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Criteri di scelta degli investimenti
Criteri di scelta degli investimenti Materiale didattico per il corso di matematica finanziaria II modulo 1 Introduzione La presente trattazione si pone come obiettivo di analizzare i due principali criteri di scelta degli investimenti e dei finanziamenti per valutare la convenienza tra due o più operazioni finanziarie. Si tratterà di operazioni progettate poiché il loro flusso di cassa non è osservato ma solo previsto. Si è supposto che i relativi importi siano noti con certezza e, allo stesso modo, siano note con certezza le scadenze temporali di pagamento. Ci si limiterà a considerare operazioni finanziarie “discrete” ossia tali che i movimenti di denaro avvengano ciascuno in un determinato istante. Il primo criterio analizzato sarà il Valore Attuale Netto (VAN) che esprime la somma algebrica delle entrate e delle uscite attualizzate attraverso l’utilizzo di un tasso di attualizzazione di riferimento. Tale criterio si basa sul principio secondo il quale un’iniziativa merita di essere presa in considerazione solo se i benefici che ne possono derivare sono superiori alle risorse utilizzate. Il secondo criterio è il Tasso Interno di Rendimento (TIR o IRR) che, algebricamente, è il tasso per il quale il VAN risulta nullo. Il TIR è quel tasso che segnala indifferenza al progetto finanziario e separa gli intervalli di tassi che fanno ritenere l’operazione conveniente, da intervalli per i quali l’operazione è svantaggiosa. Saranno trattati alcuni importanti metodi matematici per la risoluzione approssimata di equazioni e, inoltre, si è analizzata la loro applicazione per il calcolo effettivo del TIR. 2 Infine si è descritta una utile applicazione del TIR nella valutazione delle offerte di vendita con pagamenti rateizzati: il TAN o tasso annuo nominale e il TAEG cioè il tasso annuo effettivo globale. Capitolo 1 Le operazioni finanziarie Le operazioni finanziarie spesso vengono distinte in investimenti e finanziamenti, entrambi descritti da un flusso di capitali di segno diverso: gli esborsi da somme negative e gli incassi da somme positive. La loro distinzione potrebbe essere riferita alle finalità dell’operazione dato che da un investimento ci si aspetta un guadagno mentre un finanziamento richiede un costo; in pratica, si procede alla distinzione separando, per ogni operazione, la successione degli esborsi da quella degli incassi e procedendo al confronto tra i valori di un opportuno indice temporale associato a ciascuna di esse. Dal nostro punto di vista, le operazioni finanziarie vengono considerate in via preventiva, quando sono allo stadio di operazioni progettate. Corrispondentemente, il loro flusso di cassa non è osservato, ma solo previsto. Supporremo tuttavia che i relativi importi siano noti con certezza, e allo stesso modo, supporremo note con certezza le scadenze temporali di pagamento. Ci limiteremo, infine, a considerare operazioni finanziarie “discrete”, ossia tali che i movimenti di denaro avvengano ciascuno in un ben determinato istante; non considereremo ,in altre parole, operazioni in cui siano contemplati flussi continui di capitale in entrata o in uscita. 3 La valutazione degli investimenti è quella attività che viene effettuata per verificare l'impatto che un determinato progetto di investimento ha sulla struttura adottante (azienda, ramo d’azienda, ente, progetto, privato, ecc.), dove per progetto d'investimento si intende un insieme di attività – produttive o finanziarie – in cui l'azienda o il privato cittadino impegna disponibilità liquide (costo dell'investimento) con l'obiettivo di conseguire, in contropartita, un flusso di benefici futuri complessivamente superiori ai costi sostenuti. Il problema che viene affrontato dalla valutazione degli investimenti è, nella sostanza, un problema di scelta: ogni azienda o privato deve, infatti, prendere delle decisioni d'investimento, dirette ad allocare ai soli progetti che "creano valore" le limitate risorse disponibili (fattori produttivi). Per poter risolvere a sistema tale problema di scelta fra possibili alternative è necessario poter discriminare le diverse possibilità in base ad un’unità di misura che deve essere in grado di evidenziare sia la validità dell’iniziativa, sia i correlati effetti economico – finanziari: è comunemente accettato che l'unità di misura cui fare riferimento in questo caso sia il valore economico dell’iniziativa. Il costo di un investimento è dato dai flussi finanziari in uscita – o minori flussi in entrata – connessi alla sua attuazione; analogamente, i "benefici" ad esso associati sono costituiti da flussi finanziari in entrata – ovvero a minori flussi in uscita (dove ritorni e costi futuri sono elementi di carattere previsionale). In tal modo un'operazione d'investimento può essere rappresentata da una successione (stimata) di future entrate ed uscite monetarie denominata "flusso di cassa". Altro fattore determinante nella valutazione degli investimenti è il tempo: la rilevanza del fattore tempo dipende da un effetto di carattere finanziario che lo lega al valore del denaro e secondo cui, a parità di altre 4 condizioni, ad un allungamento dei tempi di rientro delle risorse investite in un progetto corrisponde una contrazione dei benefici di ordine finanziario (il trascorrere del tempo introduce, peraltro, un ulteriore livello d'incertezza nel processo di valutazione in quanto, all'ampliarsi degli intervalli di riferimento, le previsioni sulle variabili da cui dipendono i risultati dell'operazione tendono progressivamente a perdere di significatività ). Ulteriore elemento essenziale del processo di valutazione è il tasso d’interesse scelto a riferimento: il tasso d'interesse al quale si attualizzano i flussi finanziari (in entrata ed in uscita) è denominato costo opportunità del capitale perché rappresenta un'alternativa alla quale si rinuncia per intraprendere il particolare progetto d'investimento analizzato. Un progetto finanziario è caratterizzato da una sequenza di importi e dalle opportune scadenze: {(P0 ; t 0 ); (P1 ; t1 );......... ; (Pn ; t n )} Verrà definito: - INVESTIMENTO : se tutte le uscite precedono temporalmente tutte le entrate. - FINANZIAMENTO : se tutte le entrate precedono temporalmente tutte le uscite. Un’operazione è poi detta semplice se è costituita da una sola entrata seguita da sole uscite, o – viceversa – da una sola uscita seguita da sole entrate (rispettivamente nel caso si tratti di un finanziamento o di un investimento). Si pensi , per fare qualche esempio, all’operazione consistente nel concedere un prestito ed incassare poi le annualità previste dal 5 corrispondente piano di rimborso; o a quella - simmetrica – di contrarre un prestito e procedere poi al suo ammortamento. Dato il flusso di cassa prevedibilmente associato ad un progetto d’impresa economica, la differenza tra entrate ed uscite dà, elementarmente, il guadagno che se ne ricaverà. In quanto quelle entrate e quelle uscite sono però destinate a manifestarsi in tempi diversi, è del tutto naturale per noi immaginare di riportarle finanziariamente ad uno stesso istante. La funzione che esprime il valore attuale in t0 = 0 ,nella variabile i ed in regime di interesse composto, della somma degli importi Pk = P0 + P1 + ...... + Pn , prende il nome di DISCOUNTED CASH FLOW (DCF) , cioè “flusso di cassa scontato”. L’espressione analitica della DCF è: V (i ) = n ∑ k =0 Pk v tk = n Pk ∑ (1 + i ) k =0 tk Cioè: V(i ) = P0 (1 + i ) t0 + Pn P1 + ............. + t1 (1 + i ) (1 + i ) tn Attraverso tale funzione cercheremo di capire se è possibile scegliere tra due diversi progetti finanziari. 6 Capitolo 2 Valore Attuale Netto e Tasso Interno di Rendimento 2.1 VAN La somma algebrica delle entrate e delle uscite attualizzate attraverso l’utilizzo di un tasso di attualizzazione di riferimento, rappresenta il Valore Attuale Netto del progetto d’investimento (in inglese Net Present Value) anche noto sotto l’acronimo REA cioè Risultato Economico Atteso. V( i0 ) = VAN ( i0 ) rappresenta il DCF valutato in i = i0 Il ricorso al calcolo del VAN si effettua in genere quando vi sia da scegliere tra più progetti in alternativa: nel caso di investimenti, il criterio presuppone, ovviamente, che la preferenza vada data a quello che presenta un VAN maggiore (in senso algebrico: in determinate circostanze, infatti, il criterio può portare a selezionare l’operazione che dà luogo alla perdita minore); ovviamente avremo la situazione opposta (e sceglieremo il VAN minore) nel caso di finanziamenti. Ma anche in relazione ad un progetto singolarmente considerato il VAN può servire a dare una specie di giudizio assoluto sulla sua accettabilità: un VAN negativo corrisponde ad un’operazione per la quale le uscite sono destinate a superare le entrate. 7 Esempio 2.1 In regime di interesse composto, al tasso i = 9.5% annuo, è più conveniente pagare oggi 250 €, oppure 150 € tra 6 mesi e 150 € tra 1 anno ? Per confrontare le due alternative devo calcolarmi il VAN della seconda opzione (150 € tra 6 mesi e 150 € tra 1 anno): Ponendo v= 1 (1 + i ) 0 che è il fattore d’attualizzazione, 150 150 0.5 1 VAN(i =9.5% ) = 150 * v 0.5 + 150 * v = 280.33 Di conseguenza è più conveniente pagare oggi 250 € perché sosterremo un costo più basso. Esempio 2.2 Abbiamo due possibili investimenti: ( I1 ) Versare oggi 100000 € e ricevere 10000 € alla fine del primo e secondo anno e 110000 € alla fine del terzo anno. ( I2 ) Versare oggi 100000 € e ricevere 5000 € alla fine del primo e secondo anno e 122000 € alla fine del terzo anno. Stabilire quale dei due progetti è più conveniente utilizzando il criterio del VAN con un tasso di attualizzazione i0 = 10% . Calcoliamo le funzioni DCF dei due investimenti: 8 V1 (i ) = −100000 + 10000 10000 110000 + + 1+ i (1 + i ) 2 (1 + i ) 3 V2 (i ) = −100000 + 5000 5000 122000 + + 1 + i (1 + i ) 2 (1 + i ) 3 Ponendo i = i0 = 10% avremo: VAN 1 (i0 ) = V1 (i0 ) = −100000 + VAN 2 (i0 ) = V2 (i0 ) = −100000 + 10000 10000 110000 + + =0 2 1 + 0.1 (1 + 0.1) (1 + 0.1) 3 5000 5000 122000 + + = 338.09 2 1 + 0.1 (1 + 0.1) (1 + 0.1) 3 Quindi, poiché VAN 1 (i0 ) < VAN 2 (i0 ) Segue che il secondo investimento risulterebbe più vantaggioso. 2.2 Critiche al criterio del VAN I difetti del criterio del VAN sono tanto numerosi quanto evidenti. La critica maggiore che viene fatta, è la soggettività nella scelta del tasso i 0 . Infatti, il tasso d’interesse da impiegare nel calcolo dei valori attuali non è in alcun modo intrinseco al progetto da giudicare, ma è a totale discrezione dell’operatore che cerca di determinare il VAN. Operatori diversi possono dunque pervenire, nella valutazione degli stessi progetti, a conclusioni diverse. 9 C’è, però, di più. Dire che il valore attuale in 0 del capitale disponibile al tempo t k è Sk S k (1 + i ) − tk , vuol dire che si ritiene di poter investire, da oggi fino al tempo t k , questa somma al tasso i , generando così appunto il montante S k . Ciò implica dunque l’ipotesi che, per tutta la durata del progetto ed indipendentemente dall’ordine di grandezza delle somme in questione, la realtà offrirà la possibilità di investire i capitali al tasso i : ipotesi, evidentemente del tutto irrealistica. Inoltre il tasso i0 è da intendersi come costo opportunità del denaro per il decisore. Vari tentativi sono stati fatti per cercare si rendere “oggettivo” il calcolo di i0 . Ad esempio l’utilizzo di una media ponderata dei tassi che rappresenterebbero i costi del capitale, di differenti provenienze, investito nel progetto. Tale tasso medio è detto usualmente WACC (Weighted Average Cost of Capital). 2.3 TIR La nozione di VAN (o REA) di un’ operazione, soffre – e lo abbiamo segnalato – del grave difetto di non essere intrinseca all’operazione, e quindi oggettivamente definita. Si ottiene invece una caratteristica intrinseca ed oggettiva di un’operazione se – elementarmente parlando – si cerca di rispondere non alla domanda “quanto essa consentirà di guadagnare” ma a quella “che tasso d’interesse si ricava dai capitali investititi?” n Considerando la nostra funzione DCF Pk ∑ (1 + i ) k =0 tk , avremo che : se esiste un valore di i maggiore di -1 per il quale tale funzione risulta nulla, e questo valore è unico, allora esso viene detto TASSO 10 INTERNO DI RENDIMENTO (T.I.R.) (in inglese IRR cioè Internal Rate of Return). Il TIR è quel tasso che segnala indifferenza al progetto finanziario e separa gli intervalli di tassi che fanno ritenere l’operazione conveniente, da intervalli per i quali l’operazione è svantaggiosa. Come utilizzare il TIR di due operazioni finanziarie? Fondamentalmente la regola decisionale è la seguente: - nel caso di INVESTIMENTI è preferibile quello che ha un TIR maggiore; - nel caso di FINANZIAMENTI è preferibile quello che ha un TIR minore. Esiste anche una versione “assoluta” del criterio, in base al quale un’operazione d’investimento (o di finanziamento) va eseguita se il suo TIR è maggiore (o minore) di un tasso di riferimento prefissato, al quale si ritiene di poter altrimenti investire le proprie disponibilità (o al quale si ritiene di potersi altrimenti finanziare). 2.4 Critiche al criterio del TIR Così formulato il criterio appare rispondere in pieno ai requisiti che ci eravamo proposti di soddisfare: è interamente oggettivo, poiché, in base ad esso, operatori diversi, nella stessa situazione, giungono di necessità alle stesse conclusioni (ciò che invece non accadeva con il criterio del VAN). Né richiede, da parte di chi voglia applicarlo, alcuna capacità speciale di previsione sull’andamento futuro del mercato e dei tassi: esso si fonda, infatti, esclusivamente sulle caratteristiche intrinseche dei progetti da confrontare. 11 Il tutto è talmente semplice, che il criterio stesso, pur se il suo ambito di applicazione risulta ridotto al solo confronto tra operazioni dotate di TIR, ha avuto un successo folgorante. Ad un esame più approfondito, le ragioni di tale successo appaiono decisamente inconsistenti. Abbiamo osservato che il VAN di un’operazione calcolato al tasso i rappresenta il valore attuale, a quel tasso, del maggior guadagno che l’operazione permette di conseguire, rispetto all’impiego dei medesimi capitali al tasso i ; e notato – criticamente – che il fondamento di questo discorso è che per tutta la durata dell’operazione i capitali siano davvero investibili a quel tasso: ipotesi, questa, la cui inaccettabilità rende poco credibile il tutto. Peraltro, ha senso dichiarare che svolgere un’operazione avente TIR = i ,equivale ad impiegare gli stessi capitali a questo tasso in quanto se i annulla il DCF, ciò vuol dire che esso rende il montante delle entrate uguale a quello delle uscite: dunque, se fino alla fine dell’operazione i capitali si possono investire al tasso i , compiere l’operazione o investire al di fuori di essa dà gli stessi risultati. Come si vede, la logica sottesa alla nozione di TIR è la stessa che da senso a quella del VAN, e ne condivide dunque il difetto di fondo: che è quello di ipotizzare l’esistenza di un tasso unico costante per una durata anche notevole. Comunque noi ci limiteremo all’aspetto matematico anche perché, in realtà, non esistono tanti altri indicatori che permettono di valutare in maniera “scientifica” un progetto finanziario. 12 n Risolvere la funzione Pk ∑ (1 + i ) k =0 tk = 0 ed individuare in questo modo il TIR, significa risolvere un’equazione algebrica si grado elevato. Occorre, quindi, fare prima alcune considerazioni matematiche: - affronteremo prima alcuni teoremi per dimostrare l’esistenza effettiva di una soluzione; - successivamente studieremo alcuni metodi (i più utilizzati) iterativi che permettono, in breve tempo, di determinare una buona approssimazione della soluzione; - infine applicheremo tali metodi (mediante alcuni esempi) alla nostra funzione DCF = 0 per trovare il TIR. Capitolo 3 Risoluzione approssimata di equazioni 3.1 Separazione delle radici I metodi che illustreremo in questo capitolo si possono applicare quando sia noto un intervallo [a; b] in cui è contenuta una ed una sola radice dell’equazione da risolvere. Occorre perciò, prima di passare alla risoluzione vera e propria dell’equazione, compiere quell’operazione che prende il nome di separazione delle radici. Sia f ( x) = 0 (A) 13 Un’equazione, e siano c1 , c 2 ,... le radici della (A), che vogliamo determinare; sia cioè: f (c1 ) = 0; f (c 2 ) = 0;... Separare le radici dell’equazione (A) significa individuare, per ciascuna radice, ci , un intervallo, [ai ; bi ] che la contenga e che non contenga alcun’altra radice. Il modo più efficace per separare le radici di un’equazione è quello di ricorrere ad una opportuna interpretazione grafica. Talvolta può risultare necessario compiere un breve studio di funzione. 3.2 Teoremi di esistenza e unicità Al fine, però, di rendere più precise le considerazioni intuitive che risultano dall’interpretazione grafica di un’equazione, sono utili i seguenti teoremi. 3.2.1 Teorema di esistenza della radice. Se f (x) è continua nell’intervallo chiuso f (a ) * f (b) < 0 , ossia se la funzione f (x) [a; b] e se risulta assume, negli estremi dell’intervallo, valori di segno opposto, allora l’equazione f ( x) = 0 ha almeno una radice interna a tale intervallo. Esempio 1. Consideriamo l’equazione xe x − 1 = 0 Che è nella forma (A) ove si ponga f ( x) = xe x − 1 Si ha 14 f ( 0) = 0 * e 0 − 1 = − 1 < 0 f (1) = 1 * e1 − 1 = e − 1 > 0 Poiché inoltre la funzione è continua in R , possiamo concludere che nell’intervallo (0;1) è contenuta almeno una radice dell’equazione in esame. Esempio 2. Consideriamo ora l’equazione x 2 − 2 − ln x = 0 Che è nella forma (A) ove si ponga f ( x) = x 2 − 2 − ln x f (x) è definita e continua per x > 0 . Non possiamo applicare il teorema di esistenza all’intervallo [0;1] , perché nel primo estremo, come abbiamo osservato, la funzione non è definita. Per superare questa difficoltà, cominciamo con l’osservare che nel secondo estremo di tale intervallo la funzione assume un valore negativo: f (1) = 12 − 2 − ln 1 = −1 < 0 Cerchiamo perciò di sostituire il primo estremo con un punto in cui f (x) risulti definita e positiva. Si ha, ad esempio, per x = e −2 : f (e − 2 ) = (e − 2 ) 2 − 2 − ln e − 2 = 1 1 −2+2 = 4 >0 4 e e 1 Dunque, nell’intervallo 2 ;1 si trova almeno una radice della nostra e equazione. Notiamo che il teorema di esistenza della radice assicura l’esistenza di una soluzione dell’equazione ( x 2 − 2 − ln x = 0 anche nell’intervallo ) 2 ;2 : f ( 2) = ( 2) 2 − 2 − ln 2 = − ln 2 ≅ −0.3466 < 0 f (2) = 2 2 − 2 − ln 2 ≅ 1.3068 > 0 15 3.2.2 Primo teorema di unicità della radice Sia f (x) una funzione definita e continua nell’intervallo chiuso [a; b] e derivabile nei suoi punti interni. Sia inoltre f (a ) * f (b) < 0 e sia f ′( x) ≠ 0 in (a; b) . Allora esiste un’unica soluzione dell’equazione f (x) nell’intervallo aperto (a; b) . Esempio 1. Consideriamo ancora l’equazione xe x − 1 = 0 Posto f ( x) = xe x − 1 , risulta f ′( x) = e x + xe x = (1 + x)e x , e quindi: f ′( x) > 0 → (1 + x)e x > 0 → x > −1 f ′( x) < 0 → (1 + x)e x < 0 → x < −1 Nell’intervallo (0;1) , in cui già sappiamo che deve esistere almeno una radice, f ′( x) è sempre positiva. Perciò nell’intervallo (0;1) esiste un’unica soluzione dell’equazione data. Esempio 2. Consideriamo nuovamente l’equazione x 2 − 2 − ln x = 0 Come già detto, esiste almeno una radice di tale equazione, sia 1 nell’intervallo 2 ;1 sia nell’intervallo e Ponendo f ( x) = x 2 − 2 − ln x ( ) 2 ;2 . , si ha: 16 f ′( x) = 2 x − 1 2x2 −1 = x x Come si può notare dal grafico che esprime il prodotto dei segni della f ′(x) : nostra funzione − 2 2 - 0 + 1 e2 2 2 2 1 - 2 + Fig. 3.2.2.1 Prodotto dei segni 2x 2 − 1 >0→ x 2x 2 − 1 f ′( x) < 0 → <0→ x f ′( x ) > 0 → Notiamo che nell’intervallo essendo 1 2 e 2 2 <x<0 ∧ x> 2 2 2 2 x<− ∧ 0< x< 2 2 − ;1 la derivata f ′( x) si annulla, 1 2 < < 1 . Perciò il primo teorema di unicità non è 2 2 e applicabile a f ( x) in tale intervallo. Nell’intervallo ( ) 2 ;2 , invece, f ′( x) è sempre positiva, e quindi, essendo soddisfatte tutte le ipotesi, il primo teorema di unicità ci assicura che in tale intervallo esiste un’unica soluzione dell’equazione data. 3.2.3 Secondo teorema di unicità della radice Sia f ( x) una funzione definita e continua nell’intervallo chiuso [a; b] e derivabile due volte nei punti interni di tale intervallo. Sia inoltre f (a ) * f (b) < 0 , e f ′′( x) sia, in (a; b) , sempre positiva o sempre negativa. 17 Allora esiste un’unica soluzione dell’equazione f (x) nell’intervallo aperto (a; b) . Esempio Consideriamo di nuovo l’equazione x 2 − 2 − ln x = 0 Avevamo osservato, che nell’intervallo 1 2 e ;1 esiste almeno una radice, ma, non potendosi applicare in tale intervallo il primo teorema di unicità della radice, non era possibile affermare con certezza l’unicità di tale soluzione. f ( x) = x 2 − 2 − ln x , è: Osserviamo ora che, ponendo f ′( x) = 2 x − f ′′( x) = 2 + Quindi risulta, per qualunque applicare all’intervallo 1 2 ;1 e x≠0 1 x 1 x2 , f ′′( x) > 0 . Possiamo quindi il secondo teorema di unicità della radice, e affermare che in tale intervallo la nostra equazione ammette una ed una sola soluzione. 3.3 Dimostrazione dell’ esistenza del TIR La maggior parte delle funzioni DCF,che rappresentano un investimento, hanno la seguente forma: DCF( i ) = −C 0 + C1v + C 2 v 2 + K + C n v n Dove: - ( −C 0 ) rappresenta l’esborso iniziale e quindi, ovviamente, è una somma negativa; 18 - (C1 ; C 2 ;KC n ) rappresentano gli introiti che derivano dall’investimento che sono costituiti da somme positive; -e v= 1 (1 + i ) è il fattore di attualizzazione. Poniamo f (v) = DCF( i ) = −C 0 + C1v + C 2 v 2 + K + C n v n Prendendo l’intervallo (0;1) , avremo che negli estremi di tale intervallo, la f (v) assume valori discordi in segno: f ( 0) = −C 0 < 0 f (1) = −C 0 + C1 + C 2 + K + C n > 0 Avremo quindi che, per il teorema di esistenza della radice, nell’intervallo (0;1) è contenuta almeno una radice della funzione f (v) . Inoltre si ha f ′(v) = 0 + C1 + 2C 2 v + 3C 3 v 2 + K + nC n v n−1 > 0 f ′′(v) = 2C 2 + 6C 3 v + K + n(n − 1)C n v n − 2 > 0 Quindi, per i teoremi di unicità della radice prima analizzati, f (v) ammette un'unica soluzione nell’intervallo (0;1) . Di conseguenza sapendo che la v esiste ed è unica nell’intervallo considerato, possiamo ricavarci il TIR che sarà: i = TIR = Quando v = 0 avremo che i= 1− 0 0 Quando v = 1 avremo che i= 1−1 1 1− v v quindi i → ∞ quindi i = 0 Cioè il TIR esiste de è unico. In questi casi, cioè: nel caso di un investimento con un unico costo iniziale (C 0 < 0) e successivi introiti positivi C k > 0 ∀k ≥ 1 ; 19 e nel caso di un finanziamento con una sola entrata iniziale e successive uscite C k < 0 ∀k ≥ 1 (per cui f (0) > 0; f (1) < 0 e f ′(v) < 0; f ′′(v) < 0 ); è consolidata tendenza a considerare efficace e significativo il criterio del TIR: negli altri casi, anche i maggiori estimatori del TIR, ritengono che esso risulti totalmente inefficiente. 3.4 Metodo di Bisezione Si voglia risolvere l’equazione xe x − 1 = 0 Sappiamo già, dagli esempi precedenti, che nell’intervallo (0;1) è contenuta una e una sola radice di tale equazione. Perciò indicando con x la soluzione da determinarsi, sarà: 0 < x <1 Quindi (0;1) è un intervallo di indeterminazione per x , e i valori 0 e 1 ne sono approssimazioni, rispettivamente per difetto e per eccesso. Per migliorare tali approssimazioni consideriamo il punto medio, m = 0.5 , dell’intervallo (0;1) . Si ha, posto f ( x) = xe x − 1 : f ( 0) = − 1 < 0 f (0.5) ≅ −0.17563 < 0 f (1) = e − 1 > 0 y = xe x − 1 20 y 0.75 0.5 0 1 0.625 x Fig. 3.4.1 Metodo di Bisezione È quindi evidente che la soluzione x cade nell’intervallo (0.5;1) , poiché negli estremi di questo, la f (x) assume valori discordi. Perciò l’intervallo (0.5;1) è un nuovo intervallo di indeterminazione per la soluzione x della nostra funzione: 0 .5 < x < 1 e i valori 0.5 e 1 sono approssimazioni di x , evidentemente migliori delle precedenti. Per migliorarle ulteriormente, possiamo considerare ancora il punto medio dell’intervallo (0.5;1) : 0 .5 + 1 = 0.75 2 Calcolando f ( x) in tale punto e negli estremi dell’intervallo si ha: f (0.5) ≅ −0.17563 < 0 f (0.75) ≅ 0.58775 > 0 f (1) = e − 1 > 0 Poiché negli estremi dell’intervallo (0.5;0.75) f ( x) assume valori di segno opposto, la soluzione x è contenuta in tale intervallo: 21 0.5 < x < 0.75 Possiamo continuare il procedimento descritto fino a raggiungere una precisione prefissata: desiderando un risultato esatto fino alla terza cifra decimale, si avrà, dopo quattordici iterazioni del metodo descritto: 0 < x <1 0 .5 < x < 1 0.5 < x < 0.75 M M M 0.56689 < 0.56714 < M M M M M M x < 0.56738 x < 0.56738 Possiamo perciò assumere il valore 0.567 come approssimazione, esatta fino alla terza cifra decimale, della soluzione dell’equazione xe x − 1 = 0 . 3.5 Metodo delle Secanti o delle corde Sia f (x) una funzione definita e continua nell’intervallo chiuso [a; b] , e si supponga che negli estremi di tale intervallo la funzione assuma valori, f (a ) e f (b) , discordi in segno. Infine si supponga che nell’intervallo aperto ( a; b ) la derivata seconda f ′′(x) esista e sia sempre positiva o sempre negativa. Com’è noto, in tali ipotesi, l’equazione f ( x) = 0 Ammette una ed una sola soluzione nell’intervallo (a; b) . allo scopo di determinarne un’approssimazione, tracciamo il grafico di y = f (x) nell’intervallo che stiamo considerando e congiungiamone i punti estremi, A(a; f (a)) e B(b; f (b)) , con un segmento. 22 L’ascissa x1 del punto d’intersezione di tale segmento con l’asse delle ascisse può essere considerata come una prima approssimazione della soluzione x della nostra equazione. y B a x1 x2 x3 b 0 x A Fig. 3.5.1 Metodo delle Secanti Per calcolare x1 , scriviamo l’equazione della retta passante per i punti A e B: x−a y − f (a) = b − a f (b) − f (a ) L’ascissa del punto di intersezione di tale retta con l’asse delle x si ottiene sostituendo y = 0 in questa equazione: x−a 0 − f (a) b−a = → x=a− f (a) b − a f (b) − f (a ) f (b) − f (a ) E quindi si ha x1 = a − b−a f (a) f (b) − f (a ) 23 Supponiamo ora, per fissare le idee, che sia f ′′( x) > 0 in (a; b) , e che risulti f (a ) < 0 e f (b) > 0 . In tali ipotesi si potrebbe dimostrare (e del resto non è difficile osservando la figura) che risulta: a < x1 < b E che la radice x dell’equazione è contenuta nell’intervallo (x1 ; b ) . Possiamo pertanto applicare nuovamente il procedimento descritto all’intervallo (x1 ; b ) , per avere una seconda approssimazione x 2 . Si ottiene: x 2 = x1 − b − x1 f ( x1 ) f (b) − f ( x1 ) E risulta: con x ∈ (x 2 ; b ) a < x1 < x 2 < b Continuando in questo modo si costruisce una successione {x n } così definita: x0 = a b − xn = − x x f ( x ) n + 1 n n f (b) − f ( x n ) (1) Per le considerazioni prima svolte, si avrà: a = x0 < x1 < x 2 < K < b La successione {x n } è limitata e dunque converge a un limite c ; si ha quindi: lim x n = c n → +∞ Passando al limite in entrambi i membri della (1), si ha: b − xn lim x n +1 = lim x n − f ( x n ) n → +∞ n → +∞ f (b) − f ( x n ) → 24 →c=c− b−c f (c ) → f (c ) = 0 → c = x f (b) − f (c) Perciò il limite della successione {x n } è la soluzione x della f ( x) = 0 . Possiamo considerare ciascuno dei valori x n come un’approssimazione di x , affetta da un errore pari a x − x n . Per definizione di limite, tale errore può sempre essere reso minore di una qualsiasi quantità positiva prefissata, a condizione di prendere n abbastanza grande. È importante rilevare che le nostre considerazioni sono state svolte nel caso in cui è f ′′( x) > 0 in (a; b) , f (a ) < 0 e f (b) > 0 . La (1) è valida anche nel caso in cui sia f ′′( x) < 0 , f (a) > 0 e f (b) < 0 . In altri casi, invece, la (1) andrà così modificata: x0 = b a − xn x = x − f ( x ) n + 1 n n f ( a ) − f ( xn ) (2) Si può ricorrere a questa regola mnemonica: il metodo parte dall’estremo in cui la funzione ha segno opposto a quello della derivata seconda: cioè se risulta f ′′( x) * f (a ) < 0 , si pone x0 = a e si applica la (1), se invece f ′′( x) * f (a ) > 0 si pone x0 = b e si applica la (2). In ogni caso si ottiene una successione {x n } , convergente alla soluzione della f ( x) = 0 . Se tale successione è crescente, risulta costituita da approssimazioni per difetto della soluzione x ; se invece è decrescente, i valori x n sono approssimazioni per eccesso di x . 25 Esempio Consideriamo nuovamente l’equazione x 2 − 2 − ln x = 0 Come si è detto ammette una radice nell’intervallo nell’intervallo ( 2 ;2 ) 1 2 e ;1 e una . Vogliamo determinare un’approssimazione di quest’ultima . Cominciamo ponendo f ( x) = x 2 − 2 − ln x Risulta 1 f ( 2 ) = ( 2 ) 2 − 2 − ln 2 = − ln 2 ≅ −0.346574 < 0 2 f (2) = 4 − 2 − ln 2 = 2 − ln 2 ≅ 1.30685 > 0 Inoltre si ha f ′( x) = 2 x − 1 x e f ′′( x) = 2 + 1 x2 Si ha f ′′( x) > 0 per qualunque valore di x appartenente al dominio della funzione ( x > 0) . Possiamo perciò costruire una successione di approssimazioni della soluzione della funzione, applicando il metodo delle secanti. Poiché risulta f ′′( x) * f (a ) = f ′′( x) * f ( 2 ) < 0 , il metodo parte da x0 = a = 2 e avremo, dalla (1): x0 = 2 2 − xn xn+1 = xn − f (2) − f ( x ) f ( xn ) n Otteniamo 26 x1 = 2 − 2− 2 f (2) − f ( 2 ) f ( 2) ≅ 2 − 2− 2 (−0.346574) ≅ 1.537 1.30685 + 0.346574 Essendo f (1.537) ≅ −0.067463 , si ha poi x 2 = x1 − 2 − x1 2 − 1.537 f ( x1 ) ≅ 1.537 − (−0.067463) ≅ 1.55973 f (2) − f ( x1 ) 1.30685 + 0.067463 Proseguendo in questo modo, si ha: x3 = x 2 − 2 − x2 2 − 1.55973 f ( x 2 ) ≅ 1.55973 − (−0.011755) ≅ 1.56365 f (2) − f ( x 2 ) 1.30685 + 0.011755 x 4 ≅ 1.56432 x5 ≅ 1.56444 x6 ≅ 1.56446 Come si vede, le prime quattro cifre dopo la virgola si sono “stabilizzate”. È perciò ragionevole assumere il valore 1.56446 come approssimazione, esatta fino alla quarta cifra decimale, della soluzione dell’equazione x 2 − 2 − ln x = 0 , nell’intervallo ( ) 2 ;2 . 3.6 Metodo delle tangenti o di Newton Il metodo delle tangenti, o di Newton, è concettualmente simile al metodo delle secanti prima trattato. Anche in questo caso si costruisce una successione di approssimazioni della soluzione dell’equazione f ( x) = 0 da risolvere. Per determinare ciascuna di tali approssimazioni si sostituisce al grafico di y = f ( x) una retta, di cui si cerca poi l’intersezione con l’asse delle x; ma,mentre nel caso del metodo delle secanti, tale retta era una secante della curva di equazione y = f ( x) , nel metodo di Newton essa è una tangente alla curva. 27 Si debba risolvere l’equazione f ( x) = 0 Supponiamo che siano verificate tutte le ipotesi già fatte nell’esporre il metodo delle secanti: f (x) sia definita e continua in un intervallo [a; b] , f (a) e f (b) siano discordi e f ′′(x) esista e sia in (a; b ) sempre positiva o sempre negativa. Sotto tali ipotesi, per il secondo teorema di unicità della radice, l’equazione ha un'unica soluzione in (a; b ) . Per fissare le idee, si supponga che sia f ′′( x) > 0 in f (a ) < 0, f (b) > 0 e che sia (a; b ) . y B (b;f(b)) B1 (x1;f(x1)) B2 (x2;f(x2)) b a 0 x3 x2 x1 x Fig. 3.6.1 Metodo di Newton Dopo aver disegnato la curva di equazione y = f (x) , possiamo determinare una prima approssimazione della soluzione x , tracciando la tangente alla curva nel suo punto B (b; f (b)) e cercandone l’intersezione con l’asse delle x. L’ascissa, x1 , di questo punto si può calcolare scrivendo l’equazione della tangente e ponendo in essa y = 0 . l’equazione di tale tangente è: y − y B = m( x − x B ) → y − f (b) = f ′(b)( x − b) 28 Ponendo y = 0 nell’ultima equazione, si ottiene x1 : 0 − f (b) = f ′(b)( x1 − b) → x1 = b − f (b) f ′(b) Risulta, ovviamente: a < x1 < b Volendo migliorare questa approssimazione, possiamo ripetere il ragionamento esposto, applicandolo al punto B1 ( x1 ; f ( x1 )) anziché al punto B. si ottiene una nuova approssimazione x 2 : x 2 = x1 − f ( x1 ) f ′( x1 ) E risulta: a < x 2 < x1 Continuando in questo modo si costruisce una successione {x n } così definita: x0 = b f ( xn ) xn+1 = xn − f ′( x ) n (3) E si avrà a < K < x 2 < x1 < x0 = b La successione {x n } è limitata e dunque converge a un limite c ; si ha quindi: lim x n = c n → +∞ Passando al limite in entrambi i membri della (3), si ha: b − xn lim x n +1 = lim x n − f ( x n ) n → +∞ n → +∞ f (b) − f ( x n ) → c=c− f (c ) → f (c ) = 0 f ′(c) 29 Quindi il limite della successione {x n } è la soluzione, x , della f ( x) = 0 . Possiamo considerare ciascuno dei valori x n come approssimazione di x , affetta da un errore pari a x − x n . Per definizione di limite, tale errore può sempre essere reso minore di una qualsiasi quantità positiva prefissata, a condizione di prendere n abbastanza grande. È importante rilevare che le nostre considerazioni sono state svolte nel caso in cui è f ′′( x) > 0 in (a; b) , f (a ) < 0 e f (b) > 0 . La (3) è valida anche nel caso in cui sia f ′′( x) < 0 , f (a) > 0 e f (b) < 0 . In altri casi, il metodo delle tangenti andrà applicato prendendo x0 = a . In pratica si procede così: se risulta f ′′( x) * f (a ) < 0 , si pone x0 = b , se invece è f ′′( x) * f (a ) > 0 si prende x0 = a .In altre parole il metodo parte dall’estremo in cui la funzione ha lo stesso segno della derivata seconda. Si ottiene in ogni caso una successione {x n } , convergente alla soluzione della f ( x) = 0 . Se tale successione è crescente, risulta costituita da approssimazioni per difetto della soluzione x ; se invece è decrescente, i valori x n sono approssimazioni per eccesso di x . Esempio Applichiamo il metodo di Newton per ritrovare la soluzione dell’equazione Nell’intervallo ( ) x 2 − 2 − ln x = 0 2 ;2 , già calcolata nell’esempio precedente col metodo delle secanti. Posto f ( x) = x 2 − 2 − ln x 30 Risulta f ′( x) = 2 x − Essendo f ′′( x) > 0 1 f ( 2 ) = − ln 2 < 0 2 è 1 x 1 x2 f ′′( x) = 2 + e per qualunque valore di f ′′( x) * f ( 2 ) < 0 x∈ ( 2 ;2 ) e e quindi assegniamo a x0 il valore 2. Calcoliamo x1 : x1 = x0 − f ( x0 ) f ′( x 0 ) Poiché è x0 = 2 e f (2) ≅ 1.30685 e f ′(2) = 3.5 , risulta: x1 ≅ 2 − 1.30685 → x1 ≅ 1.62661 3 .5 Calcoliamo x 2 : x 2 = x1 − f ( x1 ) f (1.62661) ≅ 1.62661 − f ′( x1 ) f ′(1.62661) Sostituendo x 2 ≅ 1.62661 − 0.159362 → x 2 ≅ 1.56621 2.63844 Proseguendo allo stesso modo, si ha x3 ≅ 1.56446 x 4 ≅ 1.56446 Come si vede, le prime cinque cifre dopo la virgola si sono “stabilizzate”. È perciò ragionevole assumere il valore 1.56446 come approssimazione, esatta fino alla quinta cifra decimale, della soluzione dell’equazione x 2 − 2 − ln x = 0 , nell’intervallo ( ) 2 ;2 . Confrontando questi risultati con quelli ottenuti con il metodo delle secanti, si può notare una convergenza più rapida. 31 Capitolo 4 Applicazioni per il calcolo del TIR Terminiamo l’analisi del TIR attraverso il seguente esempio. Abbiamo due possibili investimenti: (I1 ) Versare oggi 100000 € ed ottenere 27000 € alla fine di ciascuno dei prossimi 8 anni; (I 2 ) Versare oggi 100000 € ed ottenere 20000 € alla fine dei prossimi 7 anni e 110000 € alla fine dell’ottavo anno. Stabilire quale dei due progetti è più conveniente utilizzando il criterio del TIR. Svolgimento: - la funzione DCF del primo investimento (I 1 ) è: V1 (v ) = −100000 + 27000v + 27000v 2 + 27000v 3 + 27000v 4 + 27000v 5 + 8 + 27000v 6 + 27000v 7 + 27000v 8 Essendo, le somme positive, tutte dello stesso importo (27000) la funzione risulta abbastanza semplice. Proviamo a calcolarci direttamente il TIR, senza doverci calcolare prima i = TIR = v e poi, di conseguenza, 1− v . v Essendo 1− vn R i = Rv + Rv 2 + K + Rv n 32 Possiamo scrivere la funzione DCF come: 1 1− 8 1 + i) ( V1 (i ) = −100000 + 27000 i Cioè V1 (i ) = −100000 + 27000 27000v 8 27000 27000 − = −100000 + − i i i i (1 + i ) 8 Per trovare il TIR poniamo DCF = 0 : V1 (i ) = 100000 + 27000 27000 − =0 i i (1 + i ) 8 Avremo: − 100000(1 + i ) i + 27000(1 + i ) − 27000 = 0 8 8 Cioè: f (i ) = 100000 (1 + i )8 i − (1 + i )8 + 1 = 0 27000 Volendo scrivere un’equazione generale per trovare il TIR per gli investimenti di questo tipo (unico esborso iniziale V0 ; successive n rate costanti di importo R ), si avrà: f (i ) = V0 (1 + i )n i − (1 + i )n + 1 = 0 R (4) Supponiamo di volerci calcolare il TIR utilizzando il metodo di Newton; come sappiamo dobbiamo prima trovare la derivata prima f ′(i ) della nostra funzione. 33 Esprimiamo la (4) nella forma: (1 + i )n V0 i − 1 + 1 = 0 R A questo punto è semplice trovare la derivata che sarà: n −1 V n V f ′(i ) = n(1 + i ) 0 i − 1 + (1 + i ) 0 + 0 = R R = (1 + i ) n −1 = (1 + i ) V0 V0 n R i − 1 + R (1 + i ) = n −1 V0 V0 V0 R ni − n + R + R i V n −1 V f ′(i ) = (1 + i ) 0 i (1 + n ) + 0 − n R R (5) Sostituendo i valori del nostro esempio, avremo: 100000 7 100000 7 f ′(i ) = (1 + i ) 9i + − 8 ≅ (1 + i ) [33.3333i − 4.2963] 27000 27000 Per poter applicare il metodo di Newton dobbiamo trovare un intervallo nei cui estremi la funzione assuma valori discordi in segno. Osserviamo che nella derivata prima f ′(i ) , il termine (1 + i )n−1 è positivo (essendo il tasso i >0); il segno dipenderà dal secondo termine V0 V 0 R i (1 + n ) + R − n ; perciò la derivata prima si annulla in: V0 V 0 R i (1 + n ) + R − n = 0 → imin = n− V0 R V0 (1 + n ) R 34 Che risulta essere punto di minimo. 100000 27000 ≅ 0.1289 = 100000 (1 + 8) 27000 8− Nel nostro caso imin Sostituendo imin = i avremo: f (imin ) = 100000 (1 + imin )8 imin − (1 + imin )8 + 1 ≅ −0.3785 < 0 27000 R V0 Notiamo poi che la nostra funzione nel punto è esattamente uguale a 1, cioè: R f V0 100000 R 1 + = 27000 V0 8 R R − 1 + V0 V0 8 + 1 = 1 > 0 Ponendo i = TIR , ora sappiamo che: n− V0 R V0 (1 + n ) R <i < R V0 Nel nostro caso: 0.1289 < i < 0.27 Poiché, come abbiamo già visto, f ′′(i ) > 0 f ′′(i ) * f (a = 0.1289) < 0 : per cui poniamo i0 = b = 0.27 , avremo che che prenderemo come prima approssimazione (per eccesso) e applichiamo il metodo di Newton: i0 = b = 0.27 f (i n ) in +1 = i n − f ′(i ) n 35 i1 = 0.27 − f (0.27) 1 = 0.27 − ≅ 0.2301 f ′(0.27) 25.0648 i2 = 0.2301 − 0.2253 ≅ 0.2144 14.3776 i3 = 0.2144 − 0.0259 ≅ 0.212067 11.1028 i4 = 0.2120 − − 0.0002 ≅ 0.212018 10.6427 Abbiamo trovato la soluzione che è i = TIR1 ≅ 21.20% In alternativa avremmo potuto trovare un’approssimazione della soluzione applicando il metodo di bisezione. R Partendo dall’intervallo imin ; cioè (0.1289;0.27 ) abbiamo (come già V0 visto) : f (i min ) ≅ −0.3785 < 0 ∧ R f V0 = 1 > 0 Prendiamo il punto medio di questo intervallo 1) m1 = 0.1289 + 0.27 = 0.19945 2 E notiamo che: f (m1 ) ≅ −0.1194 < 0 Di conseguenza abbiamo un intervallo migliore (0.19945;0.27) che contiene la soluzione. 36 Possiamo continuare il procedimento: m2 = 2) 0.19945 + 0.27 ≅ 0.234725 2 f (m2 ) ≅ 0.2942 > 0 (0.19945;0.2347) Il nostro nuovo intervallo sarà: m3 = 3) 0.19945 + 0.2347 ≅ 0.217088 2 f (m3 ) ≅ 0.0564 > 0 (0.19945;0.2171) Il nostro nuovo intervallo sarà: m4 = 4) 0.19945 + 0.2171 ≅ 0.208269 2 f (m4 ) ≅ −0.0386 < 0 (0.2082;0.2171) Il nostro nuovo intervallo sarà: m5 = 5) 0.2082 + 0.2171 ≅ 0.212679 2 f (m5 ) ≅ 0.007069 > 0 (0.2082;0.2126) Il nostro nuovo intervallo sarà: m6 = 6) 0.2082 + 0.2126 ≅ 0.210474 2 f (m6 ) ≅ −0.01622 < 0 Il nostro nuovo intervallo sarà: (0.2104;0.2126) 37 0.2104 + 0.2126 ≅ 0.211577 2 m7 = 7) f (m7 ) ≅ −0.00469 < 0 (0.2115;0.2126) Il nostro nuovo intervallo sarà: m8 = 8) 0.2115 + 0.2126 ≅ 0.212128 2 f (m8 ) ≅ 0.001168 > 0 (0.2115;0.2121) Il nostro nuovo intervallo sarà: m9 = 9) 0.2115 + 0.2121 ≅ 0.211853 2 f (m9 ) ≅ −0.00176 < 0 (0.2118;0.2121) Il nostro nuovo intervallo sarà: m10 = 10) 0.2118 + 0.2121 ≅ 0.211991 2 f (m10 ) ≅ −0.0003 < 0 (0.211991;0.2121) Il nostro nuovo intervallo sarà: m11 = 11) 0.2119 + 0.2121 ≅ 0.21206 2 f (m11 ) ≅ 0.000437 > 0 Il nostro nuovo intervallo sarà: (0.211991;0.21206) 38 m12 = 12) 0.2119 + 0.21206 ≅ 0.212026 2 f (m12 ) ≅ −0.0000753 < 0 (0.212026;0.21206) Il nostro nuovo intervallo sarà: m13 = 13) 0.212026 + 0.21206 ≅ 0.212043 2 Anche se con un numero maggiore di iterazioni, siamo arrivati alla stessa approssimazione, esatta fino alla quarta cifra decimale, della soluzione che è TIR1 ≅ 21.20%. - la funzione DCF del secondo investimento (I 2 ) è: V2 (v) = −100000 + 20000v + 20000v 2 + 20000v 3 + 20000v 4 + 20000v 5 + + 20000v 6 + 20000v 7 + 110000v 8 Uguagliamo a 0 per trovare il TIR e dividiamo entrambi i membri dell’equazione per 20000: f (v ) = −5 + v + v 2 + v 3 + v 4 + v 5 + v 6 + v 7 + 5.5v 8 = 0 La derivata prima sarà: f ′(v ) = 1 + 2v + 3v 2 + 4v 3 + 5v 4 + 6v 5 + 7v 6 + 44v 7 Sapendo che nell’intervallo (0;1) esiste un'unica soluzione di v e che f (0) < 0 , f (1) > 0 e f ′′(v ) > 0 , avremo che f ′′(v) * f (a = 0) < 0 : per cui 39 poniamo v0 = b = 1 che prenderemo come prima approssimazione (per eccesso) e applichiamo il metodo di Newton: v0 = b = 1 f (v n ) v n +1 = v n − f ′(v ) n v1 = 1 − f (1) 7 .5 = 1− ≅ 0.8958 f ′(v ) 72 v 2 = 0.8958 − 1.89811 ≅ 0.8468 38.73934 v3 = 0.8468 − 0.25577 ≅ 0.8379 28.77593 v 4 = 0.8379 − 0.00648 ≅ 0.837662 27.2586 v5 = 0.837662 − − 0.0016875 ≅ 0.837662 27.208873 Un’approssimazione, esatta fino alla sesta cifra decimale, della soluzione v è 0.837662. La soluzione i = TIR = 1− v v corrispondente è TIR2 = 1 − 0.837662 ≅ 0.837662 19.38% In alternativa avremmo potuto trovare un’approssimazione della soluzione applicando il metodo delle secanti. 40 Sempre per le stesse considerazioni fatte per il precedente metodo utilizzato ( f ′′(v) * f (a = 0) < 0 ), poniamo: v0 = a = 0 b − vn ( ) = − v v f v n n n+1 f (b ) − f (v n ) dove b = 1 avremo: v1 = 0 − 1− 0 1 f (0 ) = 0 − (− 5) = 0.4 f (1) − f (0 ) 7 .5 + 5 v 2 = 0 .4 − 1 − 0 .4 (− 4.3308) ≅ 0.619638 7.5 + 4.3308 v3 = 0.619638 − 1 − 0.619638 (− 3.30853) ≅ 0.736068 7.5 + 3.30853 v 4 = 0.736068 − 1 − 0.736068 (− 2.0637 ) ≅ 0.79302 7.5 + 2.0637 v5 = 0.79302 − 1 − 0.79302 (− 1.06404) ≅ 0.818736 7.5 + 1.06404 v6 = 0.818736 − 1 − 0.818736 (− 0.48658) ≅ 0.829779 7.5 + 0.48658 v7 = 0.829779 − v8 = 0.834405 − 1 − 0.829779 (− 0.2095) ≅ 0.834405 7.5 + 0.2095 1 − 0.834405 (− 0.08778) ≅ 0.836321 7.5 + 0.08778 41 v9 = 0.836321 − 1 − 0.836321 (− 0.03635) ≅ 0.837111 7.5 + 0.03635 v10 = 0.837111 − 1 − 0.837111 (− 0.01497 ) ≅ 0.837436 7.5 + 0.01497 v11 = 0.837436 − 1 − 0.837436 (− 0.00615) ≅ 0.837569 7.5 + 0.00615 v12 = 0.837569 − 1 − 0.837569 (− 0.00253) ≅ 0.837624 7.5 + 0.00253 v13 = 0.837624 − 1 − 0.837624 (− 0.00103) ≅ 0.837646 7.5 + 0.00103 Con un numero maggiore di iterazioni, rispetto al metodo di Newton, siamo arrivati ad un’approssimazione, esatta fino alla quarta cifra decimale, della soluzione v che è 0.8376. La soluzione i = TIR = 1− v v corrispondente è TIR2 ≅ 19.38% 42 Capitolo 5 TAN & TAEG Una utile applicazione del TIR si ha nella valutazione delle offerte di vendita con pagamenti rateizzati: il calcolo del TIR in questo caso prende il nome di TAN (Tasso Annuo Nominale) o di TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) a seconda di quali pagamenti vengono considerati Il TAN rappresenta il TIR dell’operazione calcolato sul prezzo di listino senza considerare eventuali spese aggiuntive previste dal contratto; quindi è la soluzione dell’equazione: n S − ∑ Rk (1 + i ) −t k =0 k =1 Dove S è il prezzo di listino (cioè il capitale finanziato) mentre Rk sono gli importi delle rate pagate alle epoche t k . Il TAEG invece rappresenta il TIR dell’operazione tenendo conto anche delle spese aggiuntive previste dal contratto (ad esempio le spese d’istruttoria); quindi è la soluzione dell’equazione: n S − C − ∑ Rk (1 + i ) −tk =0 k =1 Dove C sono le spese aggiuntive. 43 Esempio Consideriamo un mutuo di 10000 € della durata di 8 anni. Le rate sono tutte di importo pari a 1547.22 € e ipotizziamo che al mutuato siano addebitate: - 300 € spese su perizia - 100 € spese per istruttoria bancaria - Ogni rata gravata di 10 € di spese d’incasso - Ogni rata gravata di ulteriori 20 € per spese varie Calcolare TAN e TAEG. - TAN La nostra DCF è: 1 1− (1 + i )8 V (i ) = −10000 + 1547.22 i Poniamo V0 = 10000 , R = 1547.22 e n = 8 ; allora secondo la (4) avremo che: f (i ) = 10000 (1 + i )8 i − (1 + i )8 + 1 = 0 1547.22 Invece, secondo la (5), avremo che: 10000 7 10000 f ′(i ) = (1 + i ) i (1 + 8) + − 8 1547.22 1547.22 Possiamo pertanto applicare il metodo di Newton per trovare il TAN. 44 Come già studiato, utilizzeremo come prima approssimazione (per eccesso) i0 = b = R 1547.22 = = 0.154722 : V0 10000 i0 = b = 0.154722 f (in ) = − i i n +1 n f ′(i ) n i1 = 0.154722 − f (0.154722) 1 = 0.154722 − ≅ 0.105774 f ′(0.154722) 20.42996 i2 = 0.102774 − 0.292848 ≅ 0.074389 9.331007 i3 = 0.074389 − 0.078208 ≅ 0.057428 4.611004 i4 = 0.057428 − 0.01703089 ≅ 0.0510413 2.6664547 i5 = 0.0510413 − i6 = 0.0500258 − 0.0020609 ≅ 0.0500258 2.0293154 0.000049269 ≅ 0.050000314 1.93249 Possiamo ritenere che la soluzione è TAN ≅ 5% - TAEG Il DCF, tenendo conto delle spese aggiuntive previste dal contratto, diventerà: 45 1 1− 8 ( 1 + i) V (i ) = −10000 + (300 + 100 ) + (1547.22 + 10 + 20 ) i Cioè 1 1− (1 + i )8 V (i ) = −9600 + 1577.22 i Poniamo V0 = 9600 , R = 1577.22 e n = 8 ; allora secondo la (4) avremo che: f (i ) = 9600 (1 + i )8 i − (1 + i )8 + 1 = 0 1577.22 Ponendo i = TAEG , sappiamo, dagli studi precedenti, che: n− V0 R V0 (1 + n ) R <i < R V0 Cioè, nel nostro esempio: 0.034927778 < i < 0.16429375 Proviamo ad applicare il metodo delle secanti per trovare il TAEG. Come già studiato, utilizzeremo come prima approssimazione (per difetto) i0 = a = n− V0 R V0 (1 + n ) R ≅ 0.034927778 : 46 i0 = a = 0.034927778 b − in i n+1 = in − f (b ) − f (i ) f (in ) n dove b = 0.16429375 avremo: i1 = 0.034927778 − 0.16429375 − 0.034927778 (− 0.036285) ≅ 0.039457 1 + 0.036285 i2 = 0.039457 − 0.16429375 − 0.039457 (− 0.0355559) ≅ 0.043743 1 + 0.0355559 i3 = 0.043743 − 0.16429375 − 0.043743 (− 0.033468) ≅ 0.047647 1 + 0.033468 M M M M M i30 ≅ 0.065079 i31 ≅ 0.065081 i32 ≅ 0.065083 Possiamo ritenere che la soluzione è TAEG ≅ 6.51% 47 Conclusioni IL VAN è il criterio più utilizzato nella valutazione di progetti finanziari. Come abbiamo osservato, però, non è esente da difetti: il più evidente è la soggettività nella scelta del tasso i 0 , per cui operatori diversi possono pervenire, nella valutazione degli stessi progetti, a conclusioni diverse. Inoltre il VAN si basa sull’ipotesi che, per tutta la durata del progetto sarà possibile investire i capitali al tasso i e ciò è, ovviamente, assai improbabile.. Un tentativo per cercare di rendere oggettivo il calcolo di i è l’utilizzo di una media ponderata dei tassi che rappresenterebbero i costi del capitale, di differenti provenienze, investito nel progetto. Tale tasso medio è detto usualmente WACC (Weighted Average Cost of Capital). In prima analisi, il criterio del TIR appare rispondere in pieno ai requisiti richiesti: è interamente oggettivo, poiché, in base ad esso, operatori diversi, nella stessa situazione, giungono di necessità alle stesse conclusioni (ciò che invece non accadeva con il criterio del VAN) e si fonda esclusivamente sulle caratteristiche intrinseche dei progetti da confrontare. Ad un esame più approfondito emergono anche i difetti di tale criterio. Ha senso dichiarare che svolgere un’operazione avente TIR = i , equivale ad impiegare gli stessi capitali a questo tasso in quanto se i annulla il DCF, ciò vuol dire che esso rende il montante delle entrate uguale a quello delle uscite: dunque, se fino alla fine dell’operazione i capitali si possono investire al tasso i , compiere l’operazione o investire al di fuori di essa dà gli stessi risultati. Come si vede, la logica sottesa alla nozione di TIR è la stessa che da senso a quella del VAN, e ne condivide dunque il difetto di fondo: che è 48 quello di ipotizzare l’esistenza di un tasso unico costante per una durata anche notevole. Per quanto riguarda i metodi per la risoluzione approssimata di equazioni, in assoluto, il metodo che converge più rapidamente verso la soluzione è certamente il metodo di Newton. Di conseguenza per il tipo di equazioni considerato, è il metodo più efficace. In alcuni casi però è preferibile utilizzare il metodo delle secanti poiché non comporta l’utilizzo della derivata prima della funzione e può risultare, per questo motivo, maggiormente preciso. 49