Diagnosi e trattamento artroscopico delle lesioni meniscali nel
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Diagnosi e trattamento artroscopico delle lesioni meniscali nel
Close window to return to IVIS in collaborazione con RICHIESTO ACCREDITAMENTO SOCIETÀ CULTURALE ITALIANA VETERINARI PER ANIMALI DA COMPAGNIA SOCIETÀ FEDERATA ANMVI organizzato da certificata ISO 9001:2000 INFORMATION SCIVAC Secretary Palazzo Trecchi, via Trecchi 20 Cremona Tel. (0039) 0372-403504 - Fax (0039) 0372-457091 [email protected] www.scivac.it Close window to return to IVIS 50° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC Diagnosi e trattamento artroscopico delle lesioni meniscali nel cane associate alla rottura del legamento crociato anteriore ed “isolate” (1995-2004): dove siamo e dove possiamo andare Massimo Olivieri Med Vet, Samarate (VA) Massimo Pavanelli, Med Vet, Samarate (VA) INTRODUZIONE Nel cane le lesioni meniscali rappresentano un problema spesso associato alla rottura del legamento crociato anteriore. Il menisco mediale risulta più frequentemente coinvolto rispetto al laterale. Quest’ultimo può essere affetto da patologia più spesso in associazione al mediale o, meno frequentemente, da solo. Accanto a queste ben note lesioni meniscali, esistono anche quelle non associate a rottura del crociato, le cosiddette lesioni “isolate”, ben conosciute in ortopedia umana, ma recentemente sempre più spesso segnalate anche nei nostri pazienti. È inoltre importante ricordare come qualsiasi alterazione a carico dei menischi, sia essa patologica o messa in atto allo scopo di prevenire lesioni del corno posteriore (“meniscal release”), influisca in maniera significativa sull’omeostasi articolare sia a breve sia a medio-lungo termine, generando un grado di artrosi proporzionale non solo alla lesione meniscale presente, ma anche al tipo di trattamento effettuato su di essa. Nel presente lavoro saranno presi in considerazione, sulla base dell’esperienza degli autori, i risultati ottenuti in corso di artroscopia diagnostica e/o terapeutica in pazienti affetti da lesioni meniscali, focalizzando l’attenzione sul trattamento dei differenti tipi di lesione. Verranno infine riportati alcuni accenni relativamente alle prospettive future di riparazione artroscopica delle lesioni meniscali nei piccoli animali. nesso al femore mediante il legamento femorale posto caudalmente. Il menisco mediale presenta anche una connessione fibrosa con il legamento collaterale mediale, mentre il laterale risulta essere contiguo con il tendine del muscolo popliteo. Infine entrambi i menischi presentano connessioni con la capsula articolare. L’insieme di questi legamenti e delle connessioni fibrose conferiscono ai menischi una notevole stabilità, che risulta più marcata per quello mediale. Nell’uomo, le forze di carico durante la deambulazione hanno un angolo di incidenza perpendicolare alla superficie meniscale, distribuendosi poi in direzione centrifuga verso il margine dello stesso. Per questo motivo, affinché questa funzione venga espletata in modo ottimale, è molto importante non solo che essi non abbiano lesioni significative, ma soprattutto che ci sia continuità lungo tutto il menisco fino ai legamenti anteriori e posteriori, che devono risultare integri. A questo proposito è utile ricordare che, sempre nell’uomo, la percentuale del carico articolare varia da circa il 65% in condizioni normali a percentuali che possono raggiungere il 235% in corso di meniscectomie parziali o totali. Nel cane queste informazioni non sono attualmente disponibili nelle singole razze. Considerata la grande variabililità morfologica della specie canina, l’acquisizione di questi dati sarebbe di notevole importanza sotto molteplici punti di vista, ad esempio al fine di considerare la maggiore suscettibilità allo sviluppo di artrosi post-meniscectomia parziale o totale nelle singole razze. RICHIAMI ANATOMICI SINTOMATOLOGIA CLINICA I menischi sono importanti strutture fibro - cartilaginee a forma di semiluna; quello mediale è lievemente più tondeggiante del laterale, mentre entrambi si presentano più sottili nella porzione concava e più spessi in quella convessa. Essi svolgono molteplici ed importanti funzioni: distribuiscono ed assorbono le forze di carico, aumentano la congruenza articolare del ginocchio e incrementano la stabilità in presenza di stress meccanici. Anteriormente i menischi sono uniti tra di loro dal legamento intermeniscale. Ciascuno di essi è connesso alla tibia mediante i legamenti meniscali craniali e caudali, mentre solo il menisco laterale risulta con- I rilievi anamnestici ed i segni clinici in corso di visita ortopedica per lesione meniscale sono sovrapponibili a quelli di rottura del legamento crociato anteriore (LCA) parziale o totale. Questi sono caratterizzati, nei casi di rottura totale, da zoppia ad insorgenza acuta, persistente, più accentuata a freddo e refrattaria all’uso di farmaci analgesici-antinfiammatori non steroidei (FANS). Il soggetto si presenta con appoggio in punta di dita ed una zoppia posteriore caratterizzata da mancato o parziale carico del peso sull’arto affetto. All’esame clinico, oltre ad una ectasia media- Close window to return to IVIS 50° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC le e all’impossibilità di palpare a tutto spessore il legamento tibio-rotuleo, si evidenzia dolorabilità ai movimenti di flesso-estensione. Solo occasionalmente è possibile evidenziare i rilievi clinici patognomonici della presenza di una lesione meniscale, come il cosiddetto “click meniscale”. La diagnosi finale di rottura totale del legamento crociato anteriore si evidenzia con il segno del cassetto ed il test di compressione tibiale. Nei casi di rottura totale cronica, un’improvvisa riacutizzazione dei segni clinici è spesso correlata all’insorgenza di una lesione meniscale secondaria. Viceversa nelle rotture incomplete e in quelle croniche progressive del LCA la zoppia è caratterizzata da miglioramenti dopo riposo, a cui fa seguito un peggioramento in tempi più o meno lunghi. Il proprietario riferisce normalmente di vari episodi di zoppia di diversa entità, che spesso regrediscono in modo più o meno completo col riposo, spesso associato all’uso di FANS. Di conseguenza il paziente manifesta una zoppia di grado variabile in rapporto al tipo di lesione del legamento crociato, al tempo intercorso tra l’inizio della sintomatologia e la visita clinica e, non ultimo, alla presenza contemporanea di una lesione meniscale. Nelle rotture parziali il test del cassetto e di compressione tibiale risultano positivi solo in flessione e nel caso in cui sia lesionata la componente cranio-mediale del legamento. Nei casi invece di rottura della componente caudo-laterale del legamento o in presenza di rottura spontanea progressiva iniziale questi test risultano negativi. Le razze più frequentemente colpite da questi due ultimi tipi di rottura sono, nell’esperienza degli autori, il Labrador Retriever, il Rottweiler, il Golden Retriever, il Dog de Bordeaux e il cane Corso. Le lesioni meniscali possono colpire il cane a tutte le età, fatta eccezione, come frequenza, per i soggetti di età inferiore ai 10 mesi. Nei casi invece di rottura meniscale isolata, l’anamnesi riferisce spesso la presenza di un trauma acuto a carico del ginocchio con zoppia, senza i segni clinici tipici della rottura del LCA. Clinicamente si evidenzia ectasia mediale, dolorabilità ai movimenti passivi articolari e negatività dei test del cassetto e di compressione tibiale. Secondo l’esperienza degli autori, Boxer, Pastori tedeschi e “razze da lavoro” sono più soggetti a questo tipo di lesione. DIAGNOSI RADIOGRAFICA E ARTROSCOPICA Lo studio radiografico del ginocchio non rappresenta un ausilio diagnostico primario nella diagnosi di una meniscopatia, soprattutto nelle forme acute. Nelle forme croniche possono talvolta comparire calcificazioni a carico delle aree meniscali o segni di osteoartrosi conseguente alla lesione isolata od associata a rottura del LCA. La diagnosi definitiva può essere raggiunta con l’ausilio dell’artroscopia. Questa metodica presenta il notevole vantaggio di essere un metodo mini-invasivo (impiego di ottiche di 1,9 mm di diametro) non solo diagnostico ma, all’occorrenza, anche operativo. Nelle fasi iniziali della patologia, la lesione più frequentemente riscontrata è rappresentata dalla fibrillazione superficiale. Viceversa, nelle fasi più avanzate si riscontrano lesio- ni a “manico di secchio” del cornetto anteriore o posteriore, lacerazioni parziali, lesioni radiali parziali o totali, e ripiegamento craniale del corno posteriore. TRATTAMENTO ARTROSCOPICO L’ispezione e la palpazione completa dei menischi permettono di effettuare un’accurata valutazione della lesione al fine di decidere se è sufficiente un semplice curettage, una rimozione meniscale parziale oppure l’asportazione completa. Tali valutazioni possono essere effettuate, sotto visione, in condizioni statiche e dinamiche. Lo stesso dicasi per la palpazione, particolarmente importante per il corno posteriore sia del menisco mediale che di quello laterale. A questo proposito in campo umano sono frequenti le lesioni della porzione inferiore del menisco in presenza della porzione superiore completamente normale. Risulta molto importante nei nostri pazienti utilizzare tecniche che permettano di ottenere uno spazio operativo sufficiente; in alcuni soggetti, soprattutto di piccola taglia, o in articolazioni serrate a causa di problemi cronici, diventa difficoltoso introdurre gli strumenti. A questo proposito è importante l’attuazione di leve in varo e valgo associate a movimenti di intra o extrarotazione al fine di visualizzare al meglio gli spazi articolari. Normalmente la rimozione di porzioni di menisco viene eseguita con l’ausilio di un vaporizzatore, ponendo attenzione a non coinvolgere nel trattamento le parti di menisco normali. Nel caso questo non risulti possibile, la meniscectomia viene effettuata con l’ausilio di strumenti artroscopici specifici per la chirurgia meniscale quali bisturi e pinze da meniscectomia, pinze da prensione e palpatori. Possono infine essere utilizzate frese meccaniche (shaver) con puntali specifici per la rimozione del menisco. La visione ingrandita e l’ottima illuminazione, associata ad un’adeguata palpazione, identifica esattamente il limite della lesione e permette di preservare la maggior quantità possibile di menisco. Questo è molto importante poiché normalmente esiste una correlazione diretta tra l’entità del menisco rimosso e la conseguente artrosi secondaria. Particolarmente importante è anche la completa ispezione e palpazione dell’intero menisco. Nell’uomo, se le lesioni sono parziali ed interessano le zone coronali periferiche vascolarizzate, il trattamento deve essere effettuato tramite strumenti manuali, in quanto l’uso del vaporizzatore può alterare la vascolarizzazione meniscale e indurre necrosi nelle porzioni che s’intendono lasciare intatte. Attualmente molte di queste lesioni risultano essere suturabili, con la possibilità di recuperare completamente il menisco lesionato. Per quanto riguarda il cane, anche se la lesione meniscale iniziale avviene nell’area più periferica e quindi inizialmente vascolarizzata, il ritardo nella diagnosi comporta la perdita di vascolarizzazione della porzione di menisco coinvolta rendendo difficile o impossibile il trattamento. Nel caso di fibrillazione semplice, con interessamento molto superficiale, si adotta un trattamento conservativo con ricerca della causa primaria. Una lesione frequentemente associata alla fibrillazione, ad esempio, è l’osteocondrite dissecante del condilo femorale. Close window to return to IVIS 50° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC Merita invece un discorso a parte la “meniscal release”, di norma effettuata in corso di livellamento del plateau tibiale (TPLO), proposta da Slocum in presenza di rottura del LCA. L’obiettivo di questa tecnica operatoria è di svincolare il corno posteriore del menisco mediale, intatto, dalle forze di carico riducendo così l’alta incidenza delle sue lesioni. Le tecniche di meniscal release sono di due tipi. La prima prevede l’incisione del menisco mediante un bisturi da artroscopia subito caudalmente al legamento collaterale mediale, svincolando completamente il corno posteriore dal corno anteriore. Questa metodica può essere attuata o in modo totalmente intrarticolare oppure in modo misto intraextraarticolare. La seconda tecnica prevede la liberazione del corno posteriore del menisco mediale dalla sua inserzione tibiale mediante bisturi o vaporizzatore. POST-OPERATORIO Dopo un iniziale periodo di riposo e di attività controllata, tutti i pazienti sono stati sottoposti a protocollo di tipo riabilitativo specifico a seconda della patologia presente. Nell’esperienza degli autori i pazienti trattati hanno dimostrato un miglioramento rapido della sintomatologia, soprattutto in caso di lesioni parziali in soggetti con assenza di segni cronici di sofferenza articolare. Analogamente all’uomo, i risultati migliori sono stati osservati dopo trattamento delle lesioni meniscali “isolate”, in assenza di lesioni concomitanti. CONCLUSIONI L’importanza della mini-invasività nella chirurgia articolare è un concetto assodato da molti anni tanto in medicina umana così come nella medicina del cavallo sportivo e sempre più applicato anche nei piccoli animali. I vantaggi dell’artroscopia, oltre alla mini-invasività, sono ben conosciuti: riduzione del dolore post-operatorio e del rischio di complicanze quali seromi, deiscenza delle suture, complicanze di tipo settico. Inoltre si assiste ad una ripresa più precoce dell’attività funzionale e ad un recupero rapido, compatibilmente alla patologia sottostante, del completo range di movimento. I vantaggi tecnici sono altrettanto noti e sono riferibili ad una migliore visualizzazione di ogni comparto articolare, soprattutto a livello di corno e legamento posteriore di ciascun menisco, legata sia all’ingrandimento ottenuto con lo zoom della telecamera, che al continuo lavaggio articolare. Anche l’ottima illuminazione di queste strutture ed una loro accurata palpazione facilitano la diagnosi finale. Tutto questo permette, dal punto di vista diagnostico, di riconoscere le lesioni meniscali molto precocemente e, dal punto di vista terapeutico, di effettuare trattamenti meno “aggressivi” nei riguardi del menisco, se rapportati alla precedente esperienza a cielo aperto di autori che attualmente effettuano chirurgia meniscale in artroscopia. Inoltre in corso di artrotomia per l’esplorazione dei menischi, soprattutto in presenza di artropatie croniche nei cani di media - grossa mole, le proliferazioni rendono talvolta difficile la valutazione del comparto articolare caudale. Anche la difficoltà nell’ottenere un’ottima illuminazione, associata al facile sanguinamento, frequente in queste forme, possono rendere difficoltosi una diagnosi ed un trattamento meniscale adeguato. Infine va evidenziata l’importanza dei lavaggi articolari, che offrono un importante ausilio terapeutico immediato, per il trattamento della componente infiammatoria articolare, e, a medio termine, allontanando meccanicamente i mediatori chimici responsabili del processo osteoartrosico. Relativamente all’approccio più recente alla chirurgia meniscale nei piccoli animali, la tendenza è quella di un trattamento che preveda di preservare il più possibile l’integrità del menisco, una struttura come detto funzionale solo se integra completamente o comunque in buona parte. Questa tendenza segue, anche se in ritardo, l’esperienza dell’ortopedia nell’uomo. Come noto, infatti, nel ginocchio dell’uomo le meniscectomie parziali o totali generano osteoartrosi a medio o a lungo termine. Il risultato è stato quindi quello dell’utilizzo di una metodica molto più conservativa e, ove possibile, ricostruttiva nei riguardi dei menischi. Anche nel cane l’artrosi evolve molto rapidamente sia dopo lesioni associate a rottura del LCA che dopo rotture “isolate”. Di conseguenza anche nel cane le chirurgie meniscali dovrebbero essere meno “aggressive” possibile. Questo risultato è strettamente correlato ad una diagnosi precoce, sia nelle rotture del legamento crociato, dove spesso un trattamento precoce può prevenire l’insorgenza di una lesione meniscale secondaria, e ancora di più nelle meniscopatie “isolate”, a volte clinicamente “subdole”. Riguardo queste ultime, benché nell’uomo esse siano relativamente frequenti, la vera incidenza nel cane risulta attualmente sconosciuta. Nel caso di tali lesioni, l’artroscopia permette di effettuare, anche nei casi dubbi, una diagnosi molto precoce, ben accettata dal proprietario grazie alla mini-invasività di questa metodica. Anticipando la tempistica sulla diagnosi è possibile effettuare un trattamento precoce, spesso associato a lesioni meniscali meno gravi. Inoltre, in questo modo, potrebbe aprirsi anche nel cane la frontiera della sutura meniscale, con una possibile “restitutio ad integrum”. In tal senso nuovi materiali, attualmente oggetto di studio in medicina umana, sembrano favorire notevolmente le possibilità di guarigione delle porzioni di menisco suturate. A questo proposito va ricordato ancora una volta che un trattamento inadeguato, troppo aggressivo o non tempestivo, può innescare un processo artrosico altamente invalidante per l’articolazione. Un ulteriore vantaggio offerto dall’artroscopia nei riguardi delle lesioni meniscali è rappresentato dalla possibilità di effettuare controlli a distanza di qualsiasi intervallo di tempo dal primo intervento (le cosiddette “second look arthroscopy”). In tal modo è possibile verificare l’origine della ricomparsa della zoppia, spesso associata ad una lesione meniscale secondaria, evitando così una seconda artrotomia. I limiti della tecnica sono correlati alle difficoltà operative dovute alla presenza della sinovite ipertrofica e del grasso retropatellare. Queste risultano ancora più evidenti nei soggetti di piccola taglia e nei brachicefali. Tale limite può attualmente essere superato utilizzando strumenti di nuova generazione quali vaporizzatore ed ottiche di diametro particolarmente piccolo (1,9 mm). Indirizzo per la corrispondenza: Massimo Olivieri, Via Marconi 27, 21017 Samarate (VA) E-mail: [email protected] This manuscript is reproduced in the IVIS website with the permission of the Congress Organizing Committee