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Steve Barney
arte TOP SELECTION Steve Barney ha uno sguardo particolare, un suo modo di vedere la vita, che gli arriva dritto da quando si chiamava ancora Stefano Bergamaschi, e non era ancora il pittore che (prima o poi, più prima che poi) tutti cercheranno. In questo rimando continuo tra Steve e Stefano, in questa dimensione di tempo simile al passaggio tra il cane e il lupo, si è materializzata una breve ma significativa intervista. Sotto l’occhio di Tiziano Giurin e Simone Viola, mercuriali animatori di Art&Co Gallery, realtà vivissima del mondo artistico internazionale, e a un passo da mostre importanti per l’artista salsese (Marilyn Forever a Caserta e a Parma), Steve-Stefano racconta il percorso che lo ha portato fino ai Nodi dell’ultima produzione e alle sue Marilyn quasi da fumare: alcune sono infatti ispirate a una marca di sigarette che Steve-Stefano ha acquistato per caso una mattina in cui andava a zonzo per Sofia). Intanto, attende come consacrazione finale di un’annata fortunata l’approdo a Lecce, il 28 settembre (sempre con il patrocinio di Art&Co Gallery), della mostra itinerante dedicata alla Monroe, dove 8 inediti barneyani saranno mescolati, senza sforzo, ai Warhol e agli Schifano. Ma procediamo con calma. Quali momenti hanno segnato la tua ricerca espressiva? «Ho iniziato come fotoamatore nei prima anni Ottanta e ho lavorato con le Reflex sino al 2000, la prima macchina è stata una Praktica semiautomatica con un Sigma 180. Poi sono arrivati gli incontri importanti. Il primo con Riccardo Zipoli, docente di Ca’ Foscari, che reputo un grande Maestro. Mi ha dato il la per svoltare, è stato lui che mi ha fatto raggiungere uno standard più che apprezzabile. Ed infatti nel 2007 è giunta la serie di opere intitolate “Le Finestre di Venezia”, si tratta di pezzi unici». Poi c’è stato un altro incontro, abbastanza inconsueto... «2001: entro in bottega, come diceva lui, cioè nello studio a Rocca Paolini sulle colline piacentine, di Lulù Ariggi, falsario stimato dai direttori delle banche svizzere. Persino da loro. Lulù sapeva il fatto suo, non per niente a 18 anni lavorava nello studio di Mario Schifano. Lulù trovava le mie foto affascinanti. Mi diede degli ordini: mi incoraggiò a continuare nella ricerca e mi impose di studiare Mirò a Barcellona. Ho passato decine di weekend alla fondazione Mirò. Ma il vero intento di Lulù, che ha dedicato l’ intera vita alla bellezza, era farmi capire l’arte, conoscerla, amarla. Mi ricorderò per sempre che una domenica mattina gli mostrai un viso di donna fatta con il bitume e dentro ad esso la foto delle vetrate di una chiesa di Lucca, ma rivoltate. Guardò e mi disse: non avrei mai pensato che da uno come te potesse nascere una vera opera d’arte. Lì presi coscienza delle mie possibilità». Mirò ti fa compagnia anche ora, dicono che sei il Mirò italiano... «L’ immagine dell’artista è un qualcosa di impalpabile. A volte, guardo dalla finestra e...come faccio a di notte, c’ è in effetti un’ora particolare dove nascono le acquistato una ventina di Nodi per i soci fondatori, è un spiegare a mia moglie che sto lavorando? E che vedo delle cose senza fare nulla? Forse guardo un opere migliori e sono le 4 del mattino!». segnale importante, l’alta finanza che investe in un nuovo suono, forse capto un colore nel giardino, e tutto viene poi raccolto nella notte. Sì, perché io dipingo Che cos’altro contrassegna Barney come artista? artista. Mi piace che i Nodi entrino a far parte di case «Nella mia carriera ho sempre saputo tramutare il italiane importanti, Aspesi, Guzzini, Berloni, Vecchiola, negativo in positivo e questo è il leit-motiv della mia vita. Santucci, Santoni...». Credo che il vero artista sia una persona normalissima Parlami della tua ultima fase... Articolo a cura di Daniele Kihn che si da un solo obbiettivo: inventare qualcosa di nuovo. «Nel 2012 nascono i Nodi, i Nodi di Barney, sono un L’evoluzione artistica di Stefano Bergamaschi Certo, dopo Picasso accade raramente...Io sono stato gioco di colore, un mix tra Mirò e Pollock: principalmente fortunato: ho dei geni che mi permettono di viaggiare l’action painting di Pollock con l’aggiunta dei colori di senza alcun surrogato, droghe et similia». Mirò. Il tutto può anche essere servito come un piatto Quali sono stati i momenti più gratificanti della tua di Carlo Cracco, l’ insalata invisibile: è un’opera che sto carriera? realizzando in questi giorni sul tagliere dove mia madre «Quando sono stato chiamato a partecipare nel 2010 faceva gli gnocchi. I nodi sono dappertutto e possono al Festival dei due Mondi a Spoleto ed alla Biennale di essere tutto, anche un modo per ricordarmi di lei, Venezia nel 2011, e ricordo sempre con piacere che scomparsa da poco. Una cosa è certa: davanti ad un Cosimo Vitola ad di Ethica Corporate Finance Spa abbia mio quadro non ci si annoia mai». S T E V E 56 B A R N E Y 57