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recensioni - Ordine degli Avvocati di Milano
RECENSIONI e note bibliografiche UMBERTO VINCENTI - ALARICO MARIANI MARINI - FRANCESCO CAVALLA: « Ragionare in giudizio: gli argomenti dell'avvocato ». Ediz. PLUS Pisa University plus 2005. Si tratta del secondo volume della collana diretta da Alarico Mariani Marini di formazione giuridica. Con la collaborazione del prof. Vincenti e del prof. Cavalla dell'Università di Padova prosegue l'impegno del « Centro per la formazione e l'aggiornamento professionale degli avvocati » istituito presso il Consiglio Nazionale Forense. La presentazione di Guido Alpa (presidente del CNF) tratteggia il profilo di fondo dell'opera, sottolineando che il ragionamento è volto alla persuasione del giudicante, finalità soggetta alla condizione dell'impiego della coerenza (« il ragionamento è persuasivo se conduce ad una conclusione con metodo razionale »); e della pertinenza (« il ragionamento giuridico è vincolato alle norme »). Lo sviluppo del testo qui recensito si snoda attraverso una pregevole analisi lungo tre temi specifici: la struttura argomentativi del diritto occidentale (di U. Vincenti) l'argomentazione dell'avvocato (di A. Mariani Marini); la via retorica alla verità (di F. Cavalla). Il primo tema tiene ai fondamenti del nostra sapere giuridico tradizionale, le cui radici affondano nella straordinaria esperienza giuridica romana e nella grande filosofia greca. L'A. incanta il lettore lungo il filo di un'analisi che va dal diritto alla retorica (del giusto processo), al metodo del legislatore, dei giuristi e della giurisprudenza, conducendo via via fino ai criteri dell'argomentazione e all'ordine nel discorso giuridico, per concludere « verso un futuro incerto ». Il riferimento è al pensiero di un grande giurista (IRTI) che ha diagnosticato l'impotenza dello stato e della sua sovranità: « si fanno leggi per contraddire le leggi in vigore: l'eccezione e la straordinarietà sono diventate le regole, e la virtù della generalità tende alla rarefazione ». E' un mondo di uomini (è sempre IRTI che parla) che si sono dimenticati di essere cittadini e pensano, desiderano, di appartenere esclusivamente al proprio gruppo, una qualunque comunità ideologica, scientifica, finanziaria, religiosa: non si vuol più obbedire alla legge dello stato, ma si è disposti a seguire, talvolta ciecamente, la disciplina della propria cerchia. E il legislatore, si pensa, non è, o non è più in grado di mediare fra i contrapposti interessi sociali e di operare la reductio ad unitatem. Di qui l'urgenza del recupero della tradizione argomentativi, quale garanzia contro l'onnipotenza dei nuovi giudici. Sull'argomentazione dell'avvocato si incentra il contributo di Mariani Marini il quale esordisce nel capitolo dedicato a « retorica argomentazione » di tipo classico e alla nuova retorica come forma di ragionamento pratico, fondato sulla verosimiglianza e sulla probabilità. Ma l'argomentazione nel diritto è vista dall'A. anche attraverso la comparazione fra sistemi diversi (civil e legal law), ove il primo ha seguito il declino del ruolo ottocentesco della legge elaborato dal positivismo giuridico come comando definito con precisione. Un testo che il giudice deve soltanto constatare ed applicare. Al contrario, sostiene l'A., nella moderna cultura del diritto è subentrata la consapevolezza che la norma nella sua proposizione generale ed astratta richiede, per la sua applicazione l'attività non prescindibile dell'interprete che attribuiscano concretezza nelle situazioni storiche, culturali e sociali, nel corso di sviluppo nella controversia. In conseguenza del sistema complesso delle fonti promanante dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, il diritto è sempre meno caratterizzato dal formalismo e sempre più espressivo di principi e valori dai quali la regola del caso concreto va ricavata attraverso processi di interpretazione o integrazione in caso di lacune nella previsione normativa. Ma nelle società globalizzate e multietniche, la crisi della legislazione si manifesta anche nella inadeguatezza dei tradizionali schemi della politica propri dello stato nazionale. L'A. prosegue nel cammino intrigante del suo ragionamento, trattando dell'argomentazione dell'avvocato, del divario fra oralità e scrittura, nelle strategie argomentative (straordinariamente razionale il percorso logico), concludendo con l'etica dell'avvocato nel difficile compito dello sviluppo professionale. Il terzo tema (« la via retorica alla verità ») è trattato, anch'esso magistralmente da Francesco Cavalla. Il discorso (o lo scritto) giudiziale — osserva — possiede (dovrebbe possedere) un ordine proprio da intendersi quale un insieme di proposizioni secondarie dipendenti da una principale e necessaria. Ma quest'ordine, sostiene Cavalla non appartiene all'avvocato (al giurista) poiché, premessa necessaria, come tale appartiene solo al matematico (azioni o teoremi precedentemente dimostrati). Di qui il tramonto dell'utopia connessa alla capacità del c.d. « sillogismo giuridico ». Dunque: quale ordine dare al discorso giudiziale per sua natura dialogico? È difficile parlare di metodo di fronte ad una tesi avversaria talvolta imprevedibile. All'avvocato resta, dunque, la possibilità della persuasione. L'A., nel corso di una minuziosa individuazione di ognuna delle innumerevoli componenti della retorica, distinguendo fra verità e certezza, tra logica e dialettica, nel percorso di una conclusione vera e, via via, fino al sillogismo dialettico, perviene alla conclusione del suo percorso di filosofo del diritto, implacabile ed insieme affascinante, esprimendo l'auspicio che le pagine di questo suo lavoro non vengano considerate del tutto superflue se varranno a rammentare a tutti coloro che profondono energia e intelligenza negli agoni forensi, che è sempre e solo la verità, non il potere o il caso, che fonda il loro dire e, alla lunga, lo rende efficace. La bruciante chiosa finale è: « La verità non piace al potere La verità ci farà liberi ». (Giorgio Fredas). SALVATORE ALEO, Causalità, complessità e funzione penale, Milano, 2003, pp. 155. Nella società post moderna, nella quale i giudizi di valore si rivelano insopprimibili in ogni attività conoscitiva e di comunicazione intersoggettiva, e nella quale la « complessità » e « l'incertezza« connotano il metodo stesso della conoscenza, anche scientifica, appare ormai in crisi, secondo l'Autore, una concezione puramente formale del diritto, basata su una considerazione semplificata, settoriale e non contestualizzata dei problemi e delle risposte istituzionali. Anche l'attuale modello culturale seguito dalla scienza penalistica, fondato sui principi di determinatezza e tassatività degli elementi di responsabilità e sul corrispondente principio di obbligatorietà dell'azione penale sembra superato: se il modello della tassatività della norma penale risulta contraddetto dal progressivo incremento degli spazi di discrezionalità concessi al giudice. L'insufficienza del formale modello normativo (la fattispecie astratta) si evidenzia, in particolare, in relazione ai profili di offensività del fatto, anche per la non definibilità dei limiti di consistenza qualitativa dei diversi elementi di fattispecie. Il sempre più ampio inserimento nel giudizi, specie in un processo di tipo accusatorio, di criteri valutativi, implica l'adozione da parte del giudice di schemi argomentativi più ricchi e sofisticati. La complessità dei dati da considerare impone, d'altro canto — è questa la proposta di fondo di questa interessante monografia — un'analisi sistemica e funzionalistica dei fenomeni e degli strumenti con cui affrontarli. Ciò si rende evidente, ad esempio, quando si tratta di affrontare il problema della criminalità organizzata per contrastare la quale sono state adottate, soprattutto con la legislazione dell'emergenza, tecniche di difesa distoniche rispetto ai principi comunemente accolti nel diritto penale. Solamente la teoria dell'organizzazione e l'analisi funzionalistica consentono, secondo l'Autore, di pervenire ad una definizione generale del fenomeno associativo e di rendere ragione della sua punibilità, in un certo qual modo derogatoria al principio della irrilevanza penale dell'accordo criminoso e anticipatoria della usuale soglia di risposta al delitto. In effetti l'associazione criminosa può definirsi come una struttura organizzativa stabile per la realizzazione di una determinata, complessa, attività delittuosa. L'organizzazione, d'altra parte, è costituita dall'effettività delle relazioni funzionali (dipendenti da accordi formalizzati o fondate sulla reiterazione dei comportamenti) che si instaurano tra i partecipi (una effettività di relazioni funzionali che costituisce anche la ragione epistemologica per la quale il singolo contributo ad una dimensione plurisoggettiva non è autonomamente tipizzabile in un modello astratto e generale. Ma è soprattutto alla trattazione della problematica della causalità che la monografia è principalmente dedicata. Passando attraverso l'analisi (effettuata anche mediante la traduzione di prima mano di brani di opere non ancora pubblicati in lingua italiana) del pensiero degli studiosi che alla tematica hanno offerto i contributi più significativi (da Russel a Kelsen, da Hum a Stuart Mill, da von Buri a von Kries, da Hengish a Carnap), l'Autore osserva che il giudizio di causalità non può essere considerato in modo avulso dall'ambito conoscitivo del giudicante e dalle finalità perseguite col giudizio. Così quando si tratta di un problema di responsabilità penale, le teorie tradizionali della condicio sine qua non e della causalità adeguata, per le difficoltà che si presentano quando devono essere applicate alle ipotesi di causalità alternativa e nei casi in cui ricorrono situazioni che possono essere considerate normali nella vita quotidiana, non possono prescindere (così come, in generale, osservano Hart e Honorè) da valutazioni relative alla normalità o anormalità delle condizioni del verificarsi degli accadimenti, soltanto alle seconde dovendo riservarsi la qualificazione di « cause ». D'altronde la distinzione tra « normalità » e « anormalità » dipende da considerazioni inerenti al tipo di analisi ed al contesto di giudizio. In altre parole occorre, è questa la conclusione dell'Autore, ricondurre l'analisi causale a quella funzionalistica. Per essa (e il riferimento è soprattutto agli studi di Luhman, ma anche alle più recenti elaborazioni di Nicolis e Prigogine — con la loro concettualizzazione della « prevalenza dell'instabilità » e della rilevanza del « caso », specie nella situazione tipo espressa con il concetto di « biforcazione » — e dell'epidemiologo Vineis, con la sua concezione probabilistica e multifattoriale) gli elementi del processo causale, siano essi causa o effetto, non sono intesi nella loro attualità ontologica, ma sono assunti in quanto « problemi »: Non si presuppone che determinate cause esistano effettivamente e spieghino perciò il verificarsi di determinati effetti e viceversa, ma si guarda ai rapporti interni a una pluralità di cause o di effetti. Si opera dunque una rilevazione di « equivalenze funzionali » accertandosi non più l'esistenza di un nesso costante tra determinate cause e determinati effetti, ma l'« equivalenza tra più fattori causali collocati sullo stesso piano », ed esaminati con riferimento ad un effetto problematico. L'analisi funzionalista assume invero il problema che occorre risolvere come oggetto della conoscenza scientifica e studia le alternative possibili per la sua risoluzione. Anche quando si tratta di affrontare il problema della causalità, la questione è dunque quella di imparare a « governare la complessità ». Proprio questo è l'intento dell'Autore, come lo stesso spiega nella prefazione alla monografia: quello di fornire un contributo, in un momento di crisi della giustizia e di « destrutturazione del modello dello stato di diritto », ad acquisire il « metodo della complessità », suggerendo ai penalisti « alcune ragioni nobili di curiosità, in confronto ai modelli conoscitivi e argomentativi consolidati ». (Elena Pegoraro). ELENA MARIA CATALANO - L'abuso del processo - Giuffrè Editore, 2004. Chi, in tempi recenti – ma purtroppo non ancora esauriti – non ha esitato a piegare garanzie e strumenti processuali a finalità diverse da quelle lor proprie (e.g.: prescrizione di reato); chi per « vincere » non ha avvertito alcun disagio nel sollecitare il mutamento in corso di partita delle regole del gioco; chi, pur di giungere allo scopo, non ha escluso condotte in contrasto con i postulati della correttezza processuale ha poi finito con il trovarsi nella necessità di procurarsi un alibi morale; a tale effetto non ha trovato di meglio che ricorrere al solito schema del lupo e dell'agnello attribuendo cioè alla propria controparte (Pubblico Ministero) abusi ancor più gravi dei propri. Il risultato è stato uno spettacolo poco edificante che agli occhi degli attoniti spettatori è apparso tra i più avvilenti. Ma poiché non tutti i mali vengono per nuocere può confortare il bel libro che qui si segnala nel quale proprio l'abuso del processo, e principalmente del processo penale, viene analizzato avendo equanime riferimento a tutti i possibili protagonisti, parte pubblica inclusa. Apre l'opera un capitolo su « il concetto di abuso del processo » nel quale l'autore ricorda le varie opinioni, soprattutto dei cultori di diritto civile e commerciale, sul tema dell'abuso del diritto sostanziale per poi evidenziare come l'abuso di promuovere l'esercizio della giurisdizione (abuso processuale) vada configurato come categoria autonoma, appartenente alla scienza processuale. Di questo tipo di abuso vengono quindi identificati i criteri qualificanti sotto i profili soggettivo e oggettivo; le situazioni giuridiche soggettive suscettibili di abuso; il fondamento legale e costituzionale del divieto, l'accertamento delle violazioni. A questa premessa particolarmente densa e di grande interesse anche per il civilista nonché ad un capitolo sulla « fisionomia funzionale dell'abuso del processo » segue un lungo escursus dedicato alle varie possibili « fattispecie di abuso nel processo penale », fattispecie legate all'esercizio improprio dell'azione penale da parte del PM; all'esercizio abusivo dell'azione civile di danno nel processo penale; alle situazioni patologiche di dissenso tra Giudice e Pubblico Ministero; all'abuso delle parti nella proposizione di domande al Giudice (pretestuoso ricorso alla remissione e alla ricusazione); all'abuso processuale sul terreno della giustizia penale negoziata; agli abusi nelle diverse fasi del procedimento probatorio etc. Il libro chiude con un capitolo dedicato a « i rimedi applicabili alle situazioni di abuso del processo », rimedi de jure condendo e de jure condito. Il costante richiamo all'esperienza di altri paesi da tempo interessati al problema dell'abuso del processo; il fitto riferimento ai criteri che, ancor più dopo la novellazione dell'art. 111 della Costituzione, è dato trarre dalla nostra Carta costituzionale; la valorizzazione dell'esperienza civilistica; l'attenta considerazione del dibattito che, nel bene e nel male, ha fatto eco a inopinate vicende processuali legislative sono tutti fattori che, unitamente alla qualità della scrittura, concorrono a tenere costante l'interesse del lettore su un tema difficile e fin qui scarsamente studiato nel nostro Paese. (Salvatore Morvillo). GIOVANNI VERDE - Lineamenti di diritto dell'arbitrato Giappicchelli Editore, Torino, 2004. Trovarsi in mano un libro di diritto nel quale il formicolio delle note a pie' di pagina non invade, con i suoi minuti caratteri, la gran parte della pagina ma, all'opposto, le note vi sono assenti e le pronunce più recenti e rilevanti della Cassazione vengono citate solo nel testo, è cosa tanto rara quanto gradevole come può sperimentare chi si ponga a leggere questo bel libro di Giovanni Verde che, proprio perché alleggerito di disgressioni, in sole 154 pagine può dire molto più di quanto è dato trovare in opere ben più voluminose sullo stesso argomento. E non solo nessuno dei temi rilevanti viene trascurato (anche con riferimento ai vari tipi di arbitrato in materia di società, lavoro, previdenza, opere pubbliche) ma su ogni questione l'opinione dell'Autore risulta espressa con grande nettezza e in forma persuasiva. Così — ma è solo un esempio — a chi non esita a equipare arbitrato rituale e irrituale l'Autore contesta una non commendevole confusione visto che « se il nostro ordinamento non sa o non può fare a meno dell'arbitrato irrituale, confondere i due istituti non aiuta a fare chiarezza; e non è un bene ». Giuste critiche vengono mosse anche alla giurisprudenza e così: i) all'insegnamento della Cassazione che dalla premessa di una natura privata dell'arbitrato ha, di recente, tratto la conseguenza che l'eccezione di compromesso sarebbe una eccezione di merito, disciplinata dall'art. 180, II comma c.p.c. e le decisioni relative sarebbero, a lor volta, decisioni di merito; ii) alla decisione del Consiglio di Stato che ha rivendicato come propria la competenza sull'impugnazione per nullità del lodo nelle controversie in cui sia parte la pubblica amministrazione e ciò a dispetto dell'art. 6 l. 205/00 etc. La chiara esposizione; la nettezza delle risposte ai numerosi quesiti, vecchi e nuovi; l'attenzione ai più recenti interventi del legislatore fanno di questo libro uno strumento prezioso per quanti, arbitri e difensori, potranno trovarvi una guida agile e sicura. (Salvatore Morvillo). ANTONIO SERRA: « Diritto della sicurezza ». Gruppo Edit. EsselibriSimone Napoli 2005. Il proposito enunciato dall'A. è quello di riunire in modo sistematico tutte, nessuna esclusa, le normative del comparto sicurezza le quali, sempre più diffusamente, investono non solo il campo circoscritto dei luoghi di lavoro, ma anche la quotidiana vita di relazione. Il manuale che sviluppa la tematica predetta, è caratterizzato da essenziale chiarezza espositiva, tema per tema, così da agevolare il lettore nella individuazione del settore che può interessarlo e, soprattutto, nell'essenziale richiamo alle norme che presiedono a ciascun settore, così da integrare ogni incisiva e sintetica relazione col riferimento alle fonti, legislative e giurisprudenziali. In tal modo è agevole indirizzare verso ricerche di ulteriore eventuale approfondimento. La ricerca del tema che può interessare, in particolare, è agevolata da un indice articolato che va — a titolo di esempio — dall'ambiente all'antisaccheggio, dalle investigazioni alla legittima difesa, dal lavoro alla privacy, dal telefono alla videosorveglianza, e via dicendo. Si tratta insomma di uno strumento di agevole e soddisfacente consultazione lungo il percorso di chi deve e vuole accedere ai problemi della sicurezza per sè stessi e per la responsabilità verso gli altri, nella vita quotidiana e nel mondo del lavoro. (g.f.). ANTONIO SERRA. « I contratti della sicurezza ». Gruppo Edit. Esselibri-Simone Napoli 2005. Si tratta di una trattazione complementare a quella del volume che precede. I temi sono: La responsabilità ed il risarcimento del danno nei cd. prodotti della sicurezza (nell'ambito contrattuale); e la responsabilità extracontrattuale, così da consentire agli operatori del settore ed agli utenti in generale la valutazione delle corrispondenti problematiche. Alcuni casi specifici, relativi ai contratti della sicurezza, vengono analizzati affinché ognuno, anche nella vita quotidiana, possa orientarsi, ad esempio, in caso di prodotti difettosi. E poi, in razionale successione, l'A. conduce il lettore lungo i presupposti legislativi della disciplina della responsabilità: il d.lgs. 21 maggio 2004 n. 172; l'attuazione della direttiva n. 2001/95/CE; il d.P.R. 24 maggio 1998 n. 224; l'attuazione della direttiva CEE n. 85/374; l'art. 14 della l. 16 aprile 1987 n. 183; le nuove norme introdotte nel codice civile dal d.lgs. 2 febbraio 2002 n. 24 e le clausole specifiche (in particolare gli artt. 1469-bis e sexies del codice civile). Vengono poi trattati: il contratto con le società di vigilanza e le guardie particolari giurate; quello relativo alle investigazioni; la materia concernente la privacy (videosorveglianza, autorizzazione al trattamento dei dati sensibili da parte degli investigatori). Il lavoro è caratterizzato da una descrittiva essenziale a sottolineare l'intenzione dell'A. di sviluppare, quale naturale complemento — come si è premesso — del volume sul « diritto alla sicurezza », gli aspetti contrattualistici di tale comparto, così da dare risposta ai risvolti, sotto profili evidentemente pratici, della responsabilità che interessa produttori, distributori, installatori e, infine, i destinatari di tali attività e chi è interessato ad assisterli. (g.f.).