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Uno Shakespeare è per sempre

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Uno Shakespeare è per sempre
CULTURA
12
24 agosto
Edoardo Rialti insegna Letteratura
italiana e inglese all’Istituto teologico di Assisi, ed è visiting professor
all’Olswa University dell’Ontario
Uno Shakespeare
è per sempre
«Ha anticipato la crisi dell’Occidente di cui oggi viviamo gli effetti»
Parola di Edoardo Rialti. Oggi in A3 l’incontro sul poeta inglese
L’attesa già grande che si era
creata ha raggiunto l’apice ieri alle
11.15, quando all’ingresso dell’A3
i visitatori si sono sentiti dire «niente Shakespeare. Qui c’è la Fornero». Finalmente oggi, stessa sala
stessa ora, si terrà l’incontro che ci
farà guardare il mondo con gli occhi di Shakespeare e che prende il
titolo dalle celebri parole di Amleto: «Che sublime capolavoro è l’uomo! Quanto nobile nella sua ragione! Quanto infinito nelle sue risorse! La bellezza dell’universo mondo!». Partecipano Alison Milbank,
docente di Letteratura e Teologia
all’Università di Nottingham ed Edoardo Rialti, docente di Letteratura italiana e inglese all’Istituto teologico di Assisi e visiting professor
presso la Olswa University, Ontario. Introduce il poeta Davide Rondoni. Al “Quotidiano Meeting”
Rialti racconta la sua passione per
l’autore.
Professore, ci vuole anticipare
qualcosa dell’incontro di oggi?
«Vogliamo introdurre gli spettatori allo sguardo sull’uomo e sul
mondo che comunica l’opera di
«Anche i personaggi
più tenebrosi hanno
la divina dignità
della statura umana.
Come Shylock: è tirchio,
ma conserva l’anello
della moglie solo
per la memoria di lei»
Shakespeare».
Ovvero?
«È quello che Pasolini fa dire a
Totò: “sono un uomo umano”. Cioè
un uomo al pieno delle sue potenzialità di uomo. Shakespeare, come
fanno tutti i grandi autori, mette a
nudo il mistero della persona in tutta la sua ampiezza (sentimenti, passioni, paure, ombre) e nella sua verticalità (la profondità cui giunge ogni vibrazione umana). Le sue opere danno spazio a tanti aspetti di
noi».
Perché portare Shakespeare al
Meeting di quest’anno?
«I grandi autori non sono attuali,
sono perenni. Shakespeare ha fatto
suo il tema di questo Meeting. Ha
scritto alla soglia della crisi dell’Occidente di cui noi ancora oggi
avvertiamo e viviamo gli effetti, in
un’epoca che ha visto spazzati via
antichi valori millenari. Amleto, ad
esempio, incarna la crisi di un uomo che scopre drammaticamente
che le cose non sono necessariamente come sembrano. Che cosa
resta per sempre dunque? Che cosa
resta in piedi? Se lo chiede Amleto,
e Shakespeare con lui. Tutte le sue
opere scandagliano la continua possibilità di un rapporto con l’infinito,
dentro una trama di rapporti che ha
luogo nella realtà».
Dove, nella vita dell’uomo, emerge con più evidenza questa
continua possibilità?
«In tre aspetti: l’uomo può abbracciare ogni circostanza, anche il
dolore; è in grado di amare qualcosa fuori da sé in maniera assolutamente limpida e piena; riconosce di
aver bisogno di essere perdonato e
diviene a sua volta capace di perdonare».
Due personaggi che incarnano
l’alternativa tra l’abbandonarsi e
il sottrarsi all’infinito?
«Macbeth incarna il rifiuto: guadagna tutto e perde se stesso, arrivando ad affermare che “la vita è
soltanto un’ombra errante, una storia narrata da un idiota, senza significato”. Il mago Prospero (“La tempesta”) invece, riconoscendo il suo
stesso bisogno di essere perdonato
arriva a perdonare i nemici di tutta
una vita. E torna così uomo tra gli
uomini».
Come si è avvicinato a questo
autore?
«Con una rappresentazione teatrale de “La tempesta”, ero adolescente. Mi ha conquistato la sua capacità di dare voce a tutto quel che
da uomini ci portiamo dentro. Anche nei personaggi più tenebrosi
permangono la divina dignità della
statura umana e tratti d’imprevedibile grandezza. Nel “Mercante di
Venezia” ad esempio c’è Shylock,
solito prestare denaro ad interessi esorbitanti: eppure conserva l’anello
della moglie fino alla fine, non per
un valore economico, ma per la memoria di lei».
Quale è il suo personaggio
shakespeariano più caro?
«Falstaff. Perché muore come un
bambino, gridando per tre volte il
nome di Dio. In lui si palesa quello
che ognuno di noi è. Shakespeare
conosce l’uomo nelle sue pieghe
più misteriose. Stancarsi di lui sarebbe come stancarsi del mondo intero».
Laura Bertoli
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