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Si lasceranno sempre educare da Dio

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Si lasceranno sempre educare da Dio
Incontro con l’Arcivescovo
«Si lasceranno sempre
educare da Dio»
o scorso 29 ottobre
il card. Scola
ha incontrato
i seminaristi
del Quadriennio e tenuto
un’istruzione sul valore
dello studio, nel solco
della proposta pastorale
Educarsi al pensiero
di Cristo. In particolare,
lo studio teologico
deve ricalcare il metodo
della Rivelazione,
ovvero il suo orizzonte
sacramentale, per il quale
Cristo è contemporaneo
alla libertà di ogni uomo,
raggiungendola
nella realtà della vita.
L
«Per formare i tuoi preti, per il servizio alla gente, vuoi il Seminario luogo di studio e intensa preghiera»: sono parole del
canto d’ingresso del pontificale nella solennità di San Carlo, recentemente celebrato in Duomo. Studio e preghiera, dunque, costituiscono due aspetti fondamentali della vita del Seminario, fin dai
tempi del Borromeo; affermazione che
conserva tutt’oggi il suo valore, come l’arcivescovo Scola ci ha autorevolmente testimoniato nell’incontro con i seminaristi
del Quadriennio, nel pomeriggio di giovedì 29 ottobre.
«Lo studio
può ricucire
la frattura fede-vita
del Cristianesimo»
Dopo le istruzioni sul Seminario come
Comunità di sequela guidata di due anni fa e quella su Affetti: matrimonio e
verginità dello scorso anno, il Cardinale ha voluto educarci al valore dello studio in Seminario (e non solo), nel sol-
co della proposta pastorale Educarsi al
pensiero di Cristo.
Se uno dei problemi più noti e radicali
del cristianesimo attuale è la frattura tra
fede e vita, come si può vedere dall’assunzione di schemi mondani, pur a fronte di un assenso nozionale e di una partecipazione alla liturgia, proprio lo studio può essere un potente mezzo per ricucire questa lacerazione mortale: lungi
dall’essere una questione meramente accademica riservata a pochi eletti - poiché la vocazione riguarda la persona nella sua interezza -, lo studio si configura
invece come un’appassionata apertura
a tutta la realtà (cf l’etimologia latina di
studium), che permette, nel caso dello
studio teologico, di illuminare le circostanze quotidiane a partire dai misteri
fondamentali della nostra fede. In questo senso lo studio, così come la preghiera, la vita comune, la vita pastorale, non sono propriamente “aspetti” dell’esistenza, ma “dimensioni”: non possono essere cioè separati gli uni dagli altri, perché in ognuno di essi si esprime
la vita intera, si esprime tutto l’uomo nel
suo rapporto con Cristo.
L’istruzione del cardinale Angelo Scola al Quadriennio.
Nella pagina precedente, la Messa di inizio anno
con l’Arcivescovo nella Basilica del Seminario.
LO STUDIO IN SEMINARIO
Dopo un accenno al secondo punto dell’istruzione, riguardante l’universalismo
scientifico oggi dominante, in relazione
alla sempre più acuta frammentazione
del soggetto, l’Arcivescovo ci ha offerto
delle note di metodo rispetto allo studio
in Seminario: esso deve ricalcare il metodo della Rivelazione, ovvero il suo orizzonte sacramentale, per il quale Cristo è
contemporaneo alla libertà di ogni uomo raggiungendola nella realtà della vita, lì dove si trova.
«Studio, preghiera,
vita comune
sono dimensioni
dell’esistenza»
In forza di questo metodo, allora, ogni
studio non può prendere le mosse da una
dottrina ideale da calare poi nella quotidianità, perché il primato è sempre appannaggio dell’esperienza: da essa occorre partire.
Quale tipo di ragione occorre dunque per
un lavoro di questa portata? Certamente non una ragione così come è stata intesa dall’illuminismo, astratta dal “mondo della vita”; nemmeno una ragione
semplicemente giustapposta alla fede,
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con una rigida e utopistica separazione
di ambiti e competenze; bensì una “ragione credente”, che scaturisce dallo stupore della fede e si mette in moto per
«rendere ragione della speranza che è in
noi» (1Pt 3,14), come la tradizione teologica della “scuola di Milano” ha da tempo evidenziato.
Ecco allora che il quadro dello studio si
colora di quattro tinte: l’ecclesialità, perché non esiste piena esperienza di fede
al di fuori della Chiesa; la comunione,
perché la verità non si raggiunge mai da
soli, ma sempre nel dialogo fecondo con
l’altro; l’essere “critico”, secondo la logica di Paolo in 1Ts 5,21: «Vagliate ogni
cosa e tenete ciò che è buono»; la testimonianza, che nasce dall’approfondimento della “buona notizia” che è il mistero di Gesù Cristo.
TEOLOGIA E SANTITÀ
Se è così, allora, non è possibile contrapporre teologia e santità: lo sapevano
bene i Padri della Chiesa - ci ha ricordato il Cardinale - per i quali l’approfondimento della fede andava di pari passo
con la santificazione dell’uomo: la teologia, per usare un’immagine cara a von
Balthasar, si faceva in ginocchio. Tuttavia, verso la fine del periodo medievale,
questi due aspetti hanno percorso vie
sempre più divergenti, relegando lo stu-
dio della teologia al “tavolino”, con le dovute eccezioni.
Riusciremo a riallacciare questo legame? Certamente avremo qualche possibilità se ci disporremo secondo la parola del profeta Isaia ripresa dall’evangelista Giovanni: Erunt semper docibiles Dei, «Si lasceranno sempre educare da Dio».
«Occorre una
“ragione credente”,
che scaturisce dallo
stupore della fede»
Dopo l’incontro tra il Cardinale e la comunità educante, ci siamo ritrovati in Basilica per la celebrazione dell’Eucaristia,
insieme ai fratelli del Biennio. L’assemblea eucaristica si è poi sciolta in una cena fraterna, che è stata anche occasione
di ringraziamento a mons. Luigi Panighetti e don Alberto Colombo per il loro prezioso servizio in Seminario in questi ultimi anni.
Il lavoro sull’istruzione dell’Arcivescovo
proseguirà invece a gruppi, con la possibilità di formulare interventi in vista della prossima assemblea di maggio.
Matteo Monticelli,
IV teologia
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