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Verona: rifugio del Sommo Poeta

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Verona: rifugio del Sommo Poeta
Verona: rifugio del Sommo Poeta La nostra fantastica avventura in Veneto incomincia a Verona, importante centro d’arte e letteratura italiana.
Appena arrivati, dopo un’introduzione da parte della guida sulla storia medievale della città, abbiamo incontrato il “Sommo Poeta” che ci ha accompagnato nei principali luoghi a lui legati durante il suo esilio e ci ha raccontato in prima persona la sua vicenda storico-­‐artistica. Esule politico il Poeta soggiornò per la prima volta nella Verona ghibellina nei primi del ‘300 quando la città era retta da Bartolomeo della Scala, periodo in cui si ritiene si sia consumata la tragica storia di Romeo e Giulietta. Dopo quella visita soggiornò una seconda volta presso la corte scaligera, nel 1312, mentre regnava il principe Cangrande. Tra Dante e Cangrande si sviluppò un'amicizia e un grande rispetto reciproco. Il Signore Ghibellino era amante oltre che delle armi, a cui si era dedicato con passione fin da bambino, dell'arte e della letteratura, passioni che ha avuto modo di approfondire durante la maggiore età e per questo seppe apprezzare gli scritti del poeta. Dante a sua volta vedeva in lui il signore la cui forza militare e abilità politica avrebbero potuto portare alla pacificazione dell’ Italia. Con la signoria Scaligera la città raggiunse infatti l'apice della sua potenza, divenne un polo culturale primario in Italia e si guadagnò la fama di città-­‐rifugio dei numerosi esuli. Nei sei anni di permanenza a Verona scrisse il “De Monarchia”, il De Vulgari Eloquentia e parte della “Divina Commedia” dedicando a Cangrande l'ultima cantica, il Paradiso. "Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello
sarà la cortesia del gran Lombardo
che 'n su la scala porta il santo uccello;
ch'in te avrà sí benigno riguardo
che del fare e del chieder, tra voi due,
fia primo quel che, tra li altri, è più tardo."
(Paradiso, canto XVII, vv 70)
Queste parole sono dette da Cacciaguida, presente nella terza cantica del paradiso, al quale Dante chiede notizie sul suo futuro. Il "gran lombardo" è molto probabile che sia Cangrande, o Bartolomeo, infatti lo stemma descritto da Dante coincide con quello che si trova sui monumenti in giro per la città, uno scudo con una scala e sopra di essa un'aquila, "il santo uccello”, che si pensa sia il simbolo della signoria di Verona durante il periodo sotto Cangrande. Stemma scaligero
Dante ci ha anche raccontato della storia di Paolo e Francesca citata nella sua Commedia. Gianciotto, deforme e zoppo, per ragioni politiche sposò Francesca che invece amava suo fratello Paolo, alto, bello e forte. Dopo un po' di tempo Paolo andò a trovare Francesca, si misero a parlare e Francesca prese il libro “I cavalieri della tavola rotonda”. Mentre leggevano il pezzo in cui i due protagonisti del libro si baciano, si baciarono anche loro. Il servo li vide e andò a riferire tutto a Gianciotto che prese la spada e montò a cavallo. Quando Paolo vide il fratello arrivare, in preda al panico tentò di scappare ma i pantaloni gli rimasero impigliati nelle spine di alcune rose e gli si abbassarono. Gianciotto, quando lo vide, si arrabbiò ancora di più e, mentre alzava la spada per infilzarlo, Francesca gli si buttò addosso e così Gianciotto infilzò tutti e due. E’ presso la Biblioteca Capitolare che venne composta buona parte del Paradiso. L'uso della Biblioteca è testimoniato dallo studio di testi antichi contenuti in essa, come i codici giuridici scritti dall'imperatore romano Giustiniano, figura presente nel Paradiso. Al contrario secondo alcuni studiosi Dante non vi si recò mai perchè non risultano le sue firme nel registro della Biblioteca. La guida ci ha parlato anche del mistero della morte di Cangrande perché solo nel 2006 è stato scoperto che è morto per avvelenamento e i sospettati sono il Papa di quei tempi, Bonifacio VIII e il cugino che sarebbe poi salito al trono. Questa ipotesi è stata confermata da Dante che nella Commedia ci fa capire che Bonifacio VIII fu un Papa spietato e poco religioso. Tomba di Cangrande Nel 1320 Dante, dopo essersi allontanato per un periodo di viaggio senza meta vagando per l’Italia settentrionale, fu accolto anche nella corte parigina tra il 1307 e il 1309, quando finalmente tornò nella sua amata Verona. In una fredda e nevosa serata il 7 gennaio, nella chiesa di Sant'Elena, lesse ai canonici e agli uomini di cultura veronesi la sua celebre Quaestio de aqua et terra, forse sperando di conquistarsi l'ammissione all'insegnamento nella scuola superiore di Verona che stava diventando un'università rinomata. Ma a lui preferirono il maestro di logica Artemisio e Dante proseguì così il suo peregrinare fino alla morte l'anno seguente. Durante la visita a Piazza dei Signori, chiamata anche Piazza Dante per onorare il grande poeta, abbiamo potuto ammirare una statua in marmo bianco a lui dedicata, eretta nel 1865 in occasione del VI centenario della sua nascita. Dante visse proprio in questa lussuosa piazza, ospite di Cangrande nel palazzo degli Scaligeri dove viveva la famiglia di Cangrande. Lo accolsero come meglio poterono, addirittura chiamarono Giotto per riaffrescargli la stanza. Statua di Dante in Piazza dei Signori Non è casuale che Dante sia una figura importante a Verona perché riuscì a documentare con molti suoi scritti quella che era la situazione politica e sociologica della città di quei tempi. Grazie al calore con cui è stato accolto, alla grande possibilità di studiare testi antichi, all’amicizia forte che lo legava a molti personaggi veronesi influenti e alla bellezza di questa città, Dante si innamorò di Verona vedendola quasi come la sua vera città anche se nel cuore portò per sempre la nostalgia per Firenze da cui era stato ingiustamente cacciato. A cura di: Marco Betunio, Nicolas De Zuloaga, Claudio Fattibene, Giorgio Ficola. 
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