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Servetti - Buffone Raccolta di Giurisprudenza Legittimità 2013 vol. 2

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Servetti - Buffone Raccolta di Giurisprudenza Legittimità 2013 vol. 2
TRIBUNALE DI MILANO
SEZIONE NONA CIVILE
DIRITTO DI FAMIGLIA
Figli nati «nel» e «fuori dal» matrimonio:
Legge 219/2012
IL CASO.it
RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA
IN MATERIA DI FAMIGLIA E MINORI
maggio
2013 – novembre 2013
A cura di: GLORIA SERVETTI,
LAURA COSMAI - GIUSEPPE BUFFONE
ELENCO DELLE PRONUNCE MASSIMATE: PAG. 002
1
PRONUNCE MASSIMATE
ORDINATE IN ORDINE CRONOLOGICO
Cass. Civ., sez. I, sentenza 8 maggio 2013 n. 10720 (Pres. Vitrone, rel. Acierno)
SEPARAZIONE PERSONALE TRA CONIUGI - RICHIESTA DI INCREMENTO DEL CONTRIBUTO DEI FIGLI
MINORI - PRESUPPOSTI - CIRCOSTANZE NUOVE - NECESSITÀ - SUSSISTE - GIUDIZIO DI APPELLO –
NECESSITÀ – ESCLUSIONE (155-ter c.c.)
In tema di separazione personale tra coniugi, le circostanze nuove costituiscono condizione
necessaria per procedere alla modifica delle statuizioni economiche in favore del coniuge o dei figli
per il giudizio di modifica ex art.155-ter c.c. o revisione ex art. 9 legge 1 dicembre 1970, n. 898;
non anche per il giudizio di appello, promosso dal coniuge che richieda un incremento del
contributo al mantenimento dei figli minori posto a carico dell'altro coniuge, essendo tale estensione
del sindacato del giudice sottesa alla natura degli interessi in gioco e all'immanenza del principio
"rebus sic stantibus" che permea i procedimenti in materia di famiglia.
IL CASO.it
Cass. Pen., sez. VI, sentenza 30 maggio 2013 n. 23581 (Pres. Milo, rel. Carcano)
FIGLI MAGGIORENNI – OBBLIGO DEL MANTENIMENTO – OMISSIONE – RESPONSABILITÀ CIVILE E
PENALE – DIFFERENZE – MAGGIORENNE PORTATORE DI HANDICAP – MAGGIORENNE INABILE AL
LAVORO – RILEVANZA AI FINI DELLA RESPONSABILITÀ PENALE - SUSSISTE (155-quinquies c.c.; 570
c.p.)
Integra il reato di cui all'art. 570, comma secondo, n. 2 c.p. la mancata corresponsione dei mezzi di
sussistenza ai figli di "età minore" ovvero maggiorenni "inabili a lavoro". L'obbligo, penalmente
sanzionato, di prestare i mezzi di sussistenza ha dunque un contenuto soggettivamente e
oggettivamente più ristretto di quello delle obbligazioni previste dalla legge civile. Il genitore
separato, infatti, è obbligato ex art. 155 quinquies c.c. a concorrere al mantenimento del figlio anche
dopo il raggiungimento della maggiore età da parte di quest'ultimo; obbligo che perdura finché il
genitore interessato non dia prova che il figlio abbia raggiunto l'indipendenza economica (Sez., I,
civile, 8 febbraio 2012, n. 1773; Sez. VI, civile, 15 febbraio 2012, n. 2171). Per i figli maggiorenni,
portatori handicap grave, il secondo comma del citato art. 155 quinquies prevede l'applicazione
delle disposizione stabilite in favore dei figli minori. Posto che la lettera della norma fornisce "la
cornice" per l'interpretazione del precetto penale e all'interno di essa va ricercato il significato della
disposizione, ne discende che la "inabilità al lavoro" dei figli maggiorenni è condizione
imprescindibile per la configurabilità del reato previsto dall'art. 570, comma secondo, n. 2 c.p..
"Inabile al lavoro" è la persona che abbia una "totale e permanente inabilità lavorativa" ex art. 2 e
12 legge n. 118 del 1971. Mentre, la persona cui sia riscontrata una "invalidità" che comporti una
riduzione permanente della "capacità lavorativa" inferiore o pari al 74% non può essere annoverata
tra gli "inabili al lavoro" (artt. 2 e 13 Legge 118 del 1971 e art. 9 d.lgs. 509 del 1988. In tal caso, la
violazione dell'obbligo di corrispondere al figlio maggiorenne un eventuale assegno di
mantenimento integra un illecito civile.
Cass. Civ., sez. I, sentenza 5 giugno 2013 n. 14190 (Pres. Luccioli, Rel. Sangiorgio)
AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO – PROCEDIMENTO UNILATERALE – PARTI NECESSARIE – ESCLUSIONE
– NECESSARIA PARTECIPAZIONE ESCLUSIVAMENTE DEL BENEFICIARIO – LITISCONSORZIO NECESSARIO
CON I PARENTI – ESCLUSIONE (ARTT. 713, 720-BIS C.P.C.)
2
Nella procedura per la istituzione di un'amministrazione di sostegno, che consiste in un
procedimento unilaterale, non esistono parti necessarie al di fuori del beneficiario
dell'amministrazione, e non è, pertanto, configurabile una ipotesi di litisconsorzio necessario tra i
soggetti partecipanti al giudizio innanzi al Tribunale. L'art. 713 cod.proc.civ., cui rinvia l'art. 720bis dello stesso codice, espressamente limita la partecipazione necessaria al procedimento, come
correttamente posto in rilievo dalla Corte territoriale, al ricorrente, al beneficiario
dell'amministrazione di sostegno e alle altre persone, tra quelle indicate nel ricorso, le cui
informazioni il giudice ritenga utili ai fini dei provvedimenti da adottare.
Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 6 giugno 2013 n. 14329 (Pres., est. Luccioli, rel. Acierno)
RETTIFICAZIONE DI SESSO – EFFETTI SUL MATRIMONIO PREESISTENTE – AUTOMATICO SCIOGLIMENTO
DEL MATRIMONIO PUR IN MANCANZA DI PRONUNCIA GIUDIZIALE ESPRESSA SUL PUNTO – DIVORZIO CD.
IMPOSTO EX LEGE – QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE (ART. 4, L. 164/1982 – OGGI ART.
31 D.LGS. N. 150 DEL 2011; ART. 69, D.P.R. 396/2000)
Per effetto dell’art. 4 della legge n. 164 del 1982, l’ordine di annotazione della rettificazione di
attribuzione di sesso determina l’obbligo di aggiornare anche il registro degli atti di matrimonio,
mediante annotazione dello scioglimento del matrimonio (o della cessazione dei suoi effetti civili),
che ne rappresenta un effetto automatico (a prescindere dalla domanda di parte). La norma succitata
esclude, tuttavia, in questo modo, il diritto del soggetto che abbia mutato la propria identità di
genere a conservare il preesistente vincolo matrimoniale così ponendosi in contrasto con il sistema
costituzionale, integrato dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, di riconoscimento e
tutela del diritto alla autodeterminazione nelle scelte relative all’identità personale, di cui la sfera
sessuale esprime un carattere costitutivo; del diritto alla conservazione della preesistenza
dimensione relazione; del diritto a non essere ingiustificatamente discriminati rispetto a tutte le altre
coppie coniugale, alle quali è riconosciuta la possibilità in ordine al divorzio; del diritto dell’altro
coniuge a scegliere se continuare la relazione coniugale. Per questi motivi va sollevata la questione
di legittimità costituzionale degli artt. 2, 4 legge 164/1982, 36 d.lgs 150/2011, per violazione degli
artt. 2, 3, 24, 29, 117 Cost., 8, 12 CEDU.
IL CASO.it
Cass. Civ., sez. I, sentenza 6 giugno 2013 n. 14336 (Pres., Luccioli, rel. Acierno)
DIVORZIO – ASSEGNO DIVORZILE – INDAGINI DI POLIZIA TRIBUTARIA – DISCREZIONALITÀ DEL
GIUDICE – SUSSISTE (ART. 5, LEGGE 898/1970)
Il giudice del merito ove ritenga "aliunde" raggiunta la prova dell'insussistenza dei presupposti che
condizionano il riconoscimento dell'assegno di divorzio, può procedere al rigetto dell'istanza senza
disporre preventivamente accertamenti officiosi attraverso la polizia tributaria, atteso che l'esercizio
di tale potere rientra nella discrezionalità del giudice, non trattandosi di un adempimento imposto
dall'istanza di parte (Cass. 9861 del 2006), purché sia correlabile anche per implicito ad una
valutazione di superfluità dell'iniziativa e di sufficienza dei dati istruttori acquisiti (Cass. 16575 del
2008).
Cass. Civ., sez. III, ordinanza 17 giugno 2013 n. 15113 (Pres. Trifone, rel. Scarano)
SEPARAZIONE DEI CONIUGI - ASSEGNAZIONE IN GODIMENTO DELL'IMMOBILE DI PROPRIETÀ DI UN
TERZO, CONCESSO IN COMODATO ALLA COPPIA PRIMA DELLA SEPARAZIONE - DIRITTO DEL TERZO
PROPRIETARIO DI RECEDERE AD NUTUM DAL CONTRATTO DI COMODATO - RIMESSIONE ALLE SEZIONI
UNITE
La Terza Sezione della Corte di cassazione, chiamata a stabilire se sia corretta la decisione di
merito, la quale neghi al proprietario di un immobile, concesso in comodato al proprio figlio e da
questi adibito ad abitazione familiare, di esercitare il recesso ad nutum dal contratto dopo la
separazione del figlio e l’assegnazione in godimento dell’abitazione familiare alla nuora, ha ritenuto
non condivisibile la soluzione adottata al riguardo dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13063 del
2004 – secondo cui il diritto del proprietario non può essere esercitato sino a che duri la
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“funzionalizzazione” dell’immobile al suo scopo di abitazione domestica – ed ha nuovamente
sottoposto il problema alle Sezioni Unite.
Cass. Civ., sez. I, ordinanza 26 giugno 2013 n. 16134 (Pres., rel. Salmé)
DECADENZA DALLA POTESTÀ CONTESTUALE DOMANDA DI AFFIDAMENTO ESCLUSIVO DEL MINORE –
COMPETENZA DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI – SULLA PRIMA DOMANDA – SUSSISTE – SULLA
SECONDA DOMANDA – ESCLUSIONE (ART. 330 C.C.)
In tema di affidamento dei minori e di provvedimenti di decadenza dalla potestà genitoriale,
dovendo il discrimine tra la competenza del tribunale ordinario e del tribunale per i minorenni
essere individuato in riferimento al petitum ed alla causa petendi, rientrano nella competenza del
Tribunale per i minorenni, ai sensi del combinato disposto degli artt. 330 c.c. e 38 disp. att. c.c., le
domande finalizzate ad ottenere i provvedimenti di decadenza dalla potestà genitoriale, mentre
rientrano nella competenza del tribunale ordinario, in sede di separazione personale dei coniugi, le
pronunzie di affidamento dei minori che mirino solo ad individuare quale dei due genitori sia più
idoneo a prendersi cura del figlio
Cass. Civ., sez. I, sentenza 26 giugno 2013 n. 16142 (Pres. Vitrone, rel. Bisogni)
SEPARAZIONE GIUDIZIALE – ADDEBITO – PRONUNCIA A CARICO DI ENTRAMBI I CONIUGI –
CONFIGURABILITÀ – SUSSISTE (151 c.c.)
Vi possono essere contemporaneamente comportamenti di entrambi i coniugi valutabili come
gravemente contrari ai doveri imposti dal matrimonio e che sono astrattamente idonei a produrre la
rottura del rapporto coniugale. Ne consegue che è ammissibile e configurabile la pronuncia di
addebito della separazione a entrambi i coniugi
IL CASO.it
Cass. Civ., sez. I, ordinanza 27 giugno 2013 n. 16271 (Pres. Di Palma, rel. Campanile)
FIGLIO NATO FUORI DA MATRIMONIO - ATTRIBUZIONE GIUDIZIALE DEL COGNOME – INTERESSE DEL
MINORE – CRITERIO PREVALENTE - SUSSISTE
In tema di attribuzione giudiziale del cognome al figlio naturale riconosciuto non contestualmente
dai genitori, poiché i criteri di individuazione del cognome del minore si pongono in funzione del
suo interesse, che è quello di evitare un danno alla sua identità personale, intesa anche come
proiezione della sua personalità sociale, la scelta del giudice non può essere condizionata né dal
"favor" per il patronimico, né dall'esigenza di equiparare il risultato a quello derivante dalle diverse
regole, non richiamate dall'art. 262 cod. civ., che presiedono all'attribuzione del cognome al figlio
legittimo (Cass., 29 maggio 2009, n. 12670; Cass. 3 febbraio 2011, n. 2644)
Cass. Civ., sez. VI-I, ordinanza 27 giugno 2013 n. 16285 (Pres. Di Palma, rel. Campanile)
RAPPORTO DEI CONIUGI GIÀ DISGREGATO – ABBANDONO DEL TETTO CONIUGALE – RILEVANZA AI
FINI DELL’ADDEBITO - ESCLUSIONE
Va riconosciuta l'irrilevanza, ai fini dell'addebito, delle condotte sopravvenute in un contesto di
disgregazione della comunione spirituale e materiale quale rispondente al dettato normativo e al
comune sentire, in una situazione stabilizzata di reciproca sostanziale autonomia di vita, non
caratterizzata da "affectio coniugalis". Quanto alla efficacia lesiva dell'abbandono del tetto
coniugale, la più recente giurisprudenza della Corte (Cass., 30 gennaio 2013, n. 2183) ha ribadito il
principio secondo cui deve escludersi che esso, quando intervenga in una situazione già
irrimediabilmente compromessa, anche per ragioni obiettive, che prescindono dall'addebitabilità ad
uno dei coniugi (Cass., 21 marzo 2011, n. 2011; Cass., 9 ottobre 2007, n. 21099), costituisca
condotta contraria ai doveri del matrimonio.
Cass. Civ., sez. VI-I, ordinanza 27 giugno 2013 n. 16285 (Pres. Di Palma, rel. Campanile)
RAPPORTO DEI CONIUGI GIÀ DISGREGATO – ABBANDONO DEL TETTO CONIUGALE – RILEVANZA AI
FINI DELL’ADDEBITO – ESCLUSIONE (155 C.C.)
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Va riconosciuta l'irrilevanza, ai fini dell'addebito, delle condotte sopravvenute in un contesto di
disgregazione della comunione spirituale e materiale quale rispondente al dettato normativo e al
comune sentire,
Cass. Civ., sez. VI-I, ordinanza 27 giugno 2013 n. 16285 (Pres. Di Palma, rel. Campanile)
IMMOBILE IN COMPROPRIETÀ – OCCUPAZIONE DA PARTE DELL’UN CONIUGE, IN VIA ESCLUSIVA –
CONSEGUENZE – INDENNITÀ EX ART. 1102 C.C. – SUSSISTE (1102 c.c.)
Il coniuge che occupi in via esclusiva l'intero appartamento di proprietà comune, deve considerarsi
tenuto al pagamento di un'indennità ex art. 1102 c.c. (cfr. Cass., 30 marzo 2012, n. 5156).
Cass. Civ., sez. VI-I, ordinanza 27 giugno 2013 n. 16285 (Pres. Di Palma, rel. Campanile)
ASSEGNO DI MANTENIMENTO – RAPPORTI DI CREDITO, DEBITO TRA ONERATO E AVENTE DIRITTO
– COMPENSABILITÀ - ESCLUSIONE (1241 c.c.)
L’onerato non può compensare con propri crediti che vanti verso l’avente diritto, l’importo che
deve a titolo di assegno di mantenimento (v. Cass., 10 dicembre 2008, n. 28987, cfr., Cass., 21
febbraio 2001, n. 2492; Cass., 10 ottobre 2003, n. 15164; Cass., 20 marzo 2009, n. 6864)
Cass. Civ., sez. I, sentenza 22 luglio 2013 n. 17831 (Pres. Di Palma, rel. Dogliotti)
GIUDIZIO EX ART. 148 C.C. - NATURA (art. 148 c.c.)
Il giudizio di opposizione ex art. 148 c.c. è costituito dalla cognizione piena della controversia e la
relativa decisione può consistere non solo nella conferma o nella revoca del decreto, ma anche in
una statuizione parzialmente modificativa. Del resto è lo stesso art. 148 c.c. che prevede la
possibilità di richiedere modificazione o revoca del provvedimento. Va per di più considerata che,
per ragioni di economia processuale, il giudice, stante anche la possibilità di provvedere di ufficio
riguardo ai minori, può esaminare profili di novità successivi al ricorso.
IL CASO.it
Cass. Civ., sez. I, sentenza 25 luglio 2013 n. 18075 (Pres. Luccioli, rel. San Giorgio)
ASSEGNAZIONE DELLA CASA CONIUGALE – LEGITTIMAZIONE DEL GENITORE IN LUOGO DEL FIGLIO
MAGGIORENNE – REQUISITO DELLA COABITAZIONE – COLLEGAMENTO STABILE DEL FIGLIO CON LA
CASA – CONDIZIONI – RITORNO NEI SOLI FINE SETTIMANA – MERA OSPITALITÀ – COLLEGAMENTO CON
LA CASA - ESCLUSIONE
È pur vero che il genitore, separato o divorziato, al quale il figlio sia stato affidato durante la minore
età, pur dopo che questi (non ancora autosufficiente) sia divenuto maggiorenne, continua, in assenza
di un'autonoma richiesta da parte di quest'ultimo, ad essere legittimato iure proprio ad ottenere
dall'altro genitore il pagamento dell'assegno per il mantenimento del figlio, sempre che tra il
genitore già affidatario e il figlio persista il rapporto di coabitazione (Cass., sent. n. 11320 del
2005). Tuttavia, più recentemente, con riferimento alla tematica dell'assegnazione della casa
familiare, la giurisprudenza ha precisato che la nozione di convivenza rilevante a tali effetti
comporta la stabile dimora del figlio presso l'abitazione di uno dei genitori, con eventuali, sporadici
allontanamenti per brevi periodi, e con esclusione, quindi, della ipotesi di saltuario ritorno presso
detta abitazione per i fine settimana, ipotesi nella quale si configura invece un rapporto di mera
ospitalità. Deve, pertanto, sussistere un collegamento stabile con l'abitazione del genitore, benché la
coabitazione possa non essere quotidiana, essendo tale concetto compatibile con l'assenza del figlio
anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché egli vi faccia ritorno
regolarmente appena possibile; quest'ultimo criterio, tuttavia, deve coniugarsi con quello della
prevalenza temporale dell'effettiva presenza, in relazione ad una determinata unità di tempo (anno,
semestre, mese: v. Cass., sent. n. 4555 del 2012) {Nella specie, la Corte di merito, avendo preso in
considerazione l'elemento del venir meno del presupposto della coabitazione del giovane R. con la
madre per effetto del suo trasferimento per ragioni di studio a Milano, la cui stabilità il giudice di
secondo grado ha ritenuto comprovata dalla circostanza dell'avere il ragazzo preso ivi in locazione
5
un appartamento, correttamente ha escluso la sopravvivenza della legittimazione della madre a
richiedere iure proprio all'ex coniuge il contributo per il mantenimento del figlio]
Cass. Civ., sez. I, sentenza 1 agosto 2013 n. 18440 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti)
SEPARAZIONE DEI CONIUGI - ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMILIARE – ASSENZA DI FIGLIO MINORENNI
O MAGGIORENNI NON AUTOSUFFICIENTI – ESCLUSIONE – SUSSISTE – QUESTIONI RELATIVE ALLA
PROPRIETÀ – COMPETENZA DEL GIUDICE DELLA SEPARAZIONE - ESCLUSIONE (155-QUATER C.C.)
L’assegnazione della casa coniugale non può costituire una misura assistenziale per il coniuge
economicamente più debole, ma può disporsi, a favore del genitore affidatario esclusivo ovvero
collocatario dei figli minori, oppure convivente con figli maggiorenni ma non autosufficienti
economicamente (e ciò pur se la casa stessa sia di proprietà dell'altro genitore o di proprietà
comune). Le questioni relative al diritto di proprietà e a quello di abitazione esulano, inoltre, dalla
competenza funzionale del giudice della separazione o del divorzio, e possono essere esaminati in
un ordinario giudizio di cognizione.
Cass. Civ., sez. I, sentenza 1 agosto 2013 n. 18440 (Pres. Salmè, rel. Dogliotti)
– ADDEBITO – RICHIAMO DI SENTENZE PENALI – AMMISSIBILITÀ –
SEPARAZIONE DEI CONIUGI
SUSSISTE (151 C.C.)
La pronuncia di addebito può essere motivata anche mediante il richiamo a sentenze penali emesse
nei confronti di uno dei coniugi
IL CASO.it
Cass. Civ., sez. I, sentenza 27 agosto 2013 n. 19583 (Pres. Luccioli, rel. Giancola)
RESPONSABILITÀ PROCESSUALE AGGRAVATA – TOTALE SOCCOMBENZA – NECESSITÀ - SUSSISTE
(art. 96 c.p.c.)
La responsabilità aggravata ex art. 96 cod. proc. civ. integra una particolare forma di responsabilità
processuale a carico della parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o
colpa grave e si atteggia diversamente a seconda dei gradi del giudizio, atteso che, mentre in primo
grado essa è volta a sanzionare il merito di un'iniziativa giudiziaria avventata, nel secondo grado,
regolato dal principio devolutivo, essa deve specificamente riferirsi alla pretestuosità
dell'impugnazione (cfr cass. n. 7620 del 2013). In ogni caso presupposto della condanna al
risarcimento dei danni a titolo di responsabilità aggravata per lite temeraria è la totale soccombenza,
con la conseguenza che non può farsi luogo all'applicazione dell'art. 96 c.p.c. quando tale requisito
non sussista. La soccombenza va considerata in relazione all'esito del giudizio di appello, come si
desume dal fatto che la condanna al risarcimento si aggiunge, secondo la previsione dell'art. 96 cod.
proc. civ., alla condanna alle spese, la quale è correlata all'esito finale del giudizio (cfr cass. n.
11917 del 2002).
Cass. Civ., sez. I, sentenza 27 agosto 2013 n. 19583 (Pres. Luccioli, rel. Giancola)
RINVIO DELL’UDIENZA PER IMPEDIMENTO DEL DIFENSORE – PRESUPPOSTI (art. 115 disp. att.
c.p.c.)
Anche nel procedimento camerale contenzioso il rinvio dell'udienza di discussione per grave
impedimento del difensore, ai sensi dell'art. 115 disp. att. cod. proc. civ., presuppone l'impossibilità
di sostituzione del medesimo difensore, venendo altrimenti a prospettarsi soltanto una carenza
organizzativa del professionista incaricato della difesa, irrilevante ai fini del differimento
dell'udienza (in tema, cfr cass. SU n. 4773 del 2012). Il suddetto presupposto deve ritenersi
insussistente anche quando, come nella specie, la parte sia rappresentata all'udienza di discussione
da altro difensore, che sostituisca il dominus impedito a presenziarvi e che si limiti a richiedere il
differimento per grave impedimento dipendente da concomitante impegno professionale del
medesimo dominus, impegno di cui il difensore presente in sostituzione non provi l'esistenza e
l'anteriorità rispetto alla controversia da discutere, così precludendo di ricondurre l'istanza di rinvio
a legittima causa e non a mera strategia difensiva. Al riguardo giova anche ricordare che la delega
6
conferita dal difensore ad un collega, perché lo sostituisca in udienza, rappresenta un atto tipico di
esercizio dell'attività professionale, indirizzato all'espletamento dell'incarico ricevuto dal cliente,
poiché il sostituto, nell'eseguire la delega ed intervenendo nel processo in forza di essa e senza
avere ricevuto direttamente alcun mandato dal cliente del sostituito, opera solo quale "longa manus"
di quest'ultimo e l'attività processuale da lui svolta è pertanto riconducibile soltanto all'esercizio
professionale del sostituito ed è come se fosse svolta dallo stesso (cfr cass. SU n. 289 del 1999).
Cass. Civ., sez. I, sentenza 3 settembre 2013 n. 20137 (Pres. Carnevale, rel. Giancola)
MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE – CESSAZIONE AL MOMENTO DELLA
AUTOSUFFICIENZA ECONOMICA – RILEVANZA DELLE ASPETTATIVE IN RAGIONE DELLE
POSSIBILITÀ ECONOMICHE DEL GENITORE – ESCLUSIONE – RILEVANZA PER L’EVENTUALE
DOMANDA RISARCITORIA - SUSSISTE (art. 155-sexies c.c.)
Il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne gravante, sotto forma di obbligo di
corresponsione di un assegno, sul genitore non convivente, cessa all'atto del conseguimento, da
parte del figlio, di uno "status" di autosufficienza economica consistente nella percezione di un
reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni
di mercato. Pertanto, l’attribuzione del beneficio periodico non può essere fondata su ragioni
improprie quali la perdita di chances rispetto ad una migliore e più proficua formazione personale e
collocazione economico sociale, guardando al livello culturale e socio economico della famiglia di
origine. In tal modo, si valorizza illegittimamente il diverso aspetto della responsabilità genitoriale,
avente natura squisitamente compensativa e risarcitoria, indebitamente assumendolo a funzione del
mantenimento.
IL CASO.it
Cass. Civ., sez. I, sentenza 3 settembre 2013 n. 20139 (Pres. Luccioli, est. Piccininni)
SEPARAZIONE – PROVVEDIMENTO DEL GIUDICE – IMPOSIZIONE DELL’OBBLIGO DI PAGAMENTO
DEL 50% DELLE RATE DEL MUTUO CONTRATTO PER L’ACQUISTO DELLA CASA CONIUGALE –
DECISIONE EX OFFICIO IN ASSENZA DI DOMANDA SUL PUNTO DEL CONIUGE – LEGITTIMITÀ –
SUSSISTE (art. 155 c.c.)
Il giudice deve stabilire la misura e il modo con cui il coniuge non affidatario deve contribuire al
mantenimento dei figli e può provvedervi d’ufficio a tal fine non essendo vincolato dalle domande
delle parti o dagli accordi tra le stesse eventualmente intervenuti. La somma può essere versata in
una unica somma di denaro o in più voci di spesa, sufficientemente determinate o determinabili, che
risultino idonee a soddisfare le esigenze in vista delle quali l’assegno è stato disposto. Ne consegue
il giudice può imporre al genitore l’obbligo di pagamento della rata del mutuo sulla casa coniugale,
costituendo la stessa una modalità di adempimento dell’obbligo contributivo in favore dei figli.
Cass. Pen., sez. VI, sentenza 23 settembre 2013 n. 39217 (Pres. Milo, rel. Paoloni)
AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO – TRASFERIMENTO DELLA PERSONA BENEFICIARIA IN ALTRO
LUOGO, SENZA AUTORIZZAZIONE DEL G.T. – REATO EX ART. 650 C.P. – NON SUSSISTE (art. 650
c.p.)
La persona beneficiaria, in assenza di espressa previsione contenuta nel decreto ex art. 404 c.c.,
conserva la facoltà di scegliere il luogo in cui vivere e dove trasferirsi
Cass. Pen., sez. VI, sentenza 23 settembre 2013 n. 39217 (Pres. Milo, rel. Paoloni)
AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO – INTERDIZIONE – DIFFERENZE – INCAPACITÀ TOTALE DI
PROVVEDERE AI PROPRI INTERESSI (artt. 404, 414 c.c.)
La persona beneficiaria non è considerata dal legislatore incapace di intendere e di volere, essendo
estranea in linea di principio all'istituto dell'amministrazione di sostegno specifiche situazioni di
infermità mentale che rendano la persona totalmente incapace di provvedere ai propri interessi, sì da
porla in condizione di essere interdetta o inabilitata ai sensi degli artt. 414 e 415 c.c.
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Cass. Pen., sez. VI, sentenza 23 settembre 2013 n. 39217 (Pres. Milo, rel. Paoloni)
PROVVEDIMENTI DELL’AUTORITÀ DATI PER RAGIONI DI GIUSTIZIA - REATO EX ART. 650 C.P. –
PRESUPPOSTI (art. 650 c.p.)
Il reato contravvenzionale di cui all'art. 650 c.p. concernente l'inosservanza di provvedimenti
dell'autorità "dati per ragioni di giustizia" può avere a presupposto solo provvedimenti
oggettivamente amministrativi che, sebbene emanati per ragioni inerenti a finalità di giustizia in
senso lato, hanno come contenuto un esercizio della potestà amministrativa destinata a produrre
effetti nei rapporti esterni all'attività specifica e propria del giudice. Di tal che tra i provvedimenti
considerati dalla fattispecie regolata dall'art. 650 c.p., avente peculiare natura residuale ("se il fatto
non costituisce un più grave reato"), non ricadono quelli tipici della funzione giurisdizionale
(sentenza, ordinanza, decreto) e certamente non quelli emessi dal giudice in sede civile. Per
provvedimento dell'autorità, ai fini dell'art. 650 c.p., deve intendersi, infatti, ogni atto con cui
l'autorità I imponga ad una o più persone determinate un particolare condotta, commissiva od I
omissiva, dettata da contingenti ragioni a tutela di interessi collettivi (id est pubblici) afferenti a
scopi di giustizia, sicurezza, ordine pubblico, igiene. In tale quadro normativo, in cui l'esercizio del
potere dell'autorità (amministrativa) è destinato ad operare direttamente nei rapporti esterni
all'attività propria del giudice, non possono venire in rilievo i provvedimenti giurisdizionali in senso
stretto, cioè gli atti tipici del giudice (peri l'appunto sentenza, ordinanza, decreto), che non
riguardano in via immediata un interesse di carattere generale ovvero, se anche lo riguardano, non
attengono a quel substrato di ordine pubblico, inteso in senso lato e diffuso, che rappresenta
l'oggetto, sia pure residuale, della tutela apprestata dall'art. 650 c.p.
IL CASO.it
Cass. Civ., Sez. I, 2 ottobre 2013 n. 22568 (Pres. Di Palma, rel. Acierno)
ASSEGNO DIVORZILE – QUANTIFICAZIONE – VALUTAZIONE SINTETICA COMPARATIVA DI INSIEME
– SUFFICIENZA – SUSSISTE (legge 898/1970)
La valutazione delle condizioni economiche dei coniugi, per la quantificazione dell’assegno
divorzile, non esige da parte del giudice del merito che si considerino analiticamente tutte le
annualità di reddito come risultanti dalle dichiarazioni fiscali, essendo sufficiente una valutazione
sintetica comparativa d’insieme, unitamente alla durata del matrimonio e della convivenza
coniugale.
Cass. Civ., sez. I, sentenza 10 ottobre 2013, n. 23090 (Pres. Carnevale, rel. Bisogni)
ASSEGNO DIVORZILE – NUOVA FAMIGLIA COSTITUITA DALL’ONERATO – RILEVANZA – SUSSISTE –
VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE DELLA NUOVA COMPAGNA – SUSSISTE (art. 5, l. 898/1970)
La costituzione di un nuovo nucleo familiare incide sulla misura dell’assegno divorzile dovuto alla
ex moglie ma nel giudizio che include tale incidenza deve anche tenersi conto della situazione
economica della nuova compagna dell’onerato e della misura patrimoniale con cui la stessa può
contribuire alla nuova compagine familiare.
Cass. Civ., sez. I, ordinanza 29 ottobre 2013 n. 24421 (Pres. Di Palma, rel. Dogliotti)
DIVORZIO – QUOTA DEL T.F.R. SPETTANTE ALL’EX CONIUGE – MODALITÀ DI CALCOLO SPECIFICAZIONI – IN PARTICOLARE: ANTICIPAZIONI PERCEPITE DURANTE IL MATRIMONIO –
RILEVANZA – ESCLUSIONE (art. 12-bis l. 898/1970)
Il TFR, in forza di legge (in particolare L. n. 297 del 1982), ha assunto la natura di retribuzione
accantonata o differita (tra le altre, Cass. N. 783 del 2006); l'art. 2120, comma sesto, C.C. ammette
il lavoratore a richiedere in costanza di rapporto, anticipazioni sul TFR già maturato, confermando
così la piena disponibilità su parti del trattamento, con l'acquisizione delle somme percepite al suo
matrimonio. Pertanto, nell'applicazione dell'art. 12 bis L. 898/1970, non deve tenersi conto delle
anticipazioni del TFR percepite dal coniuge durante la convivenza matrimoniale o la separazione
personale, per essere quelle anticipazioni entrate nell'esclusiva disponibilità dell'avente diritto
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(Cass. 19427/2003; Cass. 19046/2005). L'art. 12 bis L. Divorzio, alla luce di quanto osservato, non
può che interpretarsi nel senso di garantire al coniuge beneficiario la corresponsione di una quota di
TFR, calcolata sulla somma che viene corrisposta al lavoratore, successivamente alla sentenza di
divorzio. Ciò vuol dire che la quota spettante all’ex coniuge deve essere quantificata sulla scorta del
TFR netto corrisposto all’avente diritto e non sul lordo. In caso contrario, infatti, questi sarebbe
tenuto a corrispondere all’ex partner una quota in relazione ad un importo dallo stesso non
percepito, siccome gravato dal carico fiscale.
Cass. Civ., sez. I, ordinanza 29 ottobre 2013 n. 24424 (Pres. Di Palma, rel. Bisogni)
OBBLIGO DI MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNE – CESSAZIONE – REQUISITI ED ONERI
PROBATORI (art. 155 c.c.)
L’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, secondo le regole degli artt. 147 e
148 cod. civ., non cessa, ipso facto, con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi
ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione
dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che
il mancato svolgimento di un’attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di
rifiuto ingiustificato dello stesso (Cass. Civ., sezione I, n. 19589 del 26 settembre 2011).
Cass. Civ., sez. I, ordinanza 29 ottobre 2013 n. 24424 (Pres. Di Palma, rel. Bisogni)
OBBLIGO DI MANTENIMENTO DEI FIGLI – STATO DI DISOCCUPAZIONE – ELIMINAZIONE DELL’ASSEGNO
– ESCLUSIONE – OCCUPAZIONE ANCHE SALTUARIA – CAPACITÀ LAVORATIVE (art. 155 c.c.)
L’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli non può essere eliminato per il solo
fatto della disoccupazione e può essere fissato in misura sostenibile sulla base delle capacità
lavorative del genitore e della possibilità di reperire occupazione anche saltuaria
IL CASO.it
Cass. Civ., sez. I, ordinanza 30 ottobre 2013 n. 24515 (Pres. Di Palma, rel. Bisogni)
MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI DIVORZIO - SOPRAVVENIENZE – NECESSITÀ - SUSSISTE (art. 9 l.
898/1970)
E’ necessario l’accertamento della ricorrenza di motivi sopravvenuti, rispetto alla situazione
accertata dalla sentenza di divorzio, perché il giudice possa provvedere alla modifica delle
condizioni fissate in sede divorzile
Cass. Civ., sez. I, ordinanza 31 ottobre 2013 n. 24667 (Pres. Di Palma, rel. Bisogni)
DIVORZIO – TENORE DI VITA – ACCERTAMENTO – REDDITI DEL CONIUGI - SUSSISTE (art. 156 c.c.)
Il giudice può desumere il tenore di vita pregresso cui deve rapportarsi l'assegno di divorzio, dai
redditi dei coniugi al momento della pronuncia di divorzio.
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