Comments
Transcript
MAREA ASTRONOMICA E METEOROLOGICA IN ITALIA
MAREA ASTRONOMICA E METEOROLOGICA IN ITALIA: Analisi propedeutiche ad applicazioni di ingegneria marittima e costiera e allo sfruttamento delle sue potenzialità energetiche Gian Mario Beltrami Dipartimento di Ingegneria delle Strutture, delle Acque e del Terreno Università degli Studi di L’Aquila 1. Introduzione Come noto, nel mar Mediterraneo, le variazioni di livello della superficie marina indotte dal propagarsi di onde di marea astronomica risultano contenute. Con l’eccezione del Golfo di Trieste nell’Adriatico Settentrionale e del Golfo di Gades in Tunisia, nei quali - a causa dell’estensione della piattaforma continentale - è possibile osservare escursioni superiori al metro, l’altezza della mare dovuta alla forzante astronomica risulta infatti pari a poche decine di centimetri. Occorre osservare come tale ridotta escursione esalti l’importanza relativa delle variazioni indotte da cause meteorologiche, ovvero della marea meteorologica. A parte gli eventi di sovralzo di tempesta - di cui come noto l’Acqua Alta a Venezia è il caso più eclatante - il semplice instaurarsi di gradienti nel campo di pressione atmosferica agente sulla superficie del ‘Mare nostrum’ è infatti in grado di determinare variazioni di una qualche significatività, se riferite all’altezza della marea astronomica locale. Tali variazioni hanno evidentemente carattere stagionale e, influendo sul livello medio locale, incidono su applicazioni di ingegneria marittima o costiera quali, ad esempio, la definizione delle quote di banchina, o delle linee di riva. L’analisi delle serie storiche risultanti dal monitoraggio non solo dei livelli idrometrici, ma anche della pressione atmosferica e del vento, assume quindi una decisa importanza nella redazione degli studi meteo-marini propedeutici a tali applicazioni. A partire dalla ristrutturazione del 1998, grazie al costante ammodernamento e potenziamento della Rete Mareografica Nazionale nonché dei criteri di divulgazione dell’informazione, il Servizio Mareografico - oggi componente dell’ISPRA – mette a disposizione del pubblico le serie storiche delle principali grandezze di interesse mareografico. Dopo aver brevemente richiamato le origini delle forzanti di marea, nonché i criteri di esecuzione di un corretto monitoraggio delle variazioni da esse determinate, la presente nota intende fornire un quadro delle principali analisi da effettuare sui dati monitorati (analisi di statistica descrittiva, analisi armonica, analisi estremali), nonché esempi di utilizzazione dei loro risultati. Infine, verranno brevemente illustrate le principali tecnologie ad oggi sviluppate per lo sfruttamento dell’energia potenziale e cinetica associata all’oscillazioni di marea. 2. Le forzanti Le maree si manifestano principalmente come ritmico innalzarsi e abbassarsi del livello marino cui si accompagnano spostamenti orizzontali della massa marina noti come correnti di marea. Entrambi gli spostamenti, verticale e orizzontale, rappresentano manifestazioni differenti di un unico fenomeno, peraltro noto fin dall’antichità (Russo, 2003). Se da una parte il regolare manifestarsi di tali spostamenti testimonia della costante presenza delle forze che li causano e li governano, dall’altra il fatto che essi presentino ovunque stessa natura, anche se differente estensione, testimonia della loro globalità. Tutto ciò dimostra l’origine astronomica della forzante, ovvero come essa sia da imputarsi all’azione esercitata sulla Terra dai corpi celesti (in particolare Sole e Luna), giustificando la denominazione di marea astronomica comunemente data al fenomeno principale (Defant, 1961). L’origine della forza di marea (Doodson, 1921; Dronkers, 1964; Godin, 1972; Pugh, 1987) può spiegarsi brevemente come segue. Si considerino due corpi sferici, rispettivamente di massa m1 (la Terra) e m2 (ad es. la Luna o il Sole), in moto di traslazione senza rotazione (rivoluzione) attorno ad un comune centro di gravità (Fig. 1 sx). A causa del moto di rivoluzione, ogni punto appartenente a uno dei due corpi è soggetto alla forza di attrazione gravitazionale newtoniana dovuta alla presenza Marea Astronomica e Meteorologica in Italia dell’altro, nonché alla forza centrifuga determinata dal proprio moto attorno al centro di gravità del sistema. Per la stabilità del sistema, nel baricentro del corpo di massa m1, la forza di attrazione gravitazionale esercitata dal corpo di massa m2 su quello di massa m1 è perfettamente controbilanciata dalla forza centrifuga. Tale equilibrio non è soddisfatto in tutti i punti del corpo di massa m1. Infatti, mentre la forza centrifuga è costante su tutto il corpo, l’azione di attrazione gravitazionale è funzione del quadrato della distanza r1 del punto considerato dal baricentro del corpo di massa m2. Conseguentemente, nei punti distinti dal baricentro, l’equazione di equilibrio da origine a una forza risultante per unità di massa (forza di marea) data dalla somma della forza di attrazione gravitazionale locale e della forza centrifuga costante (Fig. 1 dx). Kcf X Kgr1 K m1 r1 r/r r1/r1 m2 centro di gravità r0 Kgr0 r0/r0 m2 b c m1 Fig. 1 – Rivoluzione dei corpi m1 e m2 (sx), forza risultante agente sul generico punto del corpo m 1 (dx) Il ritmico innalzamento e abbassamento del livello marino indotto da cause astronomiche può essere disturbato da cause meteorologiche, in particolare dai gradienti nel campo di pressione atmosferica e dall’azione tangenziale del vento, causa della cosiddetta marea meteorologica. A seguito dell’instaurarsi di un gradiente nel campo di pressione atmosferica, a scala locale si genera una variazione di livello che, interpretato alla luce dell’effetto del barometro inverso, può valutarsi in prima approssimazione pari a ± 1 cm per ogni millibar di diminuzione o aumento della pressione atmosferica rispetto al suo valore medio (1013 mmbar). Per quanto riguarda il vento associato alle perturbazioni (Fig. 2), la sua azione tangenziale può spingere la massa d'acqua verso la costa, accelerandola (sovralzo di vento). Al raggiungimento di condizioni stazionarie, l'acqua risulta in equilibrio sotto l'azione del gradiente di pressione dovuto alla pendenza assunta dalla superficie del mare e le azioni agenti alla superficie libera e al fondo rispettivamente legate alla resistenza del vento e all'attrito sul fondo. Nel caso in cui, come spesso accade, forti venti siano associati a cadute locali di pressione atmosferica, l’effetto combinato dei due fenomeni porta alle condizioni di sovralzo di tempesta (storm surge), ad esempio tipiche dei fenomeni di Acqua Alta a Venezia. vento A a i a D w A b sezione A-A Fig. 2 – Rappresentazione schematica delle condizioni di sovralzo di vento. 2 Gian Mario Beltrami Occorre infine sottolineare che - come ogni sistema dinamico - un bacino naturale soggetto a una forzante tende ad amplificare le oscillazioni di frequenza prossima a quelle di modo proprio, ovvero di risonanza. Al decadere della forzante, il bacino continua a oscillare secondo tali frequenze fino a quando l’azione d’attrito esercitata dalle coste e dai fondali non esaurisce il loro contenuto energetico. L’azione meteorologica (pressione, vento) e quella astronomica (componente di marea astronomica) possono esplicarsi con una frequenza tale da forzare all'interno di un bacino una oscillazione di moto proprio la quale, a seconda del valore della forzante, continua a persistere nel bacino fino al suo esaurimento determinando successive intense fluttuazioni dei livelli (sesse). 3. La misura 3.1 Le tecnologie Le tecnologie di misura dei livelli (Pugh, 1987; IOC, 1985-2006) si distinguono a seconda che la misura sia effettuata presso la costa o al largo. Le misure più comuni - e più semplici da realizzare sono quelle effettuate presso la costa, in genere all’interno di bacini portuali, per il tramite di mareografi, siano essi dotati dello storico sensore a galleggiante, ovvero di più moderni sensori del tipo a ultrasuoni, a pressione o a microonde. Occorre osservare come la misura in costa possa risultare distorta a causa dell’instaurarsi di gradienti locali di livello prodotti dall’interazione di correnti e onde costiere. Il livello medio marino può infatti differire di diversi centimetri a seconda che esso sia valutato sulla base di misure effettuate in costa all’interno di un porto, ovvero in costa ma all’esterno di bacini portuali, ovvero ancora a qualche chilometro di distanza dalla costa. Sistema acquisizione Distanza Caposaldo-Zero idrometrico Asta idrometrica (zero idrometrico) Sensore gallegiante Distanza Caposaldo-Zero idrometrico Caposaldo CSO (Bench Mark) Caposaldo CSO (Bench Mark) Asta idrometrica (zero idrometrico) Sistema acquisizione Sensore acustico Caposaldo CSO (Bench Mark) Distanza Caposaldo-Sensore Distanza Caposaldo-Zero idrometrico Sistema acquisizione Distanza Caposaldo-Sensore Asta idrometrica (zero idrometrico) Sensore pressione Fig. 4 – Schema di mareografi con sensore a galleggiante, a ultrasuoni o a pressione. Nel rimandare il lettore alla bibliografia specifica (ad es. Pugh, 1987; IOC, 1985-2006), si ricorda come tra le tecniche di misura al largo siano da ascrivere le misure effettuate mediante ‘tsunamometri’, ovvero strumenti dotati di sensori di pressione in grado di misurare oscillazioni nella banda di frequenze delle maree e dei maremoti (Eble e Gonzlez, 1991, http://nctr.pmel.noaa.gov/Dart/). 3.2 La Rete Mareografica Nazionale In Italia, il monitoraggio dei livelli viene principalmente effettuato dai mareografi della Rete Mareografica RMN, gestita dal Servizio Mareografico dell’ISPRA (Fig. 5). La rete si compone di più di trenta stazioni collocate nei porti lungo tutto il perimetro della penisola e delle sue isole (Lama e Corsini, 2000). A partire dalla ristrutturazione del 1998, il Servizio Mareografico, grazie a un costante lavoro di ammodernamento e potenziamento degli strumenti, nonché dei criteri di divulgazione dell’informazione, mette a disposizione del pubblico le serie storiche delle principali grandezze di interesse mareografico. Oltre ai livelli idrometrici infatti, le stazioni della rete (http://www.mareografico.it/ e http://www.idromare.it/) misurano parametri di interesse quali la velocità e la direzione del vento, la pressione atmosferica, la temperatura dell’aria e dell’acqua. 3 Marea Astronomica e Meteorologica in Italia L’intervallo ‘standard’ di campionamento è per il livello idrometrico di 10 minuti e per gli altri parametri di un’ora. A partire dal gennaio 2010, il livello idrometrico viene monitorato con un sensore di livello a microonde con precisione millimetrica. Il sensore è installato in coppia con un secondo sensore di livello a galleggiante, mantenendo peraltro in funzione il sensore idrometrico ad ultrasuoni presente nella RMN a partire dal 1998. Inoltre, a partire dalla seconda metà del 2010, alcune stazioni della RMN (Ancona, Isole Tremiti, Otranto, Porto Empedocle, Ginostra, Carloforte, Napoli, Ponza, Marina di Campo, Imperia) sono state predisposte per l’acquisizione di un dato al minuto e incluse nella rete di individuazione di onde di maremoto (http://www.mareografico.it/). RMN (National tide gauge network) CNR gauges (National Research Council) Regional gauges IIMM (Navy gauges) (CNR-ITT) St21 ENI-AGIP (Off-shore platforms) St02 St20 NS01 St01 St22 (CNR-ISDGM) R02 R04 R03 R05 R01R06R07R08 St03 R10 R09 St19 NS11 NS02 St04 Pescara R12 R13R15 R14 R11 NS10 St18 St17 NS04 St07 NS03 NS05 St16 NS06 St14 Brindisi (IIMM) St15 National tide gauge network St01 Imperia NS01 La Spezia St02 Genova NS02 Marina di Campo St03 Livorno NS03 Ponza St04 Civitavecchia NS04 Gaeta St05 Cagliari NS05 Napoli St06 Carloforte NS06 Salerno St07 Porto Torres NS07 Palinuro St08 Palermo NS08 Ginostra St09 Porto Empedocle NS09 Lampedusa St10 Catania NS10 Isole Tremiti St11 Messina NS11 San Benedetto Tronto St12 Reggio Calabria St13 Crotone St14 Taranto St15 Otranto St16 Bari St17 Vieste St18 Ortona St19 Ancona St20 Ravenna St21 Venezia P. Salute St22 Trieste NS07 St06 St13 NS08 St05 St08 St11 St12 St10 St09 NS09 ENI-AGIP off-shore platforms R02 Ada R03 Garibaldi R04 PCWA R05 Amelia R06 Antares R07 Azalea R08 Annabella R09 ClaraW R10 BarbaraC R12 Pennina R13 Eleonora R14 Fratello R15 Giovanna Fig. 5 – Reti e strumenti di misura dei livelli marini in Italia. 3.2 Il problema della relazione tra le misure e i riferimenti fissi a terra Occorre osservare che, qualunque sia la metodologia e lo strumento utilizzato, la misura dei livelli è effettuata relativamente a un riferimento convenzionale della stazione (station datum), ovvero uno zero idrometrico. Per rendere tale misura ingegneristicamente utilizzabile occorre che tale riferimento sia posto in relazione con uno o più riferimenti fissi a terra. Nel caso di una stazione mareografica costiera, tali riferimenti sono rappresentati da caposaldi (bench-marks) orizzontali e verticali (CSO, CSV), usualmente quotati nell’ambito della rete altimetrica del paese in cui si trova la stazione. In Italia, le quote di tali caposaldi sono determinate facendo riferimento alla rete altimetrica dall’I.G.M. (Istituto Geografico Militare) le cui quote sono a loro volta riferite al geoide individuato dal livello medio marino (zero) calcolato per i mareografi di Genova per l’Italia continentale, ovvero Catania e Cagliari per le isole. Come noto, il geoide è la superficie fisica (non rappresentabile matematicamente) di eguale potenziale gravitazionale che la superficie del mare assumerebbe in assenza di forze di disturbo. In altre parole, il geoide è la superficie equipotenziale passante per il livello medio effettivo del mare in un dato punto. Il livello medio locale calcolato a partire da misure mareografiche pluriennali ne costituisce solo una approssimazione. A causa della diseguale distribuzione della densità nella parte sommitale del mantello e della crosta terrestre, il geoide presenta elevate ondulazioni rispetto a una qualsiasi rappresentazione ellissoidica (quindi matematica) della superficie terrestre (Fig. 6). Il riferimento della rete altimetrica al livello medio calcolato presso mareografi specifici implica quindi che le quote assolute dei caposaldi di tutti gli altri mareografi non siano necessariamente in relazione con il livello medio locale. Poiché nelle applicazioni di ingegneria è determinante 4 Gian Mario Beltrami conoscere le quote altimetriche, ovvero batimetriche, riferite a quest’ultimo livello, appare indispensabile conoscere non solo la quota assoluta (riferita alla rete altimetrica nazionale) dei caposaldi dei mareografi, ma anche la loro quota relativa, ad esempio, rispetto allo zero idrometrico del mareografo stesso. Fig. 6 – Modello fisico del geoide realizzato dal GFZ (GeoForschungsZentrum) di Potsdam (Germania). Le ondulazioni (ovvero gli scostamenti dalla forma ellissoidica) sono amplificate per renderle più visibili. 4. L’analisi dei dati misurati 4.1 Analisi armonica Conoscendo l'esatta posizione nel tempo del corpo celeste forzante (Luna, Sole, etc.) è possibile scomporre il suo movimento in una molteplicità di moti periodici, principali e secondari, di frequenza angolare nota e quindi sviluppare la forza risultante di marea in termini, ciascuno corrispondente a uno dei moti componenti il moto del corpo considerato. La forza di marea, ovvero il potenziale di marea è stato in questo modo scomposto in 380 componenti di periodo noto (Doodson, 1921, 1924; Cartwright e Tayler, 1971). Se la Terra fosse perfettamente sferica e interamente coperta da uno strato d'acqua di spessore costante e la massa fluida rispondesse immediatamente alla forzante mareale, ovvero non fosse soggetta a inerzia, la determinazione e previsione degli spostamenti della superficie libera dovuti a tale forzante sarebbe immediata in ogni punto della sfera terrestre. L'inerzia della massa liquida, unitamente alla forma sferoidale della Terra e alla conformazione frastagliata delle coste e dei fondali non permette tuttavia tale derivazione. Tali irregolarità infatti, pur lasciando invariati i periodi delle componenti della forzante, ovvero le loro frequenze, influiscono sulla loro ampiezza e sulla loro fase. Questa è la ragione fondamentale per la quale, sulla Terra, è possibile osservare escursioni di marea diverse a seconda della località presa in considerazione. Allo scopo di poter valutare e prevedere la variazione nel tempo del livello di marea astronomica in una località è necessario determinare, partendo da una serie storica di misura dei livelli, l'ampiezza e la fase corrispondente a ogni singola componente di periodo noto. La lunghezza della serie determina il numero di componenti rintracciabili nel segnale. La demodulazione del segnale registrato finalizzata alla ricerca dell’energia (ampiezza) associata a frequenze note costituisce un caso particolare della analisi di Fourier chiamata analisi armonica (Doodson, 1928; Dronkers, 1964; Godin, 1972; Pugh, 1987; Emery e Thompson, 1997). Il livello della superficie del mare determinato dall'azione astronomica (t) al tempo t è assunto rappresentato dalla seguente somma di componenti armoniche 5 Marea Astronomica e Meteorologica in Italia (t ) cos(it i ) i ove i e i sono le ampiezze e le fasi delle componenti e i le loro frequenze angolari note. L'analisi armonica consiste nel determinare i e i per il particolare sito in esame, a partire dalla serie storica, almeno oraria, registrata da un mareografo. L'analisi armonica è una forma di demodulazione del segnale mediante la quale specificando le frequenze, viene applicata la tecnica dei minimi quadrati per risolvere le ampiezze delle componenti relative (Doodson, 1928; Emery e Thompson, 1997; Foremann, 1977; Caldwell, 2000; Pawlowicz et al., 2002). Fig. 7 – Esempio di variazione dei livelli orari a Porto Torres (set-dic 2006). Livelli osservati ( __ ), previsti ( __ ), residui ( __ ) e inverso barico ( __ ). [ =luna piena, =luna nuova, = primo quarto, =ultimo quarto] 4.2 Definizione dei livelli di riferimento Il principale livello di riferimento desumibile da misure mareografiche è il livello medio marino locale che, come già osservato, può interpretarsi come una approssimazione locale del geoide. A causa del più lungo dei periodi in cui è scomponibile il moto della Luna attorno alla Terra, ovvero quello di 18.6 anni relativo alla regressione dei nodi, il livello medio marino può definirsi (NOSCOOPS, 2000, 2003) come la media aritmetica delle osservazioni orarie effettuate per la durata di un ciclo Metonico (ovvero 19 anni, definito come epoca per il riferimento nazionale mareale). 6 Gian Mario Beltrami Fig. 8 – Esempio di effetto della regressione dei nodi sui livelli medi annuali e mensili. La figura 8 mostra un esempio dell’effetto prodotto dalla regressione dei nodi sui livelli medi annuali e mensili, in particolare alla stazione di Puget Sound (WA-USA) che risulta caratterizzata da una escursione media di 2 metri. La limitata escursione che, nei mari italiani, caratterizza le variazioni di livello indotte da cause astronomiche rende tale effetto poco marcato e riduce l’errore effettuato calcolando il livello medio marino come media aritmetica delle osservazioni orarie effettuate per durate pluriennali inferiori a un ciclo Metonico. Fig. 9 - Variazione dei livelli sullo zero idrometrico a Porto Torres (2000-2010). Livello medio pluriennale (__), Livelli medi annuali (---) Livelli medi mensili (__), Inverso barico medio mensile (__). Fig. 10 – Variazione annuale della media dei livelli medi mensili sullo zero idrometrico a Porto Torres (2000-2010). Di rilevante importanza è anche il calcolo dei livelli medi mensili e annuali (Fig. 9 - 10). Il modo più diretto per definire il livello medio mensile è quello di calcolare la media aritmetica dei livelli orari del mese. Il livello medio marino annuale può poi essere calcolato come media delle medie mensili pesata dal numero di giorni di ogni mese. In realtà, onde evitare che l’energia propria di oscillazioni in alta frequenza protratte per periodi inferiori a qualche giorno (generalmente correlati a cause meteorologiche) sia introdotta nei valori medi mensili, ovvero per evitare l’effetto di ‘aliasing’ determinato da tali oscillazioni sarebbe necessario utilizzare filtri numerici passa-basso (Godin, 1972). Tuttavia gli scostamenti dal valore medio calcolato secondo semplice media aritmetica non sono generalmente ingegneristicamente significativi (Pugh, 1987). Occorre osservare come, nei nostri mari, la variazione del livello medio mensile durante un anno (Fig. 9 – 10) possa risultare significativa nelle applicazioni costiere in quanto può portare, per le spiagge meno acclivi, alla sommersione ed emersione di fasce di litorale di larghezza di alcune decine di metri. Tra i livelli di riferimento che caratterizzano un sito di misura, oltre al livello medio marino, possono essere calcolati altri livelli quali, ad esempio, quelli elencati nelle tabelle 1 e 2, per alcuni dei quali (Tab. 1, Fig. 11) è necessaria la definizione locale delle fasi lunari. E’ importante notare come tali livelli, generalmente trascurati nel nostro paese, abbiano, nei paesi anglosassoni, abbiano valore legale, in quanto in relazione ad essi vengono stabilite i minimi progettuali delle quote di diversi elementi strutturali. 7 Marea Astronomica e Meteorologica in Italia Livello della più Alta Marea Astronomica Livello della più Alta Marea Astronomica (HAT - Highest Astronomical Tide) osservata nell’ambito di un ciclo Metonico Media, sulla durata di un ciclo Metonico, della Livello Medio delle Alte Maree Astronomiche Sigiziali media delle due Alte Maree Astronomiche (MHWS - Mean High Water Springs) osservate nei giorni di sigizie. Media, sulla durata di un ciclo Metonico, della Livello Medio delle Alte Maree Astronomiche in Quadratura media delle due Alte Maree Astronomiche (MHWN - Mean High Water Neaps) osservate nei giorni di quadratura. Livello Medio Marino Media aritmetica delle osservazioni orarie (MSL - Mean Sea Level) effettuate per la durata di un ciclo Metonico Media, sulla durata di un ciclo Metonico, della Livello Medio delle Basse Maree Astronomiche in Quadratura media delle due Basse Maree Astronomiche (MLWN - Mean Low Water Neaps) osservate nei giorni di quadratura. Media, sulla durata di un ciclo Metonico, della Livello Medio delle Basse Maree Astronomica Sigiziali media delle due Basse Maree Astronomiche (MLWS - Mean Low Water Springs) osservate nei giorni di sigizie. Livello della più Bassa Marea Astronomica Livello della più Bassa Marea Astronomica (LAT - Lowest Astronomical Tide) osservata nell’ambito di un ciclo Metonico Tab. 1 – Livelli di riferimento comunemente adottati nei paesi anglosassoni nelle località caratterizzate da marea semidiurna. Media aritmetica delle più Alte Alte Maree Livello Medio delle più Alte Alte Maree Astronomiche Astronomiche osservate per la durata di un ciclo (MHHW - Mean Higher High Water) Metonico Media aritmetica di tutte le Alte Maree Livello Medio delle Alte Maree Astronomiche Astronomiche osservate per la durata di un ciclo (MHW - Mean High Water) Metonico Livello Medio Marino Media aritmetica delle osservazioni orarie (MSL - Mean Sea Level) effettuate per la durata di un ciclo Metonico Media aritmetica di tutte le Basse Maree Livello Medio delle Basse Maree Astronomiche Astronomiche osservate per la durata di un ciclo (MLW - Mean Low Water) Metonico Media aritmetica di tutte le più Basse Basse Livello Medio delle più Basse Basse Maree Astronomiche Maree Astronomiche osservate per la durata di (MLLW - Mean Lower Low Water) un ciclo Metonico Tab. 2 – Livelli di riferimento comunemente adottati nei paesi anglosassoni nelle località caratterizzate da marea mista e diurna. Fig. 11 – Istogramma normalizzato dei livelli osservati al mareografo di Porto Torres nel periodo 2000-2010 e livelli di riferimento. 8 Gian Mario Beltrami 4.3 Analisi estremale La progettazione di un opera o, più in generale, di un intervento a mare presuppone, tra l’altro, l’assunzione di un precisato valore, detto appunto di progetto, per ciascuno dei diversi carichi cui l’opera o l’intervento sarà soggetta durante la sua vita utile. Tra i carichi meteo-marini sono ovviamente da considerare le maree le quali, a seconda dell’importanza relativa della componente meteorologica rispetto alla componente astronomica, hanno carattere più o meno stocastico. La ove, come in Italia, la componente meteorologica ha una certa significatività relativamente alla componente astronomica, la definizione dei livelli di progetto non può essere fatta che per il tramite di una analisi degli estremi. L’analisi estremale di una variabile casuale X prevede l’individuazione della funzione di distribuzione cumulata (cdf – cumulative distribution function), ovvero della funzione GX x,θ Pr X x rappresentante la probabilità di non superamento di un determinato valore, che meglio si adatta al campione disponibile dei valori estremi della variabile casuale considerata. Il primo problema affrontato nell’analisi estremale è quindi la definizione di tale campione il quale, oltre a essere rappresentativo dei valori estremi di interesse, deve garantire la loro indipendenza e omogeneità. Nel caso delle forzanti marine, ovvero di variabili casuali rappresentative di fenomeni sia direttamente meteorologici sia da questi generati, il campione viene desunto a partire dalle serie storiche misurate (time series), per le quali l’indipendenza nel tempo appare una assunzione irrealistica. Per tali variabili, nell’ipotesi di stazionarietà della serie storica di partenza, può considerarsi omogeneo un campione formato da valori rappresentativi di eventi estremi indipendenti fra loro ma caratterizzati da genesi comune. Come noto, allo scopo di garantire l’indipendenza del campione, l’approccio classico (Gumbel, 1958) consiste nell’estrarre dalla serie storica di partenza i massimi osservati all’interno di intervalli di tempo omologhi, ovvero all’interno di blocchi di uguale lunghezza (block maxima), risultando la lunghezza del blocco generalmente posta pari all’anno (massimi annuali). Si osserva come tale approccio non garantisca a priori l’omogeneità del campione e presupponga che la serie storica di partenza si estenda a un numero di anni sufficiente esteso, risultando una statistica realizzata su pochi dati non significativa. Nel caso di serie storiche poco estese, allo scopo di garantire tale significatività, è possibile far ricorso alla modellazione dei massimi di ordine r o delle eccedenze, ovvero alla modellazione dei primi r massimi (r-order statistics) misurati all’interno di blocchi di uguale lunghezza, o alla modellazione dei massimi di blocchi di dati superiori a una soglia prefissata (peack over thereshold). In entrambi casi, scelte specifiche sono necessarie a garantire l’indipendenza e l’omogeneità del campione. Una volta definito il campione, il secondo problema dell’analisi estremale consiste nell’individuare, tra quelle note, la funzione di distribuzione cumulata che meglio gli si adatta (problema di inferenza). Se nel caso di un campione di massimi di blocchi di uguale lunghezza, M n max X 1,..., X n ovvero dei primi r massimi, le funzioni di distribuzione più comunemente utilizzate sono le funzioni del valore estremo del I° (Gumbel, 1959) del II° (Frechet) e del III° tipo (Weibull), generalizzabili nella funzione di distribuzione generalizzata dei valori estremi (GEVD – Generalized Estreme Value Distribution) 9 Marea Astronomica e Meteorologica in Italia 1 x GX x, , , exp 1 per x 0 x :1 ove , 0, sono i parametri rispettivamente di posizione, scala e forma, è possibile dimostrare (Leadbetter e al., 1983, Coles, 2000) che la funzione di distribuzione cumulata GY y, θ Pr[Y y] Pr[ X u y | X u] secondo la quale si distribuisce la popolazione della variabile Y=X-u (X>u), nell’ipotesi che la soglia u sia sufficientemente alta e che la distribuzione della popolazione dei massimi di blocchi di uguale lunghezza della variabile X sia del tipo GEVD, risulta la funzione di distribuzione generalizzata di Pareto (GPD) y GY y, , 1 1 ~ ~ 1 per ~ y y : y 0 , 1 ~ 0 , 0 , 0 ~ essendo u , ove , e sono i corrispondenti parametri di locazione, scala e forma della GEVD. Il problema di interferenza si concretizza quindi nel determinare i parametri di tali funzioni di distribuzioni in grado di realizzare il migliore adattamento al campione dato. Nell’analisi statistica degli estremi di livello sono possibili due approcci (Bortot e Tawn, 1997, Hawkes et al, 2002): la modellazione statistica della serie storica originaria, ovvero composta dalla sovrapposizione della sua componente deterministica costituita dalla marea astronomica e della sua componente stocastica costituita dalla marea metereologica (approccio diretto); la decomposizione della serie storica nelle singole componenti deterministica e stocastica, la modellazione statistica della componente stocastica e quindi della dipendenza tra le due componenti (approccio indiretto). Per quanto l’approccio indiretto, tenendo separate la componente deterministica (per la quale non è necessaria alcuna estrapolazione in quanto esattamente predicibile) da quella stocastica, sia da preferire, esso presenta una qualche difficoltà nella modellazione della dipendenza esistente tra le due componenti. Nel seguito si darà la metodologia di applicazione del metodo diretto. Nell’ipotesi di stazionarietà dell’intera serie storica misurata, ovvero di stazionarietà stagionale, se l’omogeneità del campione può essere assunta analizzando la serie completa, ovvero le serie storiche stagionali separatamente, la sua indipendenza, data l’esiguità dell’estensione della serie originale, prevede usualmente l’applicazione del metodo delle eccedenze, ovvero l’individuazione di una opportuna soglia (thereshold), la definizione di gruppi di dati sopra di essa associabili a eventi indipendenti (clusters) e la individuazione del massimo di ciascun gruppo (peak over thereshold). In particolare, è possibile procedere nel seguente modo: Nell’ipotesi di stazionarietà dell’intera serie storica misurata, ovvero di stazionarietà stagionale, l’omogeneità del campione viene assunta ipotizzando l’omogeneità della serie storica completa, depurata della media, ovvero considerando quattro serie storiche, ciascuna riferibile a una stagione dell’anno; per le serie storiche depurate della media così ottenute, si può scegliere una prima soglia pari a 0.0 m sul l.m.m., definendo - mediante procedura di de-raggruppamento (declustering) - i gruppi (clusters) rappresentativi di eventi indipendenti nell’ipotesi che tra un evento indipendente e l’altro esista una persistenza sotto la soglia pari a circa 12 ore, ovvero ipotizzando un intervallo 10 Gian Mario Beltrami tra eventi indipendenti pari all’intervallo che separa i due massimi di una marea astronomica a carattere semidiurno (Hawkes e al, 2002); utilizzando i campioni dei massimi dei clusters così ottenuti si traccia il grafico di vita residua del valore atteso degli eccessi (mean residual life plot), individuando su di esso la soglia oltre la quale tale valore atteso varia linearmente al variare della soglia stessa (Coles, 2000). Il campione viene quindi definito considerando i soli valori sopra la seconda soglia determinata. Fig. 12 – Esempio di grafici diagnostici per la distribuzione generalizzata di Pareto (GPD). Analisi estremale dei livelli a Porto Torres (2000-2010). Sulla base del campione così ottenuto (Fig. 12), utilizzando il metodo della massima verosimiglianza (maximum likelihood), si inferisce la distribuzione scelta (distribuzione generalizzata di Pareto), verificando la validità del modello attraverso grafici diagnostici (diagnistic plots) quali il confronto tra le probabilità del modello e le frequenze empiriche (probability plot) tra i quantili della distribuzione considerata e empirici (quantile plot), nonché verificando l’andamento delle funzioni distribuzione di probabilità (return level plot) e densità di probabilità (density plot). 5. Le maree come fonte di energia Agli spostamenti, verticale (escursione di livello) e orizzontale (corrente), con cui si manifesta il fenomeno della marea è associata una continua conversione di energia potenziale in cinetica e viceversa. L’idea di sfruttare l’energia potenziale associata all’escursione di livello per porre in movimento la ruota di un mulino ad acqua (Fig. 13) può farsi risalire a epoca romana, anche se concreti esempi di tale sfruttamento esistono a partire dal medioevo. Il principio informatore di tale sfruttamento è quello di realizzare un carico idraulico attraverso la costruzione, allo sbocco di una adatta insenatura, di uno sbarramento controllato da una paratoia. Durante la fase crescente, ovvero di flusso, il bacino realizzato all’interno dell’insenatura si riempie. All’inizio della fase di riflusso, la chiusura della paratoia determina l’instaurarsi di un dislivello, ovvero di un carico idraulico. Convogliando l’acqua in un opportuno canale è quindi possibile muovere la ruota di un mulino, ovvero realizzare la conversione di energia da potenziale in cinetica e, infine, meccanica. 11 Marea Astronomica e Meteorologica in Italia Fig. 13 – Mulino a marea (île de Bréhat, Bretagna) Lo stesso principio informa le odierne centrali di sfruttamento dell’energia potenziale associata alla marea quali, ad esempio, la grande centrale sull’estuario del fiume Rance presso Saint Malò in Bretagna (Fig. 14). Tali centrali sono costituite da un serbatoio di accumulo - realizzato sbarrando un bacino costiero di grande capacità - e dalla centrale idroelettrica ubicata nell'opera di sbarramento. Completano l'impianto le paratoie di intercettazione e le turbine a semplice o, come nel caso della centrale sul Rance, a doppio effetto. Fig. 14 – La centrale a marea sul fiume Rance presso Saint Malò (Bretagna – Francia). Nella figura 15 è riportato lo schema planimetrico di un impianto a marea a doppio effetto e il correlato diagramma analogico di producibilità. Il verso dato alle frecce indica il verso del flusso. L'impianto produce energia sia nella fase di marea montante che nella fase di marea calante. La linea continua rappresenta il livello della onda di marea e la linea a tratto-punto il livello entro il bacino di accumulo. L'area campita interclusa tra le due linee rappresenta la fase di produzione dell'energia elettrica. Come ovvio, tale tipologia di impianti - per avere rendimenti che giustifichino gli elevati costi di investimento - devono essere realizzati in località caratterizzate da escursioni di livello significative (> 7 m), risultando quindi irrealizzabili nel nostro paese. Per quanto riguarda lo sfruttamento dell’energia cinetica associata alle correnti di marea, il primo esempio di generatore commerciale per lo sfruttamento su larga scala di tale energia è il generatore SeaGen (http://www.seageneration.co.uk/; http://www.marineturbines.com/). Due rotori gemelli ad asse orizzontale dotati di pale di 8 m di lunghezza trasmettono la rotazione a un generatore. La disposizione delle pale può essere variata di 180°, in modo da consentire l’operatività in entrambi i sensi di flusso. I rotori sono montati su un braccio orizzontale che scorre su un palo di acciaio di 12 Gian Mario Beltrami circa 3 m di diametro, consentendo il suo sollevamento al di sopra della superficie marina, sia per esigenze di sicurezza che per esigenze di manutenzione. Fig. 15 – Schema planimetrico di impianto a marea a doppio effetto e digramma di producibilità Il primo generatore SeaGen è stato installato nello stretto di Strangford in Irlanda del Nord nell’Aprile del 2008. Connesso alla rete nel Luglio 2008, genera 1.2 MW per circa 18-20 ore al giorno, ovvero nei periodi in cui la marea è forzata all’interno e all’esterno dell’insenatura di Strangford attraverso lo stretto. Si osserva che lo stretto di Strangford è anche il sito del primo mulino a marea conosciuto al mondo, ovvero il mulino medievale del Monastero di Nendrum. Uno dei vantaggi più evidenti legati allo sfruttamento dell’energia cinetica delle correnti di marea è rappresentato dalla possibilità di valutare in maniera semplice e veloce l’energia teorica, a metro quadro di superficie frontale del rotore, disponibile annualmente nel sito in cui si è deciso di installare la turbina (Coiro et al., 2005). Questa peculiarità consente di tagliare una voce molto importante nei costi dell’impianto e nei tempi di messa in opera dello stesso. Nel caso di un impianto eolico infatti, sono necessarie lunghe e costose campagne anemometriche per individuare il sito in cui installare gli aerogeneratori e, data l’incertezza legata alle fluttuazioni annuali del vento reale rispetto all’andamento medio determinato dalle misure, in alcuni casi l’energia effettivamente raccolta dall’impianto può essere inferiore a quella preventivata. Fig. 14 – Generatore ‘SeaGen’ e impianto nello stretto di Strangford. 13 Marea Astronomica e Meteorologica in Italia Per ottenere un’elevata produzione annua di energia elettrica, fissato il rendimento globale di un impianto e la superficie frontale del rotore, è necessario disporre della più elevata energia teorica per unità di superficie possibile e dunque bisogna scegliere un sito in cui l’andamento della marea durante il giorno abbia delle velocità elevate e regolari. L’energia teorica, infatti, è data dall’integrale della potenza teorica nel tempo ed è dunque proporzionale all’area sottesa dall’andamento della velocità rispetto all’asse temporale. Gli intervalli di tempo in cui la velocità della marea è prossima allo zero rappresentano la fase di inversione della direzione del flusso. Questo fenomeno comporta una riduzione dell’energia teorica a disposizione, dal momento che una turbina non può funzionare per velocità troppo basse della marea. Questo limite inferiore si aggira, mediamente, intorno al valore di 1 m/s ed è detto Cut-In Speed. In Italia, uno dei pochi siti adatti alla installazione di un generatore a corrente di marea è lo stretto di Messina. Per questa ragione, nell’ambito del progetto ENERMAR - finanziato dalla UE, dalla Regione Sicilia e dalla Ponte di Archimede S.p.A. (http://www.pontediarchimede.it/) - è stato installato di fronte alla cittadina di Gazirri, presso la costa siciliana, un impianto pilota fondato sull’utilizzo di una turbina ad asse verticale denominata KOBOLD (Coiro et al. 2005; Raffellini, 2005). L’impianto (Fig. 16) è ormeggiato a 150 m dalla costa su fondali di circa 20 m. Presso il sito di impianto, la corrente si inverte ogni 6 ore, seguendo la caratteristica semidiurna della marea (circa ogni 6 ore), con intensità modulata in un periodo di circa 14 giorni (principale lunare). Le velocità massime registrate sono pari a circa 2 m/s. Con tali velocità, la turbina KOBOLD, che ha una potenza nominale di 120 KW e una Cut-In Speed di circa 1.2 m/s, è capace di produrre circa 25 KW, ovvero una potenza in grado di soddisfare fabbisogno di circa 8 unità abitative. Fig. 16 – Turbina Kobold e impianto Enemar a largo di Gazirri. La turbina KOBOLD, caratterizzata dal verso di rotazione indipendente dalla direzione della corrente marina (bidirezionale), è stata progettata per raggiungere il livello più elevato possibile di salvaguardia ambientale e di efficienza, e per rispettare le necessità di bassi costi di costruzione e di manutenzione. Inoltre è caratterizzata da un elevato valore della coppia all’avvio, che rende la turbina capace di avviarsi spontaneamente, anche sotto carico, senza la necessità di qualsiasi sistema di avvio. Bibliografia Bortot, P., e Tawn, J.A. (2000): The joint probability of waves and water levels: Join-Sea. A rigorous but practical approach. HR Wallingford - Report SR 537. Caldwell, P. (2000): Sea Level Data Processing On IBM-PC Compatible Computers Version 3.0 (Year 2000 Compliant). Jimar Contribution No. 98-319 Cartwright, D.E. and Tayler, R.J. (1971): New computations of the tide-generating potential. Geophysical Journal of the Royal Astronomical Society. Vol. 23, pp. 45-74. Coiro D.P., Melone S., Montella F. (2005): Energia pulita dalle correnti marine: aspetti tecnici ed economici. Atti della Conferenza nazionale sulla politica energetica in Italia. Bologna, 18-19 Aprile 2005. Coles, S. (2000): An introduction to statistical modelling of extreme values. Springer. 14 Gian Mario Beltrami Defant, A. (1961): Physical Oceanography. Pergamon Press. Doodson, A.T. (1921): The harmonic development of the tide generating potential. Proceedings of the Royal Society A vol. 100, pp. 305-329. Doodson, A.T. (1924): Perturbation of harmonic tidal constants. Proceedings of the Royal Society A vol. 106, pp. 513526. Doodson, A.T. (1928): The analysis of tidal observations. Philosophical transaction of the Royal Society A vol. 227, pp. 223-264. Dronkers, J.J. (1964): Tidal computation in rivers and coastal waters. North-Holland Pubishing Company. Eble, M.C. e Gonzlez, F.I. (1991): Deep-ocean bottom pressure measurements in the northeast Pacific. Journal of Atmospheric and Oceanic Technology 8 (2), 221–233. Emery, W.J. and Thompson, R.E. (1997): Data analysis methods in physical oceanography. (second and revised edition). Elsevier. Foreman, M.G.G. (1977): Manual for tidal heights analysis and prediction. Report 77-10, Institute of ocean sciences, Patricia Bay, Sydney, B.C. (1996 revision). Godin, G. (1972): The analysis of tides. Liverpool University Press. Gumbel, E.J. (1958): Statistics of Extremes. Columbia University Press. Hawkes, P.J., Gouldby, B.P., Tawn, J.A., Owen, M.W. (2002): The joint probability of waves and water levels in coastal engineering design. Journal of Hydraulic Research, Vol. 40. n.3. IOC, 1985-2006: Manual on sea level measurement and interpretation Vol.I-IV. UNESCO (http://www.psmsl.org/train_and_info/training/manuals/). Lama, R. e Corsini, S. (2000): La Rete Mareografica Italiana. Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dipartimento per i Servizi Tecnici Nazionali. Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale. Istituto Poligrafico Zecca dello Stato. Leadbetter M.R., Lindgren G., Rootzen H. (1983): Extremes and Related Properties of Random Sequences and Processes, Springer-Verlag, N.Y., 198. NOS-COOPS (2000): Tidal datums and their applications. Noaa Special Publication Nos Co-Ops 1 NOS-COOPS (2003): Computational Techniques for Tidal Datums Handbook. Noaa Special Publication Nos Co-Ops 2 Pawlowicz, R., Beardsley, B., Lentz, S. (2002): Classical tidal harmonic analysis including error estimates in MATLAB using T-TIDE. Computers and Geosciences 28, 929–937. Pugh, D.T. (1987): Tides, Surges and Mean Sea level. A handbook for engineers and scientists. John Wiley & Sons Ltd (http://eprints.soton.ac.uk/19157/). Raffellini G. (2005): Appunti delle lezioni del corso di Tecniche per le energie rinnovabili. IIIa parte. http://web.taed.unifi.it/fisica_tecnica/Raffellini/raffellini.HTM. Russo, L. (2003): Flussi e riflussi. Indagine sull’origine di una teoria scientifica. Campi del Sapere. Feltrinelli. 15