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Natura e determinanti del vantaggio competitivo
Natura e determinanti del vantaggio competitivo sostenibile nella prospettiva resource-based: alcune riflessioni critiche DANIELE CERRATO∗ Abstract L’analisi delle caratteristiche delle risorse aziendali alla base dell’acquisizione di vantaggi competitivi sostenibili è oggetto di un significativo numero di ricerche, fondate sulla prospettiva resource-based. Nell’ambito di questo sempre più ampio filone di studi, sono stati proposti vari termini e costrutti, dando vita a differenti, e talvolta ambigui, modelli teorici. Attraverso un’analisi critica della letteratura, questo lavoro esamina le proposizioni teoriche relative alla resource-based view del vantaggio competitivo e si propone di contribuire all’approfondimento dei costrutti principali ad essa sottostanti. Partendo dall’assunto fondamentale, secondo cui le risorse sono distribuite in modo eterogeneo tra le imprese, questo studio definisce uno schema per evidenziare le determinanti e i risultati di tale eterogeneità ed analizzare i nessi di causalità tra attributi delle risorse aziendali e vantaggio competitivo. Inoltre, sono discussi gli aspetti metodologici legati all’analisi delle fonti del vantaggio competitivo in ottica resource-based. L’articolo si conclude con la descrizione delle direzioni di ricerca emergenti e le loro potenzialità ai fini di ulteriori analisi della problematica proposta. Key words: resource-based view, vantaggio competitivo, risorse aziendali. Building on the resource-based view, a significant number of research works focuses on the characteristics of firm resources that generate sustainable competitive advantages. Within this ever growing stream of literature, various terms and constructs have been proposed, resulting in different, and sometimes confusing, theoretical frameworks. Through a critical literature review, this paper examines the theoretical propositions regarding the resourcebased view of competitive advantage and aims to contribute to a deeper analysis of its main underlying constructs. Moving from the fundamental assumption that resources are heterogeneously distributed across firms, this study develops a framework to highlight the determinants and the outcomes of such heterogeneity and analyzes the causal relationships between attributes of firm resources and competitive advantage. In addition, methodological issues concerning the analysis of sources of competitive advantages from a resource-based perspective are discussed. The article concludes by describing the emerging streams of research and their potential for further investigations about this research topic. Key words: resource-based view, competitive advantage, firm resources. ∗ Borsista post-dottorato in Economia e Gestione delle Imprese - Università degli Studi di Salerno e-mail: [email protected]. sinergie n. 63/04 12 NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE Premessa La resource-based view si è affermata e largamente diffusa negli anni ‘90 come teoria “dominante” nell’ambito degli studi di strategic management1. All’interno di questo filone di ricerca2 sono inquadrabili numerosi contributi di studiosi di management (Amit R., Schoemaker P.J., 1993; Barney J.B., 1986, 1989, 1991; Collins D.J., 1994; Collins D.J., Montgomery C.A., 1995; Dierickx I., Cool K., 1989; Grant R.M., 1991; Hall R., 1992; Lipparini A., 1998; Mahoney J.T., Pandian J.R., 1992; Peteraf M.A., 1993; Rumelt R.P., 1984, 1987, 1991; Vicari S., 1995; Vicari S., Verona G., 2000; Wernerfelt B., 1984), le cui molteplici teorizzazioni e prospettive d’analisi hanno finito col dar vita ad un insieme di conoscenze tutt’altro che privo di elementi di ambiguità nonché di confusione sia terminologica che concettuale. Il presente lavoro discute in maniera “problematica” le proposizioni fondamentali dell’approccio resource-based, con particolare riferimento al suo contributo ai fini della comprensione della natura del vantaggio competitivo e delle condizioni che ne determinano la costruzione e il mantenimento da parte delle imprese. Il proposito di ricerca è quello di evidenziare i nessi di causalità tra risorse e vantaggio competitivo attraverso un percorso logico-deduttivo, fondato sull’esame dei modelli maggiormente diffusi. Il punto di partenza è rappresentato dall’analisi del concetto di vantaggio competitivo nella prospettiva resource-based (par. 2) e dall’esame delle caratteristiche delle risorse che ne determinano l’acquisizione (par. 3). Sulla base della considerazione critica dei principali modelli d’analisi, si propone uno schema interpretativo di sintesi dei fattori determinanti ai fini della creazione e della sostenibilità del vantaggio competitivo. L’analisi sottolinea, inoltre, i limiti 1 2 E’ con il lavoro di Wernerfelt (1984), che si fa esplicito riferimento alla “resource-based view” dell’impresa, anche se dalla sua pubblicazione passano alcuni anni prima che si abbia una vera e propria esplosione di produzione scientifica riconducibile a questa prospettiva. Il contributo di Wernerfelt è largamente considerato fondamentale ai fini del successivo sviluppo del nuovo filone di studi, come è testimoniato dal premio come best paper che la rivista Strategic Management Journal gli ha tributato nel 1994, a dieci anni dalla sua pubblicazione, con la motivazione di aver rappresentato “the first integrative statement, together with the label, of what has since emerged as an important new conceptualization in the field of strategic management…an early statement of an important trend in the field…” (Zajac E., 1995, p. 169). Inoltre, tale contributo è stato definito “very instrumental in creating the research agenda for resource-based studies” e “truly seminal” (Zajac E., 1995, p. 169). In realtà, per ammissione del suo stesso autore, il lavoro passa inizialmente quasi inosservato e viene enormemente rivalutato solo dopo la pubblicazione su Harvard Business Review dell’articolo di Prahalad e Hamel (1990) “The Core Competence of The Corporation”, il quale ha il merito di richiamare l’attenzione sulle implicazioni che il nuovo approccio ha nella pratica aziendale (Wernerfelt B., 1995). Sull’effettiva originalità della resource-based view si veda, tra gli altri, Boschetti, Sobrero (1996). DANIELE CERRATO 13 dell’approccio resource-based e le questioni metodologiche “aperte” e maggiormente rilevanti (par. 4). Un tema che emerge con particolare criticità è quello del processo di generazione e potenziamento delle risorse aziendali, affrontato a partire dalla distinzione tra le due fondamentali modalità di sviluppo: l’accumulazione interna all’impresa e l’acquisizione dall’esterno (par. 5). Infine, nella parte conclusiva, si accenna ai filoni di ricerca su cui si stanno attualmente concentrando gli studi di management sulla problematica delle risorse e del vantaggio competitivo (par. 6). 2. La nozione di vantaggio competitivo sostenibile nella prospettiva resource-based Il concetto di vantaggio competitivo è centrale negli studi di strategic management (Porter M.E., 1985; Ghemawat P., 1986), ma non è di facile definizione3. Il vantaggio competitivo chiama in causa, in primo luogo, l’idea di competizione o comparazione tra differenti entità; indica, cioè, che un’impresa ha una posizione di superiorità rispetto ad altre imprese od organizzazioni in un dato mercato (Kay J., 1993). Chiaramente, è il mercato il termine di riferimento rispetto al quale è definibile una posizione di vantaggio competitivo. Alla nozione di vantaggio competitivo si lega, il più delle volte, quella di sostenibilità dello stesso. La sostenibilità non indica la mera durata temporale né il fatto che il vantaggio non possa persistere indefinitamente, ma si riferisce alla possibilità che quel vantaggio sia replicabile o meno da altre imprese. Il focus degli studi di strategia è, quindi, costituito dall’analisi delle modalità attraverso le quali le imprese conquistano e conservano il vantaggio competitivo e, per questo motivo, conseguono performance superiori alla media. La risposta che offre la resource-based view è quella secondo cui le ragioni del vantaggio competitivo vanno ricercate nel possesso e nella disponibilità (non necessariamente la proprietà) di risorse, dotate di determinate caratteristiche4. 3 4 Sul tema dell’evoluzione della concezione del vantaggio competitivo negli studi di strategic management si veda Calcagno (1996). Il lavoro di Edith Penrose (1959) getta la basi di una prospettiva d’analisi, che considera quali elementi alla base dell’acquisizione di rendite e sovra-profitti non tanto le strutture di mercato e l’industria, quanto le risorse e capacità dell’impresa. La rilevanza delle condizioni interne all’impresa ai fini del suo sviluppo non è nuova negli studi di management e business policy. Il classico modello di elaborazione delle decisioni strategiche (Andrews K.R., 1971) si basa su un processo razionale, che analizza tanto le condizioni interne all’impresa quanto quelle esterne, ricercando la sintesi coerente tra ciò che l’impresa è in grado di fare (punti di forza e debolezza) e ciò che potrebbe fare, ossia ciò che l’ambiente consente di fare (minacce/opportunità). Tuttavia, gli studi di strategic management hanno finito col privilegiare a lungo alcuni di questi elementi nell’analisi strategica. I primi anni ‘80 sono stati, infatti, quelli delle analisi di settore, che hanno enfatizzato le condizioni esterne all’impresa, quali fattori chiave alla base delle dinamiche competitive e dei comportamenti aziendali. Il lavoro di Michael Porter (1980, 14 NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE La domanda principale alla quale i teorici della resource-based view cercano di dare risposta è la seguente: in che modo le imprese riescono a conservare nel tempo sovra-profitti ? In altri termini, come mai la competizione non elimina profitti al di sopra del livello “normale”, così come la teoria neoclassica spiega ? L’ipotesi di ricerca basilare, dalla quale si sviluppa tutta la letteratura di matrice resource-based, è la seguente: Risorse differenziate (eterogenee) determinano performance differenti, originando, perciò, posizioni di vantaggio competitivo. L’eterogeneità esistente tra le imprese nella dotazione di risorse scarse e difficilmente replicabili è la causa del conseguimento di rendite differenziali rispetto ai concorrenti, rendite che possono garantire ad alcune imprese un vantaggio competitivo, a prescindere dall’attrattività del settore in cui operano5. Alla base di questa impostazione teorica vi è la concezione dell’impresa come un insieme di risorse eterogenee e di meccanismi di conversione di tali risorse attraverso l’azione manageriale (Rumelt R.P., 1984). La dotazione di risorse dell’impresa determina le strategie che essa è in grado di porre in essere nei mercati in cui opera e l’offerta che è in grado di proporre ai consumatori6. 5 6 1985) analizza il ruolo dell’industria nel determinare le performance delle imprese, rilevando che, al fine di ottenere rendite monopolistiche, le imprese o selezionano e scelgono di operare nei settori più attrattivi o manipolano le forze competitive a proprio vantaggio, optando per una tra le due generiche strategie competitive possibili (differenziazione e leadership di costo). L’analisi porteriana delle cinque forze competitive, pertanto, ridimensiona l’importanza della dotazione unica di risorse e capacità dell’impresa quale fonte di vantaggio competitivo. La scelta dell’industria come prevalente oggetto d’indagine fa sì che le analisi siano tutte incentrate sulle posizioni di mercato occupate dalle imprese all’interno di un dato settore, in altri termini, su ciò che è una posizione di vantaggio competitivo, piuttosto che sulle ragioni di tale vantaggio (Hamel G., 1991). Sul finire degli anni ‘80 questa impostazione d’analisi, tutta incentrata sul livello industry, viene messa in crisi dalle ricerche empiriche effettuate sulle performance delle imprese, o meglio, sulle differenze tra le performance delle imprese operanti negli stessi settori (Hansen G.S., Wernerfelt B., 1989; Rumelt R.P., 1991). Tali ricerche evidenziano chiaramente come agli effetti a livello industriale sia ascrivibile solo una parte della varianza dei risultati delle imprese. Alcuni autori (Wernerfelt B., Montgomery C.A., 1986) hanno rilevato come l’attrattività di un settore non rappresenti, in realtà, un indicatore oggettivamente determinabile, quanto piuttosto una dimensione relativa, il cui significato varia in relazione all’impresa considerata e, in particolare, in relazione alle condizioni di maggiore o minore efficienza in cui essa opera. Il legame risorse-prodotti è efficacemente espresso da Wernerfelt (1984, p.171): “resources and products are two sides of the same coin. Most products require the services of many resources and most resources can be used in several products. By specifying the size of the firm’s activity in different markets, it is possible to infer the minimum necessary resource commitments. Conversely, by specifying a resource profile for a firm, it is possible to find the optimal product-market activities”. DANIELE CERRATO 15 Un’impresa che gode di vantaggi competitivi ha saggi di profitto o quote di mercato superiori alla media. Le pressioni competitive tendono ad annullare tali posizioni di vantaggio (Schoemaker, 1990), così come è spiegato dal modello di razionalità economica proprio dell’economia neoclassica. Tuttavia, alcune risorse scarse e difficili da imitare fanno sì che tali superiori performance persistano. In virtù della sua focalizzazione sulle risorse e sulla natura e determinanti del vantaggio competitivo, la resource-based view ha il pregio di spiegare: 1) perché alcune risorse siano più di altre in grado di generare posizioni di vantaggio competitivo; 2) perché, pur in presenza di rilevanti pressioni competitive, permangano asimmetrie nelle dotazioni di risorse e, quindi, nei vantaggi competitivi e nelle rendite che esse consentono. Gli elementi su cui occorre, dunque, soffermarsi per comprendere a fondo l’approccio resource-based sono gli attributi-chiave delle risorse che creano vantaggio competitivo e le modalità di sviluppo e accumulazione di tali risorse7. 3. Il legame risorse-vantaggio competitivo Quali sono gli attributi e le caratteristiche delle risorse che creano vantaggio competitivo? Che cosa preserva l’eterogeneità (differenziazione) nella dotazione di risorse delle imprese, che è alla base del vantaggio competitivo? L’ipotesi attorno alla quale si sviluppano le riflessioni del presente lavoro, sulla base dell’analisi della letteratura esistente, è la seguente: I. I concetti di ‘incertezza’ e ‘immobilità’ esprimono le due condizioni necessarie e sufficienti ai fini della comprensione delle fonti del vantaggio 7 La letteratura di matrice economico-aziendale utilizza ampiamente e, talvolta in maniera intercambiabile, i termini risorse, competenze, competenze distintive, core competence, capacità, skills. In genere, la nozione di risorse ha portata molto ampia, tale da comprendere le altre, considerate in linea di massima come specificazioni o sottoinsiemi. In senso lato, le risorse costituiscono tutte le attività, gli input e le capacità, materiali ed immateriali, che consentono all’impresa di realizzare le proprie strategie e migliorare la propria efficienza ed efficacia. Esse possono essere definite come gli input basilari del processo di produzione o come gli assets controllati dall’impresa (Penrose E., 1959; Wernerfelt B., 1984). Più precisamente, si distinguono tre diversi sotto-insiemi: risorse tangibili, risorse intangibili e capacità. Risorse e capacità sono, quindi, strettamente interrelate, essendo definibili rispettivamente come stock e flussi, ossia come componente statica e componente dinamica presente nell’impresa (Mahoney J.T., Pandian J.R., 1992; Boschetti C., Sobrero M., 1996). In altri termini, le risorse sono lo stock di fattori di cui l’impresa dispone, mentre le capacità designano l’abilità di combinare ed organizzare tali risorse per lo svolgimento di attività produttive (Amit R., Schoemaker P.J., 1993; Grant R.M., 1991). 16 NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE competitivo. Queste due condizioni determinano il persistere, anche nel lungo periodo e malgrado le pressioni competitive, dei differenziali di performance tra le imprese, frutto della differenziazione (eterogeneità) nella dotazione di risorse delle stesse. In altri termini, ciò che si sostiene è che i nessi di causalità esistenti tra risorse e vantaggio competitivo possano essere compiutamente spiegati a partire dai requisiti dell’incertezza e dell’immobilità (Foss N.J., Knudsen C., 2000), i quali comprendono le ulteriori caratteristiche delle risorse che i contributi di ricerca hanno finora individuato come determinanti ai fini della conquista di posizioni di vantaggio competitivo sostenibile. La difficoltà di isolare i nessi di causa-effetto nella produzione del vantaggio competitivo deriva dal fatto che quest’ultimo è il risultato di una pluralità di concause, all’interno delle quali è compito arduo individuare i veri driver8. Proprio tale difficoltà spiega come siano emerse ricostruzioni sostanzialmente diverse in dottrina con riferimento alla catena causale che conduce al vantaggio competitivo. In altri termini, di fronte al compito particolarmente arduo di identificare i nessi di causalità tra risorse e vantaggio competitivo e di distinguere le condizioni strettamente necessarie ai fini del conseguimento di superiori performance rispetto a quelle non necessarie9, i teorici della resource based view hanno finito col porre l’accento ora su alcune ora su altre condizioni ritenute fondamentali a tale scopo10. Per tale via, gli sforzi di arricchimento teorico hanno prodotto una maggiore specificazione delle analisi, ma, al tempo stesso, anche un’inevitabile moltiplicazione dei modelli interpretativi delle determinanti del vantaggio competitivo. L’eterogeneità tra risorse e, quindi, tra imprese, costituisce il requisito fondamentale capace di garantire l’acquisizione e il mantenimento di rendite11 8 9 10 11 “It may never be possible to produce a finite unambiguous list of factors of production responsible for the success of…firms” (Lippman S.A., Rumelt R.P., 1982, p. 420). “The distinction between what are necessary and additional conditions for the expression of SCA [sustainable competitive advantage] is confused in RVB [resource based view]” (Foss N.J., Knudsen T., 2000, p. 4). “Se si scava in profondità, emerge con chiarezza che messa di fronte alla difficoltà di spiegare perché le risorse scarse non necessariamente contribuiscono a migliorare le performance, la resource-based view cerca una risposta allungando la lista delle condizioni necessarie e sufficienti per la generazione di valore” (De Leo F., 1995, pp. 93-94). Il concetto di rendita è centrale nell’impostazione concettuale della resource-based view. In particolare, essa va intesa in senso “ricardiano”, ossia come rendita che scaturisce dall’unicità degli input a disposizione dell’impresa, piuttosto che dal potere di mercato e dall’andamento della domanda. Accanto alla nozione classica di rendita, che si fonda sul confronto statico tra la produttività di risorse differenti o di una stessa risorsa impiegata in usi differenti, va sottolineato il concetto di “rendita imprenditoriale”, intesa come rendita che scaturisce dalla scoperta di nuove combinazioni di risorse (Rumelt R.P., 1987). DANIELE CERRATO 17 superiori rispetto ai concorrenti, ossia di vantaggi competitivi12 (Fig. 1). L’eterogeneità scaturisce, a sua volta, da due attributi fondamentali delle risorse, l’incertezza e l’immobilità (o imperfetta mobilità). Sono queste le due condizioni strettamente necessarie ai fini della conservazione dell’eterogeneità nella dotazione di risorse delle imprese13. Le ulteriori caratteristiche delle risorse possono essere considerate come specificazioni o casi particolari di questi due concetti (Foss N.J., Knudsen C., 2000). Vantaggio competitivo sostenibile Dotazione eterogenea (differenziata) di risorse Incertezza Immobilità Fig. 1: ‘Incertezza’, ‘immobilità’ e vantaggio competitivo L’immobilità risente della specificità degli assets aziendali, della loro destinazione ad un particolare scopo o funzione, strettamente connesso al contesto aziendale in cui la risorsa è impiegata. La specificità degli assets è il frutto degli investimenti realizzati dall’impresa e riflette, quindi, il commitment strategico della stessa. Gli investimenti compiuti dall’impresa in assets specifici rappresentano 12 13 “Difference among firms in terms of information, luck, and/or capabilities enable the firm to generate rents. The firm’s unique capabilities in terms of technical know how and managerial ability are important sources of heterogeneity that may result in sustained competitive advantage. In particular, distinctive competence and superior organizational routines in one or more of the firm’s value-chain functions may enable the firm to generate rents from a resource advantage” (Mahoney J.T., Pandian J.R., 1992, p. 365). L’eterogeneità delle risorse rappresenta un elemento chiave dell’analisi strategica, che, ignorato dalla teoria economica neoclassica, diviene centrale nella prospettiva resourcebased. E’ chiaro, però, per le considerazioni sopra svolte, che essa non costituisce soltanto una condizione (o causa) dei comportamenti e delle performance delle imprese, ma anche un effetto, un prodotto risultante dall’azione manageriale ed imprenditoriale. A tal proposito Rumelt (1984, pp. 154-155) scrive: “Senza l’eterogeneità delle risorse…non esiste incentivo a investire nella rischiosa esplorazione di nuovi metodi e alla ricerca di produzione di nuovo valore. Data l’incertezza, il risultato ex post dell’attività imprenditoriale sarà necessariamente l’eterogeneità delle risorse”. 18 NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE anche un deterrente all’entrata in un settore da parte di nuove imprese. Il concetto di immobilità è legato, pertanto, ai cosiddetti “costi affondati” (sunk costs), che vincolano talune risorse all’impresa14. Essa si collega, da un lato, alle imperfezioni del mercato, che impediscono che alcune risorse vengano liberamente e convenientemente scambiate e, dall’altro, all’alta specificità delle risorse stesse, dovuta, a sua volta, al carattere di unicità del contesto aziendale in cui esse sono sviluppate (Calcagno M., 1996). Tuttavia (come si evidenzia nel paragrafo 5), nei contesti competitivi attuali, la diffusione dei rapporti di collaborazione e l’affermarsi della logica dei network impongono un ripensamento, o meglio, un allargamento del concetto di imperfetta mobilità, in maniera tale da comprendere nel novero delle risorse-chiave ai fini dell’acquisizione del vantaggio competitivo non solo le risorse accumulate all’interno della singola organizzazione, ma anche quelle messe a disposizione all’interno di configurazioni reticolari d’impresa. L’incertezza è un’ulteriore caratteristica che spiega l’eterogeneità delle risorse. L’incertezza può essere definita sinteticamente come la condizione, per effetto della quale i processi di costruzione del vantaggio competitivo tendono a rimanere una “black box”. Ad essa sono riconducibili molte delle spiegazioni fornite dagli studiosi sulle determinanti del vantaggio competitivo. In primo luogo, l’incertezza caratterizza il funzionamento dei mercati: per effetto di asimmetrie e imperfezioni di mercato vi è sovente una differenza tra il prezzo di una risorsa e il valore generato, da cui deriva la formazione di rendite15. In secondo luogo, va tenuto presente che il set di risorse aziendali viene impiegato in modo congiunto, combinato, il che impedisce di isolare l’azione di ciascuna di esse e l’effetto che essa produce sulle attività d’impresa. L’incertezza si lega strettamente ai cosiddetti “meccanismi di isolamento” (v. infra) e ai concetti di uncertain imitability e casual ambiguity. In mancanza di “incertezza”, una risorsa, per quanto unica e immobile, può essere facilmente replicata16. A questo punto, un ulteriore aspetto merita di essere approfondito, ossia come la 14 15 16 Come chiarisce Peteraf (1993), una risorsa è imperfettamente mobile nella misura in cui o non è suscettibile di utilizzo al di fuori del contesto aziendale o, pur se trasferibile, il valore da essa derivante nel contesto aziendale d’appartenenza è superiore a quello ottenibile dall’impiego in un altro contesto. Le asimmetrie informative, che hanno un ruolo decisivo nel preservare l’eterogeneità tra le imprese, costituiscono uno dei key issues dell’analisi strategica. Il “problema” strategico può essere, infatti, anche definito come il problema legato all’analisi della complessità derivante dall’incertezza delle condizioni in cui opera l’impresa (Schoemaker P.J., 1990). Proprio dalle diverse possibili strade che si prospettano all’impresa nell’affrontare situazioni complesse ed incerte derivano comportamenti e performance eterogenee. “Sebbene i meccanismi di isolamento generino flussi di rendita stabili (ex post), le opportunità di crearli, aumentarli e sfruttarli devono sorgere da cambiamenti inattesi. Senza incertezza non c’è differenza tra il prezzo ex ante di un’attività o di una posizione di mercato e il suo valore ex post. E’ la contrapposizione tra meccanismi di isolamento e incertezza che permette la modellizzazione dell’eterogeneità in uno schema di equilibrio” (Rumelt R.P., 1984, p. 161). DANIELE CERRATO 19 dotazione di risorse differenziate rispetto ai concorrenti, opportunamente “protetta” dai meccanismi sopra esposti, possa effettivamente tradursi nel conseguimento di superiori performance. Il passaggio dalla dotazione di risorse eterogenee al conseguimento di rendite si spiega attraverso tre caratteristiche fondamentali delle risorse stesse, che sintetizzano i meccanismi di “conversione” delle risorse in vantaggio competitivo, ossia il valore, l’appropriabilità, i limiti alla duplicazione (Fig. 2). Vantaggio competitivo sostenibile Limiti alla duplicazione Valore Appropriabilità Risorse eterogenee (differenziate) Fig. 2: Valore, appropriabilità e limiti alla duplicazione delle risorse La seconda proposizione, su cui ci si sofferma, può essere, pertanto, così formulata: II. Risorse eterogenee, in virtù dei requisiti dell’incertezza e dell’immobilità, generano vantaggi competitivi nella misura in cui producono valore; tale valore è appropriabile da parte dell’impresa; esistono limiti alla duplicazione delle risorse. Le risorse devono, in primo luogo, essere tali da “creare valore”, affinché possano considerarsi potenziale fonte di vantaggio competitivo. Ciò significa che esse devono consentire all’impresa di concepire o implementare strategie che migliorino la propria efficacia ed efficienza, riuscendo a soddisfare le esigenze dei clienti17. L’enfasi sul legame tra risorse, vantaggio competitivo e creazione di valore per il cliente rappresenta la via per integrare efficacemente la prospettiva resourcebased view con le concezioni del vantaggio competitivo prevalentemente basate sull’analisi dell’ambiente esterno. In altri termini, il “valore “ non può essere considerato astrattamente, ma va concretamente definito in relazione al mercato. In particolare, l’impresa dovrebbe identificare le risorse maggiormente congruenti con i fattori critici di successo del settore, attuali e futuri (Amit R., Schoemaker P.J., 1993). 17 Le risorse dell’impresa posseggono valore qualora “they enable a firm to conceive of or implement strategies that improve its efficiency and effectiveness” (Barney J.B., 1991, p. 106). 20 NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE Ad ogni modo, si avverte la necessità di una riflessione più approfondita sul concetto di valore18. L’attributo “valuable”, individuato come connotato saliente che le risorse devono possedere affinché siano fonte di vantaggi competitivi, non pare sufficientemente analizzato, lasciando aperti una serie di interrogativi (Golfetto F., 2000) (v. infra, par. 4). Naturalmente, affinché una risorsa sia non solo potenziale, ma anche reale fonte di vantaggio competitivo, occorre che il suo “valore” sia appropriabile da parte dell’impresa. Posto che una risorsa abbia valore, occorre capire chi se ne appropri. Il valore, infatti, può essere acquisito da diversi soggetti: clienti, fornitori, azionisti, dipendenti e altri stakeholders (Collins D.J., Montgomery C.A., 1995; Kay J., 1993). Un’impresa può definirsi efficace nell’appropriazione della risorsa, qualora il valore da essa creato si traduca in profitto per l’impresa stessa. Mentre tale appropriazione può essere agevolmente compiuta nel caso di risorse fisiche e finanziarie, essa risulta piuttosto difficile nel caso di assets intangibili e, in generale, qualora i diritti di proprietà non possano essere chiaramente definiti (Grant R.M., 1991). Particolarmente delicato è il caso in cui il valore sia legato alle capacità delle risorse umane. In diversi settori, può accadere che le performance delle imprese siano strettamente legate all’impiego di particolari professionalità19. In tali casi può accadere che il maggior valore creato dall’azienda sia totalmente eroso dal compenso riconosciuto ai propri professionisti20. Un altro elemento cruciale ai fini della creazione di un vantaggio competitivo sostenibile è rappresentato dai limiti alla duplicazione delle risorse. Mentre l’attributo del valore e della sua appropriabilità è fondamentale ai fini dell’acquisizione del vantaggio competitivo, i limiti alla duplicazione di tali risorse determinano la sostenibilità del vantaggio stesso21. Su tale punto si riscontra una 18 19 20 21 Giacché una risorsa di valore è per definizione anche rara, dal punto di vista economico, il requisito della rarità della risorsa, evidenziato nel modello di Barney (1991), può essere considerato “compreso” nella nozione stessa di valore e, come tale, non strettamente necessario ai fini della spiegazione del legame tra risorse e vantaggio competitivo. Si pensi, ad esempio, all’importanza che può avere uno stilista in una casa di moda, o al ruolo cruciale che talune nuove professionalità nel campo informatico rivestono nei settori legati alla New Economy. A ciò va naturalmente aggiunta la considerazione che, malgrado il rapporto individuoorganizzazione sia disciplinato contrattualmente, la mobilità delle risorse umane tra le organizzazioni e il controllo ‘intrinsecamente’ limitato che è possibile esercitare sulle prestazioni fornite dai propri dipendenti pongono l’impresa in una posizione particolarmente rischiosa, finendo col rendere instabili le proprie posizioni di vantaggio competitivo. I limiti alla duplicazione di risorse racchiudono, nell’accezione proposta, sia i limiti all’imitazione che quelli alla sostituzione. L’imitabilità si riferisce al fatto che le imprese concorrenti possano acquisire o accumulare risorse con attributi simili a quelli delle risorse che sono alla base del vantaggio competitivo. La sostituibilità, invece, si riferisce al fatto che le imprese possano accedere a risorse che consentono loro di implementare strategie analoghe a quelle dell’impresa che vanta una posizione di vantaggio. DANIELE CERRATO 21 notevole varietà di impostazioni in letteratura. Infatti, le barriere alla replicazione delle risorse sono state spiegate facendo riferimento a condizioni e concetti molto differenti tra loro, tra i quali: i processi di accumulazione di capitale specifici delle singole imprese (asset stock accumulation) (Dierickx I., Cool K., 1989), i differenziali di capacità (Hall R., 1992, 1993), i limiti ex-post alla competizione (Peteraf M.A., 1993), i “meccanismi di isolamento” (Rumelt R.P., 1984, 1987), l’“imitabilità in condizioni di incertezza” (uncertain imitability) (Lippman S.A., Rumelt R.P., 1982), l’ambiguità causale (Reed, Defillippi, 1990). Un concetto fondamentale ai fini della comprensione del vantaggio competitivo è rappresentato dai cosiddetti “meccanismi di isolamento” (Lippmann, Rumelt R.P., 1982; Rumelt R.P., 1984), ossia i meccanismi che rendono difficile l’imitazione delle risorse da parte dei concorrenti e, di conseguenza, l’acquisizione delle medesime fonti di superiori performance delle imprese di successo22. In linea di massima, il concetto di meccanismi di isolamento riflette, a livello di impresa, quello di barriere all’entrata, adoperato a livello di industria, e quello di barriere alla mobilità, riferito ai gruppi strategici all’interno di uno stesso settore (Knudsen C., 1996). D’altro canto, proprio perché è tutt’altro che facile capire le vere cause del vantaggio competitivo, i possibili meccanismi di isolamento sono assai numerosi23. Essi sono direttamente connessi alla specificità ed unicità degli assets aziendali, alla cosiddetta ambiguità causale (“casual ambiguity”24) e, più in generale, all’incertezza circa le relazioni causali tra i comportamenti dell’impresa e le performance ottenute25, frutto della complessità e della natura tacita delle risorse. Per effetto di tali meccanismi, le imprese meno competitive sono incapaci di isolare le determinanti delle rendite e replicare i comportamenti di successo delle imprese eccellenti. 22 23 24 25 “…the resource-based view utilizes a central concept of the structure-strategyperformance paradigm, albeit at a different level of analysis. These isolating mechanisms (barriers to imitation) explain (ex post) a stable stream of rents and provide a rationale for intraindustry differences among firms” (Mahoney J.T., Pandian, 1992, p. 371). Mahoney e Pandian (1992) hanno prodotto una lunghissima lista di meccanismi di isolamento, attingendo non solo alla letteratura di matrice resource-based, ma anche all’economia e all’organizzazione industriale. L’ambiguità causale è sostanzialmente riconducibile alla mancanza di informazioni su quali siano le risorse che effettivamente sono alla base del vantaggio competitivo oppure, anche qualora tali risorse siano individuabili, alla mancanza di adeguate informazioni per poterle riprodurre e duplicare. Essa, pertanto, limita non solo la capacità imitativa dei concorrenti, ma anche la stessa capacità dell’impresa di successo di replicare le medesime condizioni alla base del proprio vantaggio competitivo (Reed R., Defillippi, R.J. 1990). Tale concetto si addice particolarmente alle competenze e alle conoscenze tacite, diffuse nell’organizzazione, frutto per lo più di complessi processi di accumulazione firm-specific. “When the links between a firm’s resources and its sustained competitive advantage are poorly understood, it is difficult for firms that are attempting to duplicate a successful firm’s strategies through imitation of its resources to know which resources it should imitate” (Barney J.B., 1986, p. 109). 22 NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE In sintesi, le argomentazioni connesse alle due proposizioni sopra formulate sono sintetizzabili nel modello raffigurato nella figura 3, in cui si evidenzia, tra l’altro, come le condizioni di incertezza e immobilità siano alla base rispettivamente dei limiti alla duplicazione delle risorse e dell’appropriabilità del valore che da esse scaturisce. Vantaggio competitivo sostenibile Limiti alla duplicazione Valore Appropriabilità Risorse eterogenee (differenziate) Incertezza Immobilità Fig. 3: Il legame risorse-vantaggio competitivo: un modello di sintesi Infine, dal momento che la maggior parte dei profitti e soprattutto dei sovraprofitti non dura indefinitamente, è utile approfondire l’aspetto della sostenibilità del vantaggio competitivo, così come è stato definito nelle pagine precedenti, ossia non come mera durata temporale, ma come resistenza all’imitazione e alla sostituzione26. Oltre ai requisiti dell’inimitabilità (difficoltà d’imitazione) e dell’insostituibilità (difficoltà di sostituzione), va considerato anche il rischio di obsolescenza. La sostenibilità del vantaggio competitivo dipende, infatti, anche dai cambiamenti nell’ambiente competitivo che possono rendere obsolete certe risorse aziendali (particolarmente risorse di conoscenza) (Fig. 4). Per tale via, quindi, si realizza il “recupero” della dimensione ambientale esterna nella visione resource-based, ossia si evidenzia il fatto che le risorse possono essere deprezzate dai cambiamenti nell’ambiente. 26 In senso lato, la durevolezza (ossia l’attitudine a perdurare nel tempo) include tutti e tre i requisiti della sostenibilità del vantaggio competitivo indicati in figura 4. In senso stretto, però, per durevolezza si è voluto indicare il minor rischio di obsolescenza dovuto a mutamenti nell’ambiente competitivo. DANIELE CERRATO 23 Inimitabilità Sostenibilità del vantaggio competitivo Insostituibilità Durevolezza (minore probabilità di obsolescenza dovuta ai cambiamenti nell’ambiente) Fig. 4: La sostenibilità del vantaggio competitivo 4. I limiti della resource-based view e le questioni metodologiche “aperte” L’analisi proposta trae spunto dalla considerazione che la proliferazione di modelli e di classificazioni delle risorse aziendali ha alimentato una certa confusione nonché ambiguità terminologica27, soprattutto circa l’individuazione degli attributi delle risorse necessarie ai fini del conseguimento e della sostenibilità delle superiori performance28. Questa constatazione suggerisce, pertanto, l’opportunità di evidenziare alcuni elementi di ambiguità, talune circolarità e tautologie presenti nei modelli 27 28 I numerosi contributi sviluppatisi nell’ambito della resource-based view non sono stati tali da consolidarsi come un corpus di conoscenze omogenee ed unitarie, al punto che ci si chiede se e quanto tale filone di studi possa compiutamente definirsi come una nuova teoria d’impresa o se non sia piuttosto la riproposizione di vecchi concetti o, in ogni caso, se essa manchi di alcuni elementi o criteri necessari affinché possa definirsi una nuova teoria (Conner K.R., 1991; Mahoney J.T., Pandian J. R., 1992, Seth A., Thomas H., 1994; Boschetti C., Sobrero M., 1996; Golinelli G.M., Gatti M., Siano A., 2002). Senza voler entrare nel merito della definizione dei requisiti che una teoria dell’impresa dovrebbe possedere per definirsi tale (per il quale si rinvia ai contributi succitati), va detto che, nella prospettiva resource-based, le imprese esistono perché il processo di accumulazione di risorse è reso più efficiente dalle interdipendenze e dal coordinamento tra gli assets aziendali, rispetto a quanto accade nel mercato, ossia in assenza di tale coordinamento. Contrasti e differenze nei modelli proposti, anziché riguardare le reali determinanti del vantaggio competitivo, hanno finito spesso col ridursi a mere questioni di “contrasto nominalistico” (Vicari S., Verona G., 2000). 24 NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE interpretativi delle determinanti del vantaggio competitivo. Ciò potrebbe rappresentare la premessa per una ricerca empirica che si fondi su basi più rigorose. Infatti, i concetti chiave alla base della resource-based view talvolta o sono intrinsecamente tali da impedire il riscontro empirico e le possibilità di generalizzazione oppure, lungi dal corroborare le tesi proposte, finiscono col riprodursi tautologicamente anziché esplicitare nessi di causalità. In primo luogo, è utile tornare sul concetto di valore, precedentemente individuato come requisito fondamentale che una risorsa deve possedere ai fini della produzione di vantaggi competitivi. Il concetto stesso di “valore” di una risorsa è estremamente problematico. Infatti, non può dirsi in termini assoluti se una risorsa abbia valore. E’ lo specifico contesto d’impresa a suggerirci se una risorsa o un asset abbiano o meno valore (Schendel D., 1994). Quest’affermazione naturalmente implica una tautologia o circolarità, così sintetizzabile: le risorse “di valore” conducono alla definizione della strategia e all’acquisizione del vantaggio competitivo; la strategia e i comportamenti dell’impresa modificano il contesto e la struttura industriale in cui essa opera; tale struttura determina l’importanza di certi assets aziendali e, quindi, in ultima analisi, il fatto che una risorsa abbia valore29. In altri termini, le risorse possono conferire all’impresa una posizione di vantaggio competitivo, per definire la quale è necessario far riferimento ad un certo contesto competitivo, ad un certo settore. Ma è tale contesto competitivo che qualifica una risorsa come “avente valore”. D’altro canto, non si può parlare di risorse e di valore, prescindendo dalla funzione di governo dell’impresa. La relazione risorse-valore non è diretta, ma implica necessariamente un’azione manageriale capace di attivare processi di valorizzazione di tali risorse, ossia tali da convertire il valore potenziale presente nella dotazione strutturale dell’impresa in valore effettivo o, in altri termini, in vantaggi competitivi reali. Ciò che si afferma è che il valore di una risorsa è di per sé potenziale e che tanto la effettiva generazione di valore quanto la sua appropriabilità da parte dell’impresa dipendono dall’efficacia dell’azione manageriale30. In tal senso, è pienamente condivisibile la posizione di chi ritiene che in molta parte della letteratura di matrice resource-based vi sia una contraddizione tra l’affermazione della centralità delle risorse, da un lato, e l’ancora insufficiente attenzione dedicata al ripensamento e alla rivalutazione del ruolo dell’organo di governo dell’impresa in funzione di tale centralità (v. infra, par. 6). Una risorsa in possesso delle caratteristiche sopra evidenziate non garantisce, dunque, di per sé, l’acquisizione del vantaggio competitivo. Essa deve essere impiegata per la produzione di beni o servizi vendibili sul certo mercato. In tale ottica, il compito fondamentale del management consiste essenzialmente nell’identificare la base di risorse e capacità dell’impresa ed evidenziare il 29 30 “Resources led to strategy and competitive advantage, which in turn defined relevant competitive structures, which in turn what an asset or resource was, and so on” (Schendel D., 1994, p. 2). “Lo stock di risorse posseduto in un dato momento rappresenta la quantità di potenziale cumulato, sono poi i comportamenti d’impresa che lo trasformano, arricchendolo o depauperandolo” (Vicari S., Verona G., 2000, pp. 22-23). DANIELE CERRATO 25 collegamento esistente tra le strategie ed attività dell’impresa, attuali e future e tale base di risorse e capacità (Rumelt R.P., 1984; Grant R.M., 1991, Sicca L., 1998)31. La relazione risorse-vantaggio competitivo è, perciò, ben più complessa di quanto non appaia ad una prima analisi e merita un ulteriore approfondimento, alla luce di una rinnovata prospettiva d’indagine che, da un lato, valorizzi una visione “processuale-dinamica”, e non più statica, dei meccanismi di costruzione del vantaggio competitivo, dall’altro, esamini il ruolo dell’organo di governo dell’impresa quale attore principale dei processi di conversione delle risorse in vantaggi competitivi e di sviluppo/riconfigurazione delle capacità e competenze aziendali (sul punto v. infra, parr. 5 e 6). La gran parte dei contributi riconducibili alla resource-based view è di natura concettuale più che empirica, a causa del fatto che la teoria contiene in se stessa i limiti alla diffusione di ricerche empiriche. La scarsità di ricerche empiriche va senz’altro attribuita anche al fatto che le risorse, ed in particolare quelle chiave ai fini del vantaggio competitivo, sono “inosservabili” (Godfrey P.C., Hill C.W., 1995). Basti pensare alle firm-specific capabilities, tacite e fortemente caratterizzate da causal ambiguity. Tale limite della ricerca è accresciuto dal fatto che quanto più una risorsa è “inosservabile” e, pertanto, difficile da identificare e da comprendere, maggiore è la probabilità che essa sia una fonte potenziale di vantaggio competitivo. Le barriere all’imitazione sono, infatti, tanto più elevate quanto più le risorse sono tacite, difficili da osservare, complesse32. Estremizzando tale discorso, si dovrebbe affermare che la risorsa più utile per l’impresa, la “vera” fonte di vantaggio competitivo non può mai essere identificata (Collins D.J., 1994). Proprio in virtù dell’esistenza di una serie di “unobservables” nella prospettiva resource-based, gli elementi chiave alla base del successo dell’impresa, anziché essere provati mediante forme di osservazione diretta, devono necessariamente 31 32 Tale ruolo può essere, perciò, definito come quello atto a identificare, impiegare, proteggere le risorse dell’impresa (Amit R., Schoemaker P.J., 1993). Come è stato già rilevato, la stessa identificazione non è un’operazione semplice: mentre le risorse fisiche e finanziarie sono piuttosto facili da identificare, non può dirsi lo stesso per le risorse intangibili, la cui analisi è talvolta difficile non solo per i concorrenti, ma anche per l’impresa stessa, a causa della propria natura tacita e complessa. Inoltre, la dotazione di risorse-chiave dell’impresa non può essere modificata istantaneamente, bensì attraverso un processo di accumulazione che richiede notevoli investimenti. A tal proposito, Dierickx e Cool (1989) considerano le risorse come stocks, affermando che: “…the strategic asset is the cumulative result of adhering to a set of consistent policies over a period of time. Put differently, strategic asset stocks are accumulated by choosing time paths of flows over a period of time” (p. 1506). Senza investimenti atti ad alimentare il patrimonio di risorse aziendali, lo stock di risorse aziendali è destinato inevitabilmente a svalutarsi. Alcuni autori (Bertoli G., Busacca B., Costabile M., 2000) sottolineano come, ai fini della sostenibilità del vantaggio competitivo, l’impresa debba essere in grado di gestire con efficacia non solo l’accrescimento, ma anche la difesa delle risorse aziendali. “The more unobservable a value resource, the higher are the barriers to imitation, and the more sustainable will be a competitive advantage based upon that resource” (Godfrey P.C., Hill C.W., 1995, p. 523). 26 NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE essere inferiti dall’analisi degli effetti “osservabili”, realisticamente riconducibili a quegli elementi. Ad esempio, la presenza di extra-profitti a vantaggio di un’impresa per un periodo di tempo piuttosto lungo denota il fatto che sono in azione dei “meccanismi di isolamento”, ossia barriere all’imitazione/sostituzione della dotazione di risorse di quell’impresa che gode di una posizione di vantaggio competitivo. L’ampiezza dell’intervallo di tempo in cui persiste tale vantaggio competitivo potrebbe esser adoperato come un primo indicatore dell’intensità o del livello quantitativo di tali barriere e dell’intensità dei meccanismi di isolamento operanti33. Progressi nella ricerca empirica possono, dunque, essere compiuti sulla base dell’analisi delle conseguenze osservabili derivanti realisticamente dalle risorse inosservabili34. In secondo luogo, nelle proposizioni fondamentali della resource-based view sono già contenuti implicitamente i limiti alla costruzione di modelli e leggi generali di funzionamento delle imprese. Nel modello resource-based è posta molta enfasi sull’eterogeneità delle imprese, sul fatto che ciascuna di esse rappresenti un unicum, distinto da tutte le altre, in virtù di una propria dotazione di risorse, altamente specifica e strettamente legata al contesto aziendale. Non può essere il riferimento ad una legge, ad un regola generale a spiegare perché una data impresa possegga quel set di risorse piuttosto che un altro (Godfrey P.C., Hill C.W., 1996). L’unità di analisi fondamentale è l’impresa, punto di partenza, ma anche punto di arrivo dell’attività di ricerca, stante il suo carattere unico, complesso, specifico, storicamente circoscritto e determinabile solo all’interno di precise coordinate spazio-temporali. Questo pare configurarsi come un assioma, un punto di partenza inamovibile. Infatti, nelle loro analisi, i teorici della resource-based view, più o meno implicitamente, suppongono che l’impresa che forma oggetto della propria indagine parta con una certa dotazione strutturale di risorse, la quale rappresenta un dato originario, al di fuori del campo d’indagine. Ad ogni modo, il problema non è tanto e non solo quello degli intangible assets (Hall R., 1993) o degli “unobservables” (Godfrey P.C., Hill C.W., 1995). Il vero problema metodologico è sintetizzabile nel fatto che, se è vero che la resource-based view ha rappresentato un importante “salto”, un cambiamento negli studi di strategic management rispetto ai modelli dominanti negli anni ‘80, è altresì vero che lo sviluppo della ricerca richiede un cambiamento significativo anche nelle 33 34 Naturalmente il problema posto non riguarda in modo esclusivo né la resource-based view né tanto meno i soli studi di strategic management, dal momento che tutte le scienze sociali sono alle prese col problema di dare validazione empirica a costrutti inosservabili. “The first point to emphasize is that, ultimately, the resource-based view of the firm will stand or fall not on the basis of whether its key constructs can be verified, but upon whether its predictions correspond to the reality observed for populations of firms. What scholars need to do is to theoretically identify what the observable consequences of unobservable resources are likely to be, and then go out to see whether such predictions have correspondence in the empirical world” (Godfrey P.C., Hill C.W., 1996, p. 95). DANIELE CERRATO 27 metodologie d’indagine scientifica35. Possono, infatti, rivelarsi inadeguate le metodologie maggiormente utilizzate nell’analisi strategica, in quanto contraddittorie rispetto ai presupposti e ai principi basilari della nuova dottrina, come si evince dalla letteratura più recente (Rouse M.J., Daellenbach U.S., 1999). Se l’impresa è l’unità d’analisi fondamentale e se le risorse tacite, d’incerta definizione, fortemente specifiche e radicate nel contesto aziendale costituiscono la più probabile fonte di vantaggio competitivo, è, conseguentemente, opportuno adottare metodologie di ricerca di tipo “etnografico”, che dall’interno dell’impresa consentano di studiare le condizioni organizzativo-gestionali alla base del vantaggio competitivo36. Lo sviluppo della ricerca di matrice resource-based passa, dunque, attraverso una forte rivalutazione dei case studies, delle analisi approfondite di singole realtà aziendali condotte dall’interno dell’impresa piuttosto che dall’esterno37. Partendo dal presupposto che ciascuna realtà d’impresa costituisca un unicum38, occorrerebbe cioè tornare ad una metodologia di ricerca che non appare più in voga e sulla cui validità scientifica si è molto discusso. Oggi, infatti, i case studies tendono ad occupare una posizione marginale nelle analisi empiriche condotte nell’ambito degli studi di strategie d’impresa (Rouse M.J., Daellenbach U.S., 1999). 35 36 37 38 “While strategic management research during the last two decades has shifted from a focus on environmental factors to intangible resource-based factors in the search for sources of sustainable superior performance, the dominant research approach has not changed significantly” (Rouse M.J., Daellenbach U.S., 1999, p. 489). In tale ottica, è chiaro che i tipici metodi di raccolta delle informazioni sulle aziende, possono essere inadeguati ad analizzare le ragioni dei comportamenti e delle performance aziendali. D’altro canto, non si può, da un lato, sostenere che le risorse ‘veramente’ alla base del vantaggio competitivo siano difficilmente individuabili ed imitabili da parte dei concorrenti e, dall’altro, ritenere che sia possibile ricavare informazioni su tali risorse dall’esterno dell’impresa, in una maniera, quindi, sostanzialmente accessibile agli stessi concorrenti. “As strategy scholars, we need only add to our proven methods of ‘inquiry from the outside’ those of ‘inquiry from the inside’…that have the potential to help disentangle intraorganizational sources of superior performance. The message from the resourcebased view is clear. Factors inside organizations are a primary source of sustainable advantage. The discovery and evaluations of those advantages must, therefore, be done in organizations” (Rouse M.J., Daellenbach U.S., 1999, p. 492). “Since each firm is viewed as a unique entity, explaining the cause of superior (or inferior) performance at the level of the individual firm calls for clinical work of the type that is currently unfashionable in the management literature. We are not advocating a return here to the type of unstructured and atheoretical case study work that characterized the early strategic management literature. Rather, we are arguing that there is value to be had, in terms of explanation, in viewing the firm as a natural laboratory in which the theoretical propositions of the RBV are already being tested” (Godfrey P.C., Hill C.W., 1995, p. 530). 28 NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE 5. Le modalità di sviluppo delle risorse aziendali: acquisizione esterna vs. accumulazione interna Il riferimento alla dotazione di risorse riflette un approccio d’analisi di tipo “statico”, che interpreta le posizioni di vantaggio competitivo dell’impresa come funzione dello stock di risorse da essa possedute. Tuttavia, in special modo negli studi più recenti, l’enfasi si è spostata sull’aspetto “dinamico”, ossia sull’analisi dei processi attraverso cui tale stock viene accumulato, modificato, rigenerato. In altri termini, ci si chiede come l’impresa ottenga la disponibilità delle risorse. Le strade possibili sono due: quella della creazione interna e quella dell’acquisizione (Knudsen C., 1996). In relazione a quest’ultima possibilità, è utile introdurre il concetto di “strategic factor markets” (Barney J.B., 1986), intendendo per essi i mercati nei quali l’impresa acquisisce le risorse necessarie per implementare le proprie strategie39. In tale ottica, l’ampiezza dei risultati derivanti dall’implementazione di tali strategie dipende strettamene dai costi necessari all’acquisizione delle risorse. Pertanto, il conseguimento di sovra-rendite o superiori performance è subordinato alla capacità dell’impresa di stimare il valore delle risorse che essa acquisisce meglio dei concorrenti operanti negli stessi mercati dei fattori strategici, in virtù di una migliore informazione, dovuta ad imperfezioni nella competizione e, quindi, ad asimmetrie informative40 (anche se lo stesso Barney (1986) non esclude che l’acquisizione di una posizione di vantaggio possa scaturire da vera e propria “fortuna” (sic!) dell’impresa nella realizzazione delle proprie strategie). Ad ogni modo, tale superiore capacità di valutazione e la migliore informazione a disposizione deriva non tanto dalla lettura e analisi dell’ambiente esterno quanto dalla capacità di valutazione delle proprie risorse e capacità interne41. Tale impostazione è criticata da chi sottolinea come molte risorse, ed in particolare le risorse maggiormente rilevanti ai fini del conseguimento del vantaggio competitivo, non siano acquisibili sul mercato, ma siano piuttosto il frutto di un processo di accumulazione (asset stock accumulation) interno all’impresa (Dierickx I., Cool K., 1989). Infatti, il successo nell’implementazione di una strategia è per lo 39 40 41 “All strategies that require the acquisition of resources for implementation have strategic factor markets associated with them” (Barney J.B., 1986, p. 1232). Il modello di Barney presuppone che i mercati dei fattori strategici non siano perfettamente competitivi, a causa del fatto che le imprese hanno aspettative diverse circa il futuro valore di una risorsa strategica. In sostanza, estremizzando tale concetto, Barney afferma che le imprese sono in grado di ottenere profitti al di sopra del livello normale solo se sono in possesso di migliori informazioni o sono fortunate! Al contrario, nell’ipotesi di un mercato dei fattori strategici perfettamente competitivo, privo di imperfezioni, l’acquisizione dei fattori non può dar luogo a superiori performance, giacché il costo di acquisizione di una risorsa strategica tende ad eguagliare il valore che essa ha allorquando venga impiegata nell’implementazione di una stratega d’impresa (Dierickx I., Cool K., 1989). “…environmental analysis, by itself, cannot create the required unique insights, while in some circumstances, the analysis of a firm’s unique skills and capabilities can” (Barney J.B., 1986, pp. 1232-1233). DANIELE CERRATO 29 più legato al possesso e all’impiego di risorse altamente firm-specific e complesse, come tali prive di mercato. Esistono una serie di risorse che non sono disponibili sul mercato42. Basti pensare, ad esempio, alla reputazione e alla cultura aziendale, che pure sono riconosciute come assets rilevanti ai fini del vantaggio competitivo e per le quali non esiste un mercato (Dierickx I., Cool K., 1989). Inoltre, lo stesso concetto di “acquisizione” di risorse va correttamente inteso. Anche le risorse acquisite sul mercato, lungi dall’essere prontamente utilizzabili, necessitano di un processo di trasformazione o comunque di un’azione organizzativa che le adatti al contesto aziendale in cui sono adoperate (Knudsen C., 1996) e le renda pertanto firm-specific43. In tale ottica, l’organo di governo dell’impresa è responsabile di un’azione di “contestualizzazione” delle risorse che, acquisite sul mercato, entrano a far parte della dotazione strutturale dell’impresa44. Su tale set di risorse e capacità si attivano processi di valorizzazione atti a costruire vere e proprie competenze o, in altri termini, a trasformare i vantaggi competitivi potenziali in vantaggi competitivi effettivi45. Come si è detto, infatti, il rapporto risorse-vantaggio competitivo è solo potenziale, essendo “mediato” dall’azione dell’organo di governo dell’impresa. È ragionevole considerare come complementari le prospettive dello sviluppo interno e dell’acquisizione dall’esterno, in quanto esse sono sì focalizzate su fonti diverse di risorse aziendali, ma non tali da escludersi l’una con l’altra. Da un lato, l’impresa acquisisce sul mercato una serie di risorse strategiche, fonti potenziali di vantaggio competitivo nella misura in cui sussistano imperfezioni di mercato ed asimmetrie informative. Dall’altro, l’impresa possiede uno stock di risorse specifiche, non commercializzabili, frutto di un processo di accumulazione compiuto nel tempo. Tuttavia, sulla base delle considerazioni svolte, pur essendo realistico ritenere che una risorsa strategica possa essere acquisita sul mercato e, quindi (risalendo ancora a monte), che una imperfezione nei meccanismi competitivi possa essere alla base di una posizione di vantaggio competitivo, il legame tra 42 43 44 45 “The very essence of most capabilities/competences is that they cannot be readily assembled through markets” (Teece D.J., Pisano G., Schuen A., 1997, p. 517). “Firms may, of course, acquire imperfect substitutes for the desired strategic input factor(s) and adapt them, at a cost, to the specific use it intends. For example, firms do not employ “generic labor”, but people endowed with firm-specific skills and values. “Generic labor” is rented in the market; firm-specific skills, knowledge and values are accumulated through on the job learning and training” (Dierickx I., Cool K., 1989, p. 1505). Si fa riferimento all’approccio sistemico al governo dell’impresa e, in particolare, alla nozione di “struttura ampliata”, che scaturisce dalle modifiche indotte dall’organo di governo sulla struttura iniziale, grazie alla capacità di apertura del sistema impresa rispetto ad entità esterne. Per approfondimenti, cfr. Golinelli (2000). In base ad un impostazione diversa (Vicari S., 1995), si potrebbe ritenere che, in realtà, oggetto di acquisizione non siano le risorse, bensì le capacità necessarie a produrle: le risorse in quanto tali possono essere oggetto solo di un processo di generazione interna, mentre dall’esterno può essere importata “energia” sotto forma di merci, servizi, attrezzature, uomini, tutti elementi utili alla produzione di risorse. 30 NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE sostenibilità del vantaggio competitivo e imperfezioni del mercato è “debole”, nel senso che le forze competitive ed in particolare l’azione imitativa dei concorrenti agiscono nella direzione di superare i gap generati dalle asimmetrie nel gioco competitivo, rendendo poco duraturi tali vantaggi. Le risorse specifiche accumulate dall’impresa, viceversa, possono essere protette grazie a meccanismi di isolamento (v. supra), in grado di rendere persistente nel tempo il possesso di rendite e, perciò, rendere compatibile una situazione di equilibrio, o comunque, di lungo periodo, con il conseguimento di profitti al di sopra della norma da parte di alcune imprese. Nella figura n° 5 è rappresentata una matrice, le cui dimensioni sono la rilevanza delle risorse ai fini del conseguimento del vantaggio competitivo (alta o bassa) e il processo di sviluppo delle risorse stesse, distinto in esterno (acquisizione) ed interno (accumulazione). Per le considerazioni sopra svolte, si è indotti a ritenere che, in linea di massima, la maggior parte delle risorse si collochino lungo la diagonale indicata dall’ellisse. In prima approssimazione si può affermare che le risorse chiave sono accumulate all’interno dell’impresa e altamente firm specific, mentre quelle acquisite sul mercato sono meno rilevanti ai fini del successo dell’impresa. In realtà, la questione, posta in questi termini, pare semplicistica, come pure approssimativa sembra l’indicazione fornita, dal momento che, nei contesti competitivi attuali, l’espressione “interno all’impresa” pone una serie di problematiche di non facile soluzione. La tradizionale distinzione tra accumulazione interna e acquisizione esterna appare oggi largamente insoddisfacente. Il tema proposto si lega a quello dei confini dell’impresa e delle scelte di make or buy, rispetto alle quali si è avuta un’evoluzione significativa negli ultimi anni. Rilevanza ai fini del vantaggio competitivo Alta Bassa Interna (accumulazione) Modalità di sviluppo Esterna (acquisizione) Fig. 5: Modalità di sviluppo delle risorse e vantaggio competitivo DANIELE CERRATO 31 Gerarchia e mercato, interno ed esterno sono oggi tutt’altro che facili da individuare e separare nettamente, rispetto a quanto lo fossero in passato (Williamson O.E., 1975). La prospettiva “reticolare”, largamente diffusasi negli anni ‘90, ha evidenziato quanto i confini dell’impresa siano indefiniti e come, a causa dell’elevata complessità ambientale, le imprese tendano meno sviluppare al proprio interno le risorse di cui abbisognano. Esse, infatti, sono sempre più consapevoli della necessità di attivare network e relazioni stabili tali da assicurare loro il controllo dell’ambiente (Pfeffer J., Salancik G.R., 1978), inteso come controllo di risorse, che, se pur possedute da altre organizzazioni, entrano nella disponibilità dell’impresa46. D’altro canto, la letteratura manageriale ha ampiamente sottolineato come una delle competenze-chiave delle imprese moderne consista proprio nella capacità di relazione47, nell’abilità di combinare le proprie risorse con quelle di altre imprese attraverso la cooperazione. Inoltre, grande attenzione è stata dedicata all’analisi dei processi attraverso i quali le competenze si sviluppano all’interno di un network di imprese, come risultato degli sforzi non di singole organizzazioni, ma di una pluralità di soggetti. In tale ottica, la stessa nozione di contesto aziendale diventa inevitabilmente sfumata e d’incerta definizione. Pertanto, anche il concetto di “immobilità” (e di imperfetta mobilità) delle risorse va riletto alla luce di tali considerazioni, che ne impongono un’accezione diversa, non più legata al possesso o alla titolarità giuridica, quanto alla possibilità di vincolare la risorsa stessa all’impresa, anche eventualmente per l’azione di meccanismi cooperativi con altre organizzazioni. Perciò, le modalità di sviluppo delle risorse, come evidenziato nella figura 5, si evolvono sempre più verso modalità “ibride”, intermedie tra interno ed esterno. In effetti, non è tanto il concetto di mobilità/immobilità ad essere ripensato, quanto quello di interno/esterno. Per effetto delle configurazioni reticolari, quindi, le singole imprese godono di possibilità più ampie di costruire posizioni di vantaggio competitivo, potendo sfruttare risorse e competenze superiori a quelle generate al proprio interno e, al tempo stesso, non acquisibili sul mercato (Calcagno M., 1996). Le risorse acquisite sul mercato rappresentano un input “grezzo”, che, lungi dal costituire di per sé una fonte di vantaggio competitivo, necessita di un’azione di integrazione nel più ampio patrimonio aziendale e di specifica valorizzazione in funzione degli obiettivi dell’impresa. Pertanto, l’enfasi va posta non tanto sulle risorse tout court, quanto sui processi e sui meccanismi di conversione e trasformazione di tali risorse. In tal senso, assumono importanza centrale le interconnessioni tra stock di asset (asset stock interconnectedness) (Dierickx I., Cool K., 1989), per effetto delle quali il possesso di una risorsa facilita lo sviluppo di altre. Nel contempo, si rivaluta la visione sistemica del funzionamento dell’impresa, la quale, da un lato, sottolinea le relazioni sinergiche, di reciproco supporto e 46 47 Per un’efficace descrizione dei modelli d’impresa emergenti nei contesti competitivi attuali, si veda Valdani (2000). La criticità della “relational capability” è sottolineata, tra gli altri, da Lorenzoni, Lipparini (1999). 32 NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE potenziamento tra le capacità aziendali, dall’altro, spiega perché talune capacità non possano essere impiegate con successo in contesti differenti né considerate in maniera isolata, ossia disgiuntamente dal proprio contesto di produzione e utilizzo e dal più ampio set di risorse e capacità in cui sono inserite. Gli sviluppi successivi della teoria, ed in particolare la prospettiva d’analisi delle Dynamic Capabilities (Teece D.J., Pisano G., Schuen A., 1997), chiariscono come non sia tanto (o comunque non solo) la specifica dotazione di risorse e capacità dell’impresa a generare vantaggio competitivo, quanto gli specifici processi di apprendimento, di coordinamento, riconfigurazione e ricombinazione delle risorse48, che hanno luogo sia all’interno dell’azienda sia attraverso le sue interazioni con l’ambiente di riferimento (Golfetto, 2000). Nella sua formulazione originaria, la resource-based view rimanda, perciò, ad una visione “statica” dell’impresa e dei contesti competitivi. In essa è centrale l’idea che i settori industriali siano in equilibrio, pur in presenza di sovra-profitti e rendite differenziali. La valorizzazione degli aspetti dinamici legati alla competizione e alla costruzione di posizioni di vantaggio competitivo, compiuta successivamente grazie alla Dynamic Capabilities Perspective, ha il merito di spostare il focus dell’analisi dalle condizioni atte a preservare il vantaggio competitivo attuale alla capacità dell’impresa di costruire sempre nuovi vantaggi competitivi. Tale prospettiva pone al centro dell’analisi i processi di apprendimento e di rinnovamento del patrimonio di competenze aziendali (Golfetto F., 2000). 6. Le nuove direzioni di ricerca Diversi studiosi hanno affrontato il tema dei legami tra la resource-based view e altre prospettive di ricerca, non solo nell’ambito del management, ma anche dell’economia industriale e dell’organizzazione (Mahoney J.T., Pandian J.R., 1992). Un’interessante percorso di ricerca è quello basato sull’applicazione del framework teorico della resource-based view al marketing (Hunt S.D., Morgan R.M., 1995, 1996; Ancarani F., 1999; Siano A., 1999). Come già rilevato, per evitare che la prospettiva in questione si riduca ad un’analisi integralmente endogena dell’impresa, tutta rivolta all’ambiente interno ad essa, è importante integrare il focus sulle risorse con l’analisi dell’ambiente esterno e delle dinamiche di mercato. Un ulteriore campo di studi meritevole di considerazione è quello volto a cercare una sintesi tra resource-based view e teorie evoluzionistiche del cambiamento (Nelson R., Winter S., 1982). I teorici dell’evoluzionismo ritengono che le imprese competono in primo luogo attraverso una “lotta” per migliorare e 48 Una maggiore enfasi sugli aspetti “gestionali” legati ai processi di generazione del valore è riscontrabile in Vicari (1995) che propone lo schema di analisi del resource-based management (RBM) (ripreso successivamente in Vicari S., Verona G., 2000), volto ad analizzare più specificamente i processi di creazione e continua alimentazione delle risorse. DANIELE CERRATO 33 innovare. Le routines organizzative sono sviluppate attraverso un processo di learning by doing, particolarmente difficile da imitare. La prospettiva evoluzionistica e quella resource-based possono utilmente spiegare il processo di sviluppo delle risorse aziendali e i fallimenti dell’impresa dovuti all’incapacità di cambiare a causa dei percorsi segnati dalle scelte passate. Un’altra prospettiva d’analisi potenzialmente ricca di spunti è quella che descrive il vantaggio competitivo attraverso la sintesi tra resource-based view e teorie istituzionaliste, ossia combinando l’enfasi sulla dotazione di risorse dell’impresa con l’analisi del contesto istituzionale (Oliver C., 1997). L’idea di cui tale impostazione si vuol fare portatrice è che il vantaggio competitivo dell’impresa dipende fortemente dall’abilità di gestire il contesto nel quale avviene il processo di selezione delle risorse, intendendo per tale contesto non solo le condizioni e le influenze provenienti dall’esterno dell’impresa, ma anche l’ambiente interno e la cultura aziendale. Inoltre, va considerato che il dibattito sulle determinanti del vantaggio competitivo, centrale negli studi di strategic management, è tutt’altro che chiuso. Studi recenti (McGahan A.M., Porter M., 1997) rivalutano fortemente gli effetti a livello industry nella determinazione dei differenziali di performance tra imprese. La consapevolezza dell’impossibilità di risolvere in maniera unilaterale la questione sulle determinanti del vantaggio competitivo può essere il punto di partenza per modificare alcuni aspetti nell’impostazione metodologica della resource-based view. In altri termini, sebbene essa si focalizzi sull’analisi endogena all’impresa, la resource-based view non ignora né dovrebbe farlo la rilevanza dei settori industriali, potendo condurre ad una prospettiva d’analisi del vantaggio competitivo, che funga da ponte tra visione resource-based e industry-based (Amit R., Schoemaker J., 1993; Collins D.J., Montgomery C.A., 1995). Le analisi più recenti sembrano indicare una complementarità tra effetti a livello industry ed effetti a livello firm. Pertanto, partendo dalla distinzione tra i profitti “normali” (ossia, il livello di profittabilità riconducibile alla generalità delle imprese operanti in un settore) e i sovra-profitti o rendite ricardiane (dovute a specifiche posizioni di vantaggio competitivo possedute dalle imprese di successo), una delle ipotesi di ricerca è quella volta ad approfondire se e fino a che punto si possa sostenere che le motivazioni legate al settore spieghino soprattutto il livello di profitto “normale” conseguito dalle imprese, mentre a livello di singola impresa vadano ricercate le cause di talune superiori performance49. Una direzione di ricerca che si ritiene particolarmente interessante è quella volta alla comprensione delle dinamiche alla base del processo di accumulazione e sviluppo delle risorse aziendali. Come è stato sottolineato nelle pagine precedenti, tale processo di accumulazione è altamente firm-specific e caratterizzato dall’azione di meccanismi che, in virtù delle interconnessioni esistenti nell’organizzazione, lo 49 “Industry might be the most important factor in determining performance for the average firm, whereas firm effects determine the performance of high-performance firms” (Iversen, 2000). 34 NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE rendono più efficiente rispetto all’azione delle forze del mercato. Tutti questi fattori spiegano perché le risorse sviluppate all’interno dell’impresa siano maggiormente al sicuro dai tentativi di imitazione posti in essere dai concorrenti. In chiave dinamica, tale processo di sviluppo delle risorse definisce un percorso, una traiettoria di sviluppo dell’impresa, che può risultare compatibile o meno col dinamismo ambientale (Teece D.J., Pisano G., Schuen A., 1997). D’altro canto, la natura firmspecific di una risorsa va profondamente ripensata allo luce delle dinamiche imprenditoriali e settoriali attuali, nelle quali, per effetto delle relazioni interorganizzative, tende ad ampliarsi il contesto rispetto al quale è definibile la specificità di una risorsa. A questo punto, è opportuno chiedersi quale spazio competa nella resourcebased view all’ambiente competitivo e, in genere, alle condizioni esterne all’impresa, visto che l’analisi strategica e il ruolo del management sono prioritariamente indirizzati all’analisi delle condizioni aziendali interne. Nella prospettiva resource-based, soprattutto nella sua formulazione originaria, infatti, la dotazione di risorse dell’impresa costituisce una base più stabile e meno incerta ai fini della formulazione della strategia aziendale rispetto alla focalizzazione sull’ambiente esterno50. L’ambiente esterno gioca, tuttavia, un ruolo fondamentale. Innanzitutto, l’impresa trae dall’ambiente risorse, alcune delle quali risultano strategiche ai fini del conseguimento del vantaggio competitivo (Barney J.B., 1986). Per tal motivo, l’ottica resource-based è coerente con gli assunti della resource-dependence theory (Pfeffer J., Salancik G.R., 1978), in base ai quali l’impresa non può competere efficacemente, se è incapace di attrarre le risorse di cui ha bisogno. E’ indispensabile, però, chiarire cosa s’intenda per risorsa: se ci si vuol riferire alle fonti di vantaggio competitivo, il termine risorsa non può essere inteso alla stregua di un mero input “grezzo” acquisibile sul mercato. In secondo luogo, l’impresa è dipendente dall’ambiente non solo per quanto riguarda l’acquisizione degli input, ma anche relativamente ai prodotti finiti, dal momento che è il mercato a determinare l’acquisizione di vantaggi competitivi sostenibili. Inoltre, i cambiamenti nell’ambiente possono modificare nel tempo l’importanza e il valore della dotazione di risorse dell’impresa (Mahoney J.T., Pandian J.R., 1992), rendendo necessari processi di aggiustamento/rinnovamento degli assets d’impresa. Va altresì rilevato come proprio gli assets fortemente specifici, di fatto, possano costituire il maggiore ostacolo al cambiamento nell’impresa, qualora si modifichino le condizioni competitive (Oliver C., 1997). Gli sviluppi recenti della teoria hanno affrontato le problematiche relative allo sviluppo/costruzione delle competenze e sviluppato una visione dinamica della concorrenza, che, in contesti di forte competizione, porta alla continua 50 In tal senso, Grant (1991, p. 116) afferma: “an externally focused orientation does not provide a secure foundation for formulating long-term strategy. When the external environment is in a state of flux, the firm’s own resources and capabilities may be a much more stable basis on which to define its identity”. DANIELE CERRATO 35 distruzione/ricostruzione delle competenze stesse (Golfetto F., 2000). In particolare la Dynamic Capabilities Perspective, riconducibile agli studi di Teece e Pisano (1994), Teece, Pisano e Shuen (1997), enfatizza la capacità dell’impresa di costruire continuamente nuove forme di vantaggio competitivo51, in virtù della sua abilità nel rinnovare, integrare, riconfigurare le competenze aziendali, in modo coerente con i cambiamenti che avvengono nell’ambiente52. In tale ottica, si attribuisce notevole importanza non solo alle capacità, genericamente intese come “saper fare” dell’organizzazione, ma anche alle capacità di analisi ed interpretazione del contesto ambientale, atte a favorire lo sfruttamento delle potenzialità esterne all’impresa53. Viene così enfatizzato il ruolo chiave del management quale attore del processo di adattamento, rinnovamento, delle capacità e competenze dell’impresa. In realtà, la prospettiva resource-based “di per sé” impone un ripensamento del ruolo manageriale, come alcuni studiosi hanno evidenziato (Vicari S., 1995). Se, da un lato, con la resource-based view, si riconosce il ruolo cruciale delle risorse ai fini della sopravvivenza e del successo dell’impresa, dall’altro, ci si aspetta che esse siano al centro dei processi decisionali manageriali. Ciò impone, pertanto, un rinnovamento delle logiche, dei principi e delle tecniche di gestione, che, tenendo conto di tale centralità, si orientino per l’appunto verso modelli di “resource-based management”54. 51 52 53 54 L’aggettivo “dynamic” intende proprio riferirsi alla capacità di rinnovare le competenze aziendali coerentemente con le direzioni lungo le quali hanno luogo i cambiamenti ambientali. “Le capacità dinamiche vengono definite come l’abilità nel riconfigurare, riorientare, trasformare e integrare le competenze chiave esistenti nell’impresa con le risorse e i beni complementari esterni all’organizzazione per fronteggiare la sfida di una competizione e imitazione di tipo schumpeteriano. Tali competenze riflettono quindi l’abilità di un’impresa nel raggiungere forme di vantaggio competitivo innovative, nonostante gli aspetti di path dependencies e core rigidities nei processi tecnologici e organizzativi dell’impresa… Il possesso di competenze dinamiche porta ad alcuni attributi fondamentali della manovra strategica, quali: rapidità di manovra; ridotti times-tomarket; capacità di generare continuamente innovazione” (Lipparini A., 1998, p. 11). “Non si sottovaluta il ruolo delle risorse e capacità interne all’impresa; tuttavia perché tali fattori possano essere sfruttati, occorre possedere anche capacità di “confine”, vale a dire è necessario anche saper percepire le potenzialità esterne presenti nel mercato. E’ sulla base di questa percezione che è possibile decidere come sfruttare al meglio le risorse e le capacità interne di cui si dispone…Occorre, dunque, abbinare al “saper fare”, legato alla realizzazione del prodotto, anche un “saper percepire” elementi esterni all’impresa vitali per la sopravvivenza e lo sviluppo. Questa capacità di percezione consente all’impresa di competere, anticipando le richieste del mercato prima dei concorrenti. Solo in tal modo si rende possibile la piena valorizzazione delle capacità che caratterizzano l’impresa e la distinguono dalle altre imprese” (Siano A., 1999, pp. 3031). Vicari (1995) introduce la prospettiva del resource-based management, che lega il tema delle risorse alla prospettiva dell’impresa come sistema autopoietico. In tale ottica, la gestione d’impresa è finalizzata non solo all’utilizzo delle risorse esistenti ma anche al continuo accrescimento e all’autoproduzione delle stesse. L’impresa, dunque, non è più 36 NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE L’analisi del ruolo del management, inteso come attore-chiave nel processo di “conversione” delle risorse in vantaggio competitivo, richiede, però, un significativo sforzo di concettualizzazione teorica e di validazione empirica, affinché possa essere maggiormente “operazionalizzata” tale attività di conversione (Vicari S., Verona G., 2000). E’ questo un aspetto particolarmente delicato, rispetto al quale la prospettiva resource-based si è rivelata “debole”. Molte delle critiche mosse alla pretesa capacità interpretativa della resource-based view rispetto alle determinanti del vantaggio competitivo sono riconducibili al fatto di non avere approfondito, se non debolmente, il legame tra i decisori aziendali, cui spetta il compito di elaborare/implementare le strategie aziendali e la dotazione di risorse dell’impresa su cui costruire il vantaggio competitivo. In altri termini, esiste “una insoddisfazione di fondo legata alla prospettiva delle risorse, che è riconducibile alla difficoltà che essa ha manifestato sin dalla nascita a formulare una teoria sull’utilizzo manageriale delle risorse, ovvero sulle modalità con cui manager e imprenditori creano e gestiscono le risorse nel corso dei processi aziendali per alimentare il vantaggio competitivo” (Vicari S., Verona G., 2000, p. 9). In tale ottica, un contributo, in termini di comprensione delle dinamiche di sviluppo e modificazione delle capacità dell’impresa, può provenire dal ricorso al pensiero sistemico, inteso come “meta-modello” in grado di fornire categorie concettuali e chiavi interpretative dei fenomeni d’impresa. Il paradigma dell’impresa sistema vitale (Golinelli G.M., 2000), basato sulla distinzione tra organo di governo e struttura operativa, può costituire un framework di riferimento utile per interpretare aspetti statici e dinamici nella gestione delle risorse aziendali. Ci si riferisce, in particolare, a due tematiche particolarmente meritevoli d’interesse: - - l’emergere di competenze distintive e quindi di vantaggi competitivi a partire dalla dotazione strutturale di risorse e capacità e, conseguentemente, i limiti e le potenzialità associate ad una data struttura d’impresa; la maggiore specificazione dei compiti e dei ruoli dell’organo di governo, soprattutto per quanto concerne la comprensione dei meccanismi di “contestualizzazione” delle risorse acquisite dall’esterno e dei processi di valorizzazione del complesso di risorse e capacità aziendali. La rilettura della resource-based view, in ottica sistemica, parte dalla distinzione tra capacità di base, incorporate nella struttura dell’impresa, e capacità dinamiche, possedute dall’organo di governo ed intese come capacità di combinazione e ri-combinazione delle prime (“meta-capacità”), da cui derivano le competenze di creazione del valore55. Questo approccio d’analisi si propone di 55 considerata solo come un contenitore di risorse, bensì soprattutto come un meccanismo di autoriproduzione delle risorse stesse. “Il modello delle capacità dinamiche ha il pregio di distinguere i concetti di “capacità” e “competenza”, con l’attribuzione al primo del significato di causa e al secondo di quello di effetto: le competenze di creazione del valore sono frutto delle combinazioni e ri- DANIELE CERRATO 37 operazionalizzare il ruolo e le funzioni dell’organo di governo e della struttura operativa, allo scopo di ricondurre, ad un modello di sintesi unitaria, le dinamiche legate a tre aspetti largamente riconosciuti come fondamentali ai fini della creazione di valore, ma tradizionalmente considerati in maniera separata l’uno dagli altri (Golinelli G.M., Gatti M., Siano A., 2002): - - - il ruolo dell’apprendimento interorganizzativo e dei contributi provenienti da processi di cooperazione con partner esterni (aspetto “relazionale”, che si lega ai concetti di grado di apertura del sistema-impresa e di competenze di apertura); l’attività di progettazione (e ri-progettazione) delle capacità di base di cui l’impresa è dotata e la natura dei processi decisionali che sono alla base di tale attività (il riferimento è alle capacità dinamiche dell’organo di governo e all’analisi delle condizioni in cui avviene l’assunzione delle decisioni); il contributo delle routines organizzative e dei processi di “autoorganizzazione”, che hanno luogo nella struttura operativa nella fase di implementazione delle scelte compiute dall’organo di governo. Il ruolo dell’organo di governo dell’impresa e i contesti di produzione ed impiego delle risorse aziendali costituiscono, dunque, due aspetti chiave legati alla problematica proposta. In ultima analisi, l’integrazione, all’interno del quadro teorico della resourcebased view, di differenti prospettive d’analisi, anche di quelle tradizionalmente ritenute “lontane”, sembra porsi come la via più proficuamente percorribile ai fini di ulteriori approfondimenti sui processi di generazione di vantaggi competitivi sostenibili. Bibliografia ANCARANI F., Concorrenza e analisi competitiva. Una prospettiva d’impresa, EGEA, Milano, 1999. AMIT R., SCHOEMAKER P.J. “Strategic assets and organisational rent”, Strategic Management Journal, Vol. 14, pp. 33-46, 1993. ANDREWS K.R., The Concept of Corporate Strategy, Dow Jones-Irwin, New York, 1971. BARNEY J.B., “Strategic factor markets: expectations, luck, and business strategy”, Management Science, vol. 32, n. 10, pp. 1231-1241, 1986. 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