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50 Emorragia post
1 • General Philosophy
Emorragia post-operatoria
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BARRY ARMSTRONG
“Il chirurgo ferito che maneggia l’acciaio
che indaga la parte malata;
sotto le mani insanguinate sentiamo
l’arte pungente e pietosa di chi guarisce…”
(East Coker, T.S. Eliot, 1888–1965)
Ogni colpo di bisturi apre capillari o grossi vasi e sparge sangue prezioso. Il
sangue – icona della chirurgia – è il simbolo del sacrificio chirurgico del paziente effettuato attraverso l’azione del chirurgo. Questo sacrificio ha un vantaggio
inverso – maggiore è lo spargimento di sangue, più infausto sarà l’esito. La perdita ematica deve essere limitata dall’azione congiunta della tecnica chirurgica e
dell’emostasi naturale del paziente. L’interazione tra le caratteristiche del paziente e la tecnica del chirurgo determinerà l’entità del sanguinamento durante e
dopo l’intervento.
Se l’emostasi del paziente è “debole” allora il controllo chirurgico del sanguinamento dovrà essere “accurato” e completo.
Le complicanze di un sanguinamento sono responsabili di almeno 1/10 della mortalità operatoria. Di solito si verificano in pazienti traumatizzati; tuttavia
alcuni interventi sono esenti dalle complicanze dovute ad un sanguinamento postoperatorio. L’emorragia può iniziare prima, durante e dopo l’intervento: quando
l’emostasi naturale fallisce, il chirurgo si trova ad affrontare un ematoma, una
riduzione dei globuli rossi o uno shock inatteso. A seconda delle dimensioni del
vaso sanguinante, della bravura degli infermieri e della collaborazione del paziente, le cose possono peggiorare poco o molto prima che il chirurgo venga chiamato. Uno dei ruoli fondamentali degli infermieri che si occupano della gestione
post-operatoria dei pazienti è quello di identificare una eventuale emorragia e di
avvertire il chirurgo. Una emorragia che si verifica in I o II giornata post-operatoria è definita “emorragia precoce”. Se siamo sicuri, quando abbiamo chiuso l’addome del paziente, che l’emostasi del campo chirurgico era valida, allora l’emorragia
può essere dovuta alla semplice lisi di un coagulo, ad una sutura mal eseguita o
allo scivolamento di una clip; ma per essere sinceri, in molti casi essa rappresenta
uno stillicidio continuo iniziato durante l’intervento.
Una “emorragia secondaria” si verifica dopo più di una settimana dall’intervento. Generalmente si associa ad una infezione o ad un processo infiammatorio.
Esempio calzante è un’emorragia del letto pancreatico dopo necrosectomia per
necrosi pancreatica infetta (●❯ Cap. 18).
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Barry Armstrong
Tabella 50.1. Emostasi chirurgica: cosa fare se il paziente sanguina ancora? (di Ahmad
Assalia) 12 consigli utili
Prima
Poi valutate l’eventualità di
Applicate PRESSIONE...
con il PACKING o PEZZE
Abbiate PAZIENZA
Suturate con PROLENE
(o altro materiale)
Trasfondete PIASTRINE e PLASMA
fresco congelato
Somministrate PROTAMINE
(contro l’eparina)
Trasfondete EMAZIE CONCENTRATE
(se il sanguinamento persiste)
Chiedete aiuto al PROFESSORE
Se non può aiutarvi – PREGATE...
... di non ritrovare il vostro paziente in OBITORIO
Prevenire gli ematomi e le emorragie post-operatorie
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Fattori tecnici: controllate l’emostasi della ferita dopo aver aperto l’addome.
Ottenete il controllo dei vasi maggiori che “pompano sangue” tutte le volte che li
trovate. Le emorragie minori e gli stillicidi ematici dovrebbero cessare spontaneamente. Ricordatevi che per raggiungere una emostasi naturale nelle emorragie
minori (“tempo di sanguinamento”) ci vogliono circa 5–7 minuti. Ricontrollate l’emostasi della ferita a metà intervento e alla chiusura. Non permettete al vostro assistente di pulire la ferita con una spugna perché potrebbe compromettere la benefica azione “tamponante” delle piastrine. Insegnategli a tamponare i vasi sanguinanti con tocchi rapidi e delicati piuttosto che a strofinare.
Fattori inerenti il paziente: sicuramente non volete che vi annoiamo con un’altra lezione sull’emostasi. Allora ricordatevi i 12 consigli elencati nella ●❯ Tabella 50.1 che
possono servire ad ottenere una migliore coagulazione e a prevenire le emorragie.
Per avere dettagli sui test di coagulazione andate al seguente indirizzo:
http://www.anaesthetist.com/icu/organs/blood/test.htm.
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Ematomi post-operatori della ferita
Il fattore coagulante più importante è il chirurgo.
Errore n. 1: “La ferita era asciutta quando abbiamo chiuso” (●❯ Fig. 50.1)
Fatto. Una tecnica chirurgica impeccabile minimizza il rischio di emorragia
post-operatoria. Mentre viene chiuso l’addome è possibile che, ad una singola
occhiata, possa sfuggire un vaso sanguinante temporaneamente in spasmo. Anche
l’ipotensione, l’uso di divaricatori chirurgici e/o uno pneumoperitoneo possono
mascherare dei vasi sanguinanti. Il chirurgo “smanicato” controlla l’emostasi più
volte durante gli ultimi 10–15 minuti di intervento, elimina il pneumoperitoneo o
riposiziona i divaricatori e le pezze laparotomiche per individuare eventuali vasi
beanti nascosti.
50 • Emorragia post-operatoria
Fig. 50.1. “Quando abbiamo chiuso era asciutta…”
Se nel post-operatario, dalla ferita chirurgica, malgrado l’azione di pressione
locale esercitata, si ha un sanguinamento continuo, si dovrebbe ri-esplorare la ferita.
Per evacuare i coaguli ed ottenere il controllo dei punti sanguinanti, spesso basta
somministrare un anestetico locale ed usare una tecnica sterile in una sala operatoria
per interventi di chirurgia minore con buona illuminazione. Prima di iniziare l’atto
chirurgico, somministrate una dose profilattica di antibiotici ev, poiché una ri-esplorazione per emorragia aumenta il rischio di infezione. Se invece pensate che l’ematoma della ferita abbia origine da un vaso maggiore, è meglio tornare in sala operatoria. Ad esempio un ematoma che si espande rapidamente in sede di trocar epigastrico dopo una colecistectomia laparoscopica di solito ha origine da una arteria epigastrica superiore danneggiata. Attendere che l’emostasi dell’arteria epigastrica superiore avvenga spontaneamente di solito non uccide il paziente ma determina un voluminoso ematoma ed ecchimosi che richiedono intere settimane per riassorbirsi.
Emorragia addominale post-operatoria
Le due parole che più spesso associamo ad un reintervento per emorragia
sono:“Si fermerà.”
Errore n. 2: Se il paziente sta sanguinando ed è ipoteso, utilizzate due vie venose di grosso calibro e somministrate rapidamente almeno 2 litri di Ringer lattato.
Fatto. L’evidenza dei fatti, in continuo aumento, dimostra che una energica
reintegrazione idrica è in grado di ripristinare la pressione sanguigna ed il polso
periferico, ma determina un aumento della mortalità e della morbilità. In caso di
emorragia incontrollabile, una rapida stabilizzazione con liquidi diluisce i fattori
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coagulativi, aumenta il flusso ematico nella sede responsabile dell’emorragia in atto
e può “far scoppiare il coagulo” (Ken Mattox), aprendo così anche nuovi vasi.
Esperimenti su modelli animali ed umani hanno dimostrato i vantaggi di una riduzione dei liquidi ev in caso di emorragia incontrollabile. Una ipotensione “controllata” ed un basso volume di liquidi in infusione ev, rappresentano la strategia
migliore per salvaguardare i meccanismi emostatici del paziente.
Mentre il sanguinamento da una o in una ferita chirurgica superficiale è evidente ad occhio nudo, quello post-operatorio nella cavità addominale è “nascosto” e perciò più difficile da diagnosticare. Una emorragia addominale post-operatoria è un trauma chirurgico iatrogeno che pone considerazioni diagnostiche e
terapeutiche simili a quelle per la gestione dei traumi addominali penetranti e
chiusi (●❯ Capp. 34 e 35).
Il paziente ha una emorragia addominale? Tachicardia, ipotensione, stato
confusionale, sudorazione, aumento del dolore in sede di incisione o all’addome,
distensione addominale, oliguria, calo dell’ematocrito o ecografia positiva al letto
del paziente, sono frequentemente diagnostici. Tuttavia ricordate che l’ipotensione
dopo un intervento non è sempre dovuta ad una emorragia. Se gli effetti degli anestetici e dei narcotici persistono, si può determinare un calo pressorio. La terapia
antalgica peridurale post-operatoria è una causa frequente di ipotensione ma anche
in questo caso attenti a non tralasciare l’ipotesi di una eventuale emorragia. La stabilizzazione con liquidi durante il primo intervento può risultare inadeguata a
compensare la perdita e il sequestro di liquidi nel “terzo spazio”. Il paziente può aver
perduto liquidi per diarrea e vomito. Negli anziani o nei casi di assunzione cronica
di steroidi, una crisi addisoniana può provocare ipotensione ed una rapida risposta
ai corticosteroidi.
Devo portare di corsa il paziente in sala operatoria? Se il paziente è in grave
stato di shock e presenta una grave sindrome compartimentale da emoperitoneo
massivo, dovete precipitarvi in sala operatoria ed aprire l’addome. In caso contrario, valutate i seguenti passaggi.
Devo sottoporre l’addome ad esami radiologici ? In pazienti stabili la TC è in
grado di confermare le dimensioni dell’ematoma (ad es. nel letto della colecisti) e
di valutare l’entità dell’emoperitoneo. Come per un trauma addominale chiuso, la
diagnosi TC ed il follow-up consentono di attuare in sicurezza un trattamento non
chirurgico. La comparsa di un “blush” alla TC – stravaso di mezzo di contrasto –
può localizzare l’origine di un sanguinamento in atto. In situazioni specifiche (ad
es. dopo un intervento per trauma epatico) con l’angiografia è possibile localizzare
e trattare il sanguinamento.
Devo trattare il paziente non chirurgicamente? Attualmente, dato che la maggior parte dei pazienti con trauma addominale chiuso è trattata con successo senza intervento chirurgico, tendiamo ad applicare le lezioni apprese anche alle emorragie post-operatorie da rottura o lesione dei vasi addominali. I pazienti che continuano a mostrare segni di ipovolemia dopo una “blanda” stabilizzazione, dovrebbero essere riportati in sala operatoria. Dovreste inoltre evitare di applicare ancora
il vecchio dogma che prevede di trattare un emoperitoneo con il tamponamento in
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50 • Emorragia post-operatoria
attesa che la pressione intraperitoneale superi quella della sede di origine del sanguinamento. Questa pratica, ormai datata, determina una sindrome compartimentale addominale che richiede una decompressione. I pazienti stabili dovrebbero
essere tenuti sotto stretta osservazione emodinamica e sottoposti ad esami seriati
dell’ematocrito. La necessità di una trasfusione iniziale non rappresenta una controindicazione all’approccio conservativo; raramente sappiamo quanta emoglobina
sia andata perduta durante e dopo l’intervento – e quanto il suo calo sia stato determinato dall’emodiluzione.
L’approccio conservativo sta fallendo? La persistenza di una perdita ematica,
dimostrata dal bisogno di ulteriori trasfusioni, indica che l’approccio conservativo
è fallito. Trasfusioni continue si associano ad un aumento della mortalità, delle infezioni e della degenza ospedaliera, indipendentemente dalla gravità dello shock. Nei
pazienti in cui non sia possibile effettuare trasfusioni per motivi religiosi
(Testimoni di Geova), sentitevi più liberi a porre l’indicazione ad interventi radiologici o chirurgici. Siate rapidi ad intervenire nelle pazienti in gravidanza poiché
anche uno shock materno lieve può determinare una vasocostrizione utero-placentare e un grave shock fetale.
È sicuro lasciare un grosso ematoma o dei coaguli in addome? Certamente è
meglio ripulire alla perfezione l’addome piuttosto che lasciare in giro sangue e derivati della sua degradazione: il sangue e l’emoglobina forniscono un terreno fertile
per i batteri che sono all’origine di ascessi. È stato poi dimostrato che i prodotti di
scarto del sangue vecchio contribuiscono all’instaurarsi di una sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS, ●❯ Cap. 48). D’altra parte una re-laparotomia ha
le proprie percentuali di morbilità precoce e tardiva (e di mortalità). Anche se è lo
strumento ideale per fermare una emorragia da una arteria sanguinante, può
aumentare lo stillicidio superficiale generalizzato dovuto ad una coagulopatia.
Ricordatevi che eseguendo una laparoscopia in elezione, alcuni giorni dopo la cessazione dell’evento emorragico, è possibile lavar via grossi coaguli residui.
Il processo coagulativo del paziente è adeguato? Questa dovrebbe essere una
delle vostre maggiori preoccupazioni, che decidiate o meno di aspettare o di operare. Una grave coagulopatia acquisita può verificarsi intra-operatoriamente o nell’immediato periodo post-operatorio. Questa sindrome da “coagulazione intravasale disseminata” (CID) è secondaria ad un grave insulto, come ad esempio una
sepsi, una embolia gassosa, adiposa o di liquido amniotico, un errore trasfusionale,
una neoplasia estesa od un trauma severo. Per risolvere questo problema sono
necessari una rapida correzione della causa primaria ed il trattamento della coagulopatia che consuma sia le piastrine che i fattori coagulativi e distrugge sia la fibrina che il fibrinogeno per fibrinolisi. È necessaria una terapia con componenti multipli del sangue e in alcuni casi un trattamento specifico come l’utilizzo del fattore
VII ricombinante attivato. Una trasfusione di piastrine può essere utile quando la
conta piastrinica assoluta è <50000 ed il paziente sta sanguinando. Avvertite subito
la banca del sangue e valutate l’eventualità di consultare un ematologo se è presente una CID.
Considerate il primo intervento specifico. Siete stati voi ad eseguire il primo
intervento perciò siete quelli che sanno meglio cosa è andato – o potrebbe andare
– male. Inseritelo come fattore nel vostro decision-making.
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Emorragia addominale potenzialmente letale
“Il sanguinamento è iniziato nella zona del retto ed è continuato fino a Los
Angeles.” (Cartella clinica di un paziente riprodotta in Details in Professional Liability,
27 Gennaio, 1999)
Quando un paziente sta compensando la perdita di sangue la sua pressione
ematica può essere di 1/3 al di sotto della norma, ma gli organi centrali rimangono ben perfusi. Il paziente è sveglio e cooperativo: la diuresi è di 0,5 ml/Kg all’ora
e sono palpabili le pulsazioni di radiale e pedidia. Tuttavia l’emorragia in atto o una
improvvisa emorragia massiva possono sbilanciare questa stabilità. L’anamnesi (ad
es. lenzuola del letto o garze intrise di sangue, il recentissimo intervento “cruento”),
combinata ai riscontri clinici, vi porterà ad intervenire con urgenza.
È utile ottenere l’emostasi medica attraverso una rapida correzione delle anomalie coagulative ma, in questi casi urgenti, l’emostasi meccanica è essenziale. Un
re-intervento per ottenere emostasi meccanica valida, generalmente implica una relaparotomia, ma, in pazienti stabili, è possibile raggiungere il medesimo scopo utilizzando anche metodiche mini-invasive quali la laparoscopia, la endoscopia gastrointestinale o la radiologia interventistica.
Re-laparotomia per emorragia
In sala operatoria vorrete avere quanti più “assi” nella manica possibile.
Mentre vi chiedete: “Quale procedura fermerà l’emorragia?”, pensate alle
seguenti opzioni: serviranno ad aumentare la vostra fiducia.
Fino a questo momento avete limitato il reintegro del volume e consentito
una ipotensione controllata. A questo punto, prima dell’induzione dell’anestesia,
l’ipovolemia deve essere corretta in maniera aggressiva per evitare un collasso cardiocircolatorio, il più delle volte causato da una diminuzione improvvisa della resistenza periferica, dovuta ai miorilassanti e, all’improvvisa decompressione di una
ipertensione intra-addominale che a sua volta determina un ristagno periferico e
una riduzione del ritorno venoso.
Vorrete avere a disposizione una banca del sangue ben fornita, un anestesista
capace, i mezzi per tenere caldo il paziente durante l’intervento, dei bravi assistenti (compreso un collega anziano, con esperienza), una illuminazione adeguata
(prendete in considerazione l’eventualità di utilizzare lampade extra o luci frontali), una buona divaricazione ed un buon campo operatorio che consentano una
rapida esposizione della sede di sanguinamento e l’isolamento di qualsiasi vaso di
grosso calibro beante con il suo controllo prossimale e distale.
Preparate il vostro equipaggiamento. Una emostasi meccanica durante un
reintervento prevede una buona manualità chirurgica, suture, suturatici meccaniche, clips, elettrobisturi (bipolare o monopolare), ultrasuoni (UltracisionHarmonic Scalpel), laser, argon beamer, legatura dei vasi prossimali, scleroterapia
o applicazione di agenti emostatici topici (garze, spugne, schiuma di gelatina, tam-
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50 • Emorragia post-operatoria
poncini di cellulosa, strato di collagene, trombina topica, colle di fibrina).
L’omentoplastica è stata utilizzata per ricoprire superfici con emorragia a nappo,
ma il semplice elettrobisturi o gli agenti emostatici, possono essere altrettanto efficaci.
Se l’emorragia è abbondante, prendete in considerazione l’eventualità di una
autotrasfusione autologa, reinfondendo il sangue perso.
Spesso l’urgenza dell’intervento e lo stato critico del paziente terranno voi ed
il vostro team coi nervi tesi. Il chirurgo saggio di solito racconta qualche aneddoto
divertente o qualche barzelletta non offensiva per rilassare l’équipe. Questo permette di rompere lo stato di tensione emotiva e spesso aumenta l’efficacia delle prestazioni del gruppo.
Per non rischiare di danneggiare strutture vicine e per arrestare l’emorragia ci vuole
pazienza. Siamo stati educati con l’aneddoto di un famoso chirurgo britannico che fu chiamato ad operare un paziente con un’emorragia post-colecistectomia. All’intervento, nella
profondità del triangolo di Calot, si visualizzò un vaso che perdeva abbondantemente – probabilmente il moncone dell’arteria cistica. Il chirurgo non si affrettò ad usare le clamps, che
avrebbero messo in pericolo il dotto biliare vicino. Invece zaffò con calma il letto della colecisti e disse: “Ragazzi, vado a prendere una tazza di tè. Chiamatemi tra mezz’ora” Quando
tornò trovò tutto asciutto. [I curatori]
Molto probabilmente la sede di origine dell’emorragia sarà quella che vi
aspettavate – nella sede della vostra precedente “macellazione”. Se non è così, cercate altrove; tirando l’omento durante la colectomia potreste aver lacerato la milza,
retraendo il fegato per esporre il duodeno potreste averlo danneggiato, estrinsecando il piccolo intestino edematoso potreste aver lacerato il mesentere e così via.
Non è insolito, anche se un po’ imbarazzante, repertare all’esplorazione soltanto dei
coaguli di sangue senza evidenziare la fonte di sanguinamento, ormai contratta e
trombizzata.
La maggior parte delle cause di emorragia può essere controllata seguendo i
12 consigli della ●❯ Tabella 50.1. In caso contrario, provate uno dei tanti espedienti
emostatici a vostra disposizione. Imparate bene le “manovre speciali” (ad es. l’uso
di puntine per controllare una emorragia presacrale). E non dimenticate i principi
del “damage control” che avete appreso per i traumi (●❯ Cap. 35): non esitate a zaffare uno stillicidio superficiale o un sanguinamento venoso ostinati e di ritornare
in sala operatoria un altro giorno (o dopo una tazza di tè).
“L’unica arma con cui un paziente incosciente può subito rivalersi sul chirurgo
incompetente è l’emorragia.” (William Stewart Halsted, 1852–1922)
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