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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale

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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale
Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da
amiloidosi renale in trattamento con etanercept
Luciano Di Battista
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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Introduzione
Artrite reumatoide
L’AR è una malattia autoimmune ad eziologia non definita, caratterizzata da una
artrite simmetrica erosiva e, talora, da coinvolgimento extra-articolare [1].
Nella maggior parte dei casi la malattia è caratterizzata da un decorso cronico
che, attraverso riacutizzazioni e remissioni, conduce ad una progressiva
distruzione delle articolazioni con deformità, perdita della normale funzione,
invalidità ed una conseguente riduzione dell’aspettativa di vita [2].
Epidemiologia
Gli studi epidemiologici sull’AR, considerati nel loro insieme, riportano, a
seconda della razza, del sesso, della latitudine, valori altamente diversificati di
prevalenza (da 0,33% a 6,8%) e di incidenza (da 12 a 1.200 per 100.000) (Tab.
1) [3]. Curiosa l’alta prevalenza registrata in alcune popolazioni indigene
dell’America del Nord: Indiani Yakima 6.0 %; Indiani Chippewa 5.3 %; Indiani
Pima 5,3 % [4].
E’ in ogni caso dimostrato un prevalente interessamento del sesso femminile,
colpito circa due volte di più del sesso maschile [5-9].
In Europa l’AR sembra essere più frequente nelle popolazioni del Nord rispetto
a quelle del bacino del Mediterraneo, dove si osservano minori manifestazioni
extra-articolari, e minore associazione con l’HLA-DR4 [10-12].
In Italia ci sono pochi studi in merito. Un’indagine epidemiologica condotta nel
comune di Chiavari ha mostrato una prevalenza nella popolazione generale dello
0,33% (0,13% nel sesso maschile e 0,51% nel femminile [9]. I dati ISTAT su
popolazioni campione hanno valutato la prevalenza dell’AR nella popolazione
italiana a 0,73% [13].
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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AUTORI
ANNI DI
RANGE
N.
L’incidenza
dell’A.R.
STUDIO
DI ETA’
PAZIENTI
PROVINCIA/REGIONE
TASSO DI INCIDENZA
ANNUALE PER 100.000
Symmons
et al. 1994
Manchester, UK
1990 - 1991
15 – 85+
104
35,9 - F
14,3 - M
Kaiplaine
nSeppanene
n et al.,
1996
Finlandia
4 periodi di
un anno
1975, 1980,
1985 e
1990
16 – 85+
1321
29,0 - 1975
35,5 - 1980
35,0 - 1985
29,5 - 1990
Gabriel et
al., 1999
Provincia di Olmsted,
Minnesota, USA
1955 - 1985
35 – 85+
425
75,3 - totale (IC 95%; 68,0 – 82,5)
98,1 - F (IC 95%; 87,1 – 109,1)
49,7 - M (IC 95%; 40,5 – 58,9)
Jacobbson
et al., 1994
Indiani Pima, Arizona
1966 - 1990
25 – 65+
78
1966-73
1974-82
1983-90
8,9* - tot.
6,2* tot.
3,8* tot.
11,5* - F
7,5* - F
4,9* - F
5,9* - M
4,6* - M
2,7* - M
Drosos et
al., 1997
Grecia Nord-Occidentale
(Ioannina)
1987 - 1995
16 – 75+
428
24,0 - totale (36,0 - F; 12,0 - M)
Dugowson
et al., 1991
Seattle, WA, USA
1987 - 1990
18 – 64
81
23,9 - F
Uhlig et
al., 1998
Oslo, Norvegia
1988 - 1993
20 - 79
550
25,7 - totale (36,7 - F; 13,8 - M)
F = femmine; M = maschi; O = media; * = Casi a rischio per 1.000 persone/anno
Tratto da: “Epidemiologia dell’A.R.” – Sherine E Gabriel - 2003
Tab. 1
Eziopatogenesi
La patogenesi dell’AR è sicuramente un processo complesso ed integrato che
coinvolge il network delle citochine, gli autoanticorpi e la cascata del
complemento (Fig. 1) [14].
PATOGENESI DELL’ARTRITE REUMATOIDE
Antigene estraneo
Network
delle
citochine
Sinovite
reumatoide
Trasformazione
Autoimmunità
Fig. 1
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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In questo contesto resta da chiarire il ruolo degli antigeni specifici articolari,
delle APC cells (antigen presenting cells), dei linfociti T e B e degli
autoanticorpi.
La storia naturale dell’AR può sintetizzarsi in tre distinte fasi (Fig. 2) [15]:
1) iniziale o di induzione della malattia;
2) intermedia o di mantenimento o infiammazione ;
3) finale o di distruzione tissutale.
In passato gli studi sperimentali erano a favore di un meccanismo patogenetico
multifattoriale (genetico, infettivo e neuroendocrino), che concorresse
all’attivazione antigene specifica dell’immunità acquisita.
Oggi le nuove acquisizioni in campo immunologico propongono un ruolo
centrale dell’immunità non specifica nella realizzazione delle tre fasi.
Ipotesi evoluzione AR
(Firestein, 2002)
¾1. Induzione (antigene estraneo)
¾
¾2. Infiammazione
¾
¾
¾
¾
¾3. Distruzione
¾ Predisposizione genetica
¾ Stimolo aspecifico, forse infettivo, che attiva
le cellule della sinovia (sinoviociti di tipo A e
B)
¾ Cross-reazione tra “shared epitope” e proteine
batteriche o virali contenenti la stessa
sequenza (es.: prot. J dell’Es. Coli,
componenti di parete betteriche, glicoproteina
GP dell’ EBV, etc..)
¾ Descritta solo in artriti sperimentali
Stimoli aspecifici inducono (via chemokine e citochine) l’arrivo di
cellule T nell’articolazione
Cellule T (CD45RO+) sono stimolate in modo antigene-specifico.
(Th1>Th2)
APC cells vengono stimolate in modo Ag indipendente
Liberazione di citochine e chemochine pro-infiammatorie
Mimetismo molecolare
¾ La distruzione articolare è associata con la formazione del “panno
sinoviale” composto prevalentemente da fibroblasti proliferanti,
macrofagi, nuovi vasi ed osteoclasti
¾ Linfociti e granulociti poco rappresentati
¾ La fase tardiva è indipendente dal controllo del T linfocita
Fig. 2
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I fattori in gioco proposti e studiati sono molteplici:
A. Shared epitope: sito di legame per peptidi artritogenenici, ovvero per
autoantigeni che mimano un antigene esogeno (molecular mimicry) o esso
stesso potrebbe rappresentare un autoantigene in grado di innescare una
risposta T cellulare [16];
B. Infezioni: alcuni agenti infettivi sono stati proposti come possibili trigger
nel determinismo dell’AR. Tra questi l’attenzione è stata rivolta in
maniera particolare verso il Parvovirus B 19 ed il Proteus mirabilis [1720];
C. Omeostasi neuroendocrina: l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisisurrene e del sistema nervoso autonomo (SNA) determina la liberazione
di corticosteroidi e di catecolamine in grado di modulare direttamente
l’attività di varie cellule effettrici del sistema immunitario. L’alterazione
di questo complesso equilibrio può favorire l’insorgenza di disordini
immunitari [21, 22];
D. Modelli sperimentali: i modelli più conosciuti sono l’artrite murina
collageno-indotta e quella da adiuvante, entrambi forme di artrite
autolimitantesi [23];
E. Angiogenesi: la sinovite reumatoide è caratterizzata dal punto di vista
istologico dall’ispessimento del lining, dall’infiltrazione cellulare e da una
spiccata neoangiogenesi. Quest’ultimo fenomeno sembra essere centrale
nella patogenesi dell’AR, soprattutto nella formazione dell’edema e della
tumefazione articolare e coinvolgerebbe diverse molecole e citochine [2426];
F. Mastcellule: le mastcellule producono TNF-α e risultano coinvolte nei
processi infiammatori ed erosivi che caratterizzano la malattia [27-28];
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G. Immunità innata: l’immunità innata è la più antica dal punto di vista
filogenetico ed è presente in tutti gli organismi multicellulari. Essa
utilizza la famiglia dei Toll-like receptors (TLRs) (Toll: proteina della
Drosophila) al fine di riconoscere molecole espresse da una varietà di
microrganismi dette pathogen associated molecular patterns (PAMPs)
[29-40]. I PAMPs possono contribuire al processo patologico attraverso la
stimolazione delle cellule immuni e/o dei sinoviociti capaci di produrre
fattori chemotattici per altre cellule infiammatorie [41-45]. Sarebbero
numerosi i PAMPs implicati nella patogenesi dell’AR [46-48];
H. Immunità acquisita
1) Linfociti
T:
il
riscontro
a
livello
sinoviale
di
linfociti
memory/helper (CD3+, CD4+, CD45RO+) insieme alla dimostrazione
di un fenomeno di homing sinoviale degli stessi con conseguente
stimolo osteoclastogenico hanno rafforzato l’ipotesi che anche nelle
articolazioni le cellule dendritiche o antigen presenting cells (APC)
presentino un antigene esogeno ai linfociti T attivandoli [49-51];
2) Linfociti B: l’identificazione di follicoli linfatici a livello sinoviale
ha coinciso con un rinnovato interesse per il ruolo delle cellule B
nella patogenesi dell’AR;
I. Osteoclastogenesi: è stato dimostrato come i linfociti sinoviali T attivati
siano in grado di produrre il RANKL (receptor activator of NF-kB ligand)
o OPGL (osteoprotegerin ligand) sia nella forma legata alla membrana,
sia nella forma solubile (sRANKL/sOPGL), che rappresentano i più
potenti fattori osteoclastogenici conosciuti (Fig.3) [50, 51].
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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Pre-osteoblasta
Pre-osteoclasta
RANKL
Osteoclasta
RANK
Osteoprotegerina
Osteoblasti
sRANKL
Linfocita T
Fig. 3
La patogenesi della sinovite e delle erosioni in corso di AR verrebbe, perciò, a
configurarsi come l’integrazione di vie indipendenti coinvolgenti sia l’immunità
innata che quella acquisita.
Clinica e diagnosi
Negli ultimi anni si è sottolineato l’importanza di una diagnosi precoce entro tre
mesi dall’esordio della patologia. I criteri ACR (American College of
Rheumatology) (1987) (Tab. 2) ci permettono di diagnosticare l’AR nel 70% dei
casi entro due settimane dalla prima visita, ma alcuni di essi si presentano solo
tardivamente [52, 53].
In realtà è stato dimostrato che per migliorare la prognosi a lungo termine il
trattamento con i farmaci di fondo detti DMARDs deve iniziare entro 3 mesi
dall’esordio della patologia, che in questi casi viene definita “early arthritis”
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(Fig.4) [54]. La sfida, quindi, è attuare una corretta diagnosi il più precocemente
possibile.
Campanelli di allarme importanti sono la constatazione di:
1) almeno 3 articolazioni tumefatte;
2) una rigidità mattutina > 30 minuti;
3) una
dolorabilità
delle
articolazioni
metacarpofalangee
(MCF)
o
metatarsofalangee (MTF) ("squeeze test") o di singole articolazioni MCFMTF [55-62].
1) RIGIDITA’ MATTUTINA
Rigidità mattutina articolare, persistente almeno 1 ora prima del
(da almeno 6 settimane)
massimo miglioramento.
Contemporaneo interessamento artritico rilevato da un Medico
2) ARTRITE DI 3 O PIU’
(rigonfiamento dei tessuti molli e/o versamento) di 3 o più aree
AREE ARTICOLARI
articolari, delle 14 aree possibili (interfalangee prossimali,
(da almeno 6 settimane)
metacarpofalangee,
polso,
gomito,
ginocchio,
tibiotarsica,
metatarsofalangee di destra e sinistra)
3) ARTRITE ALLE
ARTICOLAZIONI DELLE
Almeno una area articolare interessata deve essere rappresentata da
MANI
polso, o metacarpofalangee, o interfalangee prossimali.
(da almeno 6 settimane)
4) ARTRITE SIMMETRICA
(da almeno 6 settimane)
5) NODULI REUMATOIDI
6) FATTORE
REUMATOIDE SIERICO
Interessamento contemporaneo delle stesse aree articolari di
entrambe i lati del corpo. E’ ammessa una simmetria non assoluta
per interfalangee prossimali, metacarpofalangee e metatarsofalangee.
Noduli sottocutanei a livello di prominenze ossee o su superfici
estensorie o in regioni iuxta-articolari, osservati da un Medico.
Dimostrazione di fattore reumatoide a titolo significativo con
qualsiasi metodica che rilevi tale attività in <5% di soggetti normali
di controllo.
Segni radiografici tipici della Artrite Reumatoide su una radiografia
7) SEGNI RADIOGRAFICI
postero-anteriore di mani e polsi, che devono includere erosioni o
sicura osteoporosi localizzata, o più marcata, in sede vicina alle
articolazioni interessate (i segni di artrosi non sono qualificanti).
Tab. 2: Criteri ACR (1987)
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Very Early RA
VERA
Early RA
ERA
3 mesi
Late RA
1
Very late RA
5
Nel 2002 P. Emery et al. hanno anche descritto i
segni e sintomi patognomonici per la diagnosi di
AR all’esordio o “early arthritis” (ERA):
anni
Criteri ACR
a) Artrite di almeno 3 distretti articolari (3 su 14)
b) Artrite delle articolazioni delle mani
a) ≥ 3 articolazioni tumefatte
b) Coinvolgimento delle articolazioni MCF e MTF
(Segno della gronda positivo o Squeeze Test
positivo)
c) Rigidità mattutina ≥ 30 minuti
c) Artrite simmetrica
d) Rigidità mattutina (almeno 1 ora)
e) Noduli reumatoidi
f) Fattore reumatoide nel siero ed alterazioni
radiologiche.
d) Buona risposta ai FANS.
Performance diagnostica per:
Early Arthritis evolutiva in AR: 15-25%
Performance diagnostica per:
Early Arthritis evolutiva in AR: 35-65%
Sokka T et al.; Clin Exp Rheumatol. 2003; 21(5 Suppl 31): S5-14.
Harrison BJ; J Rheumatol 1998
Fig. 4
Esistono anche dei criteri ACR per valutare il miglioramento della malattia
(Tab. 3) [63].
1.
numero di articolazioni dolenti (conta di 68 articolazioni)
2.
numero di articolazioni tumefatte (conta di 66 articolazioni)
3.
autovalutazione globale dell’attività di malattia (VAS o Lickert scale)
4.
valutazione globale dell’attività di malattia (VAS o Lickert scale)
5.
autovalutazione del dolore (VAS o Lickert scale)
6.
autovalutazione della disabilità funzionale (HAQ, AIMS2)
7.
reattanti della fase acuta (VES e PCR)
20% di miglioramento in 5 dei precedenti criteri: i primi due punti sono obbligatori.
Tab. 3. Criteri ACR 20 per la valutazione del miglioramento della malattia.
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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Mentre sono stati elaborati altri criteri per valutare la remissione della malattia
(Tab. 4).
1.
rigidità mattutina inferiore a 15 minuti
2.
assenza di astenia
3.
assenza di dolore articolare
4.
assenza di dolorabilità o di dolore al movimento articolare
5.
assenza di tumefazione articolare e/o tendinea
6.
VES < 30 nelle donne, < 20 negli uomini
Si parla di remissione quando sono presenti almeno 5 criteri per almeno 2 mesi.
Tab. 4. Criteri ACR per la valutazione della remissione della malattia.
Terapia
Il programma terapeutico prevede la combinazione di una serie di interventi
farmacologici
(FANS,
DMARDs,
steroidi,
farmaci
biologici)
e
non
farmacologici.
I DMARDs andrebbero iniziati, come abbiamo visto, entro 3 mesi dalla
diagnosi. Molti sono i fattori che determinano i criteri di scelta (Tab. 5).
Tab. 5: Flow chart terapeutica esemplificativa
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Complicanze
Le implicazioni cliniche sistemiche dell’AR e la sua cronicizzazione possono
provocare:
1) progressiva perdita della funzione articolare, dovuta ad erosione e
deformazione dei capi articolari;
2) interessamento extra-articolare, con:
a) nodulazioni cutanee non dolenti (noduli reumatoidi);
b) secchezza della mucosa orale e congiuntivale (Sindrome di Sjogren
secondaria);
c) interessamento oculare con episclerite da AR o cataratta (da terapia);
d) anemia da infiammazione cronica;
e) sindromi da compressione di nervi periferici (frequente la Sindrome del
tunnel carpale, con formicolii alle mani, specie notturni);
f) interstiziopatia nodulare polmonare (S. di Caplan);
g) pleuriti o pericarditi;
h) vasculite
cutanea
o
sistemica,
con
interessamento
renale
(glomerulonefriti);
i) osteoporosi (impoverimento della componente minerale dell'osso) da AR e
da terapia;
j) amiloidosi sistemica (soprattutto renale), da infiammazione cronica;
k) arteriosclerosi con tutte le conseguenze cerebro-cardio-vascolari.
Amiloide ed amiloidosi
L’amiloide è una sostanza proteica patologica, che si deposita tra le cellule di
vari tessuti ed organi in una amplissima varietà di situazioni cliniche. La
deposizione in modo insidioso richiede l’identificazione morfologica mediante
biopsia. Macroscopicamente, se vi sono depositi sufficienti di amiloide, un
tessuto trattato con soluzione iodurata e poi con una soluzione diluita di acido
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solforico acquista un colore giallo rossiccio che vira al blu o violetto (Virchow).
Fu proprio questo ricercatore a considerarla come una sostanza simile ad amido
ed a chiamarla amiloide. Al microscopio ottico in colorazione standard essa
appare come un materiale extracellulare ialino, eosinofilo, amorfo, che,
accumulandosi, provoca atrofia delle cellule adiacenti. Per la diagnosi
differenziale istologica la colorazione più usata è quella con il rosso Congo, che
a luce normale conferisce un colore rosa o rossastro all’amiloide, ma a luce
polarizzata determina una birifrangenza verde.
L’amiloide ha composizioni chimiche diverse e se ne possono distinguere due
forme principali ed altre meno importanti. I depositi amorfi sono costituiti da
fibrille di lunghezza non definita e non ramificate con diametro approssimativo
di 7,5-10 nm.. Le fibrille possono apparire singole, aggregate in fasce nel senso
della lunghezza o disposte in una rete. E’ presente, poi, la sostanza P con
struttura vagamente pentagonale, a forma di ciambella, con diametro esterno di
9 nm. e interna di 4 nm.. Ciascun pentagono è formato a sua volta da 5 subunità
globulari. L’aspetto ottico è legato ad una aggregazione fisico-chimica tale da
formare un piano inclinato “CROSS – β” nell’analisi cristallografica ai raggi X.
In pratica qualsiasi deposizione di una proteina fibrillare che dà vita ad un piano
β inclinato verrà riconosciuta come amiloide conferendole quelle caratteristiche
di polarizzazione. Le molecole del colorante rosso Congo si legano all’amiloide
con estrema regolarità e parallelismo.
La sostanza amiloide è formata da un 90% di proteine fibrillari ed un 10% di
glicoproteina P. Sono state isolate due classi principali di proteine fibrillari
dell’amiloide, chimicamente ed antigenicamente distinte:
AL = (amiloide a catena leggera) (da plasmacellule producenti catene leggere
delle immunoglobuline). Catene Ig leggere o frammenti N-terminali o entrambi
in genere λ ma a volte anche κ. Si associa a discrasie delle cellule B come il
mieloma multiplo a catene leggere (proteina di Bence Jones).
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AA = (proteina associata ad amiloide) (proteine non immunoglobuliniche
sintetizzate dal fegato). Proteine fibrillari sui generis di 8.500 D e 76 AA che si
riscontrano nelle amiloidosi secondarie. Si pensa che derivino da un precursore
di peso molecolare maggiore presente nel siero e denominato proteina SAA
(proteina sierica associata all’amiloide), che è sintetizzata nel fegato e circola
insieme alle lipoproteine HDL-3. L’amiloide AA ha una caratteristica
fondamentale: perde l’affinità per il rosso Congo dopo essere trattata con
permanganato di potassio.
L'analisi chimica relativa alle varie forme di amiloide ha portato a una
classificazione più raffinata. Un'unica proteina (una pentrassina) denominata AP
(o AP sierica) è universalmente associata con tutte le forme di amiloide e
rappresenta la base di un test diagnostico specifico.
Comunque nei depositi amiloidei sono stati isolati anche altri tipi di proteine:
TRANSTIRETINA = si lega alla tirosina ed al retinolo, veniva chiamata
impropriamente prealbumina. Una forma mutante ed alcuni suoi frammenti si
depositano nelle POLINEUROPATIE AMILOIDI FAMILIARI. Un’altra
variante viene depositata nell’amiloidosi secondaria associata a SENILITA’.
β2-MICROGLOBULINA = componente del MHC I che si associa ad un
peggioramento del decorso di pazienti sottoposti ad emodialisi per lungo tempo.
β2-PROTEINA AMILOIDE = 4.000 D, costituisce il nucleo delle placche
encefaliche nel morbo di Alzheimer e dell’amiloide depositata nelle pareti dei
vasi cerebrali in pazienti con lo stesso morbo.
ORMONI = procalcitonina; proinsulina; cheratina.
COMP. P =α1-glicoproteina sierica di 180.000-200.000 D molto simile alla
prot. C reattiva.
GLICOSAMINOGLICANI = isolata solo in alcuni casi.
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Patogenesi delle amiloidosi
Tutti gli accumuli di amiloide derivano da precursori solubili del siero in alcuni
casi del tutto normali in altri strutturalmente anormali per un difetto genetico
(transtiretina). Alcuni fenomeni di processazione o degradazione proteolitica
trasformano i precursori solubili in forme insolubili cioè amiloide.
Diversi fattori devono, quindi, agire di concerto per produrre amiloidosi. Tra
questi includiamo alterazioni quantitative e qualitative dei precursori proteici,
accoppiate a proteolisi difettosa o deficiente, come pure alcuni fattori ancora non
definiti. Probabilmente sono implicati anche i macrofagi.
L’amiloidosi può essere asintomatica o mortale. Riveste notevole importanza
l’eventuale
impegno
renale
con
proteinuria,
sindrome
nefrosica
ed
ipoalbuminemia accompagnata dalla conseguente insufficienza renale. Altre
volte si riscontrano insufficienza cardiaca congestizia ed aritmia, cardiomiopatia
restrittiva, malassorbimento e diarrea.
L'amiloidosi deve essere considerata nella diagnosi differenziale in caso di
sindrome
nefrosica
non
diabetica,
ipertrofia
del
ventricolo
sinistro
all'ecocardiografia, epatomegalia in assenza di alterazioni morfologiche
all'ecografia o alla TAC e polineuropatia. La diagnosi di amiloidosi richiede la
dimostrazione istologica dei depositi di amiloide. La struttura altamente ordinata
delle fibrille conferisce ai depositi colorati con rosso Congo una tipica
birifrangenza verde in luce polarizzata, che è patognomonica. L'aspirato con ago
sottile di grasso periombelicale può sostituire la biopsia degli organi coinvolti
nella grande maggioranza dei pazienti con amiloidosi AL sistemica [64].
Un'alternativa alla biopsia d'organo può anche essere la biopsia delle ghiandole
salivari minori labiali [65].
Purtroppo la prognosi è quasi sempre severa.
Le amiloidosi, quindi, sono un gruppo di malattie causate dal deposito in vari
tessuti di proteine anomale. In ciascun tipo di amiloidosi, una diversa proteina
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prodotta dall'organismo acquisisce la proprietà di accumularsi in diversi organi e
tessuti sotto forma di fibrille.
Si conoscono più di venti tipi di amiloidosi, ciascuno causato da una diversa
proteina che forma le fibrille.
Attualmente vengono riconosciute tre forme cliniche sistemiche principali ed
alcune forme localizzate:
Sistemiche
1) primitiva o idiopatica (forma AL);
2) secondaria, acquisita o reattiva (forma AA);
3) familiare o ereditaria o senile.
Localizzate (da metastasi tumorali, neoplasie endocrine, diabete mellito, etc…)
Le amiloidosi sistemiche sono malattie rare. Si stima che in Italia compaiano
circa 800 nuovi casi di amiloidosi ogni anno
La forma più frequente è rappresentata dall'amiloidosi AL, seguita
dall'amiloidosi reattiva AA [66]. Fra le forme familiari, l'amiloidosi da
transtiretina è la più comune, anche se in zone geografiche specifiche vi può
essere la prevalenza di tipi particolari.
Amiloidosi sistemica (o localizzata) primitiva (forma AL)
Nell'amiloidosi AL le fibrille sono formate dal frammento N-terminale di una
catena
leggera
immunoglobulinica
monoclonale.
Pertanto,
nell'AL,
il
responsabile della produzione della proteina amiloidogenica è un clone
plasmacellulare neoplastico. L'amiloidosi da catene leggere è la forma più
comune di amiloidosi sistemica nei paesi occidentali, con un'incidenza stimata
di 0.8 per 100.000 persone-anno [66].
In questi casi l’amiloidosi non è associata apparentemente a nessuna patologia
sebbene si ritrovino immunoglobuline e/o catene leggere libere monoclonali ed
una certa attivazione plasmacellulare midollare. Possono essere interessati il
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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cuore, i polmoni, la cute, la lingua, la tiroide e il tratto intestinale. Si possono
trovare nel tratto respiratorio o in altre sedi "tumori" amiloidi localizzati. Sono
frequentemente coinvolti gli organi parenchimali (fegato, milza, rene) e
l'apparato vascolare, specialmente il cuore.
Il clone amiloidogenico comprende non solo plasmacellule midollari mature, ma
anche cellule linfoplasmacitoidi nel midollo osseo e linfociti B circolanti [6768]. Il clone midollare è solitamente di modeste dimensioni (percentuale media
di plasmacellule midollari 7%). Solo il 5% dei pazienti con amiloidosi AL
presenta i criteri diagnostici per mieloma multiplo [69]. Soltanto una minoranza
delle catene leggere ha la capacità di formare fibrille d'amiloide. In uno studio su
1.384 pazienti con gammapatia monoclonale seguiti alla Mayo Clinic per un
tempo mediano di 15,4 anni, l'amiloidosi è insorta soltanto in 10 casi [70].
Pertanto, la capacità di formare amiloide è probabilmente correlata a
caratteristiche strutturali peculiari delle catene leggere amiloidogeniche. I tre
quarti delle catene leggere amiloidogeniche sono di isotipo λ [71]. Alcune
Caratteristiche peculiari delle catene leggere amiloidogeniche sono, almeno in
parte, responsabili del tropismo d'organo dei depositi d'amiloide. In particolare,
è stato dimostrato che le catene leggere λ6a sono associate al coinvolgimento
renale [71-73].
Amiloidosi sistemiche secondarie (forma AA)
Sono associate a malattie croniche, sia infettive (tubercolosi, bronchiectasie,
osteomielite, lebbra) sia infiammatorie (artrite reumatoide, ileite granulomatosa)
(Tab. 6).
In questi casi i depositi di amiloide hanno una predilezione per la milza, il
fegato, i reni, i surreni e i linfonodi. Tuttavia, nessun apparato viene risparmiato
e l'interessamento vascolare può essere ampiamente diffuso, anche se un
coinvolgimento cardiaco clinicamente significativo è raro. Il fegato e la milza
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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sono spesso aumentati di volume, duri e di consistenza elastica. I reni sono di
solito ingranditi. Sezioni della milza mostrano ampie aree traslucide, ceree, nel
contesto delle quali i normali corpi di Malpighi sono sostituiti da amiloide
pallida, determinando il caratteristico quadro della milza a "sagù".
Artrite reumatoide
Osteomielite tubercolare
Epatoma
Artrite psoriasiaca
Bronchiectasie
Carcinoma renale
Artrite cronica giovanile
Lebbra
Malattia di Hodgkin
Spondilite anchilosante
Pielonefrite
Tab. 6. Alcuni quadri clinici associati all'amiloidosi AA
L’amiloidosi reattiva è causata dalla persistente elevata concentrazione di una
proteina della fase acuta, la siero amiloide A (SAA), il cui frammento
aminoterminale si deposita in vari organi sottoforma di fibrille amiloidi. La
sintesi e secrezione epatica di SAA è mediata dalle citochine pro-infiammatorie
IL-1, IL-6 e TNF-α [74]. L'amiloidosi reattiva si associa a patologie
caratterizzate da uno stato flogistico cronico, quali le malattie autoimmuni, le
febbri periodiche ereditarie [75], le infezioni croniche ed alcuni tipi di neoplasie
caratterizzate da una marcata secrezione di citochine pro-infiammatorie.
La manifestazione clinica più comune è rappresentata dagli edemi declivi
causati dalla proteinuria, spesso in range nefrosico, che, in mancanza di
trattamento progredisce verso l'insufficienza renale. A questa si associano segni
di coinvolgimento del sistema nervoso autonomo con importanti alterazioni
dell'alvo, spesso diarroico, e ipotensione ortostatica. Nelle fasi avanzate della
malattia i depositi di amiloide possono interessare il cuore con un quadro di
cardiomiopatia restrittiva, scompenso destro e aritmie.
La diagnosi di amiloidosi AA deve essere sospettata in tutti i soggetti con
patologia infiammatoria nota, ad esempio l'artrite reumatoide, associata a
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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proteinuria ed edemi declivi. Frequentemente non vi sono patologie conclamate
associate e la prima manifestazione è la disfunzione renale. I depositi di
amiloide documentati su biopsia sono facilmente tipizzabili con anticorpi antiAA in immunoistochimica. La misura della SAA sierica è un utile ausilio
diagnostico: concentrazioni superiori ai 10 mg/L si associano solitamente alla
progressiva deposizione della proteina come fibrille amiloidi. La ricerca della
patologia
alla
base
dello
stato
infiammatorio
cronico
può
risultare
particolarmente difficile, ad esempio la malattia di Castleman può essere
localizzata in un singolo linfonodo viscerale. Per le febbri periodiche ereditarie
sono disponibili presso il nostro Centro test diagnostici sul DNA.
La amiloidosi AA può essere reversibile e la funzione degli organi recuperata se
la diagnosi è precoce ed il trattamento efficace. L'obiettivo della terapia è il
controllo dello stato flogistico con riduzione della concentrazione della SAA
sierica al di sotto dei 10 mg/L. E' stato infatti documentato che l'abbattimento
della concentrazione della SAA sotto questa soglia si associa a regressione dei
depositi di amiloide [76]. Per questo è di fondamentale importanza giungere
rapidamente alla individuazione della causa dello stato flogistico cronico.
Amiloidosi familiari o ereditarie
Le amiloidosi sistemiche ereditarie sono un gruppo di malattie a trasmissione
autosomica dominante e ad esordio in età adulta causate da mutazioni di
specifiche proteine plasmatiche: la transtiretina, l'apolipoproteina A-I,
l'apolipoproteina A-II, il lisozima, la catena α del fibrinogeno e la gelsolina [77].
La presenza di una mutazione riduce la stabilità termodinamica della proteina
mutata circolante e/o la rende suscettibile di modificazioni proteolitiche [78].
Nell'insieme le alterazioni strutturali indotte dalla presenza della mutazione
attribuiscono alla proteina mutata la propensione ad aggregarsi nei tessuti
formando fibrille di amiloide. Questo processo di aggregazione e di deposizione
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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tissutale della proteina mutata avviene lentamente nel tempo e conduce
all'insorgenza della malattia in età adulta. La penetranza di queste mutazioni è
tuttavia molto elevata, mentre l'età di esordio può variare significativamente in
relazione al tipo di mutazione in causa. Le amiloidosi ereditarie sono malattie
molto rare. Tra queste ricordiamo quelle da: transtiretina; apolipoproteina A-I;
apolipoproteina A-II, fibrinogeno e lisozima.
Amiloidosi localizzate
Depositi nodulari (tumore-simili) di sostanza amiloide in polmoni, laringe, cute,
vescica, lingua ed orbita. Con altri tumori maligni (p. es.: il carcinoma midollare
della tiroide, l’insulinoma, il feocromocitoma e i carcinomi indifferenziati
gastrici) essa può presentarsi solo localmente in associazione con il tumore o nel
contesto delle metastasi. L'amiloide viene frequentemente riscontrata nel
pancreas di individui con diabete mellito di tipo adulto.
Amiloidosi ed AR
Lo studio istoimmunologico ed elettronico di frammenti di tessuto renale
prelevati per via bioptica, ha consentito di definire meglio il tipo di nefropatie
che si riscontrano nei pazienti con AR. I quadri istopatologici prevalenti
comprendono le glomerulonefriti e l’amiloidosi, rilevati rispettivamente nel 6065% e nel 20-30% delle biopsie. La rimanente quota riguarda la nefrite
interstiziale, acuta e cronica [79].
È noto che l’amiloidosi secondaria o reattiva è una delle complicanze associate
all’AR. L’espressione clinica più comune della localizzazione renale è data dalla
proteinuria seguita dall’insufficienza renale acuta o cronica e dalla trombosi
della vena renale. In conseguenza della deposizione fibrillare in altre sedi, si
riscontrano epatosplenomegalia, disturbi gastroenterici ed ipotensione arteriosa.
La complicanza amiloidotica comporta una riduzione della sopravvivenza, un
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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incremento della morbilità e rappresenta la più frequente causa di ingresso in
terapia sostitutiva dei pazienti con danno renale in corso di AR [80, 81].
Compare in soggetti con titolo elevato di fattore reumatoide (FR) e con lesioni
articolari avanzate dopo un periodo prolungato dall’esordio della malattia di
base, mediamente dopo 10-15 anni [82]. La patogenesi è ancora controversa,
tuttavia, secondo l’ipotesi più accreditata, lo stimolo infiammatorio cronico
stimolerebbe l’attività macrofagica, con produzione di IL-1 ed incremento della
sintesi epatica di SAA (α-globulina sierica) ed attiverebbe il sistema
reticoloendoteliale con coinvolgimento della funzione lisosomiale, aumento
della proteolisi e produzione di proteina AA, componente fibrillare
dell’amiloide, a deposizione preferenziale in sede glomerulare, tubulare e
parieto-vasale [83, 84]. A livello glomerulare le fibrille, dal caratteristico aspetto
cotonoso, tendono a invadere gli spazi mesangiali fino ad occuparli
completamente, con progressiva scomparsa della cellularità del flocculo, che
non si riduce di volume. Le lesioni atrofiche sono invece prevalenti a carico dei
vasi, dei tubuli e dell’interstizio. La stretta connessione fra l’attività dell’AR e
l’insorgenza della complicanza amiloidotica è un dato certo, che impone la
scelta di una terapia immunosoppressiva e combinata. In letteratura sono
segnalati buoni risultati, non solo sul contenimento della sintomatologia, ma
anche sulla regressione, accertata biopticamente, dei depositi renali, mediante
l’utilizzo del clorambucil e dell’associazione di ciclofosfamide o methotrexate
con steroidi [80, 85, 86]. Il trattamento con DMARDs (Disease-Modifying
Antirheumatic Drugs), in combinazione o associati ad immunosoppressori, ha
ridotto drasticamente il numero dei pazienti in dialisi per amiloidosi renale da
AR [87].
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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Terapia con i biologici
Ad oggi sono stati descritti in letteratura 40 casi, suddivisi in 2 gruppi di studio,
sull’impiego degli anti TNF-α in pazienti con amiloidosi secondaria ad AR o ad
altre malattie infiammatorie croniche e pochi altri casi simili ma aneddotici. In
particolare, il gruppo francese di Mariette e Gottenberg ha trattato 15 pazienti
con Amiloidosi renale: in 7 l’Amiloidosi è progredita, in 5 si è stabilizzata e in 3
c’è stata una significativa riduzione della proteinuria (80%) con aumento del
GFR. 10 pazienti erano stati trattati con infliximab, 4 con etanercept ed uno con
entrambi in tempi diversi. I parametri valutati furono: PCR; proteinuria delle 24
ore e creatinina. L’efficacia fu definita da una diminuzione della proteinuria e da
una stabilizzazione o miglioramento del GFR in accordo con l’equazione di
Cockroft e Gault [88]. Il gruppo spagnolo di Antonio Fernández-Nebro, invece,
ha studiato 25 pazienti di cui 16 AR, 5 spondiliti anchilosanti e 4 artriti
psoriasiche affetti in 24 casi da amiloidosi renale e di altri distretti e solo in un
caso dalla sola amiloidosi epatica. Questi pazienti sono stati trattati in 3 casi con
etanercept ed in tutti gli altri con infliximab. Anche in questo studio i parametri
considerati furono PCR; proteinuria delle 24 ore e creatinina. In questo secondo
gruppo, però, si registrò un miglioramento più significativo oltre che della PCR
anche della creatinina e della proteinuria delle 24 h [89].
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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Etanercept
Fig. 5: la struttura dimerica dell’Etanercept
Caratteristiche generali.
E’ una proteina di fusione, indicata con la sigla rhuTNFR-Fc, ottenuta tramite
tecniche di DNA ricombinante, che utilizzano un sistema di espressione di
cellule ovariche di criceto cinese (CHO). L’Etanercept è un dimero (Fig. 5) di
una proteina chimerica preparata con tecniche di ingegneria genetica tramite la
fusione del dominio extracellulare del recettore-2 del fattore di necrosi tumorale
umano (TNFR2/p75) responsabile del legame con il TNF-α e la frazione Fc
dell'immunoglobulina umana IgG1. Quest’ultima contiene la regione cerniera, le
regioni CH2 e CH3 ma non la regione CH1 dell'IgG1. La proteina ricombinante
che ne deriva contiene 934 aminoacidi ed ha un peso molecolare apparente di
circa 150 kilodalton [90].
Modalità di produzione
Le procedure di produzione di proteine ricombinanti mediante tecniche di biotecnologia seguono numerosi passaggi che possono essere così sintetizzati:
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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a) iniziale clonazione del gene codificante per la proteina in oggetto mediante
inserimento in un plasmide;
b) successivo inserimento del plasmide vettore in una cellula adatta ad ottenere
un vero e proprio specifico sistema di espressione cellulare vettore-ospite. La
cellula ospite può essere di origine procariota o eucariota. In questo ultimo
caso si ottiene una più fedele ricostruzione della struttura proteica finale
grazie ad una glicosilazione di tipo eucariotica.
c) dopo un’ottimizzazione qualitativa e quantitativa la proteina viene prodotta
in larga scala mediante processi di fermentazione o coltura cellulare;
d) purificazione e controllo qualitativo della proteina ricombinante (Fig. 6)
[91].
A
Eco RI
Tratto di DNA
che codifica per il
TNF-R2
Eco RI
Plasmide pCAV/NOT
Eco RI
Fibroblasta umano
Plasmacellula umana
Eco RI
Tratto di DNA
che codifica per il
Eco RI
Fc dell’IgG1
N
Spe1
Enzimi di
restrizione
PCR
Gene “rhuTNFR:Fc”
Spe1
Eco RI
T4-ligasi + linker
Gene “rhuTNFR:Fc”
Spe1
C
“Linker”
ASP718
C
Colture di Es. Coli
Plasmide IXY498
Eco RI o enz. di restrizione
B
Plasmide
pCAV/NOTTNFR
Vettore
Bluescript
ASP718
Es. Coli
ASP718
D
Cellule uova di Hamster cinese
Enz. di legame
Enz. di restrizione
Not 1cut
rhuTNFR:Fc
Not 1
Plasmide pCAV/DHFR
Plasmide pCAV/DHFR/TNFR:Fc
Fig. 6
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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Indicazioni terapeutiche
™ Artrite Reumatoide attiva di grado moderato-severo degli adulti;
™ Artrite Reumatoide grave, attiva e progressiva degli adulti non trattati
precedentemente con metotressato;
™ Artrite cronica giovanile poliarticolare in fase attiva;
™ Artrite Psoriasica in fase attiva e progressiva degli adulti;
™ Spondilite Anchilosante severa in fase attiva degli adulti;
™ Psoriasi a placche da moderata a severa degli adulti.
Posologia e modalità di somministrazione
Adulti: Artrite Reumatoide, Artrite Psoriasica e Spondilite Anchilosante. La
dose raccomandata è di 25 mg da somministrare due volte a settimana o 50 mg
una volta a settimana. Psoriasi a placche, la dose raccomandata è di 25 mg
somministrati due volte a settimana, in alternativa, possono essere utilizzati 50
mg due volte a settimana per 12 settimane, seguiti, se necessario, da una dose di
25 mg due volte a settimana. Il trattamento deve continuare fino al
raggiungimento della remissione, per un massimo di 24 settimane. Il trattamento
deve essere sospeso nei pazienti che non mostrano risposta dopo 12 settimane.
Bambini ed adolescenti da 4 a 17 anni: 0,4 mg./kg., fino ad un massimo di 25
mg. per dose, somministrati due volte alla settimana per iniezione sottocutanea.
Insufficienza renale ed epatica: non sono necessari adattamenti di dosaggi [90].
Eventi avversi
Tra i più frequenti e meno gravi ricorderemo:
Reazioni nel sito di iniezione: 36%.
Infezioni: 22% dei casi soprattutto delle alte vie respiratorie.
Gli eventi avversi gravi invece riguardano:
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Infezioni gravi e sepsi: non si sono osservati aumenti significativi rispetto al
placebo. 186 infezioni gravi su circa 2.910 pazienti trattati.
Tumori maligni: non si sono osservati aumenti significativi rispetto al placebo.
129 neoplasie maligne di vario genere (soprattutto ca. della mammella e del
polmone) su circa 4.344 pazienti trattati e solo 15 casi di linfoma su 5.996
pazienti trattati.
Autoanticorpi: la nuova comparsa di ANA con titolo > ad 1:40 in pazienti
trattati è stata dell’11% rispetto ai controlli attestatisi al 5%. La positività agli
anti DNA a doppia elica è comparsa nel 15% dei pazienti sottoposti al farmaco
rispetto al 4% dei controlli. Gli Ab anti-cardiolipina non hanno subito un
aumento significativo rispetto all’atteso. Si segnalano alcuni casi di Lupus
cutaneo subacuto e Lupus discoide.
Pancitopenia ed anemia aplastica: alcune segnalazioni post-marketing in alcuni
casi fatali [90].
Meccanismo d’azione
L'Etanercept inibisce l'attività del TNF legandosi con elevata affinità sia alla
forma solubile (sTNF) che a quella transmembrana (tmTNF) del recettore del
TNF, bloccando, così, sia il TNF-α che la linfotossina-α (LFT-α) (Fig. 7).
Il legame del TNF ad opera del costrutto dimerico umano p75 TNFR:Fc
(Etanercept) è 50-1.000 volte più potente, in termini di inibizione del TNF,
rispetto alla forma monomerica ed è caratterizzato da una elevata velocità di
associazione
e
dissociazione
al
TNF
[92-94].
L'Etanercept
lega
preferenzialmente la forma trimerica del sTNF, ma può legare anche il tmTNF,
sempre in maniera instabile e lasciando comunque libero un sito di legame sul
recettore anche in condizioni di eccesso di ligando. Ciò favorisce anche il
rilascio di una forma di TNF dissociata bioattiva. L'Etanercept si lega in vitro al
tmTNF con una efficacia inferiore di circa quattro volte a quella con cui si lega
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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l'Infliximab ed è significativamente meno potente nel bloccare gli effetti indotti
dal tmTNF. A causa della velocità di dissociazione relativamente rapida in
confronto all’Infliximab, l'Etanercept libera circa il 50% del sTNF ed il 90% del
tmTNF dopo soli 10 minuti dal legame ed induce l'apoptosi dei monociti
sinoviali [94, 95].
Infliximab
Etanercept
sTNF-α
sTNF-α
LTF-α
Anti TNF-α chimerico, mAbs
sTNFRp75-IgG
tmTNF-α
tmTNF-α
Fig. 7
Rispetto agli anticorpi monoclonali concorrenti l’Etanercept mostra, oltre alla
maggiore diffusibilità nel compartimento extracellulare, la capacità peculiare di
inibire la LTF-α. Inoltre, risulta in grado di "intrappolare" rapidamente il TNF e
la LT dove sono presenti in abbondanza e di rilasciarli rapidamente ovunque essi
siano presenti in bassa concentrazioni, esplicando in tal modo un'azione
transitoria più fisiologica nella neutralizzazione del TNF.
Anche in condizioni di bassa concentrazione di TNF libero indotta dagli inibitori
L’Etanercept, una molecola caratterizzata da una costante di associazione più
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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elevata e da un valore intermedio di clearance, a differenza degli altri due
antagonisti, è risultato in grado di competere efficacemente per il legame del
TNF con il pool dei recettori cellulari di superficie, come già predetto da Mohler
[96].
Studi clinici
Il primo studio di confronto è stato pubblicato nel 1999 [97, 98]. In questo
studio 59 pazienti affetti da AR sono stati trattati con combinazione MTX ed
Etanercept e 30 con MTX da solo. A 24 settimane, è stato raggiunto un ACR 50
nel 39% ed un ACR 70 nel 15% dei pazienti in combinazione, verso un ACR 50
nel 3% ed un ACR 70 nello 0% dei pazienti in MTX da solo. Nel 2004 veniva
pubblicato lo studio TEMPO (Trial of Etanercept and Methotrexate with
Radiographic Patient Out-come) nel quale 223 pazienti venivano trattati con
Etanercept in monoterapia, 228 in sola terapia con MTX e 231 pazienti venivano
posti in terapia con Etanercept ed MTX. Veniva dimostrato che, a 52 settimane,
si aveva un sostanziale rallentamento della progressione radiografica nei
pazienti trattati con il solo Etanercept; un arresto della progressione del danno a
52 settimane nei pazienti in terapia combinata ed una progressione di circa 3
volte superiore nel gruppo in monoterapia con MTX. A 52 settimane, la
proporzione
di
pazienti
trattati
con
Etanercept
in
monoterapia
che
raggiungevano l'ACR 50 e l'ACR 70 era del 48% e 24%, rispettivamente. La
proporzione di pazienti trattati con Etanercept e MTX che raggiungevano l'ACR
50 era del 69% e quella di pazienti che raggiungevano l'ACR 70 era del 43%
verso un ACR 50 del 43% ed un ACR 70 del 19% nel gruppo trattato con MTX
da solo. Di grande interesse i dati che riguardano il DAS <1,6 (remissione): 35%
in combinazione terapeutica, 16% in Etanercept in monoterapia, 13% in MTX
monoterapia [99]. I dati radiografici ad 1 anno sono stati recentemente
confermati dai risultati ottenuti a 2 anni [100]. Nella popolazione di pazienti con
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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AR di recente insorgenza (ERA) dello studio TEMPO, a 2 anni, la proporzione
di pazienti trattati con Etanercept in monoterapia che raggiungeva l'ACR 50 era
del 58,4% e la percentuale che raggiungeva l'ACR 70 era del 32,5%; la
proporzione di pazienti nel gruppo trattato con Etanercept e MTX che
raggiungeva l'ACR 50 era del 68,8% e la percentuale che raggiungeva l'ACR 70
era del 44,2% verso un ACR 50 del 42,7% ed un ACR 70 del 22,7% nel gruppo
trattato con MTX da solo [101]. Vi sono evidenze non controllate né
randomizzate di un recupero ad ACR 50 del 66% e ad un ACR 70 del 33% dei
pazienti non responsivi ad Infliximab [102].
Per quanto riguarda la terapia dell’artrite psoriasica (AP) vanno citati lo studio
randomizzato doppio cieco controllato con placebo della durata di 12 settimane
di Mease et al. [103]. Condotto su 60 pazienti con AP e psoriasi aveva come
endpoints: PSARC (Psoriatic Arthritis Response Criteria,); ACR20 e PASI.
L'87% dei pazienti soddisfaceva il PSARC contro il 26% dei soggetti in placebo;
l’ACR20 è stato raggiunto dal 73% dei pazienti trattati verso il 13% dei
controlli. Il valore medio del PASI nei pazienti in Etanercept era del 46% verso
il 9% del gruppo placebo. Un ulteriore trial multicentrico randomizzato doppio
cieco controllato con placebo di fase III, condotto su 205 pazienti con AP, ha
dimostrato che la percentuale dei pazienti che soddisfanno il PSARC (72%) è
più alta di quelli che soddisfanno i criteri ACR e, per di più, questa percentuale
non varia nel tempo, come invece si è registrato con l’ACR20 che tendeva a
subire un calo dalla 12a alla 24a settimana (la quota scende dal 59 al 50%) [104].
Inoltre, i pazienti in trattamento con Etanercept hanno mostrato una erosività
significativamente ridotta in confronto ai controlli, con riduzione sia del total
Sharp score che dell’erosion score. Questi punteggi si sono mantenuti negativi
alla 24a come alla 48a settimana, indicando di fatto l'arresto della progressione
del danno.
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Per quanto riguarda gli studi sulla SA essi iniziano con uno studio open
descrittivo longitudinale (6 mesi) condotto su 10 pazienti affetti da SA. Si
presero in considerazione la valutazione RMN delle lesioni spondilitiche, la
conta delle entesi infiammate ed alcuni questionari sulla misura della funzione
della qualità di vita (BASFI, BASDAI, l'ASQoL (Ankylosing Spondylitis
Quality of Life). I risultati consentono di dimostrare un miglioramento
statisticamente significativo di tutti i parametri clinici [105].
Lo stesso gruppo ha documentato, inoltre, in uno studio in aperto su 20 pazienti
con SA che l'Etanercept migliora la densità della massa ossea (BMD) dei
pazienti trattati con questa terapia rispetto ai pazienti in placebo [106].
Dopo il primo promettente approccio in aperto, si sono succeduti 3 studi in
doppio cieco controllati.
Il primo studio è uno studio monocentrico condotto in doppio cieco,
randomizzato, controllato con placebo della durata di 4 mesi, seguito da una fase
in aperto di 6 mesi. Esso dimostrò un miglioramento significativo dell’ASAS 20
(criterio di remissione per le spondiloartriti) [107].
Il secondo studio è uno studio multicentrico di 6 settimane in doppio cieco,
controllato con placebo, seguito da 6 mesi di estensione in aperto, condotto su
30 pazienti (14 in Etanercept, 16 in placebo) con malattia attiva (BASDAI >4).
In questo studio il trattamento con Etanercept si è dimostrato significativamente
migliore del placebo nel ridurre l'attività di malattia nel 57% dei pazienti alla 6a
settimana (il 6% nel gruppo placebo). La recidiva di malattia è sopravvenuta in
media a 6,2 ± 3 settimane dalla sospensione dell'Etanercept [108].
Il terzo studio, più recente, è uno studio multicentrico internazionale,
randomizzato, doppio cieco, controllato con placebo, della durata di 24
settimane, condotto su 277 pazienti affetti da SA moderata o severa. I pazienti
sono stati trattati con Etanercept (n = 138) o con placebo (n = 139). Il
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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raggiungimento dell'ASAS 20 si è verificato nel 59% dei pazienti in Etanercept
(il 28% nel gruppo placebo) alla 12a settimana [109].
Caso clinico
Donna di 74 anni affetta da AR da circa 30 anni. Nel corso degli anni ha
effettuato teapia di fondo con numerosi DMARDs sia in monoterapia che in
combinazione senza risultati rilevanti. Purtroppo la patologia ha seguito il
destino classico di un progressivo peggioramento determinando anche alcune
complicanze tipiche. Nel 2005, infatti, è insorta un’insufficienza renale, la quale
ha imposto una biopsia del rene e la diagnosi certa di amiloidosi renale. In quel
periodo la paziente stava effettuando una terapia di fondo con la leflunomide.
Questo farmaco aveva permesso un controllo non ottimale dell’attività di
malattia, ma nel proseguio del tempo la paziente ne aveva sviluppato
un’intolleranza. Si pensò, quindi, di utilizzare un farmaco biologico che avesse
l’indicazione per l’AR e potesse migliorare la funzione renale compromessa dai
depositi di amiloide. La paziente fu sottoposta allo screening per i biologici anti
TNF-α risultandone arruolabile. Gli studi di Gottenberg e Nebro avevano testato
positivamente l’infliximab e l’etanercept. Le condizioni cliniche della paziente,
la difficoltà a raggiungere periodicamente l’ospedale e la possibilità di modulare
meglio la terapia ci indussero ad utilizzare l’etanercept ad un dosaggio di attesa
di 25 mg. settimanali sottocute. Naturalmente la paziente è tuttora sottoposta ad
un monitoraggio mensile delle sue condizioni cliniche ma soprattutto dei suoi
parametri biologici fondamentali. Vengono effettuati regolarmente il profilo
medico e renale, l’emocromo con formula, l’esame urine completo, la misura
della diuresi e della proteinuria delle 24 h, la VES e la PCR. La paziente viene
anche periodicamente controllata presso l’ambulatorio di Nefrologia del nostro
ospedale.
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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La terapia con l’etanercept (ENBREL®) è stata associata anche a prednisone 5
mg. cpr.; una cpr. die ed alla restante terapia costituita da antipertensivi,
diuretici, gastroprotettore, analgesici ed antifratturativi.
I parametri valutati in questo caso clinico sono gli stessi utilizzati negli studi già
citati di Gottenberg e Nebro:
1) VES;
2) PCR;
3) Creatinina;
4) Proteinuria delle 24 h.
La terapia è iniziata il 15 giugno 2006 ed è tuttora in corso con i risultati
riportati nelle tabelle seguenti.
140
120
100
80
60
40
20
0
25/06/2008
21/05/2008
16/04/2008
13/03/2008
06/02/2008
03/01/2008
28/11/2007
18/10/2007
21/09/2007
23/08/2007
27/07/2007
29/06/2007
04/06/2007
17/04/2007
13/03/2007
31/01/2007
04/01/2007
28/11/2006
28/10/2006
06/10/2006
06/09/2006
07/08/2006
14/07/2006
15/06/2006
Tab. 7: Andamento della VES (mm/I h) con linea di tendenza in rosso tratteggiato.
___________________________________________________________________________________________
- 31 -
Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
__________________________________________________________________________________________
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
25/06/2008
06/02/2008
18/10/2007
27/07/2007
17/04/2007
04/01/2007
06/09/2006
15/06/2006
Tab. 8: Andamento della PCR (mg/dL) con linea di tendenza in rosso tratteggiato.
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
0
25/06/2008
21/05/2008
16/04/2008
13/03/2008
06/02/2008
03/01/2008
28/11/2007
18/10/2007
21/09/2007
23/08/2007
27/07/2007
29/06/2007
04/06/2007
17/04/2007
13/03/2007
31/01/2007
04/01/2007
28/11/2006
28/10/2006
06/10/2006
06/09/2006
07/08/2006
14/07/2006
15/06/2006
Tab. 9: Andamento della creatinina (mg/dL) con linea di tendenza in rosso tratteggiato.
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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8.000
7.000
6.000
5.000
4.000
3.000
2.000
1.000
0
25/06/2008
21/05/2008
16/04/2008
13/03/2008
06/02/2008
03/01/2008
28/11/2007
18/10/2007
21/09/2007
23/08/2007
27/07/2007
29/06/2007
04/06/2007
17/04/2007
13/03/2007
31/01/2007
04/01/2007
28/11/2006
28/10/2006
06/10/2006
06/09/2006
07/08/2006
14/07/2006
15/06/2006
Tab. 10: Andamento della proteinuria delle 24 h (mg/L) con linea di tendenza in rosso
tratteggiato.
Dai dati si evince che i miglioramenti più importanti si sono registrati a livello
della PCR e della proteinuria delle 24 h. Dal punto di vista clinico questo si è
tradotto in un controllo migliore dell’attività di malattia dell’AR soprattutto in
relazione al quadro delle algie articolari e della qualità di vita, ma anche in un
netto miglioramento della proteinuria delle 24 h. con forte riduzione degli edemi
declivi e recupero della protidemia totale. I valori di creatinina, invece, sono
migliorati meno brillantemente in linea con i dati già pubblicati in letteratura.
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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Conclusione
Il razionale per l’uso di un farmaco biologico anti TNF-α deriva dall evidenze
scientifiche del ruolo di questa citochina nella patogenesi dell’amiloidosi AA
[88]. Sappiamo che il TNF induce la produzione di SAA negli epatociti durante
la risposta di tipo infiammatoria della fase acuta, così come la produzione di
interleukina-1 ed interleukina-6 [110]. Inoltre le molecole ricombinanti di TNF
aumentano i depositi di amiloide negli hamster (criceti) di razza siriana [111]. In
più il TNF favorisce l’espressione dei recettori per i prodotti finali della
glicazione, la cui interazione con le fibrille amiloidi è responsabile per la
citotossicità delle stesse ed il relativo danno tissutale [112, 113]. Quindi, il
blocco del TNF può non solo ridurre la sintesi dei precursori dell'amiloide ma
anche rallentarne il deposito, attenuando, così, le conseguenze derivanti
dall’interazione tra le fibrille amiloidi e i loro recettori nelle cellule e nei tessuti
(Fig. 8).
Malattie reumatiche
infiammatorie
TNF-α
+
Sintesi SAA
+
Fibrillogenesi e
deposito di
amiloide
+
RAGE (Receptors for
Advanced Glycation end
Products = recettori per i
prodotti finali della
glicazione)
Citotossicità e
danno tissutale
Fig. 8
___________________________________________________________________________________________
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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Sarebbe auspicabile, a questo punto, uno studio che includa pazienti che abbiano
condizioni cliniche paragonabili sia in termini di malattia infiammatoria che di
tipologia dell'amiloide. Il trattamento con l'anti-TNF dovrebbe essere preceduto
e seguito nel tempo da valutazioni obiettive e ripetute dei depositi di amiloide
mediante biopsie del tessuto grasso e scintigrafia con radionuclide tipo SAP
(Serum amyloid P component). Lo scopo di questo studio sarebbe quello di
confermare la tolleranza, la sicurezza e l’efficacia degli anti-TNF e di
identificare i fattori predittivi di efficacia. Il ruolo patogenetico del TNF nella
formazione dell’amiloidosi AA e i risultati incoraggianti dei pochi studi e/o casi
riportati in letteratura sembrano promettere bene per la cura delle amiloidosi
secondarie a malattie articolari infiammatorie mediante anti-TNF.
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Su di un caso di artrite reumatoide complicata da amiloidosi renale in trattamento con etanercept
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