione di un muro di sostegno si deve in primo luogo effettuare lo scavo,
poi si costruisce il muro ed infine si rinterra la parte a monte (rinfianco) compresa tra il
muro e il terrapieno o fronte di scavo.
A questo scopo occorre quindi conoscere le seguenti informazioni:
- parametri geotecnici del terreno interessato all’opera
- condizioni di carico e dimensionamento di massima dell’opera
- norme vigenti
- calcolo particolareggiato dell’opera prescelta ed eventuali variazioni in corso
d’opera eventualmente necessarie.
Il calcolo di un muro di sostegno viene eseguito prendendo in considerazione le
forze agenti un istante prima del collasso per ribaltamento o per scorrimento.
Il sistema di forze che agiscono sui muri di sostegno sono date dalla spinta attiva Pa,
dal peso del manufatto W, dalla reazione verticale del terreno N e dalla resistenza allo
scorrimento T.
La reazione verticale del terreno N contrasterò il peso del manufatto W a cui va sommata la componente verticale della spinta attiva Pa; la resistenza alla scorrimento T, che
si sviluppa alla base del muro, contrasterà invece la componente orizzontale della spinta
attiva per evitare che il muro si sposti verso l’esterno.
La spinta attiva inoltre tende a far ribaltare il muro intorno al piede, mentre il peso e
la componente verticale della spinta attiva si oppongono a tale ribaltamento.
Il problema richiede di conoscere intensità, direzione e verso di tutte queste grandezze in gioco. Si ricorda che l’entità della pista dipende, oltre che dal tipo di terreno,
anche dalle modalità del rinfianco; per la sua determinazione occorre distinguere ammassi privi di coesione da quelli coesivi.
Il problema viene risolto introducendo l’ipotesi dell’esistenza di uno stato limite inferiore rappresentato dal piano di scorrimento lungo il quale le forze di taglio agenti sono
eguali alla resistenza a taglio del materiale.
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Forze agenti in un muro di sostegno
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La distribuzione della spinta è rappresentata nella sottostante figura ed è triangolare.
Infatti è intuitivo che la spinta della terra è nulla alla sommità del muro, mentre è massima
alla base.
Tabella dei valori del peso specifico e dell'angolo di attrito
(a)
(b)
(c)
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I muri devono resistere a tre verifiche di stabilità
• La verifica a ribaltamento
• La verifica a scorrimento
• La verifica a schiacciamenti
La regola fondamentale per contrastare queste tre forze è quella che sui piani che
salgono bisogna sempre sfalsare i giunti. Questo per evitare che si formino dei pilastri
indipendenti e che il carico venga continuamente distribuito in tutte le direzioni. Serve
quindi per dare maggiore omogeneità al muro.
Una cosa da mettere in risalto è l’importanza di considerare che le spinte in un muro
a secco sono maggiori che in un muro a calce perchè praticamente in un muro a secco
le forze passano con dei contatti tra una pietra e l’altra, quindi se diamo una spinta laterale c’è solo l’attrito che resiste a tale forza. Quindi è necessario che ci siano almeno tre
contatti, ma è meglio più di tre, tra una pietra e l’altra, sempre per evitare situazioni di
bilico. Quando le pietre, secondo la loro natura si prestano ad essere smussate, vengono
aggiustate, per aumentare la superfice di contatto se invece è una pietra resistente e dura
si preferisce usare la scaglia (piccola pietra).
Similari a tali tipi di muretti sono i muri cellulari a gabbia, questi appartengono
alla categoria dei muri di gravità drenanti. La loro proposta nasce , principalmente,
dalla esigenza di realizzare un’opera di sostegno capace di assolvere le funzioni
statiche unitamente a quelle connesse al mantenimento dell’equilibrio estetico-idrogeologico ambientale.
E’ noto che i drenaggi effettuati immediatamente a monte dei tradizionali muri
monolitici hanno durata breve. Ciò scaturisce dal percorso imposto all’acqua dai
dreni con conseguente suo rallentamento , permettendo così il precipitare dei
materiali solidi trasportati che, depositandosi in strati successivi, producono nel
tempo la saturazione dei dreni stessi innescando sul muro un aumento della spinta
del terreno.
I muri di sostegno cellulari a gabbia sono muri drenanti in quanto permettono
l’immediato smaltimento delle acque grazie al materiale incoerente insilato all’interno dei crib-walls. Tali muri sono formati mediante la sovrapposizione alternata dei
travetti in c.a. longitudinali e trasversali in maniera tale da formare dei contenitori
grigliati. Questi vengono riempiti in secondo tempo con qualsiasi materiale incoerente disponibile in sito purchè soddisfi i seguenti requisiti:
- conferire all’opera di sostegno il peso necessario per assolvere le funzioni di
muro e gravità assicurare il drenaggio a monte
- possedere granulometria eterogenea in modo tale da non essere dilavato dalle
acque drenanti
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In base a tali considerazioni il materiale più idoneo e conveniente risulta essere
misto granulometrico naturale di fiume o di cava.
Dal punto di vista statico i muri a gabbia hanno lo stesso comportamento dei muri
a gravità e, quindi, come tali vanno dimensionati. Il momento ribaltante, dovuto alla
spinta attiva ed ai carichi esterni applicati al terreno, viene equilibrato dal momento
stabilizzante fornito dal peso di riempimento insilato all’interno delle gabbie formate
dalla sovrapposizione di elementi prefabbricati in c.a.v. Il calcolo della spinta che il
terreno esercita sull’opera di sostegno deve essere fatto tenendo conto dei parametri di resistenza del terreno espressi in termini di tensioni efficaci. Ciò significa fare
riferimento ad una situazione che a lungo termine risulta essere più gravosa.
Eseguito il dimensionamento statico e le verifiche di rito, si sceglie la composizione strutturale della gabbia che più si avvicina alle dimensioni trasversali ricavate
dal calcolo.
VANTAGGI
L’insilamento all’interno del muro cellulare di materiale inerte lapideo a granulometria differenziata, insieme alle larghe superfici aperte, assicura un effetto drenante
che permette, nel calcolo di stabilità globale della struttura, di non tenere conto
della spinta idrostatica (elemento di calcolo per le strutture monolitiche).
Tale struttura favorisce, quindi, l’allontanamento delle acque sia di falda che
meteoritiche.
La struttura “muri cellulari” presenta la caratteristica di assecondare gli assestamenti differenziati del terreno e, quindi, di autorifondarsi nel tempo. Infatti essendo
realizzata per sovrapposizione alternata ortogonale di elementi prefabbricati appoggiati l’un l’atro per appoggio semplice no cementato, la struttura può articolarsi sugli
incastri e seguire i movimenti di assestamento del terreno.
VELOCITA’ DI INTERVENTO
Il peso relativamente modesto degli elementi modulari prefabbricati (intorno agli
80 kg) consente l’impiego di un esiguo numero di maestranze, non richiedendo
l’impiego di mezzi meccanici particolari.
Per le caratteristiche modulari la struttura può essere modificata nel tempo a
secondo di esigenze sopravvenute..
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I muri cellulari non necessitano di particolari opere complementari come drenaggio, cunicoli di raccolta ecc…, inoltre , non richiedono, solitamente, fondazioni
specifiche o particolari. Infatti le pressioni distribuite sul terreno raggiungono valori,
per muri di altezza sino a 10,00 mt, non superiori a 1.5 Kg/cmq. Soltanto in terreni
particolarmente allentati è necessario prevedere uno strato di bonifica di spessore
ed estensione opportuni, così da ripartire il carico su una superficie maggiore. Solo
in casi estremi occorre realizzare una fondazione in cls. Debolmente armato , dello
spessore di 25-30 cm.
La struttura “muri cellulari” si inserisce armonicamente nel paesaggio attraverso
la peculiare caratteristica di inerbirsi nel tempo sino a confondersi del tutto con
l’ambiente circostante; ciò in quanto permette l’attecchimento anche di vegetazione
spontanea che si inserisce negli interstizi tra gli elementi.
La particolare struttura “muri cellulari” consente di realizzare un manufatto con
caratteristiche fonoassorbenti; la particolare forma degli elementi in c.a.v., il materiale di riempimento, l’inerbimento e le alberature sulla sommità dei cassoni consentono di attenuare le onde sonore provenienti dai mezzi di trasporto assolvendo cosi
un importante ruolo nell’abbattimento dell’inquinamento acustico.
Progetto dei muri di sostegno col metodo tabellare
Lo spessore in sommità di un muro può essere calcolato mediante l’uso di apposite
tabelle.
Stabilita:
• la scarpa s del parametro esterno del muro,
• il rapporto h’/h, fra altezza sovraccarico e altezza muro,
• l’angolo di natural declivio
• il peso specifico del terreno
• le tabelle forniscono i relativi coefficienti. (Usare i numeri in neretto)
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ESEMPI DI CALCOLO
Angolo di natural declivio 45º h’/h = 0
s=10% Coefficiente tabella 0,168
X= hxcoeff.
x= 200x0,168=33,6 -- 30 cm
b= 30+(200x10%)=50cm
Angolo di natural declivio 45º h’/h = 0,5
s=10% Coefficiente tabella 0,318
X= hxcoeff.
x= 200x0,318=63,6 -- 60 cm
b= 60+(200x10%)= 80cm
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h=200
h=200
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Murales di Arnasco
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Fonti (per un approfondimento dell’argomento)
D. Bertolotti A. Maniglio Calcagno M. Quaini G. Rovereto E. Sereni G. Spalla S. Tiné G. Quaranta E. Bianchi -
Viaggio nella Liguria marittima – Torino 1834
Architettura del paesaggio – Bologna 1983
Per la storia del paesaggio agrario in Liguria – Savona 1973
La storia delle fasce dei Liguri – Milano 1924
Storia del paesaggio agrario italiano – Bari 1972
Architettura popolare in Liguria – Bari 1985
L’uomo e la civiltà in Liguria – Genova 1983
Costruzioni 3 - Torino 1992 (2ª Edizione)
Si ringraziano per la collaborazione:
- Giuseppe Badoino
- Luciano Gallizia
- Giancarlo Isella
- Claudio Badoino
- Gianluca Bico
- Alfredino Gallizia
- Antonella e Nicoletta Mirone
- Romano Mirone
- Franco Bottero
- Silvestro Gallizia
- Sergio Ravera
- Luca Zucconi
- I soci Olivicoltori e dipendenti della Coop Olivicola Arnasco
- I soci del Gruppo Amici dell’Olivo Arnasco
- Gli allievi della scuola dei muretti a secco
Disegni di Angelo Gastaldi
Foto: Archivio fotografico Museo dell’Olivo Arnasco - Giancarlo Ascoli - Edgardo
Badoino - Valter e Beatrice Bertolotti - Aldo Arévalo Fonseca
39
COOPERATIVA
LIVICOLA
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0
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COOPERATIVA
LIVICOLA
A R N A S C O
COMUNE
ARNASCO
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PRO
LOCO
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GRUPPO
AMICI
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Arnasco Panorama
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REGIONE LIGURIA
REPUBBLICA ITALIANA
UNIONE EUROPEA
COOPERATIVA OLIVICOLA ARNASCO
Programma Regionale di Sviluppo Rurale 2007-2013
LIGURIA Misura 1.1.1 Azione - Corsi di formazione
DGR n. 1332 del 09.10-2010
FONDO EUROPEO AGRICOLO
PER LO SVILUPPO RURALE:
L’EUROPA INVESTE NELLE ZONE RURALI
Tecniche di costruzione e ricostruzione
dei muri a secco
Rilevanza delle opere di consolidamento
e aspetti relativi alla sicurezza
nelle fasi realizzative
COOP OLIVICOLA DI ARNASCO
Quaderno n. 10
Arnasco 09/2010
Tipolitografia F.lli Stalla - Albenga
REGIONE LIGURIA
REPUBBLICA ITALIANA
UNIONE EUROPEA
COOPERATIVA OLIVICOLA ARNASCO
Programma Regionale di Sviluppo Rurale 2007-2013
LIGURIA Misura 1.1.1 Azione - Corsi di formazione
DGR n. 1332 del 09.10-2010
FONDO EUROPEO AGRICOLO
PER LO SVILUPPO RURALE:
L’EUROPA INVESTE NELLE ZONE RURALI
Tecniche di costruzione e ricostruzione
dei muri a secco
Rilevanza delle opere di consolidamento
e aspetti relativi alla sicurezza
nelle fasi realizzative
COOP OLIVICOLA DI ARNASCO
Tipolitografia F.lli Stalla - Albenga
Quaderno n. 10
Arnasco 09/2010
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