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Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia

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Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia
Gli Speciali di Ship2Shore www.ship2shore.it
Il dopo Viareggio e la crisi
del traffico merci su ferrovia
Numero 13, supplemento al n.36/2010 del 27 Settembre 2010 - Direttore Responsabile: Angelo Scorza
INDICE
IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
AFTER VIAREGGIO 2009 - THE RAIL CARGO CRISIS IN ITALY - A SPECIAL REPORT
a cura di Andrea Moizo
pag.
Executive Summary
3
1. Introduzione
4
2. Premessa
5
3. Il dopo Viareggio: psicosi da tragedia e ‘antidoto’
6
4. L’impatto normativo e le incongruenze con le regole
europee
7
5. L’assordante silenzio istituzionale
8
6. Il secondo problema
9/10
7. I pericolosi incroci fra Trenitalia e RFI
7.1 Un caso concreto
7.2 L’opinione di Federchimica e Fercargo
7.3 Le reticenze di FS
11/13
8. Proposte di correttivi
14/15
9. Considerazioni conclusive
15
Breve glossario
16
Text in English
17/21
Gli Speciali di Ship2Shore
Redazione Servizi Speciali di Ship2shore - [email protected]
Direttore Responsabile: Angelo Scorza - [email protected]
Ship2Shore - www.ship2shore.it
Via Felice Romani 8/2a, 16122, Genova Tel. 010 2517945 Fax 010 2514853
IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
Executive Summary
Il presente dossier nasce dalla necessità di approfondire gli effetti dei
provvedimenti e della normativa emanati a seguito dell’incidente di
Viareggio del 29 giugno 2009.
L’indagine è stata condotta attraverso interviste ai soggetti coinvolti e
interessati e con l’ausilio di un sondaggio (anonimo) fra i nostri lettori
(di seguito si riportano flash sui loro commenti)
In estrema sintesi il lavoro ha messo in luce:
• una situazione difficile per il trasporto di merci pericolose (e non)
su rotaia in Italia
• non esiste una lobby influente di settore
• gli organi decisori in materia non hanno una strategia ben definita
• si sono palesate da ogni parte forte reticenza e scarsissima volontà
d’affrontare gli argomenti
• ad oggi il settore ferroviario cargo appare ancora gravato da
problemi di fondo come la parziale liberalizzazione e l’identità fra
gestore della rete e principale utente ex monopolista.
per presunte perdite di gas, occorre stabilire parametri oggettivi di
vera pericolosità di una perdita…
…i provvedimenti decisi dopo Viareggio sembrano esser stati assunti
sull’onda emotiva del momento, senza una valutazione adeguata
dell’indiretto effetto opposto sull’oggetto degli stessi, senza il
necessario coinvolgimento consultivo degli svariati soggetti interessati
e senza considerare l’importanza di armonizzarsi a normative e usi
europei…
…la gomma gode di benefici preclusi alla rotaia, come bassi costi di
accesso all’infrastruttura e condizioni di lavoro più flessibili…
…impossibile ipotizzare oggi in seno a questo settore la definizione
di una lobby forte, univoca e capace di individuare un ben strutturato
piano di richieste e riforme…
…il processo di liberalizzazione ha subito una forte battuta d’arresto
dovuta al fatto che ancora oggi il gestore dell’infrastruttura è nella
stessa holding del principale gestore del servizio…
…inveterata, diffusa e caparbia ritrosia ad affrontare in maniera
strutturata tali tematiche; rifiuto del dialogo da parte delle società del
gruppo FS, ineffabile evanescenza di alcuni enti pubblici, in primis
ANSF: il tentativo di sollecitare la discussione con gli organi decisori
in materia di trasporti è fallito miseramente
…va quindi prioritariamente rafforzata l’Agenzia Ferroviaria
Europea (ERA)…
…la probabilità di un incidente (inerente materie pericolose)
ferroviario è quaranta volte più bassa di quella di un incidente
stradale…
…nell’ultimo inverno diecine di casi di blocco di carri nelle stazioni
…il problema non è la nuova normativa in sé, ma il fatto che sia
stata emanata con poco o nullo preavviso ed elaborata senza
concertazione…
…la Commissione Europea sta investigando sulle misure imposte da
ANSF dopo l’incidente di Viareggio…
…l’intenzione di interrompere i servizi di traffico diffuso per i trasporti
di merce RID…
…aumentano i costi per l’industria chimica e diviene complesso
gestire il traffico di ferro cisterne inoltrate a riparazione/revisione,
con l’indesiderato effetto di uno shift rotaia/gomma…
…elementi per cui oggi il trasporto ferroviario delle merci, appare
commercialmente poco appetibile e in ragione dei quali c’è meno
disponibilità degli operatori a investire…
… approccio armonizzato in luogo di solitarie azioni nazionali,
prevedere uno sviluppo e una crescita di ANSF in termini di personale,
autonomia e poteri sanzionatori, separazione definitiva tra RFI e
Trenitalia…
…un cittadino, rispetto a prima di Viareggio, oggi rischia
maggiormente di saltare in aria in autostrada?
Gli Speciali di Ship2Shore - Numero 13: Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia - Settembre 2010
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
1. Introduzione
Alcuni mesi fa, mentre si avvicinava l’anniversario del tragico
incidente di Viareggio del 29 giugno 2009, la nostra testata, cogliendo
un crescente e diffuso malcontento fra gli operatori del settore, ha
deciso di realizzare un approfondimento sulle conseguenze tecniconormative e operative che quella disgrazia ha comportato per il
comparto del trasporto ferroviario di merci pericolose (e non solo).
Quanto emerso nelle successive settimane di lavoro ha sorpreso
anche noi. E non solo perché i provvedimenti decisi dopo Viareggio
sembrano esser stati assunti sull’onda emotiva del momento, senza
una valutazione adeguata dell’indiretto effetto opposto sull’oggetto
degli stessi (vale a dire un aumento complessivo invece di una
riduzione dei rischi connessi al trasporto non solo ferroviario di
merci pericolose), senza il necessario coinvolgimento consultivo
degli svariati soggetti interessati e senza considerare l’importanza
di armonizzarsi a normative e usi europei, in una materia che per sua
natura non può non esser regolata a livello continentale.
A latere di ciò e dell’impietosa evidenza di un’assente politica
ferroviaria nazionale – di cui la strategia di tagli al settore cargo
attuata da Trenitalia (in questa sede si è affrontata in particolare la
riduzione del diffuso) è solo uno degli aspetti – sono venuti, infatti,
a galla almeno altri due elementi inattesi e preoccupanti.
Innanzitutto è emerso come, contrariamente ad altri settori, in
quello del trasporto ferroviario di merci non esista assolutamente
un cluster lobbistico in grado di agire in modo uniforme e compatto:
manifestazioni di ciò sono la mancanza di coordinazione fra
associazioni di categoria e il fatto che il soggetto maggiormente
attivo a livello mediatico-politico sia stato in questi mesi una delle
confederazioni della committenza, nello specifico Federchimica.
Difficile comprenderne le cause, anche se fra esse è da ascrivere
senz’ombra di dubbio il fatto che il mercato ferroviario italiano sia
stato per lungo tempo (e secondo molti sia ancora) un monopolio
del gruppo FS.
Altro aspetto sconcertante (e probabilmente collegato in parte alla
succitata deficienza lobbistica) è l’inveterata, diffusa e caparbia
ritrosia ad affrontare in maniera strutturata tali tematiche. Ciò si è
palesato in ogni fase dell’indagine. Il lavoro svolto prevedeva una
duplice serie di interviste e la realizzazione di un sondaggio per
raccogliere in maniera organizzata l’opinione e le singole esperienze
dei nostri lettori (sulla scorta della considerazione che negli
informali incontri de visu la facondia sui guai delle ferrovie nostrane
non fa difetto quasi a nessuno); quest’ultima parte dell’indagine è
stata parzialmente fallimentare, nel senso che lo scarso numero di
risposte ottenute non ha permesso una sistematizzazione delle stesse,
pur consentendo di cogliere spunti di riflessione molto interessanti.
La garanzia di anonimato – la richiesta di qualificarsi aveva l’unica
manifesta funzione giornalistica di meglio classificare le risposte
– non ha evidentemente prevalso, in generale, sulla paura (che,
come vedremo, pervade molti operatori) di denunciare formalmente
particolari situazioni.
E anche il tentativo di realizzare interviste con i soggetti corporativi,
societari ed istituzionali maggiormente titolati a pronunciarsi
sull’argomento non ha sortito gli effetti sperati: ad alcune
associazioni di categoria disponibili e competenti, infatti, hanno
fatto da contraltare il silenzio di altre, motivato presumibilmente
da dissidi interni o da scarsa confidenza con la materia, l’esplicito
rifiuto del dialogo da parte delle società del gruppo FS interpellate
e l’ineffabile evanescenza di alcuni enti pubblici, in primis ANSF
(Agenzia Italiana per la Sicurezza delle Ferrovie).
Di fatto, quindi, la volontà di mettere a confronto l’evidenziazione
di alcune problematiche con la valutazione delle stesse da parte
di chi dovrebbe primariamente occuparsene non ha potuto essere
soddisfatta. Pertanto il lavoro svolto ha contribuito piuttosto a mettere
una volta di più in luce l’acerbità del settore ferroviario cargo in Italia
e a evidenziare, se ce ne fosse bisogno, la totale, disarmante assenza
di una strategia univoca, concordata e condivisa per portare questo
paese a una maturità logistica capace di sostenerne adeguatamente
l’economia, per lavorare alla quale nemmeno spaventosi incidenti
come quello viareggino sembrano essere uno sprone sufficiente.
Gli Speciali di Ship2Shore - Numero 13: Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia - Settembre 2010
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
2. Premessa
Senza ulteriori commenti è utile per meglio comprendere il senso
della trattazione riportare di seguito alcune delle risposte alla seguente
domanda, posta sia nel sondaggio che nelle singole interviste: “In
generale quale ritenete che sia la modalità di trasporto più idonea
per le merci pericolose, sia in termini di sicurezza che di costi e di
tempistiche finali?”. L’unica ad avere avuto una risposta unanime,
almeno per la parte concernente la sicurezza.
“Il trasporto ferroviario è sicuramente preferibile a quello stradale
essendo caratterizzato da un maggior fattore di sicurezza e da
minimo impatto ambientale. Al trasporto stradale, in un sistema
logistico ottimale di traffico delle merci, dovrebbero essere affidato
l’ultimo miglio” (Federchimica).
“La probabilità di un incidente (inerente materie pericolose)
ferroviario è quaranta volte più bassa di quella di un incidente
stradale. Di conseguenza è più sicuro per la popolazione trasportare
le merci pericolose via ferrovia. Inoltre le linee ferroviarie
attraversano in media aree meno popolate di quelle attraversate
dalla rete stradale. Infine i treni che trasportano materie pericolose
rappresentano un rischio decisamente inferiore per i convogli
passeggeri di quanto lo siano i camion per le auto private” (CER
- Community of European Railway and Infrastructure Companies).
“Sicuramente la ferrovia. Nonostante Viareggio”.
“La modalità di trasporto più sicura numeri alla mano è quella
ferroviaria. La modalità più economica è il camion, anche perché
nei costi di trasporto non sono contemplate tutte le esternalità
negative causate dall’autotrasporto. In termini di tempistiche,
dipende a seconda dei casi. Va ricordato che un treno corrisponde a
circa 20 camion e quindi il confronto va fatto considerando questo
rapporto”.
“Il trasporto ferroviario resta comunque la modalità di trasporto
più sicura rispetto alla gomma, che per altro circola in modo
spropositato nel nostro paese”.
“Senz’altro la modalità ferroviaria in termini di sicurezza;
comunque, anche per i costi, valutando tutto, il trasporto ferroviario
non è secondo alle altre modalità”.
“La modalità più idonea per i grossi quantitativi è senz’altro la
ferrovia, così come sta diventando obbligatoria in paesi come la
Francia, soprattutto in termini di sicurezza; non sicuramente in
termini di tempistiche e a volte di costi, ma la sicurezza è un costo
derogabile?”
“Treno, se fatta con regole precise e che poi vengano fatte rispettare.
Che vengano ben indicati i responsabili dei mezzi e del metodo di
trasporto per tutti i materiali non solo quelli pericolosi, ma anche
per il trasporto pubblico di persone in modo da poter sapere chi non
ha fatto il proprio dovere”.
“Nell’ordine: treno, intermodale, autocarro”.
Gli Speciali di Ship2Shore - Numero 13: Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia - Settembre 2010
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
3. Il dopo Viareggio:
psicosi da tragedia e ‘antidoto’
Secondo il giudizio di diversi operatori - che non sminuisce affatto la
tragicità del fatto e men che meno nega la necessità di accertarne le
responsabilità - il disastro ferroviario verificatosi alla fine di giugno
2009 a Viareggio ha gettato una luce oltremodo negativa sul trasporto
su rotaia di merci pericolose e in particolare di gas.
Ciò, peraltro, a dispetto del fatto che la ricostruzione ad oggi
comunemente accettata dell’episodio evidenzi come il primum
movens non ne sia stata la condizione delle cisterne utilizzate, bensì
ciò che ha causato lo svio dei carri dal binario: dopo il deragliamento,
infatti, un carro è caduto su un paletto di ferro verticale, un cosiddetto
distanziatore (o, secondo un’altra perizia, su uno scambio a ‘zampa di
lepre’), che ha forato la cisterna e causato una fuoriuscita di gas di una
portata tale da creare una nube di concentrazione esplosiva, mentre
gli altri quattro carri ribaltatisi sul terreno dopo lo svio non hanno
subito alcuna perdita di prodotto né rotture al fasciame o alle valvole.
Racconta ad esempio il direttore della divisione noleggi della filiale
italiana di uno dei maggiori detentori di carri privati a livello europeo:
“Nell’ultimo inverno, periodo di maggior traffico del gas, si sono
verificate diecine di casi di blocco di carri nelle stazioni per presunte
perdite di gas. L’allarme, dato dai ferrovieri, che temevano perdite a
causa dell’odore o di non meglio definiti ‘borbottii’, causava l’ovvio
e dovuto intervento dei Vigili del Fuoco. Nella maggior parte dei
casi, quando i VVF permettevano l’intervento delle squadre esterne
di manutenzione, si è riscontrato che in realtà non c’erano perdite. Ma
talvolta il prodotto nei carri cisterna è stato comunque fatto travasare
in altre unità o addirittura in autobotti, anche se l’operazione di
travaso è di per sé fonte di pericolo e non molto raccomandata dai
sacri testi, se non assolutamente necessaria”.
E sebbene sia arduo farsi dettagliare esempi concreti, perché la maggior
parte dei casi ha naturalmente dato adito ad inchieste giudiziarie, è
evidente che un incidente come quello di Viareggio ha innescato una
perniciosa spirale di paura, per la quale però esistono soluzioni: “La
più ovvia e auspicabile” suggerisce il manager “è quella di stabilire
parametri oggettivi di vera pericolosità di una perdita, onde evitare
inutili allarmismi ed interventi maggiormente pericolosi. Si potrebbe
ad esempio partire dagli studi internazionali che dimostrano che la
soglia di percezione umana di odore in prossimità di un carro cisterna
è di 2,8 parti per bilione, dovuta alla presenza di gas odoranti, che la
soglia della perdita riscontrabile da un’apertura di piccolo diametro
provoca una magnitudo di rischio molto bassa, che spesso i carri sono
stati fermati per rilevazioni di gas pari a poche parti per milione e che
la soglia di esplosività di una nube di gas non è inferiore a 10.000
parti per milione, corrispondente ad una concentrazione dell’1 % in
atmosfera”.
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
4. L’impatto normativo e le incongruenze
con le regole europee
In generale, come spiegano i responsabili di Federchimica per la
logistica (il Servizio Logistica è affidato alla responsabilità di Renato
Mari, mentre Francesco Carciotto presiede il Comitato Logistica), “in
Italia, come nel resto d’Europa, il trasporto delle merci pericolose per
ferrovia è regolato dal RID, la cui ultima versione è quella del 2009
adottata in Italia con D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 35 in attuazione alla
Direttiva 2008/68/CE per la quale tale Regolamento internazionale,
per i Paesi UE, costituisce riferimento normativo anche in regime
nazionale (la nuova edizione del RID entrerà in vigore il prossimo
primo gennaio, ndr)”.
Oggetto di intenso dibattito è stato però negli ultimi mesi il complesso
di interventi di regolamentazione seguito all’incidente.
Una sintesi efficace di tali misure è stata presentata durante l’ultima
Conferenza Logistica di Federchimica, tenutasi lo scorso luglio
a Milano, da Vittorio Gatti, responsabile italiano di ChemOil, la
controllata del gruppo elvetico SBB Cargo che si occupa del settore
chimico: le note di ANSF 3556 del 03.07.09 relativa a controlli
straordinari sugli assi delle ferrocisterne, imposti alle imprese
ferroviarie e da queste, per forza di cose, ribaltati sui proprietari dei
carri; 4203 del 27.07.09 sulla dotazione dei sistemi di sicurezza dei
locomotori; 574 del 01.02.2010 sui controlli delle cisterne. Poi è stata
la volta del Ministero dei Trasporti, con uno dei provvedimenti
più discussi, la direttiva per l’adozione delle check lists di controllo
del 06.04.2010, cui hanno fatto seguito le indicazioni di RFI per la
minimizzazione dei tempi di permanenza dei treni trasportanti merci
pericolose negli scali e il divieto di sosta in linea per gli stessi convogli.
Il problema, secondo Gatti, “non è la nuova normativa in sé, ma il fatto
che sia stata emanata con poco o nullo preavviso ed elaborata senza
concertazione”. Un’opinione condivisa dalla stragrande maggioranza
dei nostri lettori che hanno partecipato al sondaggio, molti dei quali
operatori di settore, che hanno anche evidenziato come un’altra
criticità delle succitate misure sia rappresentata dal non esser state
assunte in chiave di armonizzazione europea.
“I problemi maggiori” spiega infatti il titolare di un’importante
società italiana di consulenza in materia di assistenza, progettazione e
manutenzione di carri cisterna “sono rappresentati dal fatto che in Italia
gli enti e le istituzioni preposti hanno emesso provvedimenti normativi
senza coordinarsi con gli analoghi enti e istituzioni degli altri paesi
della UE. Inoltre, hanno peggiorato la situazione chiedendo che tali
provvedimenti vengano rispettati anche sui veicoli (carri ferroviari)
che effettuato trasporti in Italia e/o da e per l’Italia”.
Emblematico il caso delle check list: “Poiché trattasi di prescrizioni
applicabili soltanto in Italia, la cui compilazione ricade sul trasportatore,
i treni provenienti da altri paesi vengono bloccati alla frontiera per i
controlli previsti, provocando ritardi nei flussi e la cancellazione di
molti treni, non essendo l’infrastruttura ferroviaria di confine in grado
di accoglierli una volta raggiunta la saturazione della capacità dei treni
in sosta disponibile” esemplifica Federchimica.
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
5. L’assordante silenzio istituzionale
A fronte di quanto finora riportato, quando per completezza di
informazione abbiamo provato a confrontarci sulla materia con le
istituzioni chiamate in causa, abbiamo riscontrato un’inspiegabile
ritrosia ad affrontare l’argomento.
Per avere un quadro più dettagliato sugli allarmi scattati e rivelatisi
infondati abbiamo ad esempio provato a contattare le divisioni
Comunicazione Esterna e Relazioni Esterne del Corpo Nazionale dei
Vigili del Fuoco. Né le e-mail inviate per spiegare l’oggetto della
nostra indagine né le numerose telefonate per cercare una delle cinque
persone indicate dal sito dei VVF come responsabili dei contatti con
la stampa hanno tuttavia avuto riscontro.
Se per i Vigili del Fuoco può valere l’attenuante di uno scarso feeling
con il settore del trasporto cargo e con le sue dinamiche giuridicoeconomiche (anche se a tali fini sarebbe stato auspicabile un contributo
tecnico-statistico su incidenti e interventi effettuati), diverso è il
discorso per il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture.
Ma anche in questo caso, malgrado un’iniziale adesione al nostro
progetto, il Dicastero guidato da Altero Matteoli ha schivato le
domande postegli (per iscritto, come da richiesta). Nonostante
le rassicurazioni forniteci per settimane da Massimo Provinciali,
responsabile della Direzione Generale del Trasporto Ferroviario,
infatti, le risposte non ci sono mai giunte.
In chiave di armonizzazione europea (uno dei punti nodali delle
nostre richieste agli enti contattati), ERA (European Railway
Agency), l’agenzia dell’Unione Europea preposta all’integrazione
delle reti ferroviarie dei paesi membri e al rafforzamento di sicurezza
e interoperabilità, ci ha invece comunicato che “le tematiche trattate
sono attualmente oggetto di indagine da parte dell’ente, ad uso della
Commissione Europea, e che pertanto l’agenzia non può per il
momento rispondere a domande al riguardo né entrare in un dibattito
pubblico”.
Anche Libor Lochman, vicedirettore del CER - Community of
European Railway and Infrastructure Companies (la maggiore
associazione lobbistica europea, che raccoglie 73 società di trazione
e gestione dell’infrastruttura, fra cui il gruppo FS) conferma che
“la Commissione Europea sta investigando sulle misure imposte da
ANSF dopo l’incidente di Viareggio, per verificare che collimino
con quanto previsto dalla legislazione europea e dagli sforzi di
armonizzazione portati avanti da ERA. I nuovi provvedimenti
italiani sembrano infatti più severi e rigidi di quelli studiati da ERA,
tanto da poter concretamente ipotizzare, sebbene sia presto per dati
statistici precisi, l’indesiderato effetto di uno shift rotaia/gomma. E
sebbene tale analisi non sia stata ancora completata, dalle numerose
discussioni avute con il direttore di ANSF Alberto Chiovelli è emersa
la necessità di armonizzare i provvedimenti italiani a quelli europei
elaborati dalla task force dell’ERA. Anche perché a oggi l’Italia, come
ogni altro paese europeo, è stata obbligata a integrare la legislazione
ferroviaria europea e in caso di incongruenze nell’implementazione
sono scattate le sanzioni della Commissione Europea, senza aver
potuto negoziare una soluzione condivisa”.
Se non altro Lochman ha la certezza che ANSF e Chiovelli esistano.
Il dubbio appare legittimo, perché, dulcis in fundo, ANSF non solo
non ha risposto alle nostre domande, ma pare addirittura un’entità
chimerica, irraggiungibile nel suo arroccamento fiorentino; uno
di quegli enti teoricamente creati a fini tecnici, ma di fatto gestiti
in ottica squisitamente politica: benché l’agenzia sia operativa dal
giugno 2008, il direttore Alberto Chiovelli, nominato a fine 2007
su proposta dell’ex ministro Alessandro Bianchi, già ai vertici della
Direzione Generale del Trasporto Ferroviario, ha pensato di
degnare la stampa, naturalmente solo quella politica e generalista,
solamente nell’immediatezza dell’incidente viareggino, peraltro
senza rivelare alcun dettaglio sull’attività dell’agenzia, per poi
tornarsene nell’ombra, senza punto considerare la pubblicità della
sua retribuzione e l’obbligo di trasparenza che ciò comporterebbe. Di
ufficio stampa, superfluo a dirsi, neppure l’ombra.
Ma non solo Ship2Shore ha avuto difficoltà a chiedere chiarimenti
alle autorità italiane preposte. Basti pensare, ad esempio, che
all’ultima riunione del Gruppo di Lavoro su Tecnologia di Carri
e Cisterne facente parte della Commissione degli Esperti RID
istituita in seno all’OTIF (Organisation intergouvernementale
pour les Transports Internationaux Ferroviaires, la maggiore
organizzazione governativa sovranazionale in materia di
armonizzazione della legislazione ferroviaria, cui l’Italia naturalmente
aderisce), svoltasi a Berna nel maggio scorso, i rappresentanti italiani
non si sono presentati, malgrado all’ordine del giorno ci fossero le
misure introdotte in Italia dopo Viareggio.
In tale sede, in particolare, il rappresentante di UIC (Union
Internationale des Chemins de fer) ha lamentato le conseguenze
della nuova normativa imposta da ANSF, mentre il collega della
Commissione Europea, stigmatizzando l’assenza italiana, ha
spiegato che è stata avviata un’indagine per valutare l’infrazione
delle regole continentali. La posizione più dura è stata assunta dal
rappresentante francese, che ha sostenuto come i provvedimenti
italiani siano stati assunti sulla base di un’interpretazione forzata ed
errata del RID, lamentando che l’Italia avrebbe dovuto informare
OTIF e Commissione Europea, allegando un testo dettagliato a
sostegno dei propri argomenti, e chiedendo una presa di posizione di
OTIF al riguardo.
Gli Speciali di Ship2Shore - Numero 13: Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia - Settembre 2010
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
6. Il secondo problema
A valle della problematica situazione descritta finora e non del tutto
scollegato alla stessa, dalla scorsa primavera un ulteriore problema
ha complicato il settore del trasporto ferroviario di merci pericolose.
Come già ampiamente raccontato da Ship2Shore (S2S n.9, 12, 14 e
18/2010), infatti, lo scorso febbraio Trenitalia Cargo ha comunicato
ai suoi clienti l’intenzione di interrompere i servizi di traffico diffuso
per i trasporti di merce RID (a partire da aprile 2010) e, come precisa
un paper di Federchimica dedicato al problema, di “essere tenuta, in
base alla direttiva ANSF e alle indicazioni della Direzione Generale
del Trasporto Ferroviario del Ministero delle Infrastrutture e di RFI,
all’inoltro di carri contenenti merci pericolose sulla rete nazionale,
dalla stazione di origine alla stazione di destino, solo a treno
completo esercito da un’unica impresa ferroviaria. I treni dedicati
a tali tipologie di prodotti dovranno inoltre essere programmati
in una logica di minimizzazione dei tempi di sosta tecnica e delle
percorrenze in aree fortemente urbanizzate; essi potranno partire e
arrivare in scali opportunamente attrezzati e abilitati da RFI come
Scali Terminali Merci RID”.
La decisione ha scatenato un putiferio, perché, come ricorda
Enrico Torre, dirigente della rappresentanza italiana del colosso
tedesco VTG, “l’industria chimica italiana è costituita al 92% di
realtà di dimensioni ridotte, che per questa ragione non possono
ricevere o spedire quantitativi se non di ridotte dimensioni, sia per
i permessi autorizzativi, sia per il DM del 20.10.1988 del Ministero
dell’Ambiente relativo alla definizione degli scali merci terminali,
che di fatto impedisce lo stazionamento di carri trasportanti merci
pericolose nelle stazioni”.
E non a caso anche a livello europeo le reazioni non si sono fatte
attendere. Nei primi giorni di aprile Bruno Dambrine, presidente
di UIP (Union Internationale des wagons Privés), l’associazione
continentale dei proprietari di carri merci (15 associazioni nazionali,
oltre 260.000 mezzi) ha inviato una lettera a Matteoli e ai vertici del
gruppo FS, informandone anche Matthias Ruete, direttore generale
della DG Move della Commissione Europea, per chiedere un
ripensamento, parlando di “situazione disastrosa del trasporto
ferroviario in Italia”, privo di una politica di indirizzo e tale da
rendere problematici i flussi commerciali con i paesi limitrofi. E
anche le associazioni di categoria ERFA (European Rail Freight
Association) e Cargo Rail Europe hanno invitato la Commissione
Europea ad indagare e a prendere contatto con il Governo italiano
affinché si ponga rimedio a questa intricata situazione,
Nello specifico, gli effetti immediati (aumento dei costi per l’industria
chimica con relativa diminuzione della competitività e conseguente
decisione, in molti casi, di affidarsi al trasporto su gomma) sono stati
così analizzati nel dettaglio da Federchimica:
• Per quanto riguarda i flussi in entrata in Italia, molte imprese
hanno sospeso gli acquisti, poiché non è stata trovata alcuna
soluzione alternativa al trasporto ferroviario a carro singolo o
a gruppi di carri. Altri vettori in Europa non sono riusciti a far
pervenire i proprio vagoni ai clienti italiani, perché, una volta
raggiunto il terminale in Italia, non hanno avuto la possibilità di
procedere all’inoltro successivo. Alcune imprese hanno chiesto
ai fornitori in Germania se, in via eccezionale, avrebbero potuto
supplire ai vagoni spedendo la merce con servizio intermodale,
ma la risposta è stata negativa.
• Dove le criticità si sono potute risolvere a spese delle imprese
con il passaggio a treni dedicati (treni completi), i costi del
trasporto sono aumentati anche del 100%, con evidente perdita di
competitività per l’impresa. Infatti per la pericolosità, la limitata
capacità di stoccaggio, i limiti nei quantitativi autorizzati i treni
dedicati risultano eccessivamente onerosi, dovendosi utilizzare
per un numero ridotto di carri. Oltre al pesante aggravio di
costi, le imprese hanno poi subito un peggioramento dei tempi
di trasporto e dei rischi legati al conseguente massiccio utilizzo
della modalità stradale, che risulta esser di gran lunga più soggetta
a incidenti e a maggior tasso di emissione di CO2 nell’atmosfera.
• È molto complesso gestire il traffico di ferro cisterne inoltrate a
riparazione/revisione, perché fino a bonifica effettuata risultano
classificate RID. Infatti, oltre al problema della scarsità di
impianti di bonifica e lavaggio, che devono in ogni caso essere
alimentati con treni dedicati trattandosi di trasporto di merci RID
(sebbene i carri in questione siano vuoti), un’ulteriore criticità è
rappresentata dal fatto che gli scali cui sono raccordate le officine
non sono abilitati alla gestione di merci RID e non sono serviti
a carro singolo o a gruppi di carri nel caso di merci non RID.
Ciò ha comportato ritardi e un maggior costo degli inoltri da/
per le officine, causando una carenza di carri che impedisce di
ottimizzare le spedizioni anche di treni dedicati.
• Per quanto riguarda i carri bonificati, quindi con spedizioni
non RID, l’inoltro è possibile a carro singolo o a gruppi di carri
(traffico diffuso) solamente negli impianti per cui Trenitalia rende
disponibile questo tipo di servizio. Negli altri casi, l’invio dei
carri bonificati deve essere effettuato con treni dedicati, il che
comporta ovviamente un aggravio di costi e un peggioramento
della tempistica, con conseguente orientamento verso la ripresa
dell’opzione stradale.
segue a pag.10
Gli Speciali di Ship2Shore - Numero 13: Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia - Settembre 2010
9
IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
• Anche l’opzione del treno dedicato, ove percorribile, può
presentare problemi operativi: le imprese non hanno oggi la
capacità di stoccaggio tale da consentire la saturazione di un treno
dedicato, anche a causa dei tempi lunghi necessari per ottenere
le autorizzazioni prescritte; le stazioni, per ragioni di spazio,
non danno alle imprese tempi sufficienti (massimo 48 ore) per
scaricare treni dedicati con la piena prestazione e restituire carri
vuoti; i raccordi privati in Italia sono molto pochi ed è quasi
impossibile costruirne di nuovi.
• A ciò si aggiungono le difficoltà di alcuni fornitori di materie
prime a pianificare sia ‘treni programmati’, per i quali è necessario
la conferma della traccia la settimana precedente al trasporto
con richieste trasmesse in tempo utile, sia ‘treni straordinari’
con 48 ore di preavviso, per i quali l’effettuazione dipende
dalla disponibilità delle risorse necessarie da parte di Trenitalia
(tracce, personale, locomotori, etc.). Si evidenzia inoltre come
ultimamente siano aumentati ritardi e soppressioni anche di treni
programmati per tempo a causa, in buona parte, delle complesse
prescrizioni recentemente introdotte (ad esempio le check list) e,
più in generale, della complessità e della variabilità del quadro
normativo.
• La progressiva chiusura di alcuni raccordi che collegano le
imprese alla linea ferroviaria da parte di RFI per ragioni di
costi, comporta l’esclusione di molti operatori dalla modalità
ferroviaria per l’approvvigionamento dei propri impianti, con
conseguente inevitabile incremento del trasporto su gomma di
merci pericolose.
Il drammatico quadro dipinto dalla confederazione dell’Industria
chimica – laddove, prima di tutto, la drammaticità consiste nel
fatto che tutte le misure citate, siano di fonte istituzionale, siano
di fonte FS, comportano uno swift fra rotaia e gomma e quindi, di
conseguenza, un incremento della pericolosità dei trasporti – ha
trovato riscontro, come ha rivelato il nostro sondaggio, anche nelle
parole di molti altri stakeholders del trasporto di merci pericolose.
È un caso esemplare quello segnalatoci da un lettore noleggiatore
di carri, che ci ha inoltrato un’e-mail ricevuta a inizio agosto da un
cliente straniero: “Buongiorno Dott. X, ad aprile avevo contattato
il vostro referente di Parigi a proposito di alcuni trasporti di
vagoni da 55 tonnellate fra Thann (nordest della Francia, a pochi
chilometri dal confine con Svizzera e Germania, ndr) e Ferrara.
Avevamo saputo che avrebbe dovuto essere creato un collegamento
fra Marl (Germania, vicino Dortmund, ndr) e Ferrara via Verona.
Se ha qualche novità al riguardo, la prego di farmelo sapere, perché
stavamo mandando dai 7 ai 10 vagoni al mese a Ferrara prima
che le ferrovie italiane bloccassero il traffico diffuso. Da allora
effettuiamo le spedizioni su container ISO, ma saremmo molto
interessati a tale linea, anche perché d’estate i camion sono difficili
da trovare e ancora più costosi”.
Altro caso paradigmatico, testimoniato dalle foto qui pubblicate,
è quello di un carro VTG giunto nei primi giorni di settembre a
Bergamo e qui, secondo quanto riferitoci da Torre, “etichettato da
Trenitalia per un’avaria, tale da renderne obbligatorio l’invio in
officina prima di farlo ripartire. Dopo averlo scaricato, dal momento
che non esiste più il traffico diffuso per merci RID (i carri vuoti sono
classificati come tali fino a bonifica avvenuta), siamo stati costretti
a portarlo con il carrello stradale all’officina più vicina, a Bozzolo
(Mantova), a 130 chilometri di distanza. E dopo la riparazione
abbiamo dovuto fare il percorso inverso con il carrello per lo stesso
motivo”. Al di là dei costi e della relativa pericolosità (il carro era
vuoto), è evidente l’enorme danno arrecato al traffico stradale.
Ed è interessante notare come, anche grazie al paravento
dell’anonimato, emergano dai commenti del sondaggio connessioni
con alcuni degli eternamente irrisolti nodi del sistema ferroviario
italiano, dalla sostanziale identità fra gestore della rete (RFI)
e principale utente della stessa (Trenitalia) all’incompleta
liberalizzazione del mercato.
Eccone alcuni:
“Trenitalia sta portando avanti una politica da una parte di azienda
privata e dall’altra di azienda di Stato, c’è troppa confusione. Ma la
vera criticità è rappresentata da RFI: dovrebbe garantire l’accesso a
tutti, ma in realtà non lo fa e chiude le stazioni dove Trenitalia non
va più. Ancora una volta il colpevole di questa assurda situazione è
la politica” commenta un anonimo lettore.
“La decisione di Trenitalia di tagliare il traffico diffuso sta uccidendo
il trasporto ferroviario delle merci e sicuramente non sono sufficienti
le ragioni economiche addotte per giustificare tale scelta scellerata.
Inoltre, in base al contratto di servizio, Trenitalia dovrebbe garantire
il traffico diffuso soprattutto da e per gli impianti di bonifica e/o le
officine di riparazione, cosa che invece non viene più effettuata, con
notevoli conseguenze e pericoli in relazione allo stato delle cisterne”
ricorda il responsabile di una società di consulenza di settore.
“La strategia di Trenitalia sul traffico diffuso ha inciso pesantemente
sulla possibilità di trasferire qualsiasi traffico su rotaia, anche di
merci non pericolose. Le ragioni economiche non possono essere
sufficienti quando si tratta di un regime di monopolio di fatto, come
ancora è quello di Trenitalia: ci sono ragioni di interesse nazionale
che devono essere assolutamente prese in considerazione” suggerisce
un alto dirigente di FAI (Federazione Autotrasportatori Italiani).
È Libor Lochman, da ultimo, a sollevare un ulteriore problematica,
rispondendo ad una domanda sulle ragioni dell’impossibilità o
incapacità del mercato privato di sopperire alle mancanze del gruppo
FS: “Il complessivo panorama legislativo europeo non stabilisce
eguali condizioni di gioco per la competizione fra strada e ferrovia.
La gomma gode di benefici preclusi alla rotaia, come bassi costi di
accesso all’infrastruttura e condizioni di lavoro più flessibili, a fronte
di tracce difficilmente ottenibili e costose e di rigide normative in
materia di orario di lavoro del personale ferroviario. Questo rende
il mercato ferroviario cargo poco profittevole e appetibile solo a
particolarissime condizioni”.
Gli Speciali di Ship2Shore - Numero 13: Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia - Settembre 2010
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
7. I pericolosi incroci fra Trenitalia e RFI
7.1) Un caso concreto
Di generiche denunce sulle disfunzioni del sistema ferroviario
italiano sono piene le orecchie di qualunque giornalista si occupi
del settore. Più raro è riuscire ad ottenerne una ben circostanziata,
con l’indicazione precisa di nomi e fatti.
Di seguito pubblichiamo lo scambio mail avvenuto fra il responsabile
di un’azienda chimica (che chiameremo A) e la sua controparte
nella società proprietaria (B) dei vagoni che A utilizzava fino a poco
tempo fa per fornire un cliente (C):
Buongiorno Dr B,
dalla scorsa settimana abbiamo ripreso l’inoltro ferroviario a C del
nostro prodotto (il nome del prodotto, come altri nomi, è omesso per
ovvi motivi di privacy, ndr), utilizzando FRET ITALIA. Trattativa
lunga, sofferta, condita di tante difficoltà burocratiche, ma portata
a termine.
Il risultato pratico è disastroso, in quanto Trenitalia boicotta
volutamente e sistematicamente ogni operazione d’inoltro. Partenze
non rispettate, transiti negati e soste in attesa dello smistamento
carri che durano anche 24 ore.
Più volte in questi giorni abbiamo sopperito alle mancanze di
Trenitalia con l’inoltro immediato di mezzi stradali. Il risultato finale
è stato quello di garantire le consegne e la continuità produttiva di
C, ma abbiamo buttato all’aria l’intera organizzazione produttiva
di A.
La prossima settimana C si fermerà per la sosta estiva e prima della
ripartenza avremo un incontro per definire il sistema da utilizzare
per garantire le forniture di prodotto senza dover ricorrere ad inoltri
e programmi di consegna straordinari.
La conclusione dell’incontro potrebbe essere quella di NON
utilizzare il canale ferroviario in quanto NON AFFIDABILE.
Se dovessimo ricevere tale imput da C, visto che non ho più
interlocutori con Trenitalia per manifestare il mio disappunto,
Vi coinvolgo direttamente in quanto l’unica mia alternativa siete
Voi. Per tale motivo Vi anticipo che la nostra intenzione è quella
di restituirVI tutto il parco ferrocisterne non appena Trenitalia
avrà ottenuto l’ennesimo successo nel monopolizzare il traffico e le
risorse presenti in Italia.
L’altra destinazione (in Austria) è ancora in sospeso in quanto
abbiamo trovato il canale giusto per l’inoltro dei carri, ma
l’ostacolo attuale è nel permesso di transito (sempre in Italia) che
non riusciamo ad ottenere da alcuni comuni.
Siccome A non è forza statale che riesce comunque a sopravvivere
con il supporto dei contribuenti italiani, a fronte del non utilizzo dei
mezzi di trasporto ferroviari, con il nolo pagato giornalmente, la
restituzione sarà immediata.
Decorrenza dei termini per la chiusura del contratto a partire dalla
data odierna.
Cordiali saluti,
firmato A
Buonasera Ing. A,
comprendo perfettamente quello che lei scrive. Tuttavia non ho capito
segue a pag.12
Gli Speciali di Ship2Shore - Numero 13: Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia - Settembre 2010
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
segue da pag.11
bene che cosa c’entra Trenitalia dopo che è iniziata la consegna
con Fret Italia: vuole dire che Trenitalia o sue consociate stanno
boicottando il trasporto eseguito ora da Fret Italia? Contribuisce
anche RFI?
Cordiali saluti,
firmato B
Buongiorno,
parlare di Trenitalia o dei sui affiliati è lo stesso, sempre delinquenti
sono. I problemi di FRET ITALIA o CAPTRAIN sono legati
essenzialmente agli orari di transito, che variano in continuazione;
la tratta Trecate/Novara, stabilita e autorizzata alle ore 13.00,
improvvisamente (il giorno prima del viaggio) lo diventa alle ore
08.00 (tutti di corsa per fare uscire i carri), ma all’atto pratico il
treno non si muove da Trecate prima delle ore 12.00. I motivi degli
spostamenti dell’orario sono i più svariati, cioè da manutenzioni
sulla linea, alla mancata autorizzazione d’ingresso nella stazione di
Novara e cosi via.
Invece il grosso problema riscontrato da C è quello di poter ricevere
i carri da RFI in zona Boschetto in orari stabiliti. Movimentazione
che sistematicamente viene ritardata e non garantita in nessun
orario, attività già programmate da RFI che non possono venir
interrotte e la consegna dei carri diventa sempre più a rischio.
Tutta la banda di Trenitalia e affiliati svolge lo stesso compito con
la stessa finalità.......
La conseguenza di tutto questo è che sulla strada ci ritroviamo
ad avere in viaggio mediamente 14/16 mezzi alla settimana con
prodotto ADR su tratte trafficatissime. Questo è il risultato del
provvedimento preso per evitare disastri ferroviari: infatti da buoni
politici l’azione intrapresa per risolvere un problema di sicurezza
nei trasporti è stata quella di passare la patata bollente ad altri enti
Cordiali saluti,
firmato A
7.2) L’opinione di Federchimica e
Fercargo
Seppur con termini più misurati e confacenti al suo ruolo istituzionale,
anche Federchimica tende ad evidenziare le anomalie che si creano
quando il gestore di una rete e uno degli operatori che la utilizzano
in regime, teoricamente, di libero mercato fanno capo alla medesima
proprietà.
“Nel trasporto ferroviario merci in Italia non opera soltanto Trenitalia
Cargo, che rimane comunque il vettore principale, ma vi sono anche,
in virtù del processo di liberalizzazione promosso dall’Unione
Europea, altri 19 operatori, sia italiani che stranieri, in possesso di
certificazione per il trasporto di merci pericolose.
La realtà è che il mercato del trasporto delle merci per ferrovia in
Italia è molto limitato per deficienze infrastrutturali e debolezze
storiche relative a un insufficiente impegno governativo a favore
del riequilibrio modale. Mancano, come bene evidenziato anche
dal Freight Leaders Council: politiche esplicite e trasparenti
di incentivo alla intermodalità e al trasporto ferroviario con un
approccio funzionale agli obiettivi di crescita a livello europeo;
un processo di riorganizzazione del cargo ferroviario che ne
consenta il riposizionamento in ambiti più coerenti con le logiche
di mercato e di compatibilità prevalenti; una disciplina dell’accesso
alle “essential facilities” (scali merci, manovre, manutenzione,
certificazioni del materiale rotabile) che riduca le barriere per i nuovi
entranti e faciliti la valorizzazione delle risorse sul territorio; una
regolamentazione della sicurezza ferroviaria che tenga conto anche
degli assetti concorrenziali per non pregiudicare la competitività del
treno; una riforma del pedaggio di accesso alla rete ferroviaria in
un’ottica di semplificazione del meccanismo di calcolo per la sua
determinazione, considerando che l’attuale gerarchia delle priorità
di programmazione e circolazione sulla infrastruttura determina
maggiori costi operativi alle imprese di trasporto.
Sono questi alcuni elementi per cui oggi il trasporto ferroviario delle
merci, diversamente da quello passeggeri, appare commercialmente
poco appetibile e in ragione dei quali c’è meno disponibilità degli
operatori a investire”.
Di parte, ma argomentate, le conclusioni cui giunge un recente
pamphlet di Fercargo, associazione di imprese ferroviarie private
italiane, dedicato proprio al tema dell’incompleta liberalizzazione:
segue a pag.13
Gli Speciali di Ship2Shore - Numero 13: Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia - Settembre 2010
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
segue da pag.12
“Le imprese ferroviarie private non riescono ad esprimere
pienamente le proprie potenzialità, in quanto si trovano ancora
a dover affrontare quotidianamente una serie di duri ostacoli che
ne mettono in discussione crescita e sviluppo. Vincoli, alti costi e
difficoltà di accesso all’infrastruttura causati da eccessive procedure
burocratiche e da una gestione della rete secondo logiche aziendali
e non di sistema. Soprattutto il PIR (Prospetto Informativo di Rete),
viene emesso senza tener minimamente conto delle esigenze delle
imprese, che ne sono messe a conoscenza all’ultimo momento e che
non hanno voce in capitolo sulla sua realizzazione. Il processo di
liberalizzazione ha subito una forte battuta d’arresto dovuta al fatto
che ancora oggi il gestore dell’infrastruttura è nella stessa holding
del principale gestore del servizio ex monopolista (si ricordi a tal
proposito la direttiva governativa del luglio 2009, per il momento
bloccata, con cui si prospetta il passaggio di alcuni scali da RFI
a Trenitalia, S2S n.43/2009, 21/2010). Il quadro normativo che
regola il settore non è omogeno con il resto d’Europa, in quanto
alcune previsioni sono presenti solo in Italia, come, ad esempio la
permanente impossibilità dell’adozione dell’agente solo, a dispetto
degli enormi investimenti in sistemi di sicurezza effettuati sulla rete
negli ultimi anni. Il quadro della disciplina e della contrattazione
sindacale risulta essere disomogeneo e frammentato, lontano dalla
ratio europea, dalle esigenze del comparto, dalle logiche industriali
degli investitori, da logiche di sviluppo. Gli incentivi a sostegno del
comparto, a fronte del forte sostegno ad altri settori del trasporto
(vedi autotrasporto), sono scarsi, quando, a livello europeo, in
diversi paesi sono invece previsti consistenti esborsi a puntello del
settore”.
7.3) Le reticenze di FS
Nell’ambito della nostra indagine abbiamo naturalmente interpellato
anche le principali società del gruppo FS, vale a dire Trenitalia e
RFI.
Ma oltre a scontrarci con un invalicabile muro di gomma, da questo
tentativo, paradossalmente, è emerso una volta di più l’esistenza di
un legame fra le due società più stretto di una semplice comunanza
di proprietà.
Alla nostra richiesta di intervista, recapitata ai rispettivi responsabili
delle relazioni con la stampa delle due società, ha risposto in un
primo tempo solo Trenitalia. Data la delicatezza degli argomenti
trattati, ci è stato chiesto di procedere per iscritto, richiesta che
naturalmente abbiamo accettato.
Nel frattempo, dopo innumerevoli sollecitazioni, il responsabile
di RFI chiudeva la questione, telefonicamente, asserendo che
“sull’argomento nessuno in RFI è autorizzato a parlare, trovandoci
in fase di stand by”. Pochi giorni Trenitalia ci informava che “a
seguito di confronto con i responsabili della comunicazione RFI”,
non sarebbe stato possibile ricevere risposte ai quesiti posti.
Sorvolando sulla vexata quaestio degli obblighi di trasparenza cui
un’azienda di Stato dovrebbe essere soggetta, non c’è niente di male
che una holding ottimizzi i costi con un unico ufficio stampa, ma,
anche a livello giornalistico, appare quantomeno discutibile che
l’utente di una rete decida la strategia di comunicazione insieme al
gestore della rete stessa…
Gli Speciali di Ship2Shore - Numero 13: Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia - Settembre 2010
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
8. Proposte di correttivi
L’approfondimento sugli effetti del dopo Viareggio ha portato
allo scoperto, come abbiamo visto, una serie di problematiche ben
radicate del sistema ferroviario italiano, che richiederebbe una
corposa trattazione a parte.
Per ‘rimanere sul pezzo’, è interessante esaminare chi ha proposto
cosa per arginare e risolvere le criticità di cui si è parlato.
Anche in questo caso l’organizzazione più solerte è stata
Federchimica, che nel pamphlet già citato in precedenza, (“I
problemi emergenti per le Imprese della Chimica nel nuovo quadro
normativo relativo al trasporto ferroviario di merci pericolose,
con la conseguente soppressione del Traffico Diffuso”), conclude
la propria disamina con una lista di “interventi da avviare” per
salvaguardare da un punto di vista economico l’industria chimica
e contemporaneamente scongiurare l’aumento dei rischi per la
sicurezza nei trasporti:
“Alle Autorità competenti si chiede:
• di costituire con urgenza un gruppo di lavoro fra tutti i soggetti
interessati alla logistica, in modo da affrontare e risolvere i
problemi delineati;
• di modificare temporaneamente il quadro normativo che ha
portato all’impossibilità di effettuare traffico a carro singolo o
gruppi di carri per le merci RID e di concedere un periodo di
tempo ragionevole per ristrutturare il sistema logistico specifico e
adeguarlo agli standard di sicurezza necessari
• la definizione di un piano condiviso di potenziamento
infrastrutturale degli impianti abilitati al trasporto ferroviario
delle merci RID, definendone preliminarmente le specifiche
tecniche infrastrutturali (…)”.
Federchimica, inoltre, rispondendo alle nostre domande, ha anche
affrontato il problema dell’implementazione di regole comuni e
condivise a livello europeo: “Considerate la dimensione comunitaria
del mercato e la tendenziale prevalenza della concorrenza proprio sui
servizi di carattere sovrannazionale, singole iniziative nazionali non
possono avere lo stesso impatto positivo sui livelli della sicurezza
ferroviaria, sulla qualità e competitività attraverso l’Europa
come invece si avrebbe con un approccio coordinato. Va quindi
prioritariamente rafforzata l’Agenzia Ferroviaria Europea (ERA)
a cui affidare i seguenti compiti: tenuta di un registro comunitario
sul materiale rotabile; definizioni degli standard manutentivi sugli
asset; definizione dei requisiti professionali di tutti i soggetti che
compongono la filiera industriale del trasporto ferroviario delle
merci. Alle agenzie nazionali andrebbero invece affidati solo i
controlli ispettivi per assicurare una maggiore conformità dei diversi
soggetti alle regole definite a livello comunitario”.
Per questo Federchimica auspica che la Commissione Europea
prosegua sulla strada tracciata durante la Conferenza sulla Sicurezza
organizzata nel settembre 2009 proprio sull’onda di quanto ‘rivelato’
dall’incidente di Viareggio in materia di sicurezza: “È stata espressa
una forte posizione finalizzata ad un approccio armonizzato in luogo
di solitarie azioni nazionali. Un importante risultato raggiunto in
questo contesto è stato l’accordo con le Agenzie Nazionali della
Sicurezza per implementare il cosiddetto EVIC-Catalogo Europeo
per l’ispezione visiva degli assili nelle officine. La Commissione
Europea si è impegnata a riesaminare le norme e le pratiche di
sicurezza nel settore ferroviario, così come la qualità della loro
attuazione valutando la possibilità di migliorarle. Questi dunque
della Commissione è quello di armonizzare le regole nazionali,
definire le responsabilità tra i diversi attori, sviluppare obiettivi e
metodi comuni di sicurezza, definire comuni principi e metodi per il
governo, la regolazione e la supervisione della sicurezza ferroviaria”.
Sulla stessa linea d’onda le richieste dell’onorevole Sandro Biasotti,
che in una recente Interrogazione a risposta in Commissione,
presentata il 30 luglio alla IX Commissione (Trasporti, Poste e
Telecomunicazioni) della Camera dei Deputati, dopo aver esposto
Gli Speciali di Ship2Shore - Numero 13: Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia - Settembre 2010
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
i temi che abbiamo fin qui illustrato, ha chiesto al Ministro dei
Trasporti e delle Infrastrutture “se non ritenga opportuno, per quanto
di competenza:
• mettere in atto tutte le appropriate iniziative per far sì che la
società RFI spa consenta la circolazione di treni “misti”, tornando
su una decisione non giustificata da alcuna normativa europea;
• verificare se la scelta della società Trenitalia spa di non accettare
treni cosiddetti “a diffuso”, motivata da ragioni di sostenibilità
economica della società, corrisponda o meno ad esigenze di
politica aziendale tali da giustificare il danno che si sta generando
per l’industria italiana;
• mettere in atto le opportune iniziative volte a fare in modo che
vengano rimessi in esercizio i carri
• danneggiati, trainandoli verso e dalle officine di manutenzione”.
Mentre scriviamo l’iter dell’interrogazione è ancora in corso.
Fra partecipanti al nostro sondaggio la maggior parte delle proposte
si è indirizzata in due direzioni parallele, essendoci chi si è
concentrato sulla contingenza del problema e chi ha volto lo sguardo
alle problematiche più inveterate del sistema ferroviario nazionale.
“Nel breve periodo è utile che siano favoriti la concertazione e i
tavoli tecnici tra tutti gli attori coinvolti nel processo logistico. Nel
medio periodo è necessario prevedere uno sviluppo e una crescita
di ANSF in termini di personale, autonomia e poteri sanzionatori.
Nel lungo periodo è di fondamentale importanza concentrarsi
sullo sviluppo della rete e sull’armonizzazione normativa a livello
europeo” scrive ad esempio un dirigente di una delle compagnie di
trazione straniere che opera anche in Italia.
Questo invece il commento di un manager di una società detentrice
di vagoni e carri ferroviari: “Per il comparto ferroviario il correttivo
base dovrebbe essere la separazione definitiva tra RFI e Trenitalia.
Ovvero dovrebbero essere sciolte le Ferrovie dello Stato e nascere
due entità completamente separate. In tale guisa sarebbe evitata la
commistione tra le due anime di FS e una ormai semplice società
di trasporto ferroviario non sarebbe più il riferimento di base per
il Ministero, ANSF, etc, per gli adempimenti legislativi. Sarebbe
altresì necessario che tutta la normativa europea relativa alla
liberalizzazione fosse recepita nella nostra legislazione”.
E c’è chi auspica, in questo caso un consulente, una maggiore
attenzione da parte dello Stato: “Lo Stato, il Ministero dei Trasporti,
dovrebbe prendere in mano la situazione e dettare le opportune
regole per consentire una effettiva liberalizzazione e una più
completa armonizzazione normativa in fatto di rispondenza degli
scali, compreso, se necessario, un ben definito sostegno economico
per la eventuale messa a norma degli scali”. Mentre, sempre in
tema, un imprenditore dell’autotrasporto sostiene che sia necessario
“lanciare una politica nazionale dei trasporti che tolga la possibilità
ad un singolo comparto (o gruppo dirigente) di provocare danni
irreparabili all’economia nazionale”.
9. Considerazioni conclusive
Al termine di questo lavoro, l’impressione che resta e che si
vorrebbe comunicare non può che essere di pessimistica amarezza.
Il tentativo di sollecitare la discussione con gli organi decisori in
materia di trasporti è fallito miseramente. E la sensazione è che
ciò sia avvenuto non per malafede, ma piuttosto per scarsissima
considerazione della rilevanza dei problemi trattati, minor
consapevolezza della necessità di affrontarli con decisione a livello
europeo, drammatico disinteresse a farlo in ragione di un presunto
(e probabile) insufficiente ritorno (elettorale, nel caso del Ministero)
a breve termine. Senza dimenticare l’irritante atteggiamento di chi
(facciamo i nomi: ANSF) percepisce stipendi pubblici senza render
conto del proprio operato.
L’altro lato della medaglia è rappresentato da un’industria (nel
senso più lato del termine) più frammentata che mai fra mille
sigle di rappresentanza e disordinate rivendicazioni d’ogni genere.
Associazioni di categoria come Assoferr e Fercargo, assolutamente
toccate dai problemi trattati, non sono riuscite in due mesi a
rispondere alle otto-dieci domande dei nostri questionari. E in
generale gli stessi operatori che continuamente decantano i mali
della rotaia italiana si sono dimostrati poco interessati ad unirsi
(il riferimento è al numero basso, in relazione ai nostri lettori,
di risposte ricevute al sondaggio) ad un’iniziativa volta a far da
collettore a piagnistei mai elevatisi ad istanze organizzate.
Appare pertanto impossibile ipotizzare oggi in seno a questo settore
la definizione di una lobby forte, univoca e capace di individuare
un ben strutturato piano di richieste e riforme, capace di elaborare
un programma coordinato e mirato di informazione dell’opinione
pubblica e attraverso questo esercitare una pressione politica che
non ammetta negligenze e dilazioni.
La scusa che casse mobili e container non votano è suggestiva,
ma non basta, perché non è stato fatto nulla di concreto affinché
la domanda più determinante – un cittadino medio, rispetto a
prima di Viareggio, oggi rischia maggiormente di saltare in aria in
autostrada? – risuonasse nella testa di ogni italiano, in modo che
chi di dovere (Ministero, ANSF, FS, etc.) fosse tenuto a darvi una
risposta chiara.
Gli Speciali di Ship2Shore - Numero 13: Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia - Settembre 2010
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
Breve glossario
ADR: Accord européen relatif au transport international
des marchandises Dangereuses par Route. La normativa
ADR si occupa di regolamentare il trasporto stradale delle
merci pericolose. È un accordo internazionale, siglato nel
1957 a Ginevra e ad oggi accettato dalla maggior parte dei
paesi europei. Questo documento viene revisionato ogni
due anni.
RID: Règlement concernent le Transport International.
Ferroviaire des Marchandises Dangereuses. Il regolamento
concernente il trasporto internazionale di merci pericolose
per ferrovie, di cui all’annesso I dell’appendice B della
convenzione relativa ai trasporti ferroviari internazionali
(COTIF) e successive modifiche.
Treno completo: qualsiasi spedizione comprendente uno
o più vagoni completi spediti contemporaneamente dallo
stesso mittente dalla stessa stazione e consegnata, senza
modifiche della composizione del treno, ad un unico
destinatario in una sola stazione di destinazione.
Traffico diffuso: il trasporto ferroviario effettuato mediante
carro singolo o gruppo di carri tra gli impianti ferroviari
che costituiscono il reticolo del trasporto a diffuso.
Gli Speciali di Ship2Shore - Numero 13: Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia - Settembre 2010
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
AFTER VIAREGGIO 2009
THE RAIL CARGO CRISIS IN ITALY
A SPECIAL REPORT
Executive summary
After the Viareggio accident of 29 June 2009 new rules and
regulations were introduced in Italy. This inquiry addresses the need
to understand their impact on rail shipment. We both interviewed
operators involved and asked our readers to anonymously post their
comments. Most concisely, the outcomes of our work can be thus
summarised:
• In Italy, rail cargo transport is in dire straits, as to both dangerous
and non-dangerous goods
• There is no effective lobbying by operators in the business
• Rulemakers have no properly defined strategy
• Most parties involved proved markedly tightlipped and unwilling
to stand questions
• The rail cargo sector is still burdened by basic issues, like just
a partial liberalisation of the offer and the substantial sameness
between the network provider and its main customer, the former
monopolist
the measures shoved in the aftermath of the accident appear to have
been stirred by emotional pressure, without an adequate evaluation
of their possibly perverse fallout, without consulting the many
and varied businesses involved, shunning also the importance of
matching European regulations and practices
impossible to conjure up a solid, one-voiced lobby propounding a
coherent cluster of reforms for the sector
a deep-rooted, widely diffused, and stiff-necked reluctance to tackle
the sector’s problems in a coherent and structured way, debate
refusal by the FS Group, sundry administrations, especially ANSF,
faded in the silence, the attempt to spur a debate with the transport
rulemaking bodies miserably failed
chances of an accident (involving dangerous goods) occurring on
railway is 40 times smaller than on road
during last winter dozens of trains have been stopped on the
grounds of apparent odours or ‘grumblings’ from a tank, objective
parameters for reckoning the true dangerousness of a leakage must
be established
new rules are not an intrinsic problem, but these ones have been
rushed with short notice or none at all, and without consultation
Table of contents
Executive summary
1. Introduction
2. Preliminary remarks
3. The hysteria after the Viareggio accident
and ‘the cure’
4. New rules’ influence and their discrepancy
with the European ones
5. The deafening silence of the public bodies
6. Stamping on the ‘single wagon’ service
7. Dangerous
interlacements
between
network provider and main operator
8. An actual case
9. Federchimica’s and Fercargo’s views
10. The aloof public operator(s)
11. Proposed remedies
12. Final remarks
the EC is currently investigating the measures decreed by ANSF
after the Viareggio accident
the intent to discontinue ‘single wagon’ services for shipments of
RID cargo
a rise in costs for the chemical industry, it is very complicated to
manage tank wagons sent to service centres, with an unwelcome
shift from rail to road
road transport enjoys advantages debarred to rail, like low entry
costs to the infrastructure and more flexible labour regulations
elements making rail cargo business a scarcely enticing investment
Trenitalia’s and RFI’s belonging to the same holding stopped the rail
liberalisation process
strengthening of the European Railway Agency (ERA) is thus a
priority
harmonised European rules, ANSF should have more personnel,
autonomy, and coercive power, divorce for good of Trenitalia and
RFI
does the average citizen risk more today to be blown up on a highway
than before Viareggio?
Gli Speciali di Ship2Shore - Numero 13: Il dopo Viareggio e la crisi del traffico merci su ferrovia - Settembre 2010
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
1. Introduction
Well before the anniversary of the Viareggio accident, we registered
a wide dissatisfaction among the operators in rail cargo transport.
Consequently, we decided to start an inquiry on the effects brought
forth by the new regulations and technical arrangements issued in its
wake.
The findings of our research were quite amazing. First of all, the
measures shoved in the aftermath of the accident appear to have
been stirred by emotional pressure, without an adequate evaluation
of their possibly perverse fallout (like an increase in the overall risk
from shipments of dangerous goods), without consulting the many
and varied businesses involved, and shunning also the importance of
matching European regulations and practices in a matter obviously
requiring uniform continental standards.
Moreover, it pinpointed the glaring want of a national rail transport
policy. In this context cuts made by the public train operator
Trenitalia in the cargo sector are just a facet of the problem, as two
other unexpected and disquieting issues surfaced.
Actually, operators in railway freight transportation absolutely lack
a lobbying cluster able to advocate their needs and grievances. The
absence of co-ordination among their business associations along
with the fact that last months the chemical industry’s association
Federchimica – that is, the customers’ side – was almost alone in
voicing its concerns to politicians and media, are proof enough of
it. This can be explained considering that the public group Ferrovie
dello Stato (FS) – owning both Trenitalia and the rail network
manager RFI – has long held a monopolist position (and still retains
it, according to many).
A possible consequence of the lobbying want is the other, astounding
peculiarity that showed up: a deep-rooted, widely diffused, and stiffnecked reluctance to tackle the sector’s problems in a coherent and
structured way. Actually, our inquiry was grounded on both face-toface interviews and a poll asking our readers to post their experiences
(anonymity was guaranteed although participants were requested
to provide their job qualification for mere classification purposes).
However, operators’ usual readiness of speech about their rail
mishaps succumbed to an apparent shyness to formally express their
discontent. Moreover, if some courteous and competent business
associations were willing to co-operate, other ones did not (either
because of inner quarrels or scarce familiarity with the topic), while
companies in the FS Group openly rejected dialogue and sundry
administrations – in particular the agency in charge of rail safety in
Italy (ANSF) – faded in the silence.
Therefore, our aim to single out troubles in rail cargo transport and
get answers from who is in charge was frustrated. Instead, we had to
register, once again, the unripeness of this sector in Italy and the total
lack of a co-ordinated strategy for a full logistic development even in
the eyes of a daunting accident like Viareggio.
2. Preliminary remarks
To start with, we will sample some answers to the only question in
our poll which got an unanimous feedback, at least on safety: “All
in all, what do you think is the most effective mode of transport for
dangerous goods as to safety, costs, and timing?”
On safety, Federchimica pointed out the “higher safety factor and
lower environmental impact” of rail, while road should take only
“the last mile”, while the Community of European Railway and
Infrastructure Companies (CER) quantified the risk: “Chances of
an accident (involving dangerous goods) occurring on railway is 40
times smaller than on road”, adding that tracks cross less densely
populated areas and that trains carrying dangerous goods are a far
smaller hazard to the passenger ones than trucks to cars.
As to timing, it was noted that a train is equivalent to 20 trucks,
therefore comparison should be made on this grounds. On costs, a
commentator remarked that road transport looks cheaper only if “we
do not take into account all its negative externalities” and another,
advocating mandatory shipment by rail for large amounts like, for
instance, in France, reported longer delivery times and “sometimes
higher costs” though asking rhetorically: “But may we derogate
from safety for costs?” Answers also focused on randomly enforced,
unclear rules, and on the need to exactly identify responsibility in
transport for all goods and for passengers, or summed up their topdown preference order as “rail-intermodal-road”.
3. The hysteria after the Viareggio accident and ‘the cure’
In the widely accepted explanation of the Viareggio disaster it is not
the tanks’ condition at stake but what caused the derailment. In fact,
just one of the 5 stranded tank wagons exploded after an iron stick
(or a switch component, according to a different expertise) pierced
the tank provoking a gas leakage, while the remaining ones went
unscathed in both plating and valves. Therefore, many operators
– though far from dismissing the tragic import of the accident or
denying the need to ascertain responsibilities – highlighted the
unwelcome and unnecessary consequences of the frenzy moves by
authorities and service providers in its aftermath.
“During last winter, when the amount of gas carried is greater, dozens
of trains have been stopped on the grounds of apparent odours or
‘grumblings’ from a tank. In most cases the alarm proved practically
non-existent after inspection by our technicians, while in others it
led to the decision to pour the content into another wagon or truck,
an intrinsically more dangerous operation that should be instead
avoided” explains the head of the Italian charter division of a major
European wagon owner, adding: “Human perception threshold’s at
about 2.8 ppb (0.0028 ppm) because of added smelling gases, while
explosive concentration isn’t lower than 10,000 ppm, i.e. some 1%
in the atmosphere. Instead, as a consequence of the fear spread out
after Viareggio, often tank wagons were halted with measurements
of a few ppm leakage. The most obvious and desirable way to stop
such a noxious fear is to establish objective parameters for reckoning
the true dangerousness of a leakage.”
4. New rules’ influence and their discrepancy with the European
ones
The transport of dangerous goods is regulated, all over the EU, by
the 2009 issue of International Rule for Transport of Dangerous
Substances by Rail (RID), whilst its newest update will come into
force as from next January, explain Federchimica’s heads of the
Logistic Service and Logistic Committee, Renato Mari and Francesco
Carciotto, respectively.
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
However, it is the Italian regulatory measures in the wake of the
accident that stirred up a hot debate. At Federchimica’s Logistic
Conference last July in Milan, Vittorio Gatti, the Italian head
of SBB Cargo’s subsidiary for chemical industry, ChemOil,
effectively summed up this bedlam of rules: 3 notes by the ANSF
– on extraordinary axle controls on tank wagons, on locos’ security
systems, and on tank controls – were followed by the control
checklists imposed by the Ministry of Transport, and by RFI’s
directions meant to minimise stop time in yards and forbid halts on
line for trains carrying dangerous goods.
“New rules are not an intrinsic problem, but these ones have been
rushed with short notice or none at all, and without consultation”
remarked Gatti. A point of view shared by most participants in our
poll, who also stressed how such measures stray from EU standards
instead of aiming at harmonisation. A case in point are the abovementioned ministerial checklists. “Such prescriptions apply only in
Italy and must be filled by the carrier. As a consequence, in-bound
trains are halted at the border and delayed or even cancelled
when there is no more room for them in the border yards” notes
Federchimica.
5. The deafening silence of the public bodies
We tried to discuss the issues sketched above with the appropriate
public bodies, but met an inscrutable silence.
For instance, we repeatedly sought to contact by phone and e-mail
the Italian Fire Watchers, to no purpose. Although their possible
scarce feeling for cargo shipments and its legal and economic issues
can be understandable, they could have provided statistical data on
the calls they duly received for supposed tank wagon leakages.
At the Ministry of Infrastructures and Transports, the head of the
Directorate-General for Railway Transport, Massimo Provinciali,
requested questions in writing and assured us, many times over a
number of weeks, he will answer them, but never did.
The European Railway Agency (ERA), in charge of the network
integration among EU members, stated that “the issues at stake being
presently under scrutiny on behalf of the European Commission,
we cannot enter a public debate.”
At the Community of European Railway and Infrastructure
Companies (CER) – the largest European lobby numbering 73
train or infrastructure operators, including the FS Group – its
deputy general manager Libor Lochman confirmed that “the EC
is currently investigating the measures decreed by ANSF after the
Viareggio accident” as to their compliance with EU rules and ERA’s
harmonisation efforts. Such measures look stricter than ERA’s
proposed ones and could spark an unwelcome shift from rail to road.
He also reminded that ANSF’s head Alberto Chiovelli, talking with
him, agreed that national legislation must conform to EU’s one,
otherwise sanctions are at hand without the benefit of a negotiations
round.
At least, Lochman’s words reassured us that ANSF and its general
manager Alberto Chiovelli – former head of the Transport Ministry’s
Directorate-General for Railway Transport – did actually exist,
as we started to doubt it after countless and vain attempts to get in
touch with him (there is no press office). An amazing offishness for
someone paid out of citizens’ purse.
Anyway, we were not the only ones to be ignored by Italian
authorities, as none of them took part in May at the last meeting in
Bern of the Team working on Tank Wagons Technology within the
Intergovernmental Organization for International Carriage by
Rail (OTIF). Subject of the gathering, of course, the Italian measures
after Viareggio, which were strongly criticised. The representative of
the International Union of Railways (UIC) decried their negative
consequences, while the one of the EU, deploring Italy’s absence,
mentioned the ongoing inquiry over a likely breach of continental
regulations. Tougher still, the French delegate argued that Italian
measures are an arbitrary and wrong reading of the RID and
pinpointed that Italy should have informed in advance both OTIF
and the EC asking for advice.
6. Stamping on the ‘single wagon’ service
A secondary but no less damaging problem to rail transport of
dangerous goods upsprang last February when Trenitalia’s Cargo
subsidiary notified its customers of its intent to discontinue, as from
April 2010, ‘single wagon’ services for shipments of RID cargo (S2S
n. 9, 12, 14, and 18/2010). More precisely, the company claimed
that “on the grounds of an ANSF’s directive and instructions from
both the Ministry’s Directorate-General for Railway Transport and
RFI” it will ship dangerous goods only by complete trains which,
furthermore, “shall only depart from and arrive at yards specially
equipped and qualified as such by RFI.”
This ban on scattered shipment of dangerous goods – i.e., one
or more wagons in trains carrying also non-dangerous goods –
obviously stirred an uproar as “92% of Italian chemical companies
are relatively small. Therefore they cannot dispatch or receive large
amounts of products as they lack the ad hoc permits while a decree by
the Ministry of the Environment substantially forbade, in 1988, the
parking of RID wagons in stations” explains Enrico Torre, a manager
of the leading European wagon operator VTG’s Italian subsidiary.
Early April the uproar crossed the borders when the chairman of the
International Union of Private Wagons (UIP), Bruno Dambrine,
sent a letter to both the Infrastructure and Transport minister, Altero
Matteoli, and the FS Group, asking for a change of mind because
“rail cargo transport in Italy is in a dreadful state,” without a political
strategy and affecting trades with neighbouring countries. He also
alerted on this matter Matthias Ruete, head of EC’s DirectorateGeneral for Mobility and Transport. The business associations
European Rail Freight Association (ERFA) and Cargo Rail
Europe both followed suit.
Pointing out that the ban will provoke a rise in costs for the chemical
industry, thus a loss in competitiveness and the likely resolve, in
many cases, to have recourse to road transportation, Federchimica
analysed the immediate consequences of the ban as follows:
Many companies suspended purchases, unable to find an alternative
solutions to shipments in single or grouped wagons. Some European
suppliers were unable to further the delivery beyond the Italian
border. It was impossible to get supplies from Germany by intermodal
transportation.
For complete trains transport costs rose by up to 100% as limitations
in quantity are too strict. Delivery time has increased, as well as risks
and the environmental damage arising from the massive resort to
road transportation.
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IL DOPO VIAREGGIO E LA CRISI DEL TRAFFICO MERCI SU FERROVIA
It is very complicated to manage tank wagons sent to service centres
because they are classified RID until complete clearance and, though
empty, must therefore be shipped by complete trains. Often service
centres are not connected to RID yards. Delays and higher costs
induced entailed a shortage in wagons impacting also on complete
trains optimisation.
After clearance no-more-RID wagons can be dispatched alone
or grouped only where Trenitalia allows this service, otherwise
complete trains must be formed with higher costs and poorer timing,
calling again for road transportation.
Plants hardly have storage facilities for a complete train load. Short
of tracks, yards allow companies only 48 hours to unload complete
trains and return empty tanks. Private yards are very rare and it is
almost impossible to build new ones.
Suppliers are having tough times planning ‘scheduled trains’ as path
and timetables must be confirmed one week earlier. ‘Extraordinary
trains’, notified 48 hours earlier, are subject to the availability of
Trenitalia’s resources (paths, personnel, locos, etc.). There has been
an increase in cancelled/delayed trains as a consequence of more red
tape (e.g. the aforementioned checklists).
Because of costs RFI abandoned some junctions to plants forcing
operators to have recourse to road transportation.
The sad picture above is corroborated by the answers to our poll.
Here a couple of cases.
A customer asks its Italian wagon charterer by e-mail about the
shipment from Thann (north-eastern France, close to German and
Swiss borders) to Ferrara of 55-tonnes wagons and an link-to-be
between Mark (close to Dortmund) and Ferrara/Verona. He laments:
“We used to dispatch 7 to 10 wagons monthly before Italian railways
stopped the single wagon service. We’re shipping in ISO containers
since then, but are very interested in this link as in summer trucks are
hard to find and more expensive.”
According to Torre, early September Trenitalia labelled a VTG’s
wagon for immediate fixing. “As single wagon service is stopped,
after unloading we had to ship it by truck to the closest workshop,
130 km away, and recover it by the same token.” Costs aside, effects
on road traffic are easy to imagine…
Moreover, shielded by anonymity, many comments addressed some
of the long-standing, unsettled issues of the Italian railways, from the
basic sameness of the network provider (RFI) and its main customer
(Trenitalia) to the market wanting liberalisation. Let us see.
“Trenitalia behaves as both private and public company, engendering
confusion. However, the actual problem is RFI, which does not
guarantee free access to everybody, as it should, shutting down yards
abandoned by Trenitalia, but the true culprit is politics.”
The head of a specialised consultancy firm pinpoints Trenitalia
for discontinuing the single wagon traffic, especially to and from
workshops, thus increasing overall risks. He is joined by an highranked manager of the Italian haulers association (FAI), stating that
Trenitalia’s strategy seriously obstructs a shift from road to rail. “For
a monopoly ‘de facto’ economic grounds can’t be a good reason, as
the top priority is the national interest.”
CER’s Libor Lochman explains also why the private sector
cannot fill FS Group’s gaps. “Under European countries’ laws the
competition between road and rail is unbalanced. Road transport
enjoys advantages debarred to rail, like low entry costs to the
infrastructure and more flexible labour regulations against hard-to-
obtain and expensive paths and strict rules on railwaymen’s working
hours. That’s why railways are less profitable and very seldom an
appealing business.
7. Dangerous interlacements between network provider and
main operator
7.1 An actual case
Despite the numberless tales about Italian railways’ dysfunctions its
hard to get a detailed account with raw facts and names. Here is an
abridged e-mail exchange between the head of a chemical company
(say A) and B, owner of the wagons A chartered in order to supply C.
A: … Last week we resumed shipments to C through FRET ITALIA
after long negotiations and irking red tape. The outcome was
disheartening. Trenitalia purposely boycotted every shipment step:
departures delayed, paths denied, halts before shunting of up to 24
hours. We had to dispatch by road turning our production process
schedule topsy-turvy.
We’ll meet C before they resume production after summer
holidays,. Should we decide to ship NO MORE by rail because it’s
UNRELIABLE … we’ll give you back all tanker wagons as soon
as Trenitalia will succeed for the n-th time to monopolise trades and
resources in Italy. [The Austrian] destination is still unresolved as
we’re still awaiting the transit permits from some Italian municipal
administrations…
B: … I well understand you position. However, I don’t understand
what’s the matter with Trenitalia when you’re shipping with Fret
Italia. Do you mean RFI is involved in the boycott? …
A: … Trenitalia or its associates, that’s the same, they’re all rogues.
FRET ITALIA’s or CAPTRAIN’s problems are tied with transit times,
constantly varying like the reasons pretexted (access to stations,
works on tracks, etc.). Say, just a day earlier a train’s authorised
departure at 13:00 is anticipated at 08:00 so we rush to load it, but it
doesn’t leave before noon. Moreover, C’s biggest problem is to get
wagons from RFI at the yard on a scheduled timetable, but shunting
is methodically delayed and never guaranteed. Trenitalia’s gang and
its associates, they all work with the same purpose…
As a consequence we’re shipping 14-16 ADR trucks on very
congested roads. This is the outcome of measures meant to avoid
rail crashes the way politicians do, handing the hot potato on
other authorities. …
[ADR = European agreement concerning the international carriage
of Dangerous goods by Road.]
7.2 Federchimica’s and Fercargo’s views
In smoother words given its institutional role, Federchimica remarks
– in a pamphlet on the new measures’ impact on chemical industry
– that , besides Trenitalia, 19 domestic or foreign rail companies
are currently operating in Italy, a country where rail transport is
scanty due to both infrastructural deficiencies and an insufficient
governmental engagement in rebalancing the modes of transport, as
the Freight Leaders Council also highlighted.
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Italy should therefore enact clear and direct policies favouring
intermodal and especially rail transport in a free, growing European
market with the following targets:
eased access to the essential facilities (yards, shunting, maintenance,
rolling stock’s certificates);
safety regulations not affecting train’s competitiveness;
a simplified access toll;
scheduling criteria more cost-effective for operators.
These are among the elements making rail cargo business, as opposed
to the passenger one, a scarcely enticing investment.
While sharing Federchimica’s analysis, Fercargo – an association of
Italian private rail companies – pinpoints also:
the obstructing red tape;
a network managed as a private business and not as a system
component;
a Network Statement (PIR) issued by RFI without taking into account
operators’ needs;
Trenitalia’s and RFI’s belonging to the same holding stopped the rail
liberalisation process;
the plan to hand over to Trenitalia some RFI’s yards;
the everlasting ban on the sole engine driver (despite enormous
advances in safety);
fragmented unions and a patchy contractual frame.
7.3 The aloof public operator(s)
We obviously sought comments from Trenitalia and RFI, but in vain.
However, in the process the tight bond between them materialised
once more.
Actually, at first only Trenitalia agreed to an interview, though in
writing, while RFI’s head of press relations, after countless requests,
told us on the phone that “no one in RFI is authorised to comment as
we’re in a stand by phase.” Some days later, Trenitalia informed us
that “following talks with RFI’s PR department” they won’t answer
our questions.
Let aside the openness duties of a public company, it is however
amazing that the rail network operator decides the communication
strategy together with a customer of this very same network…
8. Proposed remedies
We will now overview the proposed remedies to the black spots
depicted above. Federchimica was the most alacritous and , in its
aforementioned pamphlet (§7.3), asked the authorities in charge to:
set up a team composed of all logistics operators to urgently solve
these problems;
temporarily revoke the ban on RID single wagon services and grant
enough time for restructuring RID logistics;
a shared improvement plan of RID infrastructures with technical
specifications given in advance.
Moreover, answering our questions, Federchimica tackled also
the topic of harmonised European rules, noting how unconnected
domestic policies cannot be as effective as a co-ordinated one in terms
of safety, quality, and competition, as emerged in September 2009 at
the European Conference on Safety focused on issues uncovered by
the Viareggio accident. The strengthening of the European Railway
Agency (ERA) is thus a priority. This agency should keep a EU rolling
stock register, and define maintenance and professional regulations
for the whole logistic chain, while national agencies would only
carry out inspections. After the welcome agreement among national
safety agencies on the European Visual Inspection Catalogue (EVIC)
for the axles, Federchimica hopes the EC will foster comprehensive
common rules on all matters concerning railways.
On the same pattern, Sandro Biasotti, MP, requested the minister of
the Infrastructures and Transport to intervene on the ban on the RID
single services, urging RFI to permit again mixed trains, verifying
whether Trenitalia’s decision is economically sound face to the harm
inflicted, and taking action to allow damaged tanks be hauled to and
from workshops. The parliamentary question is still pending.
Comments by our readers targeted the same issues. For instance:
“Short term: consultations with all operators involved. Medium term:
ANSF should have more personnel, autonomy, and coercive power.
Long term: network development and harmonisation within the EU”
(manager of a foreign rail haulage company operating also in Italy).
“The fundamental remedy is the divorce for good of Trenitalia and
RFI. We should also completely absorb EU’s rules on liberalisation”
(manager of a company owning freight cars).
“The State should enforce liberalisation and yards’ standardisation, if
necessary with financial help” (a consultant).
“A transport policy preventing a single sector or leadership from
triggering irreparable damages to the national economy” (a road
haulage entrepreneur).
9. Final remarks
Bringing to an end our inquiry we cannot disguise a feeling of
sour pessimism. Our attempt to spur a debate with the transport
rulemaking bodies miserably failed, not out of mischievousness, in
our opinion, but of an abysmal want of awareness paired with the
(probably correct) appraisal of low short-term returns, also political
(for the Ministry). Such aloofness reached vexing heights in the
case of ANSF’s people, living out of the public purse but refusing to
account for their doing.
On the other side of the coin, we found an industry scattered in myriad
acronyms and clumsy claims. Business associations like Assofer
and Fercargo, though deeply affected by this report’s topics, failed
to answer in two months a few questions of ours. Moreover, just a
small percentage of our readers in the sector, otherwise so ready to
extol the evils of the Italian railways, joined an undertaking meant to
funnel disordered whimpers into structured petitions.
It is, therefore, presently impossible to conjure up a solid, one-voiced
lobby propounding a coherent cluster of reforms for the sector,
effectively alerting citizens to compel politicians into action without
laxity and delays. True, swap bodies and containers do not travel to
polling stations, but this is just a fake plea. Actually, nothing has been
done so that the most substantial question reverberate in everybody’s
mind in Italy, forcing the Ministry, ANSF, and FS to give it a clear
answer. The question is: Does the average citizen risk more today to
be blown up on a highway than before Viareggio?
Traduzione a cura di Mauro Bogdanović
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