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Natura e determinanti del vantaggio competitivo

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Natura e determinanti del vantaggio competitivo
Natura e determinanti del vantaggio
competitivo sostenibile nella prospettiva
resource-based: alcune riflessioni critiche
DANIELE CERRATO∗
Abstract
L’analisi delle caratteristiche delle risorse aziendali alla base dell’acquisizione di
vantaggi competitivi sostenibili è oggetto di un significativo numero di ricerche, fondate sulla
prospettiva resource-based. Nell’ambito di questo sempre più ampio filone di studi, sono stati
proposti vari termini e costrutti, dando vita a differenti, e talvolta ambigui, modelli teorici.
Attraverso un’analisi critica della letteratura, questo lavoro esamina le proposizioni teoriche
relative alla resource-based view del vantaggio competitivo e si propone di contribuire
all’approfondimento dei costrutti principali ad essa sottostanti. Partendo dall’assunto
fondamentale, secondo cui le risorse sono distribuite in modo eterogeneo tra le imprese,
questo studio definisce uno schema per evidenziare le determinanti e i risultati di tale
eterogeneità ed analizzare i nessi di causalità tra attributi delle risorse aziendali e vantaggio
competitivo. Inoltre, sono discussi gli aspetti metodologici legati all’analisi delle fonti del
vantaggio competitivo in ottica resource-based. L’articolo si conclude con la descrizione
delle direzioni di ricerca emergenti e le loro potenzialità ai fini di ulteriori analisi della
problematica proposta.
Key words: resource-based view, vantaggio competitivo, risorse aziendali.
Building on the resource-based view, a significant number of research works focuses on
the characteristics of firm resources that generate sustainable competitive advantages. Within
this ever growing stream of literature, various terms and constructs have been proposed,
resulting in different, and sometimes confusing, theoretical frameworks. Through a critical
literature review, this paper examines the theoretical propositions regarding the resourcebased view of competitive advantage and aims to contribute to a deeper analysis of its main
underlying constructs. Moving from the fundamental assumption that resources are
heterogeneously distributed across firms, this study develops a framework to highlight the
determinants and the outcomes of such heterogeneity and analyzes the causal relationships
between attributes of firm resources and competitive advantage. In addition, methodological
issues concerning the analysis of sources of competitive advantages from a resource-based
perspective are discussed. The article concludes by describing the emerging streams of
research and their potential for further investigations about this research topic.
Key words: resource-based view, competitive advantage, firm resources.
∗
Borsista post-dottorato in Economia e Gestione delle Imprese - Università degli Studi di
Salerno
e-mail: [email protected].
sinergie n. 63/04
12
NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
Premessa
La resource-based view si è affermata e largamente diffusa negli anni ‘90 come
teoria “dominante” nell’ambito degli studi di strategic management1. All’interno di
questo filone di ricerca2 sono inquadrabili numerosi contributi di studiosi di
management (Amit R., Schoemaker P.J., 1993; Barney J.B., 1986, 1989, 1991;
Collins D.J., 1994; Collins D.J., Montgomery C.A., 1995; Dierickx I., Cool K.,
1989; Grant R.M., 1991; Hall R., 1992; Lipparini A., 1998; Mahoney J.T., Pandian
J.R., 1992; Peteraf M.A., 1993; Rumelt R.P., 1984, 1987, 1991; Vicari S., 1995;
Vicari S., Verona G., 2000; Wernerfelt B., 1984), le cui molteplici teorizzazioni e
prospettive d’analisi hanno finito col dar vita ad un insieme di conoscenze tutt’altro
che privo di elementi di ambiguità nonché di confusione sia terminologica che
concettuale.
Il presente lavoro discute in maniera “problematica” le proposizioni
fondamentali dell’approccio resource-based, con particolare riferimento al suo
contributo ai fini della comprensione della natura del vantaggio competitivo e delle
condizioni che ne determinano la costruzione e il mantenimento da parte delle
imprese. Il proposito di ricerca è quello di evidenziare i nessi di causalità tra risorse
e vantaggio competitivo attraverso un percorso logico-deduttivo, fondato sull’esame
dei modelli maggiormente diffusi.
Il punto di partenza è rappresentato dall’analisi del concetto di vantaggio
competitivo nella prospettiva resource-based (par. 2) e dall’esame delle
caratteristiche delle risorse che ne determinano l’acquisizione (par. 3). Sulla base
della considerazione critica dei principali modelli d’analisi, si propone uno schema
interpretativo di sintesi dei fattori determinanti ai fini della creazione e della
sostenibilità del vantaggio competitivo. L’analisi sottolinea, inoltre, i limiti
1
2
E’ con il lavoro di Wernerfelt (1984), che si fa esplicito riferimento alla “resource-based
view” dell’impresa, anche se dalla sua pubblicazione passano alcuni anni prima che si
abbia una vera e propria esplosione di produzione scientifica riconducibile a questa
prospettiva. Il contributo di Wernerfelt è largamente considerato fondamentale ai fini del
successivo sviluppo del nuovo filone di studi, come è testimoniato dal premio come best
paper che la rivista Strategic Management Journal gli ha tributato nel 1994, a dieci anni
dalla sua pubblicazione, con la motivazione di aver rappresentato “the first integrative
statement, together with the label, of what has since emerged as an important new
conceptualization in the field of strategic management…an early statement of an
important trend in the field…” (Zajac E., 1995, p. 169). Inoltre, tale contributo è stato
definito “very instrumental in creating the research agenda for resource-based studies”
e “truly seminal” (Zajac E., 1995, p. 169). In realtà, per ammissione del suo stesso
autore, il lavoro passa inizialmente quasi inosservato e viene enormemente rivalutato
solo dopo la pubblicazione su Harvard Business Review dell’articolo di Prahalad e
Hamel (1990) “The Core Competence of The Corporation”, il quale ha il merito di
richiamare l’attenzione sulle implicazioni che il nuovo approccio ha nella pratica
aziendale (Wernerfelt B., 1995).
Sull’effettiva originalità della resource-based view si veda, tra gli altri, Boschetti,
Sobrero (1996).
DANIELE CERRATO
13
dell’approccio resource-based e le questioni metodologiche “aperte” e
maggiormente rilevanti (par. 4). Un tema che emerge con particolare criticità è
quello del processo di generazione e potenziamento delle risorse aziendali,
affrontato a partire dalla distinzione tra le due fondamentali modalità di sviluppo:
l’accumulazione interna all’impresa e l’acquisizione dall’esterno (par. 5). Infine,
nella parte conclusiva, si accenna ai filoni di ricerca su cui si stanno attualmente
concentrando gli studi di management sulla problematica delle risorse e del
vantaggio competitivo (par. 6).
2. La nozione di vantaggio competitivo sostenibile nella prospettiva
resource-based
Il concetto di vantaggio competitivo è centrale negli studi di strategic
management (Porter M.E., 1985; Ghemawat P., 1986), ma non è di facile
definizione3. Il vantaggio competitivo chiama in causa, in primo luogo, l’idea di
competizione o comparazione tra differenti entità; indica, cioè, che un’impresa ha
una posizione di superiorità rispetto ad altre imprese od organizzazioni in un dato
mercato (Kay J., 1993). Chiaramente, è il mercato il termine di riferimento rispetto
al quale è definibile una posizione di vantaggio competitivo.
Alla nozione di vantaggio competitivo si lega, il più delle volte, quella di
sostenibilità dello stesso. La sostenibilità non indica la mera durata temporale né il
fatto che il vantaggio non possa persistere indefinitamente, ma si riferisce alla
possibilità che quel vantaggio sia replicabile o meno da altre imprese.
Il focus degli studi di strategia è, quindi, costituito dall’analisi delle modalità
attraverso le quali le imprese conquistano e conservano il vantaggio competitivo e,
per questo motivo, conseguono performance superiori alla media. La risposta che
offre la resource-based view è quella secondo cui le ragioni del vantaggio
competitivo vanno ricercate nel possesso e nella disponibilità (non necessariamente
la proprietà) di risorse, dotate di determinate caratteristiche4.
3
4
Sul tema dell’evoluzione della concezione del vantaggio competitivo negli studi di
strategic management si veda Calcagno (1996).
Il lavoro di Edith Penrose (1959) getta la basi di una prospettiva d’analisi, che considera
quali elementi alla base dell’acquisizione di rendite e sovra-profitti non tanto le strutture
di mercato e l’industria, quanto le risorse e capacità dell’impresa. La rilevanza delle
condizioni interne all’impresa ai fini del suo sviluppo non è nuova negli studi di
management e business policy. Il classico modello di elaborazione delle decisioni
strategiche (Andrews K.R., 1971) si basa su un processo razionale, che analizza tanto le
condizioni interne all’impresa quanto quelle esterne, ricercando la sintesi coerente tra ciò
che l’impresa è in grado di fare (punti di forza e debolezza) e ciò che potrebbe fare, ossia
ciò che l’ambiente consente di fare (minacce/opportunità). Tuttavia, gli studi di strategic
management hanno finito col privilegiare a lungo alcuni di questi elementi nell’analisi
strategica. I primi anni ‘80 sono stati, infatti, quelli delle analisi di settore, che hanno
enfatizzato le condizioni esterne all’impresa, quali fattori chiave alla base delle
dinamiche competitive e dei comportamenti aziendali. Il lavoro di Michael Porter (1980,
14
NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
La domanda principale alla quale i teorici della resource-based view cercano di
dare risposta è la seguente: in che modo le imprese riescono a conservare nel tempo
sovra-profitti ? In altri termini, come mai la competizione non elimina profitti al di
sopra del livello “normale”, così come la teoria neoclassica spiega ?
L’ipotesi di ricerca basilare, dalla quale si sviluppa tutta la letteratura di matrice
resource-based, è la seguente:
Risorse differenziate (eterogenee) determinano performance differenti, originando,
perciò, posizioni di vantaggio competitivo.
L’eterogeneità esistente tra le imprese nella dotazione di risorse scarse e
difficilmente replicabili è la causa del conseguimento di rendite differenziali rispetto
ai concorrenti, rendite che possono garantire ad alcune imprese un vantaggio
competitivo, a prescindere dall’attrattività del settore in cui operano5. Alla base di
questa impostazione teorica vi è la concezione dell’impresa come un insieme di
risorse eterogenee e di meccanismi di conversione di tali risorse attraverso l’azione
manageriale (Rumelt R.P., 1984). La dotazione di risorse dell’impresa determina le
strategie che essa è in grado di porre in essere nei mercati in cui opera e l’offerta che
è in grado di proporre ai consumatori6.
5
6
1985) analizza il ruolo dell’industria nel determinare le performance delle imprese,
rilevando che, al fine di ottenere rendite monopolistiche, le imprese o selezionano e
scelgono di operare nei settori più attrattivi o manipolano le forze competitive a proprio
vantaggio, optando per una tra le due generiche strategie competitive possibili
(differenziazione e leadership di costo). L’analisi porteriana delle cinque forze
competitive, pertanto, ridimensiona l’importanza della dotazione unica di risorse e
capacità dell’impresa quale fonte di vantaggio competitivo. La scelta dell’industria come
prevalente oggetto d’indagine fa sì che le analisi siano tutte incentrate sulle posizioni di
mercato occupate dalle imprese all’interno di un dato settore, in altri termini, su ciò che è
una posizione di vantaggio competitivo, piuttosto che sulle ragioni di tale vantaggio
(Hamel G., 1991). Sul finire degli anni ‘80 questa impostazione d’analisi, tutta incentrata
sul livello industry, viene messa in crisi dalle ricerche empiriche effettuate sulle
performance delle imprese, o meglio, sulle differenze tra le performance delle imprese
operanti negli stessi settori (Hansen G.S., Wernerfelt B., 1989; Rumelt R.P., 1991). Tali
ricerche evidenziano chiaramente come agli effetti a livello industriale sia ascrivibile
solo una parte della varianza dei risultati delle imprese.
Alcuni autori (Wernerfelt B., Montgomery C.A., 1986) hanno rilevato come l’attrattività
di un settore non rappresenti, in realtà, un indicatore oggettivamente determinabile,
quanto piuttosto una dimensione relativa, il cui significato varia in relazione all’impresa
considerata e, in particolare, in relazione alle condizioni di maggiore o minore efficienza
in cui essa opera.
Il legame risorse-prodotti è efficacemente espresso da Wernerfelt (1984, p.171):
“resources and products are two sides of the same coin. Most products require the
services of many resources and most resources can be used in several products. By
specifying the size of the firm’s activity in different markets, it is possible to infer the
minimum necessary resource commitments. Conversely, by specifying a resource profile
for a firm, it is possible to find the optimal product-market activities”.
DANIELE CERRATO
15
Un’impresa che gode di vantaggi competitivi ha saggi di profitto o quote di
mercato superiori alla media. Le pressioni competitive tendono ad annullare tali
posizioni di vantaggio (Schoemaker, 1990), così come è spiegato dal modello di
razionalità economica proprio dell’economia neoclassica. Tuttavia, alcune risorse
scarse e difficili da imitare fanno sì che tali superiori performance persistano.
In virtù della sua focalizzazione sulle risorse e sulla natura e determinanti del
vantaggio competitivo, la resource-based view ha il pregio di spiegare:
1) perché alcune risorse siano più di altre in grado di generare posizioni di
vantaggio competitivo;
2) perché, pur in presenza di rilevanti pressioni competitive, permangano
asimmetrie nelle dotazioni di risorse e, quindi, nei vantaggi competitivi e nelle
rendite che esse consentono.
Gli elementi su cui occorre, dunque, soffermarsi per comprendere a fondo
l’approccio resource-based sono gli attributi-chiave delle risorse che creano
vantaggio competitivo e le modalità di sviluppo e accumulazione di tali risorse7.
3. Il legame risorse-vantaggio competitivo
Quali sono gli attributi e le caratteristiche delle risorse che creano vantaggio
competitivo? Che cosa preserva l’eterogeneità (differenziazione) nella dotazione di
risorse delle imprese, che è alla base del vantaggio competitivo?
L’ipotesi attorno alla quale si sviluppano le riflessioni del presente lavoro, sulla
base dell’analisi della letteratura esistente, è la seguente:
I. I concetti di ‘incertezza’ e ‘immobilità’ esprimono le due condizioni
necessarie e sufficienti ai fini della comprensione delle fonti del vantaggio
7
La letteratura di matrice economico-aziendale utilizza ampiamente e, talvolta in maniera
intercambiabile, i termini risorse, competenze, competenze distintive, core competence,
capacità, skills. In genere, la nozione di risorse ha portata molto ampia, tale da
comprendere le altre, considerate in linea di massima come specificazioni o sottoinsiemi. In senso lato, le risorse costituiscono tutte le attività, gli input e le capacità,
materiali ed immateriali, che consentono all’impresa di realizzare le proprie strategie e
migliorare la propria efficienza ed efficacia. Esse possono essere definite come gli input
basilari del processo di produzione o come gli assets controllati dall’impresa (Penrose E.,
1959; Wernerfelt B., 1984). Più precisamente, si distinguono tre diversi sotto-insiemi:
risorse tangibili, risorse intangibili e capacità. Risorse e capacità sono, quindi,
strettamente interrelate, essendo definibili rispettivamente come stock e flussi, ossia
come componente statica e componente dinamica presente nell’impresa (Mahoney J.T.,
Pandian J.R., 1992; Boschetti C., Sobrero M., 1996). In altri termini, le risorse sono lo
stock di fattori di cui l’impresa dispone, mentre le capacità designano l’abilità di
combinare ed organizzare tali risorse per lo svolgimento di attività produttive (Amit R.,
Schoemaker P.J., 1993; Grant R.M., 1991).
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NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
competitivo. Queste due condizioni determinano il persistere, anche nel lungo
periodo e malgrado le pressioni competitive, dei differenziali di performance tra le
imprese, frutto della differenziazione (eterogeneità) nella dotazione di risorse delle
stesse.
In altri termini, ciò che si sostiene è che i nessi di causalità esistenti tra risorse e
vantaggio competitivo possano essere compiutamente spiegati a partire dai requisiti
dell’incertezza e dell’immobilità (Foss N.J., Knudsen C., 2000), i quali
comprendono le ulteriori caratteristiche delle risorse che i contributi di ricerca hanno
finora individuato come determinanti ai fini della conquista di posizioni di vantaggio
competitivo sostenibile.
La difficoltà di isolare i nessi di causa-effetto nella produzione del vantaggio
competitivo deriva dal fatto che quest’ultimo è il risultato di una pluralità di
concause, all’interno delle quali è compito arduo individuare i veri driver8. Proprio
tale difficoltà spiega come siano emerse ricostruzioni sostanzialmente diverse in
dottrina con riferimento alla catena causale che conduce al vantaggio competitivo. In
altri termini, di fronte al compito particolarmente arduo di identificare i nessi di
causalità tra risorse e vantaggio competitivo e di distinguere le condizioni
strettamente necessarie ai fini del conseguimento di superiori performance rispetto a
quelle non necessarie9, i teorici della resource based view hanno finito col porre
l’accento ora su alcune ora su altre condizioni ritenute fondamentali a tale scopo10.
Per tale via, gli sforzi di arricchimento teorico hanno prodotto una maggiore
specificazione delle analisi, ma, al tempo stesso, anche un’inevitabile
moltiplicazione dei modelli interpretativi delle determinanti del vantaggio
competitivo.
L’eterogeneità tra risorse e, quindi, tra imprese, costituisce il requisito
fondamentale capace di garantire l’acquisizione e il mantenimento di rendite11
8
9
10
11
“It may never be possible to produce a finite unambiguous list of factors of production
responsible for the success of…firms” (Lippman S.A., Rumelt R.P., 1982, p. 420).
“The distinction between what are necessary and additional conditions for the
expression of SCA [sustainable competitive advantage] is confused in RVB [resource
based view]” (Foss N.J., Knudsen T., 2000, p. 4).
“Se si scava in profondità, emerge con chiarezza che messa di fronte alla difficoltà di
spiegare perché le risorse scarse non necessariamente contribuiscono a migliorare le
performance, la resource-based view cerca una risposta allungando la lista delle
condizioni necessarie e sufficienti per la generazione di valore” (De Leo F., 1995, pp.
93-94).
Il concetto di rendita è centrale nell’impostazione concettuale della resource-based view.
In particolare, essa va intesa in senso “ricardiano”, ossia come rendita che scaturisce
dall’unicità degli input a disposizione dell’impresa, piuttosto che dal potere di mercato e
dall’andamento della domanda. Accanto alla nozione classica di rendita, che si fonda sul
confronto statico tra la produttività di risorse differenti o di una stessa risorsa impiegata
in usi differenti, va sottolineato il concetto di “rendita imprenditoriale”, intesa come
rendita che scaturisce dalla scoperta di nuove combinazioni di risorse (Rumelt R.P.,
1987).
DANIELE CERRATO
17
superiori rispetto ai concorrenti, ossia di vantaggi competitivi12 (Fig. 1).
L’eterogeneità scaturisce, a sua volta, da due attributi fondamentali delle
risorse, l’incertezza e l’immobilità (o imperfetta mobilità). Sono queste le due
condizioni strettamente necessarie ai fini della conservazione dell’eterogeneità nella
dotazione di risorse delle imprese13. Le ulteriori caratteristiche delle risorse possono
essere considerate come specificazioni o casi particolari di questi due concetti (Foss
N.J., Knudsen C., 2000).
Vantaggio competitivo sostenibile
Dotazione eterogenea (differenziata)
di risorse
Incertezza
Immobilità
Fig. 1: ‘Incertezza’, ‘immobilità’ e vantaggio competitivo
L’immobilità risente della specificità degli assets aziendali, della loro
destinazione ad un particolare scopo o funzione, strettamente connesso al contesto
aziendale in cui la risorsa è impiegata. La specificità degli assets è il frutto degli
investimenti realizzati dall’impresa e riflette, quindi, il commitment strategico della
stessa. Gli investimenti compiuti dall’impresa in assets specifici rappresentano
12
13
“Difference among firms in terms of information, luck, and/or capabilities enable the
firm to generate rents. The firm’s unique capabilities in terms of technical know how and
managerial ability are important sources of heterogeneity that may result in sustained
competitive advantage. In particular, distinctive competence and superior organizational
routines in one or more of the firm’s value-chain functions may enable the firm to
generate rents from a resource advantage” (Mahoney J.T., Pandian J.R., 1992, p. 365).
L’eterogeneità delle risorse rappresenta un elemento chiave dell’analisi strategica, che,
ignorato dalla teoria economica neoclassica, diviene centrale nella prospettiva resourcebased. E’ chiaro, però, per le considerazioni sopra svolte, che essa non costituisce
soltanto una condizione (o causa) dei comportamenti e delle performance delle imprese,
ma anche un effetto, un prodotto risultante dall’azione manageriale ed imprenditoriale. A
tal proposito Rumelt (1984, pp. 154-155) scrive: “Senza l’eterogeneità delle
risorse…non esiste incentivo a investire nella rischiosa esplorazione di nuovi metodi e
alla ricerca di produzione di nuovo valore. Data l’incertezza, il risultato ex post
dell’attività imprenditoriale sarà necessariamente l’eterogeneità delle risorse”.
18
NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
anche un deterrente all’entrata in un settore da parte di nuove imprese. Il concetto di
immobilità è legato, pertanto, ai cosiddetti “costi affondati” (sunk costs), che
vincolano talune risorse all’impresa14. Essa si collega, da un lato, alle imperfezioni
del mercato, che impediscono che alcune risorse vengano liberamente e
convenientemente scambiate e, dall’altro, all’alta specificità delle risorse stesse,
dovuta, a sua volta, al carattere di unicità del contesto aziendale in cui esse sono
sviluppate (Calcagno M., 1996). Tuttavia (come si evidenzia nel paragrafo 5), nei
contesti competitivi attuali, la diffusione dei rapporti di collaborazione e l’affermarsi
della logica dei network impongono un ripensamento, o meglio, un allargamento del
concetto di imperfetta mobilità, in maniera tale da comprendere nel novero delle
risorse-chiave ai fini dell’acquisizione del vantaggio competitivo non solo le risorse
accumulate all’interno della singola organizzazione, ma anche quelle messe a
disposizione all’interno di configurazioni reticolari d’impresa.
L’incertezza è un’ulteriore caratteristica che spiega l’eterogeneità delle risorse.
L’incertezza può essere definita sinteticamente come la condizione, per effetto della
quale i processi di costruzione del vantaggio competitivo tendono a rimanere una
“black box”. Ad essa sono riconducibili molte delle spiegazioni fornite dagli
studiosi sulle determinanti del vantaggio competitivo.
In primo luogo, l’incertezza caratterizza il funzionamento dei mercati: per
effetto di asimmetrie e imperfezioni di mercato vi è sovente una differenza tra il
prezzo di una risorsa e il valore generato, da cui deriva la formazione di rendite15.
In secondo luogo, va tenuto presente che il set di risorse aziendali viene
impiegato in modo congiunto, combinato, il che impedisce di isolare l’azione di
ciascuna di esse e l’effetto che essa produce sulle attività d’impresa. L’incertezza si
lega strettamente ai cosiddetti “meccanismi di isolamento” (v. infra) e ai concetti di
uncertain imitability e casual ambiguity. In mancanza di “incertezza”, una risorsa,
per quanto unica e immobile, può essere facilmente replicata16.
A questo punto, un ulteriore aspetto merita di essere approfondito, ossia come la
14
15
16
Come chiarisce Peteraf (1993), una risorsa è imperfettamente mobile nella misura in cui
o non è suscettibile di utilizzo al di fuori del contesto aziendale o, pur se trasferibile, il
valore da essa derivante nel contesto aziendale d’appartenenza è superiore a quello
ottenibile dall’impiego in un altro contesto.
Le asimmetrie informative, che hanno un ruolo decisivo nel preservare l’eterogeneità tra
le imprese, costituiscono uno dei key issues dell’analisi strategica. Il “problema”
strategico può essere, infatti, anche definito come il problema legato all’analisi della
complessità derivante dall’incertezza delle condizioni in cui opera l’impresa
(Schoemaker P.J., 1990). Proprio dalle diverse possibili strade che si prospettano
all’impresa nell’affrontare situazioni complesse ed incerte derivano comportamenti e
performance eterogenee.
“Sebbene i meccanismi di isolamento generino flussi di rendita stabili (ex post), le
opportunità di crearli, aumentarli e sfruttarli devono sorgere da cambiamenti inattesi.
Senza incertezza non c’è differenza tra il prezzo ex ante di un’attività o di una posizione
di mercato e il suo valore ex post. E’ la contrapposizione tra meccanismi di isolamento e
incertezza che permette la modellizzazione dell’eterogeneità in uno schema di
equilibrio” (Rumelt R.P., 1984, p. 161).
DANIELE CERRATO
19
dotazione di risorse differenziate rispetto ai concorrenti, opportunamente “protetta”
dai meccanismi sopra esposti, possa effettivamente tradursi nel conseguimento di
superiori performance.
Il passaggio dalla dotazione di risorse eterogenee al conseguimento di rendite si
spiega attraverso tre caratteristiche fondamentali delle risorse stesse, che
sintetizzano i meccanismi di “conversione” delle risorse in vantaggio competitivo,
ossia il valore, l’appropriabilità, i limiti alla duplicazione (Fig. 2).
Vantaggio competitivo sostenibile
Limiti alla duplicazione
Valore
Appropriabilità
Risorse eterogenee (differenziate)
Fig. 2: Valore, appropriabilità e limiti alla duplicazione delle risorse
La seconda proposizione, su cui ci si sofferma, può essere, pertanto, così
formulata:
II. Risorse eterogenee, in virtù dei requisiti dell’incertezza e dell’immobilità,
generano vantaggi competitivi nella misura in cui producono valore; tale valore è
appropriabile da parte dell’impresa; esistono limiti alla duplicazione delle risorse.
Le risorse devono, in primo luogo, essere tali da “creare valore”, affinché
possano considerarsi potenziale fonte di vantaggio competitivo. Ciò significa che
esse devono consentire all’impresa di concepire o implementare strategie che
migliorino la propria efficacia ed efficienza, riuscendo a soddisfare le esigenze dei
clienti17. L’enfasi sul legame tra risorse, vantaggio competitivo e creazione di valore
per il cliente rappresenta la via per integrare efficacemente la prospettiva resourcebased view con le concezioni del vantaggio competitivo prevalentemente basate
sull’analisi dell’ambiente esterno. In altri termini, il “valore “ non può essere
considerato astrattamente, ma va concretamente definito in relazione al mercato. In
particolare, l’impresa dovrebbe identificare le risorse maggiormente congruenti con i
fattori critici di successo del settore, attuali e futuri (Amit R., Schoemaker P.J.,
1993).
17
Le risorse dell’impresa posseggono valore qualora “they enable a firm to conceive of or
implement strategies that improve its efficiency and effectiveness” (Barney J.B., 1991, p.
106).
20
NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
Ad ogni modo, si avverte la necessità di una riflessione più approfondita sul
concetto di valore18. L’attributo “valuable”, individuato come connotato saliente che
le risorse devono possedere affinché siano fonte di vantaggi competitivi, non pare
sufficientemente analizzato, lasciando aperti una serie di interrogativi (Golfetto F.,
2000) (v. infra, par. 4).
Naturalmente, affinché una risorsa sia non solo potenziale, ma anche reale fonte
di vantaggio competitivo, occorre che il suo “valore” sia appropriabile da parte
dell’impresa. Posto che una risorsa abbia valore, occorre capire chi se ne appropri. Il
valore, infatti, può essere acquisito da diversi soggetti: clienti, fornitori, azionisti,
dipendenti e altri stakeholders (Collins D.J., Montgomery C.A., 1995; Kay J., 1993).
Un’impresa può definirsi efficace nell’appropriazione della risorsa, qualora il valore
da essa creato si traduca in profitto per l’impresa stessa. Mentre tale appropriazione
può essere agevolmente compiuta nel caso di risorse fisiche e finanziarie, essa
risulta piuttosto difficile nel caso di assets intangibili e, in generale, qualora i diritti
di proprietà non possano essere chiaramente definiti (Grant R.M., 1991).
Particolarmente delicato è il caso in cui il valore sia legato alle capacità delle risorse
umane. In diversi settori, può accadere che le performance delle imprese siano
strettamente legate all’impiego di particolari professionalità19. In tali casi può
accadere che il maggior valore creato dall’azienda sia totalmente eroso dal
compenso riconosciuto ai propri professionisti20.
Un altro elemento cruciale ai fini della creazione di un vantaggio competitivo
sostenibile è rappresentato dai limiti alla duplicazione delle risorse. Mentre
l’attributo del valore e della sua appropriabilità è fondamentale ai fini
dell’acquisizione del vantaggio competitivo, i limiti alla duplicazione di tali risorse
determinano la sostenibilità del vantaggio stesso21. Su tale punto si riscontra una
18
19
20
21
Giacché una risorsa di valore è per definizione anche rara, dal punto di vista economico,
il requisito della rarità della risorsa, evidenziato nel modello di Barney (1991), può
essere considerato “compreso” nella nozione stessa di valore e, come tale, non
strettamente necessario ai fini della spiegazione del legame tra risorse e vantaggio
competitivo.
Si pensi, ad esempio, all’importanza che può avere uno stilista in una casa di moda, o al
ruolo cruciale che talune nuove professionalità nel campo informatico rivestono nei
settori legati alla New Economy.
A ciò va naturalmente aggiunta la considerazione che, malgrado il rapporto individuoorganizzazione sia disciplinato contrattualmente, la mobilità delle risorse umane tra le
organizzazioni e il controllo ‘intrinsecamente’ limitato che è possibile esercitare sulle
prestazioni fornite dai propri dipendenti pongono l’impresa in una posizione
particolarmente rischiosa, finendo col rendere instabili le proprie posizioni di vantaggio
competitivo.
I limiti alla duplicazione di risorse racchiudono, nell’accezione proposta, sia i limiti
all’imitazione che quelli alla sostituzione. L’imitabilità si riferisce al fatto che le imprese
concorrenti possano acquisire o accumulare risorse con attributi simili a quelli delle
risorse che sono alla base del vantaggio competitivo. La sostituibilità, invece, si riferisce
al fatto che le imprese possano accedere a risorse che consentono loro di implementare
strategie analoghe a quelle dell’impresa che vanta una posizione di vantaggio.
DANIELE CERRATO
21
notevole varietà di impostazioni in letteratura. Infatti, le barriere alla replicazione
delle risorse sono state spiegate facendo riferimento a condizioni e concetti molto
differenti tra loro, tra i quali: i processi di accumulazione di capitale specifici delle
singole imprese (asset stock accumulation) (Dierickx I., Cool K., 1989), i
differenziali di capacità (Hall R., 1992, 1993), i limiti ex-post alla competizione
(Peteraf M.A., 1993), i “meccanismi di isolamento” (Rumelt R.P., 1984, 1987),
l’“imitabilità in condizioni di incertezza” (uncertain imitability) (Lippman S.A.,
Rumelt R.P., 1982), l’ambiguità causale (Reed, Defillippi, 1990). Un concetto
fondamentale ai fini della comprensione del vantaggio competitivo è rappresentato
dai cosiddetti “meccanismi di isolamento” (Lippmann, Rumelt R.P., 1982; Rumelt
R.P., 1984), ossia i meccanismi che rendono difficile l’imitazione delle risorse da
parte dei concorrenti e, di conseguenza, l’acquisizione delle medesime fonti di
superiori performance delle imprese di successo22. In linea di massima, il concetto di
meccanismi di isolamento riflette, a livello di impresa, quello di barriere all’entrata,
adoperato a livello di industria, e quello di barriere alla mobilità, riferito ai gruppi
strategici all’interno di uno stesso settore (Knudsen C., 1996). D’altro canto, proprio
perché è tutt’altro che facile capire le vere cause del vantaggio competitivo, i
possibili meccanismi di isolamento sono assai numerosi23. Essi sono direttamente
connessi alla specificità ed unicità degli assets aziendali, alla cosiddetta ambiguità
causale (“casual ambiguity”24) e, più in generale, all’incertezza circa le relazioni
causali tra i comportamenti dell’impresa e le performance ottenute25, frutto della
complessità e della natura tacita delle risorse. Per effetto di tali meccanismi, le
imprese meno competitive sono incapaci di isolare le determinanti delle rendite e
replicare i comportamenti di successo delle imprese eccellenti.
22
23
24
25
“…the resource-based view utilizes a central concept of the structure-strategyperformance paradigm, albeit at a different level of analysis. These isolating
mechanisms (barriers to imitation) explain (ex post) a stable stream of rents and provide
a rationale for intraindustry differences among firms” (Mahoney J.T., Pandian, 1992, p.
371).
Mahoney e Pandian (1992) hanno prodotto una lunghissima lista di meccanismi di
isolamento, attingendo non solo alla letteratura di matrice resource-based, ma anche
all’economia e all’organizzazione industriale.
L’ambiguità causale è sostanzialmente riconducibile alla mancanza di informazioni su
quali siano le risorse che effettivamente sono alla base del vantaggio competitivo oppure,
anche qualora tali risorse siano individuabili, alla mancanza di adeguate informazioni per
poterle riprodurre e duplicare. Essa, pertanto, limita non solo la capacità imitativa dei
concorrenti, ma anche la stessa capacità dell’impresa di successo di replicare le
medesime condizioni alla base del proprio vantaggio competitivo (Reed R., Defillippi,
R.J. 1990). Tale concetto si addice particolarmente alle competenze e alle conoscenze
tacite, diffuse nell’organizzazione, frutto per lo più di complessi processi di
accumulazione firm-specific.
“When the links between a firm’s resources and its sustained competitive advantage are
poorly understood, it is difficult for firms that are attempting to duplicate a successful
firm’s strategies through imitation of its resources to know which resources it should
imitate” (Barney J.B., 1986, p. 109).
22
NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
In sintesi, le argomentazioni connesse alle due proposizioni sopra formulate
sono sintetizzabili nel modello raffigurato nella figura 3, in cui si evidenzia, tra
l’altro, come le condizioni di incertezza e immobilità siano alla base rispettivamente
dei limiti alla duplicazione delle risorse e dell’appropriabilità del valore che da esse
scaturisce.
Vantaggio competitivo sostenibile
Limiti alla duplicazione
Valore
Appropriabilità
Risorse eterogenee (differenziate)
Incertezza
Immobilità
Fig. 3: Il legame risorse-vantaggio competitivo: un modello di sintesi
Infine, dal momento che la maggior parte dei profitti e soprattutto dei sovraprofitti non dura indefinitamente, è utile approfondire l’aspetto della sostenibilità del
vantaggio competitivo, così come è stato definito nelle pagine precedenti, ossia non
come mera durata temporale, ma come resistenza all’imitazione e alla sostituzione26.
Oltre ai requisiti dell’inimitabilità (difficoltà d’imitazione) e dell’insostituibilità
(difficoltà di sostituzione), va considerato anche il rischio di obsolescenza. La
sostenibilità del vantaggio competitivo dipende, infatti, anche dai cambiamenti
nell’ambiente competitivo che possono rendere obsolete certe risorse aziendali
(particolarmente risorse di conoscenza) (Fig. 4). Per tale via, quindi, si realizza il
“recupero” della dimensione ambientale esterna nella visione resource-based, ossia
si evidenzia il fatto che le risorse possono essere deprezzate dai cambiamenti
nell’ambiente.
26
In senso lato, la durevolezza (ossia l’attitudine a perdurare nel tempo) include tutti e tre i
requisiti della sostenibilità del vantaggio competitivo indicati in figura 4. In senso stretto,
però, per durevolezza si è voluto indicare il minor rischio di obsolescenza dovuto a
mutamenti nell’ambiente competitivo.
DANIELE CERRATO
23
Inimitabilità
Sostenibilità del
vantaggio
competitivo
Insostituibilità
Durevolezza
(minore probabilità di
obsolescenza dovuta
ai cambiamenti
nell’ambiente)
Fig. 4: La sostenibilità del vantaggio competitivo
4. I limiti della resource-based view e le questioni metodologiche
“aperte”
L’analisi proposta trae spunto dalla considerazione che la proliferazione di
modelli e di classificazioni delle risorse aziendali ha alimentato una certa confusione
nonché ambiguità terminologica27, soprattutto circa l’individuazione degli attributi
delle risorse necessarie ai fini del conseguimento e della sostenibilità delle superiori
performance28. Questa constatazione suggerisce, pertanto, l’opportunità di evidenziare alcuni elementi di ambiguità, talune circolarità e tautologie presenti nei modelli
27
28
I numerosi contributi sviluppatisi nell’ambito della resource-based view non sono stati
tali da consolidarsi come un corpus di conoscenze omogenee ed unitarie, al punto che ci
si chiede se e quanto tale filone di studi possa compiutamente definirsi come una nuova
teoria d’impresa o se non sia piuttosto la riproposizione di vecchi concetti o, in ogni
caso, se essa manchi di alcuni elementi o criteri necessari affinché possa definirsi una
nuova teoria (Conner K.R., 1991; Mahoney J.T., Pandian J. R., 1992, Seth A., Thomas
H., 1994; Boschetti C., Sobrero M., 1996; Golinelli G.M., Gatti M., Siano A., 2002).
Senza voler entrare nel merito della definizione dei requisiti che una teoria dell’impresa
dovrebbe possedere per definirsi tale (per il quale si rinvia ai contributi succitati), va
detto che, nella prospettiva resource-based, le imprese esistono perché il processo di
accumulazione di risorse è reso più efficiente dalle interdipendenze e dal coordinamento
tra gli assets aziendali, rispetto a quanto accade nel mercato, ossia in assenza di tale
coordinamento.
Contrasti e differenze nei modelli proposti, anziché riguardare le reali determinanti del
vantaggio competitivo, hanno finito spesso col ridursi a mere questioni di “contrasto
nominalistico” (Vicari S., Verona G., 2000).
24
NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
interpretativi delle determinanti del vantaggio competitivo. Ciò potrebbe
rappresentare la premessa per una ricerca empirica che si fondi su basi più rigorose.
Infatti, i concetti chiave alla base della resource-based view talvolta o sono
intrinsecamente tali da impedire il riscontro empirico e le possibilità di
generalizzazione oppure, lungi dal corroborare le tesi proposte, finiscono col
riprodursi tautologicamente anziché esplicitare nessi di causalità.
In primo luogo, è utile tornare sul concetto di valore, precedentemente
individuato come requisito fondamentale che una risorsa deve possedere ai fini della
produzione di vantaggi competitivi. Il concetto stesso di “valore” di una risorsa è
estremamente problematico. Infatti, non può dirsi in termini assoluti se una risorsa
abbia valore. E’ lo specifico contesto d’impresa a suggerirci se una risorsa o un asset
abbiano o meno valore (Schendel D., 1994). Quest’affermazione naturalmente
implica una tautologia o circolarità, così sintetizzabile: le risorse “di valore”
conducono alla definizione della strategia e all’acquisizione del vantaggio
competitivo; la strategia e i comportamenti dell’impresa modificano il contesto e la
struttura industriale in cui essa opera; tale struttura determina l’importanza di certi
assets aziendali e, quindi, in ultima analisi, il fatto che una risorsa abbia valore29. In
altri termini, le risorse possono conferire all’impresa una posizione di vantaggio
competitivo, per definire la quale è necessario far riferimento ad un certo contesto
competitivo, ad un certo settore. Ma è tale contesto competitivo che qualifica una
risorsa come “avente valore”. D’altro canto, non si può parlare di risorse e di valore,
prescindendo dalla funzione di governo dell’impresa. La relazione risorse-valore
non è diretta, ma implica necessariamente un’azione manageriale capace di attivare
processi di valorizzazione di tali risorse, ossia tali da convertire il valore potenziale
presente nella dotazione strutturale dell’impresa in valore effettivo o, in altri termini,
in vantaggi competitivi reali. Ciò che si afferma è che il valore di una risorsa è di per
sé potenziale e che tanto la effettiva generazione di valore quanto la sua
appropriabilità da parte dell’impresa dipendono dall’efficacia dell’azione
manageriale30. In tal senso, è pienamente condivisibile la posizione di chi ritiene che
in molta parte della letteratura di matrice resource-based vi sia una contraddizione
tra l’affermazione della centralità delle risorse, da un lato, e l’ancora insufficiente
attenzione dedicata al ripensamento e alla rivalutazione del ruolo dell’organo di
governo dell’impresa in funzione di tale centralità (v. infra, par. 6).
Una risorsa in possesso delle caratteristiche sopra evidenziate non garantisce,
dunque, di per sé, l’acquisizione del vantaggio competitivo. Essa deve essere
impiegata per la produzione di beni o servizi vendibili sul certo mercato. In tale
ottica, il compito fondamentale del management consiste essenzialmente
nell’identificare la base di risorse e capacità dell’impresa ed evidenziare il
29
30
“Resources led to strategy and competitive advantage, which in turn defined relevant
competitive structures, which in turn what an asset or resource was, and so on”
(Schendel D., 1994, p. 2).
“Lo stock di risorse posseduto in un dato momento rappresenta la quantità di potenziale
cumulato, sono poi i comportamenti d’impresa che lo trasformano, arricchendolo o
depauperandolo” (Vicari S., Verona G., 2000, pp. 22-23).
DANIELE CERRATO
25
collegamento esistente tra le strategie ed attività dell’impresa, attuali e future e tale
base di risorse e capacità (Rumelt R.P., 1984; Grant R.M., 1991, Sicca L., 1998)31.
La relazione risorse-vantaggio competitivo è, perciò, ben più complessa di
quanto non appaia ad una prima analisi e merita un ulteriore approfondimento, alla
luce di una rinnovata prospettiva d’indagine che, da un lato, valorizzi una visione
“processuale-dinamica”, e non più statica, dei meccanismi di costruzione del
vantaggio competitivo, dall’altro, esamini il ruolo dell’organo di governo
dell’impresa quale attore principale dei processi di conversione delle risorse in
vantaggi competitivi e di sviluppo/riconfigurazione delle capacità e competenze
aziendali (sul punto v. infra, parr. 5 e 6).
La gran parte dei contributi riconducibili alla resource-based view è di natura
concettuale più che empirica, a causa del fatto che la teoria contiene in se stessa i
limiti alla diffusione di ricerche empiriche. La scarsità di ricerche empiriche va
senz’altro attribuita anche al fatto che le risorse, ed in particolare quelle chiave ai
fini del vantaggio competitivo, sono “inosservabili” (Godfrey P.C., Hill C.W.,
1995). Basti pensare alle firm-specific capabilities, tacite e fortemente caratterizzate
da causal ambiguity. Tale limite della ricerca è accresciuto dal fatto che quanto più
una risorsa è “inosservabile” e, pertanto, difficile da identificare e da comprendere,
maggiore è la probabilità che essa sia una fonte potenziale di vantaggio competitivo.
Le barriere all’imitazione sono, infatti, tanto più elevate quanto più le risorse sono
tacite, difficili da osservare, complesse32. Estremizzando tale discorso, si dovrebbe
affermare che la risorsa più utile per l’impresa, la “vera” fonte di vantaggio
competitivo non può mai essere identificata (Collins D.J., 1994).
Proprio in virtù dell’esistenza di una serie di “unobservables” nella prospettiva
resource-based, gli elementi chiave alla base del successo dell’impresa, anziché
essere provati mediante forme di osservazione diretta, devono necessariamente
31
32
Tale ruolo può essere, perciò, definito come quello atto a identificare, impiegare,
proteggere le risorse dell’impresa (Amit R., Schoemaker P.J., 1993). Come è stato già
rilevato, la stessa identificazione non è un’operazione semplice: mentre le risorse fisiche
e finanziarie sono piuttosto facili da identificare, non può dirsi lo stesso per le risorse
intangibili, la cui analisi è talvolta difficile non solo per i concorrenti, ma anche per
l’impresa stessa, a causa della propria natura tacita e complessa. Inoltre, la dotazione di
risorse-chiave dell’impresa non può essere modificata istantaneamente, bensì attraverso
un processo di accumulazione che richiede notevoli investimenti. A tal proposito,
Dierickx e Cool (1989) considerano le risorse come stocks, affermando che: “…the
strategic asset is the cumulative result of adhering to a set of consistent policies over a
period of time. Put differently, strategic asset stocks are accumulated by choosing time
paths of flows over a period of time” (p. 1506). Senza investimenti atti ad alimentare il
patrimonio di risorse aziendali, lo stock di risorse aziendali è destinato inevitabilmente a
svalutarsi. Alcuni autori (Bertoli G., Busacca B., Costabile M., 2000) sottolineano come,
ai fini della sostenibilità del vantaggio competitivo, l’impresa debba essere in grado di
gestire con efficacia non solo l’accrescimento, ma anche la difesa delle risorse aziendali.
“The more unobservable a value resource, the higher are the barriers to imitation, and
the more sustainable will be a competitive advantage based upon that resource”
(Godfrey P.C., Hill C.W., 1995, p. 523).
26
NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
essere inferiti dall’analisi degli effetti “osservabili”, realisticamente riconducibili a
quegli elementi. Ad esempio, la presenza di extra-profitti a vantaggio di un’impresa
per un periodo di tempo piuttosto lungo denota il fatto che sono in azione dei
“meccanismi di isolamento”, ossia barriere all’imitazione/sostituzione della
dotazione di risorse di quell’impresa che gode di una posizione di vantaggio
competitivo. L’ampiezza dell’intervallo di tempo in cui persiste tale vantaggio
competitivo potrebbe esser adoperato come un primo indicatore dell’intensità o del
livello quantitativo di tali barriere e dell’intensità dei meccanismi di isolamento
operanti33. Progressi nella ricerca empirica possono, dunque, essere compiuti sulla
base dell’analisi delle conseguenze osservabili derivanti realisticamente dalle risorse
inosservabili34.
In secondo luogo, nelle proposizioni fondamentali della resource-based view
sono già contenuti implicitamente i limiti alla costruzione di modelli e leggi generali
di funzionamento delle imprese. Nel modello resource-based è posta molta enfasi
sull’eterogeneità delle imprese, sul fatto che ciascuna di esse rappresenti un unicum,
distinto da tutte le altre, in virtù di una propria dotazione di risorse, altamente
specifica e strettamente legata al contesto aziendale. Non può essere il riferimento
ad una legge, ad un regola generale a spiegare perché una data impresa possegga
quel set di risorse piuttosto che un altro (Godfrey P.C., Hill C.W., 1996). L’unità di
analisi fondamentale è l’impresa, punto di partenza, ma anche punto di arrivo
dell’attività di ricerca, stante il suo carattere unico, complesso, specifico,
storicamente circoscritto e determinabile solo all’interno di precise coordinate
spazio-temporali. Questo pare configurarsi come un assioma, un punto di partenza
inamovibile. Infatti, nelle loro analisi, i teorici della resource-based view, più o
meno implicitamente, suppongono che l’impresa che forma oggetto della propria
indagine parta con una certa dotazione strutturale di risorse, la quale rappresenta un
dato originario, al di fuori del campo d’indagine.
Ad ogni modo, il problema non è tanto e non solo quello degli intangible assets
(Hall R., 1993) o degli “unobservables” (Godfrey P.C., Hill C.W., 1995).
Il vero problema metodologico è sintetizzabile nel fatto che, se è vero che la
resource-based view ha rappresentato un importante “salto”, un cambiamento negli
studi di strategic management rispetto ai modelli dominanti negli anni ‘80, è altresì
vero che lo sviluppo della ricerca richiede un cambiamento significativo anche nelle
33
34
Naturalmente il problema posto non riguarda in modo esclusivo né la resource-based
view né tanto meno i soli studi di strategic management, dal momento che tutte le
scienze sociali sono alle prese col problema di dare validazione empirica a costrutti
inosservabili.
“The first point to emphasize is that, ultimately, the resource-based view of the firm will
stand or fall not on the basis of whether its key constructs can be verified, but upon
whether its predictions correspond to the reality observed for populations of firms. What
scholars need to do is to theoretically identify what the observable consequences of
unobservable resources are likely to be, and then go out to see whether such predictions
have correspondence in the empirical world” (Godfrey P.C., Hill C.W., 1996, p. 95).
DANIELE CERRATO
27
metodologie d’indagine scientifica35. Possono, infatti, rivelarsi inadeguate le
metodologie maggiormente utilizzate nell’analisi strategica, in quanto
contraddittorie rispetto ai presupposti e ai principi basilari della nuova dottrina,
come si evince dalla letteratura più recente (Rouse M.J., Daellenbach U.S., 1999).
Se l’impresa è l’unità d’analisi fondamentale e se le risorse tacite, d’incerta
definizione, fortemente specifiche e radicate nel contesto aziendale costituiscono la
più probabile fonte di vantaggio competitivo, è, conseguentemente, opportuno
adottare metodologie di ricerca di tipo “etnografico”, che dall’interno dell’impresa
consentano di studiare le condizioni organizzativo-gestionali alla base del vantaggio
competitivo36.
Lo sviluppo della ricerca di matrice resource-based passa, dunque, attraverso
una forte rivalutazione dei case studies, delle analisi approfondite di singole realtà
aziendali condotte dall’interno dell’impresa piuttosto che dall’esterno37. Partendo
dal presupposto che ciascuna realtà d’impresa costituisca un unicum38, occorrerebbe
cioè tornare ad una metodologia di ricerca che non appare più in voga e sulla cui
validità scientifica si è molto discusso. Oggi, infatti, i case studies tendono ad
occupare una posizione marginale nelle analisi empiriche condotte nell’ambito degli
studi di strategie d’impresa (Rouse M.J., Daellenbach U.S., 1999).
35
36
37
38
“While strategic management research during the last two decades has shifted from a
focus on environmental factors to intangible resource-based factors in the search for
sources of sustainable superior performance, the dominant research approach has not
changed significantly” (Rouse M.J., Daellenbach U.S., 1999, p. 489).
In tale ottica, è chiaro che i tipici metodi di raccolta delle informazioni sulle aziende,
possono essere inadeguati ad analizzare le ragioni dei comportamenti e delle
performance aziendali. D’altro canto, non si può, da un lato, sostenere che le risorse
‘veramente’ alla base del vantaggio competitivo siano difficilmente individuabili ed
imitabili da parte dei concorrenti e, dall’altro, ritenere che sia possibile ricavare
informazioni su tali risorse dall’esterno dell’impresa, in una maniera, quindi,
sostanzialmente accessibile agli stessi concorrenti.
“As strategy scholars, we need only add to our proven methods of ‘inquiry from the
outside’ those of ‘inquiry from the inside’…that have the potential to help disentangle
intraorganizational sources of superior performance. The message from the resourcebased view is clear. Factors inside organizations are a primary source of sustainable
advantage. The discovery and evaluations of those advantages must, therefore, be done
in organizations” (Rouse M.J., Daellenbach U.S., 1999, p. 492).
“Since each firm is viewed as a unique entity, explaining the cause of superior (or
inferior) performance at the level of the individual firm calls for clinical work of the type
that is currently unfashionable in the management literature. We are not advocating a
return here to the type of unstructured and atheoretical case study work that
characterized the early strategic management literature. Rather, we are arguing that
there is value to be had, in terms of explanation, in viewing the firm as a natural
laboratory in which the theoretical propositions of the RBV are already being tested”
(Godfrey P.C., Hill C.W., 1995, p. 530).
28
NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
5. Le modalità di sviluppo delle risorse aziendali: acquisizione
esterna vs. accumulazione interna
Il riferimento alla dotazione di risorse riflette un approccio d’analisi di tipo
“statico”, che interpreta le posizioni di vantaggio competitivo dell’impresa come
funzione dello stock di risorse da essa possedute. Tuttavia, in special modo negli
studi più recenti, l’enfasi si è spostata sull’aspetto “dinamico”, ossia sull’analisi dei
processi attraverso cui tale stock viene accumulato, modificato, rigenerato. In altri
termini, ci si chiede come l’impresa ottenga la disponibilità delle risorse.
Le strade possibili sono due: quella della creazione interna e quella
dell’acquisizione (Knudsen C., 1996). In relazione a quest’ultima possibilità, è utile
introdurre il concetto di “strategic factor markets” (Barney J.B., 1986), intendendo
per essi i mercati nei quali l’impresa acquisisce le risorse necessarie per
implementare le proprie strategie39. In tale ottica, l’ampiezza dei risultati derivanti
dall’implementazione di tali strategie dipende strettamene dai costi necessari
all’acquisizione delle risorse. Pertanto, il conseguimento di sovra-rendite o superiori
performance è subordinato alla capacità dell’impresa di stimare il valore delle
risorse che essa acquisisce meglio dei concorrenti operanti negli stessi mercati dei
fattori strategici, in virtù di una migliore informazione, dovuta ad imperfezioni nella
competizione e, quindi, ad asimmetrie informative40 (anche se lo stesso Barney
(1986) non esclude che l’acquisizione di una posizione di vantaggio possa scaturire
da vera e propria “fortuna” (sic!) dell’impresa nella realizzazione delle proprie
strategie). Ad ogni modo, tale superiore capacità di valutazione e la migliore
informazione a disposizione deriva non tanto dalla lettura e analisi dell’ambiente
esterno quanto dalla capacità di valutazione delle proprie risorse e capacità interne41.
Tale impostazione è criticata da chi sottolinea come molte risorse, ed in
particolare le risorse maggiormente rilevanti ai fini del conseguimento del vantaggio
competitivo, non siano acquisibili sul mercato, ma siano piuttosto il frutto di un
processo di accumulazione (asset stock accumulation) interno all’impresa (Dierickx
I., Cool K., 1989). Infatti, il successo nell’implementazione di una strategia è per lo
39
40
41
“All strategies that require the acquisition of resources for implementation have
strategic factor markets associated with them” (Barney J.B., 1986, p. 1232).
Il modello di Barney presuppone che i mercati dei fattori strategici non siano
perfettamente competitivi, a causa del fatto che le imprese hanno aspettative diverse
circa il futuro valore di una risorsa strategica. In sostanza, estremizzando tale concetto,
Barney afferma che le imprese sono in grado di ottenere profitti al di sopra del livello
normale solo se sono in possesso di migliori informazioni o sono fortunate! Al contrario,
nell’ipotesi di un mercato dei fattori strategici perfettamente competitivo, privo di
imperfezioni, l’acquisizione dei fattori non può dar luogo a superiori performance,
giacché il costo di acquisizione di una risorsa strategica tende ad eguagliare il valore che
essa ha allorquando venga impiegata nell’implementazione di una stratega d’impresa
(Dierickx I., Cool K., 1989).
“…environmental analysis, by itself, cannot create the required unique insights, while in
some circumstances, the analysis of a firm’s unique skills and capabilities can” (Barney
J.B., 1986, pp. 1232-1233).
DANIELE CERRATO
29
più legato al possesso e all’impiego di risorse altamente firm-specific e complesse,
come tali prive di mercato. Esistono una serie di risorse che non sono disponibili sul
mercato42. Basti pensare, ad esempio, alla reputazione e alla cultura aziendale, che
pure sono riconosciute come assets rilevanti ai fini del vantaggio competitivo e per
le quali non esiste un mercato (Dierickx I., Cool K., 1989).
Inoltre, lo stesso concetto di “acquisizione” di risorse va correttamente inteso.
Anche le risorse acquisite sul mercato, lungi dall’essere prontamente utilizzabili,
necessitano di un processo di trasformazione o comunque di un’azione organizzativa
che le adatti al contesto aziendale in cui sono adoperate (Knudsen C., 1996) e le
renda pertanto firm-specific43.
In tale ottica, l’organo di governo dell’impresa è responsabile di un’azione di
“contestualizzazione” delle risorse che, acquisite sul mercato, entrano a far parte
della dotazione strutturale dell’impresa44. Su tale set di risorse e capacità si attivano
processi di valorizzazione atti a costruire vere e proprie competenze o, in altri
termini, a trasformare i vantaggi competitivi potenziali in vantaggi competitivi
effettivi45. Come si è detto, infatti, il rapporto risorse-vantaggio competitivo è solo
potenziale, essendo “mediato” dall’azione dell’organo di governo dell’impresa.
È ragionevole considerare come complementari le prospettive dello sviluppo
interno e dell’acquisizione dall’esterno, in quanto esse sono sì focalizzate su fonti
diverse di risorse aziendali, ma non tali da escludersi l’una con l’altra. Da un lato,
l’impresa acquisisce sul mercato una serie di risorse strategiche, fonti potenziali di
vantaggio competitivo nella misura in cui sussistano imperfezioni di mercato ed
asimmetrie informative. Dall’altro, l’impresa possiede uno stock di risorse
specifiche, non commercializzabili, frutto di un processo di accumulazione
compiuto nel tempo. Tuttavia, sulla base delle considerazioni svolte, pur essendo
realistico ritenere che una risorsa strategica possa essere acquisita sul mercato e,
quindi (risalendo ancora a monte), che una imperfezione nei meccanismi competitivi
possa essere alla base di una posizione di vantaggio competitivo, il legame tra
42
43
44
45
“The very essence of most capabilities/competences is that they cannot be readily
assembled through markets” (Teece D.J., Pisano G., Schuen A., 1997, p. 517).
“Firms may, of course, acquire imperfect substitutes for the desired strategic input
factor(s) and adapt them, at a cost, to the specific use it intends. For example, firms do
not employ “generic labor”, but people endowed with firm-specific skills and values.
“Generic labor” is rented in the market; firm-specific skills, knowledge and values are
accumulated through on the job learning and training” (Dierickx I., Cool K., 1989, p.
1505).
Si fa riferimento all’approccio sistemico al governo dell’impresa e, in particolare, alla
nozione di “struttura ampliata”, che scaturisce dalle modifiche indotte dall’organo di
governo sulla struttura iniziale, grazie alla capacità di apertura del sistema impresa
rispetto ad entità esterne. Per approfondimenti, cfr. Golinelli (2000).
In base ad un impostazione diversa (Vicari S., 1995), si potrebbe ritenere che, in realtà,
oggetto di acquisizione non siano le risorse, bensì le capacità necessarie a produrle: le
risorse in quanto tali possono essere oggetto solo di un processo di generazione interna,
mentre dall’esterno può essere importata “energia” sotto forma di merci, servizi,
attrezzature, uomini, tutti elementi utili alla produzione di risorse.
30
NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
sostenibilità del vantaggio competitivo e imperfezioni del mercato è “debole”, nel
senso che le forze competitive ed in particolare l’azione imitativa dei concorrenti
agiscono nella direzione di superare i gap generati dalle asimmetrie nel gioco
competitivo, rendendo poco duraturi tali vantaggi. Le risorse specifiche accumulate
dall’impresa, viceversa, possono essere protette grazie a meccanismi di isolamento
(v. supra), in grado di rendere persistente nel tempo il possesso di rendite e, perciò,
rendere compatibile una situazione di equilibrio, o comunque, di lungo periodo, con
il conseguimento di profitti al di sopra della norma da parte di alcune imprese.
Nella figura n° 5 è rappresentata una matrice, le cui dimensioni sono la
rilevanza delle risorse ai fini del conseguimento del vantaggio competitivo (alta o
bassa) e il processo di sviluppo delle risorse stesse, distinto in esterno (acquisizione)
ed interno (accumulazione). Per le considerazioni sopra svolte, si è indotti a ritenere
che, in linea di massima, la maggior parte delle risorse si collochino lungo la
diagonale indicata dall’ellisse. In prima approssimazione si può affermare che le
risorse chiave sono accumulate all’interno dell’impresa e altamente firm specific,
mentre quelle acquisite sul mercato sono meno rilevanti ai fini del successo
dell’impresa.
In realtà, la questione, posta in questi termini, pare semplicistica, come pure
approssimativa sembra l’indicazione fornita, dal momento che, nei contesti
competitivi attuali, l’espressione “interno all’impresa” pone una serie di
problematiche di non facile soluzione. La tradizionale distinzione tra accumulazione
interna e acquisizione esterna appare oggi largamente insoddisfacente. Il tema
proposto si lega a quello dei confini dell’impresa e delle scelte di make or buy,
rispetto alle quali si è avuta un’evoluzione significativa negli ultimi anni.
Rilevanza ai fini del vantaggio competitivo
Alta
Bassa
Interna
(accumulazione)
Modalità
di sviluppo
Esterna
(acquisizione)
Fig. 5: Modalità di sviluppo delle risorse e vantaggio competitivo
DANIELE CERRATO
31
Gerarchia e mercato, interno ed esterno sono oggi tutt’altro che facili da
individuare e separare nettamente, rispetto a quanto lo fossero in passato
(Williamson O.E., 1975). La prospettiva “reticolare”, largamente diffusasi negli anni
‘90, ha evidenziato quanto i confini dell’impresa siano indefiniti e come, a causa
dell’elevata complessità ambientale, le imprese tendano meno sviluppare al proprio
interno le risorse di cui abbisognano. Esse, infatti, sono sempre più consapevoli
della necessità di attivare network e relazioni stabili tali da assicurare loro il
controllo dell’ambiente (Pfeffer J., Salancik G.R., 1978), inteso come controllo di
risorse, che, se pur possedute da altre organizzazioni, entrano nella disponibilità
dell’impresa46.
D’altro canto, la letteratura manageriale ha ampiamente sottolineato come una
delle competenze-chiave delle imprese moderne consista proprio nella capacità di
relazione47, nell’abilità di combinare le proprie risorse con quelle di altre imprese
attraverso la cooperazione. Inoltre, grande attenzione è stata dedicata all’analisi dei
processi attraverso i quali le competenze si sviluppano all’interno di un network di
imprese, come risultato degli sforzi non di singole organizzazioni, ma di una
pluralità di soggetti. In tale ottica, la stessa nozione di contesto aziendale diventa
inevitabilmente sfumata e d’incerta definizione.
Pertanto, anche il concetto di “immobilità” (e di imperfetta mobilità) delle
risorse va riletto alla luce di tali considerazioni, che ne impongono un’accezione
diversa, non più legata al possesso o alla titolarità giuridica, quanto alla possibilità di
vincolare la risorsa stessa all’impresa, anche eventualmente per l’azione di
meccanismi cooperativi con altre organizzazioni. Perciò, le modalità di sviluppo
delle risorse, come evidenziato nella figura 5, si evolvono sempre più verso modalità
“ibride”, intermedie tra interno ed esterno. In effetti, non è tanto il concetto di
mobilità/immobilità ad essere ripensato, quanto quello di interno/esterno. Per effetto
delle configurazioni reticolari, quindi, le singole imprese godono di possibilità più
ampie di costruire posizioni di vantaggio competitivo, potendo sfruttare risorse e
competenze superiori a quelle generate al proprio interno e, al tempo stesso, non
acquisibili sul mercato (Calcagno M., 1996).
Le risorse acquisite sul mercato rappresentano un input “grezzo”, che, lungi dal
costituire di per sé una fonte di vantaggio competitivo, necessita di un’azione di
integrazione nel più ampio patrimonio aziendale e di specifica valorizzazione in
funzione degli obiettivi dell’impresa. Pertanto, l’enfasi va posta non tanto sulle
risorse tout court, quanto sui processi e sui meccanismi di conversione e
trasformazione di tali risorse. In tal senso, assumono importanza centrale le
interconnessioni tra stock di asset (asset stock interconnectedness) (Dierickx I., Cool
K., 1989), per effetto delle quali il possesso di una risorsa facilita lo sviluppo di
altre. Nel contempo, si rivaluta la visione sistemica del funzionamento dell’impresa,
la quale, da un lato, sottolinea le relazioni sinergiche, di reciproco supporto e
46
47
Per un’efficace descrizione dei modelli d’impresa emergenti nei contesti competitivi
attuali, si veda Valdani (2000).
La criticità della “relational capability” è sottolineata, tra gli altri, da Lorenzoni,
Lipparini (1999).
32
NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
potenziamento tra le capacità aziendali, dall’altro, spiega perché talune capacità non
possano essere impiegate con successo in contesti differenti né considerate in
maniera isolata, ossia disgiuntamente dal proprio contesto di produzione e utilizzo e
dal più ampio set di risorse e capacità in cui sono inserite.
Gli sviluppi successivi della teoria, ed in particolare la prospettiva d’analisi
delle Dynamic Capabilities (Teece D.J., Pisano G., Schuen A., 1997), chiariscono
come non sia tanto (o comunque non solo) la specifica dotazione di risorse e
capacità dell’impresa a generare vantaggio competitivo, quanto gli specifici processi
di apprendimento, di coordinamento, riconfigurazione e ricombinazione delle
risorse48, che hanno luogo sia all’interno dell’azienda sia attraverso le sue interazioni
con l’ambiente di riferimento (Golfetto, 2000).
Nella sua formulazione originaria, la resource-based view rimanda, perciò, ad
una visione “statica” dell’impresa e dei contesti competitivi. In essa è centrale l’idea
che i settori industriali siano in equilibrio, pur in presenza di sovra-profitti e rendite
differenziali. La valorizzazione degli aspetti dinamici legati alla competizione e alla
costruzione di posizioni di vantaggio competitivo, compiuta successivamente grazie
alla Dynamic Capabilities Perspective, ha il merito di spostare il focus dell’analisi
dalle condizioni atte a preservare il vantaggio competitivo attuale alla capacità
dell’impresa di costruire sempre nuovi vantaggi competitivi. Tale prospettiva pone
al centro dell’analisi i processi di apprendimento e di rinnovamento del patrimonio
di competenze aziendali (Golfetto F., 2000).
6. Le nuove direzioni di ricerca
Diversi studiosi hanno affrontato il tema dei legami tra la resource-based view e
altre prospettive di ricerca, non solo nell’ambito del management, ma anche
dell’economia industriale e dell’organizzazione (Mahoney J.T., Pandian J.R., 1992).
Un’interessante percorso di ricerca è quello basato sull’applicazione del
framework teorico della resource-based view al marketing (Hunt S.D., Morgan
R.M., 1995, 1996; Ancarani F., 1999; Siano A., 1999). Come già rilevato, per
evitare che la prospettiva in questione si riduca ad un’analisi integralmente
endogena dell’impresa, tutta rivolta all’ambiente interno ad essa, è importante
integrare il focus sulle risorse con l’analisi dell’ambiente esterno e delle dinamiche
di mercato.
Un ulteriore campo di studi meritevole di considerazione è quello volto a
cercare una sintesi tra resource-based view e teorie evoluzionistiche del
cambiamento (Nelson R., Winter S., 1982). I teorici dell’evoluzionismo ritengono
che le imprese competono in primo luogo attraverso una “lotta” per migliorare e
48
Una maggiore enfasi sugli aspetti “gestionali” legati ai processi di generazione del valore
è riscontrabile in Vicari (1995) che propone lo schema di analisi del resource-based
management (RBM) (ripreso successivamente in Vicari S., Verona G., 2000), volto ad
analizzare più specificamente i processi di creazione e continua alimentazione delle
risorse.
DANIELE CERRATO
33
innovare. Le routines organizzative sono sviluppate attraverso un processo di
learning by doing, particolarmente difficile da imitare. La prospettiva
evoluzionistica e quella resource-based possono utilmente spiegare il processo di
sviluppo delle risorse aziendali e i fallimenti dell’impresa dovuti all’incapacità di
cambiare a causa dei percorsi segnati dalle scelte passate.
Un’altra prospettiva d’analisi potenzialmente ricca di spunti è quella che
descrive il vantaggio competitivo attraverso la sintesi tra resource-based view e
teorie istituzionaliste, ossia combinando l’enfasi sulla dotazione di risorse
dell’impresa con l’analisi del contesto istituzionale (Oliver C., 1997). L’idea di cui
tale impostazione si vuol fare portatrice è che il vantaggio competitivo dell’impresa
dipende fortemente dall’abilità di gestire il contesto nel quale avviene il processo di
selezione delle risorse, intendendo per tale contesto non solo le condizioni e le
influenze provenienti dall’esterno dell’impresa, ma anche l’ambiente interno e la
cultura aziendale.
Inoltre, va considerato che il dibattito sulle determinanti del vantaggio
competitivo, centrale negli studi di strategic management, è tutt’altro che chiuso.
Studi recenti (McGahan A.M., Porter M., 1997) rivalutano fortemente gli effetti a
livello industry nella determinazione dei differenziali di performance tra imprese. La
consapevolezza dell’impossibilità di risolvere in maniera unilaterale la questione
sulle determinanti del vantaggio competitivo può essere il punto di partenza per
modificare alcuni aspetti nell’impostazione metodologica della resource-based view.
In altri termini, sebbene essa si focalizzi sull’analisi endogena all’impresa, la
resource-based view non ignora né dovrebbe farlo la rilevanza dei settori industriali,
potendo condurre ad una prospettiva d’analisi del vantaggio competitivo, che funga
da ponte tra visione resource-based e industry-based (Amit R., Schoemaker J.,
1993; Collins D.J., Montgomery C.A., 1995).
Le analisi più recenti sembrano indicare una complementarità tra effetti a livello
industry ed effetti a livello firm. Pertanto, partendo dalla distinzione tra i profitti
“normali” (ossia, il livello di profittabilità riconducibile alla generalità delle imprese
operanti in un settore) e i sovra-profitti o rendite ricardiane (dovute a specifiche
posizioni di vantaggio competitivo possedute dalle imprese di successo), una delle
ipotesi di ricerca è quella volta ad approfondire se e fino a che punto si possa
sostenere che le motivazioni legate al settore spieghino soprattutto il livello di
profitto “normale” conseguito dalle imprese, mentre a livello di singola impresa
vadano ricercate le cause di talune superiori performance49.
Una direzione di ricerca che si ritiene particolarmente interessante è quella volta
alla comprensione delle dinamiche alla base del processo di accumulazione e
sviluppo delle risorse aziendali. Come è stato sottolineato nelle pagine precedenti,
tale processo di accumulazione è altamente firm-specific e caratterizzato dall’azione
di meccanismi che, in virtù delle interconnessioni esistenti nell’organizzazione, lo
49
“Industry might be the most important factor in determining performance for the average
firm, whereas firm effects determine the performance of high-performance firms”
(Iversen, 2000).
34
NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
rendono più efficiente rispetto all’azione delle forze del mercato. Tutti questi fattori
spiegano perché le risorse sviluppate all’interno dell’impresa siano maggiormente al
sicuro dai tentativi di imitazione posti in essere dai concorrenti. In chiave dinamica,
tale processo di sviluppo delle risorse definisce un percorso, una traiettoria di
sviluppo dell’impresa, che può risultare compatibile o meno col dinamismo
ambientale (Teece D.J., Pisano G., Schuen A., 1997). D’altro canto, la natura firmspecific di una risorsa va profondamente ripensata allo luce delle dinamiche
imprenditoriali e settoriali attuali, nelle quali, per effetto delle relazioni
interorganizzative, tende ad ampliarsi il contesto rispetto al quale è definibile la
specificità di una risorsa.
A questo punto, è opportuno chiedersi quale spazio competa nella resourcebased view all’ambiente competitivo e, in genere, alle condizioni esterne
all’impresa, visto che l’analisi strategica e il ruolo del management sono
prioritariamente indirizzati all’analisi delle condizioni aziendali interne. Nella
prospettiva resource-based, soprattutto nella sua formulazione originaria, infatti, la
dotazione di risorse dell’impresa costituisce una base più stabile e meno incerta ai
fini della formulazione della strategia aziendale rispetto alla focalizzazione
sull’ambiente esterno50.
L’ambiente esterno gioca, tuttavia, un ruolo fondamentale. Innanzitutto,
l’impresa trae dall’ambiente risorse, alcune delle quali risultano strategiche ai fini
del conseguimento del vantaggio competitivo (Barney J.B., 1986). Per tal motivo,
l’ottica resource-based è coerente con gli assunti della resource-dependence theory
(Pfeffer J., Salancik G.R., 1978), in base ai quali l’impresa non può competere
efficacemente, se è incapace di attrarre le risorse di cui ha bisogno. E’
indispensabile, però, chiarire cosa s’intenda per risorsa: se ci si vuol riferire alle
fonti di vantaggio competitivo, il termine risorsa non può essere inteso alla stregua
di un mero input “grezzo” acquisibile sul mercato.
In secondo luogo, l’impresa è dipendente dall’ambiente non solo per quanto
riguarda l’acquisizione degli input, ma anche relativamente ai prodotti finiti, dal
momento che è il mercato a determinare l’acquisizione di vantaggi competitivi
sostenibili.
Inoltre, i cambiamenti nell’ambiente possono modificare nel tempo
l’importanza e il valore della dotazione di risorse dell’impresa (Mahoney J.T.,
Pandian J.R., 1992), rendendo necessari processi di aggiustamento/rinnovamento
degli assets d’impresa. Va altresì rilevato come proprio gli assets fortemente
specifici, di fatto, possano costituire il maggiore ostacolo al cambiamento
nell’impresa, qualora si modifichino le condizioni competitive (Oliver C., 1997).
Gli sviluppi recenti della teoria hanno affrontato le problematiche relative allo
sviluppo/costruzione delle competenze e sviluppato una visione dinamica della
concorrenza, che, in contesti di forte competizione, porta alla continua
50
In tal senso, Grant (1991, p. 116) afferma: “an externally focused orientation does not
provide a secure foundation for formulating long-term strategy. When the external
environment is in a state of flux, the firm’s own resources and capabilities may be a
much more stable basis on which to define its identity”.
DANIELE CERRATO
35
distruzione/ricostruzione delle competenze stesse (Golfetto F., 2000). In particolare
la Dynamic Capabilities Perspective, riconducibile agli studi di Teece e Pisano
(1994), Teece, Pisano e Shuen (1997), enfatizza la capacità dell’impresa di costruire
continuamente nuove forme di vantaggio competitivo51, in virtù della sua abilità nel
rinnovare, integrare, riconfigurare le competenze aziendali, in modo coerente con i
cambiamenti che avvengono nell’ambiente52. In tale ottica, si attribuisce notevole
importanza non solo alle capacità, genericamente intese come “saper fare”
dell’organizzazione, ma anche alle capacità di analisi ed interpretazione del contesto
ambientale, atte a favorire lo sfruttamento delle potenzialità esterne all’impresa53.
Viene così enfatizzato il ruolo chiave del management quale attore del processo
di adattamento, rinnovamento, delle capacità e competenze dell’impresa. In realtà, la
prospettiva resource-based “di per sé” impone un ripensamento del ruolo
manageriale, come alcuni studiosi hanno evidenziato (Vicari S., 1995). Se, da un
lato, con la resource-based view, si riconosce il ruolo cruciale delle risorse ai fini
della sopravvivenza e del successo dell’impresa, dall’altro, ci si aspetta che esse
siano al centro dei processi decisionali manageriali. Ciò impone, pertanto, un
rinnovamento delle logiche, dei principi e delle tecniche di gestione, che, tenendo
conto di tale centralità, si orientino per l’appunto verso modelli di “resource-based
management”54.
51
52
53
54
L’aggettivo “dynamic” intende proprio riferirsi alla capacità di rinnovare le competenze
aziendali coerentemente con le direzioni lungo le quali hanno luogo i cambiamenti
ambientali.
“Le capacità dinamiche vengono definite come l’abilità nel riconfigurare, riorientare,
trasformare e integrare le competenze chiave esistenti nell’impresa con le risorse e i beni
complementari esterni all’organizzazione per fronteggiare la sfida di una competizione e
imitazione di tipo schumpeteriano. Tali competenze riflettono quindi l’abilità di
un’impresa nel raggiungere forme di vantaggio competitivo innovative, nonostante gli
aspetti di path dependencies e core rigidities nei processi tecnologici e organizzativi
dell’impresa… Il possesso di competenze dinamiche porta ad alcuni attributi
fondamentali della manovra strategica, quali: rapidità di manovra; ridotti times-tomarket; capacità di generare continuamente innovazione” (Lipparini A., 1998, p. 11).
“Non si sottovaluta il ruolo delle risorse e capacità interne all’impresa; tuttavia perché
tali fattori possano essere sfruttati, occorre possedere anche capacità di “confine”, vale a
dire è necessario anche saper percepire le potenzialità esterne presenti nel mercato. E’
sulla base di questa percezione che è possibile decidere come sfruttare al meglio le
risorse e le capacità interne di cui si dispone…Occorre, dunque, abbinare al “saper fare”,
legato alla realizzazione del prodotto, anche un “saper percepire” elementi esterni
all’impresa vitali per la sopravvivenza e lo sviluppo. Questa capacità di percezione
consente all’impresa di competere, anticipando le richieste del mercato prima dei
concorrenti. Solo in tal modo si rende possibile la piena valorizzazione delle capacità che
caratterizzano l’impresa e la distinguono dalle altre imprese” (Siano A., 1999, pp. 3031).
Vicari (1995) introduce la prospettiva del resource-based management, che lega il tema
delle risorse alla prospettiva dell’impresa come sistema autopoietico. In tale ottica, la
gestione d’impresa è finalizzata non solo all’utilizzo delle risorse esistenti ma anche al
continuo accrescimento e all’autoproduzione delle stesse. L’impresa, dunque, non è più
36
NATURA E DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE
L’analisi del ruolo del management, inteso come attore-chiave nel processo di
“conversione” delle risorse in vantaggio competitivo, richiede, però, un significativo
sforzo di concettualizzazione teorica e di validazione empirica, affinché possa essere
maggiormente “operazionalizzata” tale attività di conversione (Vicari S., Verona G.,
2000). E’ questo un aspetto particolarmente delicato, rispetto al quale la prospettiva
resource-based si è rivelata “debole”. Molte delle critiche mosse alla pretesa
capacità interpretativa della resource-based view rispetto alle determinanti del
vantaggio competitivo sono riconducibili al fatto di non avere approfondito, se non
debolmente, il legame tra i decisori aziendali, cui spetta il compito di
elaborare/implementare le strategie aziendali e la dotazione di risorse dell’impresa
su cui costruire il vantaggio competitivo. In altri termini, esiste “una insoddisfazione
di fondo legata alla prospettiva delle risorse, che è riconducibile alla difficoltà che
essa ha manifestato sin dalla nascita a formulare una teoria sull’utilizzo
manageriale delle risorse, ovvero sulle modalità con cui manager e imprenditori
creano e gestiscono le risorse nel corso dei processi aziendali per alimentare il
vantaggio competitivo” (Vicari S., Verona G., 2000, p. 9).
In tale ottica, un contributo, in termini di comprensione delle dinamiche di
sviluppo e modificazione delle capacità dell’impresa, può provenire dal ricorso al
pensiero sistemico, inteso come “meta-modello” in grado di fornire categorie
concettuali e chiavi interpretative dei fenomeni d’impresa. Il paradigma dell’impresa
sistema vitale (Golinelli G.M., 2000), basato sulla distinzione tra organo di governo
e struttura operativa, può costituire un framework di riferimento utile per interpretare
aspetti statici e dinamici nella gestione delle risorse aziendali. Ci si riferisce, in
particolare, a due tematiche particolarmente meritevoli d’interesse:
-
-
l’emergere di competenze distintive e quindi di vantaggi competitivi a partire
dalla dotazione strutturale di risorse e capacità e, conseguentemente, i limiti e le
potenzialità associate ad una data struttura d’impresa;
la maggiore specificazione dei compiti e dei ruoli dell’organo di governo,
soprattutto per quanto concerne la comprensione dei meccanismi di
“contestualizzazione” delle risorse acquisite dall’esterno e dei processi di
valorizzazione del complesso di risorse e capacità aziendali.
La rilettura della resource-based view, in ottica sistemica, parte dalla
distinzione tra capacità di base, incorporate nella struttura dell’impresa, e capacità
dinamiche, possedute dall’organo di governo ed intese come capacità di
combinazione e ri-combinazione delle prime (“meta-capacità”), da cui derivano le
competenze di creazione del valore55. Questo approccio d’analisi si propone di
55
considerata solo come un contenitore di risorse, bensì soprattutto come un meccanismo
di autoriproduzione delle risorse stesse.
“Il modello delle capacità dinamiche ha il pregio di distinguere i concetti di “capacità” e
“competenza”, con l’attribuzione al primo del significato di causa e al secondo di quello
di effetto: le competenze di creazione del valore sono frutto delle combinazioni e ri-
DANIELE CERRATO
37
operazionalizzare il ruolo e le funzioni dell’organo di governo e della struttura
operativa, allo scopo di ricondurre, ad un modello di sintesi unitaria, le dinamiche
legate a tre aspetti largamente riconosciuti come fondamentali ai fini della creazione
di valore, ma tradizionalmente considerati in maniera separata l’uno dagli altri
(Golinelli G.M., Gatti M., Siano A., 2002):
-
-
-
il ruolo dell’apprendimento interorganizzativo e dei contributi provenienti da
processi di cooperazione con partner esterni (aspetto “relazionale”, che si lega ai
concetti di grado di apertura del sistema-impresa e di competenze di apertura);
l’attività di progettazione (e ri-progettazione) delle capacità di base di cui
l’impresa è dotata e la natura dei processi decisionali che sono alla base di tale
attività (il riferimento è alle capacità dinamiche dell’organo di governo e
all’analisi delle condizioni in cui avviene l’assunzione delle decisioni);
il contributo delle routines organizzative e dei processi di “autoorganizzazione”, che hanno luogo nella struttura operativa nella fase di
implementazione delle scelte compiute dall’organo di governo.
Il ruolo dell’organo di governo dell’impresa e i contesti di produzione ed
impiego delle risorse aziendali costituiscono, dunque, due aspetti chiave legati alla
problematica proposta.
In ultima analisi, l’integrazione, all’interno del quadro teorico della resourcebased view, di differenti prospettive d’analisi, anche di quelle tradizionalmente
ritenute “lontane”, sembra porsi come la via più proficuamente percorribile ai fini di
ulteriori approfondimenti sui processi di generazione di vantaggi competitivi
sostenibili.
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