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Capire dante: Giorgio Petrocchi e Natalino Sapegno
NuovA SeCoNdArIA rICerCA Capire dante: Giorgio Petrocchi e Natalino Sapegno a confronto nell’analisi della Commedia Gabriella M. Di Paola Dollorenzo Uno dei meriti della dantistica del Novecento è stato di ricercare “il valore dell’originale” di continiana memoria. Per raggiungere questa meta, ma seguendo percorsi diversi, si è mossa l’ermeneutica di Giorgio Petrocchi e di Natalino Sapegno. l’analisi della Commedia secondo le due prospettive diverse ma non opposte, anzi complementari, ha determinato, sia a livello universitario sia a livello delle Scuole medie superiori, la diffusione dell’opera di dante nei suoi valori eminentemente educativi e formativi, rispettando, filologicamente, il dettato dantesco e rendendolo comprensibile ad un pubblico ampio di lettori: studenti di liceo, studenti universitari, ma anche semplici cultori di dante. One of the merits of Dante studies in the Twentieth Century has been to seek “the value of the Original” (Contini). To achieve this goal, following different paths, it is moved the hermeneutic of Giorgio Petrocchi and Natalino Sapegno. The analysis of the Commedia according this two perspectives, different but not opposite, rather complementary, has determined both at the high schools and undergraduate level the spread of Dante in his eminently education values, respecting, philologically, the wording of Dante and making it understandable to a wide audience of readers: high school students, college students, but also simple lovers of Dante. Il dante di Benedetto Croce agli albori del secolo XX la pubblicazione dell’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale (1902) di benedetto Croce segna sicuramente uno spartiacque, in italia, tra un prima e un poi di fare critica letteraria, tra un prima e un poi di fare critica dantesca, soprattutto riguardo al rapporto tra speculazione teorica e riflessione critica. Nel 1921, in coincidenza con le celebrazioni del centenario dantesco, Croce pubblicava La poesia di Dante, uno dei suoi libri più discussi ma di più estesa influenza. entrando in polemica con la dantistica dell’ultimo cinquantennio, da lui definita «periodo filologistico degli studi storici e letterari, corrispondente al generale naturalismo e positivismo filosofico»1, ne sottolineava la incapacità di comprendere le creazioni spirituali di dante, una sorta di “ottusità critica” particolarmente interessata alle «questioni allegoriche e strutturali, specialmente a quella gran parte di esse che erano arbitrarie e insolubili»2. affrontava perciò il problema compositivo della Commedia, con quel senso della distinzione tipico del suo pensiero filosofico e dissociava così struttura e poesia per ricongiungerle in un rapporto di unità dialettica: la poesia di dante (…) avviva con freschissima fantasia i particolari delle disquisizioni e parti informative ed espedienti di racconto, e perfino le non infrequenti concettosità dell’erudito in istoria, mitologia e astronomia, e investe tutte queste cose col suo commosso e sublime accento. 12 Per tale ragione, schema e poesia, romanzo teologico e lirica, non sono separabili nell’opera di dante, come non sono separabili le parti dell’anima sua di cui l’una condiziona l’altra e perciò confluisce nell’altra; e, in questo senso dialettico, la Commedia è sicuramente un’unità. Ma chi ha occhio e orecchio per la poesia discerne sempre, nel corso del poema, ciò che è strutturale e ciò che è poetico; e in misura maggiore che non convenga forse per altri poeti, nei quali pur si trova la stessa congiunzione, e pari forse, come s’è già detto, solo a quella che si deve usare pel Faust del Goethe, ma in contrasto quasi pieno coi maggiori drammi dello Shakespeare, dove lo schema o struttura nasce dal motivo poetico, e non c’è struttura e poesia, ma tutto, si può dire, è omogeneo, tutto è poesia3. il dualismo poesia-struttura, proposto dal Croce, se in qualche modo depauperava il giudizio critico, isolando il singolo motivo poetico dallo sfondo teologico della Commedia, in realtà, problematizzando l’approccio all’opera di dante, lanciava un sasso nello stagno della dantistica, rivelandosi, come affermò Gianfranco Contini, «il primo richiamo all’intelligenza moderna dell’opera, più pertinente di tutta la secolare ermeneutica messa assieme»4. la generazione post-crociana, a cui appartiene Natalino Sapegno, si sentì in diritto e in dovere di raccogliere la 1. b. Croce, La poesia di Dante, bari 1952, p. 190. 2. Ibidem. 3. Ibi, pp. 19-20. 4. G. Contini, Un’interpretazione di Dante (1965), in Un’idea di Dante, Torino 1976, ii ed., p. 71. © Nuova Secondaria - n. 7, marzo 2015 - Anno XXXII provocazione del Maestro, provocazione ritirata da Croce stesso nel saggio del 1941, dedicato a L’ultimo canto della Commedia, in cui l’incomunicabilità tra struttura e poesia è superata teorizzando il concetto di “letteratura” inteso come “arte letteraria” di dante. accanto al magistero crociano, nella seconda metà del sec. XX, proseguì la tradizione filologica, a cui appartenne Giorgio Petrocchi, che muoveva dal barbi e dal Parodi e, più in generale, dalla Scuola Storica, con un’accresciuta coscienza dei valori propriamente estetici, intrinseci ai procedimenti stessi della ricostruzione testuale e della classificazione dei fattori retorici, lessicali e sintattici. Mentre l’interpretazione dei vari episodi della Commedia e di tutto il mondo dantesco, verso cui si era protesa la critica romantica, diviene la ricerca centrale della critica crociana, la ricostruzione del mondo culturale di dante e l’impegno nella revisione critica dei testi, passano nella nuova filologia e approdano al lavoro di Michele barbi, che fornisce un esempio utile per superare, negli studi danteschi, le secche del crocianesimo. Si trattava di riportare la valutazione e la classificazione organica di un imponente materiale di nozioni culturali al servizio di un intendimento approfondito della poesia. Il dante di Natalino Sapegno il crocianesimo di Natalino Sapegno sembra riguardare solo la prima parte della sua attività di critico e storico della letteratura italiana, quella che precede il Compendio di storia della letteratura italiana, pubblicato tra il 1936 e il 1947. Ma fin dagli anni della sua formazione intellettuale, presso la rivista «Rivoluzione liberale» di Piero Gobetti, Sapegno dimostra la sua diffidenza verso meccaniche applicazioni di una metodologia, che si illudevano di poter distinguere la poesia dalla non poesia. Proprio gli studi sul Trecento e sugli Stilnovisti portano Sapegno a distaccarsi da Croce, esibendo una rinnovata fede verso lo storicismo e verso il fondatore della storia letteraria italiana, francesco de Sanctis: anche i fatti storici, ma non essi soli, non costituiscono dunque una serie autonoma e astrattamente riconoscibile in un suo ambito chiuso, bensì si collocano e si generano di volta in volta nel flusso totale delle condizioni storiche, in cui prendono il loro significato più vero anche i dati della tradizione letteraria e gli apporti delle innovazioni linguistiche; ed è certo vano ogni tentativo di coglierne l’essenza e le norme evolutive rinchiudendosi nei confini di una mera indagine formale. Ne deriva l’esigenza di superare, senza distruggerla, proprio quell’esclusiva attenzione all’aspetto strettamente estetico dell’opera d’arte, che è la gloria e il limite della nostra educazione crociana, per raggiunger una più comprensiva considerazione storicistica, in cui d’altronde anche l’aspetto estetico dei fatti letterari potrà ricevere un’illuminazione, quanto meno esclusiva, tanto più ricca e sostanziosa5. © Nuova Secondaria - n. 7, marzo 2015 - Anno XXXII NuovA SeCoNdArIA rICerCA dalla prospettiva storicista nasce l’esame dell’opera dantesca. Sapegno proietta ed interpreta il pensiero e la poesia di dante nelle lotte ideali del suo tempo, all’interno del quale egli ricostruisce l’età e l’ambiente letterario in cui agisce e si forma il Poeta. Staccando la Commedia dalle opere minori Sapegno intende scienza e filosofia, teologia e convinzione politica, storia e vita «non come qualcosa che si possa isolare e giudicare per sé, bensì come materia concreta di un mondo poetico: la materia che, con la sua compattezza, dà il tono della realtà alla sognante fantasia del poeta»6. lo studio di questa formazione letteraria di dante, che necessariamente non potrà essere disgiunto da una attenta e accurata indagine dell’ambiente letterario e di cultura, delle tendenze dei tempi di dante ed anche dalle tradizioni culturali e stilistiche del Medio evo, risulterebbe astratto se noi non fossimo assolutamente convinti e non tenessimo sempre presente che tale formazione si accompagna ed è strettamente legata all’evoluzione della stessa personalità umana di dante, al procedere delle sue esperienze di uomo e di cittadino, di innamorato e di sposo e di padre, di partigiano e di combattente, di sognatore e di studioso7. Non è certo un caso che tali affermazioni si trovino nelle Dispense dedicate alle lezioni universitarie (dal 1937 Sapegno ricopre la cattedra di letteratura italiana presso la “Sapienza” di Roma), così come il Compendio e il Commento alla Divina Commedia costituiranno lo “zoccolo duro” della formazione dei giovani italiani nel secondo dopoguerra. Credo sia questo il significato della formula “ritorno al de Sanctis”. dopo l’unità d’italia scrivere la prima storia letteraria della nascente nazione era stato necessario per ricostruire il senso e il significato di una identità troppo spesso ignorata e calpestata. dopo il fascismo e la bufera della ii guerra mondiale era necessario riprendere quel discorso con le nuove generazioni, indirizzando la dantistica accademica, robusta per impegno storico e filologico, nella direzione dell’educativo (anche Giorgio Petrocchi si muoverà nella stessa direzione). Pertanto il dante di Sapegno si colloca nella frattura fra il «sistema ideale della Scolastica e la realtà effettuale del tempo»8, vale a dire fra l’organica concezione del mondo propria del Medioevo e il suo sfaldarsi sotto i colpi di una profonda trasformazione sociale, morale e intellettuale. 5. N. Sapegno, Prospettive della storiografia letteraria, in I critici, Marzorati, Milano 1969, p. 1954. 6. id., Compendio di storia della letteratura italiana, firenze 1941, i, pp. 138139. 7. id., Tecnica poetica e poesia nelle opere di Dante, in Lezioni universitarie, G. berretta (ed.), Roma 1938-1939, p. 6. 8. id., Storia letteraria del Trecento, Milano-Napoli 1963, p. 132. 13 NuovA SeCoNdArIA rICerCA Ciò impone a dante uno sforzo di assoluta tensione polemica e costituisce il punto di partenza dell’idea della struttura del poema e della volontà dell’alighieri di ricomporre nella complessa unità del sistema i molteplici e contraddittori aspetti della sua realtà storica. Conseguentemente l’atteggiamento filosofico di dante si misura sul terreno dei problemi etici e civili e il fine poetico da lui perseguito è quello di «riassorbire il contingente nella sfera dell’assoluto, di riportare la varia e caotica materia della sensibilità in un quadro rigido di concetti»9. la ricostruzione della genesi della Commedia è confermata dall’Epistola XIII, dedicatoria del Paradiso, a Cangrande della Scala, in cui dante afferma esplicitamente che il fine della Commedia è «removere viventes in hac vita de statu miseriae et perducere ad statum felicitatis». Ricostruendo la genesi e la struttura del poema dantesco, Sapegno può sviluppare l’ermeneutica della rappresentazione figurale, volta a superare la ricerca sui significati dei singoli episodi (vedi Croce) e la concezione laica ottocentesca che riconosceva la poesia dantesca solo dove il poeta rievocava sentimenti e passioni del suo tempo (vedi de Sanctis): il critico propone un nuovo concetto di ‘struttura’, in cui l’analisi figurale del poema ci riconduce alla storia di un’esperienza intellettuale e poetica che comincia già nelle opere minori e si manifesta pienamente nel contrasto tra la crisi etico-culturale del presente e l’esigenza di un ordine ritrovato nel viaggio oltremondano. Qui dante rintraccia la stabilità ed eternità di quei valori che lui traduce in strutture simboliche ed in narrazione poetica10. Pensiamo alle generazioni di studenti italiani della seconda metà del secolo XX, accostatisi per la prima volta a dante, attraverso l’interpretazione di Natalino Sapegno: in essi ha preso il via l’amore per dante e per la Commedia intesa come il poema dell’animo di dante: Nella Commedia immaginazione e moralità son diventate una cosa sola, scaturite entrambe e accese del fuoco di una medesima personalità. allo stesso modo le pagine di contenuto filosofico teologico o scientifico, pur frequenti nel poema dantesco, ci richiamano non per somiglianza ma per contrasto alla ricca letteratura didattica del medioevo: perché qui filosofia teologia e scienza non s’accampano per sé, ma diventano un elemento della totale visione poetica, il segno della serietà e della profondità della mente da cui ha preso lo slancio il volo mirabile della fantasia. (…) Nei poemi allegorici i simboli costituiscono davvero tutto o quasi il contenuto dell’opera e le conferiscono un’impronta macchinosa e barocca; nel capolavoro di dante essi sono poco più di un tenue presupposto, che non solo cede di continuo il campo a una ricca e vivente realtà umana, ma esso stesso ad ogni istante si rinnova e si umanizza, con grande varietà di intonazioni e di sfumature sentimentali. (…) Tutto il poema con la sua sottile inquadratura concettuale e il suo 14 enorme contenuto umano, assume l’aspetto di una rivelazione meglio che di un’allegoria, di una mirabile visione, intensamente vissuta e non di una faticosa e tutta intellettuale architettura di simboli11. Questa prospettiva, così intensamente descritta, confluisce mirabilmente ne La Divina Commedia a cura di Natalino Sapegno, il cui volume i, Inferno è pubblicato nel marzo 1955 (vol. ii, Purgatorio, marzo 1956; vol. iii, Paradiso, marzo 1957 ). Nell’Avvertenza, che precede il commento all’Inferno, sono chiariti i criteri metodologici seguiti dal prof. Sapegno, che si rivolge ai lettori ma soprattutto ai colleghi: Mi pareva anzitutto, e mi par tuttora essenziale che un commento, e sia pure un commento scolastico, alla Commedia dovesse serbare dappertutto un carattere rigorosamente critico. (…) era da porre pertanto la massima cura nell’indicare gli elementi arcaici della lingua (lessico e sintassi), affinché l’intendimento della lettura risultasse dovunque chiaro, ma nello stesso tempo esatto e non approssimativo. Non si doveva trascurare nessuno di quei riferimenti culturali che fossero opportuni, perché il lettore si rendesse conto della complessa materia storica e culturale che la fantasia del poeta rielabora in modi sempre nuovi e originali, e il suo consenso all’arte grandissima e all’umanità dello scrittore non si appagasse in un’ammirazione tutta impressionistica e dilettantesca, ma si giustificasse in una comprensione reale e piena di una poesia che prende luce e significato da una peculiare e per noi remota condizione storica12. Nella definitiva liquidazione delle posizioni crociane si delinea un approccio più concreto e comprensivo, ma anche più problematico, che da una parte si riconduce al dantismo della maggiore critica romantica, da Hegel e Schelling fino al de Sanctis, e dall’altra guarda con interesse agli apporti della nuova filologia italiana (Parodi e barbi) nonché alle ricerche degli storici e dei filosofi del Medioevo (Gilson e Nardi): dove il senso si presenta dubbio e il testo malsicuro era preferibile esporre e discutere le diverse soluzioni possibili, anziché proporne una sola (…). opportuno poteva riuscire il ricorso ai commentatori tre e quattrocenteschi, non solo perché quelle antiche chiose aderiscono per lo più assai meglio che non le parole di noi moderni ai valori grammaticali e culturali, e talora anche 9. Ibi, p. 8. 10. a. Tartaro, Natalino Sapegno, in Enciclopedia Dantesca, Roma 1984, vol. V, pp. 17-18. 11. N. Sapegno, Disegno storico della letteratura italiana, firenze 1967, pp. 59-60. 12. id., Avvertenza, in dante alighieri, La Divina Commedia, vol.i , Inferno, pp. Vii-Viii. © Nuova Secondaria - n. 7, marzo 2015 - Anno XXXII NuovA SeCoNdArIA rICerCA estetici, della parola di dante, ma anche perché il lettore principiante avesse immediatamente il senso e imparasse a valutare il peso di una secolare ed ininterrotta tradizione esegetica13. il proposito educativo, che, come vedremo, avvicinerà Sapegno a Petrocchi, è alla base dell’ultimo criterio metodologico esposto, definito “il più importante”: Mi sembra il più importante: il fermo proposito cioè di rinunciare del tutto a quel modo di illustrazione cosiddetta estetica che oggi è d’uso, tutto inteso a sottolineare bellezze particolari ed episodiche e a distinguere, come si dice, la poesia dalla non poesia: che è un modo, a me pare, non di intendere davvero, ma piuttosto di travisare il senso di un’opera, quale è la Commedia, concepita con un’unità così rigorosa concettuale ad un tempo e fantastica. […] Codesto metodo di analisi […] a me par dannoso specialmente in quanto spezza quell’unità che si è detta, o almeno svia da essa l’attenzione e favorisce un modo di lettura frammentaria ed estetizzante, tutta affidata al gusto e povera di senso storico e filologico, e cioè intimamente falsa e diseducativa14. Il dante di Giorgio Petrocchi l’abbandono della distinzione crociana tra canti didascalici e canti lirico-poetici, già superata nel metodo e nel merito seguiti da Sapegno15, ci introduce al dante di Giorgio Petrocchi16, cioè alla sua interpretazione della Commedia, la cui edizione “secondo l’antica vulgata”17 costituisce ancor oggi uno dei pilastri della filologia dantesca del Novecento. l’antinomia scavata da Croce tra romanzo teologico e lirica è colmata da Petrocchi attraverso la dimostrazione che la poesia irraggiungibile della Commedia è tale proprio perché si identifica col romanzo teologico. in questa chiave il lavoro del critico tiburtino che ha, nel rispetto del dettato dantesco, un fine eminentemente educativo, non si contrappone bensì completa il lavoro del critico valdostano: le strade percorse sono diverse ma è possibile istituire numerosi parallelismi. Gli anni Cinquanta del secolo scorso sono caratterizzati da un acuto sperimentalismo, sia letterario che ermeneutico, sollecitato da tradizioni d’oltralpe e d’oltreoceano, come lo strutturalismo. Gli interpreti di poesia, educati dal magistero crociano, si appropriano dei risultati offerti dai linguisti e dai filologi, mentre filologi e storici della lingua, si pensi al dantista ignazio baldelli, approdano, con consumata perizia, ad operazioni di natura precisamente critica e storico-letteraria. È proprio negli anni Cinquanta che il linguaggio critico di Giorgio Petrocchi incomincia ad assumere le sue caratteristiche ben definite, parallelamente alle linee-guida della sua ricerca. anche se la sua opera riguarderà l’intero arco cronologico della letteratura italiana, fin dal 1950, © Nuova Secondaria - n. 7, marzo 2015 - Anno XXXII con Le lettere del Beato Colombini, si annuncia la sua passione critica per la mistica del due-Trecento18 e per l’opera di dante19. Ciò imposta la sua scrittura in una precisa direzione e se ne dovessimo indicare le fonti e i fini, potremmo dire che convergono verso il fine etico-morale motivazioni ideali ed estetiche: la tendenza verso il “religioso agire” e la connotazione mistica dell’ispirazione, entrambe guidate da una volontà dichiarata di militanza intellettuale e letteraria. Non casualmente in Petrocchi emerge l’interesse per la filologia, fin dal saggio del 1955, Proposta per un testobase della Divina Commedia. la filologia dantesca, filo rosso di tutta l’opera di Petrocchi, zampilla da un terreno ricco di umori mistici, ascetici e teologici, muovendo dalla profonda convinzione che solo rinnovando il “valore dell’originale” si potrà dimostrare l’efficacia teologica, ascetica e mistica del dettato dantesco, nonché l’altezza e la profondità della sua poesia. Tale atteggiamento critico “raffredda” l’impeto argomentativo presente negli studi sull’ascetica e sulla mistica medievale che precedono e introducono alla saggistica dantesca. fin dal suo nascere, il dantismo di Petrocchi, integrando fra loro ricerche, fonti, temi, analisi e confronti testuali, potrebbe essere definito una non imperfetta Imitatio Dantis, se è vero che la lingua e lo stile di dante, come ignazio baldelli ha autorevolmente dimostrato20, procedono da un Itinerarium in cui la selezione lessicale, retorica e metrica, non deriva solo da un ornatus fine a se stesso, ma 13. Ibi, p. Viii. 14. Ibi, pp. Viii-iX. 15. «Con tale metodo si conquistano alla poesia anche quelle zone dell’opera che per lo più si suole riferire a un’esigenza meramente strutturale, informativa o didattica, o per lo meno se ne avverte l’intrinseca necessità e il legame con le zone più propriamente liriche; anche, ed è ciò che più conta, l’umanità delle pagine più famose si arricchisce di valori nuovi e si mostra in tutta la sua complessità, in quel movimento che in dante è quasi sempre drammatico e dialettico, e non statico e monocorde», Avvertenza, cit., p. iX. 16. Per una valutazione complessiva del Petrocchi dantista: S. Pasquazi, Gli studi danteschi, in «l’alighieri», XXXi (1990), sezione Ricordo di Giorgio Petrocchi, pp. 36-42; S. bellomo, Giorgio Petrocchi dantista, in «la parola del testo», iii (1999), pp. 419-423; G. di Paola, Aspetti, strutture e dantismi nel linguaggio critico di Giorgio Petrocchi, in Per Giorgio Petrocchi, l. fava Guzzetta – P. Martino (eds.), Studium, Roma 2014, pp. 131-167. 17. Giorgio Petrocchi (ed.), dante alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Mondadori, Milano 1966-67, ii edizione riveduta, postuma, le lettere, firenze 1994. 18. G. Petrocchi, Un inedito trattatello ascetico sulla vita di Cristo, Napoli 1952; id., Aspetti e problemi della letteratura religiosa nel Trecento, Roma, istituto Univ. Pareggiato di Magistero “Maria SS. assunta”, 1954; id., L’esperienza ascetica di Ugo da Prato, firenze 1955; id., Astrattezza e realismo nel Liber della beata Angela da Foligno, Padova 1956; id., Ascesi e mistica trecentesca, firenze 1957; id., Il problema critico della letteratura religiosa, Roma 1957; id., Inchiesta sulla tradizione manoscritta dei Fioretti di San Francesco, Torino 1957. 19. id. L’attesa di Belacqua, Genova 1954; Proposte per un testo-base della Divina Commedia, 1955. 20. i. baldelli, Lingua e stile delle opere in volgare di Dante, in Enciclopedia Dantesca, Roma, istituto della enciclopedia italiana 1984, vol. Vi, pp. 57-112. 15 NuovA SeCoNdArIA rICerCA da un principio teorico-estetico di natura teologica. il plurilinguismo e il pluristilismo dantesco, sondati in profondità attraverso la filologia, costituiscono un modello a cui ispirarsi per esprimere la complessità della poesia dantesca. Petrocchi segue questo procedimento quasi naturalmente, perché è quello più adatto sia per dar conto della personalità civile, politica, intellettuale e morale di dante21 sia per far progredire l’ermeneutica dantesca sia per rinnovare la ricezione delle lecturae Dantis sia per esprimere, lasciando il segno, il messaggio educativo di dante22. la ricostruzione dell’ambiente culturale che circonda la Commedia non è finalizzata solo a capirne il messaggio, correlato al suo tempo, ma anche a percepire la proiezione dell’esperienza spirituale di dante nel nostro presente: l’uomo in dante. ecco una vicenda che sembra essere solo apparentemente diversa da quella di francesco d’assisi; e al tempo stesso identificarsi all’interno dell’antropocentrismo dantesco, con quelle stesse ragioni di spiritualità francescana che avevano animato tutto il secolo nel quale era morto francesco e nel quale era nato dante, cioè il duecento. Questo rapporto tra antropocentrismo e cosmologia è un elemento onnipresente ne La Divina Commedia. e La Divina Commedia va vista come successione di vicende umane che si identificano in questo partecipare dell’uomo a tutte le passioni, in questa presenza di un uomo integrale, con i propri vizi, con le proprie cadute, con i propri pentimenti, con le proprie sofferenze, ma anche con il formidabile spirito che è spinto dalla volontà di purificazione nell’assoluto. dobbiamo cercare di vedere all’interno di dante, in quest’altra grande vicenda di passioni umane e religiose che è la Divina Commedia, la continua correlazione di ordine spirituale tra le possibilità di espressione della volontà umana e la presenza di una ragione che guida gli atti di questa volontà. Nella vicenda de La Divina Commedia, la libertà dell’uomo è affermata in tutti i modi, e però sempre condizionata e illuminata dalla fede cristiana, da una fede che guida gli atti della libertà e riconsacra la dignità e il rispetto dell’uomo23. emerge così, e il Commento di Giovanni fallani ne sarà una conferma24, una linea interpretativa in cui la chiave teologica apre tutte le porte del poema dantesco, proprio perché è teologico (ricerca e conoscenza di dio) il viaggio di dante: l’uomo di dante è un uomo integrale, che ha vissuto ogni forma di esperienza, ogni forma di passione, anche la peggiore, anche la più condannabile. Ma, al tempo medesimo, le riscatta per questa forte pressione di un sentimento religioso che è sempre dentro, presente. Nessuna forma di esperienza, nessuna forma di passione etico-politica è esclusa. […] la Divina Commedia è vista come un continuo miglioramento dell’uomo. Quindi vi appare una sempre maggiore attenzione alla dignità dell’uomo, dapprima coinvolto nel peccato, poi con- 16 sapevole del peccato stesso, e già per questo capace di far emergere elementi di riscatto e dignità; e alla fine, per lui, c’è un dono ineffabile, una sovrabbondante effusione di grazia, che gli consente di immergersi nella visione del Paradiso25. Colpisce, nell’analisi del critico tiburtino, il rilievo accordato alla dimensione tutta interiore e spirituale del viaggio di dante, laddove la stessa esperienza, nella prospettiva di Sapegno, «prende luce e significato da una peculiare e per noi remota condizione storica», ma le due letture non sono in contrapposizione anzi si avvicinano, si integrano e si completano, soprattutto per quel che riguarda la comprensione del testo dantesco e la ricezione del medesimo da parte dei lettori della Commedia. dopo la fortissima azione educativa esercitata dal Commento di Natalino Sapegno su generazioni e generazioni di studenti della “nuova italia” post-bellica, negli anni ottanta del secolo scorso, Giorgio Petrocchi avvia con la Rai un progetto multimediale riguardante la Commedia che anticipa la fenomenologia del rapporto dante-pubblico così come si può pensare e realizzare oggi. Coinvolgendo dantisti autorevoli come ignazio baldelli, Nino borsellino, Silvio Pasquazi, achille Tartaro, aldo Vallone, che lo avevano affiancato nella redazione della monumentale Enciclopedia Dantesca26, diretta da Umberto bosco, Petrocchi, come Sapegno, avvicina la Commedia ad un pubblico ben ampio di fruitori. Non più e non solo gli studenti del liceo e dell’università ma tutti gli italiani in possesso del mezzo televisivo. dall’11 aprile 1988 al 28 dicembre 1988, la Rai mandò in onda la lectura di tutti i canti della Commedia. lo schema di ciascuna lettura era molto semplice ma didatticamente efficace: a) breve introduzione al canto di Giorgio Petrocchi; b) lettura del testo poetico (Giorgio albertazzi lesse l’Inferno, Giancarlo Sbragia il Purgatorio e enrico Maria Salerno il Paradiso); c) breve commento sui temi più significativi, affidato a due dantisti a confronto. l’operazione culturale, il cui effetto principale era affidato all’intensa lettura del testo dantesco, ebbe un successo insperato e fu riproposta dalla Rai anche in anni successivi, aprendo la strada alle molteplici letture multimediali di dante, oggi vive e operanti. 21. G. Petrocchi, Vita di Dante, Roma-bari 1983. 22. id., L’Inferno di Dante, Milano 1978; Il Purgatorio di Dante, Milano 1978; Il Paradiso di Dante, Milano 1978. 23. id., La concezione dell’uomo da San Francesco a Dante, in L’esperienza della meraviglia. Dialoghi a Villa Nazareth, Studium, Roma 2001, pp. 45-46. 24. Giovanni fallani – Silvio zennaro (eds.), dante, Divina Commedia, Inferno, Purgatorio, Paradiso, Roma 1993. 25. G. Petrocchi, La concezione dell’uomo, cit. p. 46. 26. aa. VV., Enciclopedia Dantesca, istituto della enciclopedia italiana, Roma 1978, voll. i – Vi. © Nuova Secondaria - n. 7, marzo 2015 - Anno XXXII Credo fermamente che l’eredità di questi grandi Maestri possa e debba portare ancora copiosi frutti nel terreno dell’educativo: dobbiamo sentire la responsabilità di un simile lascito, guardando negli occhi dei nostri educandi, con atteggiamento di grande umiltà. Così infatti Sapegno: Se i propositi qui esposti sian da ritenere non in tutto erronei, e se poi ad essi, e in qualche misura, abbia tenuto fede nel corso del mio lavoro, giudicheranno i colleghi, alla cui indulgenza e © Nuova Secondaria - n. 7, marzo 2015 - Anno XXXII NuovA SeCoNdArIA rICerCA ai cui consigli mi rivolgo per correggerlo e migliorarlo nelle eventuali future ristampe, ove esso incontri qualche fortuna27. Gabriella M. Di Paola Dollorenzo Università LUMSA di Roma 27. N. Sapegno, Avvertenza, cit., p. X. 17