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TRACCIA DEL CASO Paolo e Francesca, dopo un lungo

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TRACCIA DEL CASO Paolo e Francesca, dopo un lungo
TRACCIA DEL CASO
Paolo e Francesca, dopo un lungo fidanzamento, decidono di sposarsi. La loro coppia è coesa,
affiatata e molto autonoma rispetto alle famiglie di origine, le quali, appresa la notizia,
condividono la scelta.
Con denari donati a Paolo dai propri genitori ( con l’intenzione, per questi, di liquidare
anticipatamente le sue ragioni ereditarie), essi ristrutturano un immobile di proprietà esclusiva di
Francesca, dove la coppia stabilisce la propria residenza.
Considerato il sacrificio economico dei suoceri e la fiducia verso il marito, Francesca rilascia
spontaneamente ( sotto dettatura di un Notaio all’uopo prescelto, ma che non redige formalmente
l’atto) una dichiarazione di debito per l’importo da questi investito nell’abitazione. Non solo : i
coniugi redigono testamento reciproco, indicandosi quale rispettivo unico erede. Di detti atti non
fanno menzione ad alcuno.
A pochi anni dalla celebrazione – dopo un lungo e prostrante iter - viene concepita Lavinia. La
gravidanza presenta un decorso normale; subito dopo il parto, però, Francesca presenta fortissimi
dolori addominali ed è necessario intervenire per chiarirne la causa. Nel corso dell’intervento per
eliminare un versamento peritoneale, ella viene colpita da un’emorragia cerebrale, entrando in
coma, dal quale esce dopo alcuni giorni; riporta però una lesione cerebrale, che le cagiona
permanenti menomazioni cognitive e motorie, tali da invalidarne l’autonomia. Inizia un
pellegrinaggio e numerosissimi ricoveri in varie strutture ospedaliere italiane ed estere. Viene
riconosciuta invalida civile al 100%.
Paolo segue quotidianamente la moglie, ma intende prendersi cura anche della neonata: si
appoggia a tal fine alla propria famiglia di origine.
Rientrati a casa,
la nuova condizione familiare e la difficoltà di accettare ed adattarsi al
cambiamento dal punto di vista soprattutto comportamentale e cognitivo della moglie, che privata
dalla malattia di ogni capacità di autodeterminazione, doveva essere assistita e accudita in ogni
incombenza quotidiana, cagionavano nel ricorrente una profonda sofferenza, uno stato d’ansia con
1
attacchi di panico e depressione. Inoltre, gli agiti di impeto ed aggressività verbale e fisica di
Francesca, involontari perché dovuti alla malattia ma pur sempre presenti, cominciavano a
destabilizzare anche la piccola Lavinia. Paolo viene coadiuvato da una badante, i suoceri sono
molto poco presenti, giusto per prelevare la bambina, tenerla con sé e riportarla a casa. Emergono
tra genero e suoceri vecchi dissapori, e forse la mai accettata unione coniugale, in particolare da
parte della suocera.
Dopo due anni dal rientro a casa della moglie, nel corso dei quali egli si trova a seguire
costantemente la moglie nei ricoveri e ad accudirla in casa, subendo gli accessi involontari di
rabbia, aggressività verbale e disperazione della stessa, che prendeva sempre più consapevolezza
delle proprie condizioni fisiche ( non rendendosi conto altrettanto dei limiti mnemonici, di
attenzione, di comprensione e di reattività verbale), a scapito del proprio ruolo paterno in favore di
quello dei nonni, Paolo matura la decisione di separarsi.
Adduce a motivazione la salvaguardia del proprio equilibrio psicofisico, del proprio ruolo
genitoriale – considerato che la madre della minore non è in grado di alcuna collaborazione –
unitamente ma primariamente la crescita psicofisica equilibrata della figlioletta.
Si rivolge, quindi, ad un legale, rappresentando la propria storia coniugale, la decisione assunta e
chiede assistenza nel possibile contenzioso, auspicando però un accordo onde pervenire ad una
separazione consensuale. Evidenzia, altresì, come – stante la limitatissima capacità della moglie –
gli interlocutori saranno i suoceri, con i quali, avendo loro comunicato la propria scelta, il rapporto
oramai è compromesso.
Chiede, infine, di poter lasciare sin da subito la casa familiare, portando con sé la figlia, ma senza
far mancare presenza alla moglie e assistenza materiale alla stessa.
***
Il tentativo stragiudiziale di pervenire ad un accordo ai fini di una separazione consensuale. Il
fallimento delle trattative. Comprensione psicogiuridica delle motivazioni : diritto, ma non solo...
Il processo :
2
le scelte difensive del legale del ricorrente : argomentazioni a sostegno dei diritti del padre
e della minore : il ruolo paterno è fondamentale, in quanto la madre non può svolgere on
maniera paritaria la genitorialità causa le conseguenze della malattia : CTU sullo stato di
salute psicofisico della convenuta e conseguenze sulle sue capacità genitoriali; affidamento
esclusivo con esercizio della potestà in capo al padre sia per le decisioni ordinarie, come
per le straordinarie, attesa l’incapacità della madre; mantenimento rapporto tra madre e
figlia intenso, anche quotidiano, limitando però la presenza dei nonni materni;
assegnazione della casa familiare alla madre, mantenimento della minore totalmente a
carico del padre; nessun contributo nel mantenimento della moglie per assenza di capacità
economiche in capo al marito;
le scelte difensive del legale della resistente : argomentazioni a sostegno del diritti della
madre e della minore: affidamento condiviso con residenza della minore presso la madre,
con CTU neuropsichiatrica sul padre in considerazione dell’atteggiamento alienante e di
strapotere nei confronti della madre; contributo nel mantenimento del coniuge e della
figlia; spese straordinarie per figlia a carico del padre; risarcimento danni nei confronti
della madre per la privazione del suo ruolo materno, per le conseguenze di ritardato
recupero dalla malattia a causa dell’allontanamento della figlia dalla madre e per la
privazione dell’assistenza morale e materiale, coabitazione e collaborazione;
conseguente assolvimento dell’onere della prova ex art. 2697, primo e secondo comma C.C.:
prove testimoniali,
interrogatorio formale del ricorrente, istanze di esibizione di
documenti presso il datore di lavoro del ricorrente; rinnovazione CTU ;
i provvedimenti assunti dai giudici: in fase presidenziale : Consulenza Tecnica d’Ufficio ed
all’esito : disciplina dell’affidamento, dell’assegnazione della casa, del mantenimento della
prole; in fase istruttoria : interrogatorio formale ; nella decisione finale : raggiunto l’accordo
e formulate conclusioni conformi alle norme di legge ed in particolare all’inetresse della
prole : omologa.
3
I PROFILI PROCESSUALI RILEVANTI NELLA FATTISPECIE IN ESAME.
1) I GIUDICI PER LA FAMIGLIA
2) IL CONTENUTO DEGLI ATTI INTRODUTTIVI : IL RICORSO E LA MEMORIA DIFENSIVA.
3) IL PRINCIPIO DI NON CONTESTAZIONE E PROCESSI SU DIRITTI NON DISPONIBILI
4) ATTIVITA’ ISTRUTTORIA E POTERI D’UFFICIO DEL GIUDICE
5) LA QUESTIONE DEL CURATORE SPECIALE
5) LE DOMANDE CUMULABILI ALLA DOMANDA DI SEPARAZIONE E DIVORZIO
6) CONCLUSIONE DEL PROCESSO E TRASFORMAZIONE DEL RITO
1) I GIUDICI PER LA FAMIGLIA
Le competenze in materia di diritto di famiglia sono oggi ripartite tra
Tribunale ordinario,
Tribunale per i minorenni e giudice tutelare.
Il rito applicato ai vari procedimenti in subiecta materia, poi, non è uniforme: giudice monocratico
(Giudice tutelare), collegiale con rito “bifasico” ( separazione e divorzio che presentano una fase
presidenziale ed una fase avanti il Giudice istruttore, per definirsi con sentenza collegiale), rito
camerale.
Ancora: i giudizi pendenti avanti il Tribunale ordinario ed il Tribunale per i Minorenni relativi
alla potestà genitoriale sono soggetti a sovrapposizioni e comunque a intersecazioni ( es. in
pendenza di un giudizio di separazione personale avanti il Tribunale ordinario, viene radicato un
procedimento di decadenza dalla potestà genitoriale).
Alla luce di questa realtà assai frastagliata si sente sempre più l’esigenza di un organismo unico,
avanti il quale si svolgano tutti i procedimenti, con rito possibilmente uniforme, con medesima
garanzia del contraddittorio; allo stato i numerosi progetti di riforma non sono approdati a nulla,
permanendo dispersione, confusione ed incertezza.
In somma sintesi e per quanto di nostro specifico interesse, va rammentato che
a) al Tribunale ordinario – che ha sede quasi sempre in un capoluogo di provincia – è
demandata la competenza a decidere procedimenti in materia di separazione personale,
divorzio, modifiche dei provvedimenti conseguenti, azioni a tutela degli obblighi ex artt.
4
156 C.C. ed 8 L. div., di mantenimento dei figli ex artt. 148 C.C., azioni di accertamento
della genitorialità naturale , disconoscimento, impugnazione del riconoscimento, procedure
di interdizione, inabilitazione;di.;
b) al Giudice tutelare si ricorre per le tutele, le curatele e l’amministrazione di sostegno; egli è
altresì competente a vigilare ( ex art. 337 C.C.) sull’osservanza delle condizioni che il
tribunale abbia stabilito per l’esercizio della potestà e per l’amministrazione dei beni;
c) al Tribunale per i Minorenni , che ha normalmente sede nel capoluogo della Regione e
competenza per tutto il distretto della Corte d’Appello si ricorre – per quanto di nostro
specifico interesse - per i procedimenti volti ad ottenere interventi ablativi od affievolitivi
della potestà genitoriale ( artt. 330-333 C.C.), per la regolamentazione della potestà sui figli
di genitori non coniugati ex art. 317 bis C.C. , per l’affidamento del figlio naturale e suo
inserimento nella famiglia legittima di uno dei genitori, per il riconoscimento del figlio
naturale, per la dichiarazione della paternità e maternità naturale ove sia riferita a minori (
art. 269, I comma, CC), per le interdizioni ed inabilitazioni di minori.
Nei procedimenti sin qui scorsi, che hanno ad oggetto diritti fondamentali della persona, è
prevista quasi sempre la comparizione personale delle parti con loro ascolto diretto da parte
del giudicante: al riguardo, in particolare, si evidenzia come la normativa anche recente ( L.
54/2006) abbia espressamente previsto l’audizione del minore nei procedimenti per
separazione e divorzio ( art. 155 sexies C.C.). Sul punto, nonostante la pronuncia delle Sezioni
Unite della Suprema Corte n. 22238 dell’anno 2009 che ha qualificato il minore parte
sostanziale e processuale con conseguente obbligo della sua audizione, pena la nullità
dell’intero procedimento in difetto di essa, l’orientamento prevalente è per ritenere non
obbligatorio l’ascolto, quanto piuttosto da valutarsi in termini di opportunità.
E’ importante, quindi, sottolineare una volta in più la complessità di questa delicata materia,
che impone la necessità di una formazione specifica degli operatori: l’acquisizione di un
patrimonio più largo, che presuppone la conoscenza del diritto, ma è da estendersi alle scienze
5
umane - non per sostituirsi ad altre professionalità, ma per poter disporre di strumenti per una
migliore comprensione delle situazioni da affrontare nelle aule di giustizia - è dunque
strumentale allo svolgimento di una retta funzione difensiva, volta cioè alla tutela dei diritti
nella prospettiva del rispetto delle persone e del bene comune.
2) IL CONTENUTO DEGLI ATTI INTRODUTTIVI : IL RICORSO E LA MEMORIA DIFENSIVA.
Il ricorso introduce la causa : con il suo deposito l’attore si costituisce e si determina la pendenza
della lite. Secondo la normativa attualmente vigente ( art. 706 C.P.C.), il ricorso deve contenere
l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata : la norma è scarna ( non riporta neppure la
necessità dell’indicazione degli elementi di diritto, come previsto invece dalla legge sul divorzio:
art. 4 comma secondo L. 898/70) e richiede la mera illustrazione dei fatti, funzionale all’assunzione
dei provvedimenti provvisori ed urgenti. Deve in ogni caso rispettarsi il precetto contenutistico
dell’art. 125 C.P.C. ( ma non vi è unanimità di opinioni sul punto, per contrasto con l’art. 163 nn. 34 menzionati come requisiti per la memoria integrativa ex art. 709 C.P.C.).
Il ricorso deve essere sottoscritto da un difensore munito di procura alle liti ( art. 83 C.P.C.): la
sanzione è l’inesistenza dell’atto introduttivo, in quanto difetta il requisito essenziale per
l’instaurazione di un rapporto processuale ( Cassazione civile n. 972/99).
La memoria difensiva del convenuto è atto non necessitato: l’art. 706 C.P.C., infatti, indica una
facoltà, non un obbligo in capo al convenuto ( “può depositare”): l’obbligo di costituzione vero e
proprio sussiste unicamente nella fase avanti il G.I. ( art. 709 C.P.C.) Quel che preme rilevare è
l’opinione diffusa secondo la quale se il convenuto intende depositare memoria scritta, dovrà farlo
avvalendosi di un difensore.
Al riguardo, si impongono una osservazione di metodo assai importante ai fini della difesa nel
processo di famiglia ed in particolare nella gestione dei conflitti familiari e nella stesura degli atti
di causa.
Il metodo e la deontologia dell’avvocato di famiglia sono del tutto particolari e richiedono che
questi ispiri “il proprio comportamento professionale a principi rigorosi a salvaguardia dei diritti delle
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persone e della famiglia”, che si coniughino efficacemente nel rapporto fiduciario con il proprio
assistito i principi deontologici di indipendenza e di autonomia anche da questi, di competenza
giuridica e relazionale: “E’ importante che gli avvocati impegnati in una causa di diritto di famiglia
sappiano mantenere sempre alta la capacità di ridefinizione delle richieste del proprio cliente. Gli
avvocati partecipano nella giurisdizione a quella “attuazione di fini di giustizia” di cui si parla nel
preambolo del codice deontologico. La capacità di ridefinizione è la capacità di valutazione della plausibilità e
della congruità di una domanda rispetto al contesto giuridico e giudiziario in cui deve esser proposta. E’
necessario che nelle cause di diritto di famiglia gli avvocati tengano in massima considerazione i
legami familiari. Il contenzioso nel diritto di famiglia si ripercuote sui legami familiari e
parentali. Il sistema famiglia è una rete di scambi, legami e relazioni da cui dipende l’equilibrio
delle persone..L’obiettivo è superare i legami non distruggerli. La distruzione dei legami familiari è
contraria agli interessi del proprio assistito e a quello dei figli.”1. Ancora : l’avvocato di famiglia
deve “ farsi carico di far emergere in via prioritaria le esigenze della prole, nel tentativo di
salvaguardare entrambe le figure genitoriali, stimolando nei genitori la consapevolezza che, malgrado i
loro dissensi, non cesseranno di essere tali e come tali dovranno continuare a comportarsi nell’esercizio dei
loro diritti-doveri al fine di una corretta valutazione delle esigenze morali e patrimoniali correlate al
rapporto con i figli” e ancora “ Prima di dar corso ad un procedimento contattare la controparte,
invitandola a confrontarsi stragiudizialmente con l’assistenza di altro legale per cercare una soluzione
concordata. Promuovere a tal fine, con spirito di trasparente collaborazione, incontri e scambio di ogni
documentazione atta a favorire l’intesa…Esaurita la possibilità di raggiungere un’intesa, nel caso in cui si
debba promuovere un’azione giudiziaria, cercare di contenere l’atto introduttivo ed eventualmente la
comparsa di risposta, evitando di acuire irrimediabilmente il conflitto, al fine di consentire una
ripresa dei tentativi di definizione conciliativa della vertenza, da privilegiare anche provocando
l’intervento ad hoc del giudicante…”(2)
1 Cfr. estratto della dichiarazione approvata dall’assemblea dei soci dell’Osservatorio Nazionale Sul Diritto di Famiglia – Roma 20-21
Novembre 2009 : “ diritti delle persone e della famiglia. Le responsabilità dell’avvocato”.
2 Così avv. Milena Pini, Presidente AIAF in “La deontologia dell’avvocato nella gestione del conflitto familiare e nei procedimenti minorili.
Proposte di integrazione del codice deontologico forense” contributo al XXX Congresso Nazionale Forense Genova, 25-27 Novembre 2010.
7
Il contenuto degli atti introduttivi dovrà essere il più possibile essenziale, strumentale
all’assunzione dei provvedimenti ex art. 708 CPC, riferendo fatti e circostanze utili a decidere
sull’affidamento, sui tempi e modalità dello stesso, sull’esercizio della potestà, sul contributo
ordinario e straordinario nel mantenimento dei soggetti più deboli economicamente,
sull’assegnazione della casa familiare. A tal fine si imporrà l’illustrazione degli eventi che hanno
portato alla separazione, molto in sintesi, quanto più possibile senza espressione di giudizi sulle
persone, dando elementi quali lo stile di vita della famiglia, il tipo di scuola frequentata dai figli, le
attività sportive-ricreative degli stessi, le occupazioni dei genitori, i loro redditi e sostanze, un
possibile programma di affidamento. Vanno depositati tutti i documenti che supportano le
informazioni rese e fondano le domande accessorie alla separazione ( ut supra).
Si prende posizione sulle affermazioni ex adverso dedotte, proponendo puntuali contestazioni,
senza inasprire i toni ed innalzare il conflitto, fornendo dati e fatti, possibilmente mai giudizi.
3) IL PRINCIPIO DI NON CONTESTAZIONE E PROCESSI SU DIRITTI NON DISPONIBILI.
Com’è noto, l’art. 115 C.P.C.3 disciplina il principio di non contestazione, introdotto dalla Legge n.
69/2009, principio già invalso nella giurisprudenza di legittimità. La sua applicazione comporta
che “il fatto non contestato non ha bisogno di prova perché le parti ne hanno disposto, vincolando il giudice
a tenerne conto senza alcuna necessità di convincersi della sua esistenza” ( Cassazione civile, sez. III, 21
maggio 2008 n. 13708): in sostanza, l’obbligo del giudice di assumere in decisione i fatti allegati in
giudizio da una parte e non contestati dalla controparte costituita, senza bisogno di prova.
Pur nel silenzio della L. n. 69/2009, tale principio deve ritenersi non trovare applicazione ove
oggetto del decidere siano diritti della persona non disponibili ( quali ad es. la l’esercizio della
genitorialità – affidamento -, la potestà, il mantenimento4) e quindi interessi a presidio dei quali
non vi è l’attività difensiva delle parti, quanto il controllo del giudice: “tipico proprio il caso dei
(Disponibilità delle prove. Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal
pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita…”)
3
Tradizionalmente si afferma che perché un diritto possa dirsi indisponibile è presupposto che sia inalienabile ed intrasmissibile,
irrinunciabile, impignorabile e non usucapibile; tra le fattispecie di indisponibilità si individuano quelle che morano a tutelare
direttamente un determinato interesse quali i diritti della personalità, es. immagine, riservatezza, salute ( cfr. A. Carratta in Fam e Dir.
N. 6/2010 pag. 575)
4
8
procedimenti di famiglia ove siano coinvolte situazioni giuridiche soggettive primarie dei minori” ( così
Trib. Varese ord. 27/11/2009 in Fa. E Dir. 6/2010, pag. 571).
La decisione giudiziaria, quindi, nella particolare tipologia dei processi nei quali la domanda è
volta ad ottenere una pronuncia su un diritto indisponibile è conseguenza diretta del
convincimento maturato dal giudice attraverso l’attività istruttoria indicata dalle Parti o dedotta
d’ufficio dal giudice, con conseguente privazione delle parti del potere di condizionare la
formazione del convincimento giudiziale. Questo limite al potere delle parti emerge anche da
alcune specifiche disposizioni di legge : ad esempio, dall’art. 2733 C.C., sull’esclusione di piena
prova contro colui che l’ha resa ove verta su diritti indisponibili e l’art. 1966 C.C. sulla nullità della
transazione se i diritti oggetto della stessa, per loro natura o per espressa disposizione di legge,
sono sottratti alla disponibilità delle parti.
Va evidenziato peraltro che, se la non contestazione non assume valore di ammissione di un fatto
rilevante ai fini del decidere, non va taciuta l’efficacia che l’art. 116 comma e CPC dà al
comportamento processuale di una parte, dal quale il giudice può trarre argomenti di prova a
supporto di prove già assunte ( o su istanza di parte o d’ufficio): “ E dunque….va ribadito che nei
processi sui diritti indisponibili la “non contestazione” potrà rilevare non più in relazione al nuovo comma 1
dell’art. 115 CPC, ma esclusivamente come comportamento processuale, cioè come fatto secondario di origine
processuale di cui il giudice ha immediata percezione e con funzione integrativa del convincimento giudiziale
formatosi all’esito dell’assunzione dei veri e propri mezzi di prova.” ( cfr. A. Carratta cit.).
Questo contesto normativo processuale, di tutta evidenza, non può non influire proprio nei
processi di separazione personale e divorzio, ove le Parti – i coniugi – e quindi i loro difensori
dovranno senz’altro e comunque specificatamente contestare i fatti ex adverso dedotti, articolando
tutte le istanze istruttorie sugli stessi con la doverosa completezza, unita però alla consapevolezza
che in subiecta materia sussiste una deroga al principio di non contestazione, purtuttavia ponendo
attenzione all’interpretabilità del comportamento processuale da parte del giudicante.
4) ATTIVITA’ ISTRUTTORIA E POTERI D’UFFICIO DEL GIUDICE
9
Al riguardo, vanno distinti gli ambiti dell’attività istruttoria – fermo il principio dell’assunzione di
mezzi di prova d’ufficio onde acquisire elementi per la decisione su diritti indisponibili.
Detti ambiti riguardano il profilo personale e quello strettamente economico: si fa riferimento
dunque al diritto dei minori ad una crescita psicofisica equilibrata attraverso l’affidamento
prioritariamente condiviso ex art. 155 C.C. od esclusivo ex art. 155 bis C.C. ove il condiviso sia
contrario al suo interesse ed all’assegnazione della casa familiare ex art. 155 quater C.C. ed al
contributo nel loro mantenimento secondo i criteri esposti dall’art. 155, comma quarto, C.C. ed in
quello del coniuge più debole economicamente ex art. 156 C.C..
Quanto al profilo personale, ove venga posta in discussione o meglio contestata la capacità di un
genitore all’esercizio delle funzioni di accudimento e cura e quindi il suo ruolo di coaffidatario,
come pure quando non vi sia accordo dei genitori circa i tempi e le modalità di esercizio
dell’affidamento, le Parti potranno indicare prove testimoniali, instare per l’interrogatorio formale
su circostanze volte a provare la presenza educativa e fattivamente costruttiva del genitore nei
confronti della prole minore, che si sostanzia nel rispetto dei diritti di cui all’art. 147 C.C. del
minore, ed in particolare al corrispondente dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i
proprio figli, “tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni…” dei medesimi,
nonché collaborativi – a tali fini – nei confronti dell’altro genitore.
Assai spesso, però, ove vengano in contestazione le capacità genitoriali o vi sia conflitto
sull’esercizio dell’affidamento e le possibilità economiche delle Parti lo consentano, il Giudice
dispone Consulenza Tecnica d’Ufficio, ponendo al perito quesiti dalla differente portata, a seconda
dell’ambito di indagine.
I quesiti dovrebbero essere formulati in termini specifici ma al contempo ampi, al fine di sviscerare
la personalità dei soggetti interessati, il sistema familiare e sociale al quale appartengono, in vista
della migliore soluzione per l’affidamento ed il regime delle visite; all’esito il CTU deve stilare un
progetto, la decisione rimanendo prerogativa esclusiva del giudice.
Alcuni esempi:
10
“Previa verifica delle condizioni di vita del minore e dei genitori con riguardo all’ambiente domestico ed al
contesto sociale, esprima il CTU una valutazione in ordine alla qualità delle relazioni di ciascun genitore con
il figlio ed alle rispettive competenze genitoriali. Evidenzi inoltre l’atteggiamento di ciascun genitore nella
gestione del conflitto e la rispettiva disponibilità a tutelare l’immagine ed il ruolo dell’altro genitore, nonché
ogni altro aspetto rilevante ai fini della decisione sulle modalità di affidamento del minore”.5
Se, invece, fosse affidato al CTU solo l’ascolto del minore – che non è mezzo istruttorio, ma
strumento per acquisire dallo stesso pensieri, emozioni, opinioni, anche tenendo conto dei quali il
Giudice dovrà pronunciarsi in via provvisoria ed urgente assumendo i provvedimenti ex art. 708
CPC, come dispone l’art. 155 sexies C.C., il quesito potrà essere il seguente:
“Previa lettura degli atti di causa, ascoltato il minore e recepita la percezione dello stesso in ordine all’attuale
situazione familiare, nonché le sue aspettative, acquisite informazioni sulle sue abitudini di vita ed esaminate
congiuntamente allo stesso le possibili modifiche;valutata altresì la qualità delle relazioni intrafamiliari,
riferisca il Consulente sulla capacità di discernimento del minore, il suo livello di sviluppo cognitivoemotivo, la sua capacità di esprimere la propria volontà e di autodeterminarsi.”6
Ove, invece, vi sia la necessità di approfondire attraverso un’indagine, lo stato di salute psicologica
o fisica del genitore, ovviamente sempre nella prospettiva dell’esercizio dell’affidamento, il quesito
dovrà avere un “taglio” più clinico.
Un esempio:
“Letti gli atti, sentite le parti, e ( se ritenuto opportuno) i componenti degli attuali rispettivi nuclei
familiari, acquisita la documentazione sanitaria ritenuta necessaria ( con obbligo ex art. 213 CPC degli enti
pubblici e privati di rilascio di copia e/o informazioni), dica il CTU, in ragione dell’età della minore X, quali
siano le esigenze/necessità della minore in rapporto alle relazioni dalla stessa con ciascun genitore instaurate
ed il relativo contesto ambientale; considerate le attuali condizioni di salute del genitore Y, quale possa essere
la soluzione di affidamento più adeguata per la minore nell’escluisivo interesse della stessa, tenuto conto
delle sue necessità psicoevolutive e materiali”.
5
6
Cfr. Protocollo Tribunale di Pordenone sul processo civile – rito di famiglia
Elaborazione dalla traccia contenuta nel cit. Protocollo Tribunale Pordenone 4/5/2011.
11
L’ascolto del minore, in corso di CTU o anche solo finalizzato all’emissione dei provvedimenti
provvisori ex art. 155 sexies C.C., è utile avvenga – e ciò è la prassi assolutamente più diffusa –
senza la presenza dei genitori, dei difensori, del giudice e dei consulenti di Parte, i quali tutti, a
seconda anche delle caratteristiche della struttura, potranno assistervi in una stanza, dietro lo
specchio unidirezionale, potendo i CCTTPP ed il Giudice e gli avvocati attraverso il giudice,
suggerire al CTU domande attraverso auricolari7. Ovviamente, l’obiettivo è di tutelare la genuinità
della affermazioni del minore.
A volte alla CTU segue un periodo di monitoraggio, per verificare la bontà dei provvedimenti
assunti nella loro concreta attuazione. Il monitoraggio può essere affidato al medesimo CTU o –
soluzione che ai più pare preferibile – ai servizi socioassistenziali che potranno riferire all’Autorità
Giudiziaria competente sull’andamento ( T.O. o T.M. o G.T., a seconda dei casi).
Vanno tenute distinte dalla Consulenza Tecnica, la mediazione familiare e le informazioni o
l’attività di accompagnamento o sostegno dei genitori e/o del minore su incarico del’A.G.: il CTU
ha funzioni valutative ed il suo incarico deriva da un mandato dell’autorità giudiziaria, il
mediatore familiare è invece un professionista al quale spontaneamente le parti si sono rivolte
onde ricevere un supporto di aiuto propositivo alla soluzione di situazioni di difficoltà o conflitto,
acquisendo un metodo collaborativo a tal fine; i servizi sociali, invece, offrono un intervento volto
ad osservare e sostenere il nucleo e/o i singoli sino al consolidamento delle loro potenzialità
individuali o ad acquisire informazioni da restituire poi al’A.G.
a mezzo relazione, che,
successivamente al deposito, può essere esaminata dalle Parti.
Quanto al profilo economico, a’ mente degli artt. 148 -155, comma quarto n. 4), C.C. , le Parti sono
tenute, rispettando l’onere probatorio secondo quanto prevede l’art. 2697 C.C. , a documentare i
rispettivi redditi e patrimoni al fine di provare il tenore di vita effettivo (o anche solo potenziale,
benché non goduto) della famiglia durante la convivenza. In tal senso, andranno prodotte le
dichiarazioni dei redditi degli ultimi anni, secondo quanto prevede l’art. 706, penultimo comma,
7
Cfr. Protocollo Tribunale di Pordenone sull’audizione del minore cit.
12
CPC ed ogni altra diversa documentazione volta a sostenere le rispettive richieste economiche ( es.
contratti di locazione, spese per assicurazione, ecc..), in modo tale da consentire al Giudice di
individuare il reddito disponibile. Giova al riguardo rilevare che “il reddito è la misura monetaria della
ricchezza ( beni, servizi, denaro, crediti) che affluisce al soggetto in un certo arco temporale, al netto della
ricchezza dallo stesso consumata e ceduta per produrla: è un flusso che, a seconda della sua origine, è
qualificato come salario, stipendio, pensione, pensione di invalidità e assegni ad essa connessi, inclusa
indennità di accompagnamento o di superinvalidità, indennità di servizio all’estero, profitto, rendita
plusvalenza, interesse, dividendo ecc…”, il reddito cioè che “comprende tutti i proventi del soggetto…Il
patrimonio deve , invece, essere inteso come ricchezza, ovvero come complesso di beni ( mobili, immobili,
denaro, titoli), diritti e crediti aventi contenuto economico, di cui il soggetto sia titolare : a differenza del
reddito, il patrimonio non è un flusso, ma un aggregato…le componenti del patrimonio rilevano,a
prescindere dalla loro provenienza e dalla causa dell’acquisto, che può essere anche ereditario, siano essi
improduttivi o temporaneamente improduttivi, in tal caso valutando il loro valore intrinseco in vista della
loro alienazione o del diverso impiego, ovvero il reddito da essi concretamente prodotto ovvero utilità, nel
caso di uso diretto a fini personali ( abitativi, anche periodici, o professionali”.8
A queste utilità, vanno aggiunte – nella valutazione delle capacità reddituali/patrimoniali dei
coniugi/ - altre voci con valenza economica ( es. casa di villeggiatura, pagamento rata mutuo,
ecc..di provenienza terza, quali le famiglie d’origine, i conviventi, il datore di lavoro ( es. i
benefits).
I mezzi di accertamento che possono essere oggetto di istanze istruttorie ex art. 183, VI comma, nn.
2 e 3 CPC, come pure ex officio, sono la produzione documentale delle parti, gli ordini di
esibizione ex artt. 210 e 213 CPC, le indagini di polizia tributaria, anche presso soggetti terzi
intestatari di beni e redditi ex art. 155 u.c. C.C., la consulenza tecnica contabile, la prova
testimoniale ( tra i testi non è infrequente l’acquisizione della testimonianza dell’investigatore
privato onde ottenere la prova ad esempio dello svolgimento di una prestazione lavorativa).
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Cfr. Le prassi giudiziali nei procedimenti di separazione e divorzio – ed. UTET giuridica anno 2007 pag. 94)
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Al riguardo, va rammentato che, secondo la giurisprudenza costante (ex multis Cassazione civile
n. 8057/1996 e n. 11523/1990), “ non è necessaria la determinazione dell’esatto importo dei redditi
percepiti, attraverso l’acquisizione di dati numerici, ma è sufficiente un’attendibile ricostruzione
delle suddette situazioni complessive, nel rapporto delle quali risulti consentita l’erogazione
dall’uno all’altro coniuge, di una somma corrispondente alle sue esigenze”, in termini di concreta
disponibilità economica e non già generica capacità economica ( Cassazione civile n. 2087/1998).
5) LA QUESTIONE DEL CURATORE SPECIALE
Nell’ipotesi in cui una parte del processo sia affetta da un’infermità ovvero da una menomazione
fisica o psichica, tale da porla in una condizione di impossibilità, anche parziale e temporanea, di
provvedere ai propri interessi, essa può essere assistita da un amministratore di sostegno
nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza ( art. 404 C.C.).
L’attuale giurisprudenza è concorde nell’assicurare l’esperimento di azioni dirette ad ottenere la
separazione personale od il divorzio a persone prive, totalmente o parzialmente, di autonomia
nello svolgimento delle attività quotidiane , attraverso l’attività del tutore o dell’amministratore di
sostegno ( cfr. Trib. Cagliari decreto 15/06/2010; in tema di esercizio di diritti personalissimi da
parte dell’incapace solo attraverso la nomina - richiesta dal suo tutore - di un curatore speciale
affinché promuova il giudizio di divorzio vd. Cassazione civile 21/07/2000 n. 9582 con
applicazione analogica e costituzionalmente orientata dell’art. 4 L. 898/70 che prevede la nomina
di un curatore speciale quando il convenuto in giudizio sia malato di mente o legalmente incapace,
e trib. Modena II sez. civile 26/10/2007, secondo il quale “ in buona sostanza l’amministratore di
sostegno …potrebbe svolgere in parte qua la medesima funzione del curatore speciale che l’art. 4 comma 5
della L. 898/70 prevede sia nominato nel giudizio di divorzio all’interdetto..”).
In tema, il Tribunale di Cagliari nel citato provvedimento ha affermato che “…non emerge l’esigenza
della nomina di un curatore speciale dell’incapace che agisca per la proposizione del ricorso di separazione
personale nel caso in cui l’ufficio del tutore ( o amministratore di sostegno) sia rivestito da un soggetto
estraneo alla famiglia o al rapporto di coniugio…L’iniziativa dell’amministratore di sostegno , in quanto
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espressione piena della volontà manifestata dal soggetto quando era in condizione di piena capacità, deve
essere attentamente vagliata dal giudice mediante un accertamento positivo della corrispondenza
dell’iniziativa in questione alla volontà del titolare del diritto in tema di scelte fondamentali di vita che
attengono all’essenza più intima della persona… ”.
In sostanza, questa giurisprudenza, che è del tutto condivisibile, sottolinea che la permanenza in
capo all’incapace di esercitare i propri diritti alla difesa od al promuovimento di un procedimento
di separazione e/o divorzio, trova fondamento nell’insopprimibile esigenza di tutelare la libertà
personale del singolo soggetto, pur inibito nella propria capacità di agire per effetto della propria
incapacità legale transitoria o permanente, parziale o totale, nell’esprimere i propri diritti
personalissimi.
Va accertata, però, la piena corrispondenza della volontà del titolare dei diritti con quella del
rappresentante ovverosia, dell’amministratore di sostegno.
Ebbene, al riguardo va rammentata la previsione dell’art. 78 CPC (sotto la rubrica: Curatore
speciale), il cui ultimo comma contempla la nomina di un curatore speciale al rappresentato ove vi
sia conflitto di interessi col rappresentante; per la relativa richiesta può instare un congiunto o
“qualunque parte in causa che via abbia interesse” ( cfr. art. 79 ultimo comma CPC) .
Pertanto, alla luce dei dati e principi normativi sovraesposti, ove sussista conflitto tra
amministratore di sostegno ed assistito, appare legittima e fondata la richiesta di nomina di un
curatore speciale.
5) LE DOMANDE CUMULABILI ALLA DOMANDA DI SEPARAZIONE E DIVORZIO
E’ orientamento sostanzialmente uniforme – ma non mancano espressioni giurisprudenziali
contrarie – che il ricorso per separazione e divorzio debbono essere rispettose dei requisiti e dei
contenuti posti rispettivamente dall’art. 706 CPC e 4 L. 898/790 e che le domande proponibili sono
quelle connesse alle pronunce accessorie ex artt. 155 e 156 C.C. per la separazione ee ex artt. 5 e 6 L.
898/70 per il divorzio.
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Non sono ritenute generalmente cumulabili invece le domande di divisione per effetto dello
scioglimento della comunione né quella di restituzione beni ( Cass. N. 4351/2003, 9325 del 1998 ed
altre ancora).
Le ragioni del rigetto consisterebbero nella circostanza che la divisione presuppone – ex art. 191
C.C. – l’avvenuto scioglimento della comunione dei beni che consegue alla pronuncia passata in
giudicato ( Cass. n. 2944/2001 e 8643/1992) di separazione personale; per il divorzio sulla diversità
dei riti cui sono soggetti i procedimenti ( che solo dalla fase istruttoria segue il rito ordinario ex
artt. 183 e segg..).
Va però evidenziata la recentissima pronuncia della Suprema Corte dd. 26 Febbraio 2010 n. 4757
che ha riesaminato la questione, affermando che la pronuncia definitiva di separazione personale (
per effetto della sentenza parziale sullo status) è condizione dell’azione ( e non presupposto
processuale) e quindi deve sussistere al momento della pronuncia, non necessariamente al
momento della proposizione della domanda: ne deriverebbe la cumulabilità delle domande.
Quanto al cumulo delle domande di separazione o divorzio e di risarcimento del danno ex art.
2043 C.C. , se ne ritiene l’inammissibilità.
L’art. 40 c.p.c. statuisce, infatti, l’ammissibilità del cumulo nello stesso processo di domande
connesse soggette a riti diversi solo in presenza di ipotesi “di connessione forte o per subordinazione e
cioè l’una risulti obiettivamente in posizione di subordinazione o dipendenza rispetto alle altre” (cfr. Cass.,
17 maggio 2005, n. 10356; Cass. 12 gennaio 2000, n. 266; Cass. 24 Aprile 2007, n. 9915; in dottrina, R.
RUSSO, L’articolo 709-ter c.p.c. uno strumento in più per il giudice, in Avvocati di famiglia, maggiogiugno 2007, pag. 50 e ss). Tale relazione qualificata non può naturalmente sussistere tra la
domanda di separazione personale e quella di risarcimento del danno: ne deriva che, laddove
quest’ultima sia proposta nell’ambito di un giudizio di separazione, essa non può trovare
accoglimento in quanto inammissibile.
Tale convincimento è avvalorato anche dalla più recente giurisprudenza, che, infatti, sottolinea
come “la Suprema Corte ha già avuto modo di ricordare che l’art. 40 c.p.c., nel testo novellato della legge
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353 del 1990 ha risolto espressamente il problema del cumulo nello stesso processo di domande connesse
soggette a riti diversi, prevedendone la possibilità solo in presenza di ipotesi qualificate di connessione,
definite in dottrina come di connessione per subordinazione o di connessione forte. In particolare, il comma 3
disciplina la trattazione congiunta delle causa a rito ordinario e speciale nei soli casi previsti dagli artt. 31
(cause accessorie), 32 (cause di garanzia), 34 (accertamenti incidentali), 35 (eccezioni di compensazione) e 36
(domande riconvenzionali), disponendo che esse, cumulativamente proposte o successivamente riunite, siano
trattate con il rito ordinario, salva l’applicazione di quello speciale quando una di esse sia una controversia di
lavoro o previdenziale, e così chiaramente escludendo la possibilità di proporre più domande connesse
soggettivamente ai sensi dell’art. 33 o dell’art. 103 c.p.c. e soggette a riti diversi” (Tribunale di Milano, 20
febbraio 2006, inedita; in dottrina, C. RIMINI, G. VIGANO’, Diritto di famiglia, Padova, 2007, pag. 374
e ss.).
Non può essere taciuto, però, che in difetto di norma espressa al riguardo, l’interpretazione
giurisprudenziale presenta un panorama non uniforme: lo stesso Tribunale di Treviso, secondo
quanto risulta alla scrivente, si è espresso in termini di ammissibilità, ritenendo sussistere una
connessione pur impropria tra la domanda di addebito della separazione personale e la domanda
di risarcimento del danno esistenziale per violazione dei diritti fondamentali della persona ( Trib.
Firenze 23/03/2006 in Dir. Fam. 2007, 4, 1659).
6) CONCLUSIONE DEL PROCESSO E TRASFORMAZIONE DEL RITO
Come noto, il giudizio di separazione personale si conclude con la pronuncia della sentenza che
statuisce sulle domande svolte in giudizio dalle Parti, ma a’mente dell’art. 3, n. 2) , lett. b) L.
898/70, il giudizio contenzioso può trasformarsi in consensuale.
Sulla modalità attraverso la quale tale trasformazione avvenga, le prassi dei Tribunali appaiono
difformi: le procedure, in ogni caso, sono le seguenti ed alternative:
a) sulla precisazione congiunta delle parti con conclusioni conformi, il Tribunale pronuncia
sentenza, riservandosi, in ogni caso il potere d’ufficio di valutare se le condizioni proposte dalle
parti siano conformi all’interesse della prole;
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b) le parti concludono conformemente, chiedendo l’omologazione da parte del Tribunale delle
condizioni contenute nel verbale di udienza.
Avv. Monica Gazzoli
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