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La costruzione sociale dello stigma omosessuale

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La costruzione sociale dello stigma omosessuale
La costruzione sociale dello stigma omosessuale
Dott. Maurizio Betti
psicologo e psicoterapeuta IACP
[email protected]
Un significato precostituito
Al pari della maggior parte dei costrutti che costituiscono la nostra realtà noi troviamo, al
nostro arrivo nel mondo, una grande quantità di significati non solo precostituiti, ma
carichi di valenze positive o negative, che vengono successivamente da noi propagati
senza averli veramente mai validati. Se noi dovessimo mantenere solo i significati che
abbiamo validato con la nostra esperienza, ci troveremmo, al pari del famoso esempio di
Cartesio, con un cestino delle mele quasi completamente vuoto.
Sono varie le ragioni per cui tanti significati sono già assegnati, talvolta in maniera
arbitraria. Un po' come chi arriva tardi ad un ritrovo deve accontentarsi di scegliere tra i
pochi posti rimasti liberi, che gli aggradino o meno, quando noi arriviamo nel mondo
troviamo già molte zone di significato “occupate” a vario titolo.
I significati dati non sono fissi, mutano nel corso del tempo. Solitamente questo
mutamento è legato ai significati offerti dalla forma che assume il potere, ma spesso
mantenendo, in forme diverse, una valenza, precostituita, positiva o negativa, che viene
semplicemente adattata al contesto.
In altre parole potremmo dire che l'omosessualità possiede un significato ed una valenza
intrinseca che ci viene trasmessa socialmente. Significato e valenza sono veicolate dalla
forma di potere. Se il potere è religioso la scelta è fra peccatore e non peccatore, se il
potere è quello medico-scientifico la scelta diviene fra malato e sano. Come vediamo non
ci si limita a categorizzare, ma la scelta della categoria è tutt'altro che neutra rispetto ai
significati che propone.
Detto
questo
sarebbe
molto
limitante,
per
il
nostro
discorso,
attribuire
tutte
le
responsabilità al “potere”. Esiste almeno un altro soggetto, che è la società. Infatti il
potere è gestito da uomini e difficilmente regge, anche se potere assoluto, se non trova
qualche forma di compromesso con la società che esso stesso rappresenta.
Questo processo quindi trova la sua ragion d'essere nella reciproca convenienza fra
società e potere.
Le “regole sociali” che prevedono il pregiudizio per determinate categorie rappresentano
una necessità sociale, come tali, tramite la cultura, noi le “introiettiamo con il latte
materno”. Esse
provengono
e vengono continuamente validate attraverso un movimento
dall'alto al basso, dal livello delle istituzioni a quello del singolo. Se le istituzioni (come lo
Stato o la Chiesa) inviano un messaggio negativo alla società, svalutando una certa
categoria di cittadini (anche solo negando loro diritti e protezione contro la violenza) la
popolazione viene incentivata a svalutarli, il disprezzo e la discriminazione da parte della
società arrivano fino all'interno del singolo (omofobia interiorizzata)
Questo processo è l'espressione di una dinamica psicosociale, ma
viene percepito come
un dato di valore oggettivo e “naturale”.
Come la regola sociale diventa una realtà
Un dato socialmente costruito diviene realtà attraverso il processo di reificazione (Berger e
Luckmann, 1966)
La convergenza tra bisogni sociali e bisogni del potere genera
e codifica delle regole
sociali convenienti per entrambi (o almeno per la maggioranza meglio rappresentata),
queste norme rappresentano un frutto della costruzione sociale. Poi l'uomo e in generale
la società, che hanno costruito quel significato, si dimenticano di avere compiuto questa
operazione. Ovvero un significato viene creato, proiettato fuori da sè, staccato da sè e
riconosciuto come qualcosa di esistente a prescindere dall'umano, spesso attribuito alla
divinità o alla Natura.
Questo nucleo viene arricchito dai significati offerti dai “ discorsi” dei poteri forti, come la
religione o la scienza, gli strumenti attraverso i quali gli uomini hanno da sempre
attribuito significato al mondo. Anche la psicologia si pone come “agente significante”,
portando la lettura dell'omosessuale non più come peccatore (religione), ma come malato
o persona vittima di un blocco nel proprio processo evolutivo, come nelle teorie
psicoeziopatologiche degli anni 70 o nelle “moderne” “teorie riparative”. Così ogni società
crea le sue malattie.
Orientamento sessuale e
psicologia: le caratteristiche dell'approccio rogersiano.
Psicologia e potere
Vediamo così come anche le scienze psicologiche sono state più spesso parte del
problema che della soluzione. Eppure psicologia e libertà di essere se stessi sono due
espressioni che dovrebbero coincidere. A mio parere il senso ultimo della psicologia è
quello di rivelare l'uomo a se stesso.: “Ogni corrente di psicologia ha implicita una sua
filosofia dell'uomo” (Rogers, 1957) e di conseguenza una propria idea di come poter
restituire il potere all'uomo di essere se stesso.
Per il comportamentista puro l'essere umano è una macchina, a questo uomo, frutto degli
eventi esterni, non si riconosce la qualità di soggetto agente il proprio potere per i propri
fini interni di libertà di essere se stesso. Per il freudiano l'uomo appare come un essere
irrazionale in preda alle proprie pulsioni. Che cosa succederebbe se questo essere fosse
veramente libero di essere se stesso? … non sembra una prospettiva accattivante.
1
Entrambe le mainstream della psicologia, quindi, sembrano porre il potere al di fuori
dell'uomo, ma, se l'uomo non ha potere, allora il potere è altrove, probabilmente nel
sistema. Attraverso questa negazione di potere all'uomo ed alla sua esperienza le
psicologie corrono il rischio di allearsi anch'esse con le esigenze di potere del sistema.
Se i propri significati l'uomo non è libero di crearseli da solo,
tramite la propria
personale esperienza, serve qualcosa di esterno che determini il significato che dev'essere
dato all'esperienza, un significato fisso, quindi che non tenga conto delle varie sfumature
presenti nella realtà, quindi stereotipato.
Gli stereotipi “non sono quindi solo il prodotto della mente individuale per ragioni di
2
economia cognitiva (Tversky, Kahneman,2003). , ma rappresentano una forma di attività
sociale. Svolgono quindi la funzione di dare omogeneità a credenze e valori. Essi
1
E' interessante notare come il teorico delle teorie riparative, Joseph Nicolosi, se la prenda proprio con Rogers per
avere rifiutato il razionalismo della tradizione psicanalitica. E sentite in che modo: “La psicologia umanistica,
secondo Nicolosi, introduce il concetto di piena accettazione della persona, senza alcuna diversa aspettativa su di
essa. Seguendo l'influenza di Rogers i terapeuti crederanno che sia giusto essere neutrali, non direttivi e non
contaminare la terapia attraverso alcun sistema di valori”
2
La social cognition, una corrente relativamente recente delle scienze umanistiche, mutuata dall'economia, vede
l'uomo come un economizzatore di risorse snche a livello psicologico. Il principio dell'economia cognitiva è che
l'uomo non si ponga sempre come utilizzatore razionale delle risorse, ma che applichi strategie (bias) per acquisire
le informazioni importanti in mezzo alla grande mole di comunicazione. In tal senso lo stereotipo gli consente di
accedere direttamente ad un significato pronto, condiviso ed immediatamente disponibile.
“veicolano quello che deve essere pensato ad esempio su determinati gruppi sociali”
(Graglia, 2012) rispondendo
ad un esigenza di creare categorie. Ma l'esigenza di creare
categorie produce, come abbiamo detto, sempre un altro invariabile effetto, ogni categoria
viene anche conseguentemente classificata tramite un etichetta di valore.
Riporto quanto Kushner fa dire a uno dei suoi personaggio nella rappresentazione teatrale
“Angels in America”: “così noi crediamo che l'etichetta di omosessuale o di lesbica possa
fare capire con chi uno va a letto e invece non è così. Come ogni etichetta ti dice
solamente una cosa: quale posto ha nella gerarchia sociale un individuo classificato
secondo questi parametri. Non l'ideologia o le preferenze sessuali, ma qualcosa di molto
più semplice: il potere.”
Il primato dell'esperienza quale fattore qualificante dell'approccio rogersiano
Pensiamo che guaio per il sistema se l'uomo si prendesse il diritto di prendere i
significati direttamente da quello che sente dentro, dalla propria esperienza (“ sono una
donna e sento attrazione per un'altra donna, invece che per un uomo ”). Traducendo il
significato è:
mi piacciono le donne, lo sento sulla mia pelle ed è bene per me e.. va
bene così, nessuno venga a dirmi che quello che sento è giusto o sbagliato, non
mi
sento per questa ragione inferiore o superiore a qualcuno. Da notare che in tutto questo
salvaguardo la regola aurea di ogni religione, ovvero in ultima analisi del vivere sociale,
ovvero
il
mio
comportamento
non
danneggia
altri,
in
quanto
contrastano
con quelli
accordo
tra
adulti
consenzienti.
Pensate a quanto
3
questi significati
già preconfezionati
della
4
religione , di un contesto storico o politico particolare , di una qualsiasi realtà che è stata
un giorno costruita da qualcuno con uno scopo determinato.
Se l'uomo si facesse costruttore di significati, senza permettere che qualcuno li costruisca
per lui, che fine farebbero allora il potere, l'ideologia, la religione, oppure gli strumenti di
potere ancora più occulti come l'etica, il diritto (anche il diritto che sembra lo strumento
forte, che mette tutti sullo stesso piano, in realtà si presta alle interpretazioni...), nonché
3
4
durante le persecuzioni della Santa Inquisizione molti omosessuali venivano bruciati nei roghi e per non far sentire
al pubblico l'odore acre della carne bruciata allora si usava aggiungere del finocchio per coprire quell'odore. Da qui,
tra l'altro, sembra provenire l'appellativo di finocchio.
Le porte dei campi di concentramento si aprirono per gli omosessuali molto presto: nel 1933 abbiamo i primi
internamenti a Fuhlsbuttel, nel 1934 a Dachau e Sachsenhausen. Molte centinaia furono internati in occasione delle
Olimpiadi di Berlino del 1936 per "ripulire le strade". Vi è concordanza sulle cifre degli omosessuali morti nei
campi di concentramento tra il 1933 ed il 1945: circa 7.000
tanti modi di intendere le scienze e, perchè no, tante psicologie.
Rogers e il cliente omosessuale
Se andiamo a fare ricerca sulle esperienze cliniche
5
di Carl Rogers rispetto alla
omosessualità e al significato che attribuisce alla diversità di orientamento sessuale
troviamo che la sua è una lettura molto moderna, addirittura rivoluzionaria per il proprio
contesto storico e culturale.
I concetti più recenti espressi dagli LGBT studies, come il minority stress (Meyer, 1995)
6
o il concetto di omofobia interiorizzata vengono anticipati di cinquant'anni da Carl Rogers
e sono già deducibili attraverso la lettura della teoria della personalità e del cambiamento
(Rogers, 1951)
Nel “caso di Mr. Lin”, una seduta completamente registrata in cui
cliente un giovane
Carl Rogers ha come
studente, questi si dichiara preoccupato in quanto omosessuale. Nella
seduta appare evidente che, tramite l'esplorazione del problema, Mr. Lin comincia a
rendersi conto che forse non è del tutto esatto considerare l'omosessualità come il
problema centrale. Si rende conto che ha numerose difficoltà nei rapporti con gli altri e
la seduta si centra rispetto a queste difficoltà, anziché rispetto all'orientamento sessuale
del
cliente.
La
volontà
evidente
sembra
essere
quella
di
non
patologizzare
necessariamente l'omosessualità.
Il pensiero di questo autore è particolarmente chiaro quando
scrive (Rogers, 1951):” il
primo di questi elementi viene definito accettazione positiva incondizionata. Essa si
riferisce agli individui, specialmente genitori, insegnanti o anche amici, che dimostrano
amore incondizionato. Più precisamente questi individui vi amano, gli piacete e vi
rispettano per ciò che siete, non importa cosa... un esempio potrebbe essere quello di un
genitore di un ragazzo o una ragazza gay che amano il loro figlio, indipendentemente
dalla sua omosessualità. Carl Rogers sostiene che se le persone non fossero fagocitate
dalle restrizioni sociali e potessero crescere e svilupparsi in maniera libera e autonoma, il
risultato sarebbe una persona pienamente funzionante”.
Lo stesso concetto verrà di nuovo enunciato in “A Way of Being”, a pg. 346 del testo
5
6
Tutti gli articoli, originariamente in lingua inglese, sono stati tradotti da me. Questa potrebbe essere la causa di
involontarie imprecisioni.
Stress da minoranza, o minority stress. È così che è stato classificato il disagio psichico delle persone discriminate in
quanto minoranza sociale, le ricerche mostrano quanto l'essere parte di una minoranza discriminata sia fonte di
problemi psicologici, fisici e sociali derivanti dal pregiudizio, dal bullismo e dall'omofobia interiorizzata
originale (Rogers, 1980) . Ciò che Rogers definisce “restrizioni sociali” è leggibile in altri
termini come omofobia del sistema sociale di riferimento.
Ancora, nella prefazione a “The Quiet Revolutionary”
Rogers, 2002) Gendlin
persona
ha
un
(pubblicazione di dialoghi di
scrive: “la scoperta di Rogers va oltre! Egli comprende che ogni
profondo
senso
intrinseco.
Questo
senso
evolve
e
si
corregge
spontaneamente. Nel 1945 i neri, le donne, i gay e le altre minoranze trovano aiuto
presso il Centro di Counseling di Rogers, perchè qui i terapeuti sono aperti all'esperienza
reale del cliente, sapendo quanto questa abbia da raccontargli circa la verità interna di
quel cliente. Una cliente nera avrebbe potuto insegnare al terapeuta che cosa significa
l'esperienza di essere persone di colore in una società di bianchi, tuttavia un altro cliente
di colore avrebbe potuto dire
al terapista, con sollievo:
“con lei mi sento a mio agio”.
Questi terapeuti non avrebbero mai forzato le scelte di un cliente. Non avrebbero mai
forzato una donna a rimanere dentro a un matrimonio, come poi la psicanalisi in genere
ha fatto”. Per i terapeuti formati da Rogers era ovvio che ogni persona è un grado di
dirigere la propria vita e che la si può solo aiutare a comprendere il senso della propria
complessità e nel proprio percorso personale. E' la visione esattamente complementare a
quella delle terapie riparative nelle quali il “giusto valore” sembra essere situato altrove
rispetto al sentire proveniente dall'esperienza.
BIBLIOGRAFIA
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