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Trasporti chimici, la ferrovia tenta l`ultimo guizzo - Intermodale24-rail

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Trasporti chimici, la ferrovia tenta l`ultimo guizzo - Intermodale24-rail
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Lunedì 15 Luglio 2013
FERROVIE
Trasporti chimici, la ferrovia tenta l’ultimo guizzo
Alla Conferenza Logistica di Federchimica, Trenitalia presenta la nuova offerta merci
per il traffico diffuso, mentre Assoferr replica con la provocatoria proposta di legge
‘Cresci Ferrovia Merci’, che scuote ma non convince del tutto gli stakeholders
Milano - Botta e risposta tra ferrovie
pubbliche e private sul palcoscenico della
10° Conferenza Logistica di Federchimica
intitolata ‘Il futuro della logistica chimica
in Italia con modalità e programmi più
sostenibili’, espressamente focalizzata sul
ruolo – oggi esiguo, ma con dichiarate
ambizioni di ripresa – della modalità
ferroviaria per il trasporto dei prodotti
chimici.
Lo ha affermato chiaramente, introducendo
i lavori (cui hanno aderito circa 150
operatori), Francesco Carciotto, Presidente
Comitato Logistica di Federchimica, che
raduna 70 delegati in rappresentanza di
associati di vario tenore (associazioni
di categoria, imprese chimiche, imprese
ferroviarie, imprese proprietarie di carri),
annunciando l’ideale sottotitolo della
conferenza: ‘C’è ancora speranza per il
trasporto di prodotti chimici in Italia su
rotaia?’
La delicata tematica è stata cucita, fra
un intervento e l‘altro, da Rita Caroselli,
Direttore di Assogasliquidi, che ha
esordito ricordando come fino a dieci anni
fa tutte le merci pericolose viaggiassero
obbligatoriamente su ferrovia, e come pure
sopra i percorsi da oltre 250 km ci fosse
una netta tendenza a usare il treno. “Ma
ora si è ribaltata la valenza della ferrovia,
l’episodio del 29 giugno 2009 ha segnato
un’involuzione del trasporto ferrato. Va
bene la sicurezza, siamo tutti ovviamente
favorevoli nell’incrementarla, ma quando
il rigido rispetto di questa crea progressive
complicazioni all’attività e alla fine riporta
il traffico sulla strada, che rimane l’anello
debole della catena dei trasporti, con la sua
elevata incidentalità dimostrata, qual è il
senso di tutto ciò? In sostanza, tale politica
dei trasporti cui prodest?”
Da ormai dieci anni quello milanese
è l’annuale evento nel corso del quale
i manager di imprese chimiche si
confrontano con gli operatori logistici e
con i funzionari delle autorità pubbliche
competenti per la logistica; e per l’edizione
2013 – sinistramente caduta a pochissimi
giorni dall’ultimo spaventoso e incredibile
disastro occorso in Canada, e comunque a
una decina di giorni dalla quarta ricorrenza
di quel tragico e spietato rogo di Viareggio,
autentico spartiacque nel settore (per
ammissione pubblica collettiva, da quel
terribile momento il mondo ferroviario
non è, né sarà, più lo stesso) - il focus era
appunto sulle chance effettive di rialzare
la testa da parte della via ferrata, con le
nuove proposte di rilancio della modalità
provenienti sia dall’operatore incumbent
che dai suoi alter ego nati a seguito della
liberalizzazione in Italia e in Europa, con
in più alcune testimonianze eccellenti dei
principali attori della produzione, logistica
e trazione monomodale e intermodale.
A questo vasto e qualificato consesso le
ferrovie italiane hanno servito un ‘piattino’
forse inatteso, considerando come dal 1°
aprile (un pessimo pesce d’aprile…) del
2010 Trenitalia abbia detto ‘niet’ al traffico
diffuso, così tagliando fuori un’ampia fetta
Da sin.: Paruzzi (Solvay), Bombardi (Trenitalia), Carciotto (Federchimica),
Caroselli (Assogasliquidi) e Nardi (RFI) Abate (Versalis)
di mercato proveniente proprio dal settore
chimico.
Una dichiarazione concretizzata con una
serie di normative restrittive e penalizzanti
i treni residui, come la chiusura di un
numero elevato di stazioni abilitate al
trattamento delle merci RID, l’abbandono
delle manovre ferroviarie in alcune di
esse (dal 2014 solo su 20 delle attuali 54
verrà presidiata tale funzione da parte del
Gruppo RFI), il raddoppio dei costi di
servizio per i superstiti dei treni dedicati
– ora necessariamente ‘punto a punto’ –
spesso composti da appena uno o due carri
pieni, con un evidente spreco di risorse e
diseconomie sostanziali al sistema.
In Italia sono solo 175 gli scali ferroviari
(di cui appena 60 abilitati RID, con
diminuzione del 39% dal 2000) che
supportano circa 6.000 siti produttivi
chimici.
A suffragare la propria candidatura a
rifare, sostanzialmente, il service provider
a favore di quella moltitudine di piccoli
operatori del chimico tagliati fuori dalla
recente politica discriminatoria del corso
morettiano, Trenitalia ha chiamato un
testimonial di eccellenza assoluta quale
un’impresa leader in Italia – in veste di
succursale di una multinazionale europea
– sia nella produzione di prodotti chimici
che nell’utilizzo della rotaia per il trasporto
di questi.
Nella sua duplice veste di rappresentante
aziendale di Solvay Chimica Italia nonché
di coordinatore del trasporto ferrato in
Federchimica, Michele Paruzzi ha fatto il
quadro della situazione, quasi drammatica
per il settore: “In un solo biennio abbiamo
assistito al crollo delle merci pericolose,
passate da 2,031 a 1,706 miliardi tkm
tra 2009 e 2011. Inevitabilmente ciò
ha riverberato sulla gomma, con uno
spostamento delle merci perdute sulla
modalità stradale di 3 milioni di tonnellate
dal 2010 a oggi, oltre a determinare
un incremento dei costi stimato nel
100%. Tutto dovuto a un processo
di ‘inseverimento’ normativo, tra cui
l’obbligo di avvalersi di una sola impresa
ferroviaria, minimizzando le soste tecniche
e preferibilmente viaggiando da origine
a destinazione senza fermate intermedie,
presso soli terminal specializzati, che in
Italia oggi latitano”.
La soluzione possibile ventilata per
bypassare il blocco attuato al traffico
diffuso è quella che prevede lo sviluppo
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di una rete con treni multicliente e
multiprodotto in transito fra scali hub,
da cui i singoli convogli potranno essere
destinati a terminal finali.
“Solvay ha già in atto una pipeline tra
vari siti italiani: colleghiamo infatti
Porto Marghera (Venezia), Tavazzano
(Lodi), Spinetta Marengo (Alessandria),
Rosignano (Livorno), Livorno, più gli
impianti in Belgio e Francia”.
“Il progetto realizzato da Federchimica
e presentato a Milano ha previsto una
mappatura mai fatta prima, contattando
(con risposte significative) circa 50
imprese, al fine di tracciare le tonnellate
reali annue di merci chimiche movimentate,
con lo scopo finale di individuare 3-4
scali da attrezzare per rilanciare il traffico
diffuso e quindi, una volta selezionata e
certificata questa informazione, poter fare
una richiesta di investimento per realizzare
progetti pilota”, ha infine spiegato Paruzzi,
cedendo la palla a Furio Bombardi (Sales
Manager Chemical Products Trenitalia
Divisione Cargo), cui è spettato l’onere
di presentare la nuova offerta di servizio
pubblico: “Lo scopo è quello di estendere
un sistema ideato per grandi clienti come
Solvay a realtà più piccole. Il primo
risultato della nostra mappatura è la forte
concentrazione degli utenti in Lombardia,
Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e
Toscana, in particolare la fascia padana,
il Piemonte orientale e l’Alto Tirreno. Ma
la dimensione dei siti produttivi è molto
variegata, prevale il flusso stradale per gli
impianti medio piccoli, quello navale per
gli impianti medio grandi”,
Da questa analisi Federchimica e Trenitalia
hanno individuato quattro cluster: l’area
fra Novara, Bergamo e Alessandria, la
Toscana costiera, l’area che si estende
da Mantova a Ferrara, il Veneto e Friuli
Venezia Giulia. Gli hub identificati per
ciascun cluster sono rispettivamente: Novi
Ligure, Valdaro, Rosignano e Torviscosa.
“L’obiettivo – spiega ancora Bombardi
– è quello di fare treni pesanti a ‘flusso
teso’, con singole merceologie a bordo
consolidate. In sostanza dobbiamo seguire
il modello tedesco: oggi in Germania
Michele Nardi (RFI)
abbiamo 27 chemical parks and sites
dedicati con vari servizi al contorno.
Suggeriamo di realizzare una serie di
piattaforme logistiche del chimico che
consentano treni multiprodotti e integrati
sul territorio, con l’ultimo miglio da
svolgere sia con modalità ferroviaria che
stradale, e infine con i necessari servizi
ancillari: manutenzione, bonifica, sosta
ecc.”
Il funzionario di Trenitalia, ricordando come
questa proposta non sia altro che quella,
aggiornata al 2013, presentata già nel 2010
dal Direttore di divisione Mario Castaldo,
ha terminato annunciando i prossimi passi:
“Il progetto richiede un’unità d’intenti
tra tutti gli stakeholders di individuare i
volumi interessati, di sviluppare business
case per ogni cluster per ragionare in
termini di sostenibilità economica.
Abbiamo presentato un application form
insieme all’operatore VTG, individuando
per il nostro esperimento pilota il sito di
Novi Ligure; quindi il 21 febbraio 2013 è
partita la richiesta di cofinanziamento alla
Commissione UE e siamo in attesa di una
risposta a settembre, in modo da prevedere
l’avvio nel 2014”.
Qualche novità e ipotesi progettuale di
lavoro è emersa anche da RFI, a cominciare
dalla presentazione del responsabile della
nuova divisione merci nata a febbraio
2013, Michele Nardi. “Attualmente
abbiamo 20 imprese ferroviarie titolari di
contratti con RFI. Ci stiamo concentrando
per fare investimenti finalizzati a evitare
colli di bottiglia e ottimizzare la lunghezza
dei treni. Con l’ultimo Piano Regolatore
di Rete, sono stati individuati terminal
terrestri e marittimi dei corridoi europei.
Dal dicembre 2013 cambierà la manovra;
oggi RFI gestisce obbligatoriamente 50
impianti (direttamente o tramite soggetti
terzi). Abbiamo intenzione di erogare il
servizio nei soli impianti di collegamento
con le reti estere e fra Sicilia e Continente,
compiti ‘obbligati’ al fine di garantire la
continuità territoriale. La nostra proposta
è quella di andare verso l’autoproduzione,
oppure di creare un soggetto unico; a
questo fine è in corso una interlocuzione
con le imprese ferroviarie e l’URSF,
quest’ultimo le convocherà a luglio per
esporre le decisioni in merito”.
Fin qua la visione ‘pubblica’ dei servizi
alle merci.
A introdurre la risposta dell’area non-FS
ha pensato Giacomo Di Patrizi – che
invero è l’ex direttore commerciale di
Trenitalia Cargo – nella veste istituzionale
di Presidente di Fercargo, l’associazione
che raduna tutto quello che non è
Trenitalia, formata da soggetti privati più
le succursali italiane di imprese ferroviarie
estere, oggi 14 soci che generano circa
1.400 treni alla settimana, pari a un terzo
del mercato. “Dal 2008 l’Italia ha perso il
35% del suo traffico cargo e oggi la quota
parte della ferrovia sulle merci totale è
solo del 6%, mentre è più del doppio in
Francia e Germania. Il chimico è allineato
alla decrescita generale. Il trasportato dei
soci di Fercargo oggi pesa 13 milioni su 43
totali; l’unico anno in cui siamo cresciuti è
quello in ci è stato erogato il ferro bonus,
dunque un avanzamento che lascia un po’
il tempo che trova”.
È toccato a Guido Gazzola, Vicepresidente
di Assoferr e manager di VTG (cui la
famiglia Gazzola aveva ceduto l’azienda
Sogetank tre anni fa), esporre un
ambizioso piano di rilancio globale del
cargo ferroviario, un documento in fieri
di cui aveva anticipato la redazione lo
stesso presidente Guido Nicolini, da noi
Lunedì 15 Luglio 2013
intercettato un mese fa alla fiera Transport
Logistic di Monaco di Baviera.
Significativamente intitolato ‘Crescimerci’
– “speriamo abbia un miglior esito del
‘Crescitalia’ ideato da Mario Monti”
– ha abbozzato Gazzola, il ‘decalogo
amplificato’ (sono ben 14 i punti all’ordine
del giorno) ha come obiettivo dichiarato
quello di “portare le merci dai porti italiani
alla Pianura Padana grazie all’auspicato
recupero di competitività rispetto al porto
di Rotterdam, ad esempio, partendo da
alcuni presupposti ben precisi: il know
how dei nostri politici è quasi nullo. Il
break even del trasporto ferroviario è
sempre più lontano, oggi non c’è un vero
switch modale”.
Guido Gazzola (Assoferr)
Quello di Assoferr è un documento teso
certamente a stimolare il dibattito e per
certi versi provocatorio, ma non per questo
ostile e chiuso. “Mettiamo nero su bianco
alcune proposte concrete, che abbiamo
sintetizzato in 14 punti, da considerare
dei suggerimenti ai politici, che siano per
loro facilmente leggibili; ma siamo aperti
a interlocuzioni con chiunque, perché
quello che auspichiamo è un concetto
federativo tra l’impresa incumbent e quelle
concorrenti, secondo il modello tedesco,
che si dimostra vincente” ha chiarito
Gazzola, cominciando a delineare alcuni
dei punti salienti. “Vogliamo un comitato
permanente del cargo ferroviario che sia
uno strumento consultivo, presieduto dal
Ministero delle Infrastrutture e Trasporti;
le imprese finora non sono state coinvolte
in decisioni che le toccano, e questo
chiaramente è un assurdo. In secondo
luogo, chiediamo che venga ratificata
la normativa internazionale COTIF99;
a distanza di oltre dieci anni dalla sua
approvazione, solo l’Italia è rimasta
indietro”.
Tutto quanto scaturisce dalla panoplia di
Assoferr è a costo zero per lo Stato.
“Gli unici quattrini che chiediamo sono dei
contributi per l’adeguamento tecnologico
dei carri, nonché incentivi per la riduzione
delle esternalità. Altrimenti come possono
le nostre imprese competere ad esempio
con gli svizzeri, che hanno già erogato
fondi per gli stessi fini?”
Gazzola annota come non sia possibile
fissare una volta per tutte i colli di
bottiglia, poiché questi variano negli anni.
“Abbiamo perso il traffico diffuso, quindi
oggi si deve cominciare a recuperarlo. E
allora perché non imporre una norma che
contempla, oltre i 200 km, una priorità al
trasporto ferrato? Siamo consci che non
debba essere un obbligo, ma quantomeno
la ‘norma’, salvo eccezioni”.
A questa dichiarazione forte, sia i
rappresentanti di Federchimica che di
Assogasliquidi hanno reagito vivacemente
in presa diretta. “Non accettiamo alcun
dirigismo nella politica dei trasporti,
sarebbe un passo indietro, il mercato
deve premiare senza vincoli, paletti o
indirizzamenti forzosi le modalità di
trasporto più virtuose” hanno affermato
all’unisono Caroselli, Carciotto ed Erwin
Rauhe, Vice Presidente di Federchimica.
A queste reazioni, peraltro scontate e attese,
a sentire il delegato di Assoferr, Gazzola
ha ammiccato - “importante è comunque
ravvivare un dibattito sulla questione,
prioritaria e urgente” – passando ad un
ulteriore paio di suggerimenti. “Abbiamo
proposto un consorzio tipo X-rail per i
carri in avaria, che si chiamerà TRACI,
per trazionare i singoli carri alle officine di
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manutenzione. Senza prevedere una forma
di rapido spostamento dei carri da riparare,
non si potrà avere la giusta sicurezza. Infine,
considerando quanto manchi il know how
specifico tra i giovani e la nota carenza
di ingegneri ferroviari, proponiamo una
maggiore formazione professionale da
introdurre nell’educazione scolastica”.
L’ultimo spunto a suffragio della visione
‘privatistica’ è provenuto da Vittorio Gatti,
Legal Representative di ChemOil Logistics
AG, la succursale delle ferrovie federali
La sessione pomeridiana è stata dedicata ad
alcune presentazioni aziendali di imprese
‘virtuose’, che già si avvalgono in larga
misura della via ferrata per lo svolgimento
dei propri traffici intermodali.
Lorenzo Bertolini, manager dell’elvetica
Bertschi, ha ribadito l’attuale attenzione
della società di Durrenasch verso mercati
extra continentali (S2S n.23/2013).
“Siamo attenti agli sviluppi dei paesi
emergenti e nel Middle East, dove si è
spostata la chimica. Qualità e sicurezza
Bertolini (Bertschi), Masotti (ANITA) e Leone (Arcese)
svizzere SBB dal 1999 dedicata al trasporto
di prodotti chimici, che da quest’anno
ha anche una filiale in Italia. “Abbiamo
varato da tre anni il sistema Chemlink,
con treni a lunga percorrenza multiclienti,
coi vagoni sganciati in scali merci lungo il
percorso e consegnati con feeder privati. È
stato un investimento importante; ci siamo
sobbarcati l’onere di acquistare treni per
rivenderli successivamente, col rischio
gravante sulle nostre spalle. Questo sistema
comporta la commistione tra incumbent
e nuove imprese ferroviarie. Il prodotto
ha funzionato bene perché la crisi ha
frammentato i volumi sui mercati, dunque
il nostro lavoro di collettore di questi
traffici è stato apprezzato, registrando un
tasso di saturazione del 97-98% con punte
del 120%”.
per noi sono una forma mentis, non
un semplice pezzo di carta. Da sempre
Bertschi è protesa a uno sforzo per
ridurre gli incidenti mediante processi
manageriali, la formazione attraverso
un programma proprio BBS e attività
di auditing. La nostra forza, in questi 50
anni di attività, sono i nostri autisti, tutti
dipendenti, perché non vogliamo delegare
il trasporto a nessuno, sottoposti a una
politica di educazione rigida e ferrea, senza
sconti per nessuno. Nel 2002 abbiamo
introdotto il programma BBS, che altri
non è se non sicurezza basata sul giusto
comportamento, il concetto del buon padre
di famiglia, in sostanza”.
Lorenzo Leone (Arcese) ha confermato
come l’impresa trentina guardi molto
all’intermodalità nel suo attuale percorso
Lunedì 15 Luglio 2013
evolutivo. “La qualità è un must per noi sin
dal 1994, data della prima certificazione;
poi nel 2003 ne abbiamo avute molte
altre, e ora stiamo valutando una nuova
certificazione, complessa ma stimolante,
sul carbon footprint. La dichiarata volontà
della famiglia Arcese è quella di proseguire
a crescere continuando a investire in mezzi
ma senza aumentare l’inquinamento
generato dalla nostra attività”.
Dal suo canto Massimo Masotti,
responsabile della sezione internazionale
di ANITA, ha postulato come “un sistema
di trasporto, sia esso su rotaia che su ferro,
è competitivo solo nella misura in cui lo è
il sistema manifatturiero che lo alimenta.
Oggi il mercato del cabotaggio tra due
paesi UE è libero, non lo è però nel paese di
destino perché viene stabilito un massimo
di viaggi ravvicinati da poter effettuare.
L’impatto nel settore chimico è forte, la
quota straniera è in continuo aumento;
come ANITA chiediamo investimenti più
mirati e non a pioggia; omogeneità di
normative nell’Europa comunitaria, e non
misure proibitive solo contro gli italiani
(ad esempio i test alcolici) per poter essere
competitivi alla pari degli altri; e, non in
ultimo, l’abbassamento del cuneo fiscale,
una vera emergenza italiana”.
La parte finale della seconda sessione è stata
dedicata ad aspetti che caratterizzeranno
la logistica chimica nei prossimi anni su
sostenibilità e sicurezza del trasporto, con
la presentazione da parte di Virginio Sarto,
QHES/Responsible Care BC Europe South
di Basf Italia Spa del nuovo S.E.T. Servizio
Emergenze Trasporti (aggiornamento di
quello costituito nel 1998), alle imprese
interessate, sia chimiche, sia logistiche,
e soprattutto alle Pubbliche Autorità, in
particolare al Corpo Nazionale dei Vigili
del Fuoco, questi ultimi sempre disponibili
a cooperare nella prevenzione e gestione
delle emergenze nel trasporto di prodotti
chimici.
Angelo Scorza
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