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Il Criminal Profiling
Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles IL CRIMINAL PROFILING Scuola di Specializzazione: Scienze Criminologiche Relatore: Dott.ssa Roberta Frison Tesista specializzando: Dott.ssa Chiara Bucchignoli Anno di corso: Primo Modena, 09/06/2007 Anno accademico 2006-2007 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 Indice 1. Introduzione……………………………………………………………3 2. Studi sull’autore di reato ......................................................................5 2.1 Lombroso .................................................................................5 2.2 Dopo Lombroso …………………………………………….10 3. Il moderno criminal profiling ………………………………………12 3.1 L’FBI ……………………………………………………….12 3.2 David Canter e la psicologia investigativa …………………20 3.3 L’autopsia psicologica e la vittimologia ……………………26 3.4 Altri modelli di criminal profiling…………………………..32 4. Il profilo geografico ………………………………………………...33 5. Il rapporto tra delinquenza e malattia mentale................................38 6. Conclusioni …………………………………………………………..41 7. Bibliografia …………………………………………………………..42 2 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 1 Introduzione Quando parliamo o sentiamo parlare di criminal profiling siamo portati ad immaginare detective dotati di un sesto senso, di una capacità predittiva che li guida alla scoperta di un pericoloso serial killer servendosi di un potere che ha del paranormale. I detective della narrativa cinematografica partendo da banali indizi immaginano abitudini e storie di vita del presunto reo e creano tutta la ricostruzione di un evento basata più sull’immaginazione che sulla razionalità degli elementi materiali di cui dispongono. Si dipinge così il quadro di un personaggio eroico che grazie alla sua sensibilità fuori dalle regole riesce a catturare il delinquente. Purtroppo, o per fortuna, gli studi e l’attività che stanno dietro alla redazione di un profilo sono molto più complessi e concreti, hanno origini antiche e si sono formate grazie all’esperienza e all’impegno di figure importanti del mondo dell’antropologia, della psicologia e delle scienze investigative. Partendo dall’assunto che la storia di un criminale e le vicende personali che lo hanno condotto all’evoluzione della sua personalità rendono conto delle sue azioni prima, durante e dopo l’evento criminoso, possiamo capire quanto possa essere rilevante nell’ambito di un’indagine di polizia focalizzare l’attenzione su ogni minimo dettaglio che ci possa dare notizia della persona con la quale ci troviamo ad avere a che fare. Ciò a prescindere, e questo è forse il passo più difficile da compiere, da qualsiasi tipo di pregiudizio o preconcetto che può influire negativamente sull’imparzialità del nostro giudizio. Un buon criminal profiler è colui che riesce ad applicare un metodo razionale ed empirico alle sue ricerche, che ha la capacità e l’umiltà di collaborare con tutte le forze che entrano in gioco nel corso delle indagini, che non ha l’ambizione di poter da solo “centrare il bersaglio” e sia capace di cambiare strada quando le sue tesi non hanno un reale fondamento. 3 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 Per questo motivo è necessario conoscere le origini dell’attività di criminal profiling, comprendere i metodi e le casistiche che si sono succedute nel corso degli anni ma anche puntare l’attenzione su tutti i principi etici e morali che devono stare alla base del lavoro di un profiler, vista la delicatezza e l’importanza del suo compito. Maggiore sarà la consapevolezza della serietà di questo tipo di lavoro maggiore potrà essere nel corso degli anni la credibilità che gli verrà concessa dalla società, che oggi tende a paragonarlo alle suggestioni di sensitivi e cartomanti, senza riconoscerne appieno le basi scientifiche e pratiche. Questo sarà il primo passo per il riconoscimento della rilevanza anche giuridica di un profilo psicologico e criminale che ad oggi non è considerato strumento utile all’interno delle aule di tribunale. 4 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 2 Studi sull’autore di reato 2.1 Lombroso Cesare Lombroso (in realtà Ezechia Marco) nasce a Verona nel novembre del 1835. Giovanissimo, già intorno al 1850 pubblica i suoi primi scritti, saggi sulla storia della Repubblica romana e sull’agricoltura in Italia, e si impegna in studi di linguistica. Nel 1852 si iscrive al corso di laurea in medicina dell’Università di Pavia, si trasferisce a Padova e successivamente a Vienna per proseguire gli studi. E’ in questa sede che viene in contatto con la scuola psichiatrica in cui prevale in quel periodo l’indirizzo organicista di impronta tedesca, dominato dalla convinzione che la malattia mentale non sia altro che una lesione cerebrale. Lombroso aveva già affrontato l’analisi del disturbo mentale in un saggio sulla pazzia di Girolamo Cardano. Questi era un famoso matematico, astrologo e medico, personaggio geniale che gettò le basi dell’antropologia criminale ma a sua volta attraversato da paranoie e deliri di grandezza. Cardano individua una categoria di individui, gli improbi, caratterizzati da proprietà comuni, somatiche e psichiche, simili ai futuri delinquenti lombrosiani. Fig. 1 Cesare Lombroso 5 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 Il testo Su la Pazzia di Cardano mostra come Lombroso avesse fin da quel momento acquisito il concetto di eredità biologica e di patrimonio ereditario che diventerà di fondamentale importanza nei suoi studi successivi. Questo, insieme alla teoria del ricapitolazionismo di Heackel, porrà le basi della sua ricerca antropologica. Ricordiamo in particolare il concetto che l’ontogenesi ripercorre la filogenesi, per cui durante la formazione embrionale l’essere umano attraverserebbe tutte le fasi evolutive fino al completamento del processo con lo sviluppo delle qualità morali. Solo successivamente Lombroso verrà in contatto con le teorie evoluzionistiche darwiniane. Dopo la laurea in medicina (1858) e quella in chirurgia Lombroso si arruola nel Corpo Sanitario, dal quale si congederà solo nel 1865. Dal 1866 diventa Primario del reparto di malattie nervose all’Ospedale Sant’Eufemia di Pavia e dal 1871 assume la direzione del Manicomio provinciale di Pesaro. Inizia qui a dedicarsi a tempo pieno alla malattia mentale e al suo rapporto con la delinquenza. In prima battuta analizza da un punto di vista oggettivo gli alienati: si dedica ad analisi cliniche e a studi sui crani degli autori di reato provenienti dalle carceri di Pavia e Milano. Nel 1870 osserva il cranio di un contadino calabrese settantenne, tale Villella, nel quale scopre un’anomalia anatomica: una fossetta cerebellare mediana al posto di una cresta, che riproduce le condizioni del cervelletto nel quinto mese dell’età fetale, nonché lo sviluppo cranico di alcuni roditori. Questa anomalia sarà la base delle sue teorie sull’uomo delinquente. Nel 1876 dopo un breve rientro a Pavia si trasferisce e assume la cattedra di Medicina Legale dell’Università di Torino. Inizia qui il suo periodo di massima ascesa che lo porterà a ricevere cariche importanti e ad assumere notorietà e autorevolezza nell’ambiente medico. L’incarico di medico delle carceri gli 6 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 consentirà di avere un osservatorio privilegiato nel modo dei reclusi, fonte dei propri studi. I contributi di maggior rilievo di Lombroso alla scienza psichiatrica sono senz’altro quelli in campo antropologico. Le sue conclusioni in merito all’influenza delle condizioni igienico-sanitarie sui caratteri somatici, all’origine e ai caratteri dell’uomo bianco comparato alle razze di colore lo conducono a quella che sarà la sua teoria di maggiore successo, la teoria dell’atavismo. Nelle sue osservazioni dell’essere umano Lombroso coglie caratteri psico-fisici che rimanda all’uomo del passato e che vede ricomparire proprio nell’autore di reato; il delinquente non è quindi altro che delinquente nato. L’ipotesi è quella che l’uomo criminale sia portatore di un’impronta distintiva che proviene dalla natura primitiva e selvaggia dell’uomo stesso. Questa spinta alla sopraffazione è sintomo di uno psichismo anormale che spinge l’essere umano a delinquere, al di là della sua volontà. Ben presto le critiche alle teorie dell’atavismo si fanno sentire e portano a dubitare che tutti i reati siano opera di delinquenti nati. A questa categoria di delinquenti (per passione, per abitudine e per occasione) si aggiunge la categoria dei pazzi e quella degli epilettici. L’epoca storica che vede protagonista Lombroso è quella in cui si sviluppa la Scuola Classica, per la quale l’autore di reato è un soggetto uguale a tutti gli altri, con le stesse capacità intellettive e le stesse funzioni psichiche e decisionali. A ciò fanno eccezione i cosiddetti alienati, coloro che hanno agito in un momento di alterazione mentale e dei quali è necessario valutare il grado di responsabilità. Il più insigne esponente della Scuola Classica è il criminalista Francesco Carrara per il quale l’uomo viola le regole nella più totale libertà morale e in quella condizioni che si usa definire libero arbitrio. Queste saranno le teorie che Lombroso fortemente criticherà nel corso del suo percorso di studi e lavorativo. In un primo momento Lombroso parte dalla suddivisione tra delinquenti, pazzi e sani di mente, dimostrando la convinzione che il pazzo avesse 7 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 caratteristiche somatiche sue proprie mentre il delinquente doveva avere quelle dell’uomo nomale. La constatazione, derivante dalle osservazioni dirette sui viventi, che il delinquente è invece anch’esso un anormale spiazza Lombroso. La scoperta della fossetta occipitale mediana nel cranio del Vilella, nucleo fondamentale della antropologia del delinquente elaborata da Cesare Lombroso, indica come nel delinquente si riproducono caratteri ancestrali, e ciò giustifica l’esistenza di analogie tra criminali, pazzi e razze preistoriche. Scrive Lombroso che “questa anomalia cranica come altre che spero di esporre, siansi scoperte in quella varietà infelice d’uomo che è, a mio vedere, più patologico dell’alienato, nell’uomo criminale”. Fig. 2 Esempi di fisionomica di criminali La seconda tappa fondamentale degli studi dell’autore è la perizia psichiatrica su Vincenzo Verzeni, contadino ventenne oggi riconosciuto come il primo serial killer italiano. E’ accusato di aver strozzato due donne e aver fatto scempio dei loro cadaveri. Nella perizia Lombroso stabilisce che nel soggetto la 8 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 piena lucidità di mente si accompagna però ad un’anamnesi personale e familiare che indica la presenza di malattie mentali. Ciò porta a riconoscere come anche il delinquente sia anormale esattamente quanto il pazzo, e simmetricamente a questo indica la necessità di curarlo e isolarlo come pericoloso ma non di punirlo. La pubblicazione nel 1876 della prima edizione de L’Uomo Delinquente si accompagna a critiche e obiezioni di natura sia sostanziale che procedurale. Lombroso viene accusato di non aver utilizzato metodi di ricerca uniformi, di non avere fonti adeguate e verificate. In realtà questi attacchi mascherano la difficoltà di accettare una teoria così innovativa e che mette in crisi una mentalità consolidata nel ritenere che il criminale nell’agire esprima la natura malvagia dell’uomo. Principi elaborati da Lombroso: 1. la maggior parte degli alienati non nasce ma diventa tale mentre per i delinquenti è esattamente il contrario; 2. tra i fattori del delitto hanno importanza il sesso, visto che l’uomo è più portato al delitto rispetto alla donna, e l’età, visto che la massima concentrazione di delinquenti si manifesta tra i 20 e i 30 anni; 3. alcool, stupefacenti e alimentazione abbondante portano ai delitti contro la persona; 4. i fattori sociali ed economici non intervengono sulla spinta interiore del criminale; nonostante ciò la povertà può spingere al delitto sia per soddisfare esigenze materiali sia perché provoca malattie e degenerazioni che possono portare l’uomo a delinquere (ciò tuttavia può essere vero anche per la ricchezza); 5. la permanenza in carcere influenza negativamente il soggetto perché lo mette a contatto con altri delinquenti. Nel suo articolo Imbecillità morale in donna ladra e prostituta riconosce l’esistenza del pazzo morale, incapace di distinguere il lecito dall’illecito, che va 9 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 oltre l’atavismo ma ha comunque la sua base in esso e in una sua degenerazione. La pazzia morale porta il soggetto a stadi ancestrali ancora privi di senso etico. Nel1897 pubblica la quinta edizione de L’uomo delinquente, la più completa e articolata, in tre volumi. Completa qui la descrizione dei caratteri che più spesso si osservano nell’analisi del criminale: prognatismo, asimmetria facciale, grande sviluppo della mandibola, sottigliezza delle labbra, scarsezza della barba, deformità del naso, sporgenza degli zigomi, strabismo e fonte bassa e stretta. Ci sono poi dettagli diversi che si accompagnano ai diversi tipi di reato commesso, così ad esempio il ladro avrà l’occhio piccolo e mobile, lo stupratore una fisionomia delicata. Per quanto riguarda il delinquente nato ne considera la sensibilità generale, al dolore, il senso cromatico, l’acuità uditiva, visiva e olfattiva, il frequente mancinismo. Analizza poi le singole figure: ¾ pazzo morale e delinquente epilettico si assomigliano, mostrano in egual misura egoismo, irritabilità morbosa, avversioni immotivate, apatia morale e un grado molto variabile di intelligenza; ¾ delinquente d’impeto, pazzo o d’occasione e il mattoide, soggetti alienati che possono apparire geni ma in realtà sono persone comuni. 2.2 Dopo Lombroso Agli studi antropologici e criminalistici di Lombroso si accompagnano, in altre realtà, studi sulla fisiognomica volti a effettuare i primi elementari profili fisici e psicologici del criminale. In Francia Alphonse Bertillon è il creatore dell’antropometria segnaletica, sistema di identificazione basato sul ritratto fotografico accompagnato da un cartellino descrittivo dei caratteri della persona (antenato del nostro più moderno cartellino foto-segnaletico). Il bertillonage e 10 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 l’utilizzo dello strumento dotato di macchina fotografica e asta di misurazione saranno sostituiti solo dal sistema delle impronte digitali, restando per diversi anni l’unico sistema di analisi e archiviazione dei sospetti autori di reato. Un’altra branca importante che ebbe la sua influenza sul moderno offender profiling è il costituzionalismo, nato in Italia alla fine del 1900 con la scuola di De Giovanni, Viola e Pende. Essi catalogano e suddividono l’uomo prendendo come punto di partenza il corpo per poi arrivare a estrapolarne le caratteristiche psichiche. L’essere umano si suddivide così in tre tipologie: 1. brachitipo (sviluppo del tronco prevalente sugli arti); 2. longitipo (sviluppo prevalente degli arti); 3. normotipo (equilibrato); A questa prima analisi e suddivisione ne seguiranno altre, ad opera prima dello psichiatra tedesco Ernst Kretschmer poi dell’americano William Sheldon, ma tutte avranno il limite di voler inquadrare ogni individuo in una categoria ben precisa. Il primo vero esempio di criminal profiling lo ritroviamo nelle indagini sui delitti compiuti da Jack The Ripper nel 1888 a Londra. Il dott. Thomas Bond, in base alle sue esperienze in campo criminale, stila un profilo del possibile autore di reato, risalendo alle sue caratteristiche fisiche (soggetto fisicamente forte, di grande freddezza e audacia, di mezza età, curato nell’igiene e rispettabilmente abbigliato) e psichiche (soggetto a periodici attacchi di mania erotica e omicida, condizione mentale di vendicatività a lungo covata, solitario ed eccentrico nei comportamenti). Per arrivare ad un vero successo dell’offender profiling dobbiamo attendere il 1940 e l’indagine dell’ispettore Howard Finney sul caso Mad Bomber. Con la 11 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 collaborazione dello psichiatra James A. Brussel si arriva alla definizione di un ritratto del possibile attentatore dinamitardo i cui punti salienti sono: o sesso maschile, storicamente i dinamitardi sono maschi; o la finalità di rivendicazione nei confronti di una società che aveva la sua sede nel palazzo colpito dall’attentato; o sindrome paranoide che porta il soggetto a sentirsi al centro e vittima di trame e complotti da parte dell’intera società; o è curato e meticoloso nel compiere il suo lavoro; o è di origini straniere perchè scrive il messaggio di rivendicazione con un lessico e una sintassi molto formali, senza espressioni gergali – probabilmente proviene dall’Europa centrale e orientale dove è più tipico l’utilizzo di bombe come arma. Nel 1957, grazie alle indicazioni fornite dagli investigatori, venne catturato George Metesky le cui caratteristiche erano in tutto sovrapponibili al profilo redatto. Brussel parteciperà successivamente anche alle indagini sullo strangolatore di Boston, sempre con successo. 3 Il moderno criminal profiling L’anno 1970 può essere considerato l’anno della nascita del moderno criminal profiling. E’ infatti in quell’anno che gli agenti speciali dell’FBI Teten e Mullany creano il programma di profilo criminale. 3.1 L’FBI Due anni più tardi sorgerà la Behavioral Science Unit (BSU) con il compito di studiare e formare gli agenti sulle tecniche del profilo, suddivisa in diverse specialità, negoziazione di ostaggi, crimini sessuali, satanismo e spionaggio. 12 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 Fig. 3 FBI Nel 1976 Ressler e successivamente Douglas, agenti epsicologi dell’FBI, iniziano ad intervistare in carcere gli autori di reato al fine di scoprire la correlazione tra la scena del crimine, la vittima prescelta e l’omicida, le sue peculiarità e i suoi rituali, fino ad arrivare alla sua condizione psichica e sociale. Da questo studio, a cui parteciperà anche Ann Burgess, nascerà nel 1992 il Crime Classification Manual e la celebre suddivisione dei serial killer in organizzati/disorganizzati. L’FBI basa le sue analisi sul principio che la personalità dell’individuo si ripercuote sulle sue azioni e influenza il suo modo di comportarsi, quindi lascia tracce sulla scena del crimine. Si può quindi partire dall’analisi della scena del crimine per arrivare a individuare una serie di informazioni sul possibile autore del reato e quindi restringere a lui solo il campo di indagine. Una volta arrestato le stesse informazioni saranno utili ai fini degli interrogatori di polizia. Innanzitutto il Crime Classification Manual suddivide i reati che possono rientrare nella sfera di interesse dell’offender profiling in tre categorie: 1. Omicidio (che può essere singolo, doppio, triplo o rientrare nelle categorie mass, spree e serial killing). 2. Stupro. 13 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 3. Incendio doloso. 1. L’omicidio in particolare deve rivestire carattere di particolare efferatezza o essere apparentemente privo di motivazione per interessare l’FBI. Possiamo definire un soggetto serial murder quando è responsabile di tre o più eventi omicidiari, commessi in tre luoghi differenti e separati da un intervallo di tempo, un raffreddamento emozionale (emotional cooling-off). Mass murder è il soggetto colpevole di aver ucciso quattro o più vittime nel medesimo luogo e nel corso di un unico evento. Spree killing è riferito invece al singolo evento criminale che si realizza in più luoghi e con l’uccisione di più vittime ma tutte nello stesso arco temporale, senza periodo di raffreddamento dell’autore tra le aggressioni. 2. Lo stupro si suddivide a sua volta in quattro tipologie: power reassurance rapist (dove la violenza sessuale è la massima espressione delle fantasie dell’aggressore, convinto che la vittima partecipi al suo piacere), exploitative rapist (l’atto è impulsivo e fuori controllo), anger rapist (la sessualità ha come scopo la rivendica e l’espressione di un’ostilità nei confronti della vittima) e il sadistic rapist (dove il piacere deriva dall’infliggere dolore alla vittima). Anche lo stupro può ben essere considerato un reato seriale in quanto appare un crimine tipicamente reiterato. 3. In caso di incendio doloso, purtroppo molto diffuso nella realtà statunitense, molto meno in quella italiana, possiamo distinguere il serial arsonist dal mass arsonist sempre basandoci sulla presenza o assenza del periodo di raffreddamento. Possiamo poi aggiungere il bombing, attentato dinamitardo, non considerato dalla classificazione per l’esiguità degli episodi di cui si ha esperienza. 14 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 La Behavioral Science Unit tra il 1979 e il 1983 ha portato avanti una ricerca su trentasei soggetti incarcerati per omicidio a sfondo sessuale, al fine di dimostrare come la loro personalità e le loro peculiarità si riflettessero nel luogo del delitto. Ne è derivata la classificazione tra assassini organizzati e disorganizzati. Si tratta certamente di uno studio ristretto ad un campo di ricerca abbastanza limitato e certamente da non considerare foriero di verità assolute, ma nonostante ciò viene ancora ampliamente utilizzato, con la precauzione di non azzardare un’eccessiva semplificazione e ricordare l’impossibilità di ricondurre tutti i dettagli di un reato a una delle due categorie. Gli elementi distintivi degli ipotetici appartenenti alle due diverse categorie sono stati ottenuti attraverso lo studio e il confronto tra i reperti rinvenuti sulla scena del crimine e le interviste ai detenuti. ASSASSINO ORGANIZZATO ASSASSINO DISORGANIZZATO Intelligenza media superiore Intelligenza sotto la media Socialmente competente Socialmente inadeguato Predilige lavori che richiedano abilità Predilige lavori semplici e generici Sessualmente adeguato Sessualmente inadeguato Alto ordine di genitura Basso ordine di genitura Padre con occupazione stabile Padre con occupazione precaria Disciplina inconsistente nell’infanzia Disciplina rigida nell’infanzia Emotività controllata durante il crimine Ansia durante l’esecuzione del crimine Utilizzo di alcool durante il crimine Minimo uso di alcool 15 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 Stress situazionali precipitanti Minimi stress situazionali Vive con il partner Vive da solo Si sposta con un’auto in buone Vive/lavora vicino alla scena del crimine condizioni Ha minimo interesse per le notizie dei Segue il crimine attraverso le notizie dei media media Va incontro a significative modificazioni Può cambiare lavoro o lasciare la città comportamentali (abuso di alcool/droghe, religiosità eccessive ecc.) SCENA DEL CRIMINE IN OMICIDIO ORGANIZZATO SCENA DEL CRIMINE IN OMICIDIO DISORGANIZZATO Aggressione pianificata Aggressione improvvisa, non pianificata La vittima è persona sconosciuta Vittima/luoghi conosciuti Personalizza la vittima Depersonalizza la vittima Controlla la relazione verbale con la Minimo controllo della relazione verbale vittima La scena del crimine riflette un Scena del crimine si presenta caotica e controllo completo disordinata Esige una vittima sottomessa Improvvisa violenza sulla vittima Utilizza mezzi di contenzione Minimo uso di contenzione fisica Compie atti aggressivi prima della Atti sessuali successivi alla morte morte Cadavere lasciato in vista Nasconde il corpo Armi e tracce/prove spesso presenti Armi e tracce/prove assenti sulla scena Cadavere lasciato sul luogo 16 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 Trasporta la vittima o il cadavere dell’omicidio Attività tipica dell’assassino disorganizzato è l’overkilling, ossia l’eccesso nell’aggressione omicidiaria, il produrre lesioni che vanno al di là dello scopo di uccidere e soddisfano solamente una spinta psicologica del criminale alla violenza. Lo staging è invece la deliberata alterazione della scena del crimine prima dell’arrivo della polizia. Ciò avviene sia per depistare le indagini che per proteggere la vittima o la sua famiglia. In entrambi i casi si intuisce l’esistenza di un rapporto che lega la vittima all’autore di reato, ma nel primo caso l’autore mette in atto lo staging per depistare le indagini mentre nel secondo caso è un amico o un familiare che interviene sul luogo del delitto per evitare che il cadavere venga rinvenuto in una situazione degradante. Lo staging è comunque tipico di un criminale disorganizzato. Undoing è invece la modificazione della scena del crimine da parte dell’assassino che sente rimorso per ciò che ha fatto e vorrebbe negare e porre rimedio al suo atto. Per quanto rigurda invece lo stupratore, il rapist può essere distinto in due macro-categorie, selfish e unselfish. Nel primo caso egli non desidera far male alla vittima, cerca di instaurare un rapporto, si scusa e cerca di coinvolgerla. Egli usa armi o minacce solo per ottenere un’intimità con la donna, se si accorge che lei soffre o resiste il suo desiderio viene meno e abbandona l’impresa. 17 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 L’unselfish rapist al contrario insulta la vittima, la degrada e l’attacca con la forza, non prova compassione e anzi prova soddisfazione nel vedere suo il dolore. Lo scopo principale è solo il compimento del suo piacere sessuale. Indispensabile ai fini della redazione di un profilo dell’offender è poi l’esame di altri due comportamenti riscontrabili nei diversi reati compiuti da uno stesso assassino: o MODUS OPERANDI E’ la modalità con cui il soggetto mette in atto il comportamento illecito, è l’insieme di accorgimenti e azioni che pone in essere per realizzare il suo scopo e per evitare di farsi scoprire. Lo consideriamo un elemento dinamico, variabile nel tempo a seconda dell’esperienza maturata dall’omicida o in base alla reazione delle diverse vittime. o SIGNATURE E’ un comportamento che va oltre ciò che è strettamente necessario per portare a compimento il reato, un atto fine a se stesso, che per l’autore riveste appunto il ruolo di una firma, un biglietto da visita. A differenza del modus operandi non varia nel tempo in quanto costituisce il pezzo mancante per la completa soddisfazione delle fantasie del reo, si ripete ritualmente in ogni occasione criminosa. E’ da notare come i rituali post mortem inflitti alla vittima indichino un soggetto che si trova a proprio agio nell’ambiente in cui ha messo in atto il delitto quindi si può presumere avesse un rapporto abbastanza stretto con la vittima stessa. Sono anche sintomo di una possibile psicopatologia e di difficoltà a livello relazionale. 18 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 Anche la modalità con cui l’offender tratta il cadavere è indicativa di particolari riguardo alla sua sfera pisco-fisica. Innanzitutto il posizionamento in un luogo che possa facilmente portare alla sua scoperta rivela l’intento di umiliare e degradare la vittima, negandole rispetto anche nell’ultima fase della violenza e provocando uno shock nei familiari e nelle persone che la ritroveranno. Nascondere il corpo rappresenta invece la volontà di ritardare il più possibile il ritrovamento, forse perché c’è una relazione con la vittima e si teme di essere scoperti. Scaricare il cadavere in un luogo qualsiasi indica poi la totale assenza di un qualsiasi rapporto tra l’autore e la vittima del reato, per cui non interessa se il corpo verrà ritrovato prima o dopo, l’importante è non farsi scoprire nell’atto di disfarsene. I risultati trattati finora sono frutto di un processo di pensiero di tipo induttivo, che opera attraverso il case linkage system, una sorta di database di informazioni, raccolte grazie alle interviste su gruppi campione della popolazione carceraria, che consente alla polizia e allo psicologo criminale di stabilire elementi comuni in casi differenti, avvicinandosi in questo modo alla scoperta delle caratteristiche del reo e facilitandone l’individuazione. Il case linkage raccoglie i seguenti elementi fondamentali in relazione a un crimine: 1. prove fisiche (riscontri medico-legali raccolti in casi differenti); 2. descrizioni fisiche (dell’offender fornite dalle diverse vittime); 3. modus operandi; 4. signature; 5. analisi della vittima (cfr. vittimologia); 6. analisi delle ferite ritrovate sulla vittima; 7. localizzazione geografica della scena del crimine o del luogo di ritrovamento del cadavere. 19 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 3.2 David Canter e la Psicologia Investigativa Parallelamente ai lavori dell’FBI (1985) in Inghilterra vediamo lo svilupparsi della Psicologia Investigativa, ad opera dello psicologo David Canter. Essa si pone l’obiettivo di fornire un contributo alle indagini giudiziarie, per giungere all’individuazione dell’autore di un crimine, attraverso l’applicazione di metodi e conoscenze scientifiche. Si differenzia dall’approccio americano basato sull’analisi della scena del crimine in quanto privilegia le competenze scientificamente provate della disciplina psicologica e non si fonda sulla comparazione tra l’analisi dei reperti raccolti sulla scena del crimine e l’elaborazione del profilo criminale dell’autore del reato stesso (attività sia diretta, sul luogo del delitto, che critica). Non solo, la psicologia investigativa dedica notevole parte della sua analisi alla vittimologia, intesa come studio delle caratteristiche della vittima e dei processi interattivi che la possono ricollegare all’autore di reato. Fig. 4 David Canter Il maggior passo avanti di cui siamo debitori alla psicologia investigativa di Canter è l’aver sottolineato l’indispensabilità di un approccio critico e scientifico allo studio del profilo dell’autore di reato. Canter ritiene che per la validità e la credibilità dell’analisi psicologica sia necessario partire da ipotesi ben delineate, 20 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 supportate da principi scientifici validi che vanno continuamente elaborate, verificate e se necessario sottoposte a un processo di decostruzione. Il rischio, sempre più evidente e sempre più diffuso, è che il lavoro dello psicologo investigativo risulti una mera opera intuitiva e che il solo basarsi sulla propria esperienza professionale provochi risultati discutibili. Importante a questo proposito, nella pratica quotidiana in cui operano psicologi a fianco delle forze di polizia, non focalizzarsi meramente sulle caratteristiche individuali di possibili autori di reato ma di ricorrere invece allo studio del paesaggi sociale nel quale questi operano. Uno dei maggiori impedimenti alla conclusione positiva di un’indagine di polizia è il divario tra la ricerca che sta alla base delle decisioni prese dalla squadra investigativa e le caratteristiche organizzative della squadra stessa che spesso ostacolano la progressione delle decisioni prese nel corso di un’inchiesta. Buona parte dell’attenzione è rivolta al risultato finale e al numero di elementi “centrati” in un profilo mentre si rischia di trascurare le problematiche legate all’accuratezza dell’attività di profiling. Allo stesso modo bisogna prestare maggiore cura alla determinazione dei parametri entro i quali gli psicologi dovranno poi lavorare al fine di evitare eccessivo coinvolgimento, pregiudizi e distorsioni. Questo è tanto più fondamentale nell’ambito degli interrogatori, soprattutto quando il sospettato non è consapevole di essere sottoposto ad accertamento psicologico e non ci sono norme che impediscono allo psicologo di permettersi tutta una serie di inganni e manipolazioni. Si deve quindi distinguere tra la concezione che del criminal profiling si è venuta a creare negli ultimi anni, consistente nella presentazione dell’opinione 21 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 personale di un individuo in merito alla storia e all’agire di criminali che ha provveduto ad intervistare, e la psicologia investigativa elaborata da Canter e dai suoi colleghi dell’Università di Liverpool. Questa esamina tre aree: comportamento criminale; informazione ed evidenza; presa di decisione investigativa. Alla dicotomia organizzato/disorganizzato concepita dall’FBI la psicologia antepone una diversa distinzione, tra aggressore espressivo e aggressore strumentale. La situazione espressiva si verifica in risposta a spinte di rabbia e ostilità, aggressioni fisiche o delusioni personali. La situazione strumentale invece deriva dalla volontà di impossessarsi di oggetti di valore o per invidia nei confronti della persona aggredita. Anche questa catalogazione risulta però limitata, infatti solo nel 26% dei casi ad un aggressore con caratteristiche expressive corrisponde una scena del crimine expressive, lo stesso dicasi per la instrumental. Per quanto riguarda invece i reati a sfondo sessuale Canter e colleghi hanno individuato 5 diverse modalità di interazione tra vittima e offender: 1. tentativo di entrare in contatto con la vittima, attraverso complimenti, richiesta di partecipare, domande personali tendenti a instaurare un rapporto; 2. comportamento esclusivamente sessuale, dove l’aggressione inizia subito con un atto a sfondo sessuale e così prosegue; 3. violenza manifesta, nei casi in cui l’aggressore si comporta in modo violento, con insulti e usando la forza; 22 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 4. interazione personale, l’aggressore attacca la vittima a sorpresa non rispondendo alle reazioni della vittima stessa; 5. intenzione esclusivamente criminale, utilizzando oggetti per legare e bloccare la vittima (binding) e accorgimenti vari per evitare rumori (gagging). La tesi che sta dietro alle ricerche di Canter è che ogni crimine, le modalità in cui si svolge l’aggressione e la scelta della vittima sono tutti indizi della vita dell’aggressore, delle sue abitudini e della sua storia personale (interpersonal narratives). La psicologia investigativa concentra poi la sua attenzione sulle questioni etiche e morali che stanno dietro alle attività dell’esperto di criminal profiling e in particolare consiglia un approccio di ricerca a tutto campo volto a non prediligere l’ipotesi che si ha già in mente con il rischio di tralasciarne altre altrettanto probabili. In quest’ambito è possibile che il senno ci faccia mirare alla ricerca di un’informazione per supportare la nostra teoria piuttosto che per disconfermarla. L’essere umano ha la tendenza (definita euristica della disponibilità) a concentrarsi sugli esempi che sono facilmente accessibili alla memoria e che al contempo sono quelli che maggiormente sostengono la tesi che si vuole dimostrare. In questo modo si ricordano solo gli eventi o le ricerche che hanno avuto un esito positivo e si tende ad accantonare quelli che ci hanno visti “perdenti”. Vi sono effetti culturali e di gruppo che possono creare distorsioni nella scientificità del processo di indagine e si possono raggruppare nella seguente casistica: 1. sopravvalutazione del gruppo (implica l’illusione che la squadra, il gruppo, sia invulnerabile nelle sue prese di posizione); 23 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 2. mentalità chiusa; 3. stereotipi sui gruppi opposti; 4. pressione verso l’uniformità; 5. illusione di unanimità; 6. pressione diretta sui dissenzienti. E’ quindi indispensabile per un approccio credibile alla ricerca costruire e rielaborare ipotesi senza essere legati alla fragilità del pensiero comune. Dal punto di vista legale l’ostacolo all’accoglimento del criminal profiling nelle aule di tribunali è forse proprio la mancanza di una precisa definizione riguardo ai suoi contenuti e al processo di costruzione del profilo dell’autore di reato. Ogni esperto sarà portato a redigere il ritratto del criminale basandosi sulle proprie conoscenze personali, sulle proprie esperienze professionali, non essendo ancora chiara una procedura standard di avvicinamento alla materia. Questo può costituire un ostacolo alla valutazione oggettiva del risultato che ne deriva e alla sua conseguente ammissibilità durante il procedimento penale. Spesso la barriera più rilevante è purtroppo la scarsa credibilità che l’attività di profiling ha riscontrato negli anni passati al momento del giudizio di un caso specifico. Dobbiamo anche considerare che elementi quali l’analisi delle impronte digitali o lo studio del Dna hanno impiegato tempo per affermarsi e per diventare prove certe utilizzabili nel corso di un giudizio. A livello etico ci sono infine alcune semplici considerazioni da tenere a mente durante lo svolgimento dell’attività di profiling: 1. Conservare una dettagliata relazione del lavoro compiuto, per evitare di disperdere o dimenticare dettagli importanti e per poter mettere in discussione passaggi e conclusioni in un secondo momento; 24 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 2. Elencare le fonti su cui si basano le proprie inferenze nonché un sistema di definizioni della materia di cui si tratta; 3. Rendere possibile la valutazione da parte dei colleghi di ogni affermazione e inferenza, conservando i documenti e il materiale sul quale si è lavorato e confrontando lo stesso insieme a colleghi ed esperti; 4. Prestare attenzione a non adottare comportamenti che potrebbero esporre il sospetto a rischi psicologici o fisici o causare danni al prosieguo delle indagini; 5. Sforzarsi di lavorare nell’ambito dei propri limiti professionali e avere la sensibilità e onestà di riconoscere i fattori che circoscrivono questo ambito; 6. Agire nella più completa imparzialità e sottrarsi dalle indagini nei quali non si può essere obiettivi. Possiamo applicare i principi della psicologia investigativa visti finora ad uno dei momenti chiave del lavoro di un esperto di profiling, le interviste, siano esse di possibili sospetti o di vittime o di testimoni. Anche in questo campo le ricerche degli scienziati sociali hanno portato a conoscere in modo sempre più esaustivo le modalità più valide e l’approccio più professionale alla conduzione di un interrogatorio. Un primo elemento da tener presente è che la tipologia dell’intervistatore è considerata un fattore influenzante le risposte dell’intervistato. Si verifica una maggiore propensione a condividere problemi e preoccupazioni con soggetti verso i quali si prova una certa affinità, che hanno caratteristiche sociali quanto più possibile simili alle nostre. Allo stesso modo gli intervistatori esperti e quelli inesperti ricevono risposte differenti, più elaborate e complete quando l’intervistato percepisce un interlocutore in grado di creare con lui un rapporto di fiducia e scambio sincero. Bisogna poi prestare attenzione alla formulazione delle domande che non devono essere suggestive né di approfondimento, salvo i casi in cui è strettamente 25 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 necessario. L’incidenza e la frequenza con cui vengono poste influisce direttamente sul tipo di pareri che si raccolgono. L’intervista non è più considerata una mera raccolta di informazioni bensì una interazione tra due persone. Ciò è ancora più importante quando si ha a che fare con vittime di reati, soprattutto bambini e donne abusate, nel qual caso bisogna abbandonare l’idea di una raccolta standardizzata di dati. Ad esempio, l’esperienza ha dimostrato come una delle peculiarità nel rispondere dei bambini è l’evasività allorquando essi vogliono evitare di mentire. E’ quindi necessario che l’intervistatore sappia uscire dal rigido protocollo e venire incontro al bambino per aggirare l’ostacolo e ottenere una risposta sincera. Altra categoria che può aiutare colui che dirige il colloquio è quella che riguarda la concretezza e la vividezza del racconto. Raramente infatti i racconti inventati includono dettagli superflui e riferimenti alla sfera emotiva del bambino. 3.3 L’autopsia psicologica e la vittimologia Fase considerata fondamentale, sia dagli psicologi dell’FBI che dalla psicologia investigativa, nel percorso di redazione di un profilo psicologico è il momento dello studio della vittima del reato, esame imprescindibile per comprendere innanzitutto se la persona che abbiamo davanti è vittima di omicidio o si è suicidata, nonché per le successive indagini di polizia sull’autore di reato. In particolare l’autopsia psicologica è una procedura che si applica nei casi di morte equivoca, quando è necessario stabilire se si tratti di morte accidentale, omicidio o suicidio. E’ una prassi essenziale in campo assicurativo o nei procedimenti in cui si vuole dimostrare che l’accusato agiva per legittima difesa, o ancora quando si debba stabilire l’indennizzo che spetta ad un lavoratore o la volontà del de cuius in caso di testamento contestato. Attraverso l’autopsia 26 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 psicologica si opera una valutazione della personalità e dei processi mentali di una persona che non può collaborare con l’esperto perché deceduta. E’ la ricostruzione della vita di un individuo, delle sue abitudini, delle sue relazioni interpersonali e del momento della sua morte, con le relative modalità e conseguenze. Hanno dato il loro apporto allo sviluppo di una procedura standardizzata in caso di autopsia psicologica prima Shneidman (1976), attraverso un corpus di 16 punti da analizzare rispetto alla vita del soggetto deceduto, poi Ebert che nel 1987 ha redatto un protocollo guida estremamente analitico che si pone come obiettivo un esame minuzioso di ogni aspetto dell’esistenza di una persona, dall’uso di alcool o sostanza, allo studio degli scritti che ha lasciato, alla valutazione del suo umore e dei suoi gusti. Da questi studi è emerso come, ad esempio, la maggior parte dei suicida comunichi le proprie intenzioni agli altri. Tuttavia l’autopsia psicologica è ben lungi dall’essere considerata ammissibile nelle aule di tribunale, anche se l’utilizzo di affermazioni chiare, l’indicazione precisa delle prove portate a supporto delle proprie tesi e procedure accurate in merito alla ricerca e analisi dei dettagli possono certamente aiutare a dare maggiore credibilità anche a questa pratica. Il procedimento di redazione di un’autopsia psicologica è parte integrante della più ampia branca di studi che è la vittimologia. Chiedersi perché è stata scelta una certa vittima, che rapporto aveva con l’aggressore, come si comportava, se e come lo ha conosciuto e soprattutto in che maniera è avvenuto l’atto violento nei suoi confronti. La vittimologia è quindi la base da cui partire per conoscere meglio colui che delinque, le modalità con cui si può sostenere il suo interrogatorio e soprattutto conoscere le altre sue potenziali vittime. 27 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 Canter e colleghi ritengono che la vittima possa ricoprire diversi ruoli all’interno del rapporto con l’offender: Oggetto: l’aggressore manca totalmente di empatia nei confronti della sua preda, è privo di emozioni o sentimenti, è soggetto estraneo alla comune vita sociale. Tratterà quindi la vittima come un oggetto, denudandola, legandola e usando armi per controllarla. Veicolo: la vittima non è altro che un capro espiatorio che si fa carico suo malgrado dei fallimenti e dei rancori repressi dell’aggressore, soggetto che spesso già conosce. E’ il caso tipico di spree killing, omicidio compulsivo spinto da un desiderio di riscatto e vendetta nei confronti della società. Persona: lo stupratore crede di avere con la vittima un rapporto privilegiato, è convinto che lei partecipi volontariamente; altri soggetti pretendono invece dalla donna l’atto sessuale come tentativo di sottometterle perché non hanno altri mezzi per farlo. Ogni individuo può essere valutato in base al fattore di rischio vittimologico, ossia alle possibilità che ha di diventar vittima di un reato, in base al lavoro che fa, allo stile di vita che conduce, alle sue compagnie e alle sue abitudini. Hanno sicuramente un alto rischio vittimologico tutte quelle categorie di persone che già lavorano in un ambito illegale, come prostitute e spacciatori, e che sono perciò sempre in contatto con persone sconosciute, in luoghi isolati e mal frequentati, e la cui scomparsa può non essere notata immediatamente. Un soggetto con lavoro stabile, famiglia e amicizie solide sarà più difficilmente attaccabile, se non altro perché non frequenta luoghi malfamati e ha uno stile di vita abbastanza regolare. Lo studio della vittima non può prescindere da un’accurata analisi delle seguenti categorie: 28 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 - età; - sesso; - razza; - condizioni fisiche; - famiglia; - stato sociale (professione, condizioni economiche e abitudini di vita); - stato psicologico (deviazioni sessuali, personalità, tratti del carattere, eventuali stati psicopatologici). Secondo una classificazione (Gullotta) le vittime possono essere: • fortuite (danneggiate da eventi naturali); • fungibili (non hanno alcuna relazione con l’aggressore); • non fungibili (hanno un legame personale con l’aggressore). Le prime possono poi essere: Accidentali (scelte casualmente dall’autore di reato), Indiscriminate (non scelte ma uccise nel corso di un evento terroristico). Vittime selezionate sono invece quelle non fungibili, che per l’aggressore rivestono un ruolo e un significato importanti e non possono essere sostituite con altra vittima. Le vittime possono poi essere partecipanti all’aggressione, o per imprudenza in quanto si sono messe in situazioni di pericolo, o perché sono vittime alternative alla prescelta, o perché sono provocatrici e quindi subiscono la violenza in risposta ad un loro attacco, o infine perché sono vittime volontarie che scelgono di mettersi in quella determinata condizione (vedi omicidio del consenziente). Altra classificazione vede una suddivisione tra vittime passive (accidentali, preferenziali o simboliche) e vittime attive (che aggrediscono o che provocano). Ci 29 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 sono poi i casi particolari della vittima consenziente e della vittima suicida indiretta, che commette l’omicidio come espediente per essere uccisa. Dai diversi studi fatti negli ultimi anni sulle vittime di reato si può stendere un profilo della vittima “standard”: maschio tra i 31 e i 40 anni, con istruzione medio-bassa e con occupazione precaria o di basso livello, bevitore o consumatore di cocaina, ucciso in strada con arma da fuoco, spesso perché collegato alla malavita organizzata. La percentuale, pari a circa il 15% degli omicidi totali, delle aggressioni avvenute in ambiente familiare indica invece una altissima percentuale di vittime di sesso femminile, sempre tra i 31 e i 40 anni, uccise per lo più dall’ex marito o dal compagno attuale. Nei casi di violenza sessuale è importante una analisi anche della reazione della vittima all’aggressione, in quanto questa può interferire con il progetto criminale dell’aggressore e può darci molte indicazioni sulla tipologia di violento con cui abbiamo a che fare. Le più frequenti tipologie di reazione sono: Fuga: è la reazione più comune e anche quella che può presentare maggior percentuale di successo, sempre se la vittima non si trova in luogo isolato e non ha vie di fuga fruibili. Ciò però può in molti casi aumentare l’aggressività dello stupratore e quindi incrementare la pericolosità delle sue azioni. Resistenza oppositiva verbale: consiste nell’urlare e sfogarsi per tentare di attirare l’attenzione, per dimostrare all’aggressore che la vittima non ha intenzione di sottomettersi. 30 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 Resistenza oppositiva fisica: il divincolarsi e il lottare fisicamente con l’aggressore, comporta spesso una reazione ancora più violenta da parte di quest’ultimo. Risposta verbale non confrontativa: tentativo di calmare l’aggressore, convincerlo a cambiare idea, intenerirlo. Purtroppo nella maggior parte dei casi mostrare debolezza e cercare di commuoverlo non fa altro che incrementare le sue fantasie di sopraffazione e non suscita certo un sentimento di solidarietà o pena. Resistenza fisica non confrontativa: simulare attacchi di panico o svenimenti che però rischiano di non essere credibili e ottenere l’effetto contrario. Sottomissione: spesso è una reazione involontaria, causata dal blocco provocato dalla paura e dalla sensazione che non ci siano alternative. Questa passività potrebbe però essere interpretata dall’aggressore come una sorta di partecipazione e causare l’aumento delle violenze. Risulta quindi che, razionalmente, la migliore azione da intraprendere sarebbe quella di far parlare di sè l’aggressore, facendo in modo che possa nutrire il suo narcisismo e che nello stesso tempo veda la vittima come una persona reale e non come l’oggetto delle sue fantasie. In seguito ad una violenza sessuale la vittima non subisce solo una vittimizzazione primaria, riguardante i danni che sono direttamente causati dalla violenza, bensì subisce anche una vittimizzazione secondaria, causata dall’effetto sociale e dell’atteggiamento negativo che hanno nei suoi confronti istituzioni e contesto familiare (Scardaccione). 31 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 3.4 Altri modelli di criminal profiling Ronaldi Holmes e Stephen Holmes, americani, autori nel 1996 del testo Profiling violent crimes e nel 1998 di Serial murder, hanno sviluppato un diverso modello di criminal profiling. Innanzitutto essi ritengono che l’attività di profiling debba partire da una prima valutazione sociologia e psicologica dell’autore di reato, per poi passare ad una valutazione degli oggetti trovati in possesso della persona e infine individuare quali accorgimenti attuare nel tenere l’interrogatorio. Agli autori interessa, oltre al punto di vista psicologico sulla vita del reo, anche le dinamiche e le componenti sociologiche che attraversano la sua esistenza. Appare infatti essenziale uno studio dell’ambiente di lavoro, del quartiere in cui vive, delle diverse etnie che occupano quel quartiere, dei crimini commessi e delle abitudini di vita delle persone che circondano l’offender. Solo in questo modo possiamo avere un quadro preciso della situazione in cui si trova ad operare l’autore di reato. Holmes e Holmes partono dalla convinzione che la personalità, nei suoi caratteri fondamentali, non si modifica radicalmente nel corso dell’esistenza del soggetto. Allo stesso modo persone con profilo psicologico simile si comporteranno in modo simile. I crimini compiuti da un soggetto quindi non si modificano nel tempo e la scena del crimine in cui esso opera rifletterà la sua intrinseca personalità. La tipologia proposta per classificare i rei è basata sulla loro motivazione ad uccidere e sul modus operandi: serial killer visionario: è mosso da allucinazioni deliri; 32 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 serial killer missionario: è convinto di avere un dovere morale che lo spinge a liberare il mondo da determinate persone considerate inferiori e degradanti; serial killer edonista: per lo più aggressori con intenti di tipo sessuale, che delinquono per soddisfare il proprio piacere personale; serial killer orientato al controllo e al dominio della vittima: ricava gratificazione sessuale dalla sottomissione della vittima. Brent Turvey ha avuto un approccio al criminal profiling che può essere definito di tipo deduttivo, in quanto egli procede partendo da teorie generali, e non da analisi statistiche, fino a ricavare conclusioni certe sul singolo caso da risolvere, in opposizione agli altri studi portati avanti fino ad ora con il metodo induttivo. In questo modo le conclusioni sulle caratteristiche del reo derivano direttamente da conoscenza generali e il profilo che ne deriva è quello unico riflettente le caratteristiche del reo e non un profilo del delinquente medio. 4 Il Profilo Geografico Interesse principale dello studio del profilo geografico è inquadrare un’area geografica quale probabile luogo di residenza dell’autore di reato. Ciò comporta innanzitutto un minore spreco di risorse umane nella ricerca del colpevole e un aiuto nella elaborazione della lista dei sospettati. Il metodo si basa su una componente qualitativa e una quantitativa: alla ricostruzione soggettiva della mappa mentale del reo si aggiunge quindi un’analisi oggettiva dei diversi luoghi di commissione dei reati e della zona che li ricomprende. 33 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 Metodi qualitativi Studiano l’interazione tra l’individuo e lo spazio geografico in cui vive e opera, partendo dal presupposto che l’ambiente influenza fortemente la vita e l’attività del singolo, i suoi comportamenti e le sue capacità sensoriali. In relazione ai luoghi di commissione di reati. Ogni soggetto ha un’area di consapevolezza, ossia uno spazio geografico dove si trovano le località di cui ha una conoscenza abituale. All’intero di quest’area c’è poi un activity space che è la zona entro la quale vive e lavora. Questo modello ci interessa per analizzare le motivazioni e le modalità che portano un delinquente a scegliere un luogo per la commissione del reato piuttosto che un altro. Infatti ogni persona ha delle coordinate entro le quali si muove, dei luoghi che reputa familiari e che visita con maggiore frequenza. Questi punti di ancoraggio sono importanti per l’autore di reato, che tenderà a compiere l’atto criminale in zone a lui favorevoli, da lui conosciute e che comportano il minor sforzo di raggiungimento possibile. Sono altrettanto importanti da tener presente le vie di fuga, il traffico, il costo economico della trasferta. Metodi quantitativi I metodi quantitativi ruotano intorno ai concetti di centrografia e analisi di prossimità. Ad ogni luogo in cui il soggetto ha posto in essere un’aggressione e a ogni scena del crimine si associa un punto. I punti vengono successivamente uniti in una sorta di mappa che indica le aree di consapevolezza del delinquente, il centro di quest’area ipoteticamente potrebbe indicare il punto di partenza dell’assassino. Analogamente l’analisi di prossimità individua la distanza tra i vari punti di una mappa e ci permette di dare un senso logico ai vari luoghi di ritrovamento del cadavere della vittima o dei luoghi di aggressione. 34 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 Da questo insieme di studi sulla topografia applicata alle indagini di polizia possiamo individuare delle costanti che si ritrovano nel comportamento “spaziale” dell’autore di reato. Innanzitutto un soggetto che ha già avuto problemi con la giustizia e che è conosciuto dalle forze dell’ordine tenderà a cambiare residenza e luoghi di frequentazione molto spesso. Oltre a ciò, è provato che il crimine avviene nella maggior parte dei casi nelle vicinanze del luogo di residenza del reo. Più egli si allontana da casa più saranno rari gli episodi di violenza. Allo stesso modo più esperienza criminosa accumula maggiore sarà l’ampiezza della sua area di intervento. Tre principi si affiancano nel tentativo di spiegare la scelta di un luogo per la commissione del reato piuttosto che un altro. La routine activity theory secondo cui il soggetto compie il delitto perché si realizzano determinate condizioni di spazio e di tempo e perché nel territorio manca un sufficiente controllo da parte delle forze dell’ordine. La rational choice theory indica un modello di criminale che razionalmente sceglie il luogo del delitto e consapevolmente intraprende l’azione criminosa. La crime pattern theory invece considera il comportamento del delinquente come dipendente anche da fattori variabili, quali la disponibilità della vittima e la sua reazione all’aggressione. Potrebbe accadere infatti che l’aggressore sia costretto a cambiare i suoi programmi prestabiliti perché la vittima si ribella o perché le condizioni di tempo e spazio si rivelano sfavorevoli. La legge di decadimento sostiene invece, come già accennato, che maggiore è la distanza tra la residenza dell’aggressore e il luogo del reato, minore sarà l’attività criminale. Nonostante ciò è importante sapere che c’è una zona, una sorta di area di decompressione, nelle immediate vicinanze della casa dell’assassino, 35 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 entro la quale egli non compirà atti violenti, perché troppo a rischio di essere scoperto. Solitamente il primo crimine colpisce una vittima sconosciuta in quanto avviene sotto l’impulso irrefrenabile di portare a soddisfare le proprie fantasie. Successivamente l’aggressore tende a scegliere con più cura la sua preda. In molti casi egli offre un passaggio alla vittima, o la avvicina in un bar o in un luogo pubblico, spesso in zone conosciute. Nel 46% dei casi ha un complice e nella maggior parte dei casi usa un veicolo per recarsi sul luogo dell’aggressione, nel 50% dei casi di sua proprietà. Nel 64% dei casi nasconde il corpo in un luogo isolato e frequentemente lo trasporta in altro luogo diverso da quello in cui è avvenuta l’aggressione. I due principali modelli del profilo geografico sono quello elaborato dal team di David Canter e quello dello studioso Kim Rossmo. Il modello di Canter individua due tipologie di criminale: il residente, che si muove all’interno della propria area di residenza; il pendolare, che invece compie i suoi atti criminali all’esterno della zona di più abituale frequentazione. La sfera criminale (offender circle concept) è l’area circolare che ha per diametro la distanza tra i punti più lontani tra loro in cui è stato commesso il reato. I risultati a cui è arrivato Canter non fanno che confermare ciò che già avevano evidenziato studi precedenti, ossia che l’assassino agisce spesso in prossimità della propria residenza salvo allontanarsi con il maturare della sua esperienza criminale. Ciò è sicuramente utile per creare un database che raccolga tutti i luoghi in cui si sono verificati crimini e metterli in relazione con le informazioni che si hanno sulla vita privata degli autori di reato. 36 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 Il modello di Rossmo invece elabora una mappa a tre dimensioni, jeopardy surface, in cui l’altezza di ogni punto è proporzionale alle possibilità che la residenza del reo si trovi in quel punto. I punti di maggior interesse sono quello in cui la vittima ha incontrato per la prima volta il suo aggressore, quello dell’attacco vero e proprio e il luogo di deposito del cadavere. In base a questo modello è stato possibile predisporre una classificazione dei criminali in: - hunter (parte dal suo domicilio per andare in cerca della vittima); - poacher (è sempre in viaggio da una località all’altra per cercare una preda); - troller (incontra la vittima casualmente); - trapper (crea tutta la situazione che può portarlo a incontrare la vittima predestinata). Questi aggressori a loro volta sono soliti attaccare la loro vittima secondo tre differenti tipologie: 1. raptor che agisce in preda ad una spinta irrefrenabile e aggredisce la vittima appena la incontra; 2. stalker che perseguita e pedina la vittima fino al momento più opportuno per attaccarla; 3. ambusher che attacca solo quando la preda è in luogo da lui controllato. Tutte le teorie esposte finora aiutano il lavoro del criminologo e delle forze di polizie perché danno un punto di partenza concreto da cui far partire le indagini, contando sul fatto che le abitudini di un autore di reato, come abbiamo visto, si modificano ma mai sostanzialmente, essendo parte integrante della propria personalità. Da un esame accurato della scena del crimine, o delle scene del crimine, del luogo di ritrovamento del cadavere e del luogo in cui si pensa possa essere stata approcciata la vittima possiamo avere chiare indicazioni sull’ipotetica sfera di movimento del criminale, e possiamo altresì raccogliere maggiori informazioni sui suoi spostamenti e sulla sua capacità di movimento. 37 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 5 Il rapporto tra delinquenza e malattia mentale In conclusione merita un cenno la questione, forse più morale che materiale, sul legame tra psicopatologia e reati violenti. Nel passato, come abbiamo visto, gli studi di antropologi e criminologi erano tutti incentrati sulla dimostrazione dell’inscindibilità di questo binomio, a dimostrazione del fatto che l’uomo “normale” non delinque, o delinque in misura limitata, mentre il pazzo è geneticamente destinato all’attività violenta. Ancora oggi il dibattito è aperto. Mentre infatti ci sono correnti di pensiero (Rossi, Zappalà) che ritengono sorpassato l’accostamento di malattia mentale e crimine violento, altre più recenti (Skodol) non sentono invece di negare questo tipo di correlazione. In Italia il Codice Penale nega rilevanza, ai fini della imputabilità, a tutti quegli stati emotivi e passionali che possono intervenire sull’equilibrio psichico di un soggetto e indurlo a commettere reato, senza però essere identificabili come vere e proprie patologie della mente. Oggi è aperta la discussione su tutti quei disturbi di personalità, disturbi borderline e nevrosi, che non rientrano nella categoria delle psicosi ma non sono neppure comparabili ad uno stato emotivo quale può essere la rabbia o la gelosia. Queste psicopatie possono influire sull’imputabilità solo nella misura in cui degenerino in un vero e proprio squilibrio mentale, causando un vizio che vada ad intaccare la capacità di intendere e di volere. La Corte di Cassazione nel marzo 2005 (Sent. 9163) ha ritenuto che ai fini dell’imputabilità anche i disturbi di personalità siano rilevanti se provocano effetti assimilabili a quelli provocati da una vera infermità mentale. Questa decisione va nella direzione di una maggiore comprensione della situazione sociale attuale, che vede il moltiplicarsi di patologie che influiscono sulla personalità e che non possono essere sottovalutate. Questo approccio di apertura favorirà inoltre un 38 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 approfondimento delle cause di questi disturbi e delle strategie di recupero del malato, in modo da non ignorare una condizione che finora non era stata presa in considerazione perché non giuridicamente rilevante. Anche il cosiddetto raptus, che volgarmente si tende a prendere come capro espiatorio per tutte quei reati violenti “inspiegabili”, non è altro che uno scompenso provocato dall’evolversi in maniera incontrollata di un disturbo di personalità, che può essere un disturbo borderline o una reazione nevrotica acuta. Tutto ciò a dimostrazione del fatto che è difficilmente sostenibile che determinati stati passionali non siano minimamente correlati a patologie mentali. Non è possibile quindi creare compartimenti stagni che dividono i malati dai sani, i normali dai pazzi. Nonostante ciò non si può negare che determinate psicosi siano pericolose se non controllate e curate. La sindrome depressiva accompagnata da fasi maniacali può sfociare in comportamenti violenti, anche nei confronti degli stessi familiari e delle persone che circondano il malato, spinti da un continuo rimuginare fantasticamente sulla distruzione del prossimo. Il depresso è un persecutore di se stesso e degli altri, il senso di colpa può portare al suicidio o a reati violenti con il quale tenta di espiare i propri fallimenti. Allo stesso modo il disturbo borderline di personalità, provocando umore instabile e impulsività, può essere foriero di reati violenti. In una ricerca del 2000 Skodol dimostrò come il DBP fosse maggiormente riscontrabile nel campione partecipante alla ricerca di sesso femminile. Nonostante ciò le donne esaminate raramente compivano reati violenti, nella maggior parte dei casi erano coinvolte in gesti autolesivi o in episodi di piromania. Il disturbo narcisistico di personalità (DNP) porta il soggetto a considerarsi unico e superiore rispetto a chi lo circonda, a volte a vedere gli altri come un ostacolo alla sua massima realizzazione. Ciò può portarli a rabbie e rancori nei 39 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 confronti di chi li supera e, data la scarsa empatia provocata dal disturbo, non risultano sentirsi in colpa per le violenze che possono mettere in atto. La patologia che più si lega al compimento di reati violenti è poi il disturbo antisociale di personalità, che causa una totale indifferenza del soggetto nei confronti dei sentimenti e dei diritti del terzo. L’antisociale è disonesto e manipolatore. Si tratta in conclusione di analizzare e non sottovalutare il rapporto tra volontà, libero arbitrio e pulsioni. Un soggetto affetto da patologia mentale non è in quanto tale incapace di intendere e volere, deve essere dimostrata l’attualità del vizio di mente e la completa incoscienza del disvalore del fatto. Allo stesso modo un soggetto considerato sano perché semplicemente sfiorato dalla malattia, come un soggetto affetto da DNP non necessariamente agisce nel pieno delle proprie facoltà mentali, essendo il movente passionale solo la scintilla che ha causato l’incendio che già covava nella personalità dell’autore. 40 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 6 Conclusioni Ciò che in chiusura di questa analisi pare importante tenere in considerazione è sicuramente il fatto che l’attività di studio e redazione di un profilo psicologico criminale nell’ambito di un’indagine di polizia è un campo ancora oggi in fase di crescita e consolidamento. Tante sono le teorie che si sono succedute e a volte contrapposte ma tutte hanno il pregio di aver consentito alla materia di evolversi e restare al centro dell’attenzione di pubblico e autorità. Non si può prescindere dalla conoscenza dei lavori di Cesare Lombroso come non si possono ignorare i repertamenti e l’analisi della scena del crimine individuati dagli psicologi dell’Fbi come fonte primaria della conoscenza di un sospettato. E’ indispensabile far tesoro di tutte queste conoscenze per potersi considerare capaci e abili nell’attività di profiling. Agli studi empirici è necessario accompagnare una metodologia e un sistema di principi che garantiscano la totale imparzialità e la più accurata professionalità nell’operare, essendo il campo d’azione delicato e rischioso per l’entità degli interessi coinvolti. Forse il criminal profiler non è il detective dotato di capacità extrasensoriali ma certamente deve essere un esperto altamente qualificato e di grande esperienza. 41 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES CHIARA BUCCHIGNOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE – PRIMO ANNO – A.A. 2006/07 7 Bibliografia • Rossi L.; Zappalà A.; (2005) Personalità e crimine – Elementi di psicologia criminale; Carocci Ed.; 184 p. • Skodol A.E.; (2000) Psicopatologia e crimini violenti; Centro Scientifico Ed.; 168 p. • Picozzi M.; Zappalà A.; (2002) Criminal Profiling – Dall’analisi della scena del delitto al profilo psicologico del criminale; McGrawHill; 412 p. • Canter D.; Laurence A. (2004) Il profilo psicologico – L’indagine investigativa tra teoria e prassi; Carocci Ed.; 210 p. • A cura di D. Frigessi, F. Giacanelli, L. Mangoni; Cesare Lombroso Delitto, genio, follia; Bollati Boringhieri Edizioni • Baima Bollone P.; Dall’antropologia criminale alla criminologia; G. Giappichelli Editore – Torino; 340 p. 42