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Guida completa in pdf - Confindustria Vicenza

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Guida completa in pdf - Confindustria Vicenza
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tel. 0444 232500 - fax 0444 526155
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NON RESIDENTI: LA DISCIPLINA DELLE RITENUTE
Introduzione
Capitolo n. 1. Inquadramento dei redditi nella normativa nazionale
Capitolo n. 2. Il requisito territoriale (art. 23 del TUIR)
Capitolo n. 3. Caso delle ritenute da applicare ad un non residente percettore di reddito di lavoro
dipendente secondo la normativa interna
Capitolo n. 4. Caso delle ritenute da applicare ad un non residente percettore di reddito di
collaborazione coordinata e continuativa secondo la normativa interna
Capitolo n. 5. Caso delle ritenute da applicare ad un non residente percettore di reddito di lavoro
autonomo secondo la normativa interna
Capitolo n. 6. Caso delle ritenute da applicare ad un non residente percettore di canoni (royalties)
secondo la normativa interna
Capitolo n. 7. Caso delle ritenute da applicare ad un soggetto non residente percettore di
provvigioni secondo la normativa interna
Capitolo n. 8. Criteri generali di applicazione delle convenzioni internazionali contro le doppie
imposizioni
Capitolo n. 9. Applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni ad un non residente
percettore di reddito di lavoro dipendente
Sotto Capitolo n. 9.9.1. Il TFR erogato ad un non residente
Capitolo n. 10. Applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni ad un non residente
percettore di reddito di collaborazione coordinata e continuativa
Capitolo n. 11. Applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni ad un non residente
percettore di reddito di lavoro autonomo
Capitolo n. 12. Applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni ad un non residente
percettore di canoni (royalties)
Capitolo n. 13. Canoni e interessi pagati a società “consociate” di Stati UE
Introduzione
Non residenti: la disciplina delle ritenute
Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, di seguito TUIR) prevede,
in linea generale, che siano sottoposti a tassazione in Italia non solo i soggetti ivi residenti ma anche
quelli residenti all’estero per i redditi prodotti nel nostro territorio (artt. 2 e 3 del TUIR).
Questo presupposto di carattere generale trova applicazione nel complesso sistema delle ritenute
alla fonte sui redditi percepiti da soggetti esteri contenuto nel Titolo III del D.P.R. n. 600/73 ed in
particolare negli articoli da 23 a 30.
In questa sede ci proponiamo di fornire un quadro della disciplina fiscale in relazione ad alcune tra le
più comuni e ricorrenti operazioni che vedono coinvolti soggetti economici italiani nella veste di
sostituti d’imposta, nei confronti di soggetti non residenti nella veste di percettori di redditi.
In particolare, ci soffermeremo sui compensi erogati a non residenti per redditi di lavoro dipendente,
redditi di collaborazione coordinata e continuativa, redditi di lavoro autonomo, canoni (royalties) e
provvigioni.
Nella Guida non vengono esaminati i casi del pagamento a non residenti di redditi di capitale
(interessi e dividendi).
Capitolo n. 1
Inquadramento dei redditi nella normativa nazionale
L’inquadramento fiscale delle fattispecie reddituali di cui ci occuperemo va ricercato rispettivamente:
- per i redditi di lavoro dipendente nell’art. 51 comma 1 del TUIR: “Il reddito di lavoro dipendente è
costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta,
anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel
periodo d'imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno
12 del mese di gennaio del periodo d'imposta successivo a quello cui si riferiscono.;
- per i redditi di collaborazione coordinata e continuativa nell’art 50 comma 1 lettera c-bis) del TUIR: “
c-bis) le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto
forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società,
associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste,
enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione
ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di
subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo
senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le
collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente di cui
all'articolo 46 (ora 49), comma 1, concernente redditi di lavoro dipendente, o nell'oggetto dell'arte o
professione di cui all'articolo 49 (ora 53), comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo,
esercitate dal contribuente;”;
- per i redditi di lavoro autonomo nell’art. 53 comma 1 del TUIR: ”1. Sono redditi di lavoro autonomo
quelli che derivano dall’esercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende
l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da
quelle considerate nel capo VI, compreso l’esercizio in forma associata di cui alla lettera c) del terzo
comma dell’art. 5.”;
- per i canoni (royalties) nell’art. 53 comma 2 lettera b) del TUIR il quale considera redditi di lavoro
autonomo anche: “b) i redditi derivanti dalla utilizzazione economica, da parte dell’autore o inventore,
di opere dell’ingegno (2575, 2578, 2579, 2581 Codice Civile), di brevetti industriali e di processi,
formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o
scientifico, se non sono conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali;”.
Da notare come il Ministero delle finanze con la circolare n. 32 del 22 settembre 1980 abbia di fatto
escluso che tra le royalties possano rientrare i compensi derivanti da contratti di cessione del diritto
d’autore, brevetto o marchio, ecc., identificando tali compensi esclusivamente con il trasferimento del
diritto d’uso (contratto di licenza) con il quale il titolare del bene (brevetto, marchio, know-how)
trasferisce il diritto all’utilizzazione dello stesso ad un altro soggetto pur mantenendo la proprietà dello
stesso;
- per le provvigioni nell’art. 55 del TUIR: "1. Sono redditi d'impresa quelli che derivano dall'esercizio di
imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l'esercizio per professione
abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell'art.2195 c.c. e delle attività indicate alle
lettere b) e c) del comma 2 dell’art.32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in
forma d'impresa.
2. Sono inoltre considerati redditi d'impresa:
a) i redditi derivanti dall'esercizio di attività organizzate in forma d'impresa dirette alla prestazione di
servizi che non rientrano nell'art.2195 c.c.;
b) i redditi derivanti dall'attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre
acque interne;
c) i redditi dei terreni, per la parte derivante dall'esercizio delle attività agricole di cui all'articolo 32, pur
se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché
alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa.
3. Le disposizioni in materia di imposte sui redditi che fanno riferimento alle attività commerciali si
applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate nel presente articolo”.
Capitolo n. 2
Il requisito territoriale (art. 23 del TUIR)
Come già ricordato nell'introduzione, il presupposto fondamentale al fine della tassazione in Italia di
un compenso corrisposto ad un soggetto non residente è la produzione dello stesso nel nostro
Paese.
Un maggior approfondimento di questa indicazione di carattere generale lo troviamo nell’art. 23 del
TUIR il quale stabilisce quanto segue:
“1. Ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel
territorio dello Stato :
………
c) i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato compresi i redditi assimilati a quelli di
lavoro dipendente di cui alle lettere a) e b) del comma primo dell’art. 50;
d) i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato;
e) i redditi d’impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili
organizzazioni;
………
2. Indipendentemente dalle condizioni di cui alle lettere c), d), e) e f) del comma primo si considerano
prodotti nel territorio dello Stato, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello
Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti:
a) le pensioni, gli assegni ad esse assimilati e le indennità di fine rapporto di cui alle lettere a), c), d),
e) e f) del comma primo dell’art. 16 (ora 17);
b) i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere c), c-bis), f), h), h-bis), i) e l) del
comma 1 dell'articolo 47 (ora 50);
c) i compensi per l’utilizzazione di opere dell ’ingegno, di brevetti industriali e di marchi d’impresa
nonchè di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale,
commerciale o scientifico;
d) i compensi conseguiti da imprese, società o enti non residenti per prestazioni artistiche o
professionali effettuate per loro conto nel territorio dello Stato.”.
Riassumendo il contenuto dell’art. 23 del TUIR, il presupposto territoriale di imposizione diretta è
diverso per i cinque tipi di reddito che andiamo a considerare, e precisamente:
- i redditi di lavoro dipendente ex art. 51 del TUIR corrisposti ad un non residente si considerano
prodotti in Italia se il dipendente estero presta la propria attività lavorativa nel territorio dello Stato;
- i redditi di collaborazione coordinata e continuativa ex art. 50 comma 1 lettera c-bis) del TUIR
corrisposti ad un non residente si considerano sempre prodotti in Italia, a prescindere da luogo di
svolgimento della prestazione;
- i redditi di lavoro autonomo ex art . 53 comma 1 del TUIR corrisposti ad un non residente si
considerano prodotti in Italia se derivanti da attività ivi esercitate a prescindere dalla presenza o
meno di una stabile organizzazione (deve comunque essere considerata come effettuata in Italia la
prestazione di un lavoratore autonomo non residente qualora lo stesso abbia compiuto nel territorio
dello Stato solamente alcuni atti della prestazione stessa quali ad esempio il partecipare a riunioni, la
consultazione di archivi, perizie eccetera);
- le royalties pagate ad un non residente per l’utilizzazione di opere dell’ingegno, brevetti industriali,
marchi d’impresa, processi e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale,
commerciale o scientifico si considerano sempre prodotte in Italia, a prescindere dalla presenza di
una stabile organizzazione o dal luogo di sfruttamento;
- le provvigioni pagate ad un agente non residente si considerano prodotte in Italia solamente se
l'intermediazione è effettuata in Italia mediante una stabile organizzazione.
Capitolo n. 3
Caso delle ritenute da applicare ad un non residente percettore di reddito di lavoro
dipendente secondo la normativa interna
Dopo aver verificato se la prestazione effettuata dal non residente percettore di reddito di lavoro
dipendente sia stata eseguita nel territorio dello Stato e, pertanto, vada ivi assoggetta a tassazione, il
sostituto d’imposta dovrà operare le ritenute come per un normale dipendente applicando gli
scaglioni Irpef così come previsto dal disposto dell’art. 23 del D.P.R. n. 600/73.
Il sostituto d’imposta italiano che eroga tali compensi dovrà predisporre un modello CUD per
certificare le ritenute operate, in modo che qualora il percipiente debba ricomprendere tali redditi nella
dichiarazione da presentare nel suo Paese di residenza abbia la possibilità di recuperare le imposte
pagate in Italia al fine di evitare la doppia imposizione.
Capitolo n. 4
Caso delle ritenute da applicare ad un non residente percettore di reddito di
collaborazione coordinata e continuativa secondo la normativa interna
Abbiamo già appurato che il sostituto d’imposta italiano che eroga un reddito di collaborazione
coordinata e continuativa ad un non residente deve sempre effettuare la ritenuta, a prescindere dal
fatto che le prestazioni siano materialmente effettuate nel territorio nazionale o all’estero.
Per quanto concerne le modalità e l’entità della ritenuta occorre considerare che il comma 1-ter
dell’articolo 24 del D.P.R. n. 600/73 (introdotto dall’art. 34 della legge n. 342/00) prevede che sui
redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa corrisposti a non residenti
deve essere operata una ritenuta a titolo d ’imposta del 30%.
La ritenuta del 30% è a titolo d’imposta, ciò vuol dire che nulla è più dovuto da parte del soggetto
beneficiario non residente al fisco italiano, nemmeno la presentazione della dichiarazione dei redditi.
Da parte sua, l’operatore economico italiano che eroga tali compensi dovrà predisporre un modello
CUD per la ritenuta del 30% applicata, in modo che qualora il percipiente debba ricomprendere tali
redditi nella dichiarazione da presentare nel suo Paese di residenza abbia la possibilità di ottenere un
credito d’imposta di pari ammontare al fine di evitare la doppia imposizione.
Capitolo n. 5
Caso delle ritenute da applicare ad un non residente percettore di reddito di lavoro
autonomo secondo la normativa interna
Dopo aver verificato se la prestazione effettuata dal non residente percettore di reddito di lavoro
autonomo sia stata eseguita nel territorio dello Stato (anche solo in parte) e pertanto vada ivi
assoggetta a tassazione rimane da determinare la misura della ritenuta da applicare.
L’indicazione ci viene fornita dall’articolo 25 comma 2 del D.P.R. n. 600/73 che stabilisce: “Salvo
quanto disposto nell’ultimo comma del presente articolo, se i compensi e le altre somme di cui al
comma precedente sono corrisposti a soggetti non residenti, deve essere operata una ritenuta a
titolo di imposta nella misura del 30 per cento, anche per le prestazioni effettuate nell ’esercizio di
imprese. Ne sono esclusi i compensi per prestazioni di lavoro autonomo effettuate all’estero e quelli
corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.”.
Anche in questo caso, la ritenuta del 30% è a titolo d’imposta, ciò vuol dire che nulla è più dovuto da
parte del soggetto beneficiario non residente al fisco italiano, nemmeno la presentazione della
dichiarazione dei redditi.
Da parte sua l’operatore economico italiano che eroga tali compensi dovrà predisporre un modello di
certificazione per la ritenuta del 30% applicata, in modo che qualora il percipiente debba
ricomprendere tali redditi nella dichiarazione da presentare nel suo Paese di residenza abbia la
possibilità di ottenere un credito d’imposta di pari ammontare al fine di evitare la doppia imposizione.
Capitolo n. 6
Caso delle ritenute da applicare ad un non residente percettore di canoni (royalties)
secondo la normativa interna
Un caso molto frequente è quello della corresponsione di compensi a soggetti non residenti per
l’utilizzazione di opere d’ingegno, di brevetti industriali e di marchi d’impresa nonchè di processi,
formule informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico.
La norma che disciplina il trattamento fiscale delle royalties pagate a soggetti non residenti è
contenuta nel comma 4 dell’art. 25 del D.P.R. n. 600/73 che così recita: “I compensi di cui all’art.23,
comma 2, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, corrisposti a non residenti sono soggetti ad una ritenuta del
trenta per cento a titolo di imposta sulla parte imponibile del loro ammontare. E' operata, altresì, una
ritenuta del trenta per cento a titolo di imposta sull'ammontare dei compensi corrisposti a non
residenti per l'uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche che si
trovano nel territorio dello Stato. Ne sono esclusi i compensi corrisposti a stabili organizzazioni nel
territorio dello Stato di soggetti non residenti”.
La ritenuta da applicare è pari al 30% mentre la base imponibile sulla quale calcolarla può variare: il
comma 4 dell’art. 25 richiama, come presupposto di tassazione, la parte imponibile dei canoni erogati
e quindi rimanda direttamente all’articolo 54 comma 8 del TUIR che prevede, al fine della
determinazione della base imponibile, una deduzione forfetaria per spese sostenute del 25% ovvero
del 40% se i compensi sono percepiti da soggetti di età inferiore a 35 anni (questa seconda
percentuale di riduzione dell’imponibile si può applicare a decorrere dal 1° gennaio 2007; è stata
introdotta dalla legge n.296/2006, art.1, comma 318).
Tale riduzione vale per le royalties percepite direttamente dall’autore o da chi ne ha acquistato il
diritto di sfruttamento a titolo oneroso.
In caso di acquisto del diritto a titolo gratuito (successione o donazione) la ritenuta del 30% va
applicata sull’intero ammontare corrisposto 100% e non 75% (art. 71 comma 1 del TUIR).
Anche in questo caso, la ritenuta del 30% è a titolo d’imposta, ciò vuol dire che nulla è più dovuto da
parte del soggetto beneficiario non residente al fisco italiano, nemmeno la presentazione della
dichiarazione dei redditi.
Da parte sua l’operatore economico italiano che eroga tali compensi dovrà predisporre un modello di
certificazione per la ritenuta applicata, in modo che qualora il percipiente debba ricomprendere tali
redditi nella dichiarazione da presentare nel suo Paese di residenza abbia la possibilità di ottenere un
credito d’imposta di pari ammontare al fine di evitare la doppia imposizione.
Capitolo n. 7
Caso delle ritenute da applicare ad un soggetto non residente percettore di provvigioni
secondo la normativa interna
Approfondiamo, infine, il caso in cui un’impresa italiana si trovi ad erogare ad una persona fisica non
residente provvigioni in corrispondenza di rapporti di commissione, agenzia, mediazione,
rappresentanza di commercio e procacciamento di affari svolte dallo stesso sia in Italia che all’estero,
senza però avere una stabile organizzazione nel territorio dello Stato italiano.
Sull’argomento il Ministero delle Finanze ha emanato la circolare del 10 agosto 1983 n. 24/8/845
nella quale viene precisata, in via definitiva, l’indicazione contenuta nella lettera e) del comma 1
dell’art. 23 del TUIR, e cioè che non sono mai assoggettabili a ritenuta le provvigioni erogate a
soggetti non residenti che non abbiano nel territorio dello Stato una stabile organizzazione .
In tal caso non si pone un problema di doppia imposizione.
Capitolo n. 8
Criteri generali di applicazione delle convenzioni internazionali contro le doppie
imposizioni
Il problema della doppia imposizione, che naturalmente si pone solamente nel caso in cui il sostituto
d’imposta italiano sia costretto dalla legislazione interna a effettuare la ritenuta sul compenso
corrisposto al percettore non residente, può essere superato dall’esistenza di appositi trattati
internazionali che l’Italia ha stipulato con la gran parte degli altri Paesi al fine proprio di evitare che
uno stesso reddito venga prima assoggettato a tassazione in Italia e successivamente nel Paese di
residenza del percettore.
Tali convenzioni internazionali prevalgono come forza giuridica sulle leggi interne dei Paesi
contraenti, così come sancito dall’art. 75 del D.P.R. n. 600/73 in modo che sostanzialmente le norme
in esse contenute sono esecutive anche in deroga alle disposizioni nazionali in materia di
imposizione interna.
Peraltro, l’applicazione delle convenzioni è facoltativa, nel senso che il sostituto d'imposta italiano
non mai è obbligato ad applicare la più favorevole disciplina convenzionale in sostituzione della
normativa nazionale.
Il soggetto italiano erogante potrà pertanto verificare all’interno della specifica convenzione
internazionale con il Paese di residenza del percettore, la disciplina prevista per la fattispecie
reddituale da erogare.
Il Ministero delle finanze italiano si è pronunciato più volte in favore dell’applicazione delle
convenzioni internazionali sottolineando comunque che la responsabilità circa l’effettivo possesso
dei requisiti oggettivi da parte del percipiente (residenza nello Stato estero e altri a seconda della
categoria reddituale) ricade completamente sul soggetto erogante .
Pertanto i sostituti d’imposta italiani che intendano applicare il regime di maggior favore previsto dalle
convenzioni contro le doppie imposizioni dovranno preoccuparsi di farsi rilasciare dal percipiente
idonea documentazione rilasciata dalle autorità fiscali dei Paesi di residenza, attestante, per quanto
a conoscenza delle autorità stesse, le condizioni di intassabilità (cfr. risoluzione del Ministero delle
finanze n. III-5-225 dell’11 agosto 1994).
Tale documentazione potrà validamente essere costituita da:
- un certificato di residenza nello Stato estero (non necessario se tale condizione è specificata nel
punto seguente);
- un’attestazione dell’autorità fiscale del Paese del percettore estero da cui risulti che il soggetto è ivi
sottoposto a tassazione.
Capitolo n. 9
Applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni ad un non residente
percettore di reddito di lavoro dipendente
Il sostituto d’imposta italiano che eroga un reddito di lavoro dipendente a un non residente che ha
prestato l’attività in Italia potrà verificare all’interno della specifica convenzione internazionale le
disposizioni previste per tale categoria di reddito (art. 15 – Lavoro subordinato, del modello OCSE).
A titolo esemplificativo, si riporta il disposto dell’art. 15 della convenzione contro le doppie imposizioni
tra Italia e Germania firmata a Bonn il 18 ottobre 1989 e ratificata con la legge 24 novembre 1992, n.
459: “1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 16, 18 e 19, i salari, gli stipendi e le altre
remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un'attività
dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell'altro
Stato contraente. Se l'attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in
questo altro Stato.
2. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le remunerazioni che un residente di uno Stato
contraente riceve in corrispettivo di un'attività dipendente svolta nell'altro Stato contraente sono
imponibili soltanto nel primo Stato se:
a) il beneficiario soggiorna nell'altro Stato per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale 183
giorni nel corso dell'anno fiscale considerato, e
b) le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente dell'altro
Stato, e
c) l'onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che
il datore di lavoro ha nell'altro Stato.
3. Nonostante le precedenti disposizioni del presente articolo le remunerazioni ricevute in
corrispettivo di un'attività dipendente svolta a bordo di navi o di aeromobili utilizzati in traffico
internazionale sono imponibili nello Stato contraente in cui è situata la sede della direzione effettiva
dell'impresa.”.
Applicando i contenuti dell’art. 15 al caso del sostituto d’imposta italiano che eroga compensi di
lavoro dipendente a un soggetto tedesco che presta l’attività in Italia, si può affermare che:
- il comma 1 prevede in generale la doppia tassazione in Italia e in Germania se la prestazione è
effettuata in Italia (al pari della normativa interna);
- il comma 2 esclude l’applicazione delle imposte italiane solamente se si verificano
contemporaneamente tutte le tre condizioni di cui sopra.
Sotto Capitolo n. 9.9.1
Il TFR erogato ad un non residente
Con la risoluzione n.341/E del 1°agosto 2008, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito il regime di
tassazione in Italia cui va assoggettato il TFR erogato da una società italiana ad un dipendente
residente all’estero, per l’attività prestata parte nel nostro Paese e parte all’estero (nello specifico,
Germania).
In via preliminare, l’Agenzia delle Entrate ricorda che, nel nostro ordinamento, le indennità di fine
rapporto, erogate a soggetti non residenti, sono tassate in Italia se corrisposte da un datore di lavoro
quivi residente, a nulla rilevando il luogo ove il diritto sia maturato.
Tale regola, tuttavia, può subire eccezioni in presenza di diverse e più favorevoli disposizioni
convenzionali. Nel caso esaminato nella Risoluzione, assume rilevanza la Convenzione contro le
doppie imposizioni Italia-Germania. L’Agenzia delle Entrate ritiene che si renda applicabile alla
fattispecie in esame la disciplina dettata dall’articolo 15 della Convenzione, riguardante i redditi di
lavoro dipendente, atteso che il TFR ha sostanzialmente natura di retribuzione, seppur differita. Tale
norma dispone, al comma 1, che: “ (..) i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un
residente di uno stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili
soltanto in detto stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro stato contraente. Se l’attività
è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tale titolo sono imponibili in questo altro stato”.
Ciò posto, secondo l’Agenzia, al fine di stabilire quale sia lo Stato cui compete la tassazione del TFR,
occorre considerare distintamente il periodo in cui il lavoro è stato svolto in Italia da quello in cui è
stato svolto in Germania, atteso che il TFR matura anno per anno e che, quindi, non può essere
rilevante a tali fini solo l’anno d’erogazione dello stesso. Ne consegue che la parte di TFR maturata
nel periodo di lavoro “italiano” è soggetta a tassazione nello Stato italiano, mentre la parte del TFR
riferibile agli anni di lavoro effettuati in Germania è riservata esclusivamente alla tassazione dello
Stato estero (la Germania, nella fattispecie).
Capitolo n. 10
Applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni ad un non residente
percettore di reddito di collaborazione coordinata e continuativa
Il modello OCSE non considera espressamente i redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata
e continuativa, dettando apposite regole solo per gli amministratori: per questi ultimi il riferimento dovrà
essere l’art. 16 - Compensi e gettoni di presenza.
Per i collaboratori non amministratori si pone, invece, il problema di stabilire quale sia l’articolo della
convenzione da applicare.
La soluzione più corretta sembra essere quella di applicare l’art. 14 del modello OCSE relativo alle
professioni indipendenti: il concetto stesso di collaborazione esclude, infatti, qualsiasi elemento di
subordinazione, necessario per concretizzare la fattispecie disciplinata dall’art. 15 del modello OCSE
relativo al lavoro subordinato.
Di diverso avviso l’Agenzia delle Entrate, che con la circolare n. 9/E del 26 gennaio 2001 ha affermato
che, se la prestazione del collaboratore non rientra tra quelle indipendenti, trova applicazione l’art. 15 del
modello OCSE, estendendo così la nuova qualificazione reddituale operata a livello interno anche a
livello internazionale.
In dottrina è stata avanzata una terza soluzione: poiché i redditi di collaborazione costituiscono una
categoria autonoma che si distingue sia dai redditi di lavoro dipendente che dai redditi di lavoro
autonomo, il corretto inquadramento convenzionale di tali redditi sarebbe nell’art. 21 – Altri redditi, del
modello OCSE (in alcune convenzioni può essere l’art. 22), in quanto norma residuale dedicata ai redditi
per cui non è prevista una specifica regolamentazione.
Esaminiamo ora, a titolo esemplificativo, l’applicazione della convenzione contro le doppie imposizioni tra
Italia e Germania firmata a Bonn il 18 ottobre 1989 e ratificata con la legge 24 novembre 1992, n. 459,
per ognuna delle quattro ipotesi di cui sopra:
- amministratore tedesco (art. 16 – Compensi e gettoni di presenza ) “Le partecipazioni agli utili, i gettoni
di presenza ed altre analoghe retribuzioni che un residente di uno Stato contraente riceve in qualità di
membro del consiglio di amministrazione o del collegio sindacale di una società residente dell'altro Stato
contraente sono imponibili in detto altro Stato.”.
Il sostituto d’imposta italiano che eroga compensi ad un amministratore tedesco deve sempre operare la
ritenuta del 30%;
- collaboratore “indipendente” tedesco (art. 14 – Professioni indipendenti ): “1. I redditi che un residente di
uno Stato contraente ritrae dall'esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere
indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che detto residente non disponga
abitualmente nell'altro Stato contraente di una base fissa per l'esercizio delle sue attività. Se egli dispone
di tale base fissa, i redditi sono imponibili nell'altro Stato, ma soltanto nella misura in cui sono imputabili a
detta base fissa.2. L'espressione "libera professione" comprende in particolare le attività indipendenti di
carattere scientifico, letterario, artistico, educativo o pedagogico, nonché le attività indipendenti dei
medici, avvocati, ingegneri, architetti, dentisti e contabili.”.
Il sostituto d’imposta italiano che eroga compensi a un collaboratore “indipendente” tedesco opera la
ritenuta del 30% solo se il collaboratore dispone in Italia di una base fissa e nella misura in cui i redditi
sono imputabili alla base fissa;
- collaboratore non “indipendente” tedesco : ipotesi ministeriale (art. 15 – Lavoro subordinato ).
Valgono le precisazioni fornite per il dipendente tedesco nel capitolo 9;
- collaboratore “diverso”: ipotesi dottrinale (art. 21 – Altri redditi): “1. Gli elementi di reddito di un residente
di uno Stato contraente, di qualsiasi provenienza, che non sono trattati nei precedenti articoli della
presente Convenzione, sono imponibili soltanto in questo Stato.
2. Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano ai redditi diversi da quelli provenienti da beni immobili,
così come definiti al paragrafo 2 dell'articolo 6, nel caso in cui il beneficiario di tali redditi, residente di uno
Stato contraente, eserciti nell'altro Stato contraente sia un'attività commerciale o industriale per mezzo di
una stabile organizzazione ivi situata, sia una professione indipendente mediante una base fissa ivi
situata, e il diritto o il bene generatore dei redditi si ricolleghi effettivamente ad esse. In tal caso, gli
elementi di redditi sono imponibili in detto altro Stato contraente secondo la propria legislazione interna.”.
In questa ipotesi, il sostituto d’imposta italiano che eroga compensi a un collaboratore tedesco non opera
alcuna ritenuta.
Capitolo n. 11
Applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni ad un non residente
percettore di reddito di lavoro autonomo
In questa fattispecie il problema della doppia imposizione naturalmente si pone solamente nel caso di
prestazione effettuata almeno in parte in Italia con conseguente applicazione della ritenuta del 30% a
titolo d’imposta.
Il sostituto d’imposta italiano che eroga un reddito di lavoro autonomo a un non residente che ha
prestato l’attività in Italia potrà verificare all’interno della specifica convenzione internazionale le
disposizioni previste per tale categoria di reddito (art. 14 – Professioni indipendenti, del modello
OCSE).
Applicando, a titolo esemplificativo, la convenzione con la Germania al caso di specie si giunge alle
stesse conclusioni previste per il collaboratore .indipendente” nel capitolo precedente e cioè che la
ritenuta del 30% va operata solo se il lavoratore autonomo tedesco dispone in Italia di una base
fissa e nella misura in cui tali redditi sono imputabili a tale base fissa.
Capitolo n. 12
Applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni ad un non residente
percettore di canoni (royalties)
Anche nel caso delle royalties la normativa interna viene superata dalla normativa transnazionale
(più favorevole) prevista all’interno di eventuali accordi col Paese del percettore contro la doppia
imposizione.
Il sostituto d’imposta italiano che eroga canoni (royalties) a un non residente potrà verificare
all’interno della specifica convenzione internazionale le disposizioni previste per tale categoria di
reddito (art. 12 – Canoni, del modello OCSE).
A titolo esemplificativo, l’art. 12 della convenzione Italia – Germania così recita: “1. I canoni
provenienti da uno Stato contraente e pagati ad un residente dell'altro Stato contraente sono
imponibili in detto altro Stato.
2. Tuttavia, tali canoni sono imponibili anche nello Stato contraente dal quale essi provengono ed in
conformità alla legislazione di detto Stato, ma, se la persona che percepisce i canoni ne è l'effettivo
beneficiario, l'imposta così applicata non può eccedere il 5 per cento dell'ammontare lordo dei canoni.
Le autorità competenti degli Stati contraenti regoleranno di comune accordo le modalità di
applicazione di tale limitazione.
3. Nonostante le disposizioni del paragrafo 2, i canoni a titolo di diritto d'autore e gli altri analoghi
compensi relativi alla produzione o riproduzione di opere letterarie, drammatiche, musicali o
artistiche, ivi comprese le pellicole cinematografiche e le pellicole o registrazioni per trasmissioni
radiofoniche e televisive, provenienti da uno Stato contraente e pagati ad un residente dell'altro Stato
contraente che ne è il beneficiario effettivo sono, imponibili soltanto in detto altro Stato.
4. Ai fini del presente articolo il termine "canoni" designa i compensi di qualsiasi natura corrisposti per
l'uso o la concessione in uso di un diritto di autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, ivi
comprese le pellicole cinematografiche e le pellicole o registrazioni per trasmissioni radiofoniche o
televisive, di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni o modelli, progetti, formule o
processi segreti, nonché per l'uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o
scientifiche e per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o
scientifico.
5. Le disposizioni dei paragrafi da 1 a 3 non si applicano nel caso in cui il beneficiario effettivo dei
canoni, residente di uno Stato contraente, eserciti nell'altro Stato contraente dal quale provengono i
canoni sia un'attività industriale o commerciale per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata,
sia una professione indipendente mediante una base fissa ivi situata, ed i diritti o i beni generatori dei
canoni si ricolleghino effettivamente ad esse. In tal caso, i canoni sono imponibili in detto altro Stato
contraente secondo la propria legislazione interna.
6. I canoni si considerano provenienti da uno Stato contraente quando il debitore è lo Stato stesso,
un Land, una suddivisione politica o amministrativa, un ente locale o un residente di detto Stato.
Tuttavia, quando il debitore dei canoni, sia esso residente o no di uno Stato contraente, ha in uno
Stato contraente una stabile organizzazione o una base fissa, cui si ricolleghi l'obbligazione del
pagamento dei canoni e che ne sopporta l'onere, i canoni stessi si considerano provenienti dallo
Stato in cui è situata la stabile organizzazione, o la base fissa.
7. Se, in conseguenza di particolari relazioni esistenti tra debitore e beneficiario effettivo o tra
ciascuno di essi e terze persone, l'ammontare dei canoni, tenuto conto della prestazione per la quale
sono pagati, eccede quello che sarebbe stato convenuto tra debitore e beneficiario effettivo in
assenza di simili relazioni, le disposizioni del presente articolo si applicano soltanto a quest' ultimo
ammontare. In tal caso, la parte eccedente dei pagamenti è imponibile in conformità alla legislazione
di ciascuno Stato contraente e tenuto conto delle altre disposizioni della presente Convenzione.”.
La disposizione è particolarmente complessa ma in linea generale si può affermare che la ritenuta si
riduce al 5% dell’ammontare lordo dei canoni se il percettore tedesco è l’effettivo beneficiario degli
stessi.
In tal caso non si applica l’abbattimento forfetario del 25% della base imponibile.
Capitolo n. 13
Canoni e interessi pagati a società “consociate” di Stati UE
Esponiamo, in estrema sintesi, le disposizioni vigenti, ricordando che, delle stesse, l’Agenzia delle
entrate ha fornito un commento analitico nella Circolare n.47/E del 2 novembre 2005.
In attuazione delle direttive comunitarie, ad opera del D.Lgs. n.143 del 2005, nel Dpr n.600 del 1973,
è stato inserito l’articolo 26-quater (rubricato “Esenzione dalle imposte sugli interessi e sui canoni
corrisposti a soggetti residenti in Stati membri dell'Unione europea”). La norma esenta da ogni
imposta italiana - in presenza di determinate condizioni - i canoni (e gli interessi) pagati a società (o
stabili organizzazioni) residenti in Stati membri dell’Unione europea; possono godere dell’esenzione
oltre che gli interessi, i canoni (ivi compresi i compensi per l’uso di attrezzature, a differenza della
nozione di “canone” prevista dal modello Ocse delle Convenzioni contro le doppie imposizioni)
elencati dal comma 3 del nuovo articolo citato.
I soggetti beneficiari dei canoni (o degli interessi) hanno diritto all’esenzione se: a) la società che
effettua il pagamento detiene direttamente almeno il 25 per cento dei diritti di voto nella società che
riceve il pagamento; b) la società che riceve il pagamento detiene direttamente almeno il 25 per cento
dei diritti di voto nella società che effettua il pagamento; c) una terza società detiene direttamente
almeno il 25 per cento dei diritti di voto sia nella società che effettua il pagamento sia nella società che
lo riceve.
Le partecipazioni che attribuiscono i diritti di voto, esercitabili nell’assemblea ordinaria, devono essere
detenute ininterrottamente per almeno un anno.
Inoltre, i beneficiari devono: rivestire una delle forme societarie previste dall’allegato A del D.Lgs.
n.143/2005; risiedere ai fini fiscali in uno degli Stati membri dell’Unione europea; ed essere
assoggettate ad una delle imposte indicate nell’allegato B del decreto delegato in questione, senza
fruire di regimi di esonero.
Nel caso in cui il soggetto che effettua il pagamento degli interessi e dei canoni controlli o sia
controllato, direttamente o indirettamente, dal soggetto che é considerato beneficiario effettivo, o
entrambi siano controllati, direttamente o indirettamente, da un terzo, e l’importo di interessi e canoni
sia superiore al loro valore normale, l’esenzione si applica limitatamente al valore normale.
Ai fini dell’applicazione dell’esenzione, è necessario produrre un’attestazione, rilasciata dalle
competenti autorità fiscali dello stato estero , dalla quale risulti la residenza del beneficiario effettivo,
nonché una dichiarazione di quest’ultimo che attesti la sussistenza dei requisiti richiesti per
l’esenzione; tale documentazione va presentata ai soggetti che corrispondono gli interessi ed i canoni
entro la data del pagamento ed esplica effetti per un anno dalla data del rilascio.
A questa disciplina introdotta dal decreto legislativo n.143 del 30 maggio 2005, è stata apportata una
rilevante modifica (la modifica è dovuta al Decreto-legge 15 febbraio 2007, n.10, convertito con
modificazioni dalla legge n. 46 del 6 aprile 2007). In particolare, si è stabilito che l’esenzione da
imposizione interna (vale a dire, la non-applicazione delle ritenute d’imposta “in uscita”) sui pagamenti
di canoni (o di interessi) intercorsi fra società “consociate” di Stati membri diversi, debba trovare
applicazione in relazione ai canoni (ed agli interessi e) "pagati" a decorrere dal 1° gennaio 2004 (art.
3, comma 2 del citato decreto-legge, che modifica l’art. 3, comma 1, del D.lgs. n.143 del 2005).
Viene così superata la limitazione prevista dalla formulazione originaria della norma (l’art. 3, comma 1
del d.lgs. n. 143 del 2005), che, nel far riferimento ai soli canoni (ed interessi) "maturati" a decorrere
dal 1° gennaio 2004, escludeva dal regime fiscale in questione tutti quelli erogati dopo tale data, ma
maturati precedentemente. Si tratta, peraltro, di una modifica necessaria al fine di rendere la disciplina
italiana compatibile con le previsioni recate dalla disciplina comunitaria, recepita dal citato decreto
legislativo n.143.
Quanto agli effetti della modifica in questione, si dispone (art. 3, comma 3 del decreto-legge in
commento) che la ritenuta operata su canoni (e interessi) maturati fino al 31 dicembre 2003 e pagati a
decorrere dal 1° gennaio 2004, sia rimborsata direttamente dai sostituti d ’imposta, ai quali è
concesso di portare i prelievi effettuati, in compensazione dei propri debiti tributari, nel modello F24
(secondo la disciplina di cui all’art.17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n.241).
La norma in questione nulla prevede in merito al limite di 516.456,90 euro entro cui la compensazione
può essere ordinariamente effettuata: sul punto si avverte la necessità di un chiarimento ufficiale.
Tuttavia, si potrebbe ritenere che la compensazione possa operarsi anche per importi eccedenti il
predetto limite di 516.456,90 euro, analogamente a quanto affermato dalla circolare dell’Agenzia delle
Entrate del 2 novembre 2005, n. 47/E, in relazione ad una fattispecie analoga.
La “Manovra correttiva ” del 2011 (DL n.98/2011, convertito nella legge n.111/2011, art.23) ha
introdotto nell'art.26-quater del DPR n.600/1973, il comma 8-bis che prevede l'applicazione di una
ritenuta alla fonte del 5% sugli interessi corrisposti da società italiane a società estere "consociate",
vale a dire società di altri Stati dell'Unione europea in linea di principio destinatarie delle disposizioni
di cui alla della Direttiva 2003/49/CE.
La modifica è stata commentata dall’Agenzia delle entrate con la Circolare n.41/E del 5.8.2011, a cui
si rinvia. Riportiamo comunque una sintesi del commento ufficiale al nuovo comma 8-bis dell’art.
26-quater del DPR n.600/1973.
Il comma 8-bis introdotto nell'art. 26-quater prevede una ritenuta a titolo d'imposta del 5%, in luogo
della ritenute ordinarie previste dalla normativa nazionale, sugli interessi pagati a soggetti non
residenti in particolari casi in cui, fermi restando gli altri requisiti, il percettore non sia in grado di
dimostrare adeguatamente il proprio status di "beneficiario effettivo " secondo quanto previsto dal
comma 6 dell'art. 26- quater medesimo.
Il legislatore ha previsto che, ai fini dell'applicazione della predetta ritenuta , devono sussistere i
seguenti requisiti:
- gli interessi devono essere destinati a finanziare il pagamento di interessi e altri proventi su prestiti
obbligazionari emessi dai percettori;
- i prestiti obbligazionari devono essere negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri
dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono
inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996 (comma 8- bis , lett. a);
- i prestiti devono essere garantiti dai soggetti di cui all'art .23 del DPR n.600/1973, che
corrispondono gli interessi ovvero dalla societ à capogruppo controllante ai sensi dell'art. 2359 del
codice civile ovvero da altra società controllata dalla stessa controllante (comma 8- bis , lett. b).
In primo luogo, è pertanto necessario che "gli interessi siano destinati a finanziare il pagamento di
interessi e altri proventi su prestiti obbligazionari emessi dai percettori". Vale a dire che la
disposizione in commento trova applicazione esclusivamente nei casi in cui gli interessi corrisposti
sono utilizzati dalla societ à consociata che li riceve per pagare ulteriori interessi ed altri proventi
relativamente ad obbligazioni dalla stessa emesse.
Inoltre, è esplicitamente previsto dalla lett.a) della norma in commento che i relativi titoli obbligazionari
siano " negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti
all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro
delle finanze 4 settembre 1996 e successive modificazioni e integrazioni ". Pertanto, potranno
usufruire dell'applicazione della ritenuta nella misura del 5% gli interessi derivanti da titoli
obbligazionari negoziati in mercati regolamentati di Stati della UE , nonché in mercati regolamentati di
Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo con i quali sussistono strumenti che
consentono un adeguato scambio di informazioni, inclusi nel DM 4 settembre 1996 (cosiddetta white
list ), vale a dire la Norvegia.
Infine la lett. b) della norma dispone che i prestiti obbligazionari in relazione ai quali sono corrisposti
gli interessi devono essere "garantiti dai soggetti di cui all'art.23 che corrispondono gli interessi
ovvero dalla società capogruppo controllante ai sensi dell'art. 2359 del codice civile ovvero da altra
società controllata dalla stessa controllante". In sostanza, è necessario che i prestiti siano garantiti:
- dal soggetto che corrisponde gli interessi e che questi sia uno dei soggetti indicati dall'art. 23 del
DPR n.600/1973; o
- dalla società controllante capo del gruppo cui appartengono sia la società che paga gli interessi che
quella che li riceve. Il controllo deve ritenersi esercitato ai sensi dell'art. 2359 del Cod. Civ.; o
- da un società a sua volta controllata dalla controllante che, quindi, appartiene allo stesso gruppo
della società che paga gli interessi e di quella che li riceve.
Il comma 3 dell’art.23 del DL n.98/2011 prevede che " l'atto di garanzia è in ogni caso soggetto ad
imposta di registro con aliquota dello 0,25 per cento ".
Tale norma trova applicazione in relazione agli atti di garanzia prestata dai soggetti di cui all'art. 23 del
DPR n.600/1973 che corrispondono gli interessi ovvero dalla società capogruppo controllante, ai
sensi dell'art. 2359 del codice civile, ovvero da altra società controllata. .
In relazione a tali atti, opera una presunzione assoluta di territorialità dell'atto. Conseguentemente,
detti atti devono essere assoggettati a registrazione in termine fisso, sia se stipulati nel territorio dello
Stato sia se stipulati all'estero , con applicazione dell' imposta di registro nella misura dello 0,25 per
cento.
Sono obbligati alla registrazione le parti contraenti, se l'atto di garanzia è formato in Italia o all'estero,
per scrittura privata non autenticata. L'obbligo di registrazione grava sulle parti contraenti anche nel
caso in cui si tratti di atto pubblico formato all'estero. La registrazione deve, invece, essere effettuata
dal pubblico ufficiale che ha redatto l'atto, se la garanzia è prestata per atto pubblico, formato in Italia.
Ai sensi del comma 2 dell'art. 23 del DL n.98/2011, queste disposizioni si applicano agli interessi
corrisposti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, ossia dal 6 luglio 2011.
Il comma 4 dello stesso articolo 23 prevede, inoltre, con riferimento a prestiti in corso alla data di
entrata in vigore della normativa, la possibilità di applicare anche agli interessi pagati prima del 6
luglio 2011 le disposizioni di cui al comma 8- bis dell'art. 26-quater del DPR. n. 600/1973. A tal fine, il
sostituto d'imposta doveva provvedere a versare la ritenuta dovuta ed i relativi interessi legali entro il
30 novembre 2011. Relativamente agli interessi già corrisposti la ritenuta è applicata nella misura del
6 per cento ed è anche sostitutiva dell'imposta di registro sull'atto di garanzia del prestito
obbligazionario.
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