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Modello Porter Diamante Nazionale
LE IMPRESE ITALIANE NEL MERCATO INTERNAZIONALE PARTE 1 • MODELLI DI IMPRESA E VANTAGGI COMPETITIVI NAZIONALI: PECULIARITA’ DEL CASO ITALIANO PARTE 2: • LE IMPRESE ITALIANE NELLA COMPETIZIONE INTERNAZIONALE: CENNI SULLA SITUAZIONE ATTUALE PARTE 1 MODELLI D’IMPRESA E VANTAGGI COMPETITIVI NAZIONALI: PECULIARITA’ DEL CASO ITALIANO 1) Il vantaggio competitivo di una nazione: il “diamante” di Porter (1990) 2) Il modello del vantaggio competitivo italiano • i cluster italiani tipici • caratteristiche del “diamante nazionale” dell’Italia 3) Il Made in Italy: definizione e processi di sviluppo (Rullani, 2000) • significato di Made in Italy e sue forme di rappresentazione • le prospettive future 1) IL VANTAGGIO COMPETITIVO DELLE NAZIONI (Porter, 1990) • La costruzione del vantaggio competitivo viene prima analizzato da Porter a livello di settore con il tradizionale modello strutturecondotte-performance (1980), poi a livello di singola impresa con la catena del valore (1985), infine a livello di sistema paese sottolineando il vantaggio competitivo delle nazioni (1990) • E’ la “riscoperta” della differenza tra paesi nel determinare le caratteristiche delle strategie di internazionaliz.ne delle imprese. Coerentemente con la RBW il sistema paese fornisce risorse e competenze critiche alle imprese per competere globalmente. • “Il vantaggio competitivo viene creato e sostenuto tramite un processo fortemente localizzato”. Assume una natura sistemica e dinamica-evolutiva • Il modello interpretativo del “diamante del vantaggio nazionale”, ovvero l’insieme degli attributi di una nazione che creano il contesto competitivo IL “DIAMANTE” DEL VANTAGGIO COMPETITIVO NAZIONALE (Porter, 1990) • Le condizioni dei fattori - posizione nazionale nel quadro dei fattori della produzione necessari per competere nel settore (oltre terracapitale-lavoro anche istruzione qualificata, infrastrutture). Occorre poi fare una gerarchia fra i fattori distinguendo: a) fattori di base e fattori avanzati; b) fattori generalizzati e fattori specializzati; c) fattori ereditati e fattori creati • Le condizioni della domanda - la natura della domanda interna di prodotti/servizi dell’industria in questione (un’ampia e sofisticata clientela stimola l’innovazione dei prodotti). Suoi tre attributi: a) la composizione della domanda domestica - struttura per segmenti di domanda; acquirenti sofisticati ed esigenti; fabbisogni anticipanti degli acquirenti b) dimensioni il modello di crescita della domanda interna - dimensione della domanda domestica; numero degli acquirenti indipendenti; tasso di crescita della domanda; domanda interna precoce; saturazione precoce c) internazionalizzazione della domanda domestica - acquirenti locali mobili o multinazionali; influenza sui fabbisogni stranieri (es. emigrati, cultura, ..) • Le industrie collegate e di supporto - la presenza o meno di industrie fornitrici (a monte) permette il miglior coordinamento della produzione e facilita il flusso informativo e l’innovazione. La presenza di altre industrie collegate (beni o servizi) permette un miglior coordinamento della catena del valore con attività complementari • Strategia, struttura e rivalità delle imprese - condizioni interne che regolano il modo in cui vengono create, organizzate e gestite le imprese, nonché la natura della rivalità interna al paese. Tre attributi: a) strategia e struttura delle imprese domestiche (differenze nel management e nelle competenze organizzative); b) differenze negli obiettivi delle aziende e degli individui; c) rivalità delle imprese (più è alta maggiori sono i benefici) • Il ruolo del governo - le politiche nazionali possono favorire la dotazione dei fattori (educazione), le imprese (sussidi, leggi anti-trust), la domanda (politiche fiscali e di spesa pubblica), i settori correlati (imposizione di standard o regole: es. le auto tedesche favorite da assenza limiti di velocità) • Il ruolo del caso - eventi casuali sul fronte della ricerca (invenzioni, discontinuità tecnologiche), della produzione (shock petroliferi, dinamiche di cambio, picchi di domanda), della politica (guerre, decisioni altri governi) Caso Strategia, struttura e rivalità delle imprese Condizioni della domanda Condizioni dei fattori Settori correlati e di supporto Governo PREGI E LIMITI DEL MODELLO DI PORTER • Pregi: 1) cerca di integrare tre prospettive di indagine (imprese, settori, nazioni) attraverso un’analisi congiunta e delle reciproche relazioni. 2) delinea una globalizzazione dove sono ammesse varianti e pluralità di sistemi nazionali; 3) le dinamiche non sono spontanee ma ammettono un governo a livello istituzionale • Limiti: 1) resta ancora vago il concetto di “sistema paese” (alcuni concetti appena accennati limitando la capacità esplicativa e predittiva del modello); 2) approccio deterministico (le capacità competitive delle imprese condizionate dal sistema nazionale). ⇓ La nuova prospettiva con approccio Resource Based alle Strategie di Internazionalizzazione viste non come decisioni isolate ma nel contesto della configurazione strategica dell’impresa. Un processo dinamico, longitudinale in cui ogni decisione di ingresso in nuovi mercati si fonda su esperienze precedenti. Eventuali fallimenti possono dipendere non da difetti di mercato, ma da carenze di risorse interne 2) IL VANTAGGIO COMPETITIVO ITALIANO SECONDO PORTER (1990) • L’Italia è considerata una delle nazioni emergenti tra gli anni ‘70 e ‘80 (assieme a Giappone e Corea): la quota italiana sulle esportazioni mondiali passa da -3,2% nel 1960 a +5,2% nel 1986. Forte crescita della produttività e del reddito pro-capite • Nell’immediato dopoguerra l’Italia fondava il proprio vantaggio competitivo sui bassi costi; dai primi anni ‘80 sempre più su segmentazione, differenziazione, innovazione di processo • L’Italia resta un paese contraddittorio: tra successi e fallimenti • Specializzazione in 4 cluster principali di esportazioni: – settore moda (tessile, abbigliamento, calzature, pelletteria, accessori) – prodotti per la casa (elettrodomestici, mobili, lampade, ceramica, pietra..) – prodotti alimentari e bevande (vino, olio, pasta, pomodori, ecc.) – prodotti d’uso personale (gioielli, montature occhiali, penne, articoli toletta) Alcuni caratteri dei cluster delle industrie italiane di successo: • sono concentrati nei beni di consumo finali (debole l’industria a monte e quella di supporto) • tendono ad essere molto estesi in profondità (prodotti finali, prodotti intermedi, macchinari specializzati, alcuni servizi) • alcuni di questi cluster sono fortemente correlati: in particolare c’è un forte orientamento verso la moda, lo stile, il design • le imprese sono PMI e competono all’estero soprattutto con le esportazioni (ridotti gli IDE) • le imprese sono specializzate territorialmente (distretti) • le debolezze nei settori ad alta intensità di capitale, nelle imprese ad alta intensità di R&S, nei servizi (esclusi design, di ingegneria, turismo ma manca un operatore global player) CARATTERISTICHE DEL “DIAMANTE” ITALIANO 1) Le condizioni dei fattori italiani: pochi vantaggi dai fattori della produzione ereditati o creati socialmente. – – – – – poche risorse naturali esclusive (marmo) e coltiv. correlate (vino, pasta). alto costo del lavoro, ma mercato differenziato (grandi vs.PMI familiari) forte debolezza del mercato dei capitali (borsa, banche, finanza pubbl.) deboli servizi di infrastruttura (trasporti, telecomunicazioni, logistica) meccanismi di creazione dei fattori sia formali che informali: molto importanti i processi di apprendimento esterni al sistema scolastico (competenze professionali di famiglia/distretto), debole ricerca formale – svantaggi selettivi nei fattori: sono stimolo a innovazione e pragmatismo 2) Le condizioni della domanda italiana: vero punto di forza – gli acquirenti italiani sono fra i più avanzati e sofisticati per gusto, stile; la domanda è molto selettiva e tende a seguire la moda; – distribuzione al dettaglio specializzata nel fornire molti prodotti e servizi ad alta qualità agevola questo processo di co-evoluzione; – domanda sofisticata anche di macchine, beni intermedi e servizi correlati 3) Industrie correlate e di supporto: forte presenza di settori correlati in molti dei cluster di specializzazione. – Relazioni verticali pronunciate tra industrie di successo (moda, design) – Bassi livelli di integrazione verticale nelle imprese italiane (le imprese svolgono poche attività della catena del valore: es. Benetton) – alcuni servizi specialistici correlati (fiere, stampa di moda, stilisti) 4) Strategia, struttura e rivalità tra le imprese: – il vero punto di forza sono le PMI, impresa come “famiglia allargata” – le grandi imprese private tendono a dominare il mercato domestico – alta rivalità personale ed emotiva; acceso individualismo; forte spinta all’imprenditorialità che si indebolisce nei settori protetti – vantaggio competitivo in settori segmentati, specializzati o frammentati; deboli in settori standardizzati o di massa 5) Il ruolo del governo: la politica non rappresenta un elemento del vantaggio competitivo nazionale, anzi è fonte di problemi (servizi scadenti, acquisti non selettivi, bassa spesa in R&S, debole antitrust, si favoriscono i monopoli domestici) L’ITALIA IN PROSPETTIVA 1) Il caso italiano esempio perfetto della natura autorafforzante del “diamante” nazionale: domanda sofisticata, fornitori di qualità, alta concorrenza domestica incentivano l’innovazione 2) I cluster italiani vivaci : intensi processi di spin-off favoriscono il ricambio imprenditoriale, ma non la crescita dimensionale 3) Successo nella rivitalizzazione e trasformazione di settori cd. “tradizionali”: rapida adozione di nuove tecnologie e di nuove tecniche di marketing 4) Benefici dall’evoluzione della domanda globale verso prodotti più personalizzati e di più alta qualità 5) Benefici dall’adozione di nuove tecnologie di automazione flessibile che hanno avuto impiego anche nelle PMI 6) Restano talune debolezze: nei settori industriali a monte si perdono posizioni; mancano le imprese leader di livello globale; fattori deboli: mercato dei capitali, mercato del lavoro, la politica 3) IL MADE IN ITALY: DEFINIZIONE E PROCESSI DI SVILUPPO (Rullani, 2000) A) Il significato di Made in Italy: – – una sfida concettuale per interpretare il vantaggio competitivo italiano in termini di incroci settori/territori; si supera così l’approccio del commercio estero (che altrimenti vedrebbero in esso un aggregato di settori eterogenei legati a qualche vantaggio di costo) per ricondurlo al particolare processo di apprendimento, alle qualità olistica di un certo contesto (storia). L’enfasi va sul “processo produttivo completo” (Becattini-Rullani 1993) che considera sia fattori tecnologici che di contesto locale B) Le sue forme di rappresentazione in quanto non si verifica un semplice cambiamento di oggetto bensì di teoria che si caratterizza per: i) ii) iii) unicità (ogni contesto è irriproducibile); percorsi evolutivi path dependent (processo irreversibile); frutto di un apprendimento cumulativo e localizzato (dove convivono cooperazione e competizione) C) Evitare la “trappola” dell’irriproducibilità generata dall’unicità: i) ii) servono degli attori che agiscono come “integratori versatili” capaci di codificare e trasferire in altri contesti le conoscenze locali; serve una comunicazione che “ibridi” i contesti creando nuova varietà e introducendo elementi di discontinuità nei processi di sviluppo locale D) Le formule imprenditoriali tipiche del Made in Italy – – L’imprenditorialità “diffusa” è una variante del fordismo che in fase di maturità domanda maggiore complessità, prodotti personalizzati, genera mercati di nicchia. L’Italia ha successo in quei mercati dove sono più basse le barriere all’entrata anche perché, come il Giappone, è in ritardo nel processo di sviluppo (le economie più evolute hanno meno PMI e più macchinari ) E) Le prospettive future: dal fordismo al postfordismo. • Necessario introdurre degli elementi di discontinuità nel processo di sviluppo italiano, in particolare occorre: – i) evitare prodotti banali (renderli complessi e pieni di significati), – ii) allargare i settori di attività (opportunità di ingresso in settori in via di de-verticalizzazione come elettronica, informatica, biotecnologie, servizi) – iii) favorire l’innovazione (le PMI devono investire in formazione, conoscenza, velocità di risposta, logistica, comunicazioni) • Trasformare le reti locali in nodi specializzati posti al servizio di reti lunghe transnazionali (divisione del lavoro che non sopprime i sistemi locali, ma li valorizza attraverso una loro ulteriore specializzazione e connessione con l’esterno) • Trasformare una flessibilità finora spontanea e destrutturata in sistemi organizzati per ridurre i costi della complessità al pari delle grandi imprese PARTE 2: LE IMPRESE ITALIANE NELLA COMPETIZIONE INTERNAZIONALE: CENNI SULLA SITUAZIONE ATTUALE 1. Il quadro macroeconomico 2. L’attuale nostra specializzazione settoriale 3. Gli effetti della struttura dimensionale 4. Le modalità di internazionalizzazione – gli investimenti diretti esteri – le forme “leggere” di internazionalizzazione