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VB Passi Lucano tecnica antifrastica
Virgilio, Eneide, II, 771-94 Mentre deliravo così e smaniavo senza tregua tra le case della città, mi apparve davanti agli occhi l'infelice simulacro e l'ombra di Creusa, immagine maggiore di lei. Raggelai, e si drizzarono i capelli e la voce s'arrestò nella gola. Allora parlò così confortando i miei affanni: Perché abbandonarsi tanto ad un folle dolore o dolce sposo? Ciò accade per volere divino; non puoi portare via con te Creusa, no, non lo permette il sovrano del superno Olimpo. Lunghi esilii per te, e da solcare la vasta distesa marina; in terra d'Esperia verrai, dove tra campi ricchi d'uomini fluisce con placida corrente l'etrusco Tevere; là ti attendono lieti eventi, e un regno e una sposa regale. Raffrena le lagrime per la diletta Creusa: non vedrò le superbe case dei Mirmidoni o dei Dolopi, non andrò a servire donne greche, io, dardana, e nuora della dea Venere la grande Madre degli dei mi trattiene in queste terre. E ora addio, serba l'amore di nostro figlio". Com'ebbe parlato così, mi lasciò in lagrime, desideroso di dirle molto, e svanì nell'aria lieve. Tre volte tentai di cingerle il collo con le braccia: tre volte inutilmente avvinta l'immagine dileguò tra le mani, pari ai venti leggeri, simile a un alato sogno. 771 775 780 785 790 794 Virgilio, Eneide, IV, vv. 381-88 – vv. 607-29. […] va'insegui l'Italia nei venti cerca il regno sull'onde. T'auguro, se i numi pietosi possono qualcosa, di scontare la pena tra gli scogli, d'invocare spesso per nome Didone. T'inseguirò lontana con neri fuochi, e quando la fredda morte avrà separato le membra dall'anima, ti sarò fantasma dovunque. Subirai il castigo, malvagio. Saprò, e la fama verrà tra i Mani profondi. Con ciò interruppe il discorso; 381 385 388 ---------------------------------------O sole, che illumini con le fiamme tutte le opere della terra 607 e tu, Giunone, autrice e complice dei miei affanni, Ecate invocata per la città nei notturni trivii ululando, e Dire vendicatrici, e dei della morente Elissa, 610 accogliete quello che dico, punite con giusta potenza i malvagi, e ascoltate le mie preghiere. Se l'infame deve raggiungere il porto e approdare alla terra e questo richiedono i fati di Giove, e il termine resta immutabile: ma travagliato dalle armi e dalla guerra d'un popolo audace, 615 bandito dalle terre, strappato all'abbraccio di Iulo, implori aiuto, e veda le immeritate morti dei suoi, e quando si sia piegato alle leggi d'una pace iniqua, non goda del regno e del dolce lume; ma cada prima dell'ora, insepolto tra la sabbia. Di questo vi prego, col sangue effondo quest'ultima voce. E voi, o Tirii, tormentate con odio la sua stirpe e tutta la razza futura, offrite un tal dono alle nostre ceneri. Non vi sia amore né patto tra i popoli. E sorgi, vendicatore, dalle mie ossa, e perseguita col ferro e col fuoco i coloni dardanii, ora, in seguito, o quando se ne presenteranno le forze. Lidi opposti ai lidi, onde ai flutti auguro, armi alle armi; combattano essi e i nipoti». 620 625 629 Virgilio, Eneide, VI, vv. 467-76 Con tali parole Enea cercava di lenire quell'anima ardente, dal tono sguardo, e piangeva. Ella, rivolta altrove, teneva gli occhi fissi al suolo, e il volto immobile all'intrapreso discorso, più che se fosse dura selce o roccia marpesia. Infine si strappò di lì, e fuggì ostile nel bosco pieno d'ombra, dove l'antico sposo Sicheo le corrisponde l'affanno e ne uguaglia l'amore. Non meno Enea, scosso dall'ingiusta sventura, la segue di lontano in lagrime e la compiange fuggente. 467 470 475 476 Virgilio, Eneide, II, vv. 547-59 A lui Pirro: Dunque riferirai questo ed andrai messaggero al genitore Pelìde; ricòrdati di narrargli le mie atrocità, e che Neottolemo traligna. Adesso muori. E dicendo così lo trascina tremante agli altari, e sdrucciolante nel molto sangue del figlio, gli afferra la chioma con la sinistra, con la destra solleva la spada corrusca e gliela immerge tutta nel fianco. Così si concluse il destino di Priamo, questa morte fatale lo rapì mentre vedeva Troia in fiamme e Pergamo crollata, egli un tempo superbo sovrano di tanti popoli e terre d'Asia. Giace grande sul lido un tronco, il capo spiccato dal busto, e un corpo senza nome. 547 550 555 559