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Criteri di scelta degli investimenti

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Criteri di scelta degli investimenti
Criteri di scelta
degli investimenti
Materiale didattico per il corso di
matematica finanziaria II modulo
1
Introduzione
La presente trattazione si pone come obiettivo di analizzare i due
principali criteri di scelta degli investimenti e dei finanziamenti per
valutare la convenienza tra due o più operazioni finanziarie.
Si tratterà di operazioni progettate poiché il loro flusso di cassa non è
osservato ma solo previsto.
Si è supposto che i relativi importi siano noti con certezza e, allo stesso
modo, siano note con certezza le scadenze temporali di pagamento.
Ci si limiterà a considerare operazioni finanziarie “discrete” ossia tali
che i movimenti di denaro avvengano ciascuno in un determinato istante.
Il primo criterio analizzato sarà il Valore Attuale Netto (VAN) che
esprime la somma algebrica delle entrate e delle uscite attualizzate
attraverso l’utilizzo di un tasso di attualizzazione di riferimento. Tale
criterio si basa sul principio secondo il quale un’iniziativa merita di
essere presa in considerazione solo se i benefici che ne possono derivare
sono superiori alle risorse utilizzate.
Il secondo criterio è il Tasso Interno di Rendimento (TIR o IRR) che,
algebricamente, è il tasso per il quale il VAN risulta nullo.
Il TIR è quel tasso che segnala indifferenza al progetto finanziario e
separa gli intervalli di tassi che fanno ritenere l’operazione conveniente,
da intervalli per i quali l’operazione è svantaggiosa.
Saranno trattati alcuni importanti metodi matematici per la risoluzione
approssimata di equazioni e, inoltre, si è analizzata la loro applicazione
per il calcolo effettivo del TIR.
2
Infine si è descritta una utile applicazione del TIR nella valutazione delle
offerte di vendita con pagamenti rateizzati: il TAN o tasso annuo
nominale e il TAEG cioè il tasso annuo effettivo globale.
Capitolo 1
Le operazioni finanziarie
Le operazioni finanziarie spesso vengono distinte in investimenti e
finanziamenti, entrambi descritti da un flusso di capitali di segno
diverso: gli esborsi da somme negative e gli incassi da somme positive.
La loro distinzione potrebbe essere riferita alle finalità dell’operazione
dato che da un investimento ci si aspetta un guadagno mentre un
finanziamento richiede un costo; in pratica, si procede alla distinzione
separando, per ogni operazione, la successione degli esborsi da quella
degli incassi e procedendo al confronto tra i valori di un opportuno
indice temporale associato a ciascuna di esse.
Dal nostro punto di vista, le operazioni finanziarie vengono considerate
in via preventiva, quando sono allo stadio di operazioni progettate.
Corrispondentemente, il loro flusso di cassa non è osservato, ma solo
previsto. Supporremo tuttavia che i relativi importi siano noti con
certezza, e allo stesso modo, supporremo note con certezza le scadenze
temporali di pagamento.
Ci limiteremo, infine, a considerare operazioni finanziarie “discrete”,
ossia tali che i movimenti di denaro avvengano ciascuno in un ben
determinato istante; non considereremo ,in altre parole, operazioni in cui
siano contemplati flussi continui di capitale in entrata o in uscita.
3
La valutazione degli investimenti è quella attività che viene
effettuata per verificare l'impatto che un determinato progetto di
investimento ha sulla struttura adottante (azienda, ramo d’azienda, ente,
progetto, privato, ecc.), dove per progetto d'investimento si intende un
insieme di attività – produttive o finanziarie – in cui l'azienda o il privato
cittadino impegna disponibilità liquide (costo dell'investimento) con
l'obiettivo di conseguire, in contropartita, un flusso di benefici futuri
complessivamente superiori ai costi sostenuti.
Il problema che viene affrontato dalla valutazione degli
investimenti è, nella sostanza, un problema di scelta: ogni azienda o
privato deve, infatti, prendere delle decisioni d'investimento, dirette ad
allocare ai soli progetti che "creano valore" le limitate risorse disponibili
(fattori produttivi). Per poter risolvere a sistema tale problema di scelta
fra possibili alternative è necessario poter discriminare le diverse
possibilità in base ad un’unità di misura che deve essere in grado di
evidenziare sia la validità dell’iniziativa, sia i correlati effetti economico
– finanziari: è comunemente accettato che l'unità di misura cui fare
riferimento in questo caso sia il valore economico dell’iniziativa.
Il costo di un investimento è dato dai flussi finanziari in uscita – o
minori flussi in entrata – connessi alla sua attuazione; analogamente, i
"benefici" ad esso associati sono costituiti da flussi finanziari in entrata –
ovvero a minori flussi in uscita (dove ritorni e costi futuri sono elementi
di carattere previsionale). In tal modo un'operazione d'investimento può
essere rappresentata da una successione (stimata) di future entrate ed
uscite monetarie denominata "flusso di cassa".
Altro fattore determinante nella valutazione degli investimenti è il
tempo: la rilevanza del fattore tempo dipende da un effetto di carattere
finanziario che lo lega al valore del denaro e secondo cui, a parità di altre
4
condizioni, ad un allungamento dei tempi di rientro delle risorse investite
in un progetto corrisponde una contrazione dei benefici di ordine
finanziario (il trascorrere del tempo introduce, peraltro, un ulteriore
livello d'incertezza nel processo di valutazione in quanto, all'ampliarsi
degli intervalli di riferimento, le previsioni sulle variabili da cui
dipendono i risultati dell'operazione tendono progressivamente a perdere
di significatività ).
Ulteriore elemento essenziale del processo di valutazione è il tasso
d’interesse scelto a riferimento: il tasso d'interesse al quale si
attualizzano i flussi finanziari (in entrata ed in uscita) è denominato
costo opportunità del capitale perché rappresenta un'alternativa alla
quale si rinuncia per intraprendere il particolare progetto d'investimento
analizzato.
Un progetto finanziario è caratterizzato da una sequenza di importi e
dalle opportune scadenze:
{(P0 ; t 0 ); (P1 ; t1 );......... ; (Pn ; t n )}
Verrà definito:
- INVESTIMENTO : se tutte le uscite precedono temporalmente
tutte le entrate.
- FINANZIAMENTO : se tutte le entrate precedono temporalmente
tutte le uscite.
Un’operazione è poi detta semplice se è costituita da una sola entrata
seguita da sole uscite, o – viceversa – da una sola uscita seguita da sole
entrate (rispettivamente nel caso si tratti di un finanziamento o di un
investimento).
Si pensi , per fare qualche esempio, all’operazione consistente nel
concedere un prestito ed incassare poi le annualità previste dal
5
corrispondente piano di rimborso; o a quella - simmetrica – di contrarre
un prestito e procedere poi al suo ammortamento.
Dato il flusso di cassa prevedibilmente associato ad un progetto
d’impresa economica, la differenza tra entrate ed uscite dà,
elementarmente, il guadagno che se ne ricaverà.
In quanto quelle entrate e quelle uscite sono però destinate a manifestarsi
in tempi diversi, è del tutto naturale per noi immaginare di riportarle
finanziariamente ad uno stesso istante.
La funzione che esprime il valore attuale in
t0 = 0
,nella variabile
i
ed in regime di interesse composto, della somma degli importi
Pk = P0 + P1 + ...... + Pn
,
prende il nome di
DISCOUNTED CASH FLOW (DCF)
, cioè
“flusso di cassa scontato”. L’espressione analitica della DCF è:
V (i ) =
n
∑
k =0
Pk v
tk
=
n
Pk
∑ (1 + i )
k =0
tk
Cioè:
V(i ) =
P0
(1 + i )
t0
+
Pn
P1
+ ............. +
t1
(1 + i )
(1 + i ) tn
Attraverso tale funzione cercheremo di capire se è possibile scegliere tra
due diversi progetti finanziari.
6
Capitolo 2
Valore Attuale Netto e
Tasso Interno di Rendimento
2.1 VAN
La somma algebrica delle entrate e delle uscite attualizzate attraverso
l’utilizzo di un tasso di attualizzazione di riferimento, rappresenta il
Valore Attuale Netto del progetto d’investimento (in inglese Net
Present Value) anche noto sotto l’acronimo REA cioè Risultato
Economico Atteso.
V( i0 ) = VAN ( i0 )
rappresenta il DCF valutato in
i = i0
Il ricorso al calcolo del VAN si effettua in genere quando vi sia da
scegliere tra più progetti in alternativa: nel caso di investimenti, il
criterio presuppone, ovviamente, che la preferenza vada data a quello
che presenta un VAN maggiore (in senso algebrico: in determinate
circostanze, infatti, il criterio può portare a selezionare l’operazione che
dà luogo alla perdita minore); ovviamente avremo la situazione opposta
(e sceglieremo il VAN minore) nel caso di finanziamenti.
Ma anche in relazione ad un progetto singolarmente considerato il VAN
può servire a dare una specie di giudizio assoluto sulla sua accettabilità:
un VAN negativo corrisponde ad un’operazione per la quale le uscite
sono destinate a superare le entrate.
7
Esempio 2.1
In regime di interesse composto, al tasso
i = 9.5% annuo, è più
conveniente pagare oggi 250 €, oppure 150 € tra 6 mesi e 150 € tra 1
anno ?
Per confrontare le due alternative devo calcolarmi il VAN della seconda
opzione (150 € tra 6 mesi e 150 € tra 1 anno):
Ponendo
v=
1
(1 + i )
0
che è il fattore d’attualizzazione,
150
150
0.5
1
VAN(i =9.5% ) = 150 * v 0.5 + 150 * v = 280.33
Di conseguenza è più conveniente pagare oggi 250 € perché sosterremo
un costo più basso.
Esempio 2.2
Abbiamo due possibili investimenti:
( I1 ) Versare oggi 100000 € e ricevere 10000 € alla fine del primo e
secondo anno e 110000 € alla fine del terzo anno.
( I2 ) Versare oggi 100000 € e ricevere 5000 € alla fine del primo e
secondo anno e 122000 € alla fine del terzo anno.
Stabilire quale dei due progetti è più conveniente utilizzando il criterio
del VAN con un tasso di attualizzazione i0 = 10% .
Calcoliamo le funzioni DCF dei due investimenti:
8
V1 (i ) = −100000 +
10000 10000 110000
+
+
1+ i
(1 + i ) 2 (1 + i ) 3
V2 (i ) = −100000 +
5000
5000 122000
+
+
1 + i (1 + i ) 2 (1 + i ) 3
Ponendo i = i0 = 10% avremo:
VAN 1 (i0 ) = V1 (i0 ) = −100000 +
VAN 2 (i0 ) = V2 (i0 ) = −100000 +
10000
10000
110000
+
+
=0
2
1 + 0.1 (1 + 0.1)
(1 + 0.1) 3
5000
5000
122000
+
+
= 338.09
2
1 + 0.1 (1 + 0.1)
(1 + 0.1) 3
Quindi, poiché
VAN 1 (i0 ) < VAN 2 (i0 )
Segue che il secondo investimento risulterebbe più vantaggioso.
2.2 Critiche al criterio del VAN
I difetti del criterio del VAN sono tanto numerosi quanto evidenti.
La critica maggiore che viene fatta, è la soggettività nella scelta del tasso
i 0 . Infatti, il tasso d’interesse da impiegare nel calcolo dei valori attuali
non è in alcun modo intrinseco al progetto da giudicare, ma è a totale
discrezione dell’operatore che cerca di determinare il VAN. Operatori
diversi possono dunque pervenire, nella valutazione degli stessi progetti,
a conclusioni diverse.
9
C’è, però, di più. Dire che il valore attuale in 0 del capitale
disponibile al tempo t k è
Sk
S k (1 + i ) − tk , vuol dire che si ritiene di poter
investire, da oggi fino al tempo t k , questa somma al tasso i , generando
così appunto il montante S k .
Ciò implica dunque l’ipotesi che, per tutta la durata del progetto ed
indipendentemente dall’ordine di grandezza delle somme in questione, la
realtà offrirà la possibilità di investire i capitali al tasso i
: ipotesi,
evidentemente del tutto irrealistica.
Inoltre il tasso i0 è da intendersi come costo opportunità del denaro per
il decisore. Vari tentativi sono stati fatti per cercare si rendere
“oggettivo” il calcolo di
i0 . Ad esempio l’utilizzo di una media
ponderata dei tassi che rappresenterebbero i costi del capitale, di
differenti provenienze, investito nel progetto. Tale tasso medio è detto
usualmente WACC (Weighted Average Cost of Capital).
2.3 TIR
La nozione di VAN (o REA) di un’ operazione, soffre – e lo abbiamo
segnalato – del grave difetto di non essere intrinseca all’operazione, e
quindi oggettivamente definita.
Si ottiene invece una caratteristica intrinseca ed oggettiva di
un’operazione se – elementarmente parlando – si cerca di rispondere non
alla domanda “quanto essa consentirà di guadagnare” ma a quella “che
tasso d’interesse si ricava dai capitali investititi?”
n
Considerando la nostra funzione DCF
Pk
∑ (1 + i )
k =0
tk
, avremo che :
se esiste un valore di i maggiore di -1 per il quale tale funzione risulta
nulla, e questo valore è unico, allora esso viene detto
TASSO
10
INTERNO DI RENDIMENTO (T.I.R.) (in inglese IRR cioè Internal
Rate of Return).
Il TIR è quel tasso che segnala indifferenza al progetto finanziario e
separa gli intervalli di tassi che fanno ritenere l’operazione conveniente,
da intervalli per i quali l’operazione è svantaggiosa.
Come utilizzare il TIR di due operazioni finanziarie? Fondamentalmente
la regola decisionale è la seguente:
- nel caso di INVESTIMENTI è preferibile quello che ha un TIR
maggiore;
- nel caso di FINANZIAMENTI è preferibile quello che ha un TIR
minore.
Esiste anche una versione “assoluta” del criterio, in base al quale
un’operazione d’investimento (o di finanziamento) va eseguita se il suo
TIR è maggiore (o minore) di un tasso di riferimento prefissato, al quale
si ritiene di poter altrimenti investire le proprie disponibilità (o al quale
si ritiene di potersi altrimenti finanziare).
2.4 Critiche al criterio del TIR
Così formulato il criterio appare rispondere in pieno ai requisiti che ci
eravamo proposti di soddisfare: è interamente oggettivo, poiché, in base
ad esso, operatori diversi, nella stessa situazione, giungono di necessità
alle stesse conclusioni (ciò che invece non accadeva con il criterio del
VAN). Né richiede, da parte di chi voglia applicarlo, alcuna capacità
speciale di previsione sull’andamento futuro del mercato e dei tassi: esso
si fonda, infatti, esclusivamente sulle caratteristiche intrinseche dei
progetti da confrontare.
11
Il tutto è talmente semplice, che il criterio stesso, pur se il suo ambito di
applicazione risulta ridotto al solo confronto tra operazioni dotate di
TIR, ha avuto un successo folgorante.
Ad un esame più approfondito, le ragioni di tale successo appaiono
decisamente inconsistenti.
Abbiamo osservato che il VAN di un’operazione calcolato al tasso i
rappresenta il valore attuale, a quel tasso, del maggior guadagno che
l’operazione permette di conseguire, rispetto all’impiego dei medesimi
capitali al tasso i ; e notato – criticamente – che il fondamento di questo
discorso è che per tutta la durata dell’operazione i capitali siano davvero
investibili a quel tasso: ipotesi, questa, la cui inaccettabilità rende poco
credibile il tutto.
Peraltro, ha senso dichiarare che svolgere un’operazione avente TIR = i
,equivale ad impiegare gli stessi capitali a questo tasso in quanto se i
annulla il DCF, ciò vuol dire che esso rende il montante delle entrate
uguale a quello delle uscite: dunque, se fino alla fine dell’operazione i
capitali si possono investire al tasso i , compiere l’operazione o investire
al di fuori di essa dà gli stessi risultati.
Come si vede, la logica sottesa alla nozione di TIR è la stessa che da
senso a quella del VAN, e ne condivide dunque il difetto di fondo: che è
quello di ipotizzare l’esistenza di un tasso unico costante per una durata
anche notevole.
Comunque noi ci limiteremo all’aspetto matematico anche perché, in
realtà, non esistono tanti altri indicatori che permettono di valutare in
maniera “scientifica” un progetto finanziario.
12
n
Risolvere la funzione
Pk
∑ (1 + i )
k =0
tk
= 0
ed individuare in questo
modo il TIR, significa risolvere un’equazione algebrica si grado elevato.
Occorre, quindi, fare prima alcune considerazioni matematiche:
- affronteremo prima alcuni teoremi per dimostrare l’esistenza
effettiva di una soluzione;
- successivamente studieremo alcuni metodi (i più utilizzati)
iterativi che permettono, in breve tempo, di determinare una
buona approssimazione della soluzione;
- infine applicheremo tali metodi (mediante alcuni esempi) alla
nostra funzione DCF = 0 per trovare il TIR.
Capitolo 3
Risoluzione approssimata di equazioni
3.1 Separazione delle radici
I metodi che illustreremo in questo capitolo si possono applicare quando
sia noto un intervallo [a; b] in cui è contenuta una ed una sola radice
dell’equazione da risolvere.
Occorre perciò, prima di passare alla risoluzione vera e propria
dell’equazione, compiere quell’operazione che prende il nome di
separazione delle radici.
Sia
f ( x) = 0
(A)
13
Un’equazione, e siano c1 , c 2 ,...
le radici della (A), che vogliamo
determinare; sia cioè:
f (c1 ) = 0; f (c 2 ) = 0;...
Separare le radici dell’equazione (A) significa individuare, per ciascuna
radice, ci , un intervallo, [ai ; bi ] che la contenga e che non contenga
alcun’altra radice.
Il modo più efficace per separare le radici di un’equazione è quello di
ricorrere ad una opportuna interpretazione grafica. Talvolta può risultare
necessario compiere un breve studio di funzione.
3.2 Teoremi di esistenza e unicità
Al fine, però, di rendere più precise le considerazioni intuitive che
risultano dall’interpretazione grafica di un’equazione, sono utili i
seguenti teoremi.
3.2.1 Teorema di esistenza della radice.
Se
f (x)
è continua nell’intervallo chiuso
f (a ) * f (b) < 0 , ossia se la funzione
f (x)
[a; b]
e se risulta
assume, negli estremi
dell’intervallo, valori di segno opposto, allora l’equazione
f ( x) = 0
ha almeno una radice interna a tale intervallo.
Esempio 1. Consideriamo l’equazione
xe x − 1 = 0
Che è nella forma (A) ove si ponga
f ( x) = xe x − 1
Si ha
14
f ( 0) = 0 * e 0 − 1 = − 1 < 0
f (1) = 1 * e1 − 1 = e − 1 > 0
Poiché inoltre la funzione è continua in R , possiamo concludere che
nell’intervallo (0;1) è contenuta almeno una radice dell’equazione in
esame.
Esempio 2. Consideriamo ora l’equazione
x 2 − 2 − ln x = 0
Che è nella forma (A) ove si ponga
f ( x) = x 2 − 2 − ln x
f (x) è definita e continua per x > 0 . Non possiamo applicare il teorema
di esistenza all’intervallo
[0;1] , perché nel primo estremo, come
abbiamo osservato, la funzione non è definita. Per superare questa
difficoltà, cominciamo con l’osservare che nel secondo estremo di tale
intervallo la funzione assume un valore negativo:
f (1) = 12 − 2 − ln 1 = −1 < 0
Cerchiamo perciò di sostituire il primo estremo con un punto in cui
f (x) risulti definita e positiva. Si ha, ad esempio, per x = e −2 :
f (e − 2 ) = (e − 2 ) 2 − 2 − ln e − 2 =
1
1
−2+2 = 4 >0
4
e
e
1
Dunque, nell’intervallo  2 ;1 si trova almeno una radice della nostra
e

equazione.
Notiamo che il teorema di esistenza della radice assicura l’esistenza di
una soluzione dell’equazione
(
x 2 − 2 − ln x = 0
anche nell’intervallo
)
2 ;2 :
f ( 2) =
( 2)
2
− 2 − ln 2 = − ln 2 ≅ −0.3466 < 0
f (2) = 2 2 − 2 − ln 2 ≅ 1.3068 > 0
15
3.2.2 Primo teorema di unicità della radice
Sia f (x) una funzione definita e continua nell’intervallo chiuso [a; b] e
derivabile nei suoi punti interni. Sia inoltre
f (a ) * f (b) < 0
e sia
f ′( x) ≠ 0 in (a; b) .
Allora esiste un’unica soluzione dell’equazione
f (x)
nell’intervallo
aperto (a; b) .
Esempio 1. Consideriamo ancora l’equazione
xe x − 1 = 0
Posto
f ( x) = xe x − 1 , risulta
f ′( x) = e x + xe x = (1 + x)e x , e quindi:
f ′( x) > 0 → (1 + x)e x > 0 → x > −1
f ′( x) < 0 → (1 + x)e x < 0 → x < −1
Nell’intervallo (0;1) , in cui già sappiamo che deve esistere almeno una
radice,
f ′( x)
è sempre positiva. Perciò nell’intervallo
(0;1)
esiste
un’unica soluzione dell’equazione data.
Esempio 2. Consideriamo nuovamente l’equazione
x 2 − 2 − ln x = 0
Come già detto, esiste almeno una radice di tale equazione, sia
1
nell’intervallo  2 ;1 sia nell’intervallo
e
Ponendo

f ( x) = x 2 − 2 − ln x
(
)
2 ;2 .
, si ha:
16
f ′( x) = 2 x −
1 2x2 −1
=
x
x
Come si può notare dal grafico che esprime il prodotto dei segni della
f ′(x) :
nostra funzione
−
2
2
-
0
+
1
e2
2
2
2
1
-
2
+
Fig. 3.2.2.1 Prodotto dei segni
2x 2 − 1
>0→
x
2x 2 − 1
f ′( x) < 0 →
<0→
x
f ′( x ) > 0 →
Notiamo che nell’intervallo
essendo
 1
 2
e
2
2
<x<0
∧
x>
2
2
2
2
x<−
∧
0< x<
2
2
−

;1

la derivata
f ′( x)
si annulla,
1
2
<
< 1 . Perciò il primo teorema di unicità non è
2
2
e
applicabile a
f ( x)
in tale intervallo. Nell’intervallo
(
)
2 ;2 , invece,
f ′( x) è sempre positiva, e quindi, essendo soddisfatte tutte le ipotesi, il
primo teorema di unicità ci assicura che in tale intervallo esiste un’unica
soluzione dell’equazione data.
3.2.3 Secondo teorema di unicità della radice
Sia f ( x) una funzione definita e continua nell’intervallo chiuso [a; b] e
derivabile due volte nei punti interni di tale intervallo. Sia inoltre
f (a ) * f (b) < 0 ,
e
f ′′( x)
sia, in
(a; b) , sempre positiva o sempre
negativa.
17
Allora esiste un’unica soluzione dell’equazione
f (x)
nell’intervallo
aperto (a; b) .
Esempio
Consideriamo di nuovo l’equazione
x 2 − 2 − ln x = 0
Avevamo osservato, che nell’intervallo
 1
 2
e

;1

esiste almeno una
radice, ma, non potendosi applicare in tale intervallo il primo teorema di
unicità della radice, non era possibile affermare con certezza l’unicità di
tale soluzione.
f ( x) = x 2 − 2 − ln x , è:
Osserviamo ora che, ponendo
f ′( x) = 2 x −
f ′′( x) = 2 +
Quindi risulta, per qualunque
applicare all’intervallo
 1 
 2 ;1
e 
x≠0
1
x
1
x2
,
f ′′( x) > 0 .
Possiamo quindi
il secondo teorema di unicità della
radice, e affermare che in tale intervallo la nostra equazione ammette
una ed una sola soluzione.
3.3 Dimostrazione dell’ esistenza del TIR
La maggior parte delle funzioni DCF,che rappresentano un investimento,
hanno la seguente forma:
DCF( i ) = −C 0 + C1v + C 2 v 2 + K + C n v n
Dove:
- ( −C 0 )
rappresenta l’esborso iniziale e quindi, ovviamente, è una
somma negativa;
18
- (C1 ; C 2 ;KC n ) rappresentano gli introiti che derivano dall’investimento
che sono costituiti da somme positive;
-e
v=
1
(1 + i )
è il fattore di attualizzazione.
Poniamo
f (v) = DCF( i ) = −C 0 + C1v + C 2 v 2 + K + C n v n
Prendendo l’intervallo (0;1) , avremo che negli estremi di tale
intervallo, la f (v) assume valori discordi in segno:
f ( 0) = −C 0 < 0
f (1) = −C 0 + C1 + C 2 + K + C n > 0
Avremo quindi che, per il teorema di esistenza della radice,
nell’intervallo (0;1) è contenuta almeno una radice della funzione f (v) .
Inoltre si ha
f ′(v) = 0 + C1 + 2C 2 v + 3C 3 v 2 + K + nC n v n−1 > 0
f ′′(v) = 2C 2 + 6C 3 v + K + n(n − 1)C n v n − 2 > 0
Quindi, per i teoremi di unicità della radice prima analizzati,
f (v)
ammette un'unica soluzione nell’intervallo (0;1) .
Di conseguenza sapendo che la
v esiste ed è unica nell’intervallo
considerato, possiamo ricavarci il TIR che sarà:
i = TIR =
Quando v = 0 avremo che
i=
1− 0
0
Quando v = 1 avremo che
i=
1−1
1
1− v
v
quindi i → ∞
quindi i = 0
Cioè il TIR esiste de è unico. In questi casi, cioè:
nel caso di un investimento con un unico costo iniziale
(C 0 < 0) e
successivi introiti positivi C k > 0 ∀k ≥ 1 ;
19
e nel caso di un finanziamento con una sola entrata iniziale e successive
uscite C k < 0 ∀k ≥ 1 (per cui f (0) > 0; f (1) < 0 e f ′(v) < 0; f ′′(v) < 0 );
è consolidata tendenza a considerare efficace e significativo il criterio
del TIR: negli altri casi, anche i maggiori estimatori del TIR, ritengono
che esso risulti totalmente inefficiente.
3.4 Metodo di Bisezione
Si voglia risolvere l’equazione
xe x − 1 = 0
Sappiamo già, dagli esempi precedenti, che nell’intervallo
(0;1)
è
contenuta una e una sola radice di tale equazione. Perciò indicando con
x
la soluzione da determinarsi, sarà:
0 < x <1
Quindi (0;1) è un intervallo di indeterminazione per x , e i valori 0 e
1 ne sono approssimazioni, rispettivamente per difetto e per eccesso. Per
migliorare tali approssimazioni consideriamo il punto medio, m = 0.5 ,
dell’intervallo (0;1) .
Si ha, posto
f ( x) = xe x − 1 :
f ( 0) = − 1 < 0
f (0.5) ≅ −0.17563 < 0
f (1) = e − 1 > 0
y = xe x − 1
20
y
0.75
0.5
0
1
0.625
x
Fig. 3.4.1 Metodo di Bisezione
È quindi evidente che la soluzione
x
cade nell’intervallo
(0.5;1) ,
poiché negli estremi di questo, la f (x) assume valori discordi.
Perciò l’intervallo (0.5;1) è un nuovo intervallo di indeterminazione per
la soluzione x della nostra funzione:
0 .5 < x < 1
e i valori 0.5 e 1 sono approssimazioni di x , evidentemente migliori
delle precedenti. Per migliorarle ulteriormente, possiamo considerare
ancora il punto medio dell’intervallo (0.5;1) :
0 .5 + 1
= 0.75
2
Calcolando f ( x) in tale punto e negli estremi dell’intervallo si ha:
f (0.5) ≅ −0.17563 < 0
f (0.75) ≅ 0.58775 > 0
f (1) = e − 1 > 0
Poiché negli estremi dell’intervallo (0.5;0.75)
f ( x)
assume valori di
segno opposto, la soluzione x è contenuta in tale intervallo:
21
0.5 < x < 0.75
Possiamo continuare il procedimento descritto fino a raggiungere una
precisione prefissata: desiderando un risultato esatto fino alla terza cifra
decimale, si avrà, dopo quattordici iterazioni del metodo descritto:
0 < x <1
0 .5 < x < 1
0.5 < x < 0.75
M
M
M
0.56689 <
0.56714 <
M
M
M
M
M
M
x < 0.56738
x < 0.56738
Possiamo perciò assumere il valore
0.567
come approssimazione, esatta fino alla terza cifra decimale, della
soluzione dell’equazione xe x − 1 = 0 .
3.5 Metodo delle Secanti o delle corde
Sia f (x) una funzione definita e continua nell’intervallo chiuso [a; b] ,
e si supponga che negli estremi di tale intervallo la funzione assuma
valori,
f (a )
e
f (b) , discordi in segno. Infine si supponga che
nell’intervallo aperto
( a; b )
la derivata seconda
f ′′(x)
esista e sia
sempre positiva o sempre negativa.
Com’è noto, in tali ipotesi, l’equazione
f ( x) = 0
Ammette una ed una sola soluzione nell’intervallo (a; b) . allo scopo di
determinarne un’approssimazione, tracciamo il grafico di
y = f (x)
nell’intervallo che stiamo considerando e congiungiamone i punti
estremi, A(a; f (a)) e B(b; f (b)) , con un segmento.
22
L’ascissa x1 del punto d’intersezione di tale segmento con l’asse delle
ascisse può essere considerata come una prima approssimazione della
soluzione x della nostra equazione.
y
B
a
x1
x2
x3
b
0
x
A
Fig. 3.5.1 Metodo delle Secanti
Per calcolare x1 , scriviamo l’equazione della retta passante per i punti
A e B:
x−a
y − f (a)
=
b − a f (b) − f (a )
L’ascissa del punto di intersezione di tale retta con l’asse delle x si
ottiene sostituendo y = 0 in questa equazione:
x−a
0 − f (a)
b−a
=
→ x=a−
f (a)
b − a f (b) − f (a )
f (b) − f (a )
E quindi si ha
x1 = a −
b−a
f (a)
f (b) − f (a )
23
Supponiamo ora, per fissare le idee, che sia f ′′( x) > 0 in (a; b) , e che
risulti f (a ) < 0 e f (b) > 0 .
In tali ipotesi si potrebbe dimostrare (e del resto non è difficile
osservando la figura) che risulta:
a < x1 < b
E che la radice x
dell’equazione è contenuta nell’intervallo (x1 ; b ) .
Possiamo pertanto applicare nuovamente il procedimento descritto
all’intervallo (x1 ; b ) , per avere una seconda approssimazione
x 2 . Si
ottiene:
x 2 = x1 −
b − x1
f ( x1 )
f (b) − f ( x1 )
E risulta:
con x ∈ (x 2 ; b )
a < x1 < x 2 < b
Continuando in questo modo si costruisce una successione {x n } così
definita:
x0 = a



b − xn


=
−
x
x
f
(
x
)
n
+
1
n
n


f (b) − f ( x n )


(1)
Per le considerazioni prima svolte, si avrà:
a = x0 < x1 < x 2 < K < b
La successione {x n } è limitata e dunque converge a un limite c ; si ha
quindi:
lim x n = c
n → +∞
Passando al limite in entrambi i membri della (1), si ha:


b − xn
lim x n +1 = lim  x n −
f ( x n )
n → +∞
n → +∞
f (b) − f ( x n )


→
24
→c=c−
b−c
f (c ) → f (c ) = 0 → c = x
f (b) − f (c)
Perciò il limite della successione {x n } è la soluzione x della f ( x) = 0 .
Possiamo considerare ciascuno dei valori x n come un’approssimazione
di x , affetta da un errore pari a x − x n .
Per definizione di limite, tale errore può sempre essere reso minore di
una qualsiasi quantità positiva prefissata, a condizione di prendere n
abbastanza grande.
È importante rilevare che le nostre considerazioni sono state svolte nel
caso in cui è f ′′( x) > 0 in (a; b) , f (a ) < 0 e f (b) > 0 .
La (1) è valida anche nel caso in cui sia
f ′′( x) < 0 ,
f (a) > 0 e
f (b) < 0 .
In altri casi, invece, la (1) andrà così modificata:
 x0 = b



a − xn


x
=
x
−
f
(
x
)
n
+
1
n
n


f ( a ) − f ( xn )


(2)
Si può ricorrere a questa regola mnemonica: il metodo parte dall’estremo
in cui la funzione ha segno opposto a quello della derivata seconda: cioè
se risulta
f ′′( x) * f (a ) < 0 , si pone x0 = a e si applica la (1), se invece
f ′′( x) * f (a ) > 0 si pone x0 = b e si applica la (2).
In ogni caso si ottiene una successione {x n } , convergente alla soluzione
della
f ( x) = 0 . Se tale successione è crescente, risulta costituita da
approssimazioni per difetto della soluzione x ; se invece è decrescente, i
valori x n sono approssimazioni per eccesso di x .
25
Esempio
Consideriamo nuovamente l’equazione
x 2 − 2 − ln x = 0
Come si è detto ammette una radice nell’intervallo
nell’intervallo
(
2 ;2
)
 1
 2
e

;1

e una
. Vogliamo determinare un’approssimazione di
quest’ultima .
Cominciamo ponendo
f ( x) = x 2 − 2 − ln x
Risulta
1
f ( 2 ) = ( 2 ) 2 − 2 − ln 2 = − ln 2 ≅ −0.346574 < 0
2
f (2) = 4 − 2 − ln 2 = 2 − ln 2 ≅ 1.30685 > 0
Inoltre si ha
f ′( x) = 2 x −
1
x
e
f ′′( x) = 2 +
1
x2
Si ha f ′′( x) > 0 per qualunque valore di x appartenente al dominio della
funzione
( x > 0) . Possiamo perciò costruire una successione di
approssimazioni della soluzione della funzione, applicando il metodo
delle secanti.
Poiché risulta
f ′′( x) * f (a ) = f ′′( x) * f ( 2 ) < 0
, il metodo parte da
x0 = a = 2 e avremo, dalla (1):
 x0 = 2



2 − xn


 xn+1 = xn − f (2) − f ( x ) f ( xn )
n


Otteniamo
26
x1 = 2 −
2− 2
f (2) − f ( 2 )
f ( 2) ≅ 2 −
2− 2
(−0.346574) ≅ 1.537
1.30685 + 0.346574
Essendo f (1.537) ≅ −0.067463 , si ha poi
x 2 = x1 −
2 − x1
2 − 1.537
f ( x1 ) ≅ 1.537 −
(−0.067463) ≅ 1.55973
f (2) − f ( x1 )
1.30685 + 0.067463
Proseguendo in questo modo, si ha:
x3 = x 2 −
2 − x2
2 − 1.55973
f ( x 2 ) ≅ 1.55973 −
(−0.011755) ≅ 1.56365
f (2) − f ( x 2 )
1.30685 + 0.011755
x 4 ≅ 1.56432
x5 ≅ 1.56444
x6 ≅ 1.56446
Come si vede, le prime quattro cifre dopo la virgola si sono
“stabilizzate”. È perciò ragionevole assumere il valore 1.56446 come
approssimazione, esatta fino alla quarta cifra decimale, della soluzione
dell’equazione x 2 − 2 − ln x = 0 , nell’intervallo
(
)
2 ;2 .
3.6 Metodo delle tangenti o di Newton
Il metodo delle tangenti, o di Newton, è concettualmente simile al
metodo delle secanti prima trattato. Anche in questo caso si costruisce
una successione di approssimazioni della soluzione dell’equazione
f ( x) = 0 da risolvere.
Per determinare ciascuna di tali approssimazioni si sostituisce al grafico
di y = f ( x) una retta, di cui si cerca poi l’intersezione con l’asse delle x;
ma,mentre nel caso del metodo delle secanti, tale retta era una secante
della curva di equazione y = f ( x) , nel metodo di Newton essa è una
tangente alla curva.
27
Si debba risolvere l’equazione
f ( x) = 0
Supponiamo che siano verificate tutte le ipotesi già fatte nell’esporre il
metodo delle secanti: f (x) sia definita e continua in un intervallo [a; b]
, f (a) e
f (b) siano discordi e
f ′′(x) esista e sia in
(a; b ) sempre
positiva o sempre negativa. Sotto tali ipotesi, per il secondo teorema di
unicità della radice, l’equazione ha un'unica soluzione in (a; b ) .
Per fissare le idee, si supponga che sia
f ′′( x) > 0 in
f (a ) < 0, f (b) > 0
e che sia
(a; b ) .
y
B (b;f(b))
B1 (x1;f(x1))
B2 (x2;f(x2))
b
a
0
x3
x2
x1
x
Fig. 3.6.1 Metodo di Newton
Dopo aver disegnato la curva di
equazione
y = f (x) , possiamo
determinare una prima approssimazione della soluzione x , tracciando
la tangente alla curva nel suo punto
B (b; f (b))
e cercandone
l’intersezione con l’asse delle x. L’ascissa, x1 , di questo punto si può
calcolare scrivendo l’equazione della tangente e ponendo in essa y = 0 .
l’equazione di tale tangente è:
y − y B = m( x − x B ) → y − f (b) = f ′(b)( x − b)
28
Ponendo y = 0 nell’ultima equazione, si ottiene x1 :
0 − f (b) = f ′(b)( x1 − b) → x1 = b −
f (b)
f ′(b)
Risulta, ovviamente:
a < x1 < b
Volendo migliorare questa approssimazione, possiamo ripetere il
ragionamento esposto, applicandolo al punto
B1 ( x1 ; f ( x1 ))
anziché al
punto B. si ottiene una nuova approssimazione x 2 :
x 2 = x1 −
f ( x1 )
f ′( x1 )
E risulta:
a < x 2 < x1
Continuando in questo modo si costruisce una successione {x n } così
definita:
 x0 = b



f ( xn ) 

 xn+1 = xn − f ′( x ) 
n 

(3)
E si avrà
a < K < x 2 < x1 < x0 = b
La successione {x n } è limitata e dunque converge a un limite c ; si ha
quindi:
lim x n = c
n → +∞
Passando al limite in entrambi i membri della (3), si ha:


b − xn
lim x n +1 = lim  x n −
f ( x n )
n → +∞
n → +∞
f (b) − f ( x n )


→
c=c−
f (c )
→ f (c ) = 0
f ′(c)
29
Quindi il limite della successione {x n } è la soluzione, x , della f ( x) = 0 .
Possiamo considerare ciascuno dei valori x n come approssimazione di
x , affetta da un errore pari a
x − x n . Per definizione di limite, tale
errore può sempre essere reso minore di una qualsiasi quantità positiva
prefissata, a condizione di prendere n abbastanza grande.
È importante rilevare che le nostre considerazioni sono state svolte nel
caso in cui è f ′′( x) > 0 in (a; b) , f (a ) < 0 e f (b) > 0 .
La (3) è valida anche nel caso in cui sia
f ′′( x) < 0 ,
f (a) > 0 e
f (b) < 0 .
In altri casi, il metodo delle tangenti andrà applicato prendendo x0 = a .
In pratica si procede così:
se risulta f ′′( x) * f (a ) < 0 , si pone x0 = b , se invece è
f ′′( x) * f (a ) > 0
si prende x0 = a .In altre parole il metodo parte dall’estremo in cui la
funzione ha lo stesso segno della derivata seconda.
Si ottiene in ogni caso una successione {x n } , convergente alla soluzione
della
f ( x) = 0 . Se tale successione è crescente, risulta costituita da
approssimazioni per difetto della soluzione x ; se invece è decrescente,
i valori x n sono approssimazioni per eccesso di x .
Esempio
Applichiamo il metodo di Newton per ritrovare la soluzione
dell’equazione
Nell’intervallo
(
)
x 2 − 2 − ln x = 0
2 ;2 , già calcolata nell’esempio precedente col metodo
delle secanti.
Posto
f ( x) = x 2 − 2 − ln x
30
Risulta
f ′( x) = 2 x −
Essendo
f ′′( x) > 0
1
f ( 2 ) = − ln 2 < 0
2
è
1
x
1
x2
f ′′( x) = 2 +
e
per qualunque valore di
f ′′( x) * f ( 2 ) < 0
x∈
(
2 ;2
)
e
e quindi assegniamo a x0 il
valore 2.
Calcoliamo x1 :
x1 = x0 −
f ( x0 )
f ′( x 0 )
Poiché è x0 = 2 e f (2) ≅ 1.30685 e f ′(2) = 3.5 , risulta:
x1 ≅ 2 −
1.30685
→ x1 ≅ 1.62661
3 .5
Calcoliamo x 2 :
x 2 = x1 −
f ( x1 )
f (1.62661)
≅ 1.62661 −
f ′( x1 )
f ′(1.62661)
Sostituendo
x 2 ≅ 1.62661 −
0.159362
→ x 2 ≅ 1.56621
2.63844
Proseguendo allo stesso modo, si ha
x3 ≅ 1.56446
x 4 ≅ 1.56446
Come si vede, le prime cinque cifre dopo la virgola si sono
“stabilizzate”. È perciò ragionevole assumere il valore 1.56446 come
approssimazione, esatta fino alla quinta cifra decimale, della soluzione
dell’equazione x 2 − 2 − ln x = 0 , nell’intervallo
(
)
2 ;2 .
Confrontando questi risultati con quelli ottenuti con il metodo delle
secanti, si può notare una convergenza più rapida.
31
Capitolo 4
Applicazioni per il calcolo del TIR
Terminiamo l’analisi del TIR attraverso il seguente esempio.
Abbiamo due possibili investimenti:
(I1 ) Versare oggi 100000 € ed ottenere 27000 € alla fine di ciascuno
dei prossimi
8 anni;
(I 2 ) Versare oggi 100000 € ed ottenere 20000 € alla fine dei prossimi
7 anni e 110000 € alla fine dell’ottavo anno.
Stabilire quale dei due progetti è più conveniente utilizzando il criterio
del TIR.
Svolgimento:
- la funzione DCF del primo investimento (I 1 ) è:
V1 (v ) = −100000 + 27000v + 27000v 2 + 27000v 3 + 27000v 4 + 27000v 5 +
8 + 27000v 6 + 27000v 7 + 27000v 8
Essendo, le somme positive, tutte dello stesso importo (27000) la
funzione risulta abbastanza semplice. Proviamo a calcolarci direttamente
il TIR, senza doverci calcolare prima
i = TIR =
v
e poi, di conseguenza,
1− v
.
v
Essendo
1− vn
R
 i

 = Rv + Rv 2 + K + Rv n

32
Possiamo scrivere la funzione DCF come:
1

1−
8
1 + i)
(

V1 (i ) = −100000 + 27000

i








Cioè
V1 (i ) = −100000 +
27000 27000v 8
27000 27000
−
= −100000 +
−
i
i
i
i (1 + i ) 8
Per trovare il TIR poniamo DCF = 0 :
V1 (i ) = 100000 +
27000 27000
−
=0
i
i (1 + i ) 8
Avremo:
− 100000(1 + i ) i + 27000(1 + i ) − 27000 = 0
8
8
Cioè:
f (i ) =
100000
(1 + i )8 i − (1 + i )8 + 1 = 0
27000
Volendo scrivere un’equazione generale per trovare il TIR per gli
investimenti di questo tipo (unico esborso iniziale V0 ; successive n
rate costanti di importo R ), si avrà:
f (i ) =
V0
(1 + i )n i − (1 + i )n + 1 = 0
R
(4)
Supponiamo di volerci calcolare il TIR utilizzando il metodo di Newton;
come sappiamo dobbiamo prima trovare la derivata prima
f ′(i )
della
nostra funzione.
33
Esprimiamo la (4) nella forma:
(1 + i )n  V0 i − 1 + 1 = 0
R

A questo punto è semplice trovare la derivata che sarà:

n −1  V
n V
f ′(i ) = n(1 + i )  0 i − 1 + (1 + i ) 0 + 0 =
R
R

= (1 + i )
n −1
= (1 + i )
  V0

 V0
n R i − 1 + R (1 + i ) =

 

n −1
V0 V0 
V0
 R ni − n + R + R i 


V

n −1 V
f ′(i ) = (1 + i )  0 i (1 + n ) + 0 − n 
R
R

(5)
Sostituendo i valori del nostro esempio, avremo:
100000 
7 100000
7
f ′(i ) = (1 + i ) 
9i +
− 8 ≅ (1 + i ) [33.3333i − 4.2963]
27000
 27000

Per poter applicare il metodo di Newton dobbiamo trovare un intervallo
nei cui estremi la funzione assuma valori discordi in segno.
Osserviamo che nella derivata prima
f ′(i ) , il termine
(1 + i )n−1
è
positivo (essendo il tasso i >0); il segno dipenderà dal secondo termine
V0
V 0

 R i (1 + n ) + R − n  ; perciò la derivata prima si annulla in:


V0
V 0

 R i (1 + n ) + R − n  = 0 →


imin =
n−
V0
R
V0
(1 + n )
R
34
Che risulta essere punto di minimo.
100000
27000 ≅ 0.1289
=
100000
(1 + 8)
27000
8−
Nel nostro caso
imin
Sostituendo imin = i avremo:
f (imin ) =
100000
(1 + imin )8 imin − (1 + imin )8 + 1 ≅ −0.3785 < 0
27000
R
V0
Notiamo poi che la nostra funzione nel punto
è esattamente uguale
a 1, cioè:
R
f 
 V0
 100000 
R
1 +
 =
 27000  V0
8
 R 
R

− 1 +
 V0  V0
8

 + 1 = 1 > 0

Ponendo i = TIR , ora sappiamo che:
n−
V0
R
V0
(1 + n )
R
<i <
R
V0
Nel nostro caso:
0.1289 < i < 0.27
Poiché,
come
abbiamo
già
visto,
f ′′(i ) > 0
f ′′(i ) * f (a = 0.1289) < 0 : per cui poniamo i0 = b = 0.27
,
avremo
che
che prenderemo
come prima approssimazione (per eccesso) e applichiamo il metodo di
Newton:
i0 = b = 0.27 


f (i n ) 

in +1 = i n − f ′(i ) 
n 

35
i1 = 0.27 −
f (0.27)
1
= 0.27 −
≅ 0.2301
f ′(0.27)
25.0648
i2 = 0.2301 −
0.2253
≅ 0.2144
14.3776
i3 = 0.2144 −
0.0259
≅ 0.212067
11.1028
i4 = 0.2120 −
− 0.0002
≅ 0.212018
10.6427
Abbiamo trovato la soluzione che è i = TIR1 ≅ 21.20%
In alternativa avremmo potuto trovare un’approssimazione della
soluzione applicando il metodo di bisezione.

R
Partendo dall’intervallo  imin ;  cioè (0.1289;0.27 ) abbiamo (come già
V0 

visto) :
f (i min ) ≅ −0.3785 < 0
∧
R
f 
 V0

 = 1 > 0

Prendiamo il punto medio di questo intervallo
1)
m1 =
0.1289 + 0.27
= 0.19945
2
E notiamo che:
f (m1 ) ≅ −0.1194 < 0
Di conseguenza abbiamo un intervallo migliore
(0.19945;0.27)
che
contiene la soluzione.
36
Possiamo continuare il procedimento:
m2 =
2)
0.19945 + 0.27
≅ 0.234725
2
f (m2 ) ≅ 0.2942 > 0
(0.19945;0.2347)
Il nostro nuovo intervallo sarà:
m3 =
3)
0.19945 + 0.2347
≅ 0.217088
2
f (m3 ) ≅ 0.0564 > 0
(0.19945;0.2171)
Il nostro nuovo intervallo sarà:
m4 =
4)
0.19945 + 0.2171
≅ 0.208269
2
f (m4 ) ≅ −0.0386 < 0
(0.2082;0.2171)
Il nostro nuovo intervallo sarà:
m5 =
5)
0.2082 + 0.2171
≅ 0.212679
2
f (m5 ) ≅ 0.007069 > 0
(0.2082;0.2126)
Il nostro nuovo intervallo sarà:
m6 =
6)
0.2082 + 0.2126
≅ 0.210474
2
f (m6 ) ≅ −0.01622 < 0
Il nostro nuovo intervallo sarà:
(0.2104;0.2126)
37
0.2104 + 0.2126
≅ 0.211577
2
m7 =
7)
f (m7 ) ≅ −0.00469 < 0
(0.2115;0.2126)
Il nostro nuovo intervallo sarà:
m8 =
8)
0.2115 + 0.2126
≅ 0.212128
2
f (m8 ) ≅ 0.001168 > 0
(0.2115;0.2121)
Il nostro nuovo intervallo sarà:
m9 =
9)
0.2115 + 0.2121
≅ 0.211853
2
f (m9 ) ≅ −0.00176 < 0
(0.2118;0.2121)
Il nostro nuovo intervallo sarà:
m10 =
10)
0.2118 + 0.2121
≅ 0.211991
2
f (m10 ) ≅ −0.0003 < 0
(0.211991;0.2121)
Il nostro nuovo intervallo sarà:
m11 =
11)
0.2119 + 0.2121
≅ 0.21206
2
f (m11 ) ≅ 0.000437 > 0
Il nostro nuovo intervallo sarà:
(0.211991;0.21206)
38
m12 =
12)
0.2119 + 0.21206
≅ 0.212026
2
f (m12 ) ≅ −0.0000753 < 0
(0.212026;0.21206)
Il nostro nuovo intervallo sarà:
m13 =
13)
0.212026 + 0.21206
≅ 0.212043
2
Anche se con un numero maggiore di iterazioni, siamo arrivati alla
stessa approssimazione, esatta fino alla quarta cifra decimale, della
soluzione che è
TIR1 ≅ 21.20%.
- la funzione DCF del secondo investimento (I 2 ) è:
V2 (v) = −100000 + 20000v + 20000v 2 + 20000v 3 + 20000v 4 + 20000v 5 +
+ 20000v 6 + 20000v 7 + 110000v 8
Uguagliamo a 0 per trovare il TIR e dividiamo entrambi i membri
dell’equazione per 20000:
f (v ) = −5 + v + v 2 + v 3 + v 4 + v 5 + v 6 + v 7 + 5.5v 8 = 0
La derivata prima sarà:
f ′(v ) = 1 + 2v + 3v 2 + 4v 3 + 5v 4 + 6v 5 + 7v 6 + 44v 7
Sapendo che nell’intervallo (0;1) esiste un'unica soluzione di v e che
f (0) < 0 ,
f (1) > 0 e
f ′′(v ) > 0 , avremo che
f ′′(v) * f (a = 0) < 0 : per cui
39
poniamo v0 = b = 1 che prenderemo come prima approssimazione (per
eccesso) e applichiamo il metodo di Newton:
v0 = b = 1



f (v n ) 

v n +1 = v n − f ′(v ) 
n 

v1 = 1 −
f (1)
7 .5
= 1−
≅ 0.8958
f ′(v )
72
v 2 = 0.8958 −
1.89811
≅ 0.8468
38.73934
v3 = 0.8468 −
0.25577
≅ 0.8379
28.77593
v 4 = 0.8379 −
0.00648
≅ 0.837662
27.2586
v5 = 0.837662 −
− 0.0016875
≅ 0.837662
27.208873
Un’approssimazione, esatta fino alla sesta cifra decimale, della soluzione
v è 0.837662.
La soluzione
i = TIR =
1− v
v
corrispondente è
TIR2 =
1 − 0.837662
≅
0.837662
19.38%
In alternativa avremmo potuto trovare un’approssimazione della
soluzione applicando il metodo delle secanti.
40
Sempre per le stesse considerazioni fatte per il precedente metodo
utilizzato ( f ′′(v) * f (a = 0) < 0 ), poniamo:
v0 = a = 0



b − vn


(
)
=
−
v
v
f
v
n
n 
 n+1
f (b ) − f (v n )


dove b = 1
avremo:
v1 = 0 −
1− 0
1
f (0 ) = 0 −
(− 5) = 0.4
f (1) − f (0 )
7 .5 + 5
v 2 = 0 .4 −
1 − 0 .4
(− 4.3308) ≅ 0.619638
7.5 + 4.3308
v3 = 0.619638 −
1 − 0.619638
(− 3.30853) ≅ 0.736068
7.5 + 3.30853
v 4 = 0.736068 −
1 − 0.736068
(− 2.0637 ) ≅ 0.79302
7.5 + 2.0637
v5 = 0.79302 −
1 − 0.79302
(− 1.06404) ≅ 0.818736
7.5 + 1.06404
v6 = 0.818736 −
1 − 0.818736
(− 0.48658) ≅ 0.829779
7.5 + 0.48658
v7 = 0.829779 −
v8 = 0.834405 −
1 − 0.829779
(− 0.2095) ≅ 0.834405
7.5 + 0.2095
1 − 0.834405
(− 0.08778) ≅ 0.836321
7.5 + 0.08778
41
v9 = 0.836321 −
1 − 0.836321
(− 0.03635) ≅ 0.837111
7.5 + 0.03635
v10 = 0.837111 −
1 − 0.837111
(− 0.01497 ) ≅ 0.837436
7.5 + 0.01497
v11 = 0.837436 −
1 − 0.837436
(− 0.00615) ≅ 0.837569
7.5 + 0.00615
v12 = 0.837569 −
1 − 0.837569
(− 0.00253) ≅ 0.837624
7.5 + 0.00253
v13 = 0.837624 −
1 − 0.837624
(− 0.00103) ≅ 0.837646
7.5 + 0.00103
Con un numero maggiore di iterazioni, rispetto al metodo di Newton,
siamo arrivati ad un’approssimazione, esatta fino alla quarta cifra
decimale, della soluzione v che è 0.8376.
La soluzione i = TIR =
1− v
v
corrispondente è TIR2 ≅ 19.38%
42
Capitolo 5
TAN & TAEG
Una utile applicazione del TIR si ha nella valutazione delle offerte di
vendita con pagamenti rateizzati: il calcolo del TIR in questo caso
prende il nome di TAN (Tasso Annuo Nominale) o di TAEG (Tasso
Annuo Effettivo Globale) a seconda di quali pagamenti vengono
considerati
Il TAN rappresenta il TIR dell’operazione calcolato sul prezzo di listino
senza considerare eventuali spese aggiuntive previste dal contratto;
quindi è la soluzione dell’equazione:
n
S − ∑ Rk (1 + i )
−t k
=0
k =1
Dove S è il prezzo di listino (cioè il capitale finanziato) mentre Rk
sono gli importi delle rate pagate alle epoche t k .
Il TAEG invece rappresenta il TIR dell’operazione tenendo conto anche
delle spese aggiuntive previste dal contratto (ad esempio le spese
d’istruttoria); quindi è la soluzione dell’equazione:
n
S − C − ∑ Rk (1 + i )
−tk
=0
k =1
Dove C sono le spese aggiuntive.
43
Esempio
Consideriamo un mutuo di 10000 € della durata di 8 anni. Le rate sono
tutte di importo pari a 1547.22 € e ipotizziamo che al mutuato siano
addebitate:
- 300 € spese su perizia
- 100 € spese per istruttoria bancaria
- Ogni rata gravata di 10 € di spese d’incasso
- Ogni rata gravata di ulteriori 20 € per spese varie
Calcolare TAN e TAEG.
- TAN
La nostra DCF è:
1

1−
(1 + i )8
V (i ) = −10000 + 1547.22

i








Poniamo V0 = 10000 , R = 1547.22 e n = 8 ; allora secondo la (4) avremo
che:
f (i ) =
10000
(1 + i )8 i − (1 + i )8 + 1 = 0
1547.22
Invece, secondo la (5), avremo che:
10000

7  10000
f ′(i ) = (1 + i ) 
i (1 + 8) +
− 8
1547.22 
1547.22
Possiamo pertanto applicare il metodo di Newton per trovare il TAN.
44
Come già studiato, utilizzeremo come prima approssimazione (per
eccesso) i0 = b =
R 1547.22
=
= 0.154722 :
V0
10000
i0 = b = 0.154722


f (in ) 

=
−
i
i
 n +1 n f ′(i ) 
n


i1 = 0.154722 −
f (0.154722)
1
= 0.154722 −
≅ 0.105774
f ′(0.154722)
20.42996
i2 = 0.102774 −
0.292848
≅ 0.074389
9.331007
i3 = 0.074389 −
0.078208
≅ 0.057428
4.611004
i4 = 0.057428 −
0.01703089
≅ 0.0510413
2.6664547
i5 = 0.0510413 −
i6 = 0.0500258 −
0.0020609
≅ 0.0500258
2.0293154
0.000049269
≅ 0.050000314
1.93249
Possiamo ritenere che la soluzione è TAN ≅ 5%
- TAEG
Il DCF, tenendo conto delle spese aggiuntive previste dal contratto,
diventerà:
45
1

1−
8
(
1 + i)

V (i ) = −10000 + (300 + 100 ) + (1547.22 + 10 + 20 )

i








Cioè
1

1−
(1 + i )8
V (i ) = −9600 + 1577.22

i








Poniamo V0 = 9600 , R = 1577.22 e n = 8 ; allora secondo la (4) avremo
che:
f (i ) =
9600
(1 + i )8 i − (1 + i )8 + 1 = 0
1577.22
Ponendo i = TAEG , sappiamo, dagli studi precedenti, che:
n−
V0
R
V0
(1 + n )
R
<i <
R
V0
Cioè, nel nostro esempio:
0.034927778 < i < 0.16429375
Proviamo ad applicare il metodo delle secanti per trovare il TAEG.
Come già studiato, utilizzeremo come prima approssimazione (per
difetto) i0 = a =
n−
V0
R
V0
(1 + n )
R
≅ 0.034927778 :
46
i0 = a = 0.034927778



b − in


i n+1 = in − f (b ) − f (i ) f (in )
n


dove b = 0.16429375
avremo:
i1 = 0.034927778 −
0.16429375 − 0.034927778
(− 0.036285) ≅ 0.039457
1 + 0.036285
i2 = 0.039457 −
0.16429375 − 0.039457
(− 0.0355559) ≅ 0.043743
1 + 0.0355559
i3 = 0.043743 −
0.16429375 − 0.043743
(− 0.033468) ≅ 0.047647
1 + 0.033468
M
M
M
M
M
i30 ≅ 0.065079
i31 ≅ 0.065081
i32 ≅ 0.065083
Possiamo ritenere che la soluzione è TAEG ≅ 6.51%
47
Conclusioni
IL VAN è il criterio più utilizzato nella valutazione di progetti finanziari.
Come abbiamo osservato, però, non è esente da difetti: il più evidente è
la soggettività nella scelta del tasso i 0 , per cui operatori diversi possono
pervenire, nella valutazione degli stessi progetti, a conclusioni diverse.
Inoltre il VAN si basa sull’ipotesi che, per tutta la durata del progetto
sarà possibile investire i capitali al tasso i e ciò è, ovviamente, assai
improbabile..
Un tentativo per cercare di rendere oggettivo il calcolo di i è l’utilizzo
di una media ponderata dei tassi che rappresenterebbero i costi del
capitale, di differenti provenienze, investito nel progetto. Tale tasso
medio è detto usualmente WACC (Weighted Average Cost of Capital).
In prima analisi, il criterio del TIR appare rispondere in pieno ai requisiti
richiesti: è interamente oggettivo, poiché, in base ad esso, operatori
diversi, nella stessa situazione, giungono di necessità alle stesse
conclusioni (ciò che invece non accadeva con il criterio del VAN) e si
fonda esclusivamente sulle caratteristiche intrinseche dei progetti da
confrontare.
Ad un esame più approfondito emergono anche i difetti di tale criterio.
Ha senso dichiarare che svolgere un’operazione avente TIR = i ,
equivale ad impiegare gli stessi capitali a questo tasso in quanto se i
annulla il DCF, ciò vuol dire che esso rende il montante delle entrate
uguale a quello delle uscite: dunque, se fino alla fine dell’operazione i
capitali si possono investire al tasso i , compiere l’operazione o investire
al di fuori di essa dà gli stessi risultati.
Come si vede, la logica sottesa alla nozione di TIR è la stessa che da
senso a quella del VAN, e ne condivide dunque il difetto di fondo: che è
48
quello di ipotizzare l’esistenza di un tasso unico costante per una durata
anche notevole.
Per quanto riguarda i metodi per la risoluzione approssimata di
equazioni, in assoluto, il metodo che converge più rapidamente verso la
soluzione è certamente il metodo di Newton.
Di conseguenza per il tipo di equazioni considerato, è il metodo più
efficace. In alcuni casi però è preferibile utilizzare il metodo delle
secanti poiché non comporta l’utilizzo della derivata prima della
funzione e può risultare, per questo motivo, maggiormente preciso.
49
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