La relazione di Rossana sulla puntata dell`1 Ottobre 2014 di Area
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La relazione di Rossana sulla puntata dell`1 Ottobre 2014 di Area
La relazione di Rossana sulla puntata dell’1 Ottobre 2014 di Area ParkO.. Una riflessione scritta da Guido in una giornata piovosa d'agosto, in seguito alla lettura di un monologo scritto da Paco Montesino, ci ha suggerito il titolo di questa puntata di ottobre: “Potrebbe essere Parkinson... Il momento della diagnosi ” Quanti di noi si son sentiti dire “Potrebbe essere Parkinson...” o qualcosa del genere che ci ha inchiodati alla sedia, facendoci sprofondare in un momento non definito di sorpresa, sconcerto, amarezza, rabbia! Sempre ad agosto è stata data un'altra notizia che ha smosso gli animi come un moto ondoso. Mi riferisco alla notizia della morte dell'attore Robin Williams; a come sia stata gestita dai giornali online generando un notevole impatto emotivo nei gruppi facebook di malati di Parkinson: “ Soffriva di una forte depressione... aveva il Parkinson ... i farmaci causa del suicidio” Già, l'attore aveva il Parkinson! Dunque uno di noi! Ma per vedere cosa abbia suscitato in noi questa notizia, occorre fare un viaggio a ritroso nel tempo della propria storia....fino al momento della diagnosi! Ospiti della puntata il neuropsicologo M. Signorini, la psicoterapeuta M. Vittoria Crolle e Francesco D'Antuono giovane malato di Parkinson che ha scritto il libro “L'inquilino dentro”. Abbiamo cercato di districare quel groviglio di emozioni molto forti che si provano nel momento in cui viene diagnosticata la malattia e che possono continuare ad “albergare” in noi, se non impariamo a gestirle. Al dottor Signorini è stato chiesto quali sono le reazioni e i meccanismi che si mettono in moto quando si riceve la diagnosi di una malattia come il Parkinson. Domanda molto delicata, come ha sottolineato, in quanto le reazioni sono molto diverse: dalla disperazione ingiustificata alla negazione della malattia. Quest'ultima reazione porta a sottovalutare il problema, impedendo di curarsi tempestivamente. All'apprendimento della notizia si può reagire con la depressione, che può mettere in atto dei sistemi di difesa di tipo nevrotico, con pensieri non attinenti alla realtà. Diversa è la depressione organica del Parkinson, dovuta alla carenza di dopamina che fa stare un po' come sottotono. Nel caso in cui la persona malata sia quella di riferimento il nucleo familiare, può accadere che la famiglia crolli. Molto dipende da come sono impostati i ruoli dei vari componenti, dalla loro rigidità o meno nell'alternanza; sicuramente un nucleo familiare più grande può essere una risorsa nelle difficoltà. È necessario le famiglie abbiano un buon supporto (psicologico, medico o altro) che le aiuti a reimpostare i ruoli ed imparare ad usare il tempo iniziale della malattia per gestirla insieme anche in previsione di un futuro in cui le cose peggioreranno. Infine sull'ultima domanda che riguarda gli amici, Signorini ha osservato che essi difficilmente si stringono intorno ai familiari del malato, perché richiede impegno ma anche per paura della malattia. Pertanto quelli che riusciranno a stargli accanto saranno ottimi amici come quelli che si troveranno all'interno delle associazioni di categoria. Infine un ultimo breve accenno a quanto diverse siano state le reazioni alla malattia nel caso di R. Williams e di Michael J. Fox, entrambi attori. Il primo ha reagito col suicidio, il secondo è diventato portabandiera del Parkinson, sfruttando la propria notorietà per fare del bene. Probabilmente le notizie date sulla morte di R. Williams erano un modo per nobilitare un atto suicidario, spostando l'attenzione su una malattia neurologica piuttosto che su un disagio psicologico di cui soffriva l'attore; ma questo è un pensiero personale come ha precisato Signorini. Dalla viva voce di Francesco D'Antuono abbiamo ascoltato la sua esperienza con una diagnosi piuttosto sofferta che risale a quando aveva 35 anni. Una diagnosi iniziale di sclerosi multipla, poi diventata di tremore essenziale, fino a quando un altro neurologo gli ha parlato di “problemi con la dopamina”. La scintigrafia ha dato conferma della malattia di Parkinson. Leggere su internet gli effetti di questa malattia non gli ha giovato, perché se li è sentiti tutti addosso, chiudendosi nel dolore fino a quando qualcosa non è scattato ed ha reagito facendo conoscere agli altri la sua condizione di salute tramite un articolo scritto sul giornale locale. La comunità ha risposto stringendosi a lui. Il libro è stato scritto a “tre mani e mezzo” con l'amico C. Piazza; con un sorriso ironico ha chiarito che siccome una mano “tremava” , valeva la metà. È il racconto della sua storia col Parkinson tramite una metafora molto efficace, che dà subito una chiara percezione di cosa esso sia. Infatti lo paragona ad un inquilino fastidioso che ha occupato i piani alti (l'attico con giardino pensile) di un palazzo di sua proprietà. L'attico rappresenta il cervello e il palazzo (il proprio corpo) comincia a tremare quando l'occupante abusivo e dispettoso, il signor P (la malattia) si fa sentire tenendo lo stereo acceso a tutto volume e per tutto il giorno. Tutti i tentativi per mandarlo via sono vani, fino a quando scopre che l'ironia aiuta a vivere meglio. Francesco ci lascia una bella frase, non sua, che dice più meno così: il Parkinson non toglie anni alla vita, ma cerca di togliere vita agli anni. Francesco ha imparato a vivere la sua vita ogni giorno con un sorriso e con ironia nonostante i dolori della malattia. L'intervento della dottoressa Crolle ha permesso di chiarire innanzitutto in cosa consiste la diagnosi. Essa non è il momento specifico in cui viene data la notizia della malattia, quanto piuttosto “la trama” sulla quale si costruisce la relazione tra medico, paziente e familiare, attraverso la conoscenza del percorso di salute del malato. Solo in questo caso la comunicazione di una diagnosi di una malattia difficile come quella del Parkinson, potrà essere assimilata, altrimenti è un trauma. C'è un corresponsabilità che incide su una valutazione, da parte del medico, che sia il più possibile rispondente alla realtà e più completa sullo stato di salute del paziente. Questo favorirà il momento della comunicazione della diagnosi che terrà conto di diversi fattori presenti nella vita del paziente (età, rapporti sociali e familiari, ecc.). Allora la frase “potrebbe essere Parkinson” sta a significare che non c'è stata una buona valutazione su come la comunicazione della malattia possa risuonare e travolgere la persona che la riceve. Quindi la diagnosi viene vissuta in base al contesto socio-culturale ed affettivo in cui la persona è inserita e alla capacità di mettersi in gioco. Questo nulla toglie che il momento della comunicazione di una malattia degenerativa sia sempre un trauma che porta angoscia, paura e tutta una serie di problematiche anche di tipo economico. Secondo la dottoressa le associazioni sono delle risorse capaci di provocare un cambiamento culturale quanto più sono visibili ed aperte nel territorio. In questi anni molto è stato fatto per far venir fuori queste realtà di malattia che venivano tenute nascoste e non erano conosciute. Prima di finire ancora un altro collegamento con Leda Cossu della FISH Veneto, che ci ha informati su alcune iniziative. Una riguarda una manifestazione indetta dall'Unione Italiana Ciechi per sensibilizzare la Regione Veneto sul superamento delle barriere architettoniche nelle stazioni ferroviarie che limitano i disabili nella possibilità di poter viaggiare. L'altra riguarda la decisione di dar vita a dei gruppi di lavoro tematici per approfondire problematiche locali e regionali, dando slancio e concretezza alla battaglia per i diritti dei disabili grazie ad un associazionismo forte e unitario che si propone di attuare al Convenzione ONU. Chi interessato può segnalare la propria disponibilità ad aderire a questi gruppi di lavoro alla FISH. Informiamo che l'associazione di Mestre invierà gratuitamente la newsletter “Nuovo Parko” a chi desidera riceverla, facendone richiesta a: info@parkinsoniani associati.it. Rossana