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Rassegna Stampa - Ordine dei Farmacisti della Provincia di Salerno

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Rassegna Stampa - Ordine dei Farmacisti della Provincia di Salerno
FEDERAZIONE ORDINI DEI
FARMACISTI
Rassegna Stampa del 18/01/2015
La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o
parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue;
MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto
specificato nei contratti di adesione al servizio.
INDICE
IN PRIMO PIANO
Il capitolo non contiene articoli
SANITÀ NAZIONALE
18/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
medicina difensiva e malasanità
6
18/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
In Italia ancora 32 milioni di tonnellate di amianto
7
18/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Un Piano per migliorare le cure ma senza un soldo in più
8
18/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
La quota richiesta varia in base a molti criteri
9
18/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Alzheimer: chi deve pagare per il ricovero
10
18/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Molto carenti le Unità di diagnosi e terapia
12
18/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Perché la mandibola a volte fa «clic»?
14
18/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Cure su misura ai diabetici anziani
17
18/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Vasi «liberi» se c'è un tumore
19
18/01/2015 Il Sole 24 Ore
Stamina: la fine triste della partita?
21
18/01/2015 La Repubblica - Nazionale
"L'ambasciatore non ci ha pagato e quella parcella era pure scontata"
23
18/01/2015 La Stampa - Nazionale
Torna la suina È allerta negli ospedali
25
18/01/2015 La Stampa - Nazionale
All'inizio sintomi generici ma a un certo punto manca l'aria
27
18/01/2015 Il Giornale - Nazionale
Il 25 per cento delle donne è colpito da fibromi uterini
28
18/01/2015 Il Fatto Quotidiano
I " drogati " di Internet si curano nei lager
29
18/01/2015 Libero - Nazionale
Leucemia mieloide cronica, finalmente cambia il decorso
31
18/01/2015 Libero - Nazionale
Pillola dei 5 giorni dopo
32
18/01/2015 QN - La Nazione - Nazionale
Tre visite: nessuno 'vede' l'infarto Donna muore, quattro medici indagati
33
VITA IN FARMACIA
18/01/2015 La Repubblica - Bari
"Qui al 118 ci sono 600 chiamate al giorno"
35
18/01/2015 La Repubblica - Bari
"Così la Puglia avrà milioni di danni ecco di chi è la colpa"
36
18/01/2015 La Repubblica - Firenze
Dopo Peretola la sanità il rettore prova a sbarrare la riforma della Regione
37
18/01/2015 La Repubblica - Torino
Emergenza in corsia Le delibere regionali nel mirino dei pm
38
18/01/2015 Il Messaggero - Abruzzo
I cinquestelle La farmacia comunale non si regala
39
18/01/2015 Il Messaggero - Umbria
Paghi col bancomat? C'e' il microticket
40
18/01/2015 Il Messaggero - Pesaro
Prenotazioni e refertipresto anche in farmacia
41
18/01/2015 QN - Il Resto del Carlino - Pesaro
Inaugurata la farmacia. Col bisticcio
42
18/01/2015 QN - Il Resto del Carlino - Pesaro
Col Sistema Servizi' si prenotano le visite
43
18/01/2015 Avvenire - Milano
Cura anti epatite C Spesi già 350mila euro
44
18/01/2015 QN - Il Giorno - Bergamo Brescia
«Al primo allarme vengono tutti da noi»
45
18/01/2015 Il Mattino - Napoli Nord
in breve
46
18/01/2015 QN - La Nazione - Firenze
In farmacia con una ricetta falsa Arrestato per spaccio di droga
47
PROFESSIONI
Il capitolo non contiene articoli
PERSONAGGI
17/01/2015 IlFarmacistaOnline.it 08:44
Emergenza influenza. D'Ambrosio Lettieri (FI) preoccupato situazione Puglia:
"Servizi di emergenza urgenza ampiamente trascurati e maltrattati"
49
SANITÀ NAZIONALE
18 articoli
18/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 53
(diffusione:619980, tiratura:779916)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
La riflessione
medicina difensiva e malasanità
Alberto Scanni
A volte il medico può eccedere nel prescrivere medicine ed esami per la preoccupazione di vedersi intentare
cause giudiziarie «gratuite».
Quando ciò accade, è costretto a provare la propria innocenza pur avendo agito in scienza e coscienza, e
aver fatto diagnosi e prescrizioni corrette, per le quali alcuni esami non sarebbero stati necessari.
Da qui quella che viene definita ormai comunemente come «Medicina difensiva», che consiste nell'eccedere
nelle prescrizioni per scongiurare il rischio di andare in tribunale .
Non si vuole difendere aprioristicamente il medico, che può avere in alcuni casi le sue colpe, ma in un clima
diffuso di «malasanità» il costume di denunciarlo ( anche a torto) è ormai all'ordine del giorno.
Si pretendono certi esami e se non vengono prescritti e le cose poi non vanno per il verso giusto, ci si ritiene
danneggiati.
Basta così inviare una semplice lettera raccomandata per mettere in moto avvocati aggressivi e pugnaci per
cause risarcitorie pur in presenza di scarsi elementi probatori.
E il medico, anche quando si sia comportato bene, è costretto a lottare per dimostrare la propria innocenza.
È ovvio in questo contesto che un modo per difendersi consista nel far fare il maggior numero di esami
possibili.
Qualcosa però sta cambiando.
Una sentenza del luglio scorso, del tribunale di Milano (sentenza Gattari) potrebbe liberarlo dalla paura di
essere sempre accusato anche se innocente.
La sentenza infatti inverte il cosiddetto onere della prova: dovrà essere chi denuncia a provare la colpa del
sanitario e non quest'ultimo a difendere a priori il suo operato.
Giusto condannarlo se ha sbagliato, ma chi lo accusa deve fornire prima dati di colpa inoppugnabili.
Una sentenza innovativa, emessa da alcuni giudici che si sono posti il problema delle cause della «Medicina
difensiva», degli sprechi che questa comporta e del fatto che spesso non prescrivere non è malpractice ma
invece comportamento etico e meritevole.
Le istituzioni, i media, i medici stessi e i loro ordini professionali devono però lavorare per educare la
popolazione sul fatto che non tutto è dovuto e che esami inutili tolgono risorse a chi realmente ne ha bisogno.
Quindi: medici responsabili sì, ma anche aiuti dal sistema per evitare criminalizzazioni a senso unico.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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18/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 53
(diffusione:619980, tiratura:779916)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Il numero
In Italia ancora 32 milioni di tonnellate di amianto
Si nasconde ovunque: dalle tubature, alle rotaie, alle scuole e palestre, ai rivestimenti di tetti e garage. È
l'amianto, il killer silenzioso che miete circa 3 mila vittime ogni anno in Italia, 1.200 per mesotelioma, il tumore
originato dall'esposizione a questo minerale che, secondo le stime, ha avuto l'anno scorso nel nostro Paese
1.800 diagnosi.
In Italia, il suo impiego è stato bandito da quasi 20 anni, ma ne restano nell'ambiente 5 quintali per ogni
cittadino, 32 milioni di tonnellate. «Purtroppo il livello di rischio è ancora poco percepito dalla popolazione»,
spiegano Carmine Pinto, presidente nazionale dell'Associazione italiana di oncologia medica, e Giorgio
Scagliotti, direttore del Dipartimento di oncologia dell'Università di Torino. Per fare il punto sul mesotelioma, il
29 e 30 gennaio Bari ospiterà la III Consensus nazionale per il controllo del mesotelioma della pleura,
promossa da Aiom.
3 mila il numero di vittime causate dall'amianto ogni anno
in Italia
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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18/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 54
(diffusione:619980, tiratura:779916)
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Un Piano per migliorare le cure ma senza un soldo in più
M. G. F.
La Conferenza unificata Stato-Regioni ha sancito a fine ottobre l'accordo sul «Piano nazionale demenze.
Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi nel
settore delle demenze».
Il documento, atteso da anni e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio, è frutto della
collaborazione tra ministero della Salute, Regioni, Istituto superiore di sanità e Associazioni nazionali dei
pazienti con demenza e Alzheimer: tutto è mirato a promuovere, in base ai bisogni specifici, gli aspetti
terapeutici e l'accompagnamento del malato e dei familiari lungo l'intero percorso di cura.
«Dopo il progetto Cronos, il nuovo Piano nazionale è il più importante intervento di sanità pubblica per le
demenze - commenta Nicola Vanacore, dell'Istituto superiore di sanità e responsabile scientifico del progetto
«Demenze» -. «Il censimento dei servizi sanitari e sociosanitari per le demenze, avviato dall'Istituto,
consentirà di individuare le aree critiche, e quindi gli enti preposti potranno rimodulare la programmazione sul
territorio».
Uno degli obiettivi del Piano, infatti, è «rendere omogenea l'assistenza, con particolare attenzione alle
disuguaglianze sociali e alle condizioni di fragilità e/o vulnerabilità sociosanitaria». Le Uva, Unità di
valutazione Alzheimer, saranno sostituite dai Cdcd, Centri per disturbi cognitivi e demenze. Si punta a una
rete integrata sanitaria, sociosanitaria e sociale che dovrebbe consentire al paziente, al medico di famiglia e
ai familiari di fruire di un qualificato riferimento clinico e assistenziale: dagli specialisti all'ospedale; dagli
ambulatori diurni all'assistenza domiciliare integrata; dalle residenze sanitarie assistenziali ai Centri diurni.
«Altro obiettivo importante del Piano - sottolinea Mario Possenti, coordinatore delle associazioni aderenti alla
Federazione Alzheimer Italia - è quello di migliorare la qualità di vita di pazienti e famiglie, attraverso una
maggiore consapevolezza sulla malattia e combattendo lo stigma, grazie anche a corrette informazioni sui
servizi disponibili. Sono previsti, inoltre, strumenti per monitorare le condizioni di salute dei caregivers ».
«Di certo - prosegue Possenti - si tratta di un documento ambizioso. Peccato che non siano previsti
finanziamenti».
In assenza di fondi, dunque, sarà solo un libro dei sogni? «Se si considera che il costo delle demenze
ammonta a circa 12 miliardi di euro l'anno, è intuibile che per poter ottenere buoni risultati, soprattutto nelle
aree critiche, bisogna metterci del denaro - riflette Vanacore -. Certo, sono possibili anche decisioni a costo
zero: per esempio, realizzare Percorsi diagnostici-terapeutici-assistenziali nelle Asl per migliorare
l'assistenza, o promuovere la figura dell'amministratore di sostegno. Ma l'auspicio è che siano individuate
risorse economiche immediate, per esempio con una legge ad hoc, e che le attività previste dal Piano siano
collegate alla revisione dei livelli essenziali di assistenza».
Il 6 novembre la Conferenza delle Regioni ha inviato alla Conferenza unificata una lettera in cui viene
evidenzia la necessità di «supportare la realizzazione del Piano con ulteriori strumenti operativi quali i
percorsi sociosanitari, in quanto non sono previste risorse aggiuntive».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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18/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 54
(diffusione:619980, tiratura:779916)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
La cifra
La quota richiesta varia in base a molti criteri
Fatta salva la quota coperta dal Ssn per l'assistenza medica, non esiste una cifra unica per la cosiddetta
quota «alberghiera» richiesta per il ricovero in una Residenza sanitaria assistenziale (Rsa): varia da Regione
a Regione, addirittura da Rsa a Rsa. In alcuni casi, la quota di compartecipazione viene integrata dal
Comune di residenza del malato, in altri viene richiesta alle famiglie in base a diversi criteri, quali Isee,
condizioni di non autosufficienza del malato, livello di deterioramento cognitivo, presenza di altre malattie.
«Spesso i parenti sono chiamati a integrare la quota di compartecipazione pagando la differenza tra la
pensione del ricoverato versata alla struttura e il costo complessivo - spiega Francesca Arnaboldi,
vicepresidente di Confconsumatori -. Per esempio, se la quota "alberghiera" mensile richiesta è 2 mila euro e
la pensione del malato è 500 euro, al familiare viene richiesto l'impegno a versare i restanti 1500 euro».
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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18/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 54
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Alzheimer: chi deve pagare per il ricovero
Ogni mese 900 euro «Non riesco più a pagarli, perché ho perso il lavoro». «Ho proposto di versare solo la
pensione di mia madre, ma non hanno accettato» Il principio La Corte ha stabilito che in questa malattia non
sono scindibili le prestazioni socioassistenziali da quelle sanitarie in senso stretto
Maria Giovanna Faiella
La figlia di una malata d'Alzheimer ricoverata in una struttura di lungodegenza in Brianza: «Non riesco più a
pagare 900 euro di retta ogni mese, perché la mia azienda ha chiuso e ho perso il lavoro». Un artigiano,
anch'egli con la mamma in una Residenza sanitaria assistita: «Il mio reddito è precipitato; ho proposto alla
struttura di versare solo la pensione di mia madre, ma non hanno accettato. Ora siamo in causa». Due casi,
fra i molti, di familiari di malati di Alzheimer che, al momento del ricovero del proprio congiunto in Rsa o in
una casa di cura convenzionata, hanno sottoscritto l'impegno a integrare la retta, ma che ora non sono più in
grado di sostenere i costi, già gravosi, della cosiddetta quota «alberghiera» a loro carico, che si affianca alla
quota sanitaria, rimborsata alla struttura dal Servizio sanitario regionale.
«Le persone che si rivolgono per questo problema ai nostri sportelli stanno aumentando in modo
esponenziale - dice la vicepresidente dell'associazione Confconsumatori, Francesca Arnaboldi -. Molti hanno
visto il proprio reddito calare nettamente per effetto della crisi; sono disperati perché non riescono a pagare
per i loro congiunti e temono di vederli dimettere dalle strutture: a casa non riuscirebbero ad assisterli perché,
nella maggior parte dei casi, la malattia è a uno stadio avanzato e difficilmente gestibile, soprattutto in
assenza del supporto di servizi sociosanitari sul territorio».
Eppure, quasi tre anni, fa una sentenza della Corte di cassazione, la n. 4558 del 22 marzo 2012, ha stabilito
che i malati di Alzheimer - e i loro parenti - non devono versare alcuna retta alle Rsa o alle Casa di cura
convenzionate (ovviamente non vale per quelle private).
«La Cassazione - chiarisce l'avvocato Giovanni Franchi, consulente legale di Confconsumatori Parma - ha
ribadito che nella patologia di Alzheimer non sono scindibili le attività socioassistenziali da quelle sanitarie,
per cui si tratta "di prestazioni totalmente a carico del Servizio sanitario nazionale"». La sentenza, però, nella
maggior parte dei casi è disattesa, anche perché esistono leggi regionali o regolamenti comunali che
prevedono la compartecipazione dei malati per la quota alberghiera.
«È vero che spesso le strutture si trovano a operare in un quadro normativo confuso, perfino contraddittorio dice il legale -. Ma la Cassazione richiama "il diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito
inviolabile della dignità umana". Quindi, non è possibile alcuna rivalsa nei confronti del paziente o, se questi è
nel frattempo deceduto, dei parenti. Inoltre, la "promessa di pagamento" sottoscritta dai familiari al momento
del ricovero del congiunto è da ritenersi "nulla" perché illegittima».
Fin qui il diritto. Come si devono comportare, allora, i familiari cui viene richiesta l'integrazione della retta?
«Dopo la sentenza della Cassazione, ci siamo attivati per trovare soluzioni in base alle esigenze delle
famiglie e alla normativa applicabile - spiega Francesca Arnaboldi -. Innanzitutto, suggeriamo di chiedere
aiuto ai servizi sociali del Comune di residenza, per verificare se l'ente può farsi carico dell'integrazione della
retta. In alcuni casi è stato possibile raggiungere una soluzione bonaria tra le parti. Quando non ci sono
alternative, consigliamo di mandare alla Rsa la lettera di recesso dall'impegno sottoscritto, in cui si comunica
che nulla verrà più pagato».
Qualche struttura che ha ricevuto la lettera di sospensione dei pagamenti ha minacciato le dimissioni del
malato. «Non possono farlo, perché commetterebbero il reato di abbandono di persone incapaci, perseguibile
a livello penale» precisa l'avvocato.
Una Rsa lombarda, però, ci ha provato a dimettere una signora ottantenne con Alzheimer a uno stadio
avanzato. Ricorda la figlia: «Mia madre era intrasportabile per le precarie condizioni di salute, ma l'hanno
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Dossier Diritto Tocca alla Sanità farsi carico di tutti i costi per la lungodegenza delle persone colpite da una
forma di demenza. Così ha stabilito una sentenza della Cassazione. Eppure di giorno in giorno aumentano le
famiglie che si vedono presentare il conto. Da respingere al mittente
18/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 54
(diffusione:619980, tiratura:779916)
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
11
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
messa in ambulanza e portata a casa, per ben due volte. Non hanno trovato nessuno e hanno dovuto
riaccompagnarla in Rsa. Pochi giorni fa abbiamo ricevuto un decreto ingiuntivo: la struttura ci chiede il
pagamento di 34 mila euro per le quote maturate in circa un anno di ricovero. Ma ci opporremo per vie legali:
bisogna rivolgersi al giudice per vedere riconosciuto un diritto. Ci siamo rivolti a Confconsumatori perché
abbiamo saputo della sentenza della Corte di cassazione e abbiamo spedito la lettera di recesso». Altri
familiari di malati di Alzheimer deceduti hanno avviato le prime cause civili per la restituzione di quanto
pagato: è avvenuto a Parma e Trieste. A Milano i figli di un malato hanno chiesto al giudice che accerti che
nulla è dovuto per la permanenza in Rsa del loro congiunto.
«La situazione sta esplodendo: ci sono famiglie che da anni integrano la retta spendendo diverse migliaia di
euro e ora sono ritrovate sul lastrico, tuttavia lo scopo della nostra associazione non è incentivare le cause sottolinea Francesca Arnaboldi -. Comprendiamo che anche gli enti locali devono fare i conti con risorse
sempre più scarse, perciò stiamo scrivendo ai presidenti delle Regioni per provare a costruire un dialogo tra
enti locali, famiglie e Rsa, in modo da garantire risposte adeguate ai bisogni dei malati e delle loro famiglie».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Lazio Friuli Venezia Giulia Prov. aut. Trento Lombardia CdS La mappa delle Unità di valutazione Alzheimer
(U.V.A.) I Centri diurni e i Centri di lungodegenza In Italia Fonti: Federazione Alzheimer Italia; Relazione sullo
stato sanitario del Paese 2012-2013, ministero della Salute; Cnesps-Istituto superiore di sanità, anagrafe
servizi per le demenze (da elenchi regionali e locali), novembre 2014 Le persone colpite da demenza 600
mila I malati di Alzheimer 1 milione +50% L'incremento dei casi di Alzheimer e demenze senili dal 2005 a
oggi 3 milioni Le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell'assistenza di questi malati Emilia
Romagna Friuli Venezia Giulia Liguria Lombardia Piemonte Prov. aut. Bolzano Prov. aut. Trento Valle d'Aosta
Veneto Lazio Marche Toscana Umbria Abruzzo Basilicata Calabria Campania Molise Puglia Sardegna Sicilia
Totale 15 70 7 34 Umbria 30 Campania 79 Abruzzo 10 Emilia Romagna 64 Basilicata 3 Puglia 30 Calabria 35
Sicilia 36 Marche 15 Veneto 21 Prov. aut. Bolzano 3 Molise 3 Valle d'Aosta 7 Piemonte 36 Liguria 24
Toscana 23 Sardegna 13 Strutture semi-residenziali Strutture residenziali 21 16 34 262 17 16 309 688 919
140 18 27 13 26 2 1 0 3 112 5 19 104 9 33 45 74 12 57 5 18 40 3 0 42 7 26 1 1 0 0 6 17 18 48
L'iniziativa
Come ci si può comportare se si riceve una cartella di pagamento di Equitalia intestata al coniuge o al
genitore malato di Alzheimer? Per i familiari di una persona con Alzheimer può essere complicato districarsi
tra pratiche, tributi, pagamenti e contributi vari. Ora possono rivolgersi a uno «sportello amico» attivato da
Federazione Alzheimer Italia, grazie
a un accordo firmato con Equitalia. Per informazioni 02.809767
18/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 55
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Molto carenti le Unità di diagnosi e terapia
M. G. F.
I familiari dei malati di Alzheimer dedicano mediamente sette ore al giorno all'assistenza diretta del congiunto
e quasi 11 ore alla sua sorveglianza. L'impatto del carico assistenziale sulla vita è tale da costringere questi
caregivers - per lo più mogli e figlie del malato, a loro volta con famiglia - a lasciare il lavoro, a chiedere il part
time o a cambiare attività. Anche la loro salute psicofisica subisce conseguenze, tanto che almeno un
caregiver su tre assume psicofarmaci.
Lo rilevano diverse indagini, lo sottolinea anche la Relazione sullo stato sanitario del Paese 2012-2013,
presentata lo scorso dicembre dal ministero della Salute.
Ma come si articola l'assistenza pubblica per i pazienti e i loro familiari? Nel 2000, col progetto Cronos, sono
stati definiti i centri specialistici dedicati alla diagnosi e all'assistenza per l'Alzheimer, denominati Uva, Unità di
valutazione Alzheimer: in base a una ricerca condotta dall'Istituto superiore di sanità nel 2006, circa il 25 per
cento delle 400 Uva contattate era aperto un solo giorno a settimana.
«Ciò implica probabilmente - si sottolinea ora nella Relazione ministeriale - liste di attesa più lunghe e quindi
un livello di appropriatezza molto eterogeneo nell'offerta dei trattamenti farmacologici e non farmacologici ai
pazienti affetti da demenze».
Queste considerazioni sembrano confermate dai dati preliminari dell'Indagine nazionale sulle caratteristiche
di Uva, Centri diurni, Residenze sanitarie assistenziali, assistenza domiciliare integrata nel nostro Paese,
affidata dal ministero al Cnesps-Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute,
dell'Istituto superiore di sanità. L'indagine ha censito in tutta Italia 554 Uva, 688 strutture semiresidenziali e
919 residenziali: ora i ricercatori stanno analizzando le schede predisposte per ciascuna tipologia, per
individuare prestazioni fornite, modalità di accesso, utenti seguiti, risultati clinici e sociali.
«Finora abbiamo esaminato i dati forniti da sette Regioni - riferisce Nicola Vanacore, ricercatore del Cnesps e
responsabile scientifico del progetto «Demenze» -. Dopo nove anni, ci saremmo aspettati risultati diversi,
invece somigliano a quelli registrati nel 2006, quando un quarto delle Uva era aperto una sola volta a
settimana». Inoltre, stando ai dati preliminari dell'indagine, su 95 Uva esaminate finora, il 27,3 per cento ha
solo il geriatra, il 26,3 per cento solo un neurologo e appena il 6,3 per cento offre una combinazione
multidisciplinare di neurologo, geriatra e psichiatra.
«La mappa dei servizi che stiamo realizzando - aggiunge Nicola Vanacore - sarà aggiornata periodicamente:
è una delle azioni centrali del "Piano nazionale demenze" ( vedere articolo sotto )». E una volta terminata
l'indagine, le informazioni sulle strutture presenti in ogni Regione saranno disponibili, su un portale dedicato,
a tutti i cittadini. Un'esigenza, questa, fortemente sentita dai familiari dei malati.
«Spesso non si sa quali servizi ci sono sul territorio e chi li eroga - denuncia Gabriella Salvini Porro,
presidente della Federazione italiana Alzheimer -. Invece, servirebbe una gestione integrata della malattia, a
cominciare dalla costruzione di ambienti "amichevoli" intorno ai malati, fino ai soggiorni in strutture per periodi
limitati, per esempio quando il caregiver ha problemi di salute». Insomma, una presa in carico globale del
malato e dei suoi cari che tuttora ancora manca, tranne qualche eccezione.
«In diverse Regioni, inoltre - continua Salvini Porro - le Uva sono in fase di riorganizzazione, hanno diverse
denominazioni e funzionano a macchia di leopardo: per esempio, dovrebbero offrire un'équipe
multidisciplinare e invece, come rivela l'indagine, spesso si trova un solo medico».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
6,3 per cento Le Unità
di valutazione Alzheimer
che, stando ai dati preliminari dell'Istituto superiore
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
L'indagine
18/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 55
(diffusione:619980, tiratura:779916)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
di sanità, garantiscono un'équipe composta
da neurologo, geriatra
e psichiatra
Foto: Sulle patologie del sistema nervoso www.corriere.it/salute/ neuroscienze
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
13
18/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 57
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Perché la mandibola a volte fa «clic»?
Spesso l'articolazione va «fuori posto» per mancanza di denti posteriori
Antonella Sparvoli
Lo specialista
A vvertire un «clic» della mandibola quando si mastica è un'evenienza molto più frequente di quanto si pensi,
spesso accompagnata da altri disturbi, tutti a carico dell'articolazione temporo-mandibolare, quella che
connette la mandibola al cranio e che entra in azione ogni volta che si apre la bocca per masticare o parlare.
Che cos'è il cosiddetto «clic mandibolare»?
«Si tratta di un rumore articolare causato dal cattivo posizionamento del disco articolare, che è frapposto
tra l'osso temporale del cranio e il condilo mandibolare - spiega il professor Roberto Deli, direttore della Uoc
di odontoiatria riabilitativa ed estetica del Policlinico Gemelli di Roma -. I capi di queste due ossa entrano in
contatto durante i movimenti di apertura e chiusura della bocca in una concavità denominata f ossa glenoide ,
delimitata anteriormente da una sorta di "montagnetta" ( tubercolo articolare ). A volte può addirittura capitare
che il condilo superi questa convessità causando una lussazione, condizione che può richiedere un intervento
tempestivo per riposizionare manualmente la mandibola bloccata. Sia i "clic" sia i blocchi in apertura o in
chiusura della bocca segnalano una sofferenza del sistema articolare e in particolare una incoordinazione fra
disco articolare e articolazione che determina "inciampi", avvertiti appunto come "clic"».
Quali sono le possibili cause?
«I fattori che possono essere coinvolti sono numerosi, quelli più spesso chiamati in causa sono i problemi di
malocclusione (cattivo combaciamento delle arcate dentarie, talvolta legati alla perdita di denti posteriori), a
cui spesso si associa il bruxismo. Quest'ultimo disturbo comporta movimenti involontari della mandibola e ha
il più delle volte un'origine emotiva. Quando il "clic" mandibolare diventa cronico si possono instaurare anche
fenomeni artrosici o di rimodellamento del condilo che possono aumentare ulteriormente il disturbo.
Raramente e solo nel dislocamento cronico si può parlare di lassità legamentosa o di lesione permanente del
disco articolare, da usura o rottura».
A chi bisogna rivolgersi?
«La figura di riferimento è lo gnatologo o specialista in ortognatodonzia , la branca dell'odontoiatria che si
occupa dello studio della posizione delle arcate dentali e delle funzioni dell'articolazione temporomandibolare. Un'attenta visita in genere basta per mettere a fuoco il problema. Il ricorso a indagini più
approfondite,
in particolare la risonanza magnetica, ha senso solo
in casi insidiosi per orientare meglio la terapia.
Se il fenomeno è accompagnato da altri sintomi
(si veda il box in alto in questa pagina), potrebbero rivelarsi utili ulteriori esami strumentali».
Quali sono i trattamenti?
«Se il disturbo è lieve e solo occasionale non occorrono particolari provvedimenti, se non l'eventuale ricorso a
terapie sintomatiche, per esempio con farmaci miorilassanti che riducono la tensione muscolare, o analgesici
per alleviare il dolore. Se invece il problema persiste, e magari tende anche a peggiorare, è utile un attento
studio delle arcate dentarie. Qualora si evidenzino problemi di malocclusione occorre correggerli con terapie
ortodontiche o con protesi che sostituiscano gli elementi dentari mancanti. A volte, se a prevalere è il
bruxismo, può essere utile anche il ricorso a specifici bite ("apparecchi" di plastica da portare in genere di
notte, ndr ). Non bisogna, comunque, dimenticare che sia i rumori articolari sia i dolori nella aree circostanti
i muscoli hanno spesso una forte componente emotiva che potrebbe trarre giovamento da un
approfondimento dei fattori stressanti chiamati in gioco e dalla conseguente messa in atto di misure per
migliorare la qualità di vita. Proprio in quest'ottica abbiamo dato vita presso il nostro centro a un programma
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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Medicina Pratica
18/01/2015
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(diffusione:619980, tiratura:779916)
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denominato "Est-etica benessere", la cui caratteristica principale sta nell'accogliere il paziente considerando
le diverse sfaccettature, dalle problematiche dentali a quelle psicologiche, nutrizionali e inerenti l'armonia
funzionale del corpo».
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Corriere della Sera / Mirco Tangherlini Il clic mandibolare è un rumore a livello dell'articolazione temporomandibolare causato dal cattivo posizionamento del disco articolare (menisco), che si trova tra l'osso
temporale del cranio e la mandibola In condizioni normali, quando si apre la bocca il condilo scivola in avanti
e verso il basso seguendo il profilo dell'eminenza articolare, e il menisco ne segue il movimento Quando si
chiude la bocca, il condilo ritorna indietro con il menisco, che ne segue il movimento Il clic mandibolare è
legato a una mancanza di coordinazione con conseguente dislocazione del menisco quando la bocca è
chiusa Durante il movimento di apertura il menisco ritorna nella sua posizione corretta (viene ricatturato), e
questo avviene con un movimento rapido che dà origine al clic Il contrario si verifica durante la chiusura della
bocca, quando il disco si disloca di nuovo in avanti con la comparsa, in genere, di un altro clic A volte,
durante l'apertura della bocca, il disco si inceppa e si fissa in una posizione sbagliata. In questi casi si ha una
deviazione della mandibola (se è monolaterale) con limitazione dell'apertura della bocca: il clic non è più
presente e la mandibola è bloccata OSSO TEMPORALE DEL CRANIO EMINENZA ARTICOLARE DISCO
ARTICOLARE (MENISCO) CONDILO MANDIBOLARE L'articolazione temporo-mandibolare è formata dalla
parte finale dell'osso della mandibola (condilo) che si articola con una cavità corrispondente nella parte
inferiore dell'osso temporale del cranio. Tra queste due strutture si trova un disco di tessuto fibrocartilagineo
(menisco o disco articolare), che serve a far combaciare meglio i capi articolari tra loro e rendere i movimenti
più fluidi Le cause possono essere diverse, la più comune è il cattivo combaciamento delle arcate dentarie
(malocclusione) o la perdita di elementi dentari posteriori (molari), a cui spesso si associa il bruxismo, ovvero
il movimento involontario della mandibola In rari casi, e solo nel dislocamento cronico della mandibola,
possono essere chiamate in causa una «lassità legamentosa» o una lesione permanente del disco (da usura
o rottura) La cronicizzazione della dislocazione condilo-meniscale può portare anche a fenomeni artrosici o di
rimodellamento del condilo Quando la dislocazione del menisco è lieve e non è accompagnata da altri
sintomi, non servono trattamenti specifici, a meno che non ci siano peggioramenti Se il clic è accompagnato
da dolore o è conseguenza di bruxismo può giovare l'uso di miorilassanti che aiutano a ridurre la tensione
muscolare. A volte si usano anche analgesici per alleviare il dolore In alcuni casi è utile ricorrere ad
apparecchi (bite) che aiutano a stabilizzare un'arcata o a generare un cambiamento del contatto occlusale e
dell'attività muscolare. Nei casi di dislocazione discale, in particolare, può giovare la costruzione di dispositivi
occlusali di riposizionamento (distrattori posteriori), che ricollocano la mandibola in un punto più avanzato, nel
quale i clic normalmente presenti scompaiono Se, dopo un attento studio delle arcate, si individuano problemi
di malocclusione, si interviene con terapie ortodontiche mirate o con protesi che sostituiscano gli elementi
mancanti In alcuni pazienti può risultare utile una fisioterapia della muscolatura masticatoria e/o cervicale
Spesso, visto che sia i rumori articolari sia i dolori nelle aree circostanti i muscoli hanno una forte componente
emotiva, possono essere d'aiuto misure per migliorare la qualità di vita Infine nei casi in cui si verifica un
blocco mandibolare è necessario un intervento tempestivo per riposizionare in modo manuale la mandibola Il
clic mandibolare può essere accompagnato anche da altri disturbi dell'articolazione temporo-mandibolare. I
principali sono Dolore, soprattutto ai muscoli masticatori e/o all'articolazione stessa, talvolta irradiato a faccia,
collo o spalle Sensazione di orecchie tappate, vertigini e acufeni Disturbi alla colonna cervicale e alla postura
del corpo Blocco della mandibola Spostamento della posizione dentale abituale legata al continuo serramento
con conseguente scivolamento degli elementi dentali In genere per scoprire la presenza di un clic
mandibolare è sufficiente un'attenta visita del dentista, meglio se specialista in ortognatodonzia (disciplina
che studia lo studio della posizione delle arcate dentali e della funzione dell'articolazione temporomandibolare) Solo in casi particolari può essere utile eseguire esami più approfonditi come la risonanza
magnetica, per individuare la causa e quindi orientare meglio il trattamento Se ci sono altri sintomi possono
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rendersi necessari ulteriori accertamenti LE CAUSE ALTRI SINTOMI I MECCANISMI LE CURE LA
DIAGNOSI
Foto: Direttore Odontoiatria riabilitativa
ed estetica, Policlinico Gemelli
di Roma
Foto: Per saperne
di più
su problemi
di ossa
e articolazioni corriere.it/
salute/
reumatologia
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Cure su misura ai diabetici anziani
Talvolta i trattamenti troppo energici sono sbagliati. Ma in generale un controllo «ad hoc» della glicemia fa la
differenza per la qualità della vita Tempestività L'intervento precoce è decisivo per scongiurare il rischio di
complicanze Cautela Nei soggetti molto fragili va valutato con particolare attenzione il rischio di ipoglicemie
Costanza La sorveglianza sui parametri non va però allentata solo perché il malato invecchia
Elena Meli
Stiamo forse esagerando? Nel tentativo di contrastare il diabete, una delle più diffuse «epidemie» che
minacciano la nostra salute, abbiamo la mano troppo pesante con alcuni pazienti e li curiamo troppo, più di
quanto sarebbe necessario?
Il dubbio sorge leggendo un articolo appena pubblicato sulla rivista scientifica JAMA Internal Medicine ,
secondo cui una porzione considerevole dei diabetici anziani sarebbe sovratrattata. Stando a dati raccolti da
ricercatori dell'università di Yale su circa 1300 diabetici con più di 65 anni, infatti, perfino i pazienti in
condizioni di salute non buonissime, ad esempio perché già in dialisi o perché affetti da altre patologie, in due
casi su tre verrebbero curati in modo «intensivo», mirando a obiettivi di glicemia che sarebbero più
ragionevoli in malati senza complicanze.
«Sono, questi, soggetti vulnerabili, che difficilmente possono trarre vantaggio da un controllo serrato della
glicemia, mentre potrebbero correre il rischio di andare incontro a effetti collaterali di un trattamento troppo
energico, come le ipoglicemie, che spesso negli anziani causano cadute - scrivono gli autori -. Una
valutazione attenta dei pro e contro della terapia è perciò obbligatoria per poter scegliere la cura più adatta».
Questa conclusione pare l'unica condivisa fino in fondo da Enzo Bonora, presidente della Società italiana di
diabetologia (Sid), che osserva: «In alcuni casi la terapia può essere eccessiva, ma sono molti di più i
diabetici in cui non si arriva a un controllo soddisfacente della glicemia: gli ultimi dati del progetto Riace
(Renal Insufficiency and Cardiovascular Events) della Sid, ad esempio, dimostrano che pur tenendo conto dei
diversi obiettivi di emoglobina glicata (valore che dà un'idea dell'andamento della glicemia negli ultimi due-tre
mesi, ndr ), valutati considerando le condizioni di ciascun paziente, la maggioranza li "sfora" e non ha un
buon controllo glicemico».
Non bisogna quindi ridurre la terapia solo perché si sta invecchiando o perché ci sono altre malattie oltre al
diabete, a meno di avere un'aspettativa di vita realmente breve: «Un settantenne o un ottantenne oggi
possono avere davanti a sé ancora molti anni di vita in buona salute e hanno il diritto di essere curati al
meglio, soprattutto perché avere la glicemia alta significa essere più a rischio per qualsiasi altra patologia e
avere un decorso peggiore se ci si ammala, anche di una "banale" polmonite - sottolinea Bonora -. Inoltre, il
diabete è un disturbo molto eterogeneo: alcuni diabetici sono destinati a viluppano complicanze pure in
presenza di valori di glicemia relativamente bassi o dopo essere stati esposti a livelli eccessivi di glucosio nel
sangue meno a lungo rispetto ad altri, per cui un buon controllo resta fondamentale. Il vero punto è quali
farmaci usare per ottenerlo: il problema delle ipoglicemie, sollevato dallo studio americano, si ha in realtà
soltanto con l'insulina e le sulfaniluree. Tutti gli altri medicinali sono sicuri: se serve l'insulina non abbiamo
alternative e siamo costretti a monitorare il paziente più da vicino, ma in tutti gli altri casi possiamo scegliere
farmaci diversi, che consentono un trattamento appropriato senza esporre a grossi rischi».
L'obiettivo quindi non è curare «tanto» ma farlo bene, con i mezzi giusti a seconda del paziente, modificando
il trattamento se le condizioni di salute cambiano e impongono un ripensamento, ma tenendo sempre ben
presente che abbassare la glicemia non è uno «sfizio» bensì il vero obiettivo della terapia. Anche nel caso del
diabete di tipo I, come provano i risultati del Diabetes Control and Complications Trial, avviato oltre 30 anni fa
per seguire negli anni oltre 1400 pazienti: se si tiene sotto controllo la glicemia senza «cedimenti» fin
dall'esordio della malattia, la mortalità si riduce del 33% e si hanno meno danni a occhi, reni, sistema nervoso
a conferma che la diagnosi non è più la condanna a una vita breve come accadeva in passato. Malattie
cardiovascolari, tumori, complicanze si riducono se il glucosio nel sangue viene mantenuto sempre vicino ai
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limiti; inoltre, un controllo della glicemia efficiente e tempestivo impedisce che aumentino le proteine nelle
urine e si manifestino le lesioni renali, strettamente correlate alla maggior mortalità.
«Troppo zucchero nel sangue fa danni a tutti gli organi - fa notare il diabetologo -. Vale per entrambi i tipi di
diabete ed è vera anche la regola per cui prima si agisce per arrivare a un buon controllo, meglio è: iniziare a
tenere la glicemia entro i limiti in ritardo, magari dopo dieci anni di terapie non incisive, significa non ottenere
buoni risultati e rischiare più complicanze. Non a caso oggi il Piano nazionale diabete prevede l'intervento del
diabetologo subito, alla diagnosi, per entrambe le forme di diabete: in questo modo si può impostare al meglio
la cura, mentre arrivare dallo specialista quando è troppo tardi e magari ci sono già danni diffusi è inutile»,
conclude Bonora.
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Diabete I Diabete II Nirad Fonte: SID (Società Italiana di diabetologia) Corriere della Sera Le persone affette
in Italia Le persone affette in Italia Le persone con diabete II non diagnosticato È dovuto alla distruzione da
parte di autoanticorpi delle cellule del pancreas che producono insulina È dovuto alla resistenza dei tessuti
all'azione dell'insulina e al progressivo esaurimento della funzione del pancreas Che cos'è (Diabete
autoimmune che non richiede insulina alla diagnosi) I pazienti sono adulti e sovrappeso come nel diabete di
tipo II, ma hanno autoanticorpi simili a quelli del diabete di tipo I, che distruggono le cellule del pancreas,
rendendo, prima o poi, necessaria la terapia insulinica, anche se dopo molto tempo Che cos'è Che cos'è Le
persone che non riescono a tenere la glicemia nella norma (pre-diabete) Le varianti della malattia ?Non si
dispone ancora di dati epidemiologici di questa forma di diabete 200 mila 3,7 milioni 1 milione 2,6 milioni
L'esperto risponde
Foto: Alle domande dei lettori
sul diabete all'indirizzo http://forum.
corriere.it/
diabete
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Vasi «liberi» se c'è un tumore
Oggi esistono strategie preventive e terapie efficaci contro la trombosi venosa, una delle complicanze più
frequenti nei malati oncologici Terminologia Adesso gli specialisti parlano di «malattia tromboembolica
venosa» Chi è a rischio Sebbene sia più probabile negli anziani, nessuna età è esclusa dal pericolo
Vera Martinella
Prevenire la trombosi nelle persone a rischio e gestire al meglio i nuovi farmaci anticoagulanti orali disponibili
per curarla. Circa un terzo degli studi scientifici presentati al congresso dell'Associazione americana di
ematologia (Ash), tenutosi di recente a San Francisco, si è focalizzato su questa patologia, che in Italia
colpisce ogni anno circa tre milioni di individui. «E i numeri sono in crescita - commenta Fabrizio Pane,
direttore di Ematologia all'Azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli e presidente della Società
italiana di ematologia - in particolare fra i malati di tumore e più in generale perché si tratta di disturbi che
aumentano con l'avanzare dell'età e la nostra popolazione invecchia».
Le trombosi venose (oggi gli specialisti preferiscono parlare di «malattia tromboembolica venosa» o Mtev, si
veda il box) dipendono da un'alterata attivazione della coagulazione che spesso complica patologie croniche
e, com'è emerso chiaramente negli ultimi anni, soprattutto i tumori. «Il tromboembolismo venoso è la seconda
causa di morte nei pazienti oncologici dopo il cancro stesso - chiarisce Sergio Siragusa, direttore della Scuola
di specializzazione in ematologia del Policlinico di Palermo -. Per questo la ricerca ha fatto molti sforzi per
identificare i meccanismi che determinano le trombosi, ma anche e soprattutto le condizioni che ne riducono
l'incidenza. La Mtev è infatti una patologia potenzialmente fatale, ma prevenibile se conosciuta e
riconosciuta».
Sebbene sia più frequente nella popolazione anziana, nessuna età è «esclusa dal pericolo» perché i
meccanismi che causano la trombosi sono legati più a condizioni acquisite e congenite piuttosto che al solo
invecchiamento. In pratica, ci sono condizioni ben note che possono causare il problema ed esporre a rischi
maggiori alcune categorie di persone, come i pazienti allettati per lunghi periodi, quelli con traumi importanti o
sottoposti a chirurgia ortopedica, perché lo stare a lungo fermi impedisce alle gambe la loro funzione di
pompa del sangue verso l'alto e la stasi può quindi favorire la formazione di trombi.
La predisposizione genetica, invece, non ha grande influenza: solo pochissime alterazioni (tra cui la
mutazione del Fattore V di Leiden e la protrombina mutata) sono responsabili di un incremento del rischio di
Mtev. «Molti studi presentati all'Ash riguardano poi rapporti tra cancro e trombosi, un problema noto da
decenni di cui però solo da poco si è determinata la frequenza - continua Siragusa -. Riguarda i malati di
neoplasie del sangue e di tumori solidi (in particolare gastroenterici o alla zona pelvica, come quelli di
prostata e utero). Ora sappiamo che le cellule tumorali attivano la coagulazione del sangue e dunque
finiscono per agevolare la formazione di trombi, e che lo stesso può accadere come effetto collaterale della
chirurgia o di farmaci chemioterapici. A ciò si aggiungono, non di rado, lunghi periodi a letto». D'altro canto,
per motivi legati al cancro e alle terapie, molti pazienti sono anche esposti al rischio opposto, quello di
sviluppare emorragie. Che fare, dunque?
«La cosa migliore per gestire la Mtev nei pazienti oncologici è la prevenzione con anticoagulanti - rispondono
gli esperti -. Conoscendo il pericolo, possiamo monitorarlo o prevenirlo, valutando con attenzione la
condizione generale del malato. Sono già partite le prime sperimentazioni per avere risposte certe alle nostre
domande: chi deve ricevere la terapia? Per quanto tempo e con quali dosaggi? Quale il miglior trattamento
una volta che la trombosi si è sviluppata?».
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Le cifre Corriere della Sera 10-15% La quota di malati di tumore che va incontro a episodi di malattia
tromboembolica venosa 3 milioni I casi di malattia tromboembolica venosa ogni anno in Italia La patologia La
malattia tromboembolica venosa è dovuta alla formazione di un trombo (coagulo di globuli rossi e fibrina)
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Medicina
18/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 59
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SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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nelle vene (più spesso in quelle delle gambe) Il trombo impedisce il ritorno del sangue venoso a cuore e
polmoni Il trombo può staccarsi e arrivare fino ai polmoni provocando un'embolia polmonare
L'esperto risponde
Foto: Sui tumori
del sangue all'indirizzo http://forum.
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sportello_
cancro_
ematologia
18/01/2015
Il Sole 24 Ore - Domenica
Pag. 30
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Stamina: la fine triste della partita?
Michele De Luca
Nonostante l'ultima udienza sul caso Stamina si sia svolta a porte chiuse, le indiscrezioni emerse alla sua
conclusione e le agenzie che ne sono seguite riferiscono come quasi nessuno degli imputati abbia escluso la
possibilità di ricorrere al patteggiamento. Certamente sembra non la abbiano esclusa né i legali di Davide
Vannoni, su cui pendono i più gravi capi di imputazione, né quelli di Erika Molino, deus ex machina
"scientifico" della truffa medica ideata da Vannoni e messa a segno dalla presunta associazione a delinquere
da lui capeggiata, stando a quanto sostiene il procuratore di Torino, Raffaele Guariniello.
Anche un non giurista come me rimane di sasso di fronte a questo tipo di dichiarazioni, che sottendono
un'implicita ammissione di colpa rispetto ai reati contestati, sia nella forma che nella sostanza.
Ma come?!
Dopo mesi e mesi di dichiarazioni di innocenza e di proclamazione di buona fede ed altruismo, adesso si
sarebbe disposti ad ammettere (per limitare la pena?) che siano state promesse in malafede guarigioni che
già a priori si sapeva non sarebbero mai avvenute?
Dopo centinaia di dichiarazioni vittimistiche secondo cui Vannoni Davide da Moncalieri, novello Galileo,
rischiava di perdere il Premio Nobel per la medicina, a cui si era autocandidato, per colpa dell'ottusità e della
malafede della comunità scientifica di cui io stesso faccio parte, adesso si sarebbe disposti ad ammettere,
anche di fronte ai malati e alle loro famiglie, di aver scientemente somministrato farmaci imperfetti e pericolosi
per la salute a decine di pazienti, tra cui molti bambini?
Dopo centinaia di post su Facebook e di tweet in cui Stamina & supporters, inclusi alcuni pseudogiornalisti e
pseudoesperti, accusavano lo Stato (istituzioni sanitarie, agenzie regolatorie, Nas) e la comunità scientifica
(scienziati, medici, veri Nobel, Accademie, Nature, Science) di ogni nefandezza arrivando anche a definire
"assassini" coloro che ostacolavano una sedicente "terapia" in grado di salvare la vita a migliaia di pazienti
con centinaia di patologie diverse, ora si sarebbe disposti a patteggiare ammettendo quindi che i nostri
sospetti e timori erano fondati?
Non posso sapere quali saranno le scelte finali, anche perché sembra che i legali di Vannoni si riservino di
decidere dopo aver valutato le altre posizioni processuali, ma mi domando come abbiano potuto anche solo
considerare l'ipotesi del patteggiamento. Se si è certi della propria innocenza, immagino non si possa fare
altro che desiderare di andare a tutti i costi a processo per avere finalmente l'occasione di dimostrare al
mondo che nessuno dei capi di imputazione di cui si è accusati corrisponde a verità. Mi sembra di ricordare
che gli stessi legali che oggi parlano di patteggiamento abbiano più volte dichiarato di avere prove
schiaccianti ed incontrovertibili in grado di dimostrare l'innocenza degli imputati: potrebbe essere l'occasione
per mostrarle finalmente anche ai membri dei vari comitati ministeriali che avrebbero dovuto autorizzare la
sperimentazione pubblica e a noi scienziati, per dimostrare che ci siamo sbagliati e che abbiamo inutilmente
tuonato per mesi contro un terapia che non è l'olio di serpente che tutti credevamo.
Sono convinto che Vannoni questo lo debba se non altro a chi ha creduto (o voluto credere) in lui al punto di
forzare la mano e le regole per portare irresponsabilmente il trattamento in un ospedale pubblico e ai vertici
della politica. A chi, dai tavoli ministeriali ai banchi del parlamento, senza alcuna minima prova scientifica, si è
prodigato per ottenere una legge ad hoc che, almeno nelle intenzioni iniziali, liberalizzasse il "metodo
Stamina" e lo sottraesse, facendolo passare come trapianto, alle stringenti regole che sottostanno alla
produzione dei farmaci. A chi, tra gli scienziati, si è esposto così tanto da offrirsi di far volare le cellule oltre
oceano o da dichiarare pubblicamente che Stamina rappresentasse la punta di diamante della medicina
rigenerativa italiana. A chi, dedicando decine di puntate televisive alla vicenda, ha contribuito ad alimentare
tante illusioni nell'opinione pubblica italiana, arrivando anche a condizionare, attraverso la bolla mediatica che
ne è scaturita, molti giudici del lavoro che hanno imposto una "terapia" che la scienza medica non ha mai
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
le pseudocure verso il patteggiamento
18/01/2015
Il Sole 24 Ore - Domenica
Pag. 30
(diffusione:334076, tiratura:405061)
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riconosciuto come tale.
Sarà che abito a Modena, ma a me, guccinianamente, continua a soffiare nelle orecchie il libeccio di una
domanda, rovaio di un dubbio eterno (o quasi) che separa, a livello planetario, la comunità degli staminalisti
dai mercanti di illusioni: la vera truffa sta solo nel metodo e nell'approccio adottato da Stamina o riguarda
invece la pretesa stessa di curare con una sola tipologia di cellule, nella fattispecie le mesenchimali, centinaia
di patologie diversissime tra loro, incluse quelle di origine genetica, a carico di tessuti completamente diversi
da quelli che in natura sono deputate a rigenerare?
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18/01/2015
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 21
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"L'ambasciatore non ci ha pagato e quella parcella era pure scontata"
Roma, il medico che ha seguito il ricovero della moglie del diplomatico russo: "Lei ci ha chiesto check-up
completo: 18mila euro prezzo giusto"
MICHELE BOCCI
ROMA. «L'ambasciatore? Mi deve ancora pagare, ho da poco scritto alla Farnesina perché mi aiutinoa
recuperarei miei soldi».
Aniello Pietropaolo è il medico che ha gestito il ricovero da 18 mila euro (per un solo giorno) della moglie del
diplomatico russo nella clinica Pio XI di Roma, da dove confermano che «il denaro ancora non si è visto».
Pietropaolo ha emesso una fattura da 5mila euro mentre il suo collaboratore Michele De Meo ne ha chiesti
2mila. Il resto dei soldi? Andati via per visite specialistiche (otto), esami, degenza e farmaci. Pietropaolo, che
si fa chiamare professore, si dice stupito dalle lettere di protesta all'Ordine dei medici e al Ministero, e lascia
trasparire la sua particolare idea di sanità, agli antipodi del servizio pubblicoe del diritto alla salute. Il suo
risulta essere un mondo sconosciuto ai più. Non le sembrano troppi 18 mila euro? «Non so quanto ha chiesto
la clinica. La mia fatturae quella del mio collaboratore sono giuste».
Per 5 mila euro di cosa si è occupato? «Ho impostato il check-up , seguito la degenza, valutato nuove
indagini, fatto la diagnosi e dato terapie». Prima del ricovero aveva anticipato l'entità della sua parcella? «Non
me l'hanno chiesto, ma hanno dato il consenso ai vari accertamenti. E dopo hanno voluto uno sconto».
E il suo collaboratore, per 2 mila euro cosa ha fatto? «Ha collaborato con me».
Dice di essere professore: dove insegna? «Ho una docenza a Parigi e in passato ho avuto un incarico
all'Aquila». Sul sito dell'ordine dei medici di Roma lei non risulta nemmeno specializzato. Ha soltanto la
laurea? «Sarà un errore. Ho studiato chirurgia con il professor Stefanini e poi sono stato sei anni in Francia in
un istituto di oncologia». Ma la cifra che avete chiesto è esorbitante: 7mila euro in due per un giorno di
lavoro...
«Non lo è. Svolgo attività da libero professionista e ho la coscienza a posto: nessun paziente si è mai
lamentato. Sono disponibile sempre, anche a Ferragosto.
Ho seguito i vari esami della signora personalmente».
Quindi l'ambasciatore è il primo a lamentarsi? «Si, ma ora mi lamento anch'io. Ho scritto all'ufficio del
cerimoniale della Farnesina perché mi aiutinoa recuperarei miei soldi. Non mi ha ancora pagato, e gli avevo
fatto pure lo sconto. Voglio andarea spiegare tutto al ministro Lorenzin. Spero mi dia una mano a incontrarla il
fratello di un collega della Clinica che era parlamentare di Forza Italia».
Ma intanto: perché la moglie del diplomatico si è rivolta a lei? «Su consiglio di un dentista, amico comune.
Abbiamo fissato di fare una serie di accertamenti il 29 ottobre. Aveva disturbi addominali aspecifici, forse in
parte dovuti a ipocondria».
E alla fine cosa ha diagnosticato? «Non ho trovato nessun problema organico». È giusto fare tutti quegli
accertamenti, per giunta in un giorno solo, per un dolore addominale? «E se c'era una cosa di cui non mi
accorgevo? Quello sarebbe stato un errore grave. Se tutti a una certa età facessero dei check up si
intercetterebbero molte malattie». Con tariffe così alte, lei quanti pazienti ha? «Tanti, anche se 5 anni fa
erano di più. Oggi ci sono più difficoltà a pagare».
Evidentemente la crisi ha colpito anche chi era disposto a spendere 20 mila euro per un giorno in clinica. LE
TAPPE IL MAL DI PANCIA 29 ottobre 2014: la moglie dell'ambasciatore russo si rivolge alla clinica romana
Pio XI per un "forte mal di pancia".
Le viene suggerito il ricovero lungo un giorno per esami e check-up: nessun preventivo GLI ESAMI Il risultato
di 24 ore di analisi, visite, Tac, risonanze e altri esami è una parcella di 18mila euro che comprende i 5mila
per il medico (vedi ricevuta sopra) che ha seguito la signora e 2mila per il suo assistente LA DENUNCIA
L'ambasciatore russo in Italia denuncia l'accaduto al presidente dell'Ordine dei medici. Il ministero incarica i
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
23
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
L'intervista
18/01/2015
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 21
(diffusione:556325, tiratura:710716)
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Nas di effettuare un sopralluogo nella clinica romana sotto accusa PER SAPERNE DI PIÙ
www.casadicurapioxi.it roma.repubblica.it
Foto: IL DOCUMENTO
Foto: LA RICEVUTA Il compenso (5mila euro) del medico della clinica Pio XI
18/01/2015
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Torna la suina È allerta negli ospedali
Marco Accossato
A PAGINA 10 Torna la suina È allerta negli ospedali L'influenza A-H1N1 torna a far paura. Il virus della
«suina» ha mandato in queste ultime due settimane 50 persone in terapia intensiva negli ospedali italiani. Un
uomo di 67 anni è morto ad Aosta, mentre un'altra donna, sempre di Aosta, è stata trasferita e ricoverata ieri
nel reparto di rianimazione della Città della Salute di Torino. Delle cinquanta persone sotto ossigeno nelle
rianimazioni italiane, 26 sono già sottoposte all'Ecmo, la tecnica della circolazione extracorporea che
consente ai casi più gravi, grazie a una macchina, di tenere a riposo cuore e polmoni per facilitare il recupero
e scongiurare il peggio. Pericolo, non allarme rosso La fotografia tracciata dal professor Marco Ranieri,
primario di Anestesia e Rianimazione alla Città della Salute di Torino e responsabile della rete Ecmo
nazionale, è di un'allerta diffusa, anche se non è ancora allarme rosso. Ogni anno - va ricordato - settemila
persone muoiono per le conseguenze della «normale» influenza. «Ma la particolarità che più preoccupa del
virus che sta colpendo l'Italia - spiega - è che i ricoverati negli ospedali della rete Ecmo sono tutte persone
giovani, sotto i 50 anni, senza particolari fattori di rischio». Se nel 2009 l'H1N1 aveva infatti colpito soprattutto
giovani a rischio (primo fattore fra tutti è l'obesità), e l'anno successivo anziani debilitati, «in queste settimane
sottolinea Ranieri - sembra colpire particolarmente persone non indebolite da altri problemi di salute».
All'ospedale di Padova sono già dieci i casi in terapia intensiva, con tre pazienti sottoposti a Ecmo; sette i casi
a Pavia (tre sotto Ecmo); cinque a Bologna (due sotto Ecmo); sei casi alla Sapienza di Roma (tre sotto Ecmo)
e altri sei alle Molinette di Torino (tre sotto Ecmo). Gli altri ricoverati sono a Palermo, Monza, Milano, Firenze
e Bari. Vigilanza dei medici di base Mentre ancora si aspetta ovunque, nel nostro Paese, il picco di influenza,
l'allarme A-H1N1 rischia di mettere ulteriormente in ginocchio gli ospedali già al collasso per i pronto soccorso
pieni. In alcune strutture stanno arrivando indicazioni per liberare il più possibile letti nei reparti, rinviando
eventualmente anche gli interventi programmati non urgenti. «Senza dubbio - spiega il professor Ranieri - è
necessario non sottovalutare i sintomi. Senza seminare il panico, è fondamentale che soprattutto i medici di
famiglia e quelli in pronto soccorso valutino con attenzione gli eventuali peggioramenti di casi di influenza».
Vaccini fondamentali È il primo anno, dopo tre senza allarme, che nelle terapie intensive dei centri di
riferimento nazionali contro l'H1N1 finisce un così alto numero di pazienti. «Colpa della politica dissennata
della non vaccinazione negli ultimi due anni», sostiene il professor Ranieri. Mentre cioè negli anni il virus,
modificandosi, è diventato sempre più aggressivo, le difese dell'organismo sono diminuite per la riduzione dei
vaccini somministrati. E la dimostrazione della tesi è che «a differenza di quanto avvenuto quattro anni fa spiega sempre il responsabile dei centri Ecmo d'Italia - quest'anno i malati sono da subito più numerosi di
quando il problema si è manifestato la prima volta nel nostro Paese». La Federazione dei medici di medicina
generale conferma i dati: nell'ultimo anno si calcolano circa 2 milioni di vaccinazioni anti-influenzali in meno.
Significa che una persona su quattro ha scelto di non vaccinarsi, sull'onda delle polemiche e delle inchieste
che tanto hanno fatto scalpore nel 2014. Al di là del pensionato morto ad Aosta non ci sarebbero, al
momento, altre persone in pericolo imminente di vita, fra i ricoverati in terapia intensiva. «Ma non dobbiamo
abbassare la guardia, perché la caratteristica di questa forma di influenza è proprio l'improvviso, e repentino
aggravarsi delle condizioni cliniche».
I numeri
50 Ricoverati In Italia attualmente ci sono 50 persone ricoverate in terapia intensiva Ventisei di queste sono
sostenute da macchine Ecmo Morto Per ora si registra un solo deceduto a causa dell'influenza suina. Si tratta
di un 67enne di Aosta. Nella stessa città era ricoverata anche una donna
0,029 per mille È questo il tasso di mortalità dell'influenza suina. Si calcola che per la normale influenza la
mortalità sia molto più elevate: il 2 per mille milioni Il calo di vaccini antinfluenzali rispetto al 2013. Per i medici
la non vaccinazione è una delle cause della diffusione del virus dell'influenza suina
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INFLUENZA, IL PICCO
18/01/2015
La Stampa - Ed. nazionale
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Il virus
n L'A-H1N1 è comparsa nel 2009 in Italia e nel mondo: un sottotipo di influenza si è trasmessa in Messico da
alcuni allevamenti di maiali all'uomo, e per questa ragione è stata battezzata «suina». Dal 13 ottobre all'8
novembre 2009 i casi in Italia sono stati circa un milione e mezzo, e la percentuale dei decessi dello 0,029
per mille, contro il 2 per mille della normale influenza. La trasmissione avviene come qualsiasi forma
influenzale, innanzitutto attraverso le vie aeree (tosse o starnuti) e poi con il contatto con le mani. La terapia tranne nei casi da rianimazione - è quella dell'influenza tradizionale fino a quando febbre e sintomi non
passano.
Foto: Sotto Ecmo Nella foto il sistema di circolazione extracorporea che viene utilizzato per i casi più gravi di
persone colpite dall'influenza suina Attualmente su 50 persone ricoverate, 26 sono sottoposte al trattamento
MAURIZIO BOSIO
18/01/2015
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 10
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All'inizio sintomi generici ma a un certo punto manca l'aria
Ecco come si diffonde e come riconoscerla
[M. ACC.]
Perché negli ospedali italiani si sono registrati nelle ultime due settimane così tanti casi di influenza A-H1N1?
Perché questi sono i giorni previsti per l'influenza tradizionale, anche se il picco deve ancora venire, atteso
per fine gennaio. Si può parlare di epidemia? O di un rischio-epidemia? No, e non bisogna fare allarmismo. È
necessario però non sottovalutare neppure il pericolo: fondamentale che i medici di famiglia tengano sotto
controllo l'evoluzione della febbre dei propri pazienti. Quest'anno il virus A-H1N1 sembra colpire non solo le
persone obese come nel 2009 e gli anziani debilitati come nel 2010. I ricoverati nelle terapie intensive italiane
sono prevalentemente uomini e donne sotto i cinquant'anni di età, senza altre patologie in essere. Persone,
in sostanza, non deboli e a rischio. Quali sono i sintomi di questa forma influenzale? I medesimi dell'influenza
tradizionale: febbre alta, difficoltà di respirazione, dolori diffusi. Quando è necessario rivolgersi al medico o
andare in pronto soccorso? La differenza con l'influenza tradizionale è in quella che i medici def iniscono
«fame d'aria». A un certo punto dell'evoluzione della malattia si ha più difficoltà a respirare, proprio come se
mancasse aria attorno. La sensazione è quella di chi, chiuso in una stanza, deve aprire la finestra per
respirare bene. A quel punto bisogna chiedere aiuto a un medico o farsi visitare in pronto soccorso. L'influenza può evolvere rapidamente in insufficienza respiratoria acuta e la situazione precipitare. Perché serve
addirittura il ricovero in rianimazione? Perché è necessaria la ventilazione artificiale. Diversi dei 50 ricoverati
nelle ultime due settimane nelle terapie intensive degli ospedali italiani sono stati addirittura intubati. Che
cosa è l'Ecmo a cui è stata sottoposta metà dei pazienti con influenza A-H1N1? È una tecnica. Una macchina
consente la circolazione extracorporea, come nel trapianto di cuore. L'organismo viene in questo modo
alleggerito dal peso della respirazione e può recuperare più facilmente. All'Ecmo vengono sottoposti i pazienti
in condizioni più critiche, in pericolo di vita. Quanto dura questa terapia? Mediamente un settimana, con
punte minime e massime di 5 e 10 giorni. In quest'arco di tempo, nel 2009 come nel 2010, sono state salvate
di- verse persone. Il primo anno di A-H1N1 in Italia e nel mondo la mortalità è stata inferiore, il secondo anno è
stata inferiore la sopravvivenza perché le persone colpite nel 2010 sono state prevalentemente anziani già
colpiti da altre patologie. La loro situazione clinica generale era peggiore fin dall'inizio, con minori possibilità
iniziali di recupero. È certo che la causa di questa recrudescenza sia il minor numero di vaccinazioni fatte? È
la più probabile ed evidente. L'unica differenza rispetto ai due anni precedenti quando l'A-H1N1 era presente
ma non ha scatenato l'allarme che oggi si è invece diffuso immediatamente. Perché l'A-N1H1 è «la suina»?
Perché i primi contagi, nel 2009, sono avvenuti da maiali a uomini, in Messico. Oggi non c'è più alcuna
relazione. E la carne non c'entra nulla.
Foto: MADE NAGI /EPA
Foto: Nel 2009 i maiali trasmettevano il virus, oggi la carne non c'entra
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Le domande
18/01/2015
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 29
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Il 25 per cento delle donne è colpito da fibromi uterini
Luisa Romagnoni
Alcune patologie, sono esclusivamente femminili. Quelle che colpiscono gli organi della riproduzione (ovaio,
tube, utero, vagina e vulva), quando si manifestano affliggono la donna nella sfera più intima, quella della
femminilità. Prevenirle è doveroso. Occorrono controlli regolari ginecologici, anche in assenza di problemi e
sintomi. Poi a livello di trattamento, oggi sono disponibili innovative soluzioni terapeutiche che possono,
indubbiamente contribuire a migliorare la salute, la qualità di vita ed a preservare l'integrità anatomica del
proprio corpo. Un esempio in questo senso, riguarda il trattamento del fibroma uterino. Il più diffuso tumore
benigno dell'apparato riproduttivo femminile. Interessa una donna su 4 in età fertile, 24milioni di Europee, più
di 3milioni di Italiane, con un'incidenza fino al 30-40 per cento nella fascia d'età 40-49 anni. «L'utero
rappresenta nella mente della donna quella culla primordiale della riproduzione e della fertilità che, se colpita
da una malattia, crea disagio e sofferenza, anche più delle patologie della mammella», spiega Rossella
Nappi, Policlinico San Matteo di Pavia. «A ciò va aggiunto lo stress per via dei sintomi, in modo particolare, il
sanguinamento abbondante e l'anemia ad esso correlata, che interferiscono nella vita di tutti i giorni, dalle
uscite ai viaggi, al non poter praticare sport, al doversi assentare dal lavoro. Ci sono inoltre forti ricadute sulla
sessualità e sul desiderio di maternità, oggi più di ieri dal momento che le donne arrivano alla gravidanza più
tardi, anche dopo i 40 anni». Non solo i sintomi, ma anche l'approccio terapeutico per questa patologia
(riservato ai fibromi uterini sintomaci, il 50 %), fino ad oggi chirurgico (circa il 30 % delle procedure
chirurgiche ginecologiche e i 2/3 delle isterectomie, sono effettuate per i fibromi uterini), impatta fortemente
sulla salute e sulla sfera emotiva della donna. Uno scenario destinato però a cambiare, grazie alla
disponibilità, anche in Italia, di ulipristal acetato, il primo trattamento orale per la terapia prechirurgica dei
fibromi uterini. Il farmaco appartiene ad una nuova classe di molecole :i modulatori selettivi del recettore del
progesterone, SPRMs.
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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NUOVE TERAPIE
18/01/2015
Il Fatto Quotidiano
Pag. 17
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IN CINA CAMPI DI LAVORO PER LA RIEDUCAZIONE DEI FORZATI DA WEB-DIPENDENZA SPESSO
SONO I GENITORI A PORTARE I FIGLI NEI CENTRI-PRIGIONE, PER CURE LUNGHE MESI PEGGIO DI
DROGHE L ' abuso provoca alterazioni simili a quelle degli eroinomani Distrugge le relazioni umane e causa
disordini alimentari
Carlo Antonio Biscotto
In Cina ci sono 632 milioni di utenti di Internet e, stando a quanto riferiscono le autorità, 24 milioni sono
giovani dipendenti da questa droga virtuale. Come vengono disintossicati? In campi di tipo militare ai quali
vengono affidati dai genitori disperati. Come sono gestiti questi campi di rieducazione e come ci vivono i
ragazzi, lo ha raccontato Zigor Aldama in un bel reportage pubblicato dal Daily Telegraph. Al giovane Chen
Fei, ad esempio, i genitori avevano promesso una vacanza a Pechino dopo la fine dell ' anno scolastico. Ma
gli è bastato uno sguardo per capire che non si trattava di una vacanza. In una specie di casermone a
Daxing, un quartiere operaio nella periferia sud di Pechino, che un tempo ospitava un istituto tecnologico,
coabitano una settantina di adolescenti che indossano uniformi di foggia militare. In un ' altra ala dell ' edificio,
la mamma di Chen piange mentre spiega a uno psichiatra per quale ragione hanno fatto un viaggio di oltre
900 chilometri: " La dipendenza di nostro figlio da Internet sta distruggendo la famiglia " , dice. " Ha
cominciato un paio di anni fa frequentando gli Internet Point, ma non abbiamo dato peso alla cosa. Andava
bene a scuola e pensavamo che questo svago servisse a rilassarlo. Ma il tempo passato dinanzi al computer
aumentava di giorno in giorno tanto che ha cominciato a soffrirne il suo rendimento scolastico. Poi circa sei
mesi fa ha perso completamente il controllo e ha trascorso oltre 20 ore dinanzi al computer senza dormire e
senza mangiare. Sembrava impazzito " . Chen Fei dovrà rimanere nel centro dai 3 ai 6 mesi e dovrà seguire il
programma terapeutico messo a punto da Tao Ran, psichiatra e colonnello dell ' esercito, che combina la
disciplina militare con le normali procedure di disintossicazione. Durante la permanenza nel centro Chen non
potrà avere accesso ad alcun dispositivo elettronico e non potrà avere contatti con l ' esterno. " LA
DIPENDENZA da Internet provoca nel cervello alterazioni simili a quelle che si riscontrano negli eroinomani "
, spiega il dottor Tao. " Ma per certi aspetti è persino più pericolosa in quanto distrugge le relazioni umane e
causa disordini alimentari, problemi alla vista e alla schiena " . Inoltre, sempre secondo Tao, il 90% dei
pazienti soffre di depressione e il 58% ha aggredito i genitori. " Il 67% della delinquenza giovanile è causata
dalla dipendenza da Internet. Questi particolari tossicodipendenti idolatrano la mafia e non sono più in grado
di distinguere tra realtà e finzione " , aggiunge Tao. Ma i metodi militari di Tao Ran sono anche oggetto di
critiche. Il dottor Tao Hongkai, docente universitario, si è messo alla testa di un movimento per la chiusura del
centro di Daxing e il medico neozelandese Trent Bax ha scritto la tesi per il dottorato su Daxing e ritiene che i
metodi di Tao Ran siano una forma dissimulata di tortura. Entrambi contestano l ' affermazione secondo cui la
dipendenza da Internet si possa equiparare alla tossicodipendenza da sostanze stupefacenti e la
considerano, piuttosto, una forma di devianza sociale e non una patologia clinica. Ma come è la giornata tipo
nel centro di Daxing? Sveglia alle 6 e 30 e appello con un altoparlante che urla i nomi di tutti i pazienti. Finito l
' appello, 20 minuti per lavarsi poi inizia l ' addestramento militare affidato a un ex soldato: " Quando arrivano
sono arroganti, ma in condizioni fisiche pietose. Non riescono né a correre né a fare dei semplici piegamenti "
, spiega l ' istruttore Ma Liqiang. L ' esercizio fisico serve a rimetterli in forma, ma anche a insegnare il rispetto
e l ' obbe dienza. " All ' inizio è dura, ma dopo pochi mesi i risultati si vedono " , aggiunge Ma. Il dottor Tao
Ran si augura che il metodo da lui messo a punto divenga la cura standard per i dipendenti da Internet.
Sostiene che dal 2008, il 75% dei ragazzi passati nel centro sono stati recuperati a una vita normale. Un dato
straordinario, ma difficile da verificare. Tuttavia in Cina ci sono già 300 cliniche che utilizzano - in tutto o in
parte - il metodo basato sulla disciplina militare. Il vangelo di Tao è stato pubblicato in 22 lingue. " È iniziato
tutto nel 2003 con l ' epi demia di Sars. I ragazzi erano costretti a stare a casa per paura del contagio e, in
assenza di un efficace controllo da parte dei genitori, hanno preso l ' abi tudine di passare ore su Internet " ,
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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I " drogati " di Internet si curano nei lager
18/01/2015
Il Fatto Quotidiano
Pag. 17
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SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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dice Tao. " Ho cominciato a curare questi adolescenti con le terapie convenzionali e il risultato è stato
fallimentare. Poi nel 2007 mi è stato permesso di ricoverare gli studenti in un ospedale militare e le cose sono
migliorate immediatamente tanto che l ' anno seguente abbiamo iniziato a coinvolgere le famiglie " . Un mese
di terapia costa 9.300 yuan (circa 1.300 euro, ndr ) cui bisogna aggiungere le spese per il cibo, gli esami
clinici e i farmaci. Per molte famiglie è un sacrificio economico notevole, ma necessario. Il metro per valutare
la guarigione? " Semplice " , risponde Tao. " Considero un ragazzo guarito se a sei mesi dalla fine della
permanenza nel centro, riesce a usare Internet per meno di 6 ore al giorno " .
Foto: A destra, un internetcafé a Pechino e un carcere a Shanghai Ansa
18/01/2015
Libero - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:125215, tiratura:224026)
Leucemia mieloide cronica, finalmente cambia il decorso
ANDREA SERMONTI
Non è, per fortuna, una patologia dai numeri impressionanti, ma la Leucemia Mieloide Cronica (LMC) vede
ogni anno nel nostro paese circa mille nuovi pazienti, che vanno ad aggiungersi agli 8mila già in cura. Si
tratta di una patologia caratterizzata da una produzione eccessiva e non regolata di globuli bianchi da parte
del midollo osseo a causa di un'anomalia genetica che produce la proteina BCR-ABL. In seguito alla fase
cronica di produzione eccessiva di globuli bianchi, l'evoluzione della malattia conduce a fasi più aggressive
definite fasi accelerata e blastica. Recentemente l'AIFa ha approvato il farmaco ponatinib proprio per il
trattamento della Leucemia Mieloide Cronica (LMC) e della Leucemia Linfoblastica Acuta Philadelphia
positiva (LLA Ph +), efficace per il trattamento della LMC in pazienti che si trovano nella fase cronica,
accelerata o blastica della malattie e sono resistenti o intolleranti a dasatinib o nilotinib e per i quali il
successivo trattamento con imatinib non è clinicamente appropriato, oppure in pazienti nei quali è stata
identificata la mutazione T315I. "Siamo lieti di poter offrire una soluzione terapeutica efficace ai pazienti che
fino ad oggi non avevano alternative di cura, soprattutto nelle forme più aggressive di leucemia - ha detto
Giancarlo Parisi, Generale Manager di Ariad Pharmaceuticals Italia, nel corso della conferenza stampa di
presentazione del nuovo farmaco - Il processo di scoperta e sviluppo di ponatinib esprime pienamente i valori
aziendali di eccellenza scientifica e di impegno nella ricerca che ci caratterizzano da sempre. Siamo
costantemente a fianco di pazienti e medici con l'obiettivo di sviluppare farmaci utili a curare i malati più
fragili, affetti da patologie attualmente prive di cure efficaci". Nel 2011, ponatinib è stato reso disponibile ad
uso compassionevole in Italia. Dopo tre anni di lavoro e investimenti, nel 2014 il farmaco ha superato l'esame
da parte di Aifa ed ha ricevuto l'approvazione e pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 26 novembre di
quest'anno e in queste settimane è approdato in tutte le regioni italiane.
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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Grazie ad un farmaco da oggi disponibile anche in Italia
18/01/2015
Libero - Ed. nazionale
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Pillola dei 5 giorni dopo
(S. SER.)
La Commissione Europea ha autorizzato l'accesso diretto nelle farmacie senza necessità di prescrizione
medica per il contraccettivo d'emergenza ellaOne a base di ulipristal acetato. Si tratta della prima decisione
del genere nell'ambito dei prodotti contraccettivi orali applicabile a tutti gli Stati membri dell'Unione Europea,
in accordo alle procedure nazionali di implementazione. Una decisione che permetterà a più di 120 milioni di
donne in tutta Europa (più di 11 milioni in Italia in età fertile) di accedere direttamente alla contraccezione
d'emergenza. Il via libera della Commissione Europea è arrivato a seguito dell'opinione positiva rilasciata
dalla Commissione per i Prodotti Medicinali Umani (CHMP) dell'Agenzia Europea dei Medicinali, secondo la
quale ellaOne funziona meglio nelle prime 24 ore e può essere utilizzata in sicurezza senza prescrizione
medica. "Sin dal suo lancio nel 2009, ellaOne è stato considerato dai medici il nuovo standard nella
contraccezione d'emergenza - ha commentato Erin Gainer, Direttore Generale di HRA Pharma - e più di 3
milioni di donne in 70 paesi nel mondo hanno utilizzato ellaOne da quando è divenuta disponibile. È l'opzione
più efficace tra quelle esistenti se presa nelle prime 24 ore da un rapporto non protetto poiché ha dimostrato
di funzionare quando il rischio di gravidanza è al massimo ossia immediatamente prima dell'ovulazione".
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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In vendita senza prescrizione medica
18/01/2015
QN - La Nazione - Ed. nazionale
Pag. 16
(diffusione:136993, tiratura:176177)
Cecilia Marzotti SIENA E' ACCADUTO ancora: morire senza un perché dopo varie visite. E ora quattro medici
sono stati iscritti nel registro degli indagati. Il dramma si consuma ad Asciano, ameno e caratteristico comune
immerso nelle famose crete senesi, dove una donna di 67 anni abitava con il marito. La signora, che ha
sempre goduto di ottima salute, inizia ad accusare un forte dolore al petto che si irradia sotto le braccia. I
familiari si preoccupano e la portano di prima mattina al pronto soccorso delle Scotte. I medici di turno la
visitano e la sottopongono a vari accertamenti. Gli esami non evidenziano alcuna patologia né alterazione,
tanto che la 67enne viene rimandata a casa. Eppure lei continua ad avere quel fortissimo dolore che non la
farà dormire per tutta la notte. La mattina successiva i figli e il marito chiamano il 118. Sono gli stessi
congiunti a raccontare quanto successo nelle ore precedenti la morte della loro cara e lo metteranno anche
per iscritto davanti ai carabinieri. E proprio secondo la ricostruzione, dopo la telefonata al 118, arriva il
sanitario dell'emergenza e a lui la donna spiega cosa si sente e da quando è cominciato il tutto. Viene
nuovamente visitata e le viene trovato un polmone leggermente infiammato. PASSANO le ore e le cose non
migliorano, tanto che il 118 viene nuovamente chiamato. A questo punto il medico fa la sua diagnosi: si tratta
di influenza e non c'è da preoccuparsi, tanto che consiglia ai figli e al marito della signora di andare in
farmacia per acquistare una medicina. I familiari escono di casa lasciando le sorelle della paziente a farle
compagnia. Trascorrono cinque minuti e la donna muore. Vengono chiamati i carabinieri e i figli raccontano i
fatti che andranno a far parte di una denuncia inzialmente contro ignoti che verrà poi inoltrata alla Procura
della Repubblica. Il pm di turno legge e decide di far eseguire dalla medicina legale di Siena l'autopsia e
contemporaneamente iscrive quattro medici (tutti coloro che avevano visitato in ospedale la donna) nel
registro degli indagati. L'autopsia è stata fissata per martedì della prossima settimana.
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/01/2015
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Tre visite: nessuno 'vede' l'infarto Donna muore, quattro medici indagati
VITA IN FARMACIA
13 articoli
18/01/2015
La Repubblica - Bari
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Qui al 118 ci sono 600 chiamate al giorno"
FRANCESCA RUSSI
IL TELEFONO squilla in media 600 volte al giorno. Basta entrare nella centrale operativa del 118 per capire
che significa.
Ogni due minuti arriva un SOS.
Ma oggi no. Nei giorni dell'emergenza influenzale il numero di chiamate schizza. «Almeno cento in più al
giorno rispetto al solito» spiega il direttore del servizio 118 di Bari Gaetano Dipietro. Il drin dei telefoni è quasi
un rumore di fondo. «C'è un incidente stradale in via Principe Amedeo, mandare un'ambulanza, la personaè
cosciente» segnala l'operatore poco dopo mezzogiorno. Da Bari città, spiegano, arriva il 30 percento delle
richieste di intervento. E, nel 21 percento dei casi, sono per traumi stradali. Le statistiche ormai consolidate
della centrale non spiegano, però, un fenomeno tutto di questi giorni.
«Un iperafflusso di chiamate a causa dell'influenza che spesso sono solo richieste di informazioni» prosegue
Dipietro.
< PAGINA DALL' ALTRO lato della cornetta, infatti, una donna, voce giovane, segnala 39 di febbre e difficoltà
respiratorie.
«Lì dove però non c'è bisogno dell'invio di un ambulanza per l'ospedalizzazione - va avanti il direttore rinviamo i pazienti ai medici di base. Il vero problema è proprio questo: chiamano noi al 118 intasando le linee
telefoniche anche solo per avere consigli e suggerimenti, dovrebbe invece rivolgersi ai medici di base.
Purtroppo non lo fanno, non sappiamo perché. Forse perché siamo gli unici che garantiamo immediatamente
una risposta telefonica, il medico invece non sempre è rintracciabile o è impegnato a fare visite». E se già in
questi giorni, nelle ore di punta, il telefono squilla ogni minuto, tra due settimane, quando è previsto il picco
influenzale, sarà peggio.
La stragrande maggioranza delle telefonate arriva da casa, più del 68 percento confermano le statistiche per
l'anno 2014, e nel 51 percento degli interventi con ambulanza si tratta di codici verdi.
Non manca la telefonata falsa. È una richiesta di aiuto per un incidente imprecisato in una via sconosciuta.
«Sono gli scherzi, purtroppo, simulano la necessità di un intervento sanitario ma spessoi nostri operatori con
domande incalzanti li smascherano» spiega Dipietro. Ogni giorno ce ne sono circa 15 di chiamate simili.
«Scatta immediatamente la denuncia alla procura della Repubblica per distrazione di risorse legate
all'emergenza e, in questo periodo, non ce lo possiamo proprio permettere».
In tutto il 2014 le chiamate ricevute dalla centrale operativa situata nel Policlinico di Bari sono state 219.171
di cui 97.073 per urgenze. L'anno precedente, nel 2013, erano state 194.667. Praticamente 24mila in più.
L'incremento è stato del 12 percento, concentrato soprattutto nel mese di dicembre quando, oltre le festività
natalizie, è cominciata l'epidemia influenzale.
Le richieste vere e proprie di soccorso sono state 107.817, 15.535 le telefonate per informazioni e 5802 gli
scherzi.
Foto: RESPONSABILE il direttore del servizio 118 di Bari Gaetano Dipietro
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 18/01/2015
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IL RACCONTO
18/01/2015
La Repubblica - Bari
Pag. 3
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Così la Puglia avrà milioni di danni ecco di chi è la colpa"
"Abbiamo convocato la task force subito più posti letto a disposizione e stretta relazione in rete
(a.cass.)
«L' INFLUENZA farà danni per milioni di euro, chi ha cavalcato l'onda della mancata vaccinazione ha delle
responsabilità enormi». L'assessore regionale alla Sanità, Donato Pentassuglia, monitora l'emergenza.
L'Ordine dei medici stima mezzo milione di pugliesi con l'influenza a metà febbraio.
«I dati sono davvero eccezionali, siamo preoccupati anche perché il picco arriverà ai primi di febbraio, ma
abbiamo già superato di 3 volte il numero di persone colpite rispetto all'anno scorso e ricordiamo che troppa
gente non si è vaccinata». Perché secondo lei? «Perché c'è stato chi ha cavalcato l'onda della mancata
vaccinazione. Oggi queste persone hanno una responsabilità, perché i danni, costi sociali e farmaceutici,
sono ingentissimi».
Si può fare già una prima stima? «Difficile farla, gente che non va a lavorare, che non produce, che utilizza
farmaci e chiama medici». Possiamo parlare di milioni di euro? «Sicuramente sì».
Lei, prima, parlava di chi ha cavalcato l'onda. A chi si riferiva? «C'è stato un battage continuo contro i
vaccini». Parla delle associazioni antivacciniste? «Tutti coloro i quali hanno cavalcato quest'onda. Ognuno
deve assumersi le sue responsabilità. Gente che è salita in cattedra accusando professionisti seri di essere
dei ciarlatani e dicendo che i vaccini sono inutili».
Da più parti chiedono una campagna di comunicazione per sensibilizzare i pugliesi a vaccinarsi.
«Stiamo facendo sensibilizzazione, ma preparare uno spot oggi per farlo domani quando l'emergenza sarà
finita mi sembra uno spreco di soldi». Chi parteciperà alla task force regionale convocata per domani mattina
in assessorato? «Medici di medicina generale, tutti i responsabili della rete di emergenza-urgenza con i
referenti dei presidi ospedalieri e il direttore d'area».
Quali saranno secondo lei le principali mosse da prendere? «Punto unico di intervento, più posti lettoa
disposizione e stretta relazione tra medici e rete dell'emergenza».
Foto: RESPONSABILE L'assessore regionale alla Sanità, Donato Pentassuglia
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 18/01/2015
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L'INTERVISTA / L' ASSESSORE REGIONALE PENTASSUGLIA
18/01/2015
La Repubblica - Firenze
Pag. 2
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Dopo Peretola la sanità il rettore prova a sbarrare la riforma della Regione
Tesi sul sito dell'ateneo dice no ai superdirettori Rossi: "La competenza è nostra, andiamo avanti" LA
POLEMICA
DI TRAVERSO. Ancora una volta. Dopo la battaglia sull'aeroporto per la «salvezza» del Polo scientifico di
Sesto, Alberto Tesi prova a sbarrare la strada anche alla riforma della sanità Toscana. Il rettore lo fa
sorprendendo tutti con un intervento sul sito dell'Università di Firenze di sabato mattina, giorno di riposo per
prof e studenti. Il suo è un no secco all'ultima forma data dalla Regione alla grande riorganizzazione. Non più
fondata su tre sole grandi aziende universitarie e sanitarie, ma su tre aree vaste, ognuna composta da una
maxi Asl e da una azienda ospedaliera e universitaria.
Tesi, ormai a fine mandato, esce allo scoperto. E dice chiaramente di non condividere la figura dei super
direttori di area vasta, che cominceranno ad operare già dal primo marzo, ben prima del gennaio 2016,
quando la riforma dovrebbe andare a regime. E non gradisce neppure l'idea di affidare loro la
«programmazione congiunta» di personale e risorse, la stessa che nella delibera approvata dalla giunta
Rossi prevede i «dipartimenti interaziendali», strutture che imporranno una forte riduzione dei primari. Il
rettore avrebbe preferito che a gestire la transizione fosse «l'assessorato», capace di fare da «garante
rispetto a tutti gli enti e istituzioni coinvolti» e di preservare così «la gestione quotidiana (e autonoma) delle
due singole aziende». Insomma, il rettore rivendica l'autonomia di azione del mondo accademico dalla
politica. Perché se prima gli atenei nominavano da soli i loro direttori generali, adesso perdono peso. A
scegliere il super direttore saranno il governatore, i rettori e i sindaci di ogni area vasta.
«Nel dibattito che ha preceduto l'approvazione - ammette Tesi c'è sempre stata piena condivisione del fatto
che una programmazione congiunta permetterebbe di arrivare ad un sistema più razionale e
economicamente sostenibile»; sa che i «vincoli normativi» della legge non hanno permesso a Rossi di creare
un'unica maxi azienda per ognuna delle tre zone, la formula «che personalmente considero il vero obiettivo a
cui dovrebbe tendere il riordino», anche per favorire «l'integrazione» fra universitari e ospedalieri, creando
«benefici per assistenza, ricerca, innovazione e formazione di nuove generazioni» di medici. Ma così si
«creano presupposti per delicate questioni di tipo normativo-giuridico». Come dire: si apre la strada ad un
altro ricorso dopo quello contro il Pit e la nuova pista di Peretola presentato al Capo dello Stato. «Noi
abbiamo fatto la nostra proposta, andiamo avanti - dice il governatore Enrico Rossi - L'intervento di Tesi inizia
la discussione. È normale che si avanzino obiezioni. Ma la programmazione sanitaria è competenza della
Regione, nel rispetto della legge 517 che regola i rapporti tra il servizio sanitario e l'università. Ricordo però
che le ospedaliere-universitarie sono aziende miste non solo degli atenei. Sono convinto che ci capiremo». In
chiusura anche Tesi si dice «fiducioso che nel corso dell'iter si trovino soluzioni» per il riconoscimento dei
ruoli. «Condividiamo in pieno il suo intervento, del resto parla del riordino anche come di una grande
opportunità», dice il rettore pisano Massimo Augello. (m.n.)
Foto: ULTIMI COLPI Alberto Tesi chiuderà quest'anno il suo mandato a rettore: tra sviluppo aeroporto e
riforma Asl non ha risparmiato colpi alla Regione
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 18/01/2015
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Palazzi in fermento
18/01/2015
La Repubblica - Torino
Pag. 3
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Emergenza in corsia Le delibere regionali nel mirino dei pm
I Nas nei prossimi giorni nella sede dell'assessorato per spulciare gli atti sulla riorganizzazione sanitaria
Esposto dei sindacati sull'ospedale di Rivoli: l'altro giorno affluenza record, con nei corridoi più di cinquanta
barelle
FEDERICA CRAVERO
C'È UN salto di qualità significativo nell'inchiesta sulla situazione disastrosa dei pronto soccorso, coordinata
dal pm Raffaele Guariniello e condotta dal Nas di Torino, che nei prossimi giorni andranno negli uffici
dall'assessorato alla Sanità di corso Regina Margherita per spulciare tra le delibere e in generale acquisire
tutti gli atti che riguardano la riorganizzazione della rete sanitaria piemontese e in particolare i tagli per far
quadrare budget sempre più scarsi.
Se da una parte gli investigatori allargano il cerchio di osservazione disponendo controlli a tappeto in tutti gli
ospedali, dall'altra si fa strada una lettura dei fatti che va a toccare direttamente la Regione, superando i
singoli casi, i singoli disservizi e le singole soluzioni adottate da ciascun nosocomio. L'intenzione della
procura è infatti «fare accertamenti sulle cause del fenomeno, visto che si tratta di un servizio pubblico
essenziale» e quindi andare al livello di coloro che assumono le decisioni che poi ricadono sulla sanità.
Se le barelle nei corridoi e i turni massacranti di medici e infermieri a causa delle carenze di organico sono
un problema che devono gestire i manager che guidano gli ospedali, è evidente che le cause e le soluzioni
non possano essere legate solo alle scelte di un direttore sanitario, che a sua volta è sempre più stretto da
vincoli di bilancio. Per trovare posti letto per i Dea, le direzioni sono costrettea recuperarli da altri reparti: dalle
chirurgie, per esempio, allungando però le liste di attesa per gli interventi.
Oppure si "mescolano" nei reparti pazienti con patologie molto diverse, con il rischio di contaminazioni e di
infezioni, chea loro volta anziché ridurre i costi della sanità, li aumentano. Inoltre il problema che sta alla
base, ovvero il sovraffollamento dei pronto soccorso, è un fenomeno fluttuante che ha un'origine in parte
legata alla stagione invernale e ai picchi dell'influenza, ma risente anche della mancanza di un'adeguata
alternativa per i pazienti, altro argomento che esula dalle competenze delle direzioni saniatarie. Se da una
parte si può rimproverare l'atteggiamento del cittadino che ricorre al pronto soccorso senza passare dal
medico di base o dalla guardia medica, è pur vero che c'è un ricorso intenso del 118 e dei Dea anche da
parte delle case di riposo, che pur percependo una quota per l'assistenza degli ospiti, spesso e volentieri
chiamano un'ambulanza per portare gli anziani al pronto soccorso per malattie da raffreddamento.
Il lavoro del Nas, tuttavia, continua anche controllando le situazioni ospedale per ospedale. Oltre al caso del
Martini, dove un infermiere è finito in coma dopo 12 ore di lavoro,e alle segnalazioni di decine di pazienti
"parcheggiati" in barella alle Molinette e al Mauriziano, ieri sulla scrivania di Guariniello è arrivato un esposto
firmato da Cgil, Cisl e Uil che riguarda l'ospedale di Rivoli. Secondo quanto denunciato dai sindacati, infatti,
nei giorni scorsi si è verificato un afflusso straordinario di pazienti: «Nei corridoi stazionavano fino a 45 barelle
- si legge nell'esposto - più 10 barelle da campo. E tutto questo a fronte di una disponibilità massima di 14
posti letto. Per questo dal Dea sono costretti a dire al 118 di non portare più pazienti in ospedale. Ma
soprattutto c'è il timore che in una situazione di stress quotidiano gli infermieri possano con conseguenti turni
estenuanti per il personale sanitario, in particolare infermieristico. RIVOLI Un esposto dei sindacati denuncia
un numero record di barelle al pronto soccorso di Rivoli.
"L'altro giorno erano più di cinquanta" MARTINI Sotto inchiesta il caso del caposala finito in coma per un
malore dopo aver lavorato al Dipartimento emergenza per 12 ore di fila MOLINETTE Guariniello ha aperto un
fascicolo sul caso delle 65 barelle "parcheggiate" nei corridoi il giorno dopo l'Epifania I CASI CLOU SU
INTERNET Altre notizie di cronaca sul sito torino.repubblica.it
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 18/01/2015
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Pianeta sanità
18/01/2015
Il Messaggero - Abruzzo
Pag. 48
(diffusione:210842, tiratura:295190)
LA POLEMICA
MONTESILVANO «Basta regali ai privati. Natale è passato ma i regali continuano». Così il M5S di
Montesilvano torna sulla proposta della maggioranza di dare in gestione a un privato la farmacia comunale,
«prima di affidarla a privati è bene verificare quali siano i reali motivi di perdita» dicono i consiglieri comunali
Manuel Anelli, Gabriele Straccini, Paola Ballarini. «Maragno - dicono - è stato eletto per essere il capitano
coraggioso e non per fare il liquidatore fallimentare svendendo gli asset economici comunali». «Il Comune aggiungono i tre consiglieri - dovrebbe valutare tutte le possibilità atte a portare la Farmacia in attivo, come
un buon imprenditore. È possibile che il pubblico soccomba sempre al privato?» si chiedono, elencando tutte
le criticità della questione, tra cui le troppe assunzioni e il mancato spostamento della Farmacia in altra sede
più economica.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 18/01/2015
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I cinquestelle La farmacia comunale non si regala
18/01/2015
Il Messaggero - Umbria
Pag. 41
(diffusione:210842, tiratura:295190)
PERUGIA Hai voglia a sfidarsi a colpi di carte bollate per il super ticket sull'intramoenia. Adesso (anzi da
inizio dell'anno) c'è anche il microticket. Piccolo piccolo, ma comunque c'è. Anzi, si muove.
Basta fare un salto, per esempio, al Centro unificato di prenotazione di piazzale Europa (Asl 1). Lì, tra i
numeri per la fila che porta agli sportelli dell'anagrafe sanitaria o a quella per pagare il ticket dopo aver
prenotato una visita specialistica o le analisi del sangue, c'è un cartello che annuncia lo strano microticket.
L'avviso dice che dal primo gennaio 2015 sono applicate le commissioni a chi paga con bancomat o carta di
credito. Non fanno eccezione neanche il banco Posta e la PostePay.
Ad essere precisi la commissione è di 1,50% se si paga con il bancomat e del 2,50% se si paga con le carte
di credito. C'è da strabuzzare gli occhi. Naturalmente le cifre che possono essere addebitate, con il
pagamento con le carte, non sono da far saltare sulla sedia. Però chi si mette in fila e non ha il contante per
saldare la prestazione sanitaria paga di più.
La segnalazione in redazione corredata con tanto di foto racconta dell'attenzione dei cittadini ai temi legati
alla sanità.
Diverso, tanto per fare un esempio, il comportamento delle farmacie che effettuano servizio di prenotazione.
«Non abbiamo-spiegano da Federfarma Umbria- una circolare che spieghi ai nostri associati come
comportarsi. Ma c'è la consuetudine di non far pagare il servizio a chi usa il bancomat mentre, in genere, c'è
un avviso che annuncia la possibilità della commissione per chi paga con carta di credito».
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VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 18/01/2015
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Paghi col bancomat? C'e' il microticket
18/01/2015
Il Messaggero - Pesaro
Pag. 46
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Proposta di Noi giovani per il nuovo punto vendita alla stazione
IL PROGETTO
Per il momento è una farmacia comunale, nel prossimo futuro si vorrebbe farne una farmacia dei servizi.
Collaborerebbe con il Centro unico Cup per rendere più agevoli le prenotazioni all'Azienda sanitaria.
L'auspicio è stato espresso ieri dal sindaco Massimo Seri, durante la cerimonia inaugurale alla stazione
ferroviaria di Fano, anche se medicine e altri prodotti sono sugli scaffali, in vendita, già da qualche giorno. Il
nuovo negozio, gestito dalla società pubblica Aset Holding, serve uno snodo nevralgico dei trasporti, cui
fanno riferimento i viaggiatori dei treni e dei pullman. Si può raggiungere con facilità, inoltre, dal quartiere
turistico di Sassonia. «L'apertura della nuova farmacia è la migliore risposta possibile alle recenti polemiche»,
ha detto il sindaco Seri. La presidente di Aset Holding, Susanna Testa, ha invece voluto rendere merito al
lavoro dei dirigenti Giovanni Corigliano (ufficio tecnico) e Francesco Spaccazzocchi (direttore generale). Ha
inoltre ribadito che il personale, il direttore Cristiano Mencarini e la collaboratrice, è stato individuato sulla
base di «selezioni pubbliche di merito per prove ed esami». Accennando alla farmacia dei servizi, il sindaco
Seri ha di fatto accolto una proposta di Edoardo Carboni, segretario della lista civica Noi Giovani.
«Nonostante il Cup cerchi di offrire un servizio esaustivo - ha sostenuto Carboni - non sempre riesce a
soddisfare le richieste di un bacino molto vasto e le tempistiche, spesso, risultano rallentate. Eppure i modelli
normativi più recenti cercano di ovviare al problema permettendo alle farmacie di erogare alcuni servizi». In
farmacia si potrebbe prenotare, pagare e ritirare referti.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 18/01/2015
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Prenotazioni e refertipresto anche in farmacia
18/01/2015
QN - Il Resto del Carlino - Pesaro
Pag. 13
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Al taglio del nastro della stazione anche Aguzzi: «Tutto merito nostro»
INAUGURATA ufficialmente ieri mattina la nuova farmacia comunale della Stazione ferroviaria, gestita
dall'Aset Holding. Il sindaco di Fano Massimo Seri, la presidente dell'azienda partecipata dal Comune
Susanna Testa e Simonetta Paolucci in rappresentanza del vecchio cda erano in prima fila. Più defilato l'ex
sindaco Stefano Aguzzi che aveva anticipato polemicamente la sua presenza sui social network: «stamattina
parteciperò alla inaugurazione della nuova farmacia comunale alla stazione, mi sembra giusto farlo:
l'inaugura la nuova amministrazione, ma è una realizzazione al 100% della mia giunta insieme ad Aset
Holding vecchia gestione. Il Pd votò addirittura contro in consiglio comunale alla nuova pianta organica che la
prevedeva». Tra i festeggianti anche Cristian Fanesi, Rosetta Fulvi e Renato Claudio Minardi in
rappresentanza di quel Pd di cui parla Aguzzi. «Votammo contro perché quella pianta prevedeva anche altri
stravolgimenti... a Bellocchi» ha replicato Fanesi. MESSO piede nella nuova Farmacia della Stazione Seri ha
subito dato un taglio alle polemiche: «Quando si inaugura un nuovo spazio pubblico, un sindaco è sempre
felice. Questa è stata una felice intuizione. La vecchia giunta ha colto una possibilità e ha fatto bene. Ora
vorrei raccogliere la sfida di aggiungere a questa farmacia altri servizi». «E' stato un lavoro di squadra ha
evidenziato la Testa -. L'esecuzione dei lavori, progettati ed eseguiti dall'ufficio tecnico della Holding, è stata
coordinata dal dirigente del servizio tecnico aziendale Giovanni Corigliano. Il personale addetto alla farmacia,
composto dal direttore e dai suoi collaboratori, è stato individuato a seguito di selezioni pubbliche di merito
per prove ed esami. Le selezioni presiedute con esperienza e professionalità dal direttore generale
Francesco Spaccazocchi si sono concluse con la formazione di due graduatorie, una per il profilo di
Farmacista Direttore ed una per il farmacista collaboratore. In tutto sono giunte 150 domande. Alla fine il Cda
della Holding ha nominato direttore il dottor Cristiano Mencarini. Aset Holding, ha in gestione altre 4 farmacie
a Sant'Orso, Gimarra, Marotta e Piagge». Tiziana Petrelli Image: 20150118/foto/2252.jpg
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 18/01/2015
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Inaugurata la farmacia . Col bisticcio
18/01/2015
QN - Il Resto del Carlino - Pesaro
Pag. 13
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Col Sistema Servizi' si prenotano le visite
NOI GIOVANI presenterà in consiglio comunale un documento per proporre anche a Fano le cosiddette
Farmacie dei Servizi, per «alleggerire le prestazioni e i servizi del Cup». Ad annunciarlo è Edoardo Carboni,
segretario della lista civica fanese. «Nonostante il Centro Unico di Prenotazione cerchi di offrire un servizio
costante ed esaustivo si legge in una nota -, non sempre riesce a soddisfare le richieste di un bacino d'utenza
vasto e le tempistiche, spesso, risultano rallentate. Eppure i modelli normativi più recenti cercano di ovviare al
problema tramite l'erogazione di alcuni servizi nelle farmacie. Un metodo già applicato in altre regioni, noto
anche come Farmacie dei Servizi, che consente di decongestionare parzialmente il flusso di richieste rivolte
alle aziende ospedaliere». I servizi disponibili nelle farmacie potrebbero essere la procedura di prenotazione,
il pagamento e il ritiro referti attraverso: informativa e raccolta del consenso; riconoscimento dell'assistito;
prenotazione; servizio di pagamento; spedizione e ritiro dei referti. «Inoltre diversi territori hanno istituito
servizi a domicilio, quali l'assistenza post-parto e post-ricovero, iniezioni, fisioterapia e infermieri».
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 18/01/2015
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FARMACIE : LA PROPOSTA NOI GIOVANI' LA PORTERA' IN CONSIGLIO
18/01/2015
Avvenire - Milano
Pag. 1
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Cura anti epatite C Spesi già 350mila euro
La Lombardia è una delle Regioni che ha debuttato con la super cura anti epatite C, individuando i centri
autorizzati a somministrarla e la copertura economica. «E in sole due settimane a dicembre sono già stati
erogati farmaci per 350 mila euro». È il dato diffuso dall'assessore alla Salute e vice presidente della Regione
Mario Mantovani, in occasione di un bilancio su come è andato il 2014 per la sanità lombarda e la
presentazione dei nuovi progetti in cantiere per il 2015, dopo l'approvazione delle nuove Regole per il sistema
sociosanitario regionale, presentate ieri e approvate il 23 dicembre scorso. In regione è attesa una spesa di
non meno di 120-130 milioni di euro in 18 mesi per garantire il nuovo farmaco ai pazienti prioritari, secondo le
categorie individuate a livello nazionale dall'Aifa in relazione al sofosbuvir. Ed è per questo che, come
spiegato nei giorni scorsi, sono stati già messi a preventivo 100 milioni di euro per il 2015.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 18/01/2015
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SANITÀ REGIONALE
18/01/2015
QN - Il Giorno - Bergamo brescia
Pag. 7
(diffusione:69063, tiratura:107480)
«Al primo allarme vengono tutti da noi»
BRESCIA AL PRIMO mal di gola, scatta la corsa dai farmacisti. E' a loro, infatti, che i bresciani si rivolgono in
prevalenza quando avvertono i primi sintomi dell'influenza. «La visita dal medico di base spiega Nicoletta Lo
Magno, della Farmacia Palestro va prenotata, mentre da noi possono venire in qualunque momento e
chiedere un consiglio». Oggi forse più di ieri, dunque, il farmacista è diventato una figura di riferimento per il
primo soccorso. «I nostri clienti si fidano di noi sottolinea ed ascoltano anche i consigli circa i farmaci più
adatti». Quanto alla vaccinazione, c'è stato un leggero calo, specie a inizio stagione quando normalmente c'è
il boom. Ma dopo le morti di anziani apparentemente legate al vaccino antinfluenza Fluad, molti non si sono
fidati, anche se il farmaco era stato poi scagionato dopo indagini più approfondite. «Anche qui in città, in
effetti, abbiamo registrato un po' di diffidenza, anche perché, soprattutto all'inizio, sono arrivate notizie un po'
confuse. Devo dire che molti si sono rivolti a noi per avere chiarimenti: proprio in questi casi, fondamentale è
il rapporto di fiducia».F.P. Image: 20150118/foto/256.jpg
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 18/01/2015
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LA FARMACISTA LA DOTTORESSA LO MAGNO DEL PRESIDIO DI VIA PALESTRO
18/01/2015
Il Mattino - Napoli nord
Pag. 41
(diffusione:79573, tiratura:108314)
Casalnuovo
Due rapine
in pochi minuti
Due raid, due colpi a pochi chilometri e a pochi minuti di distanza. Due rapine: in un supermarket al corso
Umberto, e in una farmacia lungo via Roma a Pomigliano. I carabinieri non escludono che dietro le rapine ci
sia una sola regia. I militari della compagnia di Castello di Cisterna stanno esaminando le immagini riprese
dalle telecamere di videosorveglianza posizionate nel supermercato e nella farmacia. I raid sono avvenuti
nella serata di giovedì, verso l'orario di chiusura. Due giovani, armati di pistola, volto travisato, accento
nostrano, hanno puntato l'arma come intimidazione ed hanno portato via l'incasso. Poco più di qualche
centinaio di euro al supermercato, circa 470euro, invece, alla Farmacia Romano di Pomigliano. Poi, via in
fuga a bordo di uno scooter.
Casavatore/1
Bassolino presenta
il suo libro
Domani alle 17,30 presso il nuovo Centro Polifunzionale di via Meucci la presentazione del libro «Le Dolomiti
di Napoli» dell'ex Governatore della Campania, Antonio Bassolino che sarà presentato nell'ambito della
rassegna «Appuntamento con il libro».
Casavatore/2
Comitato per il rilancio
di via Madonnina
La villetta del quartiere è nel degrado? In via Madonnina nasce così un comitato spontaneo per autogestire il
piccolo polmone di verde che potrebbe trasformarsi in un luogo di raccordo e di ritrovo sociale per giovani e
anziani. La richiesta verrà formulata nei prossimi giorni al Comune. I giovani di quella zona, che si trova a
confine con Arzano, in passato, hanno pure simbolicamente occupato, e poi liberato, la villa in passato per
cercare di smuovere le istituzioni per un intervento di recupero e di rilancio.
Casoria
Un concorso
per i giovani
«Un'opera per la vita», è il testo del concorso finalizzato a promuovere il talento e l'arte dei giovani. Gli
elaborati saranno esposti in luoghi pubblici con l'obiettivo di valorizzare anche il territorio. L'iniziativa partita
dal comitato "Quartiere Stella" ha anche un fine benefico: acquistare un defibrillatore per la scuola
elementare Moscati. Il concorso consiste nella realizzazione di un'opera d'arte (foto, scultura o quadro) che
rappresenti il rapporto dell'artista con se stesso e con il mondo che lo circonda. La consegna delle opere
dovrà avvenire entro il 15 febbraio prossimo. Per maggiori dettagli e info consultare
www.comitatoquartierestella.it.
Sant'Antimo
Fondi per la Chiesa,
concerto di beneficenza
Concerto di beneficenza alle 20 nella Parrocchia Santissima Annunziata e San Giuseppe. Si raccolgono
fondi per il restauro della facciata della Chiesa, gravemente danneggiata nel corso di un temporale in
autunno.
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in breve
18/01/2015
QN - La Nazione - Firenze
Pag. 13
(diffusione:136993, tiratura:176177)
In farmacia con una ricetta falsa Arrestato per spaccio di droga
RICETTE false per acquistare medicinali antidolorifici contenenti ossicodone', oppioide di potenza elevata. Un
giovane fiorentino di 29 anni, è stato arrestato dai carabinieri della Stazione di Firenze Uffizi per detenzione di
sostanze stupefacenti ai fini di spaccio e falsità materiale in certificati. Il personaggio, giàconosciuto alle forze
dell'ordine almeno per un episodio analogo, aveva addosso altre cinque confezioni del farmaco, contenente
ossicodone, un potente antidolorifico usato nei protocolli di terapia lenitiva del dolore in malati termibali.
Sarebbe riuscito a ottenere le confezioni del medicinale in questione tramite ricette mediche falsificate,
utilizzate in farmacia, accumulando circa 130 compresse. L'uomo è stato individuato grazie alla segnalazione
di un farmacista del centro, insospettito dalla ricetta contenente la specifica prescrizione. I carabinieri,
avvertiti del fatto, lo hanno individuato ed arrestato, trattenendolo in camera di sicurezza, a disposizione del
magistrato competente.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 18/01/2015
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CARABINIERI POTENTE ANTIDOLORIFICO
PERSONAGGI
1 articolo
17/01/2015
08:44
IlFarmacistaOnline.it
Sito Web
"Nella regione oltre 60mila casi di influenza, molti dei quali devono fare ricorso al servizio di emergenza
urgenza a causa di complicazioni non gestibili a casa dal medico di famiglia. Ma il sistema non ce la fa per
colpa di politiche inefficaci nella programmazione dei servizi".
17 GEN - "Non c'era bisogno della sfera magica per prevedere che - complice una psicosi da vaccino non
opportunamente contrastata con un piano di informazione adeguato - il picco dei casi di influenza non solo si
sarebbe verificato in questo periodo, ma che verosimilmente sarebbe stato più pesante del solito. E invece in
queste ore assistiamo al collasso impotente dei punti di Pronto soccorso di fronte alla richiesta di assistenza
di tanti cittadini colpiti dall'epidemia che non risparmia effetti collaterali anche gravi". Così in una nota il sen.
Luigi d'Ambrosio Lettieri, capogruppo FI Commissione Igiene e Sanità del Senato. "In Puglia - sottolinea in
particolare l'esponente di FI - si registrano oltre 60mila casi di influenza, molti dei quali devono fare ricorso al
servizio di emergenza urgenza a causa di complicazioni non gestibili a casa dal medico di famiglia. Solo al
Policlinico di Bari tre pazienti sono finiti in rianimazione, come si apprende da notizie di stampa, mentre a
Lecce un bambino di poco più di un anno con la sindrome influenzale ha perso la vita per cause in via di
accertamento. E se non fossero bastati gli elementi della previsione del picco e del calo dei vaccini
antinfluenzali, sarebbe stato utile tenere in considerazione anche i dati che riguardano i servizi di emergenza
urgenza resi noti da Cittadinanzattiva- Tribunale del Malato che rilevano un aumento delle segnalazioni di
sofferenza e disservizi, dal 2012 al 2013, di 7 punti percentuali e cioè dal 40 al 47%". "La verità - dice
d'Ambrosio Lettieri - è che accanto ad una riorganizzazione ospedaliera territoriale che chiude ospedali e
diminuisce servizi, senza offrire soluzioni alternative a ricoveri e trattamenti diagnostici e lasciando invariati gli
sprechi a fronte di ticket sempre più iniqui, è assolutamente assente anche una visione lungimirante, la
pianificazione di una governance che garantisca i livelli essenziali di assistenza, a cominciare proprio dal
Pronto Soccorso che in questi giorni sta mostrando tutta la sua debolezza. E non certo per responsabilità del
personale sanitario". "Il governo ha grandi responsabilità, ma non meno ne hanno le Regioni, come la Puglia
- conclude il senatore - dove il sistema sanitario è stato fortemente compromesso da politiche inefficaci".
PERSONAGGI - Rassegna Stampa 18/01/2015
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