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La signoria rurale nel medioevo italiano

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La signoria rurale nel medioevo italiano
La signoria rurale
nel medioevo italiano
volume I
a cura di
Amleto Spicciani e Cinzio Violante
EDIZIONI ETS
MARIO NOBILI
LE SIGNORIE TERRITORIALI DEGLI OBERTENGHI
IN LUNIGIANA
l. Ho cercato di impostare e di condurre questa ricerca tenendo conto, in modo speciale , di alcune considerazioni
di Chr is
Wiekham sullo seiluppe signorile in Toscana e nella Lucchesia in
particolarel, e delle pagine che, nella sua tesi su Ln famiglia degli
Aldobralldesclli (secoli IX-Xli, Sirnone Collavini ha dedicato alla
introduzione dei poteri signorili nella zona amiatina , e, più in generale, ai modi e ai tempi della diffusione e sviluppo del fenomeno
signorile nelle terre degli stessi Aldobrandeschi
nel periodo compreso fra la metà del secolo XI e gli inizi del secolo XII. Ho, infine,
tenuto presente, sullo sfondo, il saggio di Cinzio Violante La signoria rurale ilei secolo X: proposte tipologiché.
Secondo gli accertamenti di Wiekham, in Toscana la terminologia signorile comincia a comparire nella documentazione a partire dagli inizi degli anni settanta del secolo XI. In un primo tempo il
l C. WICKll\\I,
The mountuins (Imi t/w city. The Tuscutt Appenninos in the
Early Middle Ages, Oxfonl 1988, in parti!'nlal't~ i capitoli 4 (T/w lords of the
Curfugnnna arul tlie icorld ofthe city , tentli to twelfth centuries, pp. 90-133),10
(Signori und castelli: the crvstallizzation o] t/w uristocracv; l'l'. 269-3(6), Il
(Myth and reulity offelldalism in the countrvside, 10.50-1200, l'l'. 307-:~44);IIl.,
Paesaggi sepolti: insediamento e incastellamento sull'Aminta, 7.50-12.50, in M.
ASCllEHl
(' W. Kt'HZE (a cura di), L'Amiuto ilei medioevo, Boma 1989, l'l'. 101137; IIl., Economia e società rurale nel territorio luccliese durante la seconda
metà del secolo Xl: inquadramenti aristocratici e strutture signorili, in S. Anselmo vescovo eli Lucca (1073-1086) ilei quadro delle trasformazioni sociali e della
riforma ecclesiastica; a eura di C. VIOLA:'iTE, Horna 1992, l'p. :WI-422.
2 S. C()l.l.\H~I, Lafamiglia
dei conii Aldobrandeschi (secoli IX-Xl). Contributo allo studio dei ceti dominanti del" Regnwn Ltaline«, tesi di laurea, Pisa a.a.
1991-1)2, r--I. C. Violante, I Parte, cap. 2,2.3 c. Sviluppo dei poteri signorili, pp.
166-180; 2. :~d. Nascita di una curia oassallatica e di 1111 funzionariato minore u
servizio tlei conti, pp. 181-193.
:l C. VIOL\I\TE,
Ln signoria rurale nel secolo Xl: proposte tipologiche, in Il
secolo di ferro: mito e realtà del secolo X (Atti della XXXVIII Settimana di studio del CISAM, Spoleto 19-25 aprile 1990), Spoleto 1991, pp. 329-385.
20
u: ~f(;\OBIE
TEBBITOBI \I.IIJELI.I IIBEBTE\CIIII\
1.1\«;1\\
\
fenomeno appare quasi esclusivamennassoriat« a famiglie comitali, come i Cherardeschi
t' gli _-\ldo!JnllHlt'sdli del Vnlterrum,
e della
Maremmal. Solo in un secondo momento il f"nomt'no signorile interessa le famiglie della ar-istocruaia di minor rango. Ciù t'. I'<ll"tieolarmente vero per la Lucchesia , dove i dir-itti " i pote ri signorili delle
famiglie delI' aristocrazia diocesana stentarono ad affennarsi.
Fino
almeno al terzo decennio del secolo XII. infatti. h, signorie delle famiglie appartenenti
a quell ' aristocrazia
furono rare (' sporadiche.
E, anche se la documentazinne
in proposito t'. scarsu t' reticente,
tutto lascia supporre che anche in seguito la signuria fu lahile e discontinua". In Lucchesia , anche dove si affermò, il potere signor'ile
non fu particolarmente
oppressivo per i dipelHlenti. nè troppo redditizio per i signori''.
Alcune di queste considerazioni
di Wickham debbono essere
considerate provvisorie. Egli stesso avverte che il suo t'. un icork in
progressì . Collavini, in effetti, ha mostrato come l'introduzione
della signoria nelle terre del monastero di S. Salvatore di Monte
Amiata debba essere fatta risalire alla metà del secolo XI!!. E il modo con cui il potere dei conti Aldohrandeschi
si impose e si affermò
(<<laprontezza con cui le signorie furono messe in piedi "ex nihilo"»], secondo Collavini. «sembra parlare a favore della possibilità
che si trattasse semplicemente di introdurre
in quest' area esperienze e forme istituzionali già sperimentate
altrove»'). Per quanto ri4 C. WICKIIA.\I, Economia e società rurale nel territorio luccliese durante la
seconda metà del secolo XI, cit., p. 408.
5 t»., Ibidem, pp. 409, 411-412.
6 ID., Ibidem, p. 412: ID., The mountains und che city, cir., pp. 113. 120124, pp. 317 e 330-335. Alla nota 13 di 1'.317 Wiekham afferma che «senza dub-
bio non vi era alcun luogo in Toscana - Il in Italia? - dove le rendite della "seigneurie banale" fossero proporzionalmente
superior i a quelle della "seigneurie
domaniale",
come Duhy ha dimostrato relativamente
alle terre di Francia» e rimanda alle opere di G. Dun, La société {lUX Xl" et Xll" siècles dans la régiOTl
maconnaise, Paris 19712, pp. 254-261: ID., Rund ecoTwmy {lnd country life in
the medieval West, English edn, London 1968, pp. 224-231, nell'edizione italiana, G. DUBY, L 'economia rurale nell'Europa medievale, Bari, UL 1970, voll. 2,
II, pp. 345-355; e a P. BO:USSIL La Catalogne du milieu du
lÌ la fin du Xl"
siécle,2 vols, Toulouse 1975-76, pp. 575-610.
xe
ì C. WICKILHI, Economia e società rurale nelterritorio
seconda metà del secolo XI, cit., p. 393.
8 S. COLLA"", op. cit., pp. 170-171, 178.
9 ID., Ibidem, p. 178; cfr. anche pp. 168-170
lucchese durante la
21
guarda, poi, i contenuti dei poteri di signoria ed i modi del funzionamento della signoria stessa, la diffusa e penetrante
analisi di
Collavini mostra come i conti avessero messo in opera «una complessa struttura
di esazione e di controllo» lO, che doveva essere
gravosa ed opprimente per i dipendenti e redditizia per i signori. II
potere signorile incideva fortemente sulla vita quotidiana a livello
localell.
Per tornare alla Lucchesia, c'è un altro aspetto, che Wickham
sottolinea, del modo con cui il fenomeno signorile si manifestò nella
regione: quello relativo alla territorialità.
Anche per questo particolare aspetto i fenomeni sono sporadici
fino allo inoltrato secolo XII. Wickham si sofferma soprattutto sui
casi della signoria vescovile di Moriano (<<districtu et iudicaria»] degli anni 1075-1080, e di quella dei signori di Montemagno del 1099.
Ma avverte che si tratta «non di punte di iceberg» ma di «eccezioni
alle norme lucchesi dell' epoca» 12. In effetti, secondo Wickham, «la
struttura del potere fondiario della aristocrazia lucchese non favorÌ
lo sgretolamento della diocesi in unità private-+'. Non favorÌ la diffusione delle signorie territoriali, né il fenomeno, su questa hase, del
potere di una famiglia in una determinata zona!". «Ciò perché i rapporti signorili erano più stabili quando furono costruiti dal basso ,
come estensione del potere di patronato e di clientela già intrinseci
sia de facto che de iure alla proprietàe+''.
E in Lucchesia le terre dei signori «erano troppo disperse perché potessero sopravvivere
alla divisione politica della diocesi».
«La Lucchesia», infine, «rimase a lungo coerente nell'amhito puhblico del rnarchesev-". «Ci fu meno incentivo fino alla crisi della
ID., Ibidem, p. 170; dr. anche p. 181.
In., Ibidem, PP: 171-175 C. WICKIIA~I (Paesaggi sepolti: insediamento e
incastellamento sull'Amiata, 750-1250, cit.., p. 137), per definire il carattere del
potere signorile nella zona arniatina , parla di «compattezza del potere locale» fra
il 1000 e il 1200. «Sull ' Amiata, come nella Maremma al suo sud-ovest, la coerenlO
II
za del potere dei signori locali fu molto più grande
anche di più, di quella nella Toscana settentrionale».
12 C. WICKILUI,
la seconda metà del
13 ID., Ibidem,
Il ID., Ibidem,
15ID., Ibidem,
di quella
intorno
a Siena
0,
Economia e società rurale nel territorio lucchese durante
secolo XI, cit., p. 414.
p. 415.
pp. 414-415.
p. 415.
16In.,Ibidem,417.
LE ~J(;:\(IHH: TEBBJTOBL\LI
22
()U;U
OBEBTE,\(;IIII\
IX\I<;L\\.\
marca, che nella Lucchesia divenne evidente solo negli anni dopo il
1080, perché i poteri privati volessero. e meno spazio politico perché potessero, sviluppare i 101'0 preesistenti diritti locali in direzione signorile- l '.
In questo la Lucchesiu si differt-nz ierebbe dalla Lunigiana,
«una diocesi fuori dalla marca di Tuscia, dove una prassi signorile
aveva, già prima del 1050. una grande importunzu nella vita politica, come mostra un testo per Tr e hi a no del 1039» III. Secondo
Wickham, infatti, fra la Lucchesia e la Lunigiana cor-reva la linea
di demarcazione fra il Nord e la Toscana: «le regole erano diverse
nell'una e nell'altra zona»!". E' vero che «la signuria con confini
chiaramente
terr-itor-iali raramente
si trova nella Padania prima
del 1100, data grosso modo della sua comparsa anche in Toscana»,
ma, prosegue Wickham, «i suoi elementi costitutivi, prima di quella data, erano molto più sviluppati di quelli toscani; e, dopo, la sua
struttura fu sicuramente più coerente e più fonnalizzata»:!().
2. La documentazione Iunigianese fino alla metà del secolo XII
sa'". Pochi, poi, sono anche i documenti relativi ai
conti di Luni, i marchesi Ohertenghi22•
Considerarli
nel contesto
è molto scar
ID., Ibidem, pp. 4Hj-417.
In., Ibidem, p. 414.
19 In., Ibidem, p. 416. Circa
17
18
le differenze
Ira la Lur-chesiu I' la Lunigiana
relativamente
alla cronologia
ed alla intensità
dello sviluppo signorile , Wi(·kham
si sofferma
nel suo lihro The mOllntains lind the city, ('iL, 4, The lortl« of th e
Garfagnana and the icorld of the citv; tentli to ncelftl, centuries ; pp. 113-114,
125-126.
20 C. WICKILHI, Economia e società rurale nel territorio lucchese durante
la seconda metà del secolo XI, l'ilo, p. 416.
21 Cfr. M. Lui-o GE'\T1LE, Il regesto ciel Codice Pelnricino , Genova
1912
(Atti della Società Ligure di Storia Patria,
XLIV); G. FALCO, Le carte del monastero cli S. Venerio del Tino, YIIII. 2, Pinerolo 1916-Torino
19:{,t (Biblioteca
della
Società Storica Subalpina , XCIII e 2). In 'luest!', dIe sono le pr-ineipali raccolte
di documenti
per la dioet'si di Luni, per il periodo r-onsideruto (fino alla metà dd
81'('010 XII), i documenti
sono rispettivamente:
nel Codice Pelaoicino ; sec. X: 7;
1001-1050:3;
1051-1100:8;
1101-1150:3;
nelle Carte del monastero di S. Venerio
clel Tino, 1050-1100:24;
1101-1150:19.
Cfr. Repertorio delle jonti documenturio
edite del medioevo, Italia-Toscana, a cura di M.L. CECCAHELU-LEMUT, Pisa 1977,
VI) Massa-Carrara
(antica diocesi di Luni-Sarzana),
pp. 87-99, a p. 89 nr. 125 e
a p. 99 nr. 143.
22 Cfr'. G. FALCO, Le carte del monastero di S. Venerio del Tino, eil., doye
~IARIO
NOBILI
23
dei problemi concernenti lo sviluppo signorile - e di quello toscano
in particolare -, ci aiuta a valorizzare le informazioni reticenti che
ci danno in proposito, e ci permette di riorientare, almeno in parte , la storiografia locale che di quei documenti ha fatto uso ,
Sarebbe, inoltre, necessario considerare queste informazioni
in due più ampi contesti. Il primo è, ovviamente, quello del generale sviluppo signorile lunigianese, promosso, oltre che dagli Obertenghi, soprattutto dalla aristocrazia signorile e feudale, e dei modi
con cui coinvolse anche il vescovato e le sue terre. Il secondo interessa il vasto orizzonte obertengo. Ancora alla metà del secolo XI,
il patrimonio di questa famiglia coinvolgeva circa venti contee ed
era distribuito da un capo all'altro del regno: da Este e Monselice a
Gavi, Parodi e Massa; dal Tortonese al Reggiano, su entramhi i
versanti dell'Appennino; dalla Corsica all'Aretino; per non parlare dei nuclei robusti diffusi nel cuore della Padania (contee di Pavia, di Piacenza, di Cremona, di Parma, di Mantova, ecc.)2:J. Esso
costituiva un campo vastissimo, e variamente articolato e differenziato, per la sperimentazione signorile. Naturalmente, non è possibile in questa sede tener conto, in modo appropriato, di questi contesti; anche per il fatto che ricerche in proposito ancora non sono
state fatte24. Contentiamoci, allora, di vedere che cosa la documen-
vi è il gruppo più consistente di documenti lunigianesi riguardanti gli Oberrenghi, in tutto 16, dei quali 12 per il decennio 1050-1060. Nel Codice Pelaoicino i
documenti sono 3 (doc. nr. 224, pp. 202-203, 998 luglio 26; doc. nr. 223, p. 200,
1085 giugno; doc. nr. 50, pp. ì2- za, 1124 ottohre 18).
2.1 Cfr. M. NOBILI,Alcune considerazioni circa l'estensione, la distribuzione
territoriale e il significato del patrimonio degli Obertenghi (metà secolo X-inizio
secolo XII), in Formazione e struttura dei ceti dominanti nel medioevo: marchesi, conti e visconti nel Regno Italico (secoli IX-XIII), I, Istituto Storico Italiano
per il Medioevo, Roma 1988, pp. n.ai.
24 Accenni circa lo sviluppo signorile in Lunigiana si possono trovare in G.
PETTIBALBI,I signori di Vezzano in Lunigiana, secoli XI-XIII, La Spezia-MassaCarrara 1982; M. NOBILI,Signorie e comunità nella Lunigiana orientale [ra XI e
XIII secolo, in 1lJemorie della Accademia Lunigianese delle Scienze «Giovarmi
Cappellini», voI. LVII-LVIII (1987-1988), Scienze Storiche e Morali, pp. 63-90.
Naturalmente, le ricerche condotte secondo le nuove prohlematiche sono strettamente legate alla storiografia precedente, fra i cui autori spiccano i nomi di U.
FORMEi'iTlNI
e P. FERRARI(di cui si veda, in particolare, La Lunigiana e i suoi signori, in Castelli di Lunigiana, Carrara 19632, prima ed. Pontremoli 1919, pp.
I-CXL) e, ovviamente, G. VOLPE(Lunigiana Medievale, in Toscana Medioevale,
Massa Marittima, Volterra, Sarzana, Firenze 1965, pp. 315-354).
24
LE SIG'ìORIE TEHRITORIAU
DEGU ORERTE'ìCIllI'ì
Ll'ì[(;L\'ì·\
tazione in nostro possesso ci permette di dire circa lo sviluppo dei
poteri signorili degli Obertenghi
in Lunigiana,
privilegiando
l'aspetto della territorialità,
che è, poi, quello che la documentazione ci pone soprattutto di fronte.
Si tratterà anche di vedere se è possibile dire qualcosa intorno
ai «modi nei quali - per usare le parole di Collavini - la condizione
comitale può aver influito sulla costituzione dei poteri signorili»,
problema «di grande interesse anche per la scarsezza di studi specifici in propositov-",
Le questioni relative allo sviluppo dei poteri signorili dei marchesi Obertenghi nella contea di Luni , al carattere di questi poteri
e alla cronologia della loro affermazione
possono essere poste a
partire dal confronto di due documenti. In entrambi i casi si treatta di diplomi regi. Il primo è del 1077, ed è concesso da Enrico IV
ad Ugo e Folco, figli del marchese obertengo Adalberto Azzo II26. Il
secondo risale al 29 settembre 1164, ed è emanato in Pavia da Federico I in favore del marchese Obizzone Malaspina27•
Con quest'ultimo
diploma, l'imperatore
concedeva e confermava al marchese innanzitutto «ornnia que in J anuensi marchia vel
archiepiscopatu
eius rationahiliter
antecessores visi sunt habere
tarn in civitate quam extra cum ornnihus regalihus», e, poi, una
lunga serie di località, per lo più per intero e per quarti parti, citate soprattutto come «castrum» o come «curia» o come «castrum et
curia», elencate per contee o per valli28• Nelle singole località «<in
supradictis locis» ) venivano concessi in feudo «ornnia que ad nos et
ad imperium per tinent» «<placitis, fodr is , albergariis,
theloneis,
op. cit ., p. 167. Si veda, comunque, ad esempio, A. CASTAl conti di Vicenza e di Padova dall'età ottoniana al Comune, Verona
1981; ID., Le due famiglie comitali veronesi: i San Bonifacio e i Gandolfingi di
Palazzo (secoli X-inizio XlII), in Studi sul medioevo veneto, Torino 1981; 10.,
La Valpolicella dall'alto medioevo all'età comunale, Verona 1984, in particolare
25 S. COLLAVI'ìI,
GNETTI,
alle pp. 36-48.
26
27
MCH, llenrici IV Diplomata, II, nr. 289, pp. 377-379.
MCII, Diplomata Federici l, II, nr. 563, pp. 371-373.
Sul significato di questo diploma e di altri del genere concessi da Federico
e conti, e, in particolare,
circa il valore della terminologia relativa alle eircoscrizioni
marchionali
e comitali in essi impiegata, cfr., C. TADACCO,l rapporti tra Federico Barbarossa e l'aristocrazia italiana, in «Hullettino dell'Istituto
Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano»,
N" 96 (1990), pp. 6183, alle pp. 64-67 e 76-78.
28
I a marchesi
".\1110 NOBILI
25
pedagiis, districtis, fidelita tihus , pugnis, expeditionihus,
advocationihus, curradiis, piscationihus,
r'ipis , tabulis, ponderihus,
merisur is , plateis , heccaris , aquis et molendinis, hona et possessiones,
({uas legitime halient vel hahituri sunt»}, Per quel che concerne la
Lunigiana, venivano concesse e confermate «omnia que nunc iusto
titulo habent in comitatu Lunensi». Si tratta, in tutto, di ventisei
località, citate in vario modo. Di sette luoghi (<<Bcvellini», «Matrognani», "Arcole», «Ponzani», «Masse», «Üervar-ie», «Fileterie- )29
la concessione riguardava la «quartarn partem de castro et curia»;
per quattro «<Rivalte», «Her her-ie», «Vallis plane», «Cumanovj-"
è
la quartu parte della sola «curia» ad essere interessata ; in tre casi
si ha la citazione della quartu parte della semplice località «<Valel'ani quartuni partem»; «Aule quartam partern», «quartam partem
Montislongi» H; in un caso (<<Galise») è la metà «castri et curie. ad
essere menzionata+;
in un altro «<Aramo» ):3:3 la «curiam cum castello»; nove sono i casi di citazione della località «cum curia» o
«cum tota curia» «<Levantuln»,
«Corvariam»,
«Montem totum»,
«Tr ixi anum », «Cr-oppum
fuscurn», «Mulazanum»,
«Cesolam» ,
«Belvedere», «Cerr-i- ):ll; infine «Malnidum» è citato «cum tota cu-
r
2~ Si trutta Ili: Beverino,
~Iadrignano, Areola, Ponzano, Massa, Cervara.
Filattiera. Pu lidentifiruziune
p luhir-azione
cfr., E. nEI'ETTI, Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, 6 voll., Firenze 18:33-46 (rist. anast., Roma 1(69), sub t'ace.
:10 «Hivaltàè Ripalta (E. nEPETTl, op. cit.; sub voce); «1I"r1wrie» non Ì'
identificata; «Vallis plane- corrisponde a Verpiana; «Cumano- a Comano, cfr.
U. FOHm::\TI:\I. La tenuta curtense degLi antichi marchesi della Tuscia in Val
di Magra e Val di Taro, in «Archivio Storico per le Provincie Parmensi», n.s.,
XXVIII, (1928); G. PISTAHI\O,
lnsediamenti medievali in Lunigiana: il monllstero di Aulla, in Studi dedicati ClCarmelo Trasselli, Collana «Quaderni di scienze
umane» ddl'htituto
di Storia Medioevale e Moderna - Cattedra di Storia Moderna, Faeoltà di Lettt,re deIrUniversità
d"gli Studi di Messina, Saveria Mannelli,
1983, pp. 517-532.
:ll Si tratta
di Valeriano lunense (cfr. P.M. CO\'TI, Ricerche sullCl organizzazione sociale e giuridica clelia Lunigiana nord-occidentale nell'alto medioevo,
La Spezia 1960, pp. 118-121), di Montdungo (E. REPETTI,op. l'il., sub voce) e di
Aulla (G, nlCCI, flulla e il suo territorio attraverso i secoli, I, Dalla Preistoria al
'400, Aulla 1989, ('ap. IL e cap. 111).
:12 Si tratta di CalicI' (dr. Castelli cli LunigaiClIl, eit., sub voce).
:\3 Non id"ntificato,
31 Di questi luoghi souo identifil'ati:
«Levantum», Levanto (dr. Castelli di
Lllnigillnn, eit., sub l'oce); «Mulazanull1», Mulazzo; «ßelvedere», Vignola, «Cor-
26
LE SIG'ìORIE TERRITORIALIDF.C;L1
OBERTE\GIlII'ì 1.l':\IGIA\.\
ria et pedagio»35.
Come sciogliere l'espressione formulare «castrum et curia?» E
cosa dire delle località di cui è la sola «curia» ad essere concessa al
Malaspina, in parte o nella sua interezza?
Senza dubbio, nel primo caso abbiamo a che fare con signorie
territoriali riferite ad un «castrum- ; e nella formula si fa distinzione fra diritti pertinenti al «castrurn. e altri diritti signorili relativi
al territorio non collegati agli ohhlighi di castellanzaé''. Anche nel
secondo caso abbiamo a che fare con signorie territoriali - e non è
detto che le località non siano incastellatef
-; solo che i diritti inerenti al «castrum» probabilmente non erano concessi al Malaspina,
cui toccavano solo i restanti diritti di signoria38.
Infine, è da rilevare come venissero concessi in feudo tutti i
diritti regalistici nei singoli luoghi39.
Una struttura analoga - ovviamente tenuto conto delle differenze dovute ai tempi diversi - presenta il diploma concesso nel
1077 ad Ugo e Folco, marchesi, figli del marchese Adalberto Azzo
II, ricordato come conte di Luni nel 105040. In questo caso i beni
che vengono confermati ai due marchesi - e sono quelli che il padre, il «marchese Azo» «iure possidet et iure possidere debet» e
«iure tenet et iure tenuit- - sono elencati contea per contea+'. Si
variarn», Corvara
in Val di Vara; «Groppum
Fuscum»; Groppo-Fosco
in Val di
Magra; «Cerri», Cerri in Val di Vara. (Per tutti questi luoghi cfr. E. REPE,n, op.
cit., sub voce). Non sono identificati «Montem totum», «Tr ixianum», «Cesolam».
35 Su Malnido,
che poi corrisponderà
a Villafranca,
cfr. E. REPETTI, op.
cit., sub voce; Castelli di Lunigiana, cit., sub voce.
36 Cfr. P. V~CCARI, La territorialità come base dell'ordinamento
giuridico
del contado, 2 edizione riveduta e accresciuta,
Milano 1963 (Archivio della Fondazione Italiana
per la Storia Amministrativa),
pp. 149-153. C. VIOL~NTE, La signoria rurale nel secolo X, cit., pp. 35-37 e 42.
37
Come, ad esempio, Aulla.
Circa i significati del termine
«curia» cfr. A. C.-\STAGNETTI,Società e politica a Ferrara dall'età postcarlingia alla signoria estense (sec. X-XlII), Bologna
1985, pp. 224-225, nota 19.
39 Per casi analoghi
cfr. G. TABACCO, l rapporti tra Federico Barbarossa e
l'aristocrazia italiana, cit., pp. 66-67, 71, 78-79.
40 G. FALCO, Le carte del monastero di S. vene rio del Tino, cit., I, doc. nr.
I, pp. 1-2,30 novembre 1050. «Alberto que Aczo vocatur marchio et comes istius
38
lunensis comitato filius bone memorie itemque Alberti similiterque
Aczo qui fuit
marhio et cornes»,
41 MGH, Henrici IV Diplomata, II, nr. 289, pp. 377-379. Nella contea di
~L\HIO 1\OIllLI
27
tratta, per lo più, di elenchi di località. Per la contea di Luni abbiamo quasi un puro elenco di nomi di luogo: diciannove, con l'aggiunta di due monasteri «<ahhacia sancti Capracii in Avula»; «abbacia sancti Salvatori in Linariu»}. Nove località, e cioè quelle di
«Filiteriam»,
«Üomanum»,
«Avula», «Cervariam»,
«Valcranam»,
«Arcolam», «Madrognanam»,
«Ad Arrnum», «Valleplanam»,
com42
paiono anche nel documento de11l64 •
Già questa constatazione
ci avverte che il confronto fra i due
diplomi non può essere istituito senza alcune precisazioni.
Esse riguardano la posizione genealogica dei marchesi interessati (i figli di Adalberto Azzo II, Ugo e Folco , della linea estense;
Obizzone del ramo malaspiniano ) ; le suddivisioni del patrimonio
ohertengo prima in due poi in quattro parti e i modi in eui si riflette o meno nei due documenti, soprattutto
tenuto conto del carattere che tali divisioni assunsero per i beni patrimoniali dislocati nella
contea di Luni; e, infine, la diversa storia che ebbero in Lunigiana,
fra le date dei due diplomi, i quattro rami marchionali
usciti dal
gran ceppo ohertengo, ed in particolare quello degli Estensi e quello dei Malaspina. Questioni tutte che non possono essere affrontate
in questa sedé3• Qui ci interessa , soprattutto,
confrontare gli elenehi delle località dei due diplomi dal punto di vista dei possihili sviluppi della territorialità
signorile. E, allora, dobbiamo chiederci
quale realtà si nascondesse dietro quel puro elenco di nomi di località del diploma del 107744•
Gavello, (<<in comitatu
Gavelli»),
con i diversi luoghi vengono concessi «comitatum et arimanniam
et quicquid
pertinet
ad ipsum comitatum»;
nella contea di
Padova,
«<in comitatu
pataviensi»), delle var-ie località elencate si concedono
«omnes arimannias
que af istas cortes pertinent»,
Per le altre contee (Ferrara,
Vicenza, Veruna, Brescia, Cremona,
Parma,
Luni, Piacenza, Modena, Tortona)
venguno elencati semplici nomi di luogo o abbazie. Nelle contee di Arezzo, Lucca
c Pisa viene concessa «ornnern terram que Ohertenga
vocatur».
42 Cfr., supra.
l3 Per alcune
di tali questioni e per la genealogia
ohertenga
dr. M. NOlllLI,
Formarsi e definirsi dei nomi di famiglia nelle stirpi marchionali dell'Italia centro-settentrionale: il caso degli Obertenghi, in Nobiltà e chiese nel Medioevo e altri saggi. Scritti in onore di G. Tellenbach ; a eura di C. VIOLANTE, Roma 1993,
pp.7i-95.
,ti Oltre
alle nove località già citate, nell'elenco
compaiono
i seguenti toponimi: «Pontrernulum»,
Pontremoli
(E. REPETTI, op. cit.; sub voce); «Casteulo»,
Castevoli (P.M. CO:'\T1, Luni nell'alto medioevo, Padova
1967, p. 45); «Verugola»,
Verrucola
(E. REPETTI, op. cit., sub voce); «Mazueaseo»,
non identificato;
«Vene-
28
LE ~IG'iOHIE TEHHIToHL\1.IIlU;1.I OBEIITE'iI;III l'i Ll"'iIl;I\'i\
Dalla storiografia
locale lunigianese è possibile trarre delle
schede per gran parte delle località che compaiono nel diploma.
Per alcune di esse le informazioni risalgono anche agli anni precedenti il IOn.
Per non parlare di Pontremoli, di Aulla e di Filattiera, luoghi
sulla via Francigena e già con una lunga storia - (basti ricordare
per Aulla il famoso atto di fondazione del monastero poi di S. Caprasio del 27 maggio 884 ad opel'a del marchese Adalberto I di Tuscia, atto da cui risulta già esistente il castello)"t:; - possono essere
per noi interessanti
i casi di Comano (<<Comanum» ), di Verpiana
«<Valleplanam»), di Panicale «<Panigalem cum ornni r e Guidonis
filii Dodonis»] e di Arcola «<Arcolam»). I primi due luoghi compaiono già nell'atto di fondazione del monastero di Aulla sopra ricordato, dove Comano è detto «Iocus» e dove di Verpiana si citano
le decime destinate alla chiesa del castello con quelle della «Curtis
Nova», mentre le none spettavano
all'ospedale
posto all'interno
dello stesso castello!", Successivamente,
nel 937, la corte di Comano «curn mansis sexaginta» e quella di Verpiana «cum mansis quadraginta» appaiono fra le cor-ti poste nella contea di Luni che il re
Ugo donò alla regina Berta, sua moglié7• Nel documento figurano
anche Aulla «cum mansis centum», «ahbatiarn
de Valeriana cum
mansis itidem centum», ed infine la «Curtern <{uedicitur Nova cum
gla», Pieve di Monti (E. REPETTI. op. cit., sub voce); «Panigulem
cum omnì re
Guidonis filii Dodonis», Panicale (Castelli di Lunigiana, cit., sub voce); «ahhal'ia
sancti Capracii in Avula», il monastero
di S. Caprasio di Aulla (cfr., nota seguente); «ahbacia sancti Salvatoris
in Linaria»,
il monastero di S. Bartolomeo
di Linari (L. GAMBUTTI, L 'abbazia di S. Bartolomeo di Linari dalle origini alla soppressione, in Società ch'ile e società religiosa in Lunigiana e nel vicino Appennino dal
IX alXV secolo (Atti del Convegno di Aulla, 5-7 ottobre 1(84), Aulla 1986, pp. 6192); «Barderanam»,
non identificato;
«Bucagnolam»,
non identificato:
«Ceulum»,
Muntale di Levanto;
«Monellam»,
Monegfia;
«Car rodunum» , Carrodano,
(per
tutti questi luoghi cfr. P.M. CO'iTI, Luni nell'alto medioevo, cit., p. 8).
45 Circa il monastero
di Aulla vedi G. PISTAHI:\O, lnsediamenti medievali in
Lunigiana: il monastero di Aulla, cif .: ID., Medioevo ad Aulla, in Società civile e
società religiosa in Lunigiana e nel vicino Appennino dal IX al XV secolo; eil.
pp. 93-118; G. RICCI, Aulla e il suo territorio attraverso i secoli, dalla Preistoria
al '400, eit., cap. II e cap. III.
Ediz., in G. PISTARI'iO, Medioevo ad Aulla, cit., Appendice, pp. 113-118.
L. SCIIIAPARELLI, I diplomi di Ugo e di Lot ario , di Berengario II e di
Adalberto, Roma 1924, nr. XLVI, pp. 139-141, 937 dieemb re 12, Colornbit'r
46
47
(Morges).
M\HIO !\OBILI
29
mansis sexaginta». Quest'ultima corte è da Formentini connessa
con il «castrumdi Panicale, «castrumche appare per la prima
volta nel 111948.
In corrispondenza di Comano, sull'altro fianco dell'Appennino, stava la corte di Lugolo, che compare con un territorio circoscritto fin dall'881·l9• Lugolo con Nirone, Vallisnera e poi quejla
18 U. FUHm:xTI\"I,
Panicale, in Castelli di Lunigiana, dl., sub voce, pp. 5354. A l'. 53 si legge: «Nel 938, fra le l'orti Lunigiane~i ehe re Ugo r-ost itu] in ,lote a
sua moglie Berta, fu eOlllprpsa curtem qui dicùur Nova, cioè l'attuale Cortenuovo presso Fornoli, che dohhiamo pertanto considerare
come I'untieo centro dei
possedimenti
duca li toscani m-Ila zona anzidetta,
a sua volta costituente un più
n'moto capoluogo curtense, ehe forse è indicato nella località ancor oggi chiamata Corte, pres~o Panu-ale». Cfr., anche, ID., La pieve di Venelia e il borgo di Licciana, in «Giornale Storico della Lunigiana»,
N.S., IX, 1-2, gennaio-giugno
1958, l'l'. 5-23. dove a p. 13 la «cortem lJue dicitur Nova» è identificata con Terrarussa ,
·1<) L. SCIIL\I'.\HELLI.
l diplomi di Ugo e di Lotario ; di Berengario II e di
Adalberto, cit., nr. XXXIX, pp. 11l-122, 935 settembre 18, Pavia. Placito in fa-
vore dt'l vescovo di Parma tenuto dal conte Sar-ilone alla presenza dei re Ugo e
Lotario. Contiene un placito del maggio 906, il quale a sua volta riporta un diploma di Carlo III de! 13 marzo 881, con cui viene concesso a Vuihodo , vescovo
di Parma «locellum quidam Luculo nomine scito in alpinis ac scopulosis vastorum moncium locis in comitatu Parmensis iuris regni nostri». De!luogo si descrivono i confini, un tratto dei quali pa~sa «per montem Comanensem».
Nelmaggio
dI'I 906 il vescovo Elhunco fa la «ostensio» de! «preceptum»
in un placito , dove
Adalherto «cornes et marchio» - si tratta del marchese di Tuscia Adalberto II il
Hicco - «et Berta coniuge eius ve! iste ßoniprandus
enrum advocato» r-iconoscono la validità del documento.
Il 16 settembre 930, stando in Parma, Ugo re , ad
intercessione
della regina Alda, della contessa Ermengarda
e del conte Sansune,
eonferma alla Chie~a di Parma il diploma di Carlo III e con esso «Iocellum illum
nomine Luellillm cum finihus et terminationihus
suis» (nI'. XXVII, pp. 76-78).
Questo diploma fu ostenso, dietro riehiesta del veRCOVOSigefredo e del suo avvocato il notaio Adelherto, al placito del 18 settemhre 935. L' «ostensio» fu fatta affinché la «pars )lllhlica» riconosct'sse la validità del diploma e quindi il huon diritto (h'lla Chiesa di Parma drea i heni concessi, fra eui «curtieella qui voeatur
Luculo et predicta ahhatia (lui vocatur ßercetum».
II ehe avvenne. La stessa richiesta il Vt'scovo ed il suo avv()("ato rivolsero al marehese Anseario,
figliu del
marchese Adalherto di Ivrea e di Ermengarda,
che era figlia di Adalherto II il
Ricco, marchese di TuseÌa. Ed anche Anscario rieonohhe il huon diritto del vescovo di Parma e in partil'ulare
che «iam dicta curticella,
qui vocatur Luculo,
cum sua pertinentia,
sicut fines discernissent»
era di proprietà
della Chiesa di
Parma e che «mihi Ansearii nihil pertinet ad hahendum nec pertinere debet cum
lege». Cfr. V. FU~L\.GALLI, Economia, società, istituzioni nell'Appennino tos coemiliano occidentale durante l'alto medioevo. Alcuni spunti e risultati di
30
LE SIC\ORIE TERRITOHI\U In:(;U OBEHTE\(;III
1\ I.l\U;L\\\
che sarà la «curtis- di ì\aseto (o Nasst'ta) formava una linea di corti poste a guardia dei passi appenninici del Lugastrello , del Cerreto
e di Pradarena:
corti sulle quali - come a suo tempo ha mostrato
Vito Fumagalli=" - si el-a affermato, ancnrché contestato, il dominio
dei marchesi di Tuscia. gli AdalhertL al cui predio lunigianese appartenevano anche Comano, Cortenuova e Verpiana+l. Questi ultimi heni, fiscalizzati dal re Ugo. passarono poi, in tutto o in parte ,
ai conti di Luni , i marchesi Ohertenghi, che alla metà del secolo XI
controllavano anche la «curtis- di Naseto, che, come Lugolo, aveva
un territorio circoscritto+.
Proprio ad Adalberto Azzo II ne contese il possesso il monastero di S. Prospero di Reggio nel 1055, alla
presenza dell'imperatore
Enrico III; possesso cui, in favore dello
stesso monastero, rinunciarono
anche, qualche tempo dopo, nel
1104 e nel1119, Oherto e Odo di Moregnano ed i figli di quest'ultimo, signori di Panicale e di Groppo San Piero e nella valle del Taverone: tutti vassalli di Adalberto Azzo II e del figlio Folco, dai
quali quella corte avevano avuto in feudo5:~.
Si può supporre che anche la «curtisdi Comano avesse un
territorio circoscritto,
e che una tale realtà si nasconda dietro il
termine di «Comanum» del diploma del 10775.1•
ricerca, in Società civile e società religiosa in Lunigiana e nel vicino Appennino
dallX al XV secolo, cit., pp. 9-15, a p. 14.
so Cfr. V. FDL\GALLI, Per la storia di un grande posses.w can ossiano nel
Parmense, la corte di -Vilinionum «, in «Qudlrn
und ForHhungen
aus italianisehen Archiven und Bihlioteken», IL, 1969, l'P, 85 sgg.: ID., Le origini di una
grande dinastia feudale. Adalberto Atto di Canossa, Tühingen 1971, pp. 43 sgg ..
La «curtis» di Nirone probabilmente
appare già nell'atto
di fondazione
del monastero di Aulla del 27 maggio 884. Le decime di questa «eur tis» con quelle della
«curtis Nonae» (Ia «curtis Novae») e cii quella «de Valle plana- erano assegnate
alla chiesa privata marchionale del castello. G. PISTARIl'iO, Medioevo ad Aulla; in
Società civile e società religiosa in Lunigiana e nel vicino Appennino dal IX al
XV secolo, cit , , a p. 100.
51 U. FORME;liTI:'iI, La tenuta curtense degli antichi marchesi della Tuscia in
Val di Magra e Val di Taro, cit.
52 Sulla «curtisdi Naseto o Nasseta cfr. O. RmtBALDI, Il monastero di San
Prospero di Reggio Emilia, Modena 1982, p. 43.
53 Per queste
vicende cfr. M. NOBILI, Signorie e comunità nella Lllnigiana
orientale, cit, pp. 74-75 e sgg ..
54 Su Comano
vedi U. FOR'IE:\TI!\I, La pieve di Crespiano; il castello e la
«curia» altomedievale di Comano ed i «Ligures Comuni»; in «La Spezia-Rivista
del Comune»,
1953; n. 2, pp. 4-23.
"URIO
xornu
31
Arcola, infine, negli anni cinquanta del secolo XI appare come
«curtis» marchionale e luogo di residenza preferito dai marchesi
durante i loro soggiorni in Lunigiana='. Nel 1060 ne è citato per la
prima volta il «castrumv'".
Le informazioni, che abbiamo riferito circa questi luoghi, poco o nulla ci dicono circa la realtà insediativa e territoriale degli
stessi o circa la struttura della proprietà in essi e di quella degli
Obertenghi in particolare. Si può comunque supporre che l'elenco
delle località del diploma riguardi, più che signorie territoriali,
complessi fondiari e signorie padronali dei nostri marchesi.
Le condizioni generali della contea di Luni intorno alla metà
del secolo XI ci possono, comunque, aiutare a comprendere il senso di questa lista di località e quello del diploma stesso.
La contea appare disgregata. Nel suo centro (bassa Val di Magra, Luni, Sarzana, Carrara) la signoria immunitaria del vescovo
era in competizione con quelle dei gruppi signorili emergenti (ad
esempio, i «domini- di Vezzano)57; ai margini orientali della Lunigiana interna padroneggiavano quelli che poi verranno detti Bianchi «de Herberia»; potenti vassalli eanossianij"; e i gruppi signorili
rivieraschi, come i Vezzanesi e i «de Passano», che sembrano ancora legati ai marchesi, in realtà già agiscono per conto proprio: i
55 Cfr. G. FALCO, Le carte del monastero
di S. Venerio del Tino, cit., I,
doc. nr. I, pp. 1-2,30 novembre 1050, «actum arcula»; doc. nr. II, pp. 2-3, 19
agosto 1051, «actum in cur te areola»; doc. nr. III, pp. 4-5, 27 dicembre 1051,
«actum in areola»; doc. nr. IV, 1'1'.5-6,6 gennaio 1052, «actum in arcula»; doc.
nr. V, pp. 6-7, 6 gennaio 1052, «actum in curte arcula», Tutti questi atti sono dei
marchesi Adalberto Azzo Il, linea obertina e Alberto III del fu marchese Alberto
o Adalberto II (ramo adalbertino) e Guido I, pure figlio del fu marchese Alberto
o Adalberto II. E, poi, ancora: doc. nr. VII, pp. 8-9, febbraio 1055, «acturn in
arcula», atto del marchese Oberto, fratello di Guido ed Alberto; e, infine: doc.
nr. XI, pp. 14-15,3 settembre 1056, «actum in curte arcula», è un atto del marchese Guido.
56 Nel ver su di un doc. del febbraio 1063 (G. FALCO, Le carte del monastero
di S. Venerio del Tino, cit., doc. nr. XIX, pp. 24-25) sono riportate notizie di
una «carta testamenti», della medesima mano dell'estensore del precedente, datate «armo millesimo sexagesimo»; con cui un certo «Burgo fili quondam Brunengi» dispone dei suoi beni «de areola», fra cui è la sua «porcione de casa de castro
arcola». Su Arcola vedi, Castelli di Lunigiana, cit., sub voce, pp. 99-101.
57 G. PETTI BALBI, I signori di Vezzano in Lunigiana,
secoli XI-XIII, cit.
58 M. NOBILI, Signorie e comunità nella Lunigiana
orientale fra XI e XIII
secolo, cit.
32
LE SIC:\OHIE
TEHHITOHIAU
IJE(;U
OBEHTE:\(;III
1:\ U:\((;I\:\\
marchesi ne subiscono liniziativa , «ì\os seniores de Vethano» si definiscono in un singolare e discusso documento del 1084 quei «domini», quasi a sottolineare
la Iu'olll'ia autonomia';'),
Il diploma del
1077 sembr-a scaturire da questa situazione e cercare di provvedervi. Considerato in relazione a quello del 1164. il diploma del 1077
potrebbe apparire anche come il punto di partenza di un progetto
di costruzione di signorie territoriali a partire dai complessi fondiari, patrimoniali e fiscali. tenuti dai marchesi nella contea di Luni.
Se questo progetto vi fu o è ipotizzahile , certo i vari marchesi,
o, meglio, le varie casate marchionali,
che negli ultimi decenni del
secolo XI cominciavano
ad imlividuar-si , tennero in Lunigiana un
comportamento
differenziat».
3, Proprio i destinatari del diploma del 1077, i marchesi Ugo e
Folco, figli del conte di Luni Adalherto Azzo II, (o, forse meglio, lo
stesso Adalberto Azzo II ed il figlio Foleo - linea estense), affidarono, in tutto () in parte, i beni e i diritti loro spettanti in Lunigiana a
dei vassalli. CosÌ troviamo nel 110460 la località di Verrucoln , ormai
incastellata, nelle mani di un Boso , stipite della omonima famiglia signorile dei Bosi della Verrucola, dei quali un legame vassallatieo con
gli Obertenghi è solo ipotizzahile. Certo è invece quello di Oherto e
di Odo «Blancus», figli di Alberto «de loco Moregnano», il secondo
dei quali fu autore della famiglia dei cosiddetto «Bianchi di Moregnano», che agli inizi del secolo XI (1104-1119) appaiono signori del
«castrum. di Panicale e di altri centri della valle del Taverone'".
5'1 G. PETTI
BALBI,
I signori di Vezzano in Lunigiana, secoli XI-XIJI, cit.,
pp. 28-29; KM. VECCIII,La chiesa di S. Venerio in Antoniano, in Atti del Concegno S. vene rio del Tino: cita religiosa e cicile tra isole e terraferma in età medioevale, La Spezia-Sarzana 1986, pp. 249-308, allt' pp. 250 nota 5 e 256-261.
Alle pagine 303-304 è data una nuova t'dizione del doc., briù puhhlir-uto dal Falco
(Le carte del monastero di S. Venerio del Tino, cit., I, doc. nr. XXX, pp. 38-39,
4 novembre 1095). La da tazione - segnala la Vecchi - è stata corretta da G. PtSTARINO,
Le pievi della diocesi di Luni; I, Bonlight~ra-La Spezia, 1961, pp. 24-25,
nota 2, «che ha ridotto l'anno all084 s.c.», Secondo la Vecchi «le date prohahili
sono il2 aprile 1084 o il2 agosto dello stesso anno» (p. 258, nota 36).
60 Cfr. M. NOIlILl, Signorie e comunità nella Lunigiana orient ale [ra XI e
XIII secolo, cit., p. 75. Il doc., stilato nel «castro verucole», nella «caminata» del
«dominus. Bosone il 22 novemhre 1104, è edito da L.A. MliHATORI, Delle Antichità estensi, I, Modena 1717, pp. 169-170.
61 Cfr. M. NOIlILI, Signorie e comunità nella Lunigiana orientato fra XI e
"ARIO
NOBILI
33
Intorno a questi ultimi personaggi abbiamo qualche interessante informazione.
Odo «de Moregnano» compare già in Pontremoli nel 1095 come teste ad una donazione fatta in favore dei canonici della cattedrale di Luni da un giudice Corrado e da Oldeherto del fu Ildehert062• Il 20 agosto 1097 è presente (vnec defuit Odo de Morignano»)
ad un placito tenuto da Corrado re dei Romani in Borgo San Donnin06:~. In quella occasione il r'e, aderendo all'istanza rivoltagli dal
marchese Folco , gli concede «pro beneficio» il singolare privilegio
di non essere costretto a pagare il banno regio se in qualche tempo
gli capiti di offendere le leggi. Il fratello di Odo, Uherto o Oberto ,
compare nel n05 come teste, insieme, fra gli altri, con Amalfredo
e Conone di Vezzano e Uherto di Burcione , ad una investitura feudale fatta da Ildehrando , abate del monastero di S. Venerio del Tino6t. Sia in questo caso che in occasione della donazione fatta in
Pontremoli, i due fratelli «de Moregnano» figurano hene inseriti
nello strato super-iore della aristocrazia
signorile c feudale della
diocesi di Luni.
Questo fatto va sottolineato, anche perché la loro origine non è
Lunigianese. «Moregnano», la località di provenienza del loro pudre
Alberto, dalla quale è tratto il Ioro «nome di famiglia», prohabilmente è da identificare con Morah'llanO, nella valle dell'Enza, in diocesi di Parma, o con un omonimo luogo della Lombardia. (Le identificazioni sono di Formentinij=.
Si deve pensare a dei funzionari
marchionali , preposti all ' amministrazione di una parte dei beni lunigianesi? o, meglio, ad una famiglia signorile entrata nella vassallità
di Adalberto Azzo II e del figlio Folco? Vale la pena di richiamare,
XIII secolo, cir., pp. 75-81. I documenti. dell'8 febbraio 1104 e del lO Iehhraio
1119 sono editi in L.A. MCR\TOHI. op. cit.; p. 174 e 1'1'.171-172. Sui «de Moregnano» vedi U. FOH\lE:\T1:'iI, La pieve di Crespiano, il castello e la curia altomedierale di Comano ed i «Ligures Comuni», cit.; Iu.; Panicale, in Castelli di Lunigiana, cit.; In., La pieve di Venelia e il borgo di Licciana, eit ,
62 Ediz. in M. FIL\;'I;:'iI:'iO,
Le carte dell'archivio capitolare di Sarzana,
1095-1320, Tesi di Laurea, Pisa, a.a. 1983-1984, rel. S.P.P. Scalfati , doc. I, pp.
2-3.
(,:1 C. M.\:'i.\HE~I,1
piaciti del «Regnum ltnliae»; III, II, Roma 1960, due. nr.
476, pp. 429-430.
M G. FALCO, le carte del monastero di S. VeTierio del Tino, cit., J, doc. nr.
XXXVI, pp. 44-45.
(,j U. FOInIE:'iTI:'il,
La piei:e di Venelia e il borgo (li Liccuuui; cit., p. 7.
34
LE ~J(;\ORIE TEHRITORI\LI
IH:(;U OBEH1T\(;I11
1\ uxict \\ \
anche per rirnarcarne la differenza. il caso del gastaldo Morulo, preposto ai beni ohertenghi nell'Aretino, cui toccò una sorto hen diversa: «deveniens in paupertate reversus est in Langobarrliam», donde
era venuto?". I Bianchi "dc Mon>gnano». invece. con lentruta
nel
vassallaggio dei primi Estensi. divennero signori autonomi in una zona diversa da quella d' origiue: una fru II~
nove o dieci "domus» signorili e feudali della diocesi di Luni'". (Un ca so analogo, almeno
agli inizi, a quello dei Pico. vassalli matildici, illustrato da Bruno
Andreolli)68,
Diverso da quello dei primi Estensi fu il compurtumento
dei
marchesi Malaspina e di quelli del ramo che fu detto di Massa-Corsica e Parodi?".
Sia i primi che i secondi dovettero impegnarsi direttamente
a
costruire signorie territoriali in Lunigiana, Mentre per i Malaspina
non abbiamo testimonianze , o quasi, se non per i r-isultati di questo
impegno, vale a dire il diploma del 29 settemhre 116470, per i mar-
(,6 Cfr. M. NOBILI,
La terra -Lbertengaaretina. in Arezzo e il suo territorio nell'Alto Medioet·o. Cortona 1985. pp. 111-121.
67 Cfr. :\1. Nonru, I signori di Buggiano in Lunigiana.
iII Atti del Convegno
signori e feudatari nella Valdinierole dal X al XII secolo, (BII~~iano Castello,
giugno 1(91), Buggiano 1992. pp. 1:33-155, alle pp. 13:~-134.
68 B. A:'IiDREOLLI,
I figli di JIanfredo da vassalli canossuini (l signori ; in I
poteri dei Canossa da Reggio Emilia all'Europa, (Atti del Convegno internazionale di studi Reggio-Carpineti,
29-31 ottobre 19(2), a r-uru di P. GOLl:\ELLI, Bologna 1994, pp. 189-210. ;\el caso dei «Ile ~lon'gnano»
p forse possrhil« circostanziare le ipotesi proposte. Ce lo perrnette l'inciso con cui nel plaeito di'l 20 agosto
1097 viene segnalata la prt'st'nza a Borgo San Donnino, al sl'gllito di Foli-o rnarchese, di Odo «de Morl'gnano: «nel' defuit - è detto - Odo de Mort'gnano».
'I"asi
a rimarearne
la particolare
notorietà in qUt'lla ct'rchia di p,~rsona~gi rag~uardt,voli presenti al placito di Corrado re dei Romani. In effetti, si plllÌ supporre che
quando i «de Moregnano»
(prohahilmente
con Alherto, il padre di Odo I' di
Oberto) si spostarono in Lunigiana, già appartent'ssero
nella loro zona di ori~ine
allo strato superiore della aristoerazia
signorile. Si potrehhe allora proporrt' IIna
analogia con i «de Ganaceto» - «de Calaone», i quali - eom,' ha mostrato A. Castagnetti (l conti di Vicenza e di Padova dall'età ottoniana (lI Comune, eit., pp.
86 e 118) vassalli canossiani nel Modt'nese (Ganaeeto), si trasferirono
con un ramo nel Padovano,
dove divennero vassalli di Adalberto Azzo II, l'hl' eon(,'~SSt' loro in feudo ileastello di Calaone, da cui presero il nome.
69 Sui marchesi
di Massa-Corsica
t' Parodi dr. M. NOBILI, Sviluppo e caratteri della dominazione obertenga in Corsica fra XI e XII secolo, in «Annuario
della ßihlioteea civiea di ~lassa» (1978-1979), pp. 1-35.
70 Compaiono,
però, nel famoso doeumento di'i 18 ottobre 1124 (M. Lupo
MARIONOBILI
35
chesi di Massa-Corsica abbiamo informazioni relativamente al centro delloro marchesato: il castello di Massa 71.
Molto probahilmente
- anche se la prima menzione del «castrum» è quella del diploma del 116472 - l'iniziativa di incastellare
Massa fu del marchese Alberto IV Rufo, che è attestato, come operante, fra il 1080 ed iII085 e, come defunto, il 1094n. Con questo
marchese Alberto si deve, infatti, probabilmente identificare l'omonimo marchese di un'espressione che compare in un documento del
27 agosto 1083: «Massa que dicitur del marchese Alberto» 74. Si tratta di un atto con cui un certo Bellindone del fu Pietro notaio dona
al monastero del Tino beni immobili «in Ioco qui dicitur corte Valcari, prope castro que noncupatur Aghinolfi et fini porta que dicitur Bertana usque ad Massa que dicitur del marchese Alberto».
«Massa del markese. compare poi nel già citato documento
del4 gennaio
Prohahilmente,
Alberto IV Rufo aveva scelto Massa come sua
residenza privilegiata, e la scelta fu mantenuta dai suoi discendenti. In tal modo Massa divenne il centro delloro marchesato e anche
in seguito sarà detta «Massa Marchionum» 76.
Alberto IV Rufo, infine, è da segnalare per una donazione in
nos>.
GE:\T1LE, Il regcsto del Codice Pelacicino ; cit., nr. 50, pp. 72-78), in guerra con il
vescovo di Luni per il tentativo di incastellamento
di un poggio del monte Caprione. Nella circostanza.
il Malaspina,
Alberto, appare collegato con un Massa-Corsica, Guglielmo Franeigena;
mentre in disaccordo
con loro risulta il marchese
Oherto Pelavicino , che testimonia
di aver concesso la quota a lui spettante
dci
poggio in questione al vescovo {Ii Luni. In effetti, sernhru che i Pelavicino avessero precocemente
lasciato perdere i loro possessi di Lunigiana.
71 Cfr. E. REPEITI, Dizionario geograficoc jisico, storico deUa Toscana, cit.,
III, sub voce; U. FOR~IEì\T1:\I,Le tre pievi del Massese e le origini della città di Massa, in "Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le antiche Provincie
Modenesi», serie VIII, II, (1949), pp. 97-112; M. NOBILI, Lefonti altomedievali del
territorio di J\,fassa (secoli IX-XII), in Le fonti scritte della storia locale a Massa
(Atti del Seminario di Studi, settembre-dicembre
1989), Massa 1992, pp. 17-49.
72 "Masse quartam
partem l'astri et cur-ie», Probabilmente
il Malaspina
rivendicava soltanto la quarta parte di Massa.
73 Cfr. M. NOBILI, Lefonti
altomedieoali del terrùorio di Massa (secoli lXXII), cit., pp. 19-20.
7t G. FALCO, Le carte del monastero di S. Vene rio del Tino, eit., I, doc., or.
XXVIII, pp. 35-36.
75 G. FALCO, le carte del monastero di S. Venerio del Tino, cit., doc. nr.
XXXVI, pp. 44-45.
76 U. FOR\lE'iTl'iI, Le tre pievi del Massese e le origini della città di Massa,
cit., p. 107.
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favore del monastero di S. Vene-rio del Tino del 29 fehhraio 1080.
Fu donata la corte di Frasso in Corsica con «placitum, destrictum,
servis et ancillis excepta caza de \"iva»77.
Secondo Formentini, l"ineastellamento di Massa da parte degli
Ohertenghi «assorbì e riunì in una mano i resti delle vecchie corti in
dissoluzione-j", Lo storico lunigianese riteneva, infatti, l'hl' nei secoli
IX, X e XI l'ordinamento curtense del terr-itor-io massese mettesse
capo a diverse corti. V' erano, innanzitutto, le corti del vescovo di
Luni , confermate da Ottone I nel 963 7Y,e cioè quelle di Serviliano e
di Lavacehio, poste sulla destra del Frigido, e la «curtis de Massa»,
alla sinistra dello stesso fiurne'". Y' era poi la corte posta nelluogo di
«Quarantula»,
antica proprietà
del vescovato di Lucca!!l. Forse
c'era anche una corte ohertenga, quella «corte de Massa» citata
nell'atto di fondazione del monastero di Castione dei Marchesi del
1033 (il fondatore fu Adalberto IL nonno di Alberto IV Rufo). A
queste, infine, si dovevano aggiungere «Ìa corte dei signori di Bozzano a m. Pepe con la prossima "curtis Valcari"»ll:l. Gli Obertenghi
avrebbero incastellato la corte posta nelluogo di «Quarantula»!l-l.
Un 'idea delI' ampiezza del distretto di castellania che metteva
capo al «castrum» di Massa ci viene offerta da un documento del
marzo 1174. Si tratta del testo di un giuramento prestato «apud
Massa» da 115 «hornines de Massa», o, meglio, «de melior-ihus 110minibus Masse»85, con cui venivano ratificati i patti di alleanza e di
suhordinazione stipulati con Genova e Lucca dal marchese Guglielmo di Massa86.
77 C. FALCO, Le carte del monastero di S. Venerio del Tino, r-it., I. doc. nr.
XXVI, pp. 33-34.
78 U. FOR\IEl\TJ:\I,
Le tre pieci del l1assese e le origini della città di Massa,
cit.; p. 105.
79 MCII, Conradi I, Heinrici I, Ottonis l Diplomata,
nr. 254, pp. :~o3-364, S.
Leo, 963 maggio 19. «Cortern de Servilianu, cortern de Lavar-lo, r-ortem de Massa».
80 U. FOItME'iTll\I,
Le tre pieci del Massese e le origini della ciuù di Massa,
cit., p. 104.
81 In., Ibidem, p. 104.
82 ID., Ibidem, p. 104, nota 29.
83 ID., Ibidem, 1'.104.
84 ID., Ibidem, pp. 104 e Wo.
85 C. IMPEHIALE DI SA:\T'A'\GELO,
Codice diplomutico della Repubblicu di Genova, voll. 3, Boma 1930-1942 (Fonti per la Storia d'Italia, Tl , 78, 79), II, doc.
nr. 85, pp. 177-180.
86 ID., Ibidem, doc. nr. 82, pp. 171-174, 1173 novembre.
"ARIOxoun.t
:n
NeWelenco il nome di diverse persone è accompagnato
da
quello del luogo di provenienza e di residenza. Troviamo cosi, ad
esempio, «Pievanus de Cervaria» (Cervara), «Peregrinus de Colle»
(Colle), «Arrraldinus
de sanctoVitale» (san Vitale), «Ferrinus de
Berzola(Bergiola), «Dominicus de Fornachio» (Forno), «Gottefredus de Murtedo» (Mirteto), «Martinellus de Pariana» (Pariana), ecc. Si può dire che in questo documento appaiono per la prima volta elencati gran parte dei centri insediativi , le cosiddette
«ville», del territorio di Massa8'. I «meliores homines Masse», i
«boni homines» del territorio sottoposto alla giurisdizione marchionale, erano distr-ibuiti per tutto il territorio all'interno dei singoli centri insediativi'", Probabilmente,
in quel momento il territorio giurisdizionale del «castrum- di Massa abbracciava l'insieme
dei territori ecclesiastici delle tre pievi del Massese: di San Pietro
di Massa, di San Vitale del Mirteto e di San Lorenzo di Monte Liher089. I marchesi avrebbero così applicato all'ampio distretto di castellania, che metteva capo al «castrumdi «Massa Marchionum»,
i diritti comitali di cui erano titolari, creando una piccola contea'".
87 Cfr. F. LE\EROTTI
. .l!assa di Lunigiana alla [ine del trecenta, ambiente,
insediamento; paesaggio. Pisa 1982. Elenco dei toponimi, pp. 263-270.
BB Cfr. U. FOR\lE\TI:\I, Le tre piel'i del Mussese
e le origini della città di
J1assa. eit., p. 108: ~1. NOBILI, Le [onti altomedieoali del territorio di Massa (secoli IX-XII). cit.. pp. 21-25.
8'1 Secondo Formentini (Le tre pievi del Massese e le origini della città di Massa, cit., p. 99). la pieve di S. Lorenzo di Monte Libero deve essere considerata «la
matrice» delle altre due; (' questo malgrado il fatto ehe quelle di San Vitale e di San
Pietro compaiono prima nella documentazione (ambedue in un documento del 16
gennaio 985. mentre quella di San Lorenzo l' citata per la prima volta nella Bolla di
Eugenio III del 1148 - cfr. U. FOR\lE\TI\I, Ibidem, pp. 102, 104, I~ p. 98). Sempre
secondo Forrnentini (Ibidem. p. 1(7) «resta in duhbio se la istituzione della pieve»
di San Pietro di Mmisa «sia avvenuta nella fase castrense, o non piuttosto, nell'ipotesi da noi proposta d'un suo distacco dalla matrice di S. Lorenzo. nell'anteriore fase curtense r-ome farebbe credere il simile caso della prossirna pil~\'I~di S. Vitale».
'IO "Marca de Luna est marea de Malaspina et de marchionilms
de Massa et
suurum consortum et alitls ('omitatum vel marca non est in Lunisiana», ha modo di
affermare il procuratore dd Comune di Sarzana nel dilJattimellto del famoso processo delmarzo 1219, nel ('ontestare i diritti comitali del vescovo di Luni. (Ediz. in L.
PODEST,\.Statuti di Sarzana. in Monumenti di Storia Patria delle Province Modenesi, Serie degli Statuti, T. IV. fasc. I. Modena 1893, Appendici, I, pp. 77-89). Cfr. G.
VOLPE,Lunigialla medioe['(lle. eit.. pp. 428-441. Circa il fenomeno della applicazione, da partt' di conti e marehesi, dei propri poteri d'ufficio alle signorie territoriali
da loro posspdute cfr. C. VIOL\_'\TE.
La signoria rurale nel secolo X, dt., l'p. 40-41.
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