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Management del PAZIENTE AGITATO in Pronto
Management del PAZIENTE AGITATO in Pronto Soccorso M. Suppa, P. Bruni*, V. Orazi, S. Fusco, B. Maggi, E. De Blasiis, M. Lucciola*, M. Colzi, A. Arcieri, F. Aguglia Dipartimento Emergenza Accettazione Azienda Policlinico - Università degli Studi di Roma La Sapienza *Psicologo Clinico Comportamenti ostili sono in crescita nei Pronto Soccorso. Le statistiche americane riportano che nel 4,2% degli accessi ad un Dipartimento di Emergenza ed Accettazione (DEA) di medie dimensioni vi sono minacce per il personale sanitario. In DEA di grandi dimensioni vengono riportanti nel 43% aggressioni al personale sanitario e nell’80% sono state riportate lesioni fisiche. Non esistono statistiche nazionali italiane in merito. E’ chiaro che l’infermiere si trova di fronte a pazienti senza diagnosi o che non presentano quadri tipici, con situazioni complesse difficili da gestire con pazienti poco collaboranti. Benché la confusione si accompagna ad alcune psicosi e si manifesti con deliri, amnesie, disorientamento, mutismo, rigidità, catatonia tale sintomatologia è spesso presente anche nelle affezioni organiche e per tali malattie ciò è indice di possibile pericolo di vita. Quindi in presenza di coscienza compromessa si deve considerare il malato come affetto da patologia organica fino a prova contraria. Un distinguo va fatto con il paziente non solo agitato ma anche violento in quanto qui le statistiche lo correlano molto più frequentemente a stati di intossicazione da sostanze psicotrope, a malattie psichiatriche. Le statistiche americane riportano anche quanto sia favorente questo fenomeno la numerosità degli accessi giornalieri del DEA, i lunghi periodi di attesa, la non conoscenza dei meccanismi del triage da parte dell’utente, ultimo, ma non ultimo, il luogo più o meno confortevole dove viene fatto attendere l’utente. Come affrontare il soccorso di questo tipo di paziente? L’infermiere di triage deve tenere presente che tale soccorso può essere difficile richiedere più tempo e più persone: - può essere necessario l’intervento di un medico - può essere di competenza della forza pubblica. Bisogna badare sempre alla propria ed altrui incolumità agendo con calma e autocontrollo, sapendo quello che può o non può essere fatto da soli. Nel confronto dei familiari è necessario assumere un atteggiamento sicuro. L’infermiere dovrà valutare la postura, lo stato di attenzione e di coscienza che potrebbero modificarsi nel tempo, raccogliere l’anamnesi remota dai familiari, utilizzo di farmaci, valutare i parametri vitali. Una sedazione può essere richiesta, ma talora dobbiamo ricorre alla contenzione in virtù dell’articolo 51 c.p. e 54 c.p. (art 51: “esercizio di un diritto o adempimento di un dovere”, art 54: “stato di necessità”) ed è un atto dovuto, in quanto potremmo incorrere nell’ art 5 89 c.p. “omicidio colposo” o art 590 “lesioni personali colpose” e ancora art. 591 c.p. “abbandono di persone minori o incapaci”. Ma bisogna anche ricordarsi che la legge prevede che qualora l’uso dei mezzi contenzione avvenisse per carenze strutturali o organizzative o ancora per convenienza del personale sanitario si possono configurare i reati di sequestro di persona (art 605 c.p.) violenza privata (art 610) e maltrattamento (art.572). Eo 18 La rivolta dei pazzi nel manicomio di Collegno Utile è ricordare che il principale riferimento in materia di contenzione è l’articolo 60 del R.D. n.: 615 del 1909 “nei manicomi devono essere aboliti o ridotti a casi assolutamente eccezionali i mezzi di coercizione degli infermieri e non possono essere usati se non con l’autorizzazione scritta del direttore o di un medico dell’istituto. Tale autorizzazione deve indicare la natura del mezzo di coercizione. (…omissis..)” Quindi risulta chiaro che l’adozione di un trattamento che contempli una pratica di contenzione deve essere correttamente motivato. A tale scopo negli USA la Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizzation ha introdotto nel 1996 nuovi standards relativi alla contenzione applicabili in numerosi settori della salute. In Italia esiste in letteratura l’esperienza del Presidio Ospedaliero Cremonese dove un gruppo di infermieri ha elaborato linee guida per la gestione della contenzione fisica. Le linee guida rappresentano uno strumento utile per garantire un processo assistenziale efficace e rispettoso della dignità del paziente. Nel nostro Dipartimento di Emergenza romano vogliamo formalizzare delle linee guida condivise per il triage del Febbraio 2004 paziente agitato con l’individuazione di percorsi e l’attuazione della contenzione, definendo i criteri per decidere quali pazienti contenere, quale mezzo di contenzione utilizzare, monitorizzare la contenzione stessa. Il triage del paziente violento Valutazione all’ingresso: se è presente aggressività fisica contro se stesso o altri allertare il medico e il personale di Pubblica Sicurezza attuando i protocolli interni di contenzione con isolamento ambientale del paziente è da considerare codice rosso. Se il paziente presenta solo aggressività verbale (urla, minaccia) è agitato, presenta un atteggiamento di sfida o sospetto, viene riferita assunzione di sostanze psicotrope, non è orientato delira e presenta allucinazioni è un codice giallo. Qualora è aggressivo verbalmente ma sono presenti accompagnatori in grado di assicurarlo è un codice verde. I mezzi di contenzione Le spondine per il letto ne esistono di diversi tipi. Non vanno mai utilizzate se il paziente tende a scavalcarle. I bracciali di immobilizzazione sono solitamente in gommaschiuma o in poliuretano e rivestiti in materiali morbidi. Possono essere regolati tramite chiusure a velcro Sono da utilizzare anche nei casi di auto-eterolesionismo. Fasce di sicurezza per il letto sono solitamente costituite da una fascia imbottita applicata alla vita e fissata al letto mediante cinghie di ancoraggio. La contenzione non deve essere imposta per un periodo per più lungo di 12 ore consecutive salvo eccezioni. Bisogna garantire movimento al paziente. Va valutata ogni 3 – 4 ore l’insorgenza di ulcere, abrasioni, edemi agli arti o ematomi. Il prolungarsi dei mezzi di contenzione può provocare traumi meccanici, lesioni da decubito o infezioni, diminuzione della massa e del tono muscolare, aumento dell’osteoporosi, inoltre va ricordato che in particolari soggetti possono provocare stress ed umiliazione, depressione. Conclusione Il paziente agitato insegna molto. Insegna per esempio che prima della malattia esiste la persona che soffre e che bisogna comprendere, prima di incasellarla in una voce diagnostico e in un protocollo terapeutico. Insegna che l’approccio globale è necessario non tanto per nobilissime considerazioni umanitarie, quanto professionali: non si sa cosa il malato possa avere realmente! E’ un campo minato da affrontare con competenza e prudenza perché è pericolosamente facile sbagliare. Bibliografia Consultata - Atawneh FA, Zahid MA et al.: Violence agaist nurses in hospital prevalence and efects Br.J Nurs 2003 12(2): 102-7 - Brice JH, Piallo RG, Racht E, et al.: Management of violent patient Prehosp. 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