Una valutazione sulla normativa legata ai rapporti di formazione
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Una valutazione sulla normativa legata ai rapporti di formazione
Una valutazione sulla normativa legata ai rapporti di formazione continua L'art. 117 della Costituzione conferisce alle Regioni competenza in materia di formazione professionale al fine di permettere la realizzazione di un raccordo con le specifiche caratteristiche produttive locali. La formazione però ha un duplice valore, perché non solo è un supporto alle esigenze delle imprese, ma è anche uno strumento utile per realizzare il pieno sviluppo della personalità umana e rendere effettivo per tutti i cittadini il diritto al lavoro di cui all'art 4 della stessa Costituzione. Inoltre la nostra Carta Costituzionale contempla la formazione professionale dei lavoratori all'art. 35 comma 2 il quale assegna allo Stato il compito di "curare la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori". L'inserimento della previsione nel Titolo II dedicato ai Rapporti economici dimostra la volontà di considerare la formazione come elemento determinante per le dinamiche del mercato del lavoro. La legge n. 845/78 definita "Legge quadro in materia di formazione professionale" non solo mette fine alla scarsa considerazione nei confronti di questa materia ma delinea pure un quadro, appunto di riferimento, per l'attività legislativa e amministrativa delle Regioni a statuto ordinario. L'art. 1 di tale legge qualifica la formazione professionale come strumento della politica attiva del lavoro che si svolge nel quadro degli obiettivi della programmazione economica e serve per favorire l'occupazione, la produzione e l'evoluzione della organizzazione del lavoro in armonia con il progresso scientifico e tecnologico. Secondo l'art. 3 di tale legge le Regioni esercitano, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, la potestà legislativa in materia di orientamento e di formazione professionale in conformità ai seguenti principi: a) rispettare la coerenza tra il sistema di formazione professionale, nelle sue articolazioni ai vari livelli, e il sistema scolastico generale quale risulta dalle leggi della Repubblica; b) assicurare la coerenza delle iniziative di formazione professionale con le prospettive dell'impiego nel quadro degli obiettivi della programmazione economica nazionale, regionale e comprensoriale, in relazione a sistematiche rilevazioni dell'evoluzione dell'occupazione e delle esigenze formative da effettuarsi in collaborazione con le amministrazioni dello Stato e con il concorso delle forze sociali; c) organizzare il sistema di formazione professionale sviluppando le iniziative pubbliche e rispettando la molteplicità delle proposte formative; d) assicurare la partecipazione alla programmazione dei piani regionali e comprensoriali di intervento da parte dei rappresentanti degli enti locali, delle categorie sociali e degli altri enti interessati; e) assicurare il controllo sociale della gestione delle attività formative attraverso la partecipazione di rappresentanti degli enti locali, delle categorie sociali e degli altri enti interessati; 1 f ) definire le modalita' e i criteri di consultazione, ai fini della programmazione, con gli uffici periferici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e del Ministero della pubblica istruzione; g) garantire a tutti coloro che partecipano alla attivita' di formazione professionale l'esercizio dei diritti democratici e sindacali e la partecipazione alla promozione di iniziative di sperimentazione formativa; h) adeguare la propria normativa a quella internazionale e comunitaria ed attenersi alla normativa nazionale in materia di contenuti tecnici e di obiettivi formativi e culturali delle iniziative, in modo particolare per quanto riguarda le attivita' regolamentate per ragioni di sicurezza ed incolumita' pubblica; i) dare piena attuazione all'articolo 1 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, disponendo misure atte ad impedire qualsiasi forma di discriminazione basata sul sesso per quanto riguarda l'accesso ai diversi tipi di corso ed i contenuti dei corsi stessi; l) realizzare a favore degli allievi un sistema di servizi che garantisca il diritto alla formazione, rimuovendo gli ostacoli di ordine economico e sociale che condizionano le possibilita' di frequentare i corsi; m) promuovere, avvalendosi delle strutture territoriali competenti, idonei interventi di assistenza psicopedagogica, tecnica e sanitaria nei confronti degli allievi affetti da disturbi del comportamento o da menomazioni fisiche o sensoriali, al fine di assicurarne il completo inserimento nell'attivita' formativa e favorirne l'integrazione sociale; n) prendere gli opportuni accordi con l'autorita' scolastica competente per lo svolgimento coordinato delle attivita' di orientamento scolastico e professionale, sentite le indicazioni programmatiche dei consigli scolastici distrettuali. Le regioni disciplinano la delega agli enti locali territoriali delle funzioni amministrative nelle materie di cui alla presente legge. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano nelle materie di cui alla presente legge le competenze ad esse spettanti ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione. L'art. 4 della legge quadro definisce i campi di intervento, per cui le Regioni devono intervenire con proprie leggi rispetto a: a. la programmazione, l'attuazione e il finanziamento delle attività di formazione professionale; b. le modalità per il conseguimento degli obiettivi formativi relativi alle qualifiche, attenendosi ai 2 principi informatori della contrattazione collettiva e della normativa del collocamento; c. le attività di formazione professionale concernenti settori caratterizzati da specifici bisogni formativi derivati dalla stagionalità del ciclo produttivo o della natura familiare, associativa o cooperativistica della gestione dell'impresa; d. la qualificazione professionale degli invalidi e dei disabili, nonché gli interventi necessari ad assicurare loro il diritto alla formazione professionale; e. le attività di formazione professionale presso gli istituti di prevenzione e di pena; f. il riordinamento e la ristrutturazione delle istituzioni pubbliche operanti a livello regionale nonché il loro eventuale scioglimento o riaccorpamento; g. l'esercizio delle funzioni già svolte dai consorzi per l'istruzione tecnica, soppressi dall'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, riconducendola nell'ambito della programmazione regionale; h. la formazione e l'aggiornamento del personale impiegato nelle attività di formazione professionale nella regione, rispettando la presenza delle diverse proposte formative, purché previste dalla programmazione regionale, attraverso iniziative dirette o convenzioni con le università o altre istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche o private e gli enti di formazione di cui all'articolo 5. Le Regioni dunque devono predisporre, in conformità delle previsioni dei dei programmi regionali di sviluppo, programmi pluriennali e piani annuali di attuazione per le attività di formazione professionale. L'attuazione di tali programmi o avviene direttamente nelle strutture pubbliche o avviene mediante convenzione in strutture di particolari enti. ( art. 5 ) L'art. 8 definisce le Tipologie di attività; le Regioni, secondo il dettato della norma, attuano iniziative formative dirette: a. alla qualificazione e specializzazione di coloro che abbiano assolto l'obbligo scolastico e non abbiano mai svolto attività di lavoro; b. all'acquisizione di specifiche competenze professionali per coloro che siano in possesso del diploma di scuola secondaria superiore; c. alla qualificazione di coloro che abbiano una preparazione culturale superiore a quella corrispondente alla scuola dell'obbligo; d. alla qualificazione di lavoratori coinvolti processi di riconversione; e. alla qualificazione o specializzazione di lavoratori che abbiano avuto o abbiano esperienze di lavoro; 3 f. all'aggiornamento, alla qualificazione e al perfezionamento dei lavoratori; g. alla rieducazione professionale di lavoratori divenuti invalidi a causa di infortunio o malattia; h. alla formazione di soggetti portatori di menomazioni fisiche o sensoriali che non risultino atti a frequentare i corsi normali. Tali attività di formazione professionale si articolano in uno o più cicli, per un massimo di 4, ciascuno di durata non superiore alle 600 ore. Ogni ciclo è rivolto a gruppi di utenti costituiti sulla base dell'indirizzo professionale e del livello di conoscenze teorico-pratiche. La percorrenza dei 4 cicli deve essere intercalata da esperienze di lavoro, fatta eccezione per allievi portatori di menomazioni fisiche, psichiche o sensoriali. In diversi punti del testo poi emerge la volontà di creare un raccordo con il sistema scolastico, facilitando la cooperazione tra le iniziative di formazione professionale e le istituzioni di istruzione secondaria e superiore, e con il sistema delle imprese mediante la stipula di convenzioni che permettono di effettuare presso di esse periodi di tirocinio pratico e di esperienza in particolari impianti o macchinari, in specifici processi di produzione o infine per realizzare sistemi di alternanza tra studio ed esperienza di lavoro. L'art. 22 della legge quadro poi dispone il meccanismo di finanziamento delle attività formative promosse dalle Regioni nell'ambito di un fondo comune, di cui all'art. 8 della l. n. 281/1970, al quale sono conferiti tutti gli stanziamenti di spesa iscritti nel bilancio dello Stato attinenti ad attività di formazione professionale trasferite o da trasferire alle Regioni. Infine per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti realizzati viene istituito un Fondo di rotazione ( art. 25 ) , fonte di co-finanziamento dei progetti formativi. Interviene a disciplinare la materia anche la l. n. 236/93 introducendo numerosi elementi di novità rispetto alla normativa precedente in conformità della necessità e urgenza di emanazione di disposizioni a sostegno della occupazione. Secondo l'art. 9 co.3 di tale legge il Ministero del lavoro e le Regioni, ma anche le Province autonome, possono contribuire al finanziamento di alcune tipologie di intervento normativo: 1: interventi di formazione continua, di aggiornamento o riqualificazione, per operatori della formazione professionale, quale che sia il loro inquadramento professionale, dipendenti degli enti di cui all'art. 1, comma 2, della legge 14 febbraio 1987, n. 40; 2: interventi di formazione continua a lavoratori occupati in aziende beneficiarie dell'intervento straordinario di integrazione salariale; 4 3: interventi di riqualificazione o aggiornamento professionali per dipendenti da aziende che contribuiscano in misura non inferiore al 20 per cento del costo delle attività; 4: interventi di formazione professionale destinati ai lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, formulate congiuntamente da imprese e gruppi di imprese e dalle organizzazioni sindacali, anche a livello aziendale, dei lavoratori, ovvero dalle corrispondenti associazioni o dagli organismi paritetici che abbiano per oggetto la formazione professionale. E' interessante il riferimento agli interventi di formazione continua, attività dunque che consentono e promuovono un adeguamento o miglioramento delle competenze professionali dei lavoratori. La formazione quindi non termina più con il diploma o con la laurea, ma è concepita come perenne e continua, destinata a tenere costantemente in conto le trasformazioni dei modelli organizzativi e delle tecnologie. E' fondamentale allora citare la Circolare ministeriale n. 174/96, intitolata appunto "Disposizioni per la gestione dei fondi relativi all'art.9 co.3 della l. n. 236/93 per interventi di formazione continua", la quale suggerisce una definizione della espressione formazione professionale continua come equivalente di tutte le attività formative rivolte ai soggetti adulti, occupati o disoccupati, con particolare riferimento alle attività a cui il lavoratore partecipa per autonoma scelta, al fine di adeguare o elevare il proprio livello professionale, ed agli interventi formativi promossi dalle aziende in stretta connessione con l'innovazione tecnologica ed organizzativa del processo produttivo. La circolare poi individua tre tipi di azioni formative sperimentali di interesse nazionale: 1- AZIONI DI SISTEMA: ossia interventi con impatto significativo sui profili della organizzazione, delle modalità di svolgimento e dei contenuti della formazione continua; 2- AZIONI DI RIQUALIFICAZIONE & RICONVERSIONE DEGLI OPERATORI DEGLI ENTI DI FORMAZIONE: ossia interventi finalizzati ad adeguare la professionalità degli operatori e la qualità della offerta formativa degli enti attuatori; 3- AZIONI FORMATIVE AZIENDALI: ossia interventi finalizzati a rafforzare la competitività delle aziende e l'occupabilità del lavoratore. Dunque la formazione continua oggi, soprattutto a fronte dei mutamenti tecnologici e produttivi, è considerata uno strumento fondamentale per l'apprendimento per tutto l'arco della vita e si attua attraverso elementi diversi come le nuove forme di raccordo tra formazione e lavoro, tra formazione scolastica e lavoro e infine l'introduzione dei congedi formativi e di orientamento. Fondamentale allora a seguito di tali indicazioni l'intervento della l. n. 196/97 intitolata "Norme in materia di promozione della occupazione" che rappresenta un provvedimento legislativo di ampia portata del quale a noi interessano in particolare gli artt. 5 e 17. Secondo l'art. 5 infatti per il finanziamento di iniziative di formazione professionale dei prestatori di 5 lavoro temporaneo attuate nel quadro di politiche stabilite nel contratto collettivo applicato alle imprese queste stesse sono tenute a versare un contributo pari al 5% della retribuzione corrisposta ai lavoratori assunti con contratto di lavoro per prestazioni di lavoro temporaneo ( descritto all'art. 3 della stessa legge ). Tali contributi sono rimessi ad un Fondo costituito appositamente presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e sono destinati al finanziamento, anche con il concorso delle regioni, di iniziative mirate al soddisfacimento elle esigenze della formazione dei lavoratori. I finanziamenti sono deliberati da una commissione nominata con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, la quale opera senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato. L'art. 17 invece è dedicato al "Riordino della formazione professionale" e prevede dei principi e criteri generali sui quali si dovrà basare la riorganizzazione della materia in particolare sulla formazione e ai quali quindi si conformeranno le norme di natura regolamentare di tale processo di riordino, per assicurare ai lavoratori adeguate opportunità di formazione e elevazione professionale anche attraverso l'integrazione del sistema di formazione professionale con il sistema scolastico e con il mondo del lavoro e un più razionale utilizzo delle risorse vigenti destinate proprio alla formazione professionale. Tali principi sono i seguenti: a) valorizzazione della formazione professionale quale strumento per migliorare la qualità dell'offerta di lavoro, elevare le capacità competitive del sistema produttivo, in particolare con riferimento alle medie e piccole imprese e alle imprese artigiane e incrementare l'occupazione, attraverso attività di formazione professionale caratterizzate da moduli flessibili, adeguati alle diverse realtà produttive locali nonchè di promozione e aggiornamento professionale degli imprenditori, dei lavoratori autonomi, dei soci di cooperative, secondo modalità adeguate alle loro rispettive specifiche esigenze; b) attuazione dei diversi interventi formativi anche attraverso il ricorso generalizzato a stages, in grado di realizzare il raccordo tra formazione e lavoro e finalizzati a valorizzare pienamente il momento dell'orientamento nonchè a favorire un primo contatto dei giovani con le imprese; c) svolgimento delle attività di formazione professionale da parte delle regioni e/o delle province anche in convenzione con istituti di istruzione secondaria e con enti privati aventi requisiti predeterminati; d) destinazione progressiva delle risorse di cui al comma 5 dell'articolo 9 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, agli interventi di formazione dei lavoratori nell'ambito di piani formativi aziendali o territoriali concordati tra le parti sociali, con specifico riferimento alla formazione di lavoratori in costanza di rapporto di lavoro, di lavoratori collocati in mobilità, di lavoratori disoccupati per i quali l'attività formativa è propedeutica all'assunzione; le risorse di cui alla presente lettera confluiranno in uno o più fondi nazionali, articolati regionalmente e territorialmente aventi configurazione giuridica di tipo privatistico e gestiti con partecipazione delle parti sociali; dovranno altresì essere definiti i meccanismi di integrazione del 6 fondo di rotazione; e) attribuzione al Ministro del lavoro e della previdenza sociale di funzioni propositive ai fini della definizione da parte del comitato di cui all'articolo 5, comma 5, dei criteri e delle modalità di certificazione delle competenze acquisite con la formazione professionale; f) adozione di misure idonee a favorire, secondo piani di intervento predisposti d'intesa con le regioni, la formazione e la mobilità interna o esterna al settore degli addetti alla formazione professionale nonchè la ristrutturazione degli enti di formazione e la trasformazione dei centri in agenzie formative al fine di migliorare l'offerta formativa e facilitare l'integrazione dei sistemi; le risorse finanziarie da destinare a tali interventi saranno individuate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale nell'ambito delle disponibilità, da preordinarsi allo scopo, esistenti nel Fondo di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236; g) semplificazione delle procedure, definite a livello nazionale anche attraverso parametri standard, con deferimento ad atti delle Amministrazioni competenti e a strumenti convenzionali oltre che delle disposizioni di natura integrativa, esecutiva e organizzatoria anche della disciplina di specifici aspetti nei casi previsti dalle disposizioni regolamentari emanate ai sensi del comma 2; h) abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti. Le circolari n. 37/94 e n. 139/98 prevedono poi delle azioni e dei progetti di formazione individuale di lavoratori occupati per le cui le azioni formative intraprese dalle aziende devono avere come obiettivi l'aumento della competitività dell'impresa e il rafforzamento professionale ed occupazionale dei lavoratori ed infine riguardare interventi relativi alle aree della qualità, della innovazione tecnologica ed organizzativa, della sicurezza e della protezione ambientale, attuati preferibilmente sulla base di accordi tra le parti sociali. Le Regioni e le Province autonome interessate allora possono, nella misura non superiore ale 25% delle risorse disponibili, promuovere percorsi individuali di orientamento-formazione, anche utilizzando le modalità relative al bilancio di competenze, attraverso progetti elaborati da singoli lavoratori dipendenti. Le attività possono svolgersi durante o fuori l'orario di lavoro, utilizzando nel primo caso anche gli istituti contrattuali specifici esistenti. In tal caso Regioni e Province autonome devono definire la data di presentazione dei progetti di formazione individuale ed elaborare procedure idonee a garantire l'accesso dei lavoratori dipendenti a tale opportunità e favorire accordi con le singole imprese, con le rappresentanze delle stesse, le rappresentanze dei lavoratori e gli organismi di formazione. 7 Nel caso di azioni di formazione individuale le Regioni e le Province autonome interessate elaborano specifiche modalità di ammissione a contributo delle proposte individuali, nonchè di erogazione dello stesso, tenendo conto di: - presenza di un progetto articolato; - congruità dei costi; -validazione del percorso e delle caratteristiche dei soggetti erogatori; -possibilità di certificare gli esiti. Infine gli artt. 4,5 e 6 della l. n. 53/2000 prevedono rispettivamente congedi per eventi e cause particolari, congedi per la formazione e congedi per la formazione continua. L'art. 4 stabilisce infatti che i lavoratori di ambo i sessi hanno diritto ad un permesso retributivo di tre giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del convivente, purchè la convivenza stabile risulti da certificazione anagrafica. In alternativa e in casi sempre di grave infermità tramite accordi lavoratore e datore di lavoro possono concordare modalità diverse di espletamento della attività lavorativa. Inoltre i dipendenti di datori di lavoro, sia pubblici che privati, per gravi e documentati motivi familiari, possono richiedere un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni. Secondo la previsione normativa durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro ma non ha diritto a retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo comunque non è computato nell'anzianità di servizio nè ai fini previdenziali e il lavoratore può procedere al riscatto, ossia al versamento dei relativi contributi, calcolati però secondo i criteri della prosecuzione volontaria. Le modalità di partecipazione agli eventuali corsi di formazione del personale che riprende l'attività lavorativa dopo una tale sospensione sono disciplinate dai contratti collettivi. L'art. 5 riguarda invece i congedi per la formazione per cui ferme restando le disposizioni in tema di diritto allo studio, i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati che abbiano almeno 5 anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione possono richiedere una sospensione del rapporto di lavoro per congedi per la formazione per un periodo non superiore ad 11 mesi, continuativo o frazionato, nell'arco della intera vita lavorativa. Il congedo per la formazione deve essere finalizzato al completamento della scuola dell'obbligo, al conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro. 8 Durante il periodo del congedo il lavoratore conserva il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione. Tale periodo non è computabile all'anzianità di servizio e non è cumulabile con le ferie, con la malattia e con altri congedi. Inoltre una grave e documentata infermità, intervenuta durante il periodo di congedo, di cui sia data comunicazione scritta al datore di lavoro, comporta l'interruzione del congedo medesimo. Il datore di lavoro può non accogliere la richiesta di congedo o differirne l'accoglimento nel caso di comprovate esigenze organizzative. I contratti collettivi prevedono le modalità di fruizione del congedo stesso, indivuando le percentuali massime di lavoratori che possono avvalersene, disciplinando le ipotesi di differimento o di diniego all'esercizio di tale facoltà e fissando i termini del preavviso, comunque non inferiore a 30 giorni. Il lavoratore infine può procedere al riscatto del periodo di congedo, ossia al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria. L'art. 6 riguarda i congedi per la formazione continua e stabilisce che i lavoratori, occupati e non, hanno diritto di proseguire i percorsi di formazione per tutto l'arco della vita, per accrescere le loro conoscenze e competenze personali. A questo proposito Stato, Regioni ed enti locali devono assicurare una offerta formativa articolata sul territorio e, se necessario integrata, secondo le disposizioni di cui all'art. 17 della l. n. 196/97. Tale offerta formativa deve consentire percorsi personalizzati, certificati e riconosciuti come crediti formativi in ambito nazionale ed europeo. La formazione può corrispondere ad una autonoma scelta del lavoratore o essere predisposta dalla azienda attraverso piani formativi aziendali o territoriali concordati tra le parti sociali. La contrattazione collettiva, nazionale e decentrata, definisce poi il monte ore da destinare ai congedi, i criteri per la individuazione dei lavoratori e le modalità di orario e retribuzione connesse alla partecipazione ai percorsi di formazione. Gli interventi formativi che rientrano nei piani aziendali o territoriali possono essere finanziati attraverso il fondo interprofessionale per la formazione continua ( vedi di nuovo art. 17 l. 196/97 ). Infine le regioni possono finanziare progetti di formazione dei lavoratori che, sulla base di accordi contrattuali, prevedano quote di riduzione dell'orario di lavoro o progetti di formazione presentati direttamente dai lavoratori. 9 FORMAZIONE PROFESSIONALE E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA Se guardiamo all'esperienza degli anni '70-'80 notiamo che una notevole diffidenza connota l'iniziativa sindacale riguardo al tema della "professionalizzazione del lavoratore dipendente", nell'idea generale per cui i percorsi formativi del lavoratore, come tentativi di emancipazione individuale, ostacolino invece l'emancipazione collettiva. Infatti lo Statuto dei lavoratori del 1970 non contempla il diritto del lavoratore alla formazione professionale ma solo il diritto allo studio. La prima breccia rispetto a questo atteggiamento è aperta dalla introduzione, per via negoziale, a metà degli anni '70, del congedo delle "150" ore, previsto dapprima dal CCN dei meccanici e poi a seguire di altre categorie, finalizzate principalmente alla acquisizione del titolo di scuola dell'obbligo, con esclusione della formazione professionale. Lo strumento ha avuto un grande successo inizialmente e poi è stato usato sempre meno dagli operatori dell'industria e sempre più dalle fasce più deboli del mercato del lavoro, da giovani, da casalinghe e lavoratori immigrati. E' solo verso la fine degli anni '80 che emergono le condizioni per lo sviluppo di una nuova cultura sindacale in tema di formazione; grazie anche alla importanza della tematica in ambito europeo, la formazione continua comincia a essere intepretata come area di interesse comune per lavoratore e impresa e strumento di prevenzione della progressiva perdita di efficienza professionale e di accompagnamento e sostegno ai processi di mobilità. La vera svolta si ha negli anni '90 con un accordo sigliato da CGIL, CISL, UIL e Confindustria, dal quale emerge chiaramente l'idea di formazione come area di interesse condiviso tra impresa e lavoratore, e con la costituzione degli Enti bilaterali con compiti di analisi dei fabbisogni professionali e formativi e di costruzione di una coltura comune. La svolta sarà rafforzata poi dalla adozione di accordi trilaterali di tipo concertativo che consolideranno il nuovo orientamento delle parti sociali e dalle politiche che vengono a svilupparsi a livello comunitario e nazionale, al fine soprattutto di incoraggiare il ricorso alla formazione continua da parte delle imprese italiane mettendo a disposizione risorse e strumenti istituzionali e politici. Analizzando la situazione moderna notiamo che se da un lato la formazione è ormai definitivamente entrata a far parte delle materie che i contratti collettivi devono contenere, dall'altro lato si registra comunque il persistere di un ruolo complessivamente debole della contrattazione su alcuni aspetti, come quelli che interessano la domanda e quindi le possibilità e le modalità di accesso alla formazione da parte dei lavoratori. Inoltre analizzando la contrattazione nazionale è evidente che nella maggior parte dei casi non sono predisposti dispositivi per l'accesso in orario di lavoro alla formazione, per il finanziamento di questa 10 e per un'assunzione di responsabilità in questo campo da parte di aziende e di lavoratori, così come poco frequenti sono i riferimenti alle categorie di lavoratori destinatarie degli interventi. I contratti che sembrano rappresentare una eccezione sono quelli dei settori chimico-farmaceutico e bancario. Il contratto chimico-farmaceutico in particolare prevede la possibilità di richiedere finanziamenti pubblici per la formazione in grado di coprire almeno il 50% dei costi e far partecipare in modo paritetico per il restante 50% le imprese e i lavoratori. Il contributo di questi è fornito "attraverso l'utilizzazione delle ore di cui al conto ore individuale" oppure in caso di insufficienza attraverso l'utilizzazione di permessi o riposi a vario titolo spettanti. Le attività formative possono essere svolte anche durante le ore lavorative, quando è compatibile con le attività lavorative e quando la partecipazione contemporanea dei lavoratori non superi il 5% dell'organico della impresa, salvo quanto in proposito convenuto in sede aziendale. Il contratto poi stabilische che la formazione sia organizzata all'interno di una strategia condivisa da azienda e lavoratori, attraverso la progettazione di appositi piani di formazione continua. Risultato di tale condivisione è la stipula di un "patto formativo" tra impresa e lavoratore che comporta l'impegno per la impresa di far partecipare il lavoratore a iniziative di formazione continua e l'impegno del lavoratore a partecipare alle iniziative. Il contratto dei bancari invece dispone per ogni singolo lavoratore 50 ore annue di formazione, suddivise in 24 ore in orario di lavoro e 26 ore ( 8 retribuite e 18 non retribuite ) da svolgere fuori orario. Analizzando poi la contrattazione regionale si nota che sebbene la situazione si presenti articolata e non uniforme, nella maggior parte delle regioni sono stati costituiti Comitati e Commissioni cui partecipano le parti sociali e i rappresentanti regionali e/o provinciali con il compito di contribuire alla pianificazione e alla attuazione degli interventi di formazione, compresa quella continua. La capacità poi di questi organismi di incidere sulle scelte relative alla ripartizione delle risorse e sulle modalità di attuazione degli interventi di formazione continua varia da regione a regione. Emerge poi che in tutte le regioni sono stati conclusi accordi di concertazione, tra parti sociali, istituzioni regionali o sub regionali, spesso riconducibili a norme legislative nazionali o regolamenti comunitari; scarsa è invece la presenza di accordi bilaterali firmati dalle sole organizzazioni sindacali e datoriali e riconducibili ad una precisa decisione delle parti piuttosto che a disposizioni di legge. Del resto è carente anche l'attività negoziale finalizzata alla stipula di accordi tra le parti sociali a livello aziendale, se è vero infatti che nel nostro paese si registra la prevalenza di piccole e medie imprese, nel campo della formazione emerge una notevole unilateralità delle scelte, in sostanza: le parti sociali ritengono che la formazione sia fondamentale per garantire la competitività dell'impresa e l'occupabilità dei lavoratori, ma questo accordo sui principi non si traduce in un negoziato sugli aspetti operativi perchè nella magior parte dei casi l'azienda mantiene il controllo esclusivo della attività di formazione. Notiamo allora che nel corso del tempo si è verificata una inversione di tendenza, se inizialmente erano 11 le parti sociali a fornire impulsi allo strumento della formazione nella contrattazione, ultimamente è piuttosto l'intervento del legislatore nazionale che introduce nuove regole per potenziare i diritti di formazione, anche individuali e che attribuisce al momento della contrattazione tra le parti sociali il compito importante di creare le condizioni che rendano applicabili tali diritti. Per quanto riguarda le Parti sociali, queste sicuramente affidano alla formazione, nell'ambito della contrattazione, delle finalità fondamentali, ad esempio: l'adattamento delle competenze dei lavoratori, la promozione della mobilità e la valorizzazione professionale, la gestione della innovazione, la promozione della cultura di impresa, il miglioramento della qualità del sistema di relazioni industriali e la formazione congiunta management-lavoratori. Possiamo cercare di approfondire le varie finalità. Ad esempio la nozione di adattamento comprende una pluralità di scopi che emergono dai diversi contratti in relazione al contesto produttivo e alle condizioni tecnologiche e organizzative in cui le imprese operano. Nel Contratto nazionale del settore elettrico infatti la formazione è strumento atto a favorire l'inserimento di lavoratrici nel contesto aziendale, quindi l'adattamento riguarda soprattutto iniziative volte a favorire l'inserimento nelle imprese di figure deboli sul mercato del lavoro. Nel Contratto del settore del credito invece la formazione ha il compito di prevenire i conflitti sindacali legati ai processi di riorganizzazione che riguardano il settore e che potrebbero appunto essere generati dalle difficoltà di ricollocazione del personale eccedente a causa proprio di questi processi di ristrutturazione. Quindi la formazione è lo strumento principale tramite cui realizzare il mantenimento della occupabilità dei lavoratori. La promozione della mobilità professionale tramite il ricorso alla formazione spesso non ha implicazioni pratiche a causa della mancanza di concrete previsioni normative che connettano la partecipazione dei lavoratori ad iniziative formative con finalità di progressione della carriera professionale. Solo i Contratti collettivi del credito e del turismo contengono previsioni in tal senso: nel settore del credito la mobilità professionale del lavoratore si fonda su procedure a loro volta basate su una valutazione del potenziale del singolo lavoratore e non sui ruoli professionali da questo svolti; nel settore del turismo invece l'accesso alla formazione per il progresso della carriera è considerato un diritto individuale. Numerosi invece sono i riferimenti, anche se generici, alla formazione come strumento di promozione di processi di innovazione che si rinvengono nei diversi Contratti collettivi. Non solo, come già detto, tali riferimenti sono generici e quindi non prevedono nessi ben definiti tra formazione e innovazione ma manca pure l'indicazione di quei processi di innovazione per i quali si può ricorrere alla formazione. Tra le finalità abbiamo indicato anche la promozione della cultura d'impresa. Ebbene solo il contratto 12 nazionale del settore chimico fa riferimento ad essa nel senso di promozione e attuazione di una strategia volta a costruire l'identità e l'appartenenza dei lavoratori che operano nel settore tramite piani di formazione nazionale progettati dalle Rappresentanze nazionali delle parti sociali. Tale impostazione va ricondotta alle caratteristiche organizzative e di relazione con il mercato che queste imprese presentano. Il riferimento al miglioramento della qualità del sistema di relazioni industriali è contenuto in due contratti collettivi nazionali: il contratto dell'industria tessile che ritiene che la formazione sia strumento utile contemporaneamente per attuare relazioni industriali di tipo partecipativo e per migliorare l'azione negoziale decentrata; il contratto del credito che qualifica la formazione come supporto dei processi negoziali. Infine di particolare rilievo sono le previsioni inserite nel contratto collettivo nazionale del settore chimico relative alla formazione congiunta mangement-lavoratori. Gli impegni contrattuali poi sono stati posti in un accordo specifico nominato "Risoluzione sugli indirizzi di formazione continua" del 1999, il quale individua temi di politica industriale sui quali le parti sociali hanno deciso di consolidare una visione comune e alcune ocmpetenze relazionali da sviluppare per permettere una migliore comunicazione tra dirigenti e lavoratori. La dimensione contrattuale della formazione si articola in un impianto normativo stratificato nel corso del tempo e non sempre pronto a recepire le innovazioni proposte. Il contratto nazionale costituisce l'indicazione delle condizioni generali di impiego e affida poi ai livelli decentrati la declinazione, nello specifico contesto produttivo locale, di queste condizioni. Rispetto alla contrattazione però la formazione non costituisce un istituto autonomo perchè coinvolge molti aspetti diversi del rapporto di lavoro e quindi è un tema presente in una pluralità di norme non sempre connesse o connettibili tra loro in modo sistematico. Per questo la regolazione della formazione avviene in correlazione con altri istituti e questo comporta sicuramente alcune difficoltà. In generale, le aree contrattuali nelle quali la formazione è regolata sono molteplici e riguardano: 1- diritto alla informazione; 2- interventi sui mercati di lavoro; 3- gestione del ciclo formativo; 4- diritto all'apprendimento; 5- produzione dei beni pubblici; 6- forme di finanziamento della formazione continua; 7- formazione alla sicurezza. La prima area, relativa al diritto di informazione, è normalmente collocata nella prima parte dei 13 contratti collettivi che regola il sistema dei rapporti tra le rappresentanze dei lavoratori e delle imprese. In particolare la regolazione della formazione in questo caso riguarda due aspetti: la definizione di tale diritto e la sua articolazione a livelli contrattuali decentrati. In particolare è rilevante il fatto che i contratti possono prevedere l'informazione da parte delle imprese ai rappresentanti dei lavoratori sia ex ante che ex post rispetto alla realizzazione delle iniziative formative. Il quadro poi è da questo punto di vista nettamente differenziato. In merito alle innovazioni intervenute nel mercato del lavoro esterno e nell'organizzazione delle imprese e della produzione, possiamo dire che questi fenomeni hanno sicuramente avuto conseguenze importanti. Se ormai è pacificamente accettata la possibilità dell'apporto, all'impresa, di lavoratori non dipendenti dall'impresa stessa andando così oltre il confine dell'impresa stessa, questa possibilità deve essere recepita e regolata sul piano normativo per garantire uniformità di trattamento normativo appunto e poi salariale. La contrattazione collettiva dunque ha dovuto cogliere la portata delle innovazioni e regolare le diverse condizioni di impiego che si trovano nelle imprese, per cui mentre l'intervento sul mercato del lavoro interno è finalizzato alla promozione dell'adattamento delle competenze dei lavoratori ai processi di cambiamento, quello sul mercato del lavoro esterno ha l'obiettivo di promuovere l'occupabilità dei lavoratori disoccupati o migliorare la competitività professionale di specifici gruppi di lavoratori. Per quanto riguarda la gestione congiunta del ciclo formativo, occorre sottolineare che in essa rientrano tutte quelle azioni che vengono concepite e attuate dalle parti a livello nazionale o delegate ai livelli decentrati, aziendali e territoriali, per le quali inoltre le Parti stesse negoziano gli aspetti costitutivi e gestiscono totalmente o parzialmente il ciclo formativo. I contratti poi affrontano una molteplicità di aspetti relativi ad esempio alle iniziative formative specifiche, alla definizione delle modalità di attuazione di piani formativi aziendali e territoriali, alle azioni di monitoraggio e valutazione delle attività formative realizzate a livello decentrato. In particolare la gestione congiunta del ciclo formativo si fonda sulla consapevolezza di interessi strategici e condivisi tra le Parti sociali e la loro previsione dipende tutta dalle relazioni industriali tra le Parti e dalla concezione che si ha della situazione di competitività dei singoli settori o delle singole imprese. I contratti che assumono il tema delle iniziative congiunte appartengono al settore della chimica, del tessile e elettrico. Il tema del diritto allo studio e all'apprendimento poi è di fondamentale importanza e ne ha assunta una 14 maggiore in concomitanza dell'emergere del fenomeno dei lavoratori studenti, tanto che nel 1969 nel contratto dei metalmeccanici furono introdotti permessi retribuiti per la partecipazione agli esami di ogni ordine e grado e nel contratto del 1972 furono introdotti i famosi permessi retribuiti di 150 ore. Il diritto all'apprendimento in realtà è stato tema di discussione in ambito europeo che ha fondato la possibilità del lavoratore di apprendere durante tutto l'arco della vita sulla necessità di prevenzione della obsolescenza delle competenze. Questa tematica si è tradotta in ambito nazionale in una normativa ad hoc e nella introduzione del congedo formativo. Con l'affermarsi di tali diritti ovviamente si è posta la necessità di procedere al riconoscimento e alla certificazione delle competenze acquisite dai lavoratori nel contesto formativo e lavorativo. La contrattazione collettiva ha in alcuni casi anticipato la produzione normativa e in altri ha costituito lo strumento di attuazione della legge. La produzione normativa nazionale si concentra su alcune finalità e regola in particolare: il diritto individuale allo studio; la possibilità di intraprendere percorsi individuali di crescita culturale; il diritto individuale alla formazione e le condizioni di partecipazione a percorsi di alternanza scuola-lavoro; le procedure per il riconoscimento e la certificazione elle competenze a seguito della partecipazione ad attività di formazione. Per concludere possiamo trattare del protocollo di intesa politica per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per la formazione professionale relativo al periodo 2011-2013. Dobbiamo osservare l'importante presa di coscienza da parte dei Rappresentati confederali di CGIL, CISL, UIL E SNALS CONFSAL, con i rispettivi sindacati di categoria della Scuola e della Formazione professionale e le Delegazioni degli di formazione professionale, del fatto che la formazione professionale in Italia è stata caratterizzata da modificazioni della ripartizione di competenze tra Stato e Regioni in tema di formazione professionale e di istruzione e formazione professionale, che questo ha determinato rapidi cambiamenti e soprattutto una differenziazione di articolazioni tra Regione e Regione nonchè a discontinuità che hanno inciso sul lavoro personale e sugli assetti organizzativi degli Enti. Pertanto si assegna allo Stato il compito di determinare le norme generali sull'istruzione e anche sul sistema di istruzione e formazione professionale per salvaguardarne l'assetto unitario e definire i livelli essenziali delle prestazioni da erogare sull'intero territorio, il compito di assicurare a Regioni e Enti locali le condizioni necessarie per l'esercizio delle competenze proprie e di quelle trasferite. Di conseguenza alle Regioni competono: l'esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia di Formazione professionale e di istruzione e formazione professionale nel limiti previsti da ordinamento e norme generali attraverso l'adozione di provvedimenti legislativi e normativi; il conseguimento di obbiettivi coerenti con i liveli essenziali delle prestazioni stabiliti dallo Stato con legge; l'assicurare i requisiti di qualità e efficienza per l'accreditamento delle Istituzioni Formative come condizione per fruire del finanziamento pubblico; il sostegno ai processi di innovazione e ristrutturazione di tutte le istituzioni formative; la programmazione e il finanziamento con risorse adeguate, stabili e 15 strutturali dei percorsi formativi necessari per rispondere ai bisogni emergenti di domanda di professionalità, richieste dal territorio e dai cittadini. Infini in maniera concorrente a Stato e Regioni compete: assicurare che la fruizione della Istruzione e Formazione professionale sia strumento per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione e del diritto-dovere all'Istruzione e alla Formazione; favorire il successo formativo dei giovani e azioni di recupero dei giovani in situazione di disagio per prevenirne e contrastarne la dispersione scolastica; considerare la formazione professionale come strumento di politiche attive anticrisi; rispettare, infine, l'autonomia organizzativa e funzionale delle istituzioni formative accreditate , nelle forme costituzionalmente garantite. Su questa base gli obbiettivi da realizzare riguardano in particolar modo l'istituzione di percorsi di apprendimento più flessibili per una maggiore apertura verso l'apprendimento non formale e informale e una trasparenza e un riconoscimento maggiore dei risultati dell'apprendimento; il rafforzamento dei sistemi nazionali di istruzione e formazione professionale; l'educazione e la formazione durante tutto l'arco della vita; l realizzazione di una maggiore competitività nel quadro della economia globale; l'autonomia e la libertà di educazione e formazione; la centralità della esperienza reale nei processi di apprendimento; la rilevanza qualitativa di istruzione e formazione professionale. Tramite la realizzazione di questi obiettivi è possibile determinare non solo una maggiore coesione sociale ma anche una crescita economica e della competitività. Infine ciò a cui, in questo caso, optano le parti è la definizione di un Contratto nazionale di comparto, come riferimento per le istituzioni e per i lavoratori impegnati nella istruzione e formazione professionale e garanzia della qualità della offerta formativa e della parità di condizioni di accesso e di gestione dei finanziamenti pubblici destinati alle varie parti del sistema complessivo, anche per ampliare il coninvolgimento e la valorizzazione del personale nella realizzazione delle attività formative come risorsa strategica dei processi di cambiamento per le esperienze sul piano appunto formativo, didattico e organizzativo. Corollario di quanto abbiamo detto allora sono due articoli del protocollo: L'art. 7 prevede una forma di apprendistato professionalizzante come un contratto, stipulato direttamente dagli Enti/Agenzie formative, di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani, riconosciuto inoltre come strumento utile per l'acquisizione delle competenze necessarie allo svolgimento della prestazione lavorativa e come percorso orientato tra sistema di istruzione e formazione e mondo del lavoro, diretto a favorire l'aumento dell'occupazione giovanile. L'art. 33 tratta invece della mobilità professionale e stabilisce che il personale dipendente degli Enti può essere soggetto a processi di mobilità professionale all'interno della fascia professionale di propria competenza, anche attraverso percorsi di formazione, aggiornamento, riconversione e riqualificazione. Tale mobilità inoltre si attua: all'interno delle Istituzioni formative dello stesso ente, mediante una trattativa aziendale; tra strutture di Enti diversi, tramite convenzioni o accordi; tra 16 Istituzioni Formative degli Enti e Istituzioni pubbliche, sempre tramite convenzioni o accordi. Formazione continua nella Regione Lazio La regione Lazio interviene a disciplinare la materia della formazione con la legge regionale n. 23/92 ritenendola "un servizio di interesse pubblico e, nell'ottica della formazione continua, che concorre a rendere possibile l'inserimento, la permanenza e il reinserimento nel lavoro, favorendo l'acquisizione di conoscenze culturali, scientifiche e tecnologiche e di abilità tecnico-operative relative all'esercizio dei vari ruoli professionali , nei settori produttivi di beni e servizi, pubblici e privati, nel lavoro subordinato, autonomo ed associato o nelle attività professionali libere." Il metodo di programmazione usato dalla regione prevede la predisposizione di piani pluriennali e annuali , volti ad attuare un organico collegamento con gli obiettivi determinati dal piano regionale di sviluppo, dal quadro di riferimento territoriale e dai programmi socio-economici provinciali. La Regione quindi deve attuare un sistema di formazione e orientamento professionale che consenta l'acquisizione di conoscenze teoretiche e pratiche necessarie per svolgere ruoli professionali di ogni livello, nei settori produttivi e nei servizi pubblici e privati. Gli interventi corsuali si distinguono in: a) attività di formazione al lavoro, destinate ai giovani usciti dalla scuola dell'obbligo, dalle classi intermedie e dalla scuola secondaria superiore; rientrano in tali attività quelle che tendono ad integrare la preparazione culturale-scientifica degli allievi della secondaria superiore con conoscenze ed esperienze di natura professionale; b) attività di formazione professionale per lavoratori adulti occupati, titolari di contratti di apprendistato, per lavoratori autonomi od associati; c) attività di formazione finalizzata all'occupazione per giovani disoccupati, disoccupati di lunga durata lavoratori in cassa integrazione e per titolari di contratti di formazione-lavori; d) attività di formazione rivolte al conseguimento di patenti di mestiere o certificati di abilitazione, nonchè per l'iscrizione ad albi professionali, richieste da specifica normativa comunitaria, nazionale o regionale; e) attività di formazione rivolte ai giovani laureati nonchè ai ruoli manageriali ed imprenditoriali; 17 f) attività di formazione dei soggetti in stato ed a rischio di emarginazione sociale. Gli interventi di formazione personalizzata si realizzano mediante: interventi di formazione a distanza; stages lavorativi presso trutture pubbliche o private, produttive di beni o servizi; borse o crediti di formazione per la partecipazione ad attività formative, anche se realizzate fuori dal territorio regionale. Gli interventi formativi poi sono rivolti a tutti i cittadini che abbiano assolto l'obbligo scolastico o che ne siano stati prosciolti, in possesso ovviamente dei requisiti previsti per ciascun tipo di iniziativa e mirano ad offrire opportunità formative ricorrenti lungo l'intero arco della vita di lavoro; soprattutto per quanto riguarda l'accesso ai diversi tipi di iniziative formative, è garantita l'uguaglianza di opportunità tra i cittadini, senza discriminazioni di sesso, di condizione sociali o di ogni altro tipo. Un importante obiettivo perseguito è quello di creare un raccordo tra il sistema formativo e il sistema scolastico e il sistema produttivo, in questo secondo caso infatti le strutture formative possono attivare accordi con le imprese per consentire agli allievi dei corsi di effettuare periodi di tirocinio pratico e di esperienza in particolari impianti e macchinari o in specifici processi di produzione, oppure per applicare un sistema di alternanza tra studio e lavoro. Al termine dei corsi vengono rilasciati attestati di idoneità e certificati di frequenza e per alcuni corsi sono previste delle prove finali di accertamento di idoneità. Inoltre i progetti formativi e gli altri interventi previsti dal piano annuale sono realizzati esclusivamente presso strutture gestite da: a) province e città metropolitana; b) enti di formazione; c) enti bilaterali costituiti sulla base di accordi nazionali tra associazioni imprenditoriali e organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative; d) organismi, pubblici e privati, aventi tra i loro fini la formazione professionale, in possesso dei requisiti di cui all'art. 5, lettera b) della legge n. 845; e) imprese o loro consorzi, nel rispetto di quanto stabilito dall'art. 5, lettera b), punti n. 2) e 7), della citata legge n. 845/78. Invece i corsi riservati ai giovani che abbiano assolto l'obbligo scolastico, finalizzati all'acquisizione di una qualificazione di base, sono realizzati esclusivamente presso i centri di formazione professionale e gestiti: a) dalle province e dalla città metropolitana; b) dagli enti di formazione, che abbiano gestito, in regime di convenzione, attività formative per giovani. 18 Infine le imprese e i loro consorzi possono realizzare, mediante convenzione: a) "stages" formativi; b) azioni formative destinate a specifiche occasioni di impiego, alla riqualificazione, al perfezionamento ed alla specializzazione del personale delle imprese medesime; c) azioni formative rivolte a titolari di contratto di formazione-lavoro ed agli apprendisti. Le strutture presso cui si attuano gli interventi formativi sono le seguenti: - centri di formazione professionale (C.F.P.), che sono strutture didattiche, monosettoriali o plurisettoriali, destinate in modo permanente ed esclusivo alle attività di formazione professionale; i centri debbono, in misura adeguata alla quantità ed alla qualità delle attività formative che in essi si svolgono, essere dotati di strutture immobiliari, di laboratori, di servizi generali ed igienico-sanitari, di attrezzature tecnico-didattiche e di personale direttivo, docente, amministrativo ed ausiliario; - strutture aziendali; - altre strutture idonee allo svolgimento di attività formative. Il titolo IV della legge tratta della Formazione professionale degli artigiani e degli apprendisti e stabilisce appunto che la Regione provveda ad attuare iniziative formative nel settore dell'artigianato, per promuovere lo sviluppo della professionalità dei lavoratori e l'inserimento dei giovani nelle attività lavorative del comparto. In particolare la attività formative comprendono: a) corsi di qualificazione di base per i giovani di età inferiore ai 25 anni; b) corsi teorici per apprendisti; c) attività di formazione imprenditoriale e di riqualificazione, aggiornamento e perfezionamento di imprenditori artigiani. Il titolo V invece riguarda le autorizzazioni allo svolgimento di corsi privati non finanziati. L'art. 39 infatti prevede che nell'ambito della libertà di insegnamento prevista dalla Costituzione e nel rispetto delle normative fissate dalla legge per la organizzazione e la gestione delle attività formative, i gestori privati, le scuole pubbliche, gli enti pubblici e le imprese possono richiedere l'autorizzazione allo svolgimento di corsi di formazione professionali conformi a quelli previsti dalla stessa legge, senza alcuna spesa da parte della Regione. I requisiti necessari per ottenere l'autorizzazione sono: a) l'idoneità delle strutture e delle attrezzature da destinare in modo esclusivo alla attività didattiche, in relazione alla tipologia delle attività formative, ed alle norme antinfortunistiche e igienico-sanitarie; b) la conformità dei corsi, per i quali si chiede l'autorizzazione, per quanto attiene il numero minimo 19 delle ore, i profili professionali, i requisiti di ammissione degli allievi, agli indirizzi di progettazione didattica; c) la conformità dei requisiti professionali del personale docente a quelli previsti per l'ammissione all'insegnamento nelle attività di formazione professionale convenzionata; d) l'applicazione al personale dei contratti collettivi di lavoro di categoria; e) la presenza di un direttore, responsabile didattico dei corsi, con adeguato titolo di studio. L'autorizzazione allo svolgimento dei corsi è rilasciata con deliberazione della Giunta regionale, su proposta delle province e della città metropolitana, previo accertamento dei requisiti di cui all' art. 39 ed è valida per tre anni dalla data di rilascio. Il rinnovo dell'autorizzazione deve essere richiesto. L'autorizzazione può essere rilasciata per una o più qualifiche professionali da specificarsi singolarmente ma non da diritto nè costituisce titolo per l'ottenimento dei contributi regionali. Inoltre l'autorizzazione viene revocata con provvedimento motivato della Giunta regionale, qualora vengano a mancare i requisiti e le condizioni previsti dalla presente legge, oppure nel caso di inattività per almeno un anno. Con la legge regionale n. 38/98 viene istituita presso la Regione la Commissione regionale di concertazione per il lavoro, denominata Commissione regionale, con il compito di proposta, valutazione e verifica delle linee programmatiche e delle politiche regionali per il lavoro, per la formazione professionale e per l'istruzione e in particolare esprime parere obbligatorio sulle proposte dei piani regionali concernenti le politiche attive per il lavoro, dei piani regionali concernenti la formazione professionale e l'istruzione, nonché sulla proposta di programma annuale di attività dell'Agenzia Lazio Lavoro La stessa legge inoltre prevede l'istituzione di un Comitato istituzionale regionale al quale è affidato il compito di realizzare l'integrazione tra le politiche attive per il lavoro, le politiche per la formazione professionale e per l'istruzione. Infine la legge predispone l'Osservatorio regionale delle politiche per il lavoro, per la formazione e per l'istruzione, ossia un servizio a supporto delle attività della Regione e degli enti locali in relazione alle funzioni di programmazione e di valutazione in materia di istruzione, formazione e politiche per il lavoro. Con il dgr 361 del 13/07/2012 la Regione Lazio recepisce l'Accordo Stato-Regioni e Province Autonome del 21 dicembre 2011 sui corsi di formazione per lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione e delibera di di approvare lo standard formativo per lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi di FXLDOFLWDWRDFFRUGRHLQILQHGLULFRQRVFHUHYDOLGLLFRUVLGLIRUPD]LRQHUHDOL]]DWLLQFRQIRUPLWjDOO¶DUW 3 del DM 16 gennaio 1997, nel periodo transitorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore del citato accordo ed erogati da soJJHWWLDXWRUL]]DWLDOODGDWDGLHQWUDWDLQYLJRUH GHOO¶DFFRUGRPHGHVLPR 20