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I politici non capiscono l`Italia che è cambiata E la Shell

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I politici non capiscono l`Italia che è cambiata E la Shell
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I COMMENTI
Giovedì 3 Marzo 2016
L’ANALISI
IMPROVE YOUR ENGLISH
I politici non capiscono
l’Italia che è cambiata
Politicians don’t understand
Italy that has changed
L’
si sia irrimediabilItalia è
c a m b i a t a DI DOMENICO CACOPARDO mente fermato è nei
comuni che stanno
nel profondo. Lo si vede ogni giorno, andando al voto. La tetragona Toin ogni strada di ogni città italiana: rino rimane ancorata a Pietro Fasuna popolazione meno omologata di sino e al suo buon senso sabaudo.
un tempo (poveri che sono più nu- Gli antagonisti di Milano, Sala e
merosi come non mai), salvo il cellu- Parisi, sono due maturi manager
lare che la stragrande maggioranza dall’ampio curriculum che li colusa in continuazione ovunque sia. loca in un’area sensibile al nuovo.
La politica non si è adeguata. Mat- Potranno entrambi far bene, affronteo Renzi sì. Lui è espressione ge- tando in modo simile gli stessi pronuina di un nuovo modo di percepire blemi, salvo i condizionamenti della
la realtà, di constatarne i problemi, sinistra pura e dura o del catatonico
Cavaliere.
di definirne le soluzioni.
A Napoli, dovrebbero confronAltrove, le cose rimangono
ancorate al passato. Il Movimen- tarsi l’indefinibile (tra caudillismo
elitario e populismo)
to 5 Stelle per primo
De Magistris, Basformula concetti e vesolino e un grillino:
dute decrepiti e deve
Compresi gli M5s
alla
fine, penso che
il successo al popued escluso
prevarrà l’usato silismo protestatario.
soltanto Renzi
curo, cioè Bassolino,
Non parliamo di quel
colui che, con mano
che rimane di Forza
Italia, del partito di Alfano, dei ferma, ha governato la città più a
vari gruppetti parlamentari e della lungo di tutti i sindaci del passato. A
minoranza del Pd: sembra che per Roma panorama disastroso: sin qui
loro l’orologio della storia sia fermo roba vecchia, compresa la candidaal 1996 e che in questi vent’anni ta grillina, reduce dalla consiliatura
non sia accaduto nulla. Per dire, c’è Marino. Giachetti (54), Bertolaso
qualcuno nella sinistra che evoca (65) e Marchini (50) non sono di
l’Ulivo come la panacea dei nostri primo pelo. Nessuno di loro è stato
mali, dimenticando che quell’allean- capace di comporre un buon mesza è stata per molti versi disastrosa, saggio di rinnovamento. Insomma,
combattuta com’era dai dissensi in- dopo queste elezioni capiremo meterni tra i partiti e i loro uomini più glio quanto la politica sia rimasta
lontana dalla vita reale.
rappresentativi.
www.cacopardo.it
Ma dove sembra che il tempo
DI
I
taly has radically changed. We ls. The unbending Turin remains
can see it every day, in every anchored to Piero Fassino and his
street of every Italian city: a good Savoy sense. Milan’s antapopulation less homogenized gonists, Sala and Parisi, are two
than in the past (the poor are more experienced managers with a vast
than ever), aside from the mobile curriculum that places them in
phone used by the vast majority all an area sensitive to novelty. They
the time everywhere. Politics hasn’t can both do well, facing the same
gone with the times. Matteo Renzi problems in a similar way, apart
has. He is the genuine expression from the influence of the unshakaof a new way of perceiving reality, ble left wing and of the catatonic
acknowledging the problems and knight.
In Naples, the confrontation
defining the solutions.
Elsewhere, things remain an- is supposed to be among the indechored to the past. The M5S above finable (between elitist caudillismo
all formulates antiquated concepts and populism) De Magistris, Basand views and owes its success to solino and a M5S member: in the
end, I think that the
the protester populireassuring old guard
sm. Not to mention
Including the M5S
will prevail, namely
what is left of Forza
Mr. Bassolino, who
Italia, Mr. Alfano’s
and excluding
governed the city
party, of the various
only Renzi
with a firm hand
parliamentary groups
longer than all the
and PD minority: it
seems that, for them, the clock of mayors of the past. In Rome the
history stopped to 1996 and that in scenario is disastrous: old stuff so
these twenty years didn’t happen far, including the M5S candidate,
anything. For example, there is so- coming from the latest council.
meone in the left wing who evokes Giachetti (54), Bertolaso (65)
L’Ulivo as the panacea for our pro- and Marchini (50) are no spring
blems, forgetting that the alliance chickens. None of them was able
was in many ways disastrous, as it to formulate a good message of rewas torn apart by the internal con- newal. In short, after these elecflicts between the parties and their tions, we will better understand
how much politics has remained
most representative exponents.
But time seems to have stop- distant from real life.
ped irremediably in the munici© Riproduzione riservata
palities that are going to the polTraduzione di Silvia De Prisco
IL PUNTO
LA NOTA POLITICA
E la Shell se ne va dall’Italia
con 2 miliardi di investimento
Matteo Salvini gioca
a carambola su Roma
GOFFREDO PISTELLI
L
a notizia è di qualche
giorno fa: la Shell,
che si candidava alle
estrazioni del nostro
petrolio in Basilicata, portando 2 miliardi di investimento,
saluta e se ne va. La multinazionale anglo-olandese ha
capito che la vicenda dell’Italian oil, del greggio nazionale,
si va mettendo male: non c’è
solo il referendum ottenuto da
molti governatori regionali a
maggioranza piddina, che si
terrà il 17 aprile, ma nel Bel
Paese sta riprendendo forza il
partitone antindustriale che
pure Matteo Renzi aveva promesso di rottamare, quando
aveva varato lo Sblocca Italia
facendo indignare i comitati di
mezza Italia e s’era impuntato
perché a San Foca, nel Salento, si consentisse l’arrivo del
gasdotto dall’Azerbaijan.
La notizia del dietrofront
della Shell è stata accolta con
giubilo dalle varie articolazioni dell’ecologismo patrio
ma soprattutto da quelle de
Pd del Sud, specialmente in
Puglia e in Lucania, che non
si sa se detestino di più il pre-
mier o temano maggiormente gli eventuali danni delle
esplorazioni a mare. Piero
Lacorazza, presidente bersaniano del consiglio lucano,
o Michele Emiliano, governatore pugliese che ormai ha
solo l’ambizione di diventare
Prima del
referendum contro
le perforazioni
l’anti Renzi prima del collega
toscano Enrico Rossi, hanno
festeggiato con tweet estasiati
la ritirata della multinazionale, continuando la loro campagna referendaria No Triv.
La vicenda del petrolio
«made in Italy» porta alla luce
l’ennesima contraddizione in
casa dem, mostrando come
in questo partito convivano
un’idea moderna di sviluppo,
che vuol conciliare crescita e
tutela ambientale, e un conservatorismo militante che
ripete il solito mantra secondo il quale l’unica ripresa per
il Sud sarebbe quella di sole,
mare, bei panorami e cibo in-
superabile, ergo il turismo.
Ma con camerieri immigrati.
Tutti fanno infatti finta di
dimenticarsene, ma il primo
e principale sostenitore della
necessità di trivellare in Italia
si chiama Romano Prodi, il
quale, in un articolo di tre anni
fa sul Messaggero, avvisò che
se non lo avessimo fatto in
fretta, i Croati dall’altra parte dell’Adriatico,ci avrebbero
depredato. Ora del Professore
si può pensare tutto, ma non
che si un bieco «industrialista», disposto a sacrificare il
nostro ambiente per due barili
di greggio in più.
La domanda centrale è
infatti se sia possibile estrarre petrolio con un impatto ambientale accettabile, e se la
crescita socio-economica che
ne deriverebbe, possa valere
i rischi. In Basilicata, dove
Matera sarà capitale della
cultura nel 2019, il Pd è convinto di no e si batte contro le
trivelle. Invece di fare come a
Stavager, al centro del distretto petrolifero norvegese, dove
con le royalties petrolifere la
città diventò capitale culturale nel 2008.
© Riproduzione riservata
DI
MARCO BERTONCINI
Matteo Salvini sa di non
poter essere lui il candidato a palazzo Chigi per
il centrodestra. Gli dispiace, però si rende conto di
non riuscire ad attrarre la
maggioranza degli elettori. Non per questo intende
apparire oggi accomodante:
tutt’altro.
Si capisce così, in parte,
l’impuntatura romana. Il
segretario leghista è passato attraverso più fasi, nella complicata designazione
del candidato capitolino
per il centrodestra. A volta
a volta è stato favorevole
a Giorgia Meloni, a Guido
Bertolaso, alle primarie, ad
Alfio Marchini. Non si può
nemmeno sostenere che
abbia, fino a pochi giorni
addietro, danneggiato la
possibile intesa; non nei
termini in cui l’aveva con
tenacia ostacolata la Meloni. Dopo di che, Salvini si è
rimangiato il via libera alla
candidatura dell’ex numero
uno della protezione civile,
ha avviato una giornata di
pseudoprimarie, ha blocca-
to l’intesa. Adesso infastidisce gli alleati, al punto
di far vacillare non solo la
designazione di Bertolaso,
ma perfino altre candidature a cascata.
In tal modo Salvini rimarca la centralità della
Lega. Che questo significhi
operare un arretramento
rispetto alle posizioni già
assunte, gli fa un baffo.
Gli importa semplicemente far pagare agli alleati
la propria presenza nella
coalizione, rimarcando il
ruolo fondamentale del
suo partito. Anche a costo
di perdere altre settimane
per trovare la quadra a
Roma? Sì. Anche a costo di
apparire un puro guastafeste, posto che un candidato leghista per Roma non
c’è mai stato fin dall’avvio
delle trattative? Sì. Anche
correndo rischi di danneggiare candidature leghiste
già acquisite per intero o
a metà? Sì. La Lega sopra
tutto e prima di tutto. Perché si sappia già a queste
amministrative e lo si ricordi alle politiche.
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