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7 DOLORI DA NON TRASCURARE

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7 DOLORI DA NON TRASCURARE
05/01/2015
For Men Magazine - N.143 - gennaio 2015
Pag. 40
(diffusione:145338, tiratura:405000)
7 DOLORI DA NON TRASCURARE
ISABELLA VERGARA CAFFARELLI con la consulenza di Michele Carluc
Non fare il macho che soffre in virile silenzio: il dolore è sempre un segnale d'allarme, e ignorarlo può anche
essere molto pericoloso. Leggi qui quando è il caso di andare subito dal medico 1. Dolore di pancia
pancreatite, appendicite, colica renaie Dal momento che l'area tra costale e anche è piena di organi, il dolore
addominale può essere sintomo di affezioni come appendicite, pancreatite o colica renale. «Se il dolore è
localizzato, può essere una semplice contrattura o un dolore intercostale. Nella pancreatite il dolore è
violento, improvviso, origina nell'area dello stomaco e si irradia verso il dorso; talvolta è associato a febbre,
pressione bassa, nausea e vomito. Il paziente è così provato che non può fare a meno di arrivare
all'ospedale» dice Caducei. Spesso la pancreatite acuta è provocata da calcoli che dalla colecisti vanno ad
ostruire il punto di sbocco comune tra la via biliare e il dotto pancreatico principale; oppure, si può
manifestare dopo una grande bevuta, perché è una malattia alcol-correlata. La colica renale si manifesta con
un dolore molto forte che parte dall'area lombare destra o sinistra e si irradia lungo il fianco, verso lo scroto.
«Si sente anche un dolore testicolare. È così violento che causa nausea e vomito. Il paziente è molto agitato,
non riesce a trovare una posizione, continua a muoversi: differenza dell'appendicite acuta, che costringe a
stare immobili per non provare dolore» continua il medico. L'appendicite nasce come un dolore viscerale che
si irradia al di sopra dell'inguine destro ed è spesso associato a febbre. La cura Per diagnosticare la
pancreatite si fa una tac con mezzo di contrasto entro le 48 ore dall'esordio della malattia. Il paziente può
essere ricoverato e trattato in modo mirato. L'appendicite, invece, si riconosce con la palpazione. Se gli esami
di laboratorio e l'ecografia confermano l'infiammazione, si opera. Se la diagnosi è tardiva l'appendicite può
degenerare in peritonite con perforazione gastrointestinale e contaminazione della cavità addominale con
succhi gastrici e batteri. La colica renale si tratta con antispastici, antidolorifici e idratazione. Si risolve
immediatamente se il calcolo viene espulso in vescica, ma se è incastrato deve essere applicato uno stent
per allargare il condotto: il calcolo poi può essere bombardato con onde per sbriciolarlo. 2. Dolore di stomaco
infarto cardiaco nche il mal di sto- i bassa percentuale ha una malattia del miocardio» dice Caducei. Lmaco
può essere espressione di un infarto cardiaco. Il classico dolore dietro lo sterno, estremamente violento, che
si irradia verso la spalla e verso il braccio sinistro soprattutto nelle ultime due dita, è in realtà abbastanza
raro. «Talvolta, l'esordio di un infarto si origina dal collo oppure è un dolore epigastrico, all'altezza dello
stomaco, anche con vomito. Tuttavia, di quelli che arrivano in ospedale con dolore toracico, solo una La cura
A volte per diagnosticare l'infarto basta un elettrocardiogramma. «Ma in altri casi dobbiamo trattenere il
paziente in osservazione e sottoporlo ogni otto ore a esami di laboratorio per controllare gli enzimi che si
muovono durante un infarto, le Cpk. Prima si interviene, maggiori sono le probabilità di recupero: ecco perché
il paziente viene portato subito in sala angiograf ica per posizionare stent che dilatano i rami coronarici
occlusi». 3. Dolore al piede frattura da stress Se il dolore peggiora con l'esercizio fisico, ma è presente anche
a riposo, probabilmente si tratta di una frattura da stress. «Queste fratture interessano in genere le parti del
piede sottoposte a carico, come il quinto o il secondo metatarso», spiega l'ortopedico e traumatologo dello
sport Roberto Pozzoni. «Capitano negli atleti professionisti e in generale negli sportivi, come calciatori,
fondisti, maratoneti, giocatori di basket. Il dolore è abbastanza forte da impedire il proseguimento dell'attività
sportiva. «Camminare e indossare le scarpe può diventare un problema. A volte, la zona interessata è gonfia.
Le fratture da stress sono la conseguenza di un esercizio eccessivo o svolto in maniera non corretta. Un
piede piatto o eccessivamente cavo può predisporre alla frattura da stress perché impedisce la corretta
distribuzione delle forze». «Prima di tutto bisogna rivolgersi a un ortopedico. Il primo esame è la radiografia,
anche se non è sempre in grado di documentare la presenza di una piccola frattura da stress. L'esame per
eccellenza è la risonanza magnetica» spiega Pozzoni. «Potremo vedere una frattura da stress anche con la
tac o con la scintigrafia ossea, ma emettono delle radiazioni a differenza della risonanza, che è quindi sempre
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 06/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SALUTE
05/01/2015
For Men Magazine - N.143 - gennaio 2015
Pag. 40
(diffusione:145338, tiratura:405000)
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 06/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
da preferire perché innocua». Una volta verificata la presenza di una frattura da stress, si procede come per
una normale frattura: «Con il riposo per almeno 35 giorni. Dobbiamo astenerci dall'attività sportiva per
consentire all'osso di guarire. Sono indicati trattamenti fisioterapici, in particolare la magnetoterapia. Per
favorire la guarigione dell'osso potrebbe essere utile assumere dei bifosfonati, che lo rinforzano. Le fratture
da stress, infatti, non sono dovute a un evento traumatico, ma a un cedimento osseo. «Non vanno indossati
dei tutori, ma è consigliabile portare una calzatura con una suola rigida, l'ideale sarebbe uno zoccolo di legno
che riduce il movimento del piede e facilita la guarigione dell'osso. Meno movimento c'è, più veloci sono i
processi di guarigione. Il riposo è molto importante. Continuare a fare esercizio potrebbe portare alla
scomposizione della frattura, e quindi a peggiorare la situazione, aumentando i tempi di guarigione».
4 . Dolore all'inguine torsione del testicolo Se il dolore è improvviso, acuto, molto violento, associato a
gonfiore, potrebbe trattarsi di torsione del testicolo, una condizione rara ma grave. La torsione si verifica
quando un testicolo ruota sul funicolo spermatico, quel cordone che lo collega al corpo e fornisce il sangue al
testicolo stesso. Esiste una predisposizione alla torsione, ma possono produrla anche uno sforzo eccessivo,
un trauma o l'attività sessuale. È un fenomeno più comune tra i giovani tra i 10 e i 25 anni. La cura II dolore è
così forte che ti porta dritto in pronto soccorso. Qui i medici dovranno distinguere tra torsione e infiammazione
del testicolo (orchite), perché entrambe portano a un rigonfiamento e a un dolore intenso. «Di solito, però,
l'orchite si manifesta con febbre alta e con tutti i segni dell'infiammazione. La diagnosi definitiva si esegue con
l'ecografia e con lo studio doppler della vascolarizzazione del testicolo» spiega Michele Carlucci. «Si fa poi un
intervento esplorativo d'urgenza per vedere se è possibile derotare il testicolo mantenendolo vitale. Se, però,
il flusso di sangue è stato interrotto per troppo tempo, il testicolo privato di sangue può essere gravemente
danneggiato e deve essere rimosso». 5. Mal di schiena aneurisma aortico Q e calore, riposo e analgesici non
servono a niente, il male, un forbissimo dolore alla zona lombare sinistra, simile a una colica renale, potrebbe
essere il segnale di un aneurisma aortico. «Bisogna sempre sospettarlo negli uomini al di sopra dei 40 anni,
soprattutto se sono presenti altri fattori di rischio come l'obesità, il diabete, il fumo, l'ipertensione» spiega
Caducei. L'aorta è il principale vaso sanguigno del corpo: parte dal cuore e raggiunge l'addome, dove si
dirama per irrorare di sangue le gambe. L'aneurisma addominale è la dilatazione dell'aorta che rischia di
rompersi, un evento talvolta letale. «Quando il dolore diventa molto violento alla parte bassa della schiena, è
possibile che la rottura stia avvenendo o sia già evidente. Non c'è tempo da perdere, bisogna andare in
ospedale immediatamente». La cura Si fa un'ecografia, che vede l'aneurisma, e poi un'angiotac, esame
impiegato per studiare lo stato dell'arteria iniettando un mezzo di contrasto. «I pazienti con sospetta colica
renale sinistra (l'aorta è spostata a sinistra) devono fare un'ecografia per escludere un problema vascolare. Il
dolore lombare è sempre espressione di una complicanza dell'aneurisma, fissurazione o rottura dell'aorta. La
fissurazione è una iniziale rottura della parete aortica». Gli aneurismi di piccole dimensioni (sotto i 5 cm)
possono essere tenuti sotto controllo per 6-12 mesi, ma quelli con un diametro superiore o in rapido
accrescimento devono essere trattati subito in sala operatoria. 6. Dolore e gonfiore alla gamba trombosi T a
trombosi venosa profonda può dare L_/dolore e gonfiore alla gamba. «È una malattia tipica dei lunghi viaggi,
soprattutto se non hai la fortuna di viaggiare in top class, dove puoi distenderti» dice Carlucci. «La posizione
obbligata per ore può indurre la trombosi venosa profonda: all'interno della vena si forma un coagulo di
sangue che può partire e finire nei polmoni creando i presupposti per una embolia o un infarto polmonari,
malattie talvolta drammatiche. «La trombosi è favorita dall'immobilità, come una lunga degenza in ospedale o
appunto un viaggio in aereo. Sugli aerei si consiglia come prevenzione di muoversi, alzarsi di tanto in tanto,
fare movimenti del piede e della gamba». La cura II sospetto di trombosi deve essere confermato dal medico
curante (non al pronto soccorso!) che valuterà l'urgenza di eseguire un ecodoppler venoso, esame che
permette di visualizzare i vasi sanguigni e studiare il flusso al loro interno. «Bisogna farsi vedere subito per
evitare che venga l'embolia polmonare. In questo caso, il paziente finisce dritto in ospedale» dice Caducei.
«Se la trombosi viene confermata si somministrano anticoagulanti fino alla risoluzione del problema, per non
meno di tre mesi». 7- Dolore nel fare pipì infiammazione «II dolore alla minzione può essere una banale
05/01/2015
For Men Magazine - N.143 - gennaio 2015
Pag. 40
(diffusione:145338, tiratura:405000)
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 06/01/2015
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cistite (infiammazione della vescica) se compare all'inizio; oppure, se il dolore si manifesta alla fine della
minzione, può essere il segnale di un'infiammazione delle strutture dell'apparato urinario, come l'uretra, il
condotto che convoglia l'urina dalla vescica verso l'esterno» dice Caducei. «In assenza di dolore, se non si
riesce a urinare o si urina gocciolando, può esserci un ostacolo meccanico dovuto all'ingrossamento della
prostata, un disturbo frequente dopo i 60 anni». La cura Si procede con un esame delle urine alla ricerca di
batteri dell'infezione. «Cistiti e uretriti devono essere trattate tempestivamente con antinfiammatori e
antibiotici. Se trascurate, le infezioni alle vie urinarie possono estendersi ai reni e comprometterne la
funzionalità. La cura antibiotica deve essere prescritta dal medico e seguita per il tempo necessario per
garantirne l'efficacia». Poiché tra le principali cause spiccano i batteri presenti nelle feci, per tenere lontane le
infezioni urinarie è importante seguire una corretta igiene intima, detergendosi dai genitali verso l'ano e mai al
contrario. È utile bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno.
07/01/2015
Corriere dell'Umbria
Pag. 8
(diffusione:21210, tiratura:34012)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Il sistema sanitario dovrebbe farsi carico del costo dei relativi farmaci per certe patologie, ma non c'è neanche
il comitato tecnico-scientifico
Cannabis terapeutica, lo sfogo di un malato di sla "La norma votata in
primavera ancora inattuata"
di Alessandra Borghi PERUGIA - Era un uomo molto attivo. Di primissima mattina lo si vedeva impegnato
nell'orto. Coltivava molte passioni. Questo dopo quarant'anni di lavoro che in realtà "sono stati ottanta", come
lui stesso spiega, perché nel suo settore si faceva pure la notte. "Poi il mondo ci è crollato addosso", racconta
sua moglie. E' stata la diagnosi di sla (la sclerosi laterale amiotrofica) il grande tsunami per la famiglia, a
febbraio dell'anno scorso. Per fortuna, "almeno si sono accorti per tempo". Subito è iniziata la terapia base di
riluzolo, attualmente usato per questo tipo di patologia. Per circa quattro mesi con un farmaco, poi con quello
"equivalente". "Da allora, c'è stato un peggioramento", dice la signora, che racconta anche del
"disorientamento" provato andando a caccia di informazioni su come affrontare mille nuove esigenze. Si va
per tentativi e si cerca di percorrere tutte le vie per fronteggiare "la ladra", come chiamano la malattia che ti
ruba il corpo mentre la mente resta lucidissima. "Per alleviare certi sintomi, come gli spasmi muscolari, mio
marito vorrebbe provare la cannabis terapeutica, ma finora ci hanno detto che non è possibile, anche se ci
pare strano, visto che è stata approvata una legge regionale mesi fa". La signora allude alla norma dell'aprile
2014 e che ha allineato l'Umbria ad altre regioni come la Puglia, l'Abruzzo e la Toscana. Quando fu illustrata
dal proponente, il consigliere regionale di Rifondazione Damiano Stufara, l'intento era dare "pieno seguito alle
linee di indirizzo alle aziende sanitarie su servizi di cure palliative e di terapie del dolore, nel duplice obiettivo
di rendere accessibili i farmaci cannabinoidi e di sviluppare la ricerca su queste sostanze, che alla luce di
numerosi studi scientifici si dimostrano efficaci non solo nella terapia del dolore, ma anche nel ridurre e
controllare importanti sintomi di altre patologie rilevanti dell'apparato articolare, di malattie croniche
autoimmuni, di flogosi croniche di natura degenerativa e altro". Soprattutto, la legge prevede l'erogazione
gratuita, in quanto a carico del sistema sanitario regionale, dei farmaci cannabinoidi in base al piano
terapeutico redatto da un medico specialista. L'erogazione dei farmaci può avvenire in ambito ospedaliero e
in ambito domiciliare. Era prevista anche la costituzione di un comitato tecnico scientifico per entrare nella
fase operativa. La legge diceva che si sarebbe costituito "entro 60 giorni" dalla sua entrata in vigore con
decreto del presidente della giunta regionale. Ma i componenti devono ancora essere nominati. "Mi sono
state segnalate difficoltà di applicazione e ho sollecitato la Direzione regionale Salute a dare indicazioni al
territorio. Bisogna accelerare", sostiene il consigliere Stufara. Dalla Direzione informano che si sta lavorando
alla nomina del comitato, "si stanno seguendo tutte le procedure imposte dal quadro normativo nazionale" e
si ricorda che di mezzo c'è anche la complessa questione dell'approvvigionamento dei farmaci che ad oggi
devono essere importati. Di certo molti malati pensano che i tempi di attuazione delle leggi non hanno niente
a che fare con i loro. Si aspetta la nomina del comitato che affiancherà la giunta per i protocolli attuativi
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 07/01/2015
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08/01/2015
La Notizia Giornale
Pag. 1
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Sabato
Lo SpeciaLe Salute e Benessere
LO SPeCiaLe SaLute e BeNeSSeRe Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 423 del 19.10.2005
Direttore: Luca Marino con esami diagnostici come la risonanza magnetica. Il dolore cronico al collo,
associato alla discoartrosi, è di solito bilaterale con spasmo dei muscoli della base del collo, mentre
un'erniazione provoca dolore monolaterale con irradiazione alla spalla e sensazioni di intorpidimento del
braccio, fino alla perdita di forza nei casi cronici mal curati o gravi. Il dolore attribuibile alla compressione di
un nervo da parte di ernia si presenta generalmente in maniera acuta. Un dolore al col- lo cronico, assiale e
bilaterale con irradia- zione al braccio è solitamente attribuibile a una spondiloartrosi o anche alla
sovrapposizione di più patologie. CURARE E PREVENIRE La strategia terapeutica consiglia l'utilizzo della
trazione cervicale con lo scopo di allargare il forame intervertebrale e di decomprimere la radice nervosa
interessata. La trazione è più efficace dopo che il dolore acuto si è risolto; questo si tratta con terapia
farmacologica, terapia fisica di recente introduzione e infiltrazioni pe rineurali che aiutano la rapida risoluzione
del dolore. Successivamente alla soluzione della sintomatologia dolorosa si presta attenzione alla
prevenzione con studi mirati per ogni paziente. Dolori al collo? Ecco come possiamo affrontarli di
GIANFRANCO MIRARCHI * L a bronchite cronica è una malattia respiratoria dovuta all'infiammazione dei
bron chi di grosso calibro che permane per un periodo di tempo prolungato. L'infezione si sviluppa nelle prime
e principali diramazioni dell'albero bronchiale ed è possibile effettuare la diagnosi solo se il paziente è stato
ammalato per almeno 3 mesi e per 2 anni consecutivi. Il 90% circa delle persone affette da bronchi te cronica
fuma e un fumatore su due dopo i 40 anni è affetto da questa ma lattia. La bronchite cronica è curabile ma,
se trascurata, può trasformarsi in una bronco pneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), evoluzione che può
essere evitata nella maggior parte dei casi con un immediato stop al fumo. ATTENTI ALLA TOSSE Tutti i
pazienti affetti da bronchite cronica sono colpiti da una tosse fastidiosa che diventa sempre più persistente.
Inoltre, la presenza di muco denso e viscoso che si "incolla" alla mucosa delle vie respiratorie, rende sempre
più difficile espettorare con colpi di tosse. Se le cause nocive continuano la loro azione, vi è un rilascio di
sostanze che inducono e aumentano l'infiammazione, e che porteranno alla progressiva distruzione del
tessu- to e al restringimento delle vie respiratorie. Le persone colpite da bronchite cronica si accorgono della
malattia dalla sensazione di fame d'aria (dispnea) che le aigge. Il passaggio da una forma all'altra è sempre
lento e, nella maggior parte dei casi, inavvertibile ma, una volta avvenuto, è irreversibile. Il decorso della
malattia è rallentabile, ma non arrestabile nella sua evoluzione. CHE ESAMI FARE La Bpco è una malattia
invalidante, presente nel 15-40% dei fumatori, ed è causa di morte precoce. Una diagnosi tempestiva e un
appropriato intervento terapeutico sono di fonda- mentale importanza per migliorare la storia clinica della
malattia e dunque la prognosi del paziente. Una radiografia del torace è in grado di mostra re il progressivo
coinvolgimento del parenchima polmonare, ma serve un esame spirometrico per individuare il grado di
deterioramento della funzione. Negli stadi iniziali la spirometria con il test di reversibilità evidenzia la
differenza con le forme asmatiche. La spirometria semplice mostra i gradi di peggioramento mentre quella
completa indica l'avanzamento dello stato di enfisema. Nella Bpco è anche possibile il coinvolgimento del
cuore con sofferenza delle came re destre (cuore polmonare). In base ai sintomi e ai reperti spirometrici, si
suddivide la gravità della malattia in tre stadi da cui discendono differenti raccoman dazioni terapeutiche. Il
primo provvedimento da consigliare è smettere di fumare. L'obiettivo è ottenere la broncodilatazione delle vie
aeree e per questo si usano diversi tipi di broncodilatatori a seconda dello stadio a cui si trova la malattia.
Nelle fasi finali è prevista l'ossigenote rapia con tempi e modalità adeguate. Per evitare ulteriori infezioni è
consigliabile una profilassi antibatterica. * Allergologo e Pneumologo Allarme bronchite cronica I segnali da
non sottovalutare Il catarro può non essere un guaio di stagione Molte le complicanze per chi si trascura Le
terapie Tecnicamente si chiama cervicobrachialgia Tra i rimedi è possibile ricorrere anche alle infiltrazioni La
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 08/01/2015
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08/01/2015
La Notizia Giornale
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
ricetta La prima cura è smettere con le sigarette Un fumatore su due dopo i 40 anni ha questa malattia
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 08/01/2015
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09/01/2015
Viver Sani e Belli - N.3 - 16 gennaio 2015
Pag. 42
(diffusione:178924, tiratura:864000)
UNA GIORNATA SENZA DOLORETTI
Gli errori da evitare e le accortezze da osservare per piedi, spalle, schiena e gambe. Per non dire mai più
"ahi"
Anna Danieli. Con la consulenza del dottor Corrado Bait, aiuto r
Alzi la mano chi, almeno una volta al giorno, non sente un doloretto alle gambe, alla schiena o alle spalle
compiendo un normale movimento. Ordinaria amministrazione ? «II nostro corpo ci manda dei segnali,
sempre. Quando avvertiamo qualche fastidio all'apparato osteo-articolare, di solito è colpa nostra. Di norma
non si tratta di malattie serie, bensì di posture scorrette che provocano un leggero dolore» spiega il dottor
Corrado Bait, aiuto responsabile dell'Unità operativa di Chirurgia del ginocchio e traumatologia dello sport
all'Istituto Humanitas di Rozzano (Mi). «Ciò non significa che tali sintomi vadano sottovalutati, ma risolti con
comportamenti corretti». * Già, perché ci sono dei movimenti, e delle parti del corpo, che si ranno sentire di
più in precisi momenti. Ecco gli avvertimenti a cui fare attenzione e come rispondere. Che cosa fare Una
cena leggera e poco alcol rappresentano il primo passaporto per un sonno ristoratore, a tutte le età. E, al
mattino, l'ortopedico consiglia qualche esercizio di risveglio muscolare: perfetto lo stretching, da fare anche in
casa, come questi due semplici esercizi. * Sdraiati a pancia in su, si tendono le punte e le si porta in modo
che il piede sia perpendicolare alla gamba, 3-4 volte. * Nella stessa posizione, con la punta tesa, descrivere
dei cerchi con i piedi, muovendo solo l'articolazione della caviglia, prima verso l'esterno, poi verso l'interno.
SLEGHIAMO" LE ARTICOLAZIONI Un grande classico: ci si sveglia e una delle prime sensazioni che si
avverte è sentirsi "legati", come se il corpo fosse contratto. Dalle caviglie e dalle ginocchia, tutte le
articolazioni sono poco mobili. * «In generale, si tratta di un fenomeno connesso all'età e alla qualità del
sonno» dice il dottor Bait. «Il dormire bene, cioè il mantenimento anche di notte della giusta postura,
condiziona il risveglio». * «Oltre a un buon materasso, il sonno migliore si ha dopo una serata tranquilla,
ovvero senza eccessi a tavola e senza alcol» spiega lo specialista. «Poi, andando avanti con gli anni, la
qualità del sonno peggiora. Ciò è ancora più vero per le donne: i cicli ormonali, specie in menopausa,
possono alterare i ritmi circadiani. Ecco perché dopo una notte dove ci si è rigirati nel letto, il corpo ci sembra
così legato». La borsa, la custodia del computer, la cartella del bambino da accompagnare a scuola... Sono
le donne a uscire di casa la mattina cariche a più non posso. * «A lungo andare tutti questi pesi possono
provocare delle conseguenze alle spalle» precisa il dottor Bait. «E la prevenzione e ancora più importante per
i ragazzini in età scolare, che dovrebbero sempre utilizzare zaini-trolley». Una raccomandazione che non si
esaurisce alla scuola primaria, ma prosegue fino a crescita completata, in anni in cui si tende a cedere alla
moda. * Quali sono i segnali monitorare con attenzione^ «Se il movimento dell'articolazione della spalla e del
braccio perde di forza e resistenza, è meglio consultare lo specialista. Ci potrebbero essere delle
degenerazioni da prevenire con adeguate cure conservative» dice Bait. PROTEGGIAMO LE SPALLE UftT
PESI
Che cosa fare Se possibile, distribuire i pesi in eguai misura su entrambe le spalle, per non caricare la
schiena in modo asimmetrico. * Per i bambini, scegliere uno zaino con le rotelle: è più comodo e spalle e
schiena sono salve fin da piccoli. Per "rimettere a posto" la schiena, in posizione eretta, con i piedi a 5-10 cm
l'uno dall'altro, salire sulle mezze punte e alzare le braccia in verticale sopra la testa, allungandosi il più
possibile. Per riuscirci al meglio, può essere utile immaginare un filo, che esce dalla sommità del capo e tira
verso l'alto. Lunghe ore dietro a una scrivania o, peggio, lavori faticosi e usuranti. Dopo una giornata cosi, la
schiena si fa sentire. «Sono i nostri atteggiamenti scorretti a provocare dolore. In molti posti di lavoro le
sedute non sono ergonomiche, non hanno un giusto supporto lombare e mettono a dura prova colonna
vertebrale e muscoli dorsali» precisa lo specialista. «Oltre a cercare di sedersi in modo corretto, alzarsi
periodicamente e muovere qualche passo per sciogliere i muscoli e riattivare l'apparato cardiocircolatorio». *
Se però il dolore a livello dorsale o lombare è persistente, chiedere un consiglio all'ortopedico. «Oltre la metà
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/01/2015
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salute PREVENZIONE
09/01/2015
Viver Sani e Belli - N.3 - 16 gennaio 2015
Pag. 42
(diffusione:178924, tiratura:864000)
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
dei timori di ernia, dovuti alla presenza di dolore acuto, è riconducibile a posture sbagliate: può aiutare un
ciclo di massaggi o di fisioterapia».
Che cosa fare In ufficio, bisognerebbe procurarsi una seduta con appoggio lombare. Se non è possibile,
alzarsi, fare quattro passi e sciogliere i muscoli con qualche esercizio di stretching. In piedi, con le gambe
leggermente divaricate, lasciare cadere dolcemente la testa, poi le spalle e progressivamente tutta la parte
superiore del corpo, immaginando di "srotolare" le vertebre una per volta, piegando leggermente le gambe e
arrivando ad appoggiare a terra le mani e le braccia. Muovere la testa come per dire un piccolo "no", poi
muoverla come per dire un "sì". f II movimento fa bene, ; sempre, a tutte le età, ma l con buon senso. Se,
dopo il lavoro, si va in palestra e ci si ritrova invece che rilassati con dolori a cosce, glutei e addominali,
qualcosa non va. * «Un minimo di indolenzimento può essere il segnale che gli allenamenti hanno dato i loro
frutti» dice il dottor Bait. «Ma se si avvertono dolori persistenti, serve un esame di coscienza. L'attività fisica
deve essere proporzionata all'età e quantità di sport che si è svolto fino ad allora. Se un 50enne sedentario
decide di allenarsi al di sopra delle sue possibilità, rischia danni seri. Molti hanno tendiniti e lesioni per un
carico di lavoro eccessivo». * Sport e movimento sì, ma con giudizio. E guardandosi prima allo specchio, per
capire qual è la propria forma e le aspettative raggiungibili. fjON BISOGNA ESAGERARE
Che cosa fare In palestra, prima di iniziare un programma di allenamento, bisogna farsi seguire da un
istruttore esperto. E, in generale, non bisogna pretendere troppo dal proprio fisico, specie dopo i 40-50 anni.
Una passeggiata è un toccasana, sempre e comunque, sia in caso di allenamento intenso (in questo caso
l'unico consiglio è di non camminare lo stesso giorno), sia quando si è sedentari. L'ideale sono 30 minuti al
giorno, di buon passo.
L'ATTENZIONE VA Al PIEDI Finita la giornata, un unico desiderio: arrivare a casa e togliersi le scarpe. «Si
tratta di un male tipico delle donne» dice Corrado Bait. «La colpa di questo disturbo è, in generale, delle
scarpe non adatte: tacchi troppo alti o punte strette causano un sovraccarico nella parte anteriore del piede,
causando dolore. Lo stesso problema lo hanno gli uomini che lavorano nei cantieri e devono indossare
scarpe antinfortunistiche, cosi come le persone che svolgono la loro attività professionale in piedi». * Se il
fastidio è legato unicamente alla calzatura e alla fatica lavorativa, liberandosi delle scarpe e con un po' di
relax il male scompare. «Ci possono essere, però, altri problemi fonte di dolore al piede» conclude il dottor
Bait. «A cominciare da malattie legate a un'artrosi, dovute all'età, ma anche al piede piatto o l'alluce valgo».
SOnunati/
ALqORNO
DI PASSEGGIATA FANNO BENE A TUTTI A TUTTE LE ETÀ
Che cosa fare Se e quando possibile, indossare calzature comode, con pianta e punta larga e una suola
capace di sostenere il piede. Per non sovraccaricare le estremità, vale sempre la regola di evitare il
sovrappeso. L'"esercizio minimo", da fare tutte le sere, è camminare senza scarpe, né zoccoli, né ciabatte,
solo con le calze o a piedi nudi per 10-15 minuti per aiutare il piede a ritrovare la sua naturale postura e
riattivare la circolazione.
Foto: POCHI MINUTI DI STRETCHlNCi, PRIMA DI SCENDERE DAL LETTO, SONO UN TOCCASANA
Foto: TUTTE LE SERE, A CASA, CAMMINARE PER UN QUARTO D'ORA CIRCA A PIEDI SCALZI
10/01/2015
Mente e Cervello - N.121 - gennaio 2015
Pag. 21
(tiratura:25000)
I primi neuroni del dolore in coltura
Gli studi con i neuroni dolorifici prodotti in laboratorio possono avere importanti ricadute nella lotta al dolore
cronico
Giovanni Sabato
Ci sono voluti sei anni di tentativi e fallimenti, ma alla fine ce l'hanno fatta. Un team guidato da Clifford Woolf,
dell'Harvard Stem Celi Institute, presenta su «Nature Neuroscience» i primi neuroni dolorifici di topo e umani
prodotti in coltura, che riproducono con precisione le sfumature della sensibilità dolorifica naturale. I recettori
dolorifici rispondono a una varietà di stimoli, dalle alte temperature alla capsaicina che rende piccante il
peperoncino, con una gamma di reazioni che va dal dolore acuto di una ferita all'indolenzimento sordo e
protratto di un'infiammazione: i neuroni in vitro si sono mostrati capaci della stessa gamma e adeguatezza di
risposte. Woolf cercava da anni di produrre questi neuroni a partire da staminali embrionali, ma l'impresa si è
rivelata troppo complessa. La via giusta è stata invece quella di far ringiovanire cellule adulte della pelle
(trasformandole nelle cosiddette staminali pluripotenti indotte) e poi farle differenziare in neuroni dolorifici,
somministrando un mix di molecole (fattori di trascrizione) specifici di questa classe di neuroni, alcuni dei
quali scoperti nel corso dello studio. II modello dovrebbe facilitare la ricerca in ambiti di ogni genere, dalle
ragioni delle diverse soglie del dolore individuali, ai meccanismi che sostengono i dolori cronici, anche
creando modelli ad hoc dalla pelle del singolo paziente, fino ovviamente alla ricerca sugli analgesici; non a
caso fra i partner di Woolf c'è il gigante farmaceutico GlaxoSmithKline. RAFE SWAN/CORBIS
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/01/2015
36
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M&C NEWS
11/01/2015
Bimbi Sani e Belli - 2 febbraio 2015
Pag. 32
(diffusione:96812, tiratura:131140)
PRONTO SOCCORSO contro il dolore
La sofferenza, spesso sottovalutata, accomuna la maggior parte dei disturbi che colpiscono i piccoli: dai più
banali ai più seri. Bisogna fare di più per alleviarla
Roberta Raviolo, consulenza del professor Pasquale Di Pietro, s
I bambini sono la categoria di malati che, più che per la malattia in sé, soffrono per la sua manifestazione più
immediata: il dolore. Eppure, sono troppi i Pronto soccorso pediatrici che non sempre forniscono ai bambini
un sollievo dal dolore. Qualcosa, però, sta cambiando. Poca attenzione per oltre un bimbo su tre Ancora oggi,
nel nostro Paese, il 37% dei bambini che arrivano in Pronto soccorso non viene valutato per il dolore. E
l'allarme lanciato dal Piper (Pain in pediatrie emergency room), gruppo di studio sul dolore pediatrico in
emergenza, attraverso un'indagine condotta su 19 Pronto soccorso italiani dal 2010 al 2013. Gli esperti
hanno registrato che, in un caso su tre, il dolore dei bambini non viene misurato con le apposite scale che
vengono, invece, applicate per gli adulti. Inoltre, in un caso su cinque, il dolore non viene neppure registrato
in cartella clinica e nella metà dei casi non viene applicato nessun protocollo per trattarlo. Solo un bambino su
tre riceve un farmaco per lenire il male. Eppure il dolore è la prima causa di accesso al Pronto soccorso per
gli under 14. Non sono capricci Talvolta, infatti, i lamenti dei bambini non vengono neanche presi in
considerazione dal personale sanitario, perché ancora oggi si pensa che i piccoli stiano facendo i capricci o
stiano esasperando i loro fastidi. Oggi sono tanti i modi per abbassare il dolore. Per la cura di tagli e ferite,
per esempio, sono a disposizione colle e creme anestetiche che in alcuni casi sono in grado di evitare
l'applicazione di suture e punti, temutissinni. È anche molto importante somministrare tempestivamente ai
bambini che manifestano dolore i tarmaci antidolorifici adatti a loro, per esempio paracetamo10 e ibuprofene,
che devono essere impiegati secondo rigorosi criteri scientifici. Molti genitori temono di somministrarli
pensando agli effetti collaterali. Al contrario, molti studi scientifici provano che trattare ed eliminare il dolore
con tarmaci adeguati è eticamente corretto nei confronti di un bimbo che soffre, riduce la permanenza in
ospedale, accelera la guarigione ed evita che da adulto la soglia del dolore si abbassi. Nei Pronto soccorsi
più attrezzati per la gestione dell'ansia legata alle procedure sono a disposizione poi anche lievi ansiolitici,
come il midazolam somministrato per via nasale, che viene assorbito in fretta e permette di sedare 11
bambino in modo efficace, innocuo e per nulla fastidioso.
Le indicazioni da seguire Per migliorare la gestione del dolore nel bambino nei Pronto soccorso, il gruppo
Piper ha presentato le prime raccomandazioni da diffondere in tutte le strutture sanitarie italiane, tenendo
conto che oggi, in media, un bambino trascorre 50 minuti prima di essere visitato. Le indicazioni, inoltre,
riguardano alcune procedure ospedaliere frequenti e temute dai bambini, come le iniezioni o le suture, che
causano paura, dolore o fastidio.
II gas che toglie il dolore In alcuni ospedali, come il Meyera Firenze e il Burlo Garofolo a Trieste, per alcune
procedure poco dolorose si utilizza una miscela equivalente di ossigeno e protossido di azoto, un gas del
tutto innocuo che viene eliminato attraverso la normale respirazione. Di recente, però, una nota dell'Agenzia
italiana del farmaco (Aita) ne ha previsto la prescrizione solo da parte di medici specialisti in anestesia e
rianimazione e odontoiatri, limitandone di fatto l'utilizzo.
CHE COSA SI FA OGGI In alcuni ospedali italiani, soprattutto in quelli pediatrici, la gestione del dolore è già
una questione all'ordine del giorno e le maggiori strutture per bambini (come il Gaslini di Genova, il Burlo
Garofolo di Trieste, il Meyer di Firenze, il Regina Margherita di Torino, il Bambino Gesù di Roma) sono avanti
rispetto alla media italiana. In questi centri sono applicate procedure semplici, ma efficaci per alleviare il
dolore del bambino che giunge in Pronto soccorso. Un primo rimedio consiste nella giusta accoglienza e nel
distrarre il bambino, con varie tecniche, anche di tipo ludico, che possano veicolarne l'attenzione verso
qualcosa di piacevole, che lo distragga dalla paura e dal dolore. Il personale può proporre racconti, fare
domande al bambino spingendolo a parlare di sé, adottare insomma piccoli espedienti che facciano passare
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/01/2015
32
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SANITÀ BAMBINI
11/01/2015
QN - La Nazione - Livorno
Pag. 19
(diffusione:136993, tiratura:176177)
«Cattura e blocca il dolore »Gennai conquista la giuria
LIVORNO MAURIZIO GENNAI è il vincitore del primo concorso fotografico organizzato dall'Asl 6 di Livorno
sul tema «Cattura e blocca il dolore» in occasione della 22ª Giornata nazionale del sollievo. È stato un
compito difficile quello della giuria che, con un presidente d'eccezione come il noto cantautore livornese Bobo
Rondelli, ha dovuto scegliere tra le circa 40 foto in gara. «La foto vincitrice spiega Bobo Rondelli ci ha colpito
per la forte espressività della donna ritratta: si tratta di primissimo piano che, ricordando in certi tratti i dipinti
del Caravaggio, lascia emergere la rappresentazione più viva del dolore». Costanza Galli e Susanna Uggeri,
responsabile delle Cure Palliative Livornesi e del progetto Ospedale senza Dolore, hanno poi ricordato come
è nato il progetto. «Ogni anno cerchiamo di creare eventi che permettano di riflettere sul tema della lotta al
dolore, una pratica oramai molto diffusa e riconosciuta finalmente come livello essenziale di assistenza. Con
questo concorso fotografico sottolineano Galli e Uggeri abbiamo voluto attirare l'attenzione non solo degli
addetti ai lavori, ma anche dei cittadini alla tematica riscuotendo un buon successo. Da parte nostra continua
l'impegno per la diffusione del servizio e degli ambulatori in maniera sempre più uniforme su tutto il territorio
dell'Asl 6». LE FOTO vincitrici del concorso sono visibili sul sito dell'Asl 6 (www.usl6.toscana.it). Questi i
risultati. Primo classificato: Maurizio Gennai (Livorno), buono acquisto da 250 euro per materiale fotografico
offerto da Soroptimist International - Club Livorno e Club Isola d'Elba. Secondo classificato: Silvia Bonari
(Pisa), buono spesa da 200 euro offerto da Unicoop Tirreno. Terzo classificato: Cristina Spinetti (Elba), buono
da 150 euro offerto da Associazione Cure Palliative Livorno. Foto segnalate: Linda Baldanzi (Livorno) e
Margherita Anello (Piombino). Tutte le foto in concorso, saranno esposte dalla prossima settimana nell'atrio
dell'ospedale di Livorno per poi essere esposte anche negli ospedali di Cecina, Piombino e Portoferraio.
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/01/2015
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LIVORNO PRIMO CONCORSO FOTOGRAFICO DELL'ASL 6
11/01/2015
Bimbi Sani e Belli - 2 febbraio 2015
Pag. 32
(diffusione:96812, tiratura:131140)
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/01/2015
33
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in secondo piano la paura della visita o del preiievo del sangue. Tutto questo si traduce anche in una
sensazione di relax che allevia in parte il dolore fisico.
La legge c'è ma è inapplicata In merito alla gestione del dolore, esiste una legge approvata oltre quattro
anni fa, la 38/2010 che affronta il problema delle cure palliative, che però, è ancora inadeguata e soprattutto
poco applicata. Le indicazioni promosse dai pediatri del gruppo Piper vanno in questa direzione, suggerendo
strategie semplici e applicabili nei Pronto soccorso per far stare meglio un bambino. Solo in Italia, infatti, 12
mila bambini hanno necessità di cure palliative.
12/01/2015
Medico e Paziente - N.4 - gennaio 2015 - la neurologia
Pag. 30
(diffusione:39903, tiratura:40255)
Neuroinfiammazione e malattie neurologiche: le nuove frontiere della
terapia
La neuroinfiammazione è alla base di numerose patologie neurodegenerative come il morbo di Parkinson e la
malattia di Alzheimer e autoimmunitarie come la sclerosi multipla. Processi attivi di neuroinfiammazione sono
anche associati a condizioni di dolore cronico e/o neuropatico e si evidenziano nelle fasi successive a eventi
traumatici o ischemici (per esempio ictus) e in condizioni patologiche di natura psichica (disturbi dell'umore,
autismo). Alla comprensione dei meccanismi biologici e molecolari alla base della neuroinfiammazione,
nell'ambito del Congresso SIN di Cagliari, è stato dedicato un simposio promosso da Epitech Group. Il
professor Sabatino Maione, dell'Università di Napoli ha illustrato in maniera esaustiva le recenti acquisizioni in
questo ambito soffermandosi sulle opportunità offerte da alcuni agenti terapeutici emergenti per contrastare la
neuroinfiammazione che sono inclusi nella categoria degli "Alimenti a Fini Medici Speciali". È importante
ricordare, sottolinea il prof. Maione, che in ambito neurologico e psichiatrico vi è una crescente richiesta di
soluzioni terapeutiche alla quale l'industria non riesce ancora a dare una risposta adeguata. Per molti principi
attivi la sperimentazione viene bloccata già nelle primissime fasi della ricerca e, spesso, le molecole che
giungono a stadi avanzati di sperimentazione hanno più effetti avversi rispetto a quelle tradizionalmente
impiegate. Per questo, la comprensione dei meccanismi neurobiologici di base è indispensabile per
individuare nuovi target terapeutici e dare risposte concrete ai bisogni non ancora soddisfatti. Una svolta nella
ricerca sui meccanismi della neurodegenerazione è rappresentata dall'intuizione che non solo i neuroni, ma
anche cellule immunitarie quali microglia e mastociti, e altre cellule non neuronali come gli astrociti, siano
coinvolte nei processi di morte neuronaie. Il tessuto nervoso ha un'organizzazione molto complessa, con
diversi citotipi, residenti e non nel SNC, che interagiscono in maniera continua per garantire l'omeostasi
tissutale. Il neurone, dunque, non è "protagonista assoluto" di ciò che avviene nel sistema nervoso, né unico
potenziale target farmacologico. Il neurone è al centro di un network funzionale dinamico, la sua attività e il
suo stato dipendono dalla continua comunicazione con le cellule non neuronali. La disregolazione delle
cellule non neuronali ha, pertanto, un ruolo cruciale nello sviluppo e nell'evoluzione di molteplici condizioni
patologiche del SNC. In seguito a stimoli nocivi, il mancato controllo dell'attivazione microgliale porta a
neuroinfiammazione persistente che danneggia i neuroni. Le connessioni della microglia con i mastociti,
residenti e non nel sistema nervoso centrale, amplificano i processi di neuroinfiammazione pilotati dalla
microglia. Il determinante, dunque, sembra proprio essere l'asse microglia-mastociti e la possibilità di
regolarlo si sta rivelando un'importante opportunità per limitare lo sviluppo della neuroinfiammazione che
sottende numerose patologie del SNC. Un approccio terapeutico emergente che si sta rivelando
particolarmente promettente nel controllo della neuroinfiammazione è l'impiego della Palmitoiletanolamina
(PEA), una molecola lipidica la cui biodisponibilità è favorita da opportune tecniche di micronizzazione. Si
tratta di una aciletanolamide endogena in grado di esercitare un controllo sui processi neuroinfiammatori
pilotati dalle cellule non neuronali. La PEA viene sintetizzata "su richiesta" principalmente da cellule non
neuronali al fine di garantire la neuroprotezione del tessuto nervoso, e i suoi livelli possono, pertanto, subire
variazioni significative in caso di danno del tessuto nervoso. Ciò avviene, ad esempio, in seguito a episodi
ischemici cerebrali oppure di perdita della connessione delle vie neuronali. Alterazioni delle concentrazioni di
PEA sono state osservate anche nella sclerosi multipla e nella malattia di Hungtington. La PEA endogena
favorisce la risoluzione della neuroinfiammazione attraverso il controllo di mastociti, microglia e astrociti,
attivati in seguito a stimoli di diversa natura. L'efficacia della PEA esogena è stata dimostrata in molti studi
sperimentali e in diverse condizioni cliniche. Gli studi clinici hanno anche evidenziato l'ottimo profilo di
tollerabilità di questa molecola. È stato, infine, riportato che la PEA, nella forma di ultramicrocomposito
ottenuto dalla ultramicronizzazione simultanea della PEA insieme alla Luteolina (un flavone con elevato
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/01/2015
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NEWS congressi
12/01/2015
Medico e Paziente - N.4 - gennaio 2015 - la neurologia
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TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/01/2015
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potere antiossidante), ha una maggiore potenza. È stato, infatti, osservato che in questa forma le due
molecole agiscono in sinergia, unendo l'attività antinfiammatoria e neuroprotettiva della PEA alle proprietà
antiossidanti della Luteolina. Nel complesso, i risultati ottenuti con l'ultramicrocomposito PEA-luteolina
(PEALut®) suggeriscono l'identificazione di un'importante e innovativa strategia per contrastare la
neuroinfiammazione pilotata dal cross-talk glia-mastociti e aprono una nuova prospettiva per prevenire il
danno neuronaie e la sintomatologia correlata.
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