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riabilitazione nello sportivo
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Ital J Rehab Med - MR 2008;22:185-95
Gli infortuni muscolari dello sportivo
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li infortuni muscolari costituiscono uno degli eventi traumatici più frequenti durante la pratica sportiva, come
attestato da alcune osservazioni pubblicate nella letteratura e
che riportiamo a puro scopo esemplificativo.
Nel calcio professionistico gli infortuni muscolari possono
rappresentare il 30% di tutti gli infortuni 1; con un’incidenza
che va da 0.06 infortuni muscolari ogni 1000 ore di pratica nel
calcio giovanile femminile 2, a 5.0 infortuni muscolari ogni
1000 ore di gara nel calcio professionistico maschile, durante la Coppa del Mondo del 2002 3. Anche in altri sport, come
ad esempio il windsurf a livello amatoriale e professionistico
le lesioni muscolari rappresentano circa un terzo (35%) del
totale degli infortuni 4.
È stato riportato che le lesioni dei muscoli posteriori della
coscia (hamstrings) ammontano al 24% di tutti gli infortuni che
colpiscono gli sprinter ed i saltatori 5, oppure ammontano al
12-16% degli infortuni che colpiscono i giocatori di football
professionisti australiani ed inglesi 6. L’incidenza degli infortuni agli hamstrings nel rugby è 0.27 per 1000 ore di allenamento per giocatore, ovvero di 5.6 infortuni ogni 1000 ore di
competizione ufficiale. In media questi infortuni comportano
17 giorni di astensione dall’allenamento e recidivano nel 23%
dei casi 7. D’altra parte, le lesioni degli adduttori rappresentano il 10% degli infortuni che colpiscono i giocatori di hockey
su ghiaccio svedesi 8. Secondo Nanni 9 negli sportivi fino a
quaranta anni di età il muscolo più frequentemente oggetto
di infortunio è il bicipite femorale (48% dei casi), dopo i quaranta anni è il gemello mediale (52% dei casi).
Classificazione degli infortuni muscolari
La classificazione degli infortuni muscolari è ancor oggi
tema per dibattiti e discussioni ed il fatto che “sul campo” si utiIndirizzo per la richiesta di estratti: GS Roi, Education & Research
Department Isokinetic, Via Casteldebole 8/4, 40132 Bologna.
E-mail: [email protected]
Vol. 22 - N. 2
G. S. ROI
Education & Research Department Isokinetic, Bologna
lizzino terminologie diverse, spesso con significati analoghi o
contraddittori, non giova certo al paziente, che spesso si trova ad avere a che fare con il reinfortunio 10. È dunque importante giungere ad una terminologia comune, che parta da una
corretta classificazione delle patologie che possono colpire i
muscoli degli sportivi. Per questo è necessario conoscere l’anatomia, la fisiologia, la biomeccanica muscolare, i meccanismi lesivi ed i complicati meccanismi di riparazione del danno che si può produrre all’interno delle cellule muscolari o nell’ambito del tessuto muscolare, nonché le conseguenze funzionali che derivano da un infortunio muscolare.
Dunque, a partire da queste conoscenze, gli infortuni
muscolari possono essere innanzitutto distinti in due gruppi,
sulla base del meccanismo lesivo che li produce (Tabella I):
1) infortuni (o lesioni) muscolari da trauma diretto che implicano l’esistenza di una forza agente sul muscolo dall’esterno;
2) infortuni muscolari da trauma indiretto, che presuppongono
l’azione di meccanismi più complessi, e chiamano in causa forze lesive intrinseche che si combinano sempre con fattori
metabolici 11. In questo gruppo abbiamo incluso anche alcuni infortuni muscolari che non presentano lesioni macroscopiche del tessuto muscolare.
Altri elementi utili per una classificazione degli infortuni
muscolari sono le modalità di insorgenza (acuta, sub acuta e
cronica), il tipo di lesione e le sue caratteristiche cliniche ed
anatomo-patologiche (evidenziabili anche con l’ecografia o
con la RMN).
Infortuni da trauma diretto
Questi infortuni sono esclusivamente di origine meccanica e sono prodotti acutamente da una forza che agisce sul
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GLI INFORTUNI MUSCOLARI DELLO SPORTIVO
TABELLA I. — Classificazione degli infortuni muscolari nello sportivo.
Insorgenza
Trauma diretto
Acuta
Acuta
Acuta
Sub acuta
Acuta
Acuta
Sub acuta
Cronica
Tipo di infortunio (o di lesione)
Ferita (lacerazione)
Contusione
Crampo
Contrattura
Stiramento
Strappo
DOMS
Intolleranza all’allenamento
Grado
Lieve
Lieve
Moderato
Moderato
Severo
Severo
1°
2°
3°
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Meccanismo
Trauma indiretto
muscolo dall’esterno. La conseguenza in genere è una contusione, senza soluzione di continuo dei tessuti superficiali,
ma che in alcuni casi può essere una ferita più o meno profonda, ad esempio nel pattinaggio su ghiaccio, o raramente nel
calcio 12. La principale conseguenza di questo tipo di infortuni è rappresentata dal danno anatomico del tessuto muscolare, con coinvolgimento del connettivo, delle strutture vascolari e nervose.
Nelle lesioni da taglio la gravità è data dalla quantità di
tessuto muscolare interessato ed eventualmente dall’interessamento di vasi e nervi, mentre nelle lesioni contusive, lo
stato di contrazione muscolare conseguente al trauma, provoca
una limitazione dell’escursione articolare, dovuta alla ridotta
estensibilità muscolare. Queste lesioni possono essere ulteriormente distinte in tre gradi 13, secondo una gravità, indicata
indirettamente dall’arco di movimento effettuabile ovvero
dall’impotenza funzionale 10:
1. lesione muscolare di grado lieve: è possibile oltre la
metà dell’arco di movimento;
2. lesione muscolare di grado moderato: è possibile meno
della metà, ma più di 1/3 dell’arco di movimento;
3. lesione muscolare di grado severo: è possibile un arco
di movimento inferiore ad 1/3 del totale.
livello di equilibrio si manifesta in corrispondenza di un
potenziale più elevato di quello di riposo, che però implica
la contrazione tetanica del muscolo 14. Il crampo muscolare
dello sportivo, che si osserva comunemente sui campi di gioco, deriva prevalentemente da un’insufficiente velocità di
risintesi dell’ATP rispetto alle richieste, unitamente ad una
diminuzione repentina delle riserve di glicogeno muscolare.
Lo stato di fatica locale acuta che ne consegue provocherebbe un’alterazione del turnover del calcio, ponendo la membrana ‘bistabile’ del motoneurone, nella condizione di trovare un nuovo livello di equilibrio in corrispondenza di un
potenziale ben più elevato di quello di riposo.
b) Contrattura. — Si manifesta con dolore muscolare che
insorge con una latenza variabile dalla cessazione dell’attività sportiva (dopo qualche ora o il giorno dopo). La sintomatologia è mal localizzata, dovuta ad un’alterazione diffusa del tono muscolare, imputabile ad uno stato di affaticamento localizzato, in assenza di lesioni anatomiche evidenziabili.
La comprensione degli infortuni da trauma indiretto non è
semplice, poiché nella loro genesi sono sempre coinvolti in
diversa misura, e con diversa consequenzialità temporale,
fattori metabolici e fattori meccanici.(Tabella II).
c) Stiramento. — È sempre la conseguenza di un episodio
doloroso acuto, insorto durante l’attività sportiva, il più delle volte ben localizzato, che costringe l’atleta ad interrompere l’attività, pur non comportando necessariamente un’impotenza funzionale immediata, e del quale conserva un preciso
ricordo anamnestico. Non sono apprezzabili lesioni macroscopiche o microscopiche delle fibre muscolari e il disturbo
può essere attribuito ad un deficit energetico localizzato. La
conseguenza sul piano clinico è rappresentata dall’ipertono
del muscolo, accompagnato da dolore che non si risolve rapidamente come nel crampo muscolare.
a) Crampo. — È una contrazione muscolare involontaria e
dolorosa, di eziologia complessa, spesso indice di una malattia neuro-muscolare. In Medicina dello Sport è la conseguenza
di uno stato di affaticamento transitorio, che si risolve sempre
spontaneamente, e che può trarre origine da squilibri idro-elettrolitici o da deficit energetico che vanno ad influenzare la
‘bistabilità’ della membrana del motoneurone. La ‘bistabilità’
consiste nel fatto che la membrana del motoneurone possiede due livelli di equilibrio: un primo livello si manifesta in corrispondenza del potenziale di riposo, mentre un secondo
d) Strappo. — Si manifesta tipicamente con dolore acuto,
violento che compare durante l’attività sportiva, attribuibile alla
lacerazione di un numero variabile di fibre muscolari per cui
è sempre accompagnato da uno stravaso ematico, più o meno
evidente a seconda dell’entità e della localizzazione della
lesione e del coinvolgimento o meno delle fasce. La distinzione
in gradi (Tabella I) viene riferita alla quantità di tessuto muscolare lacerato ed al deficit funzionale 11, 15: 1) strappo di I grado: sono interessate poche miofibrille all’interno di un fascio
muscolare, ma non dell’intero fascio, l’impotenza funzionale
Infortuni da trauma indiretto
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GIORNALE ITALIANO DI MEDICINA RIABILITATIVA - MR
Giugno 2008
GLI INFORTUNI MUSCOLARI DELLO SPORTIVO
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TABELLA II. — Caratteristiche degli infortuni muscolari da trauma indiretto ed indicazioni prognostiche.
Insorgenza
Crampo
Contrattura
Stiramento
Strappo
DOMS
Intolleranza all’allenamento
Acuta
Sub acuta
Acuta
Acuta
Sub acuta
Cronica
Lesione tessuto muscolare
Assente
Assente
Microscopica
Macroscopica
Microscopica
Sub microscopica
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è minima; 2) strappo di II grado: lacerazione di uno o più fasci
muscolari, che coinvolge meno dei 3/4 della superficie di
sezione anatomica del muscolo in quel punto, per cui l’impotenza funzionale è importante; 3) strappo di III grado: rottura muscolare, che coinvolge più dei 3/4 della superficie di
sezione anatomica del muscolo in quel punto e che può essere distinta in parziale o totale, con impotenza funzionale virtualmente completa. Tra gli strappi muscolari il più frequente è quello di I grado che si verifica nel 58% dei casi di strappo muscolare; lo strappo di II grado è presente nel 39% dei
casi; quello di III grado nel 3% dei casi 9.
Negli strappi muscolari sono sempre coinvolte le strutture
vascolari e la conseguenza più importante è la formazione di
un ematoma. A seconda dell’integrità o meno dei piani fasciali, l’ematoma può essere intermuscolare, intramuscolare o
misto 16.
L’ematoma intramuscolare è localizzato all’interno del
muscolo e viene assorbito lentamente. Di solito è palpabile,
ma raramente può essere aspirato a causa della formazione di
coaguli come conseguenza della rapida attivazione dei meccanismi di riparazione del danno.
L’ematoma intermuscolare si produce quando, per la rottura dei piani fasciali intermuscolari, il sangue travasato si fa
strada tra i tessuti, affiorando alla superficie in una o più sedi
distanti dalla lesione. L’ematoma misto, intra ed inter muscolare, è una conseguenza più grave poiché si sviluppa all’interno ed all’esterno del muscolo.
In fase precoce la distinzione clinica tra stiramento e
strappo muscolare di I grado è molto sfumata, specie quando l’ematoma non è ancora evidente. È altresì importante sottolineare che la distinzione in tre gradi di gravità è arbitraria, poiché è assai difficile quantizzare l’entità della lesione.
Infatti, l’entità dello strappo di primo grado può essere facilmente apprezzata mediante l’ecografia, così come la rottura muscolare completa risulta facilmente identificabile. Può
invece risultare assai arduo stabilire la gravità di una lesione “intermedia”, che coinvolge più di un solo fascio muscolare, ma meno dell’intero muscolo. Ciò ha importanti conseguenze prognostiche, poiché è stato dimostrato che quando la lesione muscolare si estende per più del 50% della
superficie di sezione anatomica, la riparazione avviene in non
meno di 5 settimane 17. È chiaro che l’entità della lesione,
cioè la distinzione tra strappo di primo, secondo o terzo
Vol. 22 - N. 2
Risoluzione entro
Pochi minuti
Alcune ore
Alcuni giorni
Alcune settimane
Alcuni giorni
Alcuni mesi (?)
grado, può essere stabilita con buona approssimazione, solo
grazie all’indagine ecografia, effettuata dopo alcuni giorni dal
trauma.
e) DOMS. — Si tratta di una situazione caratterizzata da
sintomatologia dolorosa e sensazione di fastidio che compaiono entro 24 ore dal termine dell’esercizio di allenamento o di gara, persistono per 48-72 ore e si risolvono spontaneamente. Essa è indicata dagli autori anglosassoni con la
sigla DOMS (Delayed Onset Muscle Soreness) 18, 19, apprezzabile soggettivamente dal paziente durante la contrazione ed
alla palpazione del muscolo rilassato ed è accompagnata dall’incapacità di esprimere elevati livelli di forza e dallo scadimento della prestazione 20. Il DOMS è il risultato di microtraumi che colpiscono le singole fibre muscolari di soggetti non
adeguatamente allenati o non abituati a compiere determinate
esercitazioni, che si producono durante esercizi per i quali non
si ha un adeguato allenamento e nei quali sono presenti azioni muscolari eccentriche 18-20. Il processo di riparazione resta
circoscritto alla zona della fibra muscolare colpita dalla lesione e si completa sempre entro una decina di giorni 21. Il
DOMS è accompagnato dall’aumento nel siero della concentrazione di alcuni enzimi muscolari (CK, LDH), che raggiungono il valore di picco entro 48-72 ore dal termine dell’esercizio stesso 22.
f) Intolleranza acquisita all’allenamento. — Si tratta di
una particolare situazione patologica conseguente alla pratica di elevati volumi di esercizi di lunga durata (aerobici) effettuati ad alta intensità, per lunghi periodi di tempo (anni) 23.
Negli atleti colpiti da questa patologia, ad un certo punto
della carriera, si verifica un improvviso peggioramento della
prestazione, senza i classici segni di sovra allenamento (overtraining) 24, ma con sintomi tipicamente muscolari quali
DOMS, rigidità e debolezza che però non si risolvono entro
pochi giorni, ma permangono a lungo nel tempo. Questa
patologia è accompagnata da alterazioni ultrastrutturali delle
fibre muscolari, che presentano scompaginamento a livello delle strie Z, alterazioni mitocondriali ed accumuli di lipidi e di
glicogeno. Essa si instaura per un esaurimento delle capacità
di riparazione dei microtraumi muscolari indotti dall’allenamento e dalle competizioni e dovrebbe essere distinta dalle
miopatie metaboliche che possono colpire gli atleti di resistenza 25.
GIORNALE ITALIANO DI MEDICINA RIABILITATIVA - MR
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ROI
GLI INFORTUNI MUSCOLARI DELLO SPORTIVO
Eziologia degli infortuni muscolari
Fattori intrinseci individuali
Infortunio muscolare precedente
Caratteristiche antropometriche
Caratteristiche psicologiche
Livelli di forza
Squilibri muscolari
Flessibilità (articolare)
Estensibilità (muscolare)
Disfunzioni articolari
Stato ormonale
Condizioni patologiche post infettive
Età
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L’eziologia degli infortuni muscolari da trauma indiretto è
sicuramente complessa e multifattoriale, coinvolgendo fattori estrinseci (legati all’ambiente, alle caratteristiche dello sport
praticato ed all’allenamento) e fattori intrinseci legati alle
caratteristiche dell’atleta ed al suo stato di salute 10, 26. Questi
fattori si connotano complessivamente come predisponenti 11,
essendo stato identificato un certo grado di rischio per alcuni di loro, quali ad esempio il riscaldamento inadeguato, l’affaticamento in determinate esercitazioni o in determinati allenamenti 11, lo squilibrio di forza tra gruppi muscolari agonisti ed antagonisti 27, 28 ed il deficit di flessibilità 10. Tuttavia il
fattore di rischio per un infortunio muscolare sul quale c’è
maggior accordo in letteratura è un precedente infortunio:
infatti in circa il 30% dei casi di strappo muscolare si tratta di
re-infortunio 7, 10.
I vari fattori predisponesti (intrinseci ed estrinseci) possono diventare determinanti quando l’atleta è affaticato 10, 11, 29.
La fatica può essere definita come l’incapacità di mantenere
nel tempo una determinata prestazione. Tale incapacità deriva in parte dall’impossibilità di risintetizzare l’ATP alla stessa
velocità con cui viene utilizzato per fornire energia, specie per
gli esercizi più intensi, o di minore intensità, ma prolungati nel
tempo. Il deficit energetico si può instaurare localmente, in
alcune zone del muscolo, ad esempio quelle in cui vi è una
prevalenza di fibre muscolari rapide, che utilizzano il metabolismo anaerobico e quindi sono più soggette all’affaticamento. In effetti i muscoli rapidi sono più soggetti a lesioni
muscolari 28, 30. Il deficit energetico fa sì che il muscolo o
una sua porzione definita dalle fibre muscolari appartenenti
a determinate unità motorie non riescano a rilassarsi adeguatamente dopo la contrazione: aumenta quindi la rigidità del
muscolo (in toto o in parte) che non è più utilizzabile al
meglio durante i normali cicli stiramento-accorciamento e
accorciamento-stiramento, cosa che provoca innanzitutto un
deficit di coordinazione ed una maggior rischio di lesione
muscolare (Tabella III).
Questa situazione può essere peggiorata nel caso di muscoli indeboliti da precedenti lesioni dell’apparato locomotore o
da squilibri di forza indotti dall’allenamento, dalla precoce
specializzazione o da insufficiente riabilitazione post infortunio.
Il muscolo più debole tende ad essere maggiormente rigido
e ad affaticarsi rapidamente, il che ne aumenta ulteriormente la rigidità. Anche questa situazione può portare a deficit della coordinazione, per cui la tensione muscolare è più difficilmente controllabile, soprattutto nel passaggio dalle fasi di
accelerazione a quelle di decelerazione, tipiche dei movimenti pendolari effettuati dagli arti. Orchard 26 riferisce che le
lesioni dei muscoli del polpaccio avvengono in accelerazione, quelle dei flessori del ginocchio durante la fase di massima accelerazione e quelle del quadricipite durante la decelerazione (ad esempio calciando un pallone).
L’ipotesi di un deficit della coordinazione, trova conferma
anche nell’osservazione che la maggioranza delle lesioni
TABELLA III. — Fattori implicati nella genesi degli infortuni muscolari.
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Fattori estrinseci ambientali
Mese/stagione
Orario
Condizioni atmosferiche
Terreni
Attrezzature
Fattori estrinseci individuali
Riscaldamento inadeguato
Allenamento inadeguato
Affaticamento
Fattore tattico
muscolari si verifica nell’ambito della normale escursione articolare, in due situazioni: a) quando un’improvvisa contrazione dell’antagonista provoca un aumento di tensione dell’agonista, che si strappa prima di potersi allungare, oppure
b) quando si presenta un improvviso ostacolo alla contrazione muscolare, come nel caso del sollevamento di un carico, in cui il muscolo si strappa prima di riuscire ad accorciarsi 31. L’azione dinamica che realizza la lesione delle fibre
muscolari può essere quindi passiva (per mancato rilasciamento del muscolo antagonista), oppure attiva (per eccesso
di contrazione del muscolo agonista) 9 ed in tali meccanismi
sembra essere sempre implicata un’azione muscolare eccentrica 32.
Negli sport di squadra, le lesioni muscolari da trauma indiretto possono prodursi anche a causa di quello che è stato
definito il fattore tattico 9. Infatti, il concetto di tattica implica di programmare l’azione motoria sulla base di ciò che fa
l’avversario o di ciò che si desidera far fare, o che si riesce a
far fare all’avversario. Una situazione tattica è caratterizzata
dalle finte e comunque dalla necessità di modificare in itinere
l’azione motoria, in relazione a quanto succede. La necessità
di modificare repentinamente il movimento, può dar origine
ad azioni non coordinate, che possono mettere a dura prova l’integrità dell’apparato locomotore, specie quando si
devono modificare le inerzie ed i momenti di inerzia dei
segmenti corporei che si muovono rapidamente. Non va
dimenticato che in condizioni di affaticamento si verifica
anche un peggioramento delle capacità coordinative, che
GIORNALE ITALIANO DI MEDICINA RIABILITATIVA - MR
Giugno 2008
GLI INFORTUNI MUSCOLARI DELLO SPORTIVO
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questa prima divisione rimane indifferenziata e va a ricostituire
la riserva di cellule staminali da utilizzare per eventuali successivi processi di rigenerazione. Il connettivo cicatriziale si
forma a partire dal processo infiammatorio che accompagna
la formazione e l’evoluzione dell’ematoma. In questo complesso processo giocano un ruolo fondamentale i fibroblasti
che hanno il compito di sintetizzare le proteine della matrice
extracellulare che restituiscono l’integrità del connettivo 15.
3) Fase del rimodellamento, durante la quale le fibre muscolari rigenerate maturano, il tessuto cicatriziale si riorganizza,
e viene recuperata la capacità funzionale del muscolo 15.
Nel DOMS le microlesioni all’interno delle fibre provocano uno scompaginamento dei sarcomeri e sono accompagnate dall’alterazione della permeabilità del sarcolemma con
conseguente fuoriuscita degli enzimi muscolari, ed attivazione di una reazione infiammatoria locale con aumento del
liquido interstiziale 20. In realtà il danno muscolare è quasi
sempre minimo e localizzato all’interno di singole fibre, di solito senza coinvolgerle in toto 21, mentre la reazione infiammatoria tissutale caratterizzata dall’arrivo dei neutrofili e dall’edema interstiziale, responsabile della sintomatologia, si
risolve sempre entro 10 giorni 39. Anche in questo tipo di
lesioni si ha una pronta attivazione dei fattori di crescita 40 e
delle cellule satelliti 15, tuttavia, essendo l’entità della lesione
assai contenuta, e riparabile prevalentemente con meccanismi
intracellulari (“intrinseci”), le cellule satelliti si limitano a proliferare, ma non si trasformano in mioblasti 41. Invece, il meccanismo di riparazione intracellulare avviene attraverso l’attivazione della sintesi proteica, mediata da complicati sistemi
anabolici 40, 42 che portano alla produzione di nuove proteine muscolari e all’aumento dei sarcomeri in serie 43. In questo modo le fibre muscolari lesionate risultano riparate con un
maggior numero di sarcomeri in serie, che sono mediamente più corti, e quindi meno suscettibili al danno prodotto dall’esercizio eccentrico 43. È interessante notare che il solo esercizio concentrico provoca un adattamento opposto, riducendo il numero di sarcomeri in serie, e determinando una maggiore vulnerabilità dei muscoli all’esercizio eccentrico 44.
Recentemente Grober et al.23 hanno proposto che la capacità di riparazione al danno muscolare da esercizio, allenamento o competizione è limitata ed hanno introdotto una
nuova tipologia di patologia muscolare denominata “intolleranza acquisita all’esercizio”. Come abbiamo visto in questo
paragrafo, il danno muscolare da esercizio, tipico del DOMS,
sembra essere un potente stimolo per l’adattamento del tessuto muscolare alle aumentate richieste meccaniche. D’altra
parte il tessuto muscolare possiede notevoli capacità di riparare anche un danno macroscopico di maggiori dimensioni,
che può prodursi per contusione o per lacerazione da trauma diretto o indiretto. La capacità di adattarsi alle richieste e
di riparare il danno sembra quindi essere una caratteristica ben
presente nel tessuto muscolare. Tuttavia tali capacità di adattamento e di riparazione possono avere un limite, e di conseguenza ulteriori danni che si possono produrre una volta
superato tale limite, potrebbero essere irreversibili e irreparabili
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diviene più evidente nei movimenti effettuati in rapporto
all’avversario.
Anche per quanto riguarda il DOMS e l’intolleranza acquisita all’allenamento, i meccanismi eziopatogenetici comprendono un particolare stato di affaticamento, che in questo
caso è limitato a livello intracellulare e non comporta conseguenze sulla capacità di rilassamento. Effettuare esercitazioni alle quali non si è abituati, e/o che comportano azioni
muscolari eccentriche, provoca delle microlesioni a livello
del citoscheletro endo ed esosarcomerico 33. In questo caso
si tratta quindi di conseguenze meccaniche e non metaboliche, poiché è il carico a non essere sopportato e non c’è deficit energetico. Tali lesioni in realtà costituiscono lo stimolo all’ipertrofia 34, in quanto la riparazione del danno tiene conto del
fatto che il tessuto dovrà essere più “resistente” a quel tipo di
sollecitazioni meccaniche. In effetti continuando gli allenamenti ed osservando i corretti tempi di recupero tra una prestazione o un allenamento ed il successivo il danno è molto
più contenuto, ad indicare un fisiologico processo di adattamento al carico 35.
La riparazione del danno del tessuto muscolare
Nelle vere e proprie lesioni macroscopiche da trauma diretto e negli strappi muscolari il processo di riparazione della
lesione avviene con la formazione di tessuto cicatriziale, che
quindi ha caratteristiche differenti da quelle del tessuto muscolare. Il meccanismo riparativo segue un andamento costante,
indipendentemente dal tipo di lesione (da taglio, contusione
o strappo) 36 nel quale si possono identificare tre fasi 15:
1) fase distruttiva, caratterizzata dalla necrosi delle fibre
muscolari lesionate, dalla formazione dell’ematoma e dalla reazione infiammatoria del tessuto muscolare 15; in questa fase
giocano un ruolo importante i numerosi fattori di crescita e le
citochine contenuti nella matrice extracellulare, che in seguito al danno vengono attivati o rilasciati e che a loro volta agiscono come potenti attivatori delle cellule satelliti 37.
2) Fase riparativa, nella quale il tessuto necrotico viene
fagocitato, inizia la rigenerazione delle miofibre a partire dall’attivazione delle cellule satelliti, ed inizia a formarsi il tessuto
connettivo cicatriziale 15. L’equilibrio tra i processi di rigenerazione delle miofibre e di formazione del connettivo cicatriziale è necessario per ottenere il recupero della funzione
contrattile del muscolo e per prevenire il reinfortunio 36. La
rigenerazione delle miofibre inizia con la proliferazione delle cellule satelliti che quindi si differenziano in mioblasti, che
si fondono per formare miotubi polinucleati, che vanno poi
a fondersi con le miofibre danneggiate dal trauma e che sono
sopravvissute 38. Esistono almeno due popolazioni di cellule satelliti 15: le cosiddette cellule satelliti “classiche” che in
seguito alla lesione proliferano e diventano direttamente mioblasti, ed una popolazione di cellule staminali che prima di differenziarsi si dividono ed una parte delle cellule originate da
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GLI INFORTUNI MUSCOLARI DELLO SPORTIVO
45.
Il trattamento di un infortunio muscolare deve essere tempestivo 11, 15 e quindi è necessario essere in grado di fare
rapidamente diagnosi. La questione si pone per i traumi contusivi e per gli infortuni che appaiono di lieve entità, per i quali è opportuno sospettare sempre una situazione più grave.
Infatti il maggiore problema nel trattamento degli infortuni
muscolari è dato dalla prevenzione e dalla gestione di un
eventuale ematoma. Per questo in tutte le lesioni che si producono acutamente (Tabella I), con l’eccezione del crampo,
è necessario osservare le regole del RICE (R: Rest, riposo; I:
Ice, ghiaccio; C: Compression, compressione; E: Elevation,
elevazione dell’arto). La prima cosa da fare è dunque la compressione, con un apposito bendaggio (taping) e l’applicazione
ripetuta di ghiaccio per 15-20 minuti, con intervalli di almeno 30-60 minuti con lo scopo di diminuire il flusso ematico al
muscolo 15, 49. Ne consegue che nelle fasi iniziali il calore è
sempre controindicato.
L’elevazione dell’arto riduce l’accumulo del liquido interstiziale ed il riposo evita che il muscolo lesionato si contragga. A questo proposito è importante far deambulare il paziente in scarico con l’ausilio di stampelle 15. L’immobilizzazione
ha sicuramente effetti benefici poiché favorisce la prima fase
dei processi riparativi, ma costituisce uno stimolo importante per il catabolismo muscolare e conseguentemente per l’atrofia, ma anche per la deposizione di tessuto connettivo in
eccesso 15. D’altra parte la mobilizzazione precoce favorisce
una miglior rigenerazione delle fibre muscolari, anche se la
mobilizzazione immediatamente dopo l’infortunio favorisce la
deposizione di tessuto cicatriziale in eccesso. Jarvinen & Lehto
50, affermano che la precoce mobilizzazione tende a favorire i processi rigenerativi, la proliferazione dei capillari e l’orientamento delle nuove fibre muscolari, mentre l’immobilizzazione protratta produrrebbe un ritardo di maturazione
cellulare, favorendo l’orientamento anarchico delle fibre, la formazione della cicatrice fibrosa e, conseguentemente, l’atrofia
muscolare. Inoltre, l’immobilizzazione ritarda considerevolmente il ritorno alla normale resistenza del muscolo nei confronti della trazione. Uno studio di Letho 51 dimostra che
un’immobilizzazione iniziale di breve durata (5 giorni) determina la riduzione dell’ematoma, accelerando, altresì, la comparsa del collagene di tipo I, responsabile della solidità della cicatrice fibrosa. Ciò evita le microrotture precoci, che causano la disordinata disposizione delle fibre muscolari e l’ipertrofia cicatriziale. Di conseguenza l’immobilizzazione
dovrebbe essere mantenuta sicuramente per i primi 2-3 giorni e si dovrebbe iniziare a mobilizzare a partire dal 3-5° giorno dal trauma, cioè quando il tessuto cicatriziale è in grado
di resistere alle forze di trazione prodotte dalla contrazione
submassimale del muscolo lesionato. A questo punto si potranno inserire esercitazioni di potenziamento muscolare, sotto la
soglia del dolore, iniziando con l’isometrica, per passare progressivamente all’isotonica ed all’isocinetica. E’ importante
che tutte le esercitazioni siano effettuate previo adeguato
riscaldamento, che favorisce la riduzione della viscosità ed il
rilassamento muscolare.
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Questa suggestiva ipotesi necessita di conferme, ma è evidente che non rispettare l’equilibrio tra le fasi di carico e di
scarico durante l’attività sportiva, mette in crisi l’atleta che
può incorrere in infortuni, in patologie da sovraccarico funzionale 46 e nella sindrome da sovra allenamento 47.
Sulla base di quanto fin qui esposto, la prognosi di un
infortunio muscolare dipenderà dal tipo e dall’entità della
lesione (Tabella II), ma dovranno essere considerati anche altri
elementi prognostici che vengono definiti come “negativi” 11
poiché possono comportare un allungamento dei tempi di
recupero, e che sono dipendenti da diversi fattori quali: a) l’estensione della lesione, b) eventuali errori di trattamento, c)
la presenza dell’ematoma intramuscolare, che per la sua sede
è difficilmente aggredibile con le terapie e che perciò risulta
più difficilmente riassorbibile, d) la vicinanza della lesione
alla giunzione muscolo-tendinea, e) la presenza di complicanze (calcificazione, falda liquida, miosite ossificante) e f) dal
verificarsi di un ulteriore infortunio a carico dello stesso
muscolo durante la riabilitazione 10, 11.
La prognosi a breve distanza può essere così schematizzata
(Tabella II):
— il crampo e la contrattura sono fatti transitori, di breve
durata, che tuttavia prevedono un trattamento adeguato ed un
periodo di riposo di qualche giorno, commisurato alle esigenze
funzionali del muscolo;
— lo stiramento prevede un trattamento più specifico ed
una ripresa funzionale più lenta; l’atleta può tornare ad un allenamento normale dopo non meno di una settimana;
— lo strappo rappresenta l’evenienza clinica più grave, ed
il periodo di guarigione varia a seconda del grado della lesione: uno strappo di I grado richiede circa 20-30 giorni, uno
strappo di II grado circa 30-40 giorni ed uno strappo di III grado almeno 45 giorni; questa tempistica è suffragata dalla correlazione lineare tra le dimensioni della lesione determinata
con la RMN ed il tempo necessario per il ritorno alle competizioni 48;
— la contusione e la lacerazione da trauma diretto hanno
sostanzialmente gli stessi tempi di riparazione dello strappo
che dipendono dal grado della lesione;
— il DOMS, si risolve spontaneamente entro 7-10 giorni;
— l’intolleranza acquisita all’esercizio implica l’astensione
dall’attività per molti mesi e sono necessari ulteriori studi per
definire se si tratta di una situazione irreversibile.
Principi generali di trattamento
degli infortuni muscolari
Esistono poche evidenze scientifiche sull’efficacia dei trattamenti proposti per la terapia degli infortuni muscolari, tuttavia le conoscenze di anatomia, di fisiologia e biomeccanica, dei meccanismi lesivi e dei meccanismi di riparazione del
danno certamente aiutano a stabilire il protocollo terapeutico ed a controllare l’evoluzione.
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crescita, sia le citochine possiedono una ben documentata
azione citogenetica, ma questa attività nel muscolo si svolgerebbe sia sulle cellule satelliti, sia sui fibroblasti 59. Inoltre
abbiamo visto che una lesione muscolare, già di per sé è in
grado di attivare fisiologicamente questi fattori e quindi c’è da
chiedersi in che modo un eccesso di questi fattori somministrati dall’esterno possa influire sulla cinetica della riparazione del danno. Inoltre questi fattori fisiologicamente esercitano la loro azione con caratteristiche spazio-temporali assai precise e quindi un loro utilizzo non dovrebbe essere preso in
considerazione se non vengono chiarite queste caratteristiche 15. Nonostante il dibattito su questi argomenti sia in pieno svolgimento, le prospettive sembrano comunque essere
interessanti 60. Infatti, è stato recentemente dimostrato che la
somministrazione di IGF-I sul tessuto muscolare lesionato,
associata ad uno specifico inibitore della formazione del tessuto cicatriziale, riesce a stimolare la rigenerazione delle cellule muscolari evitando la formazione di tessuto cicatriziale 61.
Ciò può essere ottenuto anche associando la suramina, un farmaco antiparassitario ed antitumorale che si è dimostrato efficace nella riparazione del danno in animali di laboratorio 62.
A proposito dei fattori di crescita va rilevato che si tratta di
sostanze che potrebbero avere un effetto anabolizzante sull’intero organismo. È attualmente in corso il dibattito volto a
stabilire se le pratiche di preparazione e di somministrazione
locale dei fattori di crescita debba o meno essere compresa
e/o regolata dalla normativa antidoping 60.
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Le esercitazioni di stretching hanno invece lo scopo di
orientare le fibre cicatriziali, di aumentare la resistenza agli stimoli lesivi e di sollecitare l’aumento dei sarcomeri in serie 52.
L’impiego di farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS)
può essere utile per contrastare la sintomatologia dolorosa in
acuto, ma contemporaneamente blocca la reazione infiammatoria che costituisce la base per la riparazione del danno.
Da questo punto di vista questi farmaci non dovrebbero
quindi essere utilizzati o comunque potrebbero esserlo solo
per pochi giorni 53. Tuttavia è stato recentemente osservato
che la normale reazione infiammatoria porterebbe ad un
eccessivo aumento dei neutrofili con conseguente aumento
dei radicali liberi e delle proteasi lisosomiali che costituirebbero la base per un “danneggiamento secondario” del
tessuto muscolare 54. Questo meccanismo sarebbe importante non tanto nelle contusioni o negli strappi, ma nel DOMS
che quindi si potrebbe giovare della somministrazione di
FANS 54.
L’uso di glucocorticoidi è invece controindicato perché
ritarda i processi riparativi ed altera le capacità di produrre forza 55.
Per quanto riguarda le terapie fisiche, non esistono convincenti evidenze sperimentali dirette su una loro reale efficacia nell’atleta infortunato. È stato dimostrato, sui ratti 56,
che la somministrazione di ultrasuoni pulsati stimola la proliferazione dei precursori miogenici, ma non la loro evoluzione
in miotubi, quindi non ha effetti sulla morfologia del tessuto
muscolare in riparazione. Tuttavia questa terapia potrebbe
stimolare eccessivamente i fibroblasti aumentando la produzione di tessuto cicatriziale 56. Altri supposti effetti “biostimolanti” delle varie apparecchiature per terapie fisiche reperibili in commercio e più o meno di moda, seppur quasi sempre basati su presupposti pertinenti, non sono sufficientemente supportati da indagini scientifiche pubblicate fino ad
oggi nella letteratura scientifica internazionale. La maggioranza di tali apparecchiature porta alla produzione di varie forme di calore, i cui effetti miorilassanti e di stimolazione del
metabolismo attraverso un aumento dell’apporto ematico
sono genericamente noti da tempo 57, mentre altre metodiche
che si basano sulla somministrazione di varie forme di energia elettrica sembrano agire prevalentemente sulle terminazioni
nervose sensitive, con effetti antidolorifici o miorilassanti 57.
Purtroppo le complesse regolazioni dei processi fisiologici
anabolici e catabolici implicati nei meccanismi di riparazione
del danno, coinvolgono diverse popolazioni cellulari che
possono modificare la loro attività in risposta a stimoli che
spesso interagiscono tra loro in modo apparentemente contraddittorio. Ne consegue che in biologia pensare ad una elementare relazione causa-effetto è un po’ troppo semplicistico e forse per questo motivo è assai complicato dimostrare i
reali effetti delle terapie fisiche sulle diverse situazioni patologiche muscolari.
Questa problematica coinvolge anche i fattori di crescita che
sono stati recentemente proposti come acceleratori della riparazione del danno muscolare 58. È ben vero che sia i fattori di
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Crampo muscolare
Il crampo è indice di affaticamento da deficit energetico,
dovuto ad inadeguato allenamento. Il trattamento prevede
esercitazioni di stretching per favorire la risoluzione dello
stato di contrazione tetanica del muscolo, la somministrazione di una bevanda contenente glucidi per via orale, o in particolari situazioni l’infusione endovena di una soluzione glucosata. A volte il crampo deriva da squilibri muscolari o posture anormali che si instaurano per l’eccessiva specializzazione
(crampo del musicista o dello scrittore): in questi casi la terapia dovrà curare il riequilibrio muscolare 63.
Contusione
Una volta applicato il RICE è importante non commettere
errori terapeutici (come ad esempio l’applicazione di calore ed
i massaggi) nelle prime 72 ore dal trauma, per non creare le
premesse per l’insorgenza di complicanze da terapia inadeguata, quali la miosite ossificante e la falda liquida. La fisioterapia effettuata a scopo sintomatico, prevede ultrasuoni pulsati a bassa frequenza, TENS (Transcutaneal Electric Nerve
Stimulation) e Laser terapia non ad alta potenza (nei primi
giorni). È utile anche il massaggio linfatico per stimolare il
riassorbimento dell’ematoma. Dopo le prime 48 ore si possono effettuare esercizi di stretching passivo, sotto la soglia del
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sciamento del muscolo leso. Il riposo assoluto viene sempre
fatto osservare in prima giornata. La durata dell’immobilizzazione va invece adeguata alla gravità della lesione, da un
minimo di una giornata ad un massimo di 4-5 giorni 11, 15, 64.
Nella prima fase vengono effettuate terapie fisiche: TENS
per innalzare la soglia del dolore, ionoforesi con farmaci
antinfiammatori e linfodrenaggio per ridurre e rimuovere l’ematoma. Quanto più si riesce a diffondere l’ematoma nelle
zone circostanti, tanto più rapido sarà il recupero del paziente. Il massaggio decontratturante dovrà essere eseguito a
monte e a valle del punto di lesione non prima che siano
trascorsi 3-4 giorni dal momento del trauma e, nei casi di
traumi gravi, non prima di 7-8 giorni. Lo stretching passivo viene effettuato solo dal terapista, anche precocemente, stirando il muscolo sempre al di sotto della soglia del dolore. Il
ghiaccio ed il bendaggio funzionale concludono sempre la
seduta riabilitativa durante la prima settimana.
Sono invece da evitare tutte le altre terapie manuali e le terapie fisiche che producono calore che potrebbe avere effetti
negativi sul sanguinamento della lesione. Ad esempio, il massaggio stimola la circolazione, accelerando il flusso ematico,
riduce l’edema, frammentano il tessuto cicatriziale in eccesso ed ha azione miorilassante ed antalgica 65. Quando si è formata la cicatrice, il massaggio impedisce la formazione di
tessuto cicatriziale in eccesso, ma è sicuramente rischioso per
la cicatrizzazione in fase iniziale.
Tra il 7° e il 15° giorno, a seconda del grado di lesione, oltre
al trattamento con terapie fisiche (ultrasuoni) inizia il ricondizionamento aerobico che deve essere effettuato sempre in
assenza di dolore. Lo stretching dapprima è generico per il
gruppo muscolare interessato dalla lesione e per i muscoli a
monte e a valle, poi diventa specifico per la porzione di
muscolo in cui si sta formando la cicatrice e va sempre effettuato al di sotto della soglia del dolore. In questa fase il massaggio drenante viene sostituito dal massaggio trasversale
profondo (MTP) che viene effettuato progressivamente in
maniera sempre più intensa. Questa seconda fase deve portare il paziente ad un recupero completo dell’escursione articolare in assenza di dolore, favorendo la fase riparativa della lesione.
Tra il 10° ed il 15° giorno si inizia il recupero attivo della
forza muscolare attraverso esercizi isometrici, isotonici, con
resistenza elastica ed esercizi che prevedono contrazioni
eccentriche effettuate contro la resistenza manuale del terapista.
La progressione del lavoro prevede l’incremento dei carichi e soprattutto la ricerca di una maggiore specificità nella
contrazione muscolare. Le contrazioni contro resistenza vengono effettuate a velocità sempre crescenti ed il MTP lascia
spazio al massaggio miofasciale effettuato in associazione a
contrazioni attive da parte del paziente.
Quando il paziente non avverte più dolore, all’incirca tra
il 15° e il 20° giorno, inizia il lavoro sul campo sportivo con
corsa aerobica a velocità crescente 66. Vengono quindi inseriti il lavoro breve ed intenso, tipicamente lattacido (allunghi
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dolore. Il lavoro attivo dovrebbe iniziare il più presto possibile,
e l’intensità dell’esercizio non deve mai evocare il dolore. È
bene applicare un bendaggio elastico all’arto, al fine di favorire il ritorno venoso ed il riassorbimento dell’ematoma. Nelle
contusioni di terzo grado sono indicati gli esercizi di tonificazione specifica del muscolo leso, prima della ripresa dell’attività sul campo che dovrebbe sempre avvenire previa esecuzione di una ecografia di controllo e con completa negativizzazione dei test di estensibilità muscolare.
Contrattura
La terapia prevede la somministrazione di calore esogeno
(impacchi caldo-umidi), ultrasuoni, infrarossi, massaggio di scarico e decontratturante, nonché stretching che deve essere ripetuto più volte nel corso della giornata. In genere, sono sufficienti 3-4 sedute per risolvere il problema. Contemporaneamente va valutata la forma fisica generale e va instaurato
come minimo, un programma di condizionamento aerobico.
Stiramento
Viene affrontato con l’applicazione di TENS per innalzare la
soglia del dolore, ultrasuoni preferibilmente pulsati (poiché non
si ricerca l’effetto ipertermico, ma quello antinfiammatorio e di
micromassaggio), il Laser non ad alta potenza Il massaggio
dovrà interessare le porzioni muscolari prossimali e distali
rispetto alla sede del dolore, a scopo preventivo, finché non
si ha la sicurezza diagnostica che non si tratta di uno strappo.
La seduta riabilitativa terminerà con crioterapia e bendaggio
funzionale a protezione della zona traumatizzata.
Poiché la differenza fra strappo e stiramento appare in
alcuni casi assai sfumata, è importante già dai primi giorni trattare lo stiramento come se fosse uno strappo, fino a quando
l’ecografia non avrà risolto il dubbio diagnostico. A 4-8 giorni dal trauma, una volta esclusa la presenza di lesioni anatomiche del tessuto muscolare, si può iniziare il trattamento
più aggressivo. Questo consiste nel massaggio decontratturante
anche nella sede del dolore, unitamente a stretching ed esercizi di allungamento con tecniche di facilitazioni neuro-muscolare propriocettiva (PNF). Queste cure si associano all’esercizio
in condizioni aerobiche, seguendo la progressione temporale: cyclette, ellittica, marcia e corsa sul nastro trasportatore. Tra
l’8° ed il 12° giorno il paziente riprende il lavoro sul campo,
senza però effettuare i normali allenamenti e privilegiando il
lavoro per migliorare il trofismo muscolare. Dopo 12-15 giorni l’atleta potrà riprendere le normali sedute di allenamento.
È comunque importante un continuo controllo medico, poiché le recidive sono sempre in agguato.
Strappo muscolare
Dopo aver applicato il RICE, si osserva riposo assoluto in
prima giornata con una postura che consenta un completo rila-
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Sta di fatto che la sintomatologia tende a scomparire spontaneamente in qualche giorno e che l’esercizio praticato regolarmente previene la comparsa del DOMS.
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e ripetute) e successivamente alattacido (scatti e balzi). In
questa fase iniziano anche i lavori con l’attrezzo ed il recupero
dei gesti atletici specifici, sempre in associazione al lavoro
in palestra ed alle terapie manuali. La ripresa dell’attività agonistica avviene dopo un ulteriore controllo ecografico che
dimostra la completa riparazione della lesione senza complicanze ed in assenza di qualsiasi sensazione di “muscolo diverso” riferita dal paziente.
È importante sottolineare che dopo la dimissione, per prevenire le recidive, è necessario continuare nel lavoro di mantenimento, che deve essere effettuato almeno 3 volte alla settimana, per 3-4 settimane, affiancando ai normali allenamenti
sedute di condizionamento aerobico di base, sedute di fisioterapia, esercizi di tonificazione specifica (eccentrica) del
muscolo che ha subito l’infortunio e, soprattutto, l’effettuazione
di stretching e massaggio defaticante dopo l’attività sportiva.
Il trattamento chirurgico dello strappo muscolare va riservato soltanto alle lesioni che non possono guarire con la terapia conservativa 12. La terapia chirurgica può risultare necessaria anche nei casi in cui la lesione abbia prodotto lacerazione
di vasi importanti, o quando la raccolta ematica è talmente
voluminosa da produrre un’ischemia dei tessuti circostanti. Può
essere indicata anche nelle lesioni complete degli ischio-peroneo-tibiali che si estendono per più di metà della superficie
di sezione anatomica 67.
Infine la terapia chirurgica può essere proposta per scopi
estetici, ad esempio nel body-building 68, oppure in particolari casi, quali le lesioni di terzo grado del grande pettorale 69,
nelle quali il trattamento conservativo comporta sempre un
notevole deficit di forza.
DOMS
Il trattamento del DOMS è prevalentemente sintomatico e
può essere ottenuto con i FANS, tuttavia i dati pubblicati in letteratura sono contrastanti 39, 70 anche se questi farmaci potrebbero avere un qualche effetto benefico nell’immediato 70. Altri
trattamenti quali il massaggio 71, lo stretching 20, la crioterapia,
la compressione, l’ossigeno terapia iperbarica, l’ultrasonoterapia, la TENS sono stati proposti singolarmente o variamente associati 20, 39, ma anche con queste metodiche le evidenze sono scarse e contraddittorie e probabilmente i risultati,
quando presenti, sono legati ad un effetto placebo. Esistono
evidenze che esercizi muscolari di blanda intensità possono
indurre un lieve miglioramento della sintomatologia, così come
le metodiche di compressione, anche abbinate alla crioterapia
20, 39. In questi casi l’effetto potrebbe essere dovuto al fatto che
l’azione meccanica dell’esercizio e della compressione agiscono sul tessuto muscolare favorendo la rimozione del liquido interstiziale che è presente in eccesso in seguito ai fenomeni
infiammatori descritti in precedenza e che si ritiene essere
responsabile di buona parte della sintomatologia. Anche varie
tecniche di massaggio avrebbero gli stessi effetti 71.
Vol. 22 - N. 2
Intolleranza acquisita all’allenamento
Questa situazione è stata descritta solo recentemente 23 e
necessita di ulteriori studi per poter essere affrontata adeguatamente. Nei pazienti affetti da questa patologia oltre all’astensione dall’attività sportiva potrebbero essere indicati l’esercizio aerobico di lieve intensità e non particolarmente prolungato nel tempo, unitamente ad adeguate strategie nutrizionali ed all’uso di supplementi e di farmaci anti-ossidanti.
Non essendo presente alcuna sintomatologia, i trattamenti
fisioterapici e farmacologici sintomatici non sembrano essere indicati.
Conclusione
Con questo articolo abbiamo voluto proporre una visione
complessiva degli infortuni muscolari a cui può andare incontro uno sportivo. Abbiamo quindi proposto una classificazione sulla base di meccanismi lesivi, distinguendo i traumi
diretti da quelli indiretti e precisando se l’infortunio avviene
in modo acuto, subacuto o cronico.
Il processo di guarigione delle lesioni muscolari macroscopiche e microscopiche implica il coinvolgimento di meccanismi intracellulari ed extracellulari che hanno una matrice comune infiammatoria e che portano a diversi risultati sulla base della tipologia e delle dimensioni della lesione.
La terapia delle lesioni muscolari dovrebbe essere rivolta
a favorire la guarigione ed a prevenire il reinfortunio. Nel
caso delle lesioni muscolari acute, con l’eccezione del crampo, il trattamento immediato si rivela fondamentale soprattutto
ai fini del controllo dell’ematoma. Le terapie fisiche oggi utilizzate, pur basandosi su presupposti pertinenti, non sembrano in grado di modificare sostanzialmente la normale cinetica del processo di riparazione del danno, anche se possono avere effetti positivi sulla sintomatologia soggettiva.
Poiché un fattore comune nella genesi delle lesioni muscolari da meccanismo indiretto è sempre uno stato di affaticamento, una particolare enfasi andrà posta nel recuperare o nel
costruire un livello di forma fisica generale, che permetta di
sostenere i carichi di allenamento e di gara senza incorrere in
infortuni o in situazioni di sovra allenamento. In questo si
dovranno alternare con precisione le fasi di carico e di scarico, in modo da dare al sistema muscolare, ed all’intero organismo, la possibilità di recuperare, poiché esistono evidenze
che le capacità di riparazione del danno muscolare, in alcuni casi, possono essere limitate.
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Riassunto
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Il processo di guarigione delle lesioni muscolari macroscopiche e microscopiche implica il coinvolgimento di meccanismi intra ed extracellulari che hanno una matrice comune infiammatoria e che portano a diversi risultati sulla base della tipologia e delle dimensioni della lesione.
Nelle lesioni muscolari acute il trattamento immediato è fondamentale ai fini del controllo dell’ematoma. Le terapie fisiche pur basandosi su presupposti pertinenti, non sembra siano in grado di modificare il decorso del processo di riparazione
del danno, anche se possono avere effetti positivi sulla sintomatologia soggettiva. Particolare enfasi della riabilitazione
andrà posta nel recuperare una forma fisica generale, che
permetta di sostenere i carichi di allenamento e di gara senza incorrere in infortuni o in situazioni di sovra allenamento.
Parole chiave: Muscolo - Infortunio muscolare - Fatica Strappo muscolare - Riabilitazione.
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Vol. 22 - N. 2
GIORNALE ITALIANO DI MEDICINA RIABILITATIVA - MR
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