Comments
Transcript
06_Donne nell`esercito e servizio all`arma
L’ A R M A M E N TO Donne nell’esercito e servizio all’arma Il tiro per l’autodifesa La questione dell’arma personale delle donne nell’esercito si è sviluppata, dal 1939 a oggi, parallelamente a quella della posizione delle donne nell’esercito. Il 3 aprile 1939 entrò in vigore l’ «Ordinanza sui servizi complementari» del Consiglio federale, che può essere considerata l’atto di nascita del Servizio complementare femminile. Questo fu reso possibile dal consigliere federale Minger, allora Capo del Dipartimento militare federale e che s’impegnò anche per l’impiego delle donne nei servizi complementari. In questo modo, venne compiuto un primo e importante passo per l’inserimento delle donne nell’esercito ed esso venne messo in vigore con la «Direttiva per l’organizzazione del Servizio complementare femminile» e con la firma del generale Guisan in calce ad essa. magg SMG Jacot-Guillarmod Marlis Nell’aprile del 1942, il tenente generale dell’esercito, colonnello divisionario Dollfus, in occasione della subordinazione della Sezione servizio complementare femminile al suo comando, si espresse fra l’altro come segue nell’organo ufficiale «SCF»: «Non viene creato nessun esercito di donne» - fin dall’inizio, un servizio armato per le donne era fuori discussione. Cionondimeno, il servizio delle «complementari» donne, in altre parole le SCF; è un servizio militare. ...Alle SCF non si chiede un servizio armato, poiché il principio fondamentale è che la donna serve il Paese come donna. ...Oggigiorno viene respinto tutto ciò che potrebbe portare alla mascolinizzazione della donna.» «Perché non impariamo a sparare anche noi» Con l’ordinanza concernente il SCF del 12 novembre 1948, venne chiarita anche la questione della sopravvivenza delle donne nell’esercito, inoltre fu pos- sibile introdurre l’uniforme e l’equipaggiamento standard a spese dello Stato. In seguito alla guerra di Corea, tornarono a essere estremamente attuali anche le questioni riguardanti la difesa nazionale. Fra l’altro, nel febbraio 1951, nell’organo «SCF» apparve un articolo dal titolo «Devono saper sparare le SCF?» di Käthi Salzmann: «Perché non dovremmo imparare a sparare anche noi? Le nostre autorità sono di quest’opinione, poiché esiste una decisione del Consiglio federale, secondo la quale la SCF che effettua il tiro fuori servizio, gode delle facilitazioni previste per ogni Svizzero obbligato al servizio militare. Non dovete fraintendermi: non voglio dire che le SCF debbano intervenire sparando sul campo di battaglia. Desidererei soltanto poterci offrire un minimo di protezione. Una pistola può salvarci la vita, anche senza doverla usare!» Sorprende il fatto che il tema del «servizio armato» sia emerso quasi fin dall’inizio, parallelamente alla possibilità di far prestare servizio militare alle donne. Naturalmente, questo tema non appare nella storia come prioritario o addirittura come una pretesa, ma ciononostante le voci che chiedevano l’istruzione alla difesa personale delle donne non cessarono mai del tutto di alzarsi. Per questo motivo, fin dal 1944, nei corsi di ginnastica e sport vennero integrate lezioni di autodifesa, che furono mantenute più o meno regolarmente fino agli inizi degli anni 70. Invece, si parlava sempre meno dell’arma personale vera e propria. Tuttavia, nel frattempo le donne erano diventate una componente integrale dell’esercito. FHD 1960 Il 25 settembre, sul praticello del Grütli, circa 800 attive ed ex-SCF rinnovano la loro promessa di mantenere alto l’onore del SCF e di servire il Paese. 1961 1962 Viene creata la riserva SCF, nella quale le SCF possono essere incorporate quando si sposano o stanno per diventare madri. I suoi parenti e conoscenti sono dell’opinione che «normalmente, soltanto le donne che non hanno meglio da fare oppure che cercano avventure con gli uomini, si arruolano nel SCF.» (Un padre preoccupato per sua figlia in una lettera al «Soldato svizzero») 15 L’ A R M A M E N TO (continua) Ancora negli anni ‘80, influenti ambienti politici lasciavano intendere come le «donne moschettiere» non fossero desiderate e come si fosse lieti che così poche donne si annunciassero al Servizio complementare femminile. In occasione di un seminario dal titolo «La donna e la difesa generale», svoltosi l’8 maggio 1992, il Capo di Stato maggio- re generale cdt C Zumstein descrisse il senso e l’utilità delle donne nell’esercito come segue: «gli uomini e le donne devono avere le stesse opportunità e gli stessi diritti e questo in modo che l’uomo possa svilupparsi e realizzarsi come uomo e la donna come donna. Va invece rifiutato uno scontro fra i sessi, che può portare alla distruzione della famiglia e quindi dello Stato»! 1963 1965 «Le donne moschettieri» Un’arma volontaria che serve all’autodifesa Con il 1° gennaio 1985 entrò in vigore la revisione dell’organizzazione militare e si compì quindi la trasformazione dal Servizio complementare femminile al Servizio militare femminile. Da quel momento in poi, i militari donne ebbero gli stessi diritti e anche gli stessi obblighi dei loro camerati uomini. Le nuove disposizioni per il Servizio militare femminile entrarono in vigore il 1° gennaio 1986. Da quel momento fu possibile e si dovette dimostrare che le donne nello stesso grado avevano, in effetti, anche le stesse capacità e questo sebbene il loro periodo d’istruzione fosse più breve! Ben presto, tornarono a levarsi le voci di coloro che chiedevano di essere armate. Determinante per questa richiesta fu un articolo del MFD-Zeitung / Schweizer Soldat: «Riflessioni di fine anno» dell’ex-Capo di Stato maggiore generale cdt C Lüthy nel numero del gennaio 1988: «L’accesso a nuove funzioni, finora riservate ai soli uomini, e un’arma per la difesa personale potrebbero senza dubbio contribuire a convincere un maggior numero di giovani Svizzere ad arruolarsi in questo servizio, così importante per l’esercito». Da quel momento, il tema divenne un classico. Dopo approfondimenti giuridici e su esplicita richiesta del Capo del Dipartimento militare federale, con il 1° gennaio 1991 venne introdotta la possibilità di dotarsi volontariamente dell’arma personale. Dopo il lungo tiro alla fune, la meta era raggiunta: i militari donne potevano annunciarsi per essere equipa- FHD 16 1964 1966 1967 I N F O donne nell’esercito 3/03 ggiati con l’arma personale per la difesa personale. In corsi d’introduzione della durata di tre giorni, le richiedenti vennero addestrate alla pistola 75. I 2/3 circa degli effettivi approfittarono di questa offerta. L’era, che faceva ridere numerose donne, delle sentinelle al parco veicoli armate di coltello da soldato e con il bus VW come postazione di ripiegamento, era definitivamente terminata! l’Esercito XXI si rinuncia definitivamente alla libera scelta. L’attribuzione dell’arma personale avviene ora automaticamente e secondo la funzione esercitata; per il servizio senza armi, tanto le donne quanto gli uomini devono inoltrare una richiesta specifica. L’«equiparazione delle armi» Con l’inizio dell’Esercito XXI, cade an- che l’ultimo ostacolo legale: le donne possono ora essere istruite a ogni arma; a loro sono aperte praticamente tutte le funzioni - tuttavia, come del resto anche i reclutandi uomini, esse devono sottoporsi a un test d’idoneità. Nell’esercito, l’equiparazione tra uomo e donna è stabilito a livello legislativo; ora tocca alle donne accettare le possibilità e le sfide che ne derivano. ■ L’inizio delle scuole reclute miste Dal 1992 vennero effettuati alcuni esperimenti, nei quali le donne assolvevano il servizio pratico in scuole reclute non-SMF. Nel 1993 si ebbero le prime scuole reclute miste e subito venne la richiesta amplificata per l’istruzione al fucile d’assalto e alla granata a mano. Tuttavia, soltanto tre anni dopo il passaggio dal SMF alle Donne nell’esercito, dopo varie prove con la truppa, venne emanata l’aggiunta alla direttiva per l’istruzione di militari donne. Grazie a questa, la via era libera per il fucile d’assalto come arma personale. D’altra parte, l’istruzione al combattimento non fu specificatamente proibita. La fine dell’armamento volontario Già nel 2000, si limitò la libera scelta dell’arma personale. La donna aveva la scelta fra l’essere armata oppure disarmata come le reclute uomini nella stessa funzione. Il termine di difesa personale venne «esteso»: ora non si riferiva più esclusivamente alla persona, ma al reparto d’impiego. Questo significava luce verde per l’istruzione al combattimento per le donne. Con FHD 1968 Nuovo trapianto organizzativo del Servizio complementare femminile. Dato che non c’è più un capo del personale dell’esercito, la sezione Servizio complementare femminile è aggregata alla Divisione dell’aiutantura, il cui responsabile diventa Capo SCF. 1970 Festeggia la sua «prima» il film «Chi è Barbara?». I critici si lamentano che le donne che vi partecipano sono imbellettate e acconciate come fotomodelle, il che non corrisponderebbe alla realtà del servizio. 17