scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE Rassegna Stampa del 07 ottobre 2013 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE SCENARIO SANITA' NAZIONALE 05/10/2013 Corriere della Sera - Milano «Galeazzi, ospedale d'eccellenza perché operiamo 7 giorni su 7» 7 05/10/2013 Corriere della Sera - Roma «Ottobre rosa»: ecco la campagna di prevenzione contro i tumori 8 05/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale Risoluzione europea sulla Circoncisione le Ragioni e le Zone d'Ombra 9 06/10/2013 Corriere della Sera - Milano Famiglie in fila per i farmaci dell'Opera San Francesco 10 06/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale La frutta e la prevenzione del diabete 11 06/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale Tre cuori operati a «scatola chiusa» 12 06/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale il Diritto alla Serenità 15 06/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale Ticket impazziti 16 06/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale Disuguaglianze e alti costi negano di fatto il diritto alla salute 18 06/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale Più esenzioni per «povertà» 19 06/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale Può convenire pagare tutto di tasca propria 21 06/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale Un disturbo scatenato anche dal rene o dal fegato 23 06/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale Unità dedicate con diverse specializzazioni 24 06/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale Una tecnica riservata a terapeuti che hanno molta esperienza 25 06/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale Le «voci» interne cancellate con un avatar 26 06/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale La rete informa sulla distrofia muscolare 28 07/10/2013 Corriere della Sera - Milano Vaccinazioni al risparmio «Ma sono meno efficaci» 29 07/10/2013 Corriere della Sera - Nazionale Foto choc sui pacchetti di sigarette, la battaglia in Europa 30 05/10/2013 Il Sole 24 Ore Pressing sulla direttiva antifumo 32 07/10/2013 Il Sole 24 Ore Le performance ricostituenti dell'omeopatia 33 05/10/2013 La Repubblica - Nazionale Farmaci taroccati, l'Aifa chiude la Geymonat 34 05/10/2013 La Repubblica - Nazionale Bologna, muore in ospedale donna incinta aveva appena fatto un'amniocentesi 35 05/10/2013 La Repubblica - Roma "Tor Vergata, 70 pazienti abbandonati sulle barelle" 36 05/10/2013 La Repubblica - Bologna Perde il bimbo al quinto mese e muore al S. Orsola 37 06/10/2013 La Repubblica - Napoli Salute mentale, lite tra manager senza casa 2300 disagiati psichici 39 06/10/2013 La Repubblica - Bologna "Un'infezione massiccia mai vista una cosa simile in trent'anni di ospedale" 40 06/10/2013 La Repubblica - Firenze Ammalati ma felici oggi l'Open Day del Dynamo Camp 41 06/10/2013 La Repubblica - Torino Città della Salute, indagato il manager l'antincendio del Cto non è a norma 42 07/10/2013 La Repubblica - Nazionale In sala operatoria si scoprono nuovi esiti 43 03/10/2013 La Stampa - Nazionale Valdese, mancano all'appello diecimila mammografie 44 06/10/2013 La Stampa - Nazionale Niente certificato anti-incendi Indagato il direttore del Cto 45 07/10/2013 La Stampa - Nazionale Veronesi: "Perché difendo l'eutanasia" 46 06/10/2013 Il Messaggero - Roma Ma ci sono da pagare ancora 15 milioni per i ricoveri dei libici 47 05/10/2013 Il Giornale - Milano La frase choc del medico indagato «Chi entra in ospedale è già morto» 48 06/10/2013 Il Giornale - Nazionale Stimolazione plantare per aiutare la mobilità 49 06/10/2013 Il Giornale - Nazionale Muoversi per non cadere 50 06/10/2013 Il Giornale - Nazionale Alle Molinette stimoli elettrici per curare la distonia 51 05/10/2013 QN - Il Resto del Carlino - Ancona Eusebi: «Ormone della crescita, perché ci costa 8 milioni di euro?» 52 05/10/2013 Avvenire - Nazionale L'ULTIMO STRAPPO LO HA FATTO L'URUGUAY 53 05/10/2013 Avvenire - Nazionale Sanità, quasi 60mila gli stranieri che ci lavorano Gli infermieri professionali sono più della metà 54 06/10/2013 Avvenire - Nazionale «Ottobre rosa» nelle strutture sanitarie della regione 55 06/10/2013 Il Gazzettino - Venezia Sanità, manager accusati di truffa 56 05/10/2013 Il Manifesto - Nazionale La controriforma che fa la corte a 30 miliardi. Le sinistre tacciono 57 06/10/2013 Libero - Nazionale La tolleranza che salva la vita 58 06/10/2013 Libero - Nazionale Malattie vascolari, italiani in pole position 59 06/10/2013 Libero - Nazionale Atrial Fibrillation Association e Boston Scientific collaborano contro il rischio di ictus nel mondo 60 06/10/2013 Il Secolo XIX - Genova «Kit per diabetici, risarcite 4,5 milioni» 61 05/10/2013 Il Tempo - Roma Policlinico Tor Vergata al collasso 62 05/10/2013 ItaliaOggi Tabacco, Europa divisa sulle norme 63 05/10/2013 QN - La Nazione - Firenze Incognita Serristori. Ma Cgil e Cisl non scioperano 64 07/10/2013 La Repubblica - Affari Finanza Dall'archivio alle terapie sanitarie dacci la nostra nuvola quotidiana 65 07/10/2013 Corriere Economia Il complicato paracadute dei medici 67 07/10/2013 Corriere Economia Professionisti A caccia di 300 mila polizze 68 05/10/2013 Gente Troppi antibiotici e il germe se la ride 70 05/10/2013 Gente Aiuto, fermAte l'Assedio di stAminA 72 04/10/2013 Il Venerdi di Repubblica AI MEDICI BRASILIANI PROPRIO NON PIACCIONO QUELLI CUBANI 74 04/10/2013 Il Venerdi di Repubblica VENTI CHILOMETRI DI VELENI: COSI SI UCCIDE UN TERRITORIO 75 04/10/2013 Il Venerdi di Repubblica Ora lo chef è a fumetti e insegna ai bambini a combattere il diabete 76 05/10/2013 Il Fatto Quotidiano Un crimine tra mito e realtà 77 05/10/2013 La Notizia Giornale attacchi di panico per 10 milioni di italiani 78 05/10/2013 La Notizia Giornale Per vincere il cancro del colon Una colonscopia ogni 10 anni 79 05/10/2013 La Notizia Giornale Contro la tubercolosi killer In arrivo un nuovo vaccino 80 04/10/2013 Corriere della Sera - Sette **Il diritto di tutti all'Eubiosia, la buona vita 81 SCENARIO SANITA' NAZIONALE 63 articoli 05/10/2013 Corriere della Sera - Milano Pag. 7 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il 62 per cento dei pazienti operato al femore entro 48 ore «Galeazzi, ospedale d'eccellenza perché operiamo 7 giorni su 7» Primario Siamo già arrivati all'83 per cento di pazienti operati entro le 48 ore Riccardo Accetta Alessandra Dal Monte Sessantadue pazienti su cento operati al femore entro le 48 ore dall'arrivo in pronto soccorso, contro una media italiana del 40,16 per cento. Nel report dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), che ogni anno valuta le prestazioni degli ospedali del Paese, l'istituto ortopedico Galeazzi di Milano si posiziona tra le strutture eccellenti. Primo in città e quattordicesimo in Lombardia nella classifica relativa al trattamento delle fratture al collo del femore. Un successo per il team di Riccardo Accetta, 59 anni, responsabile dell'unità di Traumatologia e Pronto Soccorso del Galeazzi. Dottore, come si organizza l'ospedale per raggiungere questo risultato? «Facciamo in modo che tutti i casi che ci arrivano seguano un iter preciso: valutiamo subito l'entità del danno e il livello di operabilità del paziente. Chi arriva da noi spesso è anziano e ha altri problemi, perciò noi traumatologi siamo sempre affiancati dai cardiologi e dagli anestesisti per valutare insieme come procedere». Il primo ospedale nella graduatoria lombarda raggiunge un punteggio del 93,2 per cento (l'istituto Poliambulanza di Brescia). Cosa manca al Galeazzi per arrivare a quel livello? «Ci stiamo avvicinando: i dati del report risalgono al 2012, nel 2013 siamo già arrivati all'83 per cento di pazienti operati entro le 48 ore». Come ci siete riusciti? «Continuando a migliorare la rapidità degli esami pre-operatori e intensificando il lavoro di team. Poi, lavorando sette giorni su sette: da quest'anno operiamo anche il sabato e la domenica». Qual è il livello massimo di efficienza che pensate di ottenere? «Puntiamo al 90 per cento» La ricetta, quindi, è lavoro di squadra sette giorni su sette. «Sì, ma non solo. C'è anche la grande preparazione dei nostri medici. E tanta esperienza: il Galeazzi opera 173 femori all'anno, secondo a Milano per numero di interventi dopo il Gaetano Pini che ne tratta all'incirca 200. Ed essendo un Irccs, istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, il Galeazzi fa anche molta ricerca sulle tecniche di operazione chirurgica». RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 7 05/10/2013 Corriere della Sera - Roma Pag. 4 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Salute donna «Ottobre rosa»: ecco la campagna di prevenzione contro i tumori F. D. F. Ottobre è il mese della prevenzione e dell'informazione per la tutela della salute della donna con incontri, consigli, visite e accertamenti gratuiti. La Regione Lazio ha lanciato in tutte le Asl la campagna per tutte le cittadine tra i 25 e i 64 anni (per il tumore al collo dell'utero) e tra i 50 e i 69 anni (per il tumore al seno). Il programma è stato chiamato «Ricordati di te». L'obiettivo è aumentare la percentuale di chi aderisce alla prevenzione, già gratuita tra i 50 e i 69 anni, estendendoli anche alle fasce 45-49 e 70-74 anni. All'iniziativa contribuisce anche il Campus Biomedico di Trigoria: dall'8 ottobre ogni martedì del mese sarà possibile effettuare uno screening senologico gratuito. Pure il Policlinico Umberto I partecipa alla campagna il 18 ottobre nella sede di Palazzo Baleani (Corso Vittorio Emanuele II, 244) e il 25 ottobre nella Radiologia centrale. La catena Hard Rock Café, in collaborazione con l'Airc, lancia la 14° edizione di «Pinktober», la campagna mondiale per raccogliere fondi contro il tumore al seno: sono in vendita nei café magliette, braccialetti e altri gadget a tema. Prevenzione e informazioni pure sui treni dell'alta velocità con la terza edizione di «Frecciarosa», promossa da Fs Italiane insieme all'Associazione «IncontraDonna», con il patrocinio del ministero della Salute: dal lunedì al venerdì, a bordo di due Frecciarossa Roma-Milano, medici e specialisti danno consigli alle viaggiatric. RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 8 05/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 58 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Risoluzione europea sulla Circoncisione le Ragioni e le Zone d'Ombra Marco Ventura Fino a che punto possono spingersi gli Stati nel tutelare l'integrità fisica del minore? Hanno il diritto di sfidare le religioni? La polemica esplose in Germania un anno fa, quando la Corte d'appello di Colonia prosciolse dall'accusa di lesioni un medico che aveva circonciso un bambino su richiesta dei genitori musulmani, ma dichiarò illegale la circoncisione. Nel dicembre 2012 il Parlamento tedesco sconfessò i giudici, blindando per legge la circoncisione maschile. Ora, una risoluzione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa riapre la questione. Il documento invita i 47 Stati membri a proteggere i minori, quando minacciati da violazioni dell'integrità fisica non giustificate da ragioni mediche. Si chiede agli Stati di sanzionare gli interventi «più dannosi», come le mutilazioni genitali femminili, e di definire a quali condizioni è legittima la circoncisione maschile di minori praticata «in seno a certe comunità religiose». Il Consiglio d'Europa invita a un «dialogo interreligioso e interculturale», nel quale i rappresentanti confessionali cooperino con le autorità pubbliche per verificare che i metodi impiegati siano sicuri e rispettosi dell'interesse dei minori. Inoltre, quando «appropriato e possibile», si raccomanda che il minore sia coinvolto nella decisione. Il ministero degli Esteri israeliano ha duramente condannato la Risoluzione e ne ha chiesto la revoca. Si tratta, recita il comunicato, di un «attacco intollerabile contro un'antica e rispettabile tradizione religiosa radicata nella cultura europea»; un attacco privo di fondamento alla luce della «moderna scienza medica». La Risoluzione, secondo il governo israeliano, infanga moralmente il Consiglio d'Europa e incoraggia l'odio razzista nel Vecchio Continente. Sono fondate le critiche alle zone d'ombra del documento votato a Strasburgo, a partire dall'equiparazione delle mutilazioni genitali alla circoncisione. Tuttavia, le religioni non sono un'isola: se vorranno difendere le proprie prerogative dovranno mostrarsi sensibili alla preoccupazione dell'Europa su autonomia e salute dei minori. RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 9 06/10/2013 Corriere della Sera - Milano Pag. 7 (diffusione:619980, tiratura:779916) Famiglie in fila per i farmaci dell'Opera San Francesco La responsabile Suor Annamaria: ormai serviamo più pazienti esterni, cioè mandati dai medici di base, che interni Il Banco farmaceutico «Contro questa "povertà sanitaria" partiremo con una raccolta mirata delle terapie più richieste» Nadia Galliano Aumentano le persone incapaci di sostenere le spese per la propria salute e che si rivolgono agli enti caritatevoli. Anche i più piccoli: «Abbiamo notato una crescita della domanda di farmaci per i bambini: richieste che non fanno riferimento a cure particolari, ma a terapie di routine per patologie comuni. I tipici medicinali dell'infanzia: caso lampante gli antipiretici per la febbre - evidenzia la dottoressa Villa suor Annamaria, responsabile del poliambulatorio dell'Opera San Francesco per i poveri -. Così come gli anziani che richiedono farmaci di fascia C, cioè a carico del cittadino». Campanelli d'allarme che mostrano il volto articolato della crisi economica, capace di colpire punti già di per sé sensibili come le fasce più deboli. Non solo: «Il nostro servizio di farmacia ha superato le erogazioni esterne rispetto a quelle interne: serve cioè un maggior numero di pazienti che ci vengono inviati dai medici di base rispetto a quelli visitati presso il nostro centro». Più richieste arrivate da cittadini che hanno accesso al sistema sanitario nazionale rispetto ad immigrati senza permesso di soggiorno, homeless e bisognosi. Detto in altri termini, una maggiore domanda per terapie croniche e stagionali da parte di pazienti apparentemente non in condizioni di povertà estrema, ma che faticano a sostenere il peso della propria salute. «È un trend che riconferma lo scenario del 2012. L'anno scorso i nostri pazienti hanno subito un aumento del 13,48% rispetto al 2011 e sono state distribuite 11.018 confezioni di farmaci in più: una crescita del 21,19% riguardo terapie destinate soprattutto a pazienti esterni. Ma se l'anno scorso quest'ultimi superavano solamente gli interni, ora siamo arrivati pressoché al 100% di richieste da parte di assistiti coperti dal sistema sanitario». Una cosiddetta «povertà sanitaria» che dilaga sul territorio: «Questa crescita ci ha indotto ad aprire un focus di valutazione per evitare che la maggior domanda esterna mettesse a rischio l'erogazione agli interni. Abbiamo mappato i medici di base per capire che cosa stia succedendo - valutare se, oltre alle difficoltà economiche, ci siano ulteriori variabili da prendere in considerazione -. Il passo successivo sarà partire con una campagna ad hoc per responsabilizzare prescrittori e pazienti senza abbandonarli nel percorso terapeutico». Facendo un passo indietro ed osservando i dati relativi alle terapie erogate nel 2012 dall'Opera, ai primi posti svettano antinfiammatori, antibiotici e antipertensivi: medicinali per cure continuative o stagionali che, assieme ai dati del 2013, sanciscono una reale tendenza in crescita piuttosto che un semplice picco circoscritto. «Il Banco Farmaceutico - che fornisce gran parte dei medicinali da banco distribuiti dall'ente caritatevole - partirà con una raccolta mirata sulle terapie più richieste», tentativo per trovare una soluzione all'incapacità di sopportare le spese per la salute all'interno delle mura domestiche. Preoccupazione concreta quest'ultima che, oltre a stringere la cinghia sul consumo di farmaci, porta con sé ulteriori patologie: «Il 3040% dei soggetti che prendiamo in carico direttamente, monitorandone la diagnosi, manifesta segni di somatizzazione fisica legata al periodo storico: disturbi quindi causati da un disagio personale che si concretizza in un malessere nel corpo». Contratture riflesse, acidità di stomaco, dolori ginecologici, problemi osteomuscolari, mal di testa ne sono solo alcuni esempi. RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: La coda Si allunga la fila per un pasto all'Opera San Francesco Foto: Le cure Assistenza medica gratuita in via Bertoni SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 10 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il fenomeno Solo così molti bambini e anziani riescono a curarsi 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 51 (diffusione:619980, tiratura:779916) La frutta e la prevenzione del diabete C. F. a pagina 59 C onsumare frutta (e verdura) in abbondanza è una delle raccomandazioni che si sentono ripetere più spesso, la frutta, però, è anche zuccherina, e può quindi venire naturale chiedersi se questa raccomandazione possa valere anche per la prevenzione del diabete di tipo 2. Poiché dagli studi finora non era emersa una risposta chiara, alcuni scienziati, guidati da ricercatori della Harvard School of Public Health di Boston (USA), hanno ipotizzato che più che la quantità di frutta, sia il tipo di frutta a influenzare il rischio di diabete di tipo 2. Per verificarlo, in uno studio, recentemente pubblicato sul British Medical Journal on line, i ricercatori hanno esaminato i dati raccolti in ben 24 anni su più di 187 mila adulti partecipanti a tre vasti studi longitudinali. Tali studi prevedevano il monitoraggio dello stato di salute e di vari fattori legati allo stile di vita, compreso il consumo di frutta e di specifici tipi di frutta. I ricercatori hanno osservato che chi consumava almeno due porzioni alla settimana di mirtilli o uva o mele e pere aveva un rischio di ammalarsi di diabete 2 rispettivamente del 23%, del 18% e del 15% inferiore rispetto a chi ne mangiava meno di una porzione al mese. Al contrario, chi consumava una o più porzioni al giorno di succo di frutta aumentava il rischio di soffrire di diabete 2 di circa il 21% rispetto a chi ne consumava meno di una porzione alla settimana. «Alcuni tipi di frutta - commenta Gabriele Riccardi, professore di Malattie del Metabolismo, Università Federico II di Napoli - sembrano particolarmente efficaci nella prevenzione del diabete tipo 2, probabilmente in ragione degli antiossidanti che contengono. Lo stress ossidativo, prodotto dal l'iperglicemia, danneggia la funzione delle beta cellule pancreatiche che producono insulina e quindi si genera un circolo vizioso che causa livelli di glicemia sempre più elevati. Le sostanze antiossidanti della frutta, in particolare quelle appartenenti alla famiglia dei polifenoli, tra cui le antocianine (che danno il colore blu ai mirtilli) o l'acido clorogenico (presente in mele e pere ma anche nel caffè) o il resveratrolo (contenuto nell'uva nera) hanno un'azione protettiva nei confronti delle beta cellule e favoriscono l'utilizzazione del glucosio nel muscolo. I succhi di frutta, che non hanno più la struttura compatta del frutto originario e vengono rapidamente digeriti nell'intestino tenue, generano un brusco innalzamento della glicemia che neutralizza tutti i benefici degli antiossidanti». RIPRODUZIONE RISERVATA A tavola Nuove scoperte rendono più «gustoso» prevenire l'iperglicemia SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 11 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Alimentazione 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 51 (diffusione:619980, tiratura:779916) Tre cuori operati a «scatola chiusa» a pagina 60 U na ragazza che non voleva cicatrici a ricordarle un'operazione al cuore. Un culturista di mezza età, ex guardia del corpo, muscolosissimo, nel quale tagliare lo sterno sarebbe stata un'impresa e che non avrebbe potuto sostenere la circolazione extracorporea necessaria per un intervento a cuore aperto. Un professore in pensione con la valvola aortica da sostituire, in condizioni tanto critiche da rendere impossibile la cardiochirurgia. Tre storie completamente diverse, tre casi risolti grazie a tecniche all'avanguardia di cardiochirurgia mininvasiva al Dipartimento Cardiotoracovascolare De Gasperis dell'ospedale Niguarda di Milano: oggi, infatti, non sempre è indispensabile tagliare il torace per sostituire valvole cardiache, fare bypass coronarici o riparare "difetti" del cuore. A volte basta un piccolo taglio per introdurre telecamera e strumenti, ottenendo gli stessi risultati possibili con il bisturi classico. Le storie dei tre pazienti curati a Milano dall'equipe di Luigi Martinelli (nel disegno), che dirige la struttura complessa di Cardiochirurgia al De Gasperis, ne sono la prova. «I pazienti spesso non sanno che esiste la possibilità di operare il cuore senza aprire lo sterno, perfino in situazioni relativamente complesse - dice Martinelli -. Così si impauriscono anche solo a sentire parlare di cardiochirurgia. Invece, la tecnologia ha consentito una piccola rivoluzione anche in questo settore». N on aveva idea che il cuore potesse essere operato senza aprire lo sterno la ventottenne arrivata al De Gasperis con un'insufficienza grave della valvola mitrale, che però sapeva bene che cosa significasse un intervento a cuore aperto, per averne viste le conseguenze sulla madre. La mamma della ragazza, infatti, in passato era stata operata per sostituire con una protesi la valvola mitrale e la figlia, ora, era terrorizzata al pensiero del taglio sul torace e della grossa cicatrice che aveva imparato a conoscere; temeva inoltre le terapie a base di anticoagulanti successive all'intervento: le avrebbero reso più difficile avere un bambino, come lei invece, in procinto di sposarsi, desiderava tanto. L'operazione, tuttavia, era inevitabile, perché la ragazza aveva già uno scompenso cardiaco iniziale: i medici le proposero allora il metodo mininvasivo, una piccola incisione sotto il seno attraverso cui arrivare all'atrio destro del cuore per riparare la valvola. «Con l'apertura del torace, - sottolinea Martinelli - per il medesimo risultato lei avrebbe patito conseguenze psicologiche pesanti: avrebbe sempre avuto davanti il ricordo della malattia, sarebbe sempre stata in imbarazzo con una cicatrice deturpante. Oggi, invece, può dimenticarsi questa brutta avventura, perché sta bene, la valvola è stata riparata e non le servono neppure le cure con gli anticoagulanti». In altri casi non è stato il timore delle conseguenze estetiche e psicologiche della cardiochirurgia standard a far pendere la bilancia verso le tecniche mininvasive. Quando al Niguarda arrivò quel culturista di mezza età, con diversi acciacchi e una coronaria occlusa per un lungo tratto, i medici dovettero scartare sia l'ipotesi dell'angioplastica sia quella dell'intervento a cuore aperto. «L'angioplastica sarebbe stata molto complessa, e in più avrebbe richiesto una terapia antiaggregante protratta nel tempo che per le condizioni dell'uomo sarebbe stata rischiosa - racconta il cardiochirurgo -. D'altro canto, aprire lo sterno sarebbe stato parecchio difficile per la presenza, intorno, di muscoli iper sviluppati, che avrebbero reso più complicata anche la guarigione della cicatrice. E non solo: in passato al paziente era stata asportata la milza e due lobi polmonari, per cui di fatto viveva con un polmone soltanto. La circolazione extracorporea necessaria per un intervento "aperto" sarebbe stata perciò pericolosa». «Quindi - aggiunge lo specialista - abbiamo deciso di operarlo entrando attraverso un piccolo taglio sotto il pettorale sinistro; non abbiamo dovuto fermargli il cuore e abbiamo realizzato un bypass della coronaria ostruita. Oggi, a distanza di due anni, l'uomo sta benissimo». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 12 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Storia 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 51 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 13 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato S ta bene anche un altro paziente, ultra75enne con una stenosi aortica moderata, curato al Niguarda con le tecniche mininvasive. Con la stenosi - un restringimento ostruttivo della valvola che si trova fra il ventricolo cardiaco sinistro e l'aorta - il sangue non esce più bene dal cuore, affaticandolo e si tratta di un problema abbastanza frequente in età avanzata (dopo i 75 anni riguarda il 7-10% delle persone). L'ex professore non era in buone condizioni, aveva già un certo grado di insufficienza cardiaca e l'intervento a cuore aperto era fuori discussione, troppo pericoloso. Ma era impraticabile anche l'altra opzione che da qualche tempo esiste per i pazienti più anziani, l'impianto di valvola aortica transcatetere (TAVI), che consente di sostituire la valvola senza aprire il torace, portandola al posto giusto attraverso un catetere inserito nel sistema vascolare. «Sulla valvola dell'anziano signore c'era un'infezione batterica abbastanza estesa, dovevamo ripulire tutta la zona prima di mettere la nuova valvola e con l'approccio tramite catetere non sarebbe stato possibile - spiega Martinelli -. Così scegliemmo la cardiochirurgia mininvasiva, una "via di mezzo" che in questo caso era l'unica a garantirci un buon margine di manovra per eliminare il tessuto infetto, senza essere "pesante" come un'operazione a cuore aperto». T ra i vantaggi della mininvasiva, infatti, ci sono anche la minor perdita di sangue, la riduzione del dolore postoperatorio e dei rischi di infezione, il recupero più rapido e il ricovero più breve. «Ovviamente non è possibile operare tutti con la cardiochirurgia "soft". Se si devono sostituire due valvole o fare diversi bypass, ad esempio, la chirurgia standard è ancora necessaria - specifica Martinelli -. Quando però i risultati che si possono ottenere con i due approcci sono sovrapponibili è giusto scegliere questa via, più "dolce" e meno demolitiva, che oggi grazie a telecamere e strumenti speciali ci consente di intervenire senza troppi traumi per il paziente anche in molte situazioni in cui non si può percorrere la via meno invasiva di tutte, ovvero il trattamento attraverso cateteri inseriti nei vasi, per cui non serve neppure un taglio chirurgico». La cardiochirurgia mininvasiva richiede un continuo aggiornamento delle tecnologie e molta esperienza; in Italia però ci sono già diversi Centri dove è una prassi consolidata. RIPRODUZIONE RISERVATA In sala operatoria Tre vicende esemplari testimoniano grandi progressi tecnologici La Fondazione De Gasperis Il Dipartimento Cardiotoracovascolare dell'Ospedale Niguarda Cà Granda di Milano è affiancato dalla Fondazione De Gasperis, che è impegnata, fra l'altro, nella promozione della ricerca, nella formazione e nell'aggiornamento dei medici e del personale infermieristico. Grande attenzione viene prestata soprattutto alle borse di studio per giovani medici per l'apprendimento nei luoghi di eccellenza. Vantaggi Il sangue non circola all'esterno Il taglio sullo sterno necessario per gli interventi di cardiochirurgia classici è un elemento di rischio perché l'osso può non consolidarsi bene, allungando il processo di guarigione, e perché espone pazienti più «fragili» (ad esempio diabetici, malati di broncopneumopatia cronica, obesi) a una maggiore probabilità di complicanze postoperatorie. Il taglio di pochi centimetri (massimo 6-8), invece, riduce fortemente i rischi: viene inciso lo spazio fra le costole, senza tagliare ossa ma solo pelle e muscoli, così anche il recupero è più veloce. Altro pregio delle tecniche mininvasive è la possibilità di evitare la circolazione extracorporea, perché anche questa è molto pesante per l'organismo: il sangue circola all'esterno del corpo e cuore e polmoni vengono fermati, uno «stress» per la maggior parte dei pazienti che oggi arrivano sul tavolo operatorio, più anziani rispetto al passato e più fragili per colpa di altre malattie.La «Tavi» Solo di recente si è riusciti a sostituire o a riparare le valvole cardiache senza fare neppure un piccolo taglio, attraverso cateteri inseriti nei vasi nella cosiddetta «via percutanea». Pochi anni, ma i risultati clinici fanno ben sperare: di recente sono stati presentati i dati di 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 51 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 14 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato un registro di circa 2.700 pazienti sottoposti all'impianto transcatetere della valvola aortica (TAVI) in 93 centri di 17 Paesi (450 casi sono stati trattati in 5 centri italiani), secondo cui la sopravvivenza a un anno è di circa l'80% e le complicazioni di rilievo sono scarse. Risultati che mostrano come sia andata ancora meglio nel "mondo reale" rispetto a quanto successo nelle sperimentazioni precedenti, dove ci si era fermati a una sopravvivenza attorno al 75%: merito di valvole sempre migliori e dell'esperienza acquisita dai medici. Resta ora da far sì che l'accesso alla TAVI sia garantito a tutti coloro che ne hanno bisogno: solo alcune Regioni hanno previsto una tariffa di rimborso per questo intervento, così molti pazienti sono costretti a farsi curare lontano da casa. 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 51 (diffusione:619980, tiratura:779916) Il 10 ottobre si celebra la Giornata mondiale sulla salute mentale CLAUDIO MENCACCI* I disturbi mentali sono frequenti e disabilitanti: in Italia interessano circa 17 milioni di cittadini (il 23% degli uomini e il 30% delle donne), provocando la più alta percentuale di disabilità fra tutte le patologie. Oltre il 50% delle persone nel corso della vita sviluppa una condizione di disturbo mentale, il cui rischio aumenta dopo i 75 anni. Non sempre si tratta di disturbi severi e cronici, nei due terzi dei casi sono episodici o ripetuti e solo un terzo è persistente. Nonostante l'esistenza di efficaci interventi farmacologici e psicologici, meno della metà delle persone con un disturbo mentale entra in contatto con un medico e meno del 15% con uno psichiatra. E così, a causa del considerevole ritardo nella diagnosi e nel trattamento, meno del 10% riceve una cura adeguata. La crisi economica amplifica il fenomeno e sono soprattutto le classi meno abbienti a risentirne. Il 10 ottobre si celebra la Giornata mondiale sulla salute mentale e per la prima volta in Italia 75 Ospedali con i Bollini rosa, e che hanno un Dipartimento di Salute Mentale, aderiscono a un Open Day dedicato alla salute mentale femminile promosso da O.N.Da insiema a SIP (Società Italiana di Psichiatria). Con una formula già sperimentata per altre patologie, gli Ospedali messi in rete offrono gratuitamente counselling, visite psichiatriche, test di screening, test di valutazione del rischio di depressione e di ansia, organizzano incontri nelle loro sedi, accolgono e informano sulle principali patologie psichiche. Un motore di ricerca dedicato sul sito www.bollinirosa.it consente l'individuazione dell'Ospedale più vicino e dei servizi erogati. Avvicinare più persone alle cure è uno sforzo da compiere, nella convinzione di quanto poco informata sia la popolazione e di quanta scarsa fiducia nutra nella possibilità di guarire. Occorre uno sforzo a livello nazionale, per modificare la scarsa consapevolezza delle Istituzioni e delle persone, per garantire innovazione, ricerca e cure. È importante che non vi siano tagli lineari, ma, al contrario, potenziamento dei servizi sul territorio, garantendo le cure più appropriate. Le malattie mentali ricevono purtroppo solo un decimo dei fondi per la ricerca. *Presidente Società Italiana di Psichiatria SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 15 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato il Diritto alla Serenità 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 51 (diffusione:619980, tiratura:779916) Cifre in aumento, differenze regionali, incongruenze. La «compartecipazione alla spesa» per esami e visite, nel clima di disagio economico diffuso, mette in difficoltà molti assistiti Servizi di M. Giovanna Faiella alle pagine 52-54 Cifre in aumento, differenze regionali, incongruenze. R acconta un'assistita piemontese: «Ho problemi alla tiroide e ogni anno devo fare i controlli: analisi del sangue, ecografia, visita dallo specialista; ho anche noduli al seno da monitorare e quindi devo fare annualmente pure l'ecografia mammaria. Io non ho diritto a esenzioni perché, almeno fino ad oggi, è andato tutto bene. Ma da quando hanno inserito i superticket non posso più sostenere queste spese e ho dovuto rimandare i controlli: la sola ecografia al seno mi costerebbe circa 50 euro di ticket, mentre prima ne pagavo 36. Altro che prevenzione e diagnosi precoce...». E un assistito ligure: «Ho fatto un ecocolordoppler presso la mia Asl: 11 mesi di attesa e quasi 50 euro di ticket. Poi il medico mi ha detto che in intramoenia (regime privato in ospedale, ndr) l'esame mi sarebbe costato la stessa cifra e non avrei dovuto aspettare tutto quel tempo». Sono solo alcune delle segnalazioni (giunte da diverse regioni al Pit salute del Tribunale dei diritti del malatoCittadinanzattiva) da parte di persone messe in difficoltà dalla cosiddetta "compartecipazione" alla spesa sanitaria, soprattutto dopo l'introduzione nell'estate 2011 dei "superticket" su visite specialistiche ed esami diagnostici erogati dal Servizio sanitario: un'ulteriore quota di 10 euro da pagare (con rare eccezioni di qualche Regione, lievi "modulazioni" in altre, ma anche "maggiorazioni" in altre ancora, vedi sotto) che va ad aggiungersi ai ticket che già si dovevano (fino a un massimo di 36,15 euro). Superticket, dunque, che pesano sulle tasche degli italiani, con cifre diverse da regione a regione, a volte addirittura più "salati" dei rimborsi regionali alle strutture che erogano le prestazione (vedi tabella); compartecipazioni alla spesa sanitaria che sembrano impazzite, e che fanno male anche alla salute. «Quest'anno per la prima volta abbiamo registrato tra i principali ostacoli nell'accesso alle cure anche il "peso" dei ticket sulla diagnostica e la specialistica - conferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale dei diritti del malato - . I cittadini che ci contattano ritengono il superticket una "tassa sulla salute" ingiusta, che li costringe sempre più spesso a rinunciare alle cure o a rimandarle, oppure a pagare di tasca propria quando, per esempio, c'è il sospetto di una malattia grave. E i disagi maggiori li stanno affrontando coloro che vivono in Regioni sottoposte ai cosiddetti piani di rientro». Fermo restando che, secondo i dati del Ministero della Salute, circa 6 italiani su 10 usufruiscono di esenzioni (per patologia, per reddito o per altre condizioni, vedi articolo a destra), per gli altri che devono sottoporsi a esami o visite, i superticket stanno diventando un salasso, per molti insopportabile. E, da un anno all'altro, sono diminuite di quasi il 9% le prestazioni specialistiche ambulatoriali, come rilevano i dati raccolti in 11 Regioni dall'Agenzia nazionale dei servizi sanitari (Agenas) nell'ambito del programma ReMoLet (Rete di Monitoraggio Lea tempestiva). Lo studio ha messo a confronto le prestazioni erogate nel primo semestre del 2012 con quelle dello stesso periodo dell'anno precedente. «Il calo arriva al 17,2% nella fascia di popolazione che non ha esenzioni né per patologie né per reddito - fa notare il direttore di Agenas, Fulvio Moirano - . Questo dato suggerisce che, a causa dei maggiori costi delle prestazioni nel Servizio sanitario, un cittadino su cinque ha deciso di non richiederle o di acquistarle dalle strutture private (o in intramoenia, si veda articolo nelle pagine successive)». «Non fare accertamenti necessari significa rinunciare alla prevenzione, ma anche non curare in tempo le malattie, con maggiori costi futuri, peraltro, a carico del Servizio sanitario - sottolinea Walter Ricciardi, direttore dell'Istituto di igiene all'Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma e coordinatore di Osservasalute, l'Osservatorio che monitora da 10 anni la salute degli italiani -. Per esempio, una donna che deve fare la mammografia perché presenta fattori di rischio, come noduli al seno e familiarità, può arrivare in qualche Regione a spendere anche 70-80 euro, e in tempo di crisi spesso decide di non farla». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 16 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ticket impazziti 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 51 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 17 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Nell'ultimo periodo - continua Ricciardi - abbiamo verificato che la compartecipazione alla spesa è tra i principali fattori che disincentivano la prevenzione, oltre che uno strumento di sperequazione, perché fa aumentare la differenza tra persone che possono permettersi di pagare per curarsi e quelle che invece sono in difficoltà economiche, soprattutto nell'Italia Centro-meridionale». «L'attuale sistema dei superticket va corretto perché sta negando ad alcuni cittadini il diritto alla salute, ma mette anche a rischio la tenuta del Servizio sanitario - interviene Valerio Alberti, presidente di Fiaso, la Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere -. Stiamo preparando una proposta per rendere più equo l'accesso alle prestazioni e, al tempo stesso,salvaguardare la sostenibilità del sistema. Ma, per risparmiare e offrire migliori servizi, occorre anche mettere in rete le "buone pratiche" e puntare sulla qualità dei manager delle aziende sanitarie». Sulla revisione della compartecipazione alla spesa sta lavorando anche la Conferenza Stato-Regioni. Nel frattempo, è stata sospesa l'introduzione di nuovi ticket (importo complessivo stimato, 2 miliardi annui) a partire da gennaio 2014. Ma tocca alla prossima Legge di stabilità assicurare la copertura di quel gettito. RIPRODUZIONE RISERVATA 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 53 (diffusione:619980, tiratura:779916) Disuguaglianze e alti costi negano di fatto il diritto alla salute S iamo tra i più longevi nell'Unione europea e in questi anni abbiamo ridotto più degli altri Stati i tassi di mortalità infantile, ma il nostro Paese "incassa" quasi il doppio di segnalazioni dei cittadini sugli «ostacoli» che si incontrano nell'accesso ai servizi sanitari: 6,9% rispetto al 3,5% della media europea. Lo rileva un recente rapporto della Commissione europea sulle disuguaglianze in materia di salute tra gli Stati membri. Tra gli ostacoli che impediscono di avere cure adeguate spiccano le liste di attesa troppo lunghe, il disagio di affrontare i "viaggi della salute" in luoghi lontani da casa, i costi elevati delle prestazioni. Dallo studio, inoltre, emerge che il 10% della popolazione italiana presenta "gravi privazioni materiali", come l'impossibilità di pagare l'affitto o le bollette, di far fronte a spese impreviste, di riscaldare adeguatamente la propria abitazione. Gli italiani in condizioni di grave povertà sono il doppio rispetto a francesi, tedeschi e inglesi. «Il nostro studio evidenzia che il divario tra ricchi e poveri, è molto ampio» afferma Paola Testori Coggi, direttore generale "Salute e consumatori" della Commissione europea. Ed è stato calcolato che una persona in stato di "grave privazione materiale" rischia cinque volte più degli altri cattive o pessime condizioni di salute. Per combattere le discriminazioni nell'assistenza sanitaria tra gruppi sociali, Stati membri e anche al loro interno, lo scorso febbraio la Commissione europea ha approvato, nell'ambito della strategia Europa 2020, il documento "Investire in salute", che invita appunto i Paesi dell'Unione a investire sulla salute dei cittadini. «Riuscire a ridurre le disuguaglianze spezza il circolo vizioso della salute precaria che contribuisce alla povertà e ne è allo stesso tempo una causa - commenta Paola Testori Coggi - . I dati di cui disponiamo suggeriscono che l'accesso universale ai servizi sanitari può contribuire a ridurre la povertà». «Eventuali misure volte a contenere la spesa pubblica, come l'aumento dei costi a carico degli utenti, devono essere valutate attentamente, in quanto possono causare una limitazione dell'accesso all'assistenza sanitaria proprio per la parte più vulnerabile della popolazione e aggravare il suo disagio economico - continua la dirigente della Commissione europea - . Più in generale, lottare contro le disuguaglianze in campo sanitario richiede un approccio plurisettoriale che affronti i fattori di rischio che incidono sulla salute. A tal fine occorre garantire redditi sufficienti nonché condizioni di vita e di lavoro adeguate». Il documento non è vincolante per gli Stati membri, ma ha già ricevuto reazioni positive riguardo all'approccio che suggerisce. «Ora siamo in attesa di conoscere meglio le azioni previste dall'Italia» conclude Coggi. RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 18 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Europa Un documento invita gli Stati a salvaguardare le fasce deboli 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 53 (diffusione:619980, tiratura:779916) Più esenzioni per «povertà» In ritardo quelle per 6 malattie croniche e 110 rare C'è una normativa a livello nazionale, con possibilità di estensioni a livello locale In un anno le ricette «gratuite» per motivi di reddito sono state 2,7 milioni in più L' esenzione da ticket e superticket su esami e visite spetta, secondo la normativa in vigore a livello nazionale, a chi soffre di una malattia cronica o rara (tra quelle inserite in appositi elenchi e per le prestazioni inerenti la patologia), a chi ha un'invalidità, per determinate attività di prevenzione (per esempio, la diagnosi precoce di alcuni tumori e il test per l'HIV), nel periodo della gravidanza. Sono esenti, inoltre, anche alcune categorie di cittadini individuate in base al l'associazione tra condizioni personali, sociali e di reddito: in quest'ultimo caso, da un paio di anni non basta più l'autocertificazione ma il medico di famiglia, in base alle informazioni fornitegli dall'Asl, deve apporre il relativo codice di esenzione sulla ricetta per l'esame o la visita specialistica, come già faceva - e continua a fare - per le patologie. Spesso le Regioni hanno esteso le esenzioni previste a livello nazionale a ulteriori condizioni di salute, o hanno innalzato i limiti di reddito. «Anche le tipologie di esenzione variano da Regione a Regione - spiega Isabella Morandi, esperta di Agenas -. Per esempio, in alcune è prevista l'esenzione per i figli a carico dal terzo in poi; in altre non pagano i ticket i disoccupati, i lavoratori in cassa integrazione o in mobilità o con contratto di solidarietà; in altre ancora sono esenti gli infortunati sul lavoro o chi ha una malattia professionale, oppure i danneggiati da vaccinazione obbligatoria, trasfusioni o somministrazione di emoderivati; in alcune regioni sono esenti anche le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e i loro familiari». Secondo i dati del Ministero della Salute, nel 2012 circa 144 milioni di ricette per visite specialistiche ed esami erano esenti da ticket; di queste, quasi la metà (67 milioni) per motivi legati allo scarso reddito dei cittadini, le altre per patologia. Rispetto al 2011 le ricette con esenzione per reddito sono aumentate di circa 2,7 milioni. Va precisato comunque che una persona può avere diritto a più esenzioni "parziali", per esempio una donna con ipertensione (che dà diritto ad alcune prestazioni esenti) e in gravidanza (con altre esenzioni specifiche) e che più ricette possono essere riferite a una stessa persona. «Probabilmente alcuni pazienti che non avevano fatto valere il loro diritto all'esenzione per patologia, in presenza di un aumento dei ticket hanno deciso di chiederla per potersi curare - spiega il direttore di Agenas, Fulvio Moirano -. Le variazioni degli esenti per reddito possono essere dovute anche a un cambiamento di status, per esempio, la perdita del lavoro da un anno all'altro». Però, ricorda Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale dei diritti del malato: «Ci sono anche malati cronici che avrebbero diritto all'esenzione ma pagano ticket e superticket: i nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea), ancora non entrati in vigore, prevedono il riconoscimento di altre sei malattie croniche e delle relative prestazioni esenti da ticket. Dopo più di 10 anni, poi, anche l'elenco delle prestazioni attualmente esenti andrebbe aggiornato». E i nuovi Lea contengono anche l'elenco delle 110 malattie rare cui spetterebbe l'esenzione. «I pazienti le attendono da sei anni - sottolinea Renza Galluppi, presidente di Uniamo-Federazione italiana malattie rare -. In alcune Regioni sono state estese le esenzioni a qualcuna di queste malattie, ma nella maggioranza dei casi si è costretti a un notevole esborso economico per curarsi o quantomeno per non peggiorare». M. R., per esempio, vive in Lombardia e ha la sarcoidosi, malattia che può interessare diversi organi ma attacca principalmente i polmoni e le ghiandole linfatiche: è inserita nella lista delle 110 patologie rare in attesa del riconoscimento nei Lea. «Nel 2009 mi sono aggravata - racconta -. Devo effettuare visite ed esami periodici per tenere sotto controllo la malattia: esami ematici ogni tre mesi, radiografie e Tac al torace, spirometria, biopsie al fegato, e poi visite dallo pneumologo, dal medico specializzato in malattie autoimmuni, dall'otorino per i problemi alle corde vocali causati dalla sarcoidosi. L'anno scorso ho speso circa 1400 euro di ticket. E come me ci sono tanti altri malati rari, cui viene negato un diritto». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 19 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Effetto crisi Incremento delle richieste legate al crescente disagio economico 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 53 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 20 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 54 (diffusione:619980, tiratura:779916) Può convenire pagare tutto di tasca propria Concorrenza agguerrita dei centri privati Analisi «perse» La «fuga» dalla Sanità nel 2012 ha riguardato prima di tutto gli esami di laboratorio Scelte di mercato Prezzi «strategici» delle strutture accreditate, per non dover aspettare i rimborsi Maria Giovanna Faiella U n cittadino residente nel Lazio: «Sulla ricetta, oltre al superticket di 10 euro, si pagano altri 4 euro, anche se viene prescritto un solo esame di laboratorio: così, può capitare che per controllare la glicemia, con un'analisi che costa 1.70 euro, se ne spendono 15.70; per l'emocromo da 3.31 euro si passa a 17.31; per l'esame delle urine, che costa 1.14 euro, si pagano 15.14». E un paziente che vive in Lombardia: «Devo eseguire un'ecografia all'addome inferiore e la mia Asl mi ha detto che c'è posto tra sei mesi. Ho chiesto allora a un poliambulatorio convenzionato vicino casa che mi ha proposto lo stesso esame tra 2 giorni, a pagamento. La differenza di prezzo è di pochi euro euro: circa 40 euro nel servizio pubblico tra 180 giorni, 50 euro nel privato, tra 2 giorni». Per alcune prestazioni specialistiche ambulatoriali spesso è diventato più conveniente rivolgersi a strutture private, piuttosto che pagare ticket e superticket con la ricetta rossa della nostra Sanità. L'Agenzia nazionale dei servizi sanitari l'ha definita "fuga dal Servizio sanitario", una fuga verso strutture private che offrono esami e visite a tariffe concorrenziali. Secondo lo studio dell'Agenas, la diminuzione delle prestazioni specialistiche nel 2012 si è verificata soprattutto per gli esami di laboratorio e per le altre prestazioni meno costose. Il calo, inoltre, è stato più accentuato per le prestazioni offerte da strutture private accreditate: 11,8% in meno rispetto al 7,6% in meno registrato nei centri pubblici. «È evidente: nei casi in cui avrebbero dovuto pagare ticket maggiori del costo stesso della prestazione, gli utenti hanno preferito "acquistarla" direttamente - commenta il direttore di Agenas, Fulvio Moirano -. Così come è probabile che gli erogatori privati accreditati (anche per avere soldi cash, senza dover aspettare i tempi lunghi dei rimborsi (soprattutto nelle Regioni in difficoltà economiche), abbiano adottato prezzi più convenienti rispetto ai superticket». «Ci sono Regioni, come la Campania, che, oltre alla quota fissa "nazionale" di 10 euro, hanno introdotto ulteriori ticket regionali - fa notare Silvestro Scotti, vicesegretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) - . Per gli esami di laboratorio, poi, ogni ricetta non può contenere più di 8 prestazioni: oltre questo limite occorre compilarne un'altra, che si paga a parte». Che ci sia stata una "fuga nel privato", accentuata dall'introduzione dei cosiddetti superticket, lo conferma anche una recente indagine del Censis. L'istituto di ricerca ha stimato che circa 12 milioni di italiani nel 2012 hanno fatto maggior ricorso, rispetto al passato, a prestazioni sanitarie pagate di tasca propria, in particolare per visite ortopediche e ginecologiche, ecografia all'addome e colonscopia. Se il 60% degli intervistati si è rivolto a strutture private (o all'intramoenia) a causa delle lunghe liste di attesa nei centri pubblici, ben 4 italiani su 10 lo hanno fatto perché hanno riscontrato un costo dei ticket superiore, o di poco inferiore, a quello della parcella da pagare nella sanità privata. «Molti italiani ormai sopportano il carico di costi aggiuntivi gravosi, spesso improcrastinabili, con grande stress psicologico, perché temono di non riuscire a curarsi - afferma Carla Collicelli, vicepresidente del Censis -. E negli ultimi due anni la situazione è peggiorata». «Non si può inseguire il risparmio negando a chi non può permetterselo l'accesso a prestazioni necessarie alla salute - ammonisce Costantino Troise, segretario dell'Anaao-Assomed, l'Associazione dei medici dirigenti -. Spendiamo per la Sanità meno della media europea. La crisi economica non deve portare allo smantellamento del sistema sanitario universalistico, che è ancora uno dei migliori al mondo». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 21 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tariffe Dati dell'Agenzia nazionale dei servizi sanitari 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 54 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 22 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 55 (diffusione:619980, tiratura:779916) Un disturbo scatenato anche dal rene o dal fegato Un segnale di allarme e di difesa che può essere innescato anche da coliche renali e biliari o da emicrania ANTONELLA SPARVOLI T utti prima o poi possono soffrire di nausea o vomito. In gran parte dei casi sono conseguenza di condizioni non gravi, come un pasto troppo abbondante o un viaggio in auto tutto curve. «A volte però nausea e vomito possono essere spia di condizioni più serie, come nel, fortunatamente raro, vomito encefalico, segnale di una patologia cerebrale - spiega Salvatore Badalamenti, del Dipartimento di medicina, Istituto clinico Humanitas di Milano -. Non solo: in alcuni casi, per esempio quando si ingeriscono sostanze pericolose o corpi estranei, il vomito svolge una vera e propria funzione di difesa, aiutando l'organismo a espellere qualcosa che può nuocere. Diversi dal vomito sono il conato e il rigurgito. Il conato non comporta espulsione del contenuto gastrico, perché non si apre il cardias, lo sfintere tra esofago e stomaco. Il rigurgito è, invece, la fuoriuscita di materiale esofageo, non ancora giunto nello stomaco». Quali sono le cause più comuni? «Nella maggior parte dei casi il vomito è conseguenza di disturbi dell'apparato digerente, come gastroenterite, ulcera od occlusione intestinale. Però nausea e vomito possono accompagnare anche una crisi di emicrania o una colica renale o biliare. In questi casi sono sempre presenti sintomi che aiutano a identificare la causa scatenante. Molte persone, poi, soffrono di nausea e vomito quando vanno in automobile, in nave, o in aereo (mal di movimento o cinetosi). Il vomito, in particolare se accompagnato da vertigini, può essere associato anche a disturbi del labirinto (il sistema di controllo della posizione del corpo nello spazio situato nell'orecchio). Anche alcuni farmaci possono provocare questi fastidi, soprattutto chemioterapici, digitale e morfina. Infine, una delle cause più comuni di nausea e vomito nelle donne è la gravidanza, specie nel primo trimestre». Che cosa si deve fare? «Nella maggior parte dei casi nausea e vomito possono essere gestiti autonomamente, però se i sintomi continuano per giorni, sono molto forti o non si riesce a trattenere nulla di ciò che si mangia o si beve, bisogna rivolgersi al medico, soprattutto per il rischio di disidratazione. Questa complicanza può essere molto insidiosa nei bambini, negli anziani o in chi soffre di malattie croniche». Quali sono i rimedi? «Dipende dalla causa. Alcuni accorgimenti però sono quasi sempre validi. Per esempio, è buona regola introdurre i liquidi persi, bevendo acqua zuccherata a piccoli sorsi; evitare di mangiare alimenti difficili da digerire e preferire spuntini anziché pasti abbondanti. Il ricorso a farmaci procinetici, cioè che accelerano il transito degli alimenti, o antiemetici (antinausea) può giovare nei casi in cui i disturbi siano legati a condizioni gastrointestinali. Nausea e vomito in gravidanza si combattono con precauzioni, come evitare di assumere troppo liquidi alla mattina e facendo piccoli spuntini con cibi secchi». RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Salvatore Badalamenti Foto: Istituto Clinico Humanitas, Milano SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 23 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Mi spieghi dottore Di che cosa è sintomo la nausea? Lo specialista 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 57 (diffusione:619980, tiratura:779916) Unità dedicate con diverse specializzazioni I Centri di medicina del sonno riconosciuti dall'Associazione Italiana Medicina del Sonno (AIMS), presieduta dal professor Liborio Parrino, sono distinti in tre categorie. Ci sono quelli a prevalente indirizzo cardiorespiratorio, che si occupano sostanzialmente dei disturbi respiratori nel sonno. Ci sono poi quelli ad indirizzo neuropsichiatrico, che si occupano delle insonnie e della sindrome delle gambe senza riposo. Infine i Centri ad indirizzo prevalentemente pediatrico e ad indirizzo otorinolaringoiatricomaxillofacciale, i primi per i bambini e i secondi dedicati alla terapia chirurgica della sindrome delle apnee ostruttive nel sonno. Esistono anche Centri multidisciplinari che, dietro riconoscimento di AIMS, possono trattare sia disturbi cardiorespiratori che neuropsichiatrici. In questi Centri, i medici hanno sviluppato una serie di competenze multidisciplinari e sono attivati percorsi e collaborazioni tra diverse discipline all'interno della struttura sanitaria locale. La Medicina del sonno è una disciplina che interessa moltissime specialità mediche. In alcuni Paesi europei è riconosciuta come specialità a se stante. Ma non in Italia. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 24 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I Centri 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 58 (diffusione:619980, tiratura:779916) Una tecnica riservata a terapeuti che hanno molta esperienza Paura da superare Per molti pazienti c'è voluto coraggio per affrontare i loro «alter ego» D. D. D. L a terapia con avatar suscita un elevato interesse un pò in tutto il mondo, considerato che circa un malato di schizofrenia su quattro non risponde ai trattamenti farmacologici e quindi non riesce a liberarsi del tormento delle voci che sente nella sua testa. La ricerca realizzata dal gruppo inglese ha tuttavia anche messo in evidenza quelli che potrebbero essere i limiti di questa nuova forma di trattamento. Ad esempio, il fatto che alcuni pazienti non ce l'hanno fatta a sostenere l'incontro così vivido con i loro persecutori, e hanno abbandonato il trattamento. L'abbandono si è verificato in circa il 30 per cento dei soggetti trattati, che comunque in totale sono ancora pochi, visto che si è in una fase sperimentale. «Il rifiuto di quattro pazienti di accettare l'offerta di questa terapia, e di altri cinque di completarne il percorso si spiegano soprattutto con la paura instillata dalle loro voci - dice Julian Leff, lo psichiatra che ha condotto lo studio -. «Infatti si tratta spesso di voci che minacciano i pazienti che tentano di disobbedire. Due pazienti invece sentivano voci multiple e quindi avevano difficoltà a concentrarsi sull'avatar, dal momento che le altre voci parlavano nello stesso tempo a un volume troppo elevato». In ogni caso, per molte di queste persone c'è stato bisogno di una buona dose di coraggio per riuscire ad affrontare i loro avatar. «Quello che abbiamo imparato dal nostro studio è che l'avatar-terapia non è praticabile con tutti i pazienti - dice il professor Leff -. Ma questo studio pilota fornisce la prova del fatto che si tratta di una terapia efficace per coloro che riescono a tollerarla». Per cercare di capire fino in fondo quanto questo nuovo trattamento possa essere davvero efficace, sicuro e praticabile, ora si sta cercando di replicare lo studio, e anche in Italia ci si sta muovendo in tal senso. Il dottor Angelo Fioritti, direttore del Dipartimento di salute mentale del l'Azienda Usl di Bologna, che è in contatto diretto con il professor Leff, ha messo a punto un progetto per valutare la praticabilità dell'avatar- terapia anche in Italia. «I sintomi allucinatori cronici possono essere estremamente disabilitanti e causa di profonda sofferenza per i pazienti - dice il dottor Fioritti -. Purtroppo una quota rilevante dei trattamenti farmacologici o psicologici sin qui adottati risultano inefficaci e l'avatar-terapia è il primo metodo che sembra promettere qualcosa di realmente nuovo. Si basa di fatto su alcune nozioni di psicopatologia classica elaborate negli anni Trenta del secolo scorso e le utilizza attraverso nuove tecnologie informatiche di basso costo. Richiede al terapista una grande esperienza con i pazienti psichiatrici gravi e una capacità di rappresentazione che potremmo definire teatrale, dovendo il terapeuta assumere il ruolo del soggetto allucinato. Il Dipartimento di Salute Mentale di Bologna e l'Università di Vienna, nella persona della professoressa Micaela Amering, si sono candidati alla replicazione di questa sperimentazione e il professor Leff ha garantito di poter provvedere alla formazione e alle tecnologie necessarie. Sarebbe per noi motivo di particolare soddisfazione riuscire ad offrire tra i primi al mondo questa opportunità ai nostri pazienti più bisognosi». RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 25 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I requisiti Per il trattamento è necessario un training specifico 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 58 (diffusione:619980, tiratura:779916) Le «voci» interne cancellate con un avatar Ricerche precedenti avevano dimostrato che i pazienti che riescono a iniziare un dialogo con le loro voci acquisiscono molto più controllo su di esse Il metodo Alle parole udite dal malato viene dato un volto, dietro al quale agisce lo psichiatra Danilo Di Diodoro P arlare con un avatar, rappresentazione digitale di un essere umano, può aiutare le persone affette da schizofrenia, o da altre forme di psicosi allucinatorie, a tenere sotto controllo le allucinazioni uditive. Lo indica una ricerca di un gruppo guidato dallo psichiatra inglese Julian Leff, pubblicata sul British Journal of Psychiatry. Il metodo utilizzato prevede che il paziente possa contribuire alla costruzione di un volto mediante un software simile a quelli usati dalla polizia per fare gli identikit. Il volto viene poi animato digitalmente, per creare un avatar, che avrà anche lo stesso tono della voce che la persona sente nella sua testa. Ma dietro quell'avatar in realtà c'è, in un'altra stanza, lo psichiatra, che interagisce con il malato attraverso il volto e la voce del'avatar. In tal modo, lo aiuta a prendere un pò alla volta il controllo delle voci, rendendole meno minacciose. In alcuni casi, come ha dimostrato la ricerca, si arriva addirittura alla scomparsa vera e propria delle voci, anche se tormentavano il malato da molti anni. Spiega in proposito il professor Leff: «Abbiamo verificato che tre dei nostri pazienti hanno smesso di sentire le voci, due di loro dopo solo un paio di sessioni e uno dopo cinque sessioni. Si trattava di persone che sentivano le voci rispettivamente da 16, 13 e 4 anni, nonostante fossero trattate con antipsicotici. E le voci sono risultate assenti anche al controllo effettuato dopo 3 mesi dalla fine del trattamento». Questa terapia ha preso avvio dall'osservazione che, quando alle persone viene chiesto quale sia l'aspetto peggiore del sentire le voci, la loro risposta è, invariabilmente, il senso di impotenza che esse generano. Dice ancora Julian Leff: «Ricerche precedenti avevano dimostrato che i pazienti che riescono a iniziare un dialogo con le loro voci acquisiscono molto più controllo su di esse». Si tratta di una posizione in contrasto con il consiglio che in genere gli psichiatri danno ai loro pazienti, che è provare a ignorare le voci. Invece, è proprio da questa osservazione recentemente emersa dalle ricerche che il gruppo del professor Leff ha sviluppato l'idea della avatar-terapia, poi man mano perfezionata. Un aspetto importante è anche la trasformazione di personalità che lo psichiatra fa fare all'avatar durante la terapia. All'inizio, nell'interazione con il malato, l'avatar/psichiatra è aggressivo e minaccioso, proprio come sono le voci che il malato sente nella sua testa, ma un pò alla volta, durante il trattamento, diventa più gentile e supportivo. Così il malato riesce a tenergli testa e smette di esserne terrorizzato, trasferendo poi questo atteggiamento nuovo e positivo anche nei confronti delle vere voci che sente nella sua testa. Per ottenere questi risultati in genere sono sufficienti poche sedute. Nel corso della ricerca realizzata dal gruppo inglese per tutti i pazienti non si è andati oltre le sei sedute, ciascuna della durata di circa mezz'ora. La sessione è stata anche registrata e trasformata in un file MP3 che il malato poteva copiare nel suo lettore, in modo da poterla riascoltare più volte per rinforzare il messaggio ricevuto. I risultati ottenuti sia alla fine delle sedute settimanali, sia al controllo effettuato a tre mesi dal trattamento, sono stati considerati molto incoraggianti. Dalle varie scale di valutazione utilizzate è emerso che i pazienti trattati con l'avatar-terapia, rispetto al gruppo di controllo che invece ha effettuato solo le cure usualmente utilizzate, hanno manifestato una riduzione nella frequenza e nell'intensità delle voci. Si è modificato sensibilmente anche il vissuto di onnipotenza e di malevolenza delle voci, un aspetto che viene segnalato dai malati come uno degli elementi di maggiore sofferenza. Al controllo a tre mesi risultava poi sensibilmente migliorato anche il tono dell'umore, con una riduzione significativa del livello di depressione. Ci sono diverse possibili spiegazioni dell'efficacia della avatar-terapia. «Il terapeuta - spiega il professor Leff prende le esperienze dei pazienti per buone e li assiste nel rendere concreto il loro persecutore, validando SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 26 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Psichiatria L'informatica contro le allucinazioni 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 58 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 27 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato l'esperienza dei malati. Sebbene i pazienti interagiscano con l'avatar come se fosse una persona reale, dato che è una loro creazione, sanno che non può far loro del male, al contrario delle voci, delle quali hanno terrore. Con l'avatar possono rischiare, opporsi e dirgli energicamente di lasciarli in pace, comportamento che non si azzarderebbero ad avere con il loro persecutore delirante». RIPRODUZIONE RISERVATA Tecnologia Una strategia completamente nuova per un problema spesso difficile Foto: Tre avatar utilizzati per la cura di persone con psicosi allucinatorie dallo psichiatra inglese Julian Leff 06/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 61 (diffusione:619980, tiratura:779916) La rete informa sulla distrofia muscolare Il sito www.uildm.org dell'Unione italiana lotta alla distrofia muscolare è un punto di riferimento per le persone che soffrono di questa o di altre malattie neuromuscolari. In home page si trovano notizie di attualità, sulle campagne in corso - come «Assente ingiustificato», per denunciare le barriere architettoniche nelle scuole - e sulle iniziative promosse dalle sedi territoriali dell'Associazione. Sulla destra, cliccando «Medicina e ricerca» si accede a informazioni mediche curate da esperti del settore, raccolte in forma di schede e interviste. Particolarmente utile la sezione «Help barriere» in cui sono disponibili le norme di riferimento sull'abbattimento delle barriere architettoniche, dove si possono segnalare le violazioni delle leggi in vigore e si può scaricare il facsimile per la denuncia. Nell'area «Gruppo donne UILDM», cliccando su «Approfondimenti tematici» è possibile consultare notizie e documenti utili relativi a ginecologia, sessualità, gravidanza e maternità, cura e lavoro, mentre l'area «Documentazione», periodicamente aggiornata, contiene un indirizzario di centri e gruppi che si occupano di donne con disabilità. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 28 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato www.uildm.org 07/10/2013 Corriere della Sera - Milano Pag. 5 (diffusione:619980, tiratura:779916) Vaccinazioni al risparmio «Ma sono meno efficaci» La denuncia di Federanziani in Commissione sanità Simona Ravizza In Lombardia agli over 65 saranno somministrati vaccini meno efficaci contro l'influenza per spendere meno. È la sintesi della denuncia messa a verbale nell'ultima commissione Sanità del Pirellone. L'accusa arriva da Federanziani, che raggruppa ben 688 associazioni lombarde: «Per il 2013-2014 Regione Lombardia ha acquistato il 70% di vaccini antinfluenzali non adiuvati(un tipo di vaccino che utilizza pezzi di virus in circolazione, ndr), il cui costo è inferiore del 50% rispetto agli adiuvati (destinati a stimolare maggiormente il sistema immunitario, ndr) - dice il presidente di Federanziani, Roberto Messina -. Noi consiglieremo ai nostri iscritti di non vaccinarsi con i non adiuvati perché sono sconsigliati dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in quanto considerati poco efficaci». È una questione che riguarda 2 milioni e rotti di ultra 65 enni. I timori di Federanziani sulla diffusione dei non adiuvati trovano un riscontro nell'esito del bando di gara condotto dalla Centrale regionale acquisti (Arca). Da qui risulta che la quantità opzionata di vaccini non adiuvati è di 860.430 dosi (a 2,90 euro a unità, ndr), contro solo le 287.170 dosi di adiuvati e le 125.800 di intradermico: per gli ultimi due tipi di vaccinazione il costo sale a 5,55 euro. Numeri alla mano, dunque, non ci sono dubbi: in Lombardia gli anziani sono destinati a essere vaccinati nella maggioranza dei casi con il non adiuvato. È un vaccino che gli esperti interpellati dal Corriere considerano ottimo, ma un po' meno efficace per gli over 65, rispetto al fratello più costoso. Ma tutto ciò è davvero da condannare? Le vaccinazioni aprono un dilemma per i politici: vale la pena spendere milioni di euro in più per un vaccino un po' più efficace, ma non poi così tanto? Il presidente della commissione Sanità, il leghista Fabio Rizzi, ha promesso di chiedere chiarimenti. Sara Valmaggi (Pd) insiste sulla prevenzione: «I dati dimostrano che la Lombardia non è ai primi posti. Non solo: è necessario capire nei dettagli con quali modalità Arca fa gli acquisti. Il criterio non può essere solo il massimo ribasso». I vertici dell'assessorato alla Sanità, guidato da Mario Mantovani (Pdl/Forza Italia), insistono: «Attenzione a non cadere nelle dispute tra le big pharma. Per il ministero della Salute i due vaccini sono sullo stesso piano. Saranno le Asl a scegliere». Una cosa è certa: l'alternativa sarà tra l'offerta del vaccino migliore sul mercato o il contenimento della spesa. [email protected] RIPRODUZIONE RISERVATA 70% Foto: La quota di vaccini antinfluenzali «non adiuvati» acquistati dalla Regione Lombardia per l'anno 2013-14, secondo Federanziani 52% Foto: La fetta della popolazione lombarda che l'anno scorso è ricorsa alla vaccinazione antinfluenzale contro il 75% del target Oms Foto: Lega Fabio Rizzi Foto: Pd Sara Valmaggi SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 29 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Influenza Polemica in Regione. Rizzi: chiederemo chiarimenti. Valmaggi: puntare di più sulla prevenzione 07/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 29 (diffusione:619980, tiratura:779916) Foto choc sui pacchetti di sigarette, la battaglia in Europa Le aziende italiane: «A rischio tutta la filiera industriale» Le altre obiezioni «La riduzione sulle confezioni dello spazio destinato ai marchi facilita il contrabbando» Margherita De Bac ROMA - Una dentatura annerita e scomposta. Un uomo attaccato al respiratore. Polmoni invasi da una massa scura, fotografati da una Tac. Immagini terrificanti che vedremo presto comparire sui pacchetti delle sigarette e che già alcuni Paesi europei hanno autonomamente cominciato ad adottare come forma estrema di dissuasione dal fumo con l'obiettivo di spaventare il consumatore e indurlo a dire basta. La novità è prevista da una direttiva comunitaria, che dovrebbe essere votata domani, che a dieci anni dall'introduzione delle scritte di allarme (il fumo uccide, il fumo fa venire il cancro, ecc.) potrebbe rivoluzionare di nuovo il cosiddetto packaging dei prodotti acquistati in Italia da circa un milione e duecentomila persone. La proposta se approvata dagli Stati membri, e su questo c'è molta battaglia, obbligherà le aziende multinazionali a cambiare entro una certa scadenza i pacchetti che dovranno essere occupati per il 75 per cento da questi crittogrammi col risultato che il marchio sarà ridotto a uno spazio minimale. L'obiettivo è quello di uniformare l'offerta e di dare la priorità a figure che dovrebbero allontanare i clienti. La direttiva preoccupa il settore manifatturiero che sta cercando di sensibilizzare il mondo politico a livello italiano ed europeo per cambiare l'orientamento. In una lettera indirizzata agli eurodeputati vengono denunciate le conseguenze di un'azione così decisa. Si parla di «impatti fortemente negativi che alcune specifiche misure contenute nel provvedimento potrebbero determinare. In Italia l'industria del tabacco vede coinvolti oltre 200 mila operatori e addetti lungo la filiera, dalla produzione agricola al commercio». La lettera è firmata da tutte le sigle più rappresentative del settore: Unindustria, i tabaccai della Fit, le aziende agricole riunite in Ont Italia e Unitab e il segmento della trasformazione rappresentato da Apti. Viene richiesto un ripensamento non solo sulle immagini choc, ma anche su altre iniziative a cominciare ad esempio dalla limitazione di certi ingredienti aromatici. Gennaro Masiello, presidente dell'Organizzazione nazionale tabacco Italia e di Coldiretti Campania, è allarmato per alcune ripercussioni negative sull'occupazione e sull'effetto boomerang in altri settori: «Le imprese manifatturiere perderebbero l'interesse alla qualità e perderebbero di vista l'innovazione. Il pacchetto generico, di basso costo richiede minori investimenti da ogni punto di vista. Oltretutto la mancanza di marchi o la loro invisibilità incentiva il contrabbando e facilita la vendita di sigarette al mercato nero molto pericolose. Per quanto riguarda gli ingredienti sono una caratteristica del tabacco italiano contenuti naturalmente dalla foglia e reintrodotti dopo la fase dell'essicazione». In Australia i pacchetti choc sono già in commercio e hanno dovuto superare la prevedibile ostilità delle multinazionali. Oltretutto in quel Paese il governo ha imposto misure ben più drastiche imponendo che le raffigurazioni di malati di cancro campeggiassero su tutti i lati escludendo dunque lo spazio per i marchi e indicando un unico colore per uniformare le confezioni. Il verde chiaro. Ma sul piano della dissuasione del consumatore iniziative del genere basate sul terrorismo possono avere efficacia? Quando si trattò di verificare l'effetto delle scritte che informavano esplicitamente sui rischi legati al fumo, l'Istituto Superiore di Sanità commissionò un'indagine alla Doxa. Risultò che all'inizio molte persone rinunciarono ai pacchetti, spaventate, per poi tornare col tempo all'antico vizio. Dunque una reazione istintiva destinata a non perdurare. Furono i bambini la spinta per tanti genitori a smettere. Bimbi che leggevano le scritte e supplicavano mamma e papà di non fumare più. Per quanto riguarda l'Italia stanno cominciando a comparire in tabaccheria nuovi pacchetti col numero verde dell'Istituto superiore di Sanità: 800.554088. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 30 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tabacco Domani il voto sulle nuove norme antifumo che cambieranno l'aspetto delle confezioni. Limitato anche l'uso di alcuni ingredienti aromatici 07/10/2013 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 29 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 31 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le misure La votazione Domani a Strasburgo il Parlamento europeo voterà sull'entrata in vigore o meno della nuova direttiva comunitaria antifumo L'aspetto Se verrà approvata la direttiva, i pacchetti di sigarette dovranno essere occupati al 75% da immagini e scritte volte a illustrare i rischi del fumo per la salute. Ridotto quindi lo spazio occupato dai marchi (nella foto , il pacchetto presentato dal governo Usa) Gli aromi La direttiva limita anche l'uso di alcuni ingredienti aromatici nelle sigarette. Ad essere eliminati saranno tutti gli aromi che potrebbero aumentare tossicità e dipendenza, come ad esempio il mentolo 05/10/2013 Il Sole 24 Ore Pag. 22 (diffusione:334076, tiratura:405061) Pressing sulla direttiva antifumo BRACCIO DI FERRO Industria, produttori e tabaccai chiedono di modificare il testo che prevede immagini shock e divieto degli ingredienti Ernesto Diffidenti La filiera del tabacco made in Italy fa pressing sugli eurodeputati in vista del voto, previsto l'8 ottobre, sulla nuova direttiva Ue che prevede, tra l'altro, immagini shock sul 75% dei pacchetti di sigarette, il divieto di vendita delle confezioni slim e dell'uso di alcuni ingredienti come il mentolo. Un cocktail di misure che rischia di mettere al tappeto un settore che ancora garantisce lavoro a migliaia di addetti anche nelle zone più svantaggiate del paese. Così i presidenti di Unindustria, Maurizio Stirpe, dei tabaccai (Fit), Giovanni Risso, dei produttori agricoli di Ont-Italia e Unitab, Gennaro Masiello e Oriano Gioglio, nonché dell'industria di prima trasformazione (Apti), Domenico Cardinali, hanno preso carta e penna per cercare di convincere gli eurodeputati a modificare la direttiva. «In più occasioni - si legge nella lettera - abbiamo espresso forti preoccupazioni per gli impatti fortemente negativi che alcune specifiche misure contenute nella proposta legislativa potrebbero determinare sul settore. Nel nostro Paese, l'industria del tabacco vede coinvolti oltre 200mila operatori e addetti lungo una filiera che va dalla produzione agricola, dove l'Italia è leader assoluto nella Ue, al commercio al dettaglio». Secondo le organizzazioni la salute dei cittadini è il bene primario da tutelare. «Tuttavia - continuano - la nuova direttiva non affronta i temi chiave della prevenzione e della dissuasione dal fumo, rischiando di alimentare il contrabbando, già in crescita in Italia, e conseguentemente i rischi per i consumatori derivanti da un prodotto meno controllato». Inevitabili, sostengono, gli effetti «sulla disoccupazione e le entrate fiscali». Il testo della direttiva è stato approvato prima dalla Commissione Ue e poi dal Consiglio dei ministri della Salute a fine giugno. In quella sede un ruolo di primo piano fu ricoperto da Beatrice Lorenzin che lavorò per abbassare dal 75 al 65% lo spazio delle immagini shock sui pacchetti di sigarette. «Dal suo lavoro - spiegano industriali, produttori e tabaccai - è uscita una riforma più condivisibile». Ma restano le perplessità, e ora tocca al Parlamento esprimersi sulla riforma. Poi sarà il trilogo (Commissione, Consiglio e Parlamento Ue) a fare la sintesi. La filiera resta in allerta. Anche perché da Bruxelles è già arrivata un'altra tegola. La Pac uscita dagli accordi tra le istituzioni europee ha escluso il tabacco dalle colture ammesse a beneficiare, a partire dal 2015, di quell'aiuto accoppiato che fino ad oggi ha contribuito alla sua sostenibilità economica mentre sullo sfondo resta l'obiettivo della convergenza dei premi con gli altri settori che dimezzerebbe gli assegni dei tabacchicoltori. Per questo il responsabile delle Politiche agricole, Nunzia De Girolamo, ha insediato una task force al ministero con l'obiettivo di trovare le contrimisure alle nuove e penalizzanti regole. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 32 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tabacco. Appello della filiera in vista del voto dell'Europarlamento 07/10/2013 Il Sole 24 Ore Pag. 26 (diffusione:334076, tiratura:405061) Le performance ricostituenti dell'omeopatia UN PESO INSOSTENIBILE In Italia il business dei produttori di rimedi non tradizionali è messo a rischio da una super-tassa Hanno molti detrattori, ma certamente le medicine naturali (in particolare omeopatiche e antroposofiche) rappresentano una nicchia interessante nel farmaceutico. Solo in Italia sarebbero oltre 11 milioni i pazienti che le usano, sporadicamente o in modo regolare. In Europa gli utilizzatori sono almeno 100 milioni, soprattutto in Francia, Germania e Svizzera. Questo si riflette anche nella performance dei (pochi) produttori quotati. La francese Boiron, per esempio, oggi vale circa 48 euro per azione, l'85% in più rispetto a inizio anno (contro il +5% dell'indice Cac Pharma). La svizzera Weleda, che produce rimedi antroposofici ed è scambiata al mercato informale di Berna, da gennaio è più che raddoppiata (da 450 a 1.075 franchi per azione), mentre lo Swiss index Healthcare è cresciuto del 30 per cento. In Italia le piccole e medie imprese produttrici di farmaci omeopatici sono circa una trentina, a conduzione familiare e con i conti in ordine (assieme fatturano circa 160 milioni di euro all'anno e danno lavoro a 1.200 professionalità). Alcune, in linea teorica, sono anche nelle condizioni di essere quotate in Borsa, perché vantano bilanci in ordine e sono brand conosciuti nel mondo. Oggi però c'è una "super-tassa" che pesa sull'industria dei medicinali alternativi: i costi chiesti dall'Agenzia italiana del farmaco per la registrazione dei rimedi naturali, suggerita dalla Ue e fatta propria dall'Italia, che sarà obbligatoria per la commercializzazione dal gennaio 2016. I primi dossier dovranno essere inviati all'Aifa da parte delle aziende entro fine ottobre, ma quello che preoccupa sono i costi. Secondo Omeoimprese, l'Autorizzazione per l'immissione al commercio (Aic) costerà 3mila euro per ogni farmaco, più 200 euro annui per il mantenimento dell'iscrizione. «Nel resto d'Europa afferma Fausto Panni, presidente di Omeoimprese - le tariffe sono decisamente più basse e le regole più semplici. In Germania, per esempio, ai prodotti venduti per meno di mille pezzi all'anno basta solo una notifica all'autorità, non un dossier. I rimedi naturali in vendita in Italia sono circa 25mila, quindi solo per la registrazione le imprese dovranno pagare 75 milioni». Una cifra pari quasi alla metà del fatturato complessivo annuo: considerando che l'altra metà va in tasse, è presumibile che molte imprese si troveranno in difficoltà. «Anche perché - conclude Panni - l'Aifa vorrebbe rendere obbligatoria la ricetta medica anche per l'acquisto degli omeopatici». © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 33 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Medicine alternative. Aumentano i consumi 05/10/2013 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 22 (diffusione:556325, tiratura:710716) Farmaci taroccati, l'Aifa chiude la Geymonat ROMA - L'Aifa, l'agenzia italiana del farmaco, ha sospeso ieri l'autorizzazione alla Geymonat spa alla produzione di medicinali nell'officina di Anagni. All'origine della decisione ci sarebbe un difetto nella composizione dell'ozopulmin, medicinale per la tosse che sarebbe risultato contraffatto nella visita dell'Aifa e del Nas di Latina alla ditta di Anagni dello scorso 4 settembre. Secondo gli esiti dell'indagine, nella produzione del farmaco non erano state rispettate le norme di "Buona fabbricazione": la quantità di principio attivo in esso contenuto sarebbe stata inferiore rispetto a quella approvata e indicata in etichetta. I prodotti sono stati ritirati dal mercato nazionale a scopo cautelativo già dal 19 settembre scorso come ha annunciato la Geymonat stessa. La ditta potrà riprendere la sua attività solo quando verrà verificata la conformità del processo produttivo. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 34 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il caso 05/10/2013 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 23 (diffusione:556325, tiratura:710716) Bologna, muore in ospedale donna incinta aveva appena fatto un'amniocentesi ROSARIO DI RAIMONDO LUIGI SPEZIA BOLOGNA È morta a 33 anni in un letto d'ospedale, dopo aver perso il figlio che portava in grembo da cinque mesi. Una gravidanza apparentemente normale ma finita in tragedia al policlinico Sant'Orsola di Bologna, dove ieri mattina i medici si sono arresi al decesso di Florentina Mirela Cauc, stroncata da un'infezione dalle cause ancora sconosciute. Adesso la procura, che ha aperto un'inchiesta per omicidio e aborto colposo, vuole capire se è stata provocata dall'amniocentesi a cui la donna si era sottoposta due giorni prima. E l'assessore alla Sanità Carlo Lusenti parla di un «fatto molto grave da chiarire al più presto». Mirela è arrivata al Sant'Orsola, uno degli ospedali d'eccellenza della sanità bolognese, mercoledì per sottoporsi a quell'esame dopo aver scoperto che il feto aveva delle gravi malformazioni. Il giorno stesso è tornata a casa con la prescrizione di prendere degli antibiotici. Ma la sera dopo, giovedì, ha avuto delle forti contrazioni addominali ed è stata portata con urgenza al pronto soccorso. «Alle 22 ci hanno detto che il cuore del bimbo non batteva più», si dispera il marito di Mirela, George, che è stato al fianco della donna per tutta la notte. Come da protocollo, è scattata subito la procedura per l'induzione del parto, durata diverse ore. Ma venerdì mattina le condizioni di Mirela si sono aggravate a causa dell'infezione che si è sviluppata in diverse parti del corpo ed è stata necessaria un'operazione chirurgica. Dopo l'intervento, la donna è peggiorata sempre di più e il suo cuore si è fermato diverse volte. Fino alla morte, alle 11 del mattino. Adesso di Mirela resta una foto della carta d'identità che il marito mostra distrutto dal dolore. Entrambi di origine rumena, sono arrivati in Italia nel 2007 e vivevano assieme al figlio di 9 anni in un condominio alla periferia di Bologna. Lui fa il camionista per un padroncino che lavora per le Poste, lei si arrangiava con dei lavoretti saltuari. «Non accuso nessuno, non sono un medico e non posso dire se qualcuno ha sbagliato - dice adesso George - Ma voglio sapere perché i medici non hanno deciso di operarla prima. Perché fino a quel momento era andato tutto bene». Ieri la polizia ha identificato tutti i sanitari - medici, infermieri e ostetriche - che hanno visitato la donna dal momento dell'amniocentesi all'intervento di venerdì mattina. La settimana prossima sarà eseguita l'autopsia e l'inchiesta della procura punterà i fari proprio su quell'infezione misteriosa. Foto: SANT'ORSOLA L'ospedale Sant'Orsola di Bologna, dove è morta la donna di 33 anni al quinto mese di gravidanza SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 35 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il caso Trentatrè anni, era alla 21esima settimana. Il feto sembrava malformato, l'analisi serviva ad ulteriori accertamenti 05/10/2013 La Repubblica - Roma Pag. 11 (diffusione:556325, tiratura:710716) I sindacati: "Lasciati per giorni in piccole stanze". La direzione: situazione grave ma non drammatica Al pronto soccorso c'è spazio solo per 16 posti Esposto del Codici in procura GIULIA CARRARINI UNA settantina di pazienti per appena 16 posti letto. Barelle lungo i corridoi, cartelle cliniche incustodite, carrelli con i medicinali lasciati dove capita. «Dal giorno della sua inaugurazione il pronto soccorso di Tor Vergata non ha mai funzionato. Ma ora la situazione è davvero critica». La denuncia arriva dalle Rsu che chiedono l'intervento della Regionee un'ispezione del Nas: «A rischio c'è la salute sia dei pazienti che del personale». «La situazione è difficile ma non così drammatica», replica immediatamente Isabella Mastrobuono, direttore sanitario del policlinico. A descrivere il disagio basterebbero i numeri: «Nelle due stanze da due letti, sono ricoverati dieci pazienti racconta un sindacalista - cinque per stanza. Nelle camere da quattro letti, le persone sono 15: sei barelle per lato, altre tre al centro». Alle cifre, però, si aggiungono anche altri dettagli: lettini tra le porte tagliafuoco, attese lunghissime e servizi igienici insufficienti. Secondo la denuncia dei sindacati, non importa quanto sia grave la persona che si reca in ospedale, se debba restare semplicemente in osservazione o essere ricoverata: lo spazio è per tutti lo stesso e per i paraventi non c'è posto. Anche le condizioni igieniche ne risentono. «Spesso c'è un solo lavandino, da condividere in molti. Il cibo viene distribuito come si può: capita così che venga lasciato per terra o direttamente sulle ginocchia dei pazienti - spiegano i rappresentanti delle Rsu - Gli infermieri sono costretti a preparare i farmaci lungo il corridoio. Quanto all'affollamento, il picco si raggiunge durante gli orari di visita: nel piccolo spazio del pronto soccorso si ritrovano d'un tratto anche 150 persone». Una situazione che ha convito l'associazione Codici a presentare un esposto alla procura "per abbandono di incapaci". Mastrobuono, però, si difende: «Il sovraffollamento dipende dal fatto che, come in tutti gli ospedali laziali, abbiamo meno posti letto di quanti ci spetterebbero. Quello dei pazienti ricoverati in barella, poi, è un problema antico». L'area di Tor Vergata, la Asl RmB, è quella con il minor numero di posti letto di tutto il Lazio: 1,8 per mille abitanti. «Ciò determina una pressione fortissima sui pronti soccorsi del territorio, sul nostro ospedale, sul policlinico Casilino e sul Pertini - spiega ancora il direttore sanitario - A questo si aggiunge una migrazione di pazienti anche dai Castelli. Ecco perché siamo in difficoltà. Noi, però, cerchiamo sempre di fare il massimo». La scheda I POSTI LETTO Il reparto per i pazienti in attesa di ricovero ospita circa 70 persone, con picchi di 90: la sua capienza è però di 16 posti letto I PASTI Il personale è scarso e gli spazi non sono sufficienti: i pasti vengono serviti sul pavimento o sulle ginocchia dei pazienti I SERVIZI IGIENICI Non ci sono bagni per tutti i pazienti Degenti e personale condividono gli stessi servizi Un solo lavandino per molte persone GLI INFERMIERI Il personale è costretto a preparare i farmaci lungo i corridoi dove vengono lasciate anche schede e cartelle cliniche SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 36 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato "Tor Vergata, 70 pazienti abbandonati sulle barelle" 05/10/2013 La Repubblica - Bologna Pag. 4 (diffusione:556325, tiratura:710716) La donna, 33 anni, si era sottoposta a un'amniocentesi. Inchiesta per omicidio colposo S'indaga su una infezione dopo il test. Lusenti: "Fatto molto grave, capire la dinamica" ROSARIO DI RAIMONDO È MORTA in un letto d'ospedale a 33 anni, a seguito di un intervento dal quale non si è più ripresa, dopo aver perso il figlio di soli cinque mesi che portava in grembo. Alle undici di ieri mattina, i medici del Sant'Orsola si sono arresi al decesso di Mirela Florentina Cauc, rumena, madre di un bambino di nove anni. A poco sono serviti gli ultimi disperati tentativi di salvarla: la salma di Mirela è stata portata nel pomeriggio all'obitorio della Certosa, dove la settimana prossima si farà l'autopsia, mentre la procura di Bologna ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo e aborto colposo, anche se questo secondo reato è solo formale. E vuole vederci chiaro anche la Regione: «È un fatto molto grave» dice l'assessore alla Sanità Carlo Lusenti, che assicura di aver già avviato le procedure necessarie per capire «la sequenza degli eventi». Da una prima ricostruzione dei fatti, sarebbe stata fatale un'infezione che ha colpito la donna, che era alla ventunesima settimana di gravidanza. Mirela era andata in ospedale mercoledì per sottoporsi a un'amniocentesi, visto che una ecografia nei giorni precedenti aveva evidenziato una «grave malformazione» del figlio che aspettava. L'esame, specifica il policlinico, «è stato accompagnato da una profilassi antibiotica». Giovedì sera, la donna era a casa quando ha avuto «forti dolori addominali» ed è stata riportata al pronto soccorso ostetrico. Secondo fonti cliniche, alle 22 è stata confermata la morte del feto. Per Mirela è stato necessario indurre il parto, come da protocollo in caso di infezione materna. L'induzione, che dura alcune ore, non è riuscita perché durante la notte c'è stata un'accelerazione dell'infezione talmente forte da rendere necessario un «intervento d'urgenza», effettuato tra le 6 e le 7 del mattino dopo. Ma, finita l'operazione, la donna era «in condizioni molto critiche» e, dopo diversi arresti cardiaci, è morta ieri mattina alle undici. La direzione del Sant'Orsola ha segnalato il caso alla procura. L'inchiesta è stata affidata ai pm Manuela Cavallo e Augusto Borghini, magistrato di turno nel pool che si occupa delle cosiddette "fasce deboli". Tra lunedì e martedì sarà disposta l'autopsia della salma. Sarà da valutare, adesso, la relazione di causa ed effetto tra le misure mediche prima e chirurgiche poi e la morte della donna. Al centro dell'indagine ci sarà sicuramente da verificare la natura dell'infezione che ha colpito Mirela, in particolare se è una conseguenza diretta e non voluta dell'amniocentesi oppure se è stata contratta giovedì, al pronto soccorso. Ieri la polizia è andata al policlinico e ha identificato tutti i sanitari- medici, ostetriche, infermieri - che hanno preso parte a tutte le operazioni cliniche sulla donna. Sia l'équipe che ha svolto gli esami e l'amniocentesi mercoledì, sia quella che ieri l'ha seguita e operata tra giovedì sera e venerdì mattina, quando Mirela è morta lasciando il marito, camionista, e un figlio di 9 anni. Le tappe L'ESAME Mercoledì Mirela, 33 anni, al quinto mese di gravidanza, si sottopone ad un'amniocentesi al Policlinico perché il feto ha delle malformazioni I DOLORI Giovedì sera la donna viene portata d'urgenza al pronto soccorso ostetrico del Sant'Orsola: accusa forti dolori addominali LA MORTE Il feto che Mirela porta in grembo muore giovedì sera. Intorno alle 7 di venerdì mattina la donna viene operata ma non sopravvive L'INCHIESTA La procura apre un'inchiesta per omicidio e aborto colposo. La settimana prossima ci sarà l'autopsia, la polizia ha ascoltato i sanitari coinvolti SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 37 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Perde il bimbo al quinto mese e muore al S. Orsola 05/10/2013 La Repubblica - Bologna Pag. 4 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 38 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PER SAPERNE DI PIÙ www.aosp.bo.it www.poliziadistato.it Foto: DRAMMA AL POLICLINICO L'ingresso di ostetricia e ginecologia al S.Orsola, dove ieri è morta una donna di 33 anni 06/10/2013 La Repubblica - Napoli Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) Salute mentale, lite tra manager senza casa 2300 disagiati psichici GIUSEPPE DEL BELLO SALUTE mentale, dal Molosiglio a via Croce Rossa. Storia di un trasferimento che scatena una guerra tra manager e rischia di finire in tribunale. E con 2300 pazienti privati del loro storico punto di riferimento assistenziale. La vicenda inizia sabato 29 settembre, quando dal poliambulatorio del distretto 24 della Asl Napoli 1 di via Acton partono furgoni e auto pieni di scatoloni e suppellettili. Direzione, Riviera di Chiaia. Lì, in un vicolo (via Croce Rossa, appunto) che si inerpica fino a via Pontano e via Crispi, ci sono la direzione generale e la sede amministrativa dell'azienda Santobono-Pausilipon e, anche, ospitati, vari uffici della Asl. L'edificio in questione è l'ex ospedale Ravaschieri fondato da Teresa Filangieri nel 1880 e destinato ai bambini: da anni e dopo vari passaggi, è di proprietà del polo pediatrico. Quest'ultimo oggi rivendica i locali indebitamente occupati senza preavviso. Ma a contestare il trasferimento non è soltanto Annamaria Minicucci, il direttore generale del Santobono che ha già fatto partire una prima diffida al collega Ernesto Esposito della Napoli 1, ma anche psichiatri, infermieri e, soprattutto, pazienti, familiari e le associazioni. «C'è il rischio di essere fraintesi, non mi sto rifiutando di collaborare, ci mancherebbe», esordisce la manager Minicucci, «ma sarebbe stato opportuno concordare una scelta. E questo non è accaduto. Gli ambienti, che tra l'altro sono del Santobono, non possono essere adibiti all'assistenza. Ancor di più se si tratta di disagiati psichici che arrivano da altri territori. Questi locali sono etichettati come A4, cioè utilizzabili per civili abitazioni e uffici, e non ad uso sanitario. E poi, se lo fossero stati, li avremmo utilizzati per gli ambulatori del Santobono, sempre a corto di spazi». A rendere poco adatta la sede è anche il percorso accidentato che conduce alla struttura. «Nel vicolo ci passa a stento una macchina alla volta e l'accesso è in una curva ad U», osserva uno specialista, «mentre manca il marciapiede e nell'androne non c'è posto per parcheggiare: anche l'ambulanza ci arriva a fatica. Il distretto del Molosiglio accoglieva pazienti di Chiaia, Posillipo e San Ferdinando, ma anche quelli dell'hinterlande di Capri che è di nostra pertinenza. Ora, molti di questi soggetti dovranno rivolgersi altrove». Il trasloco, tra l'altro, è conseguenza dello sfratto intimato alla Asl che per la sede del Molosiglio (dove erano allocati vari ambulatori) pagava circa 18 mila euro al mese. Adesso, mentre gli altri sono già stati smistati tra le sedi del corso Vittorio e del Chiatamone, rimane solo la Salute mentale. «Questa fa parte dei Lea (livelli minimi assistenziali)», aggiunge un operatore, «perché non trasferiscono le branche che hanno sede nell'ex ospedale Loreto Crispi e che non rappresentano servizi essenziali da garantire per legge? Lì, nel presidio intermedio gli spazi idonei per la Salute mentale ci sarebbero». Ma le proteste non sono servite. Di fatto gli psichiatri si sono trasferiti, ma i locali sono ancora pieni di masserizie e faldoni accatastati ovunque che impediscono un servizio ottimale di diagnosi e cura. «Siamo in macchina, perché dentro c'è bisogno di spazio per continuare a lavorare. E, per ora, questoè il nostro ufficio» ironizzano dalla Panda di servizio un medico e un infermiere. Tre giorni fa, dalla Asl 1 è stata mandata una squadra di operai per mettere a norma i locali, ma la direzione del Santobono l'ha bloccata perché all'oscuro dell'intervento programmato. «Nessuno ci ha interpellato e la Napoli 1 non ha neanche risposto, mentre hanno continuato a lavorare con atteggiamento sprezzante», conclude la Minicucci, «se entro domani, non si fanno sentire, farò partire una seconda diffida per poi adire le vie legali. In via Croce Rossa è sempre stata scartata l'ipotesi di fare assistenza, proprio per l'impossibilità a garantire accesso, accoglienza e percorso viario idoneo». © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: DIRETTORE GENERALE Annamaria Minicucci A sinistra un locale di via Croce Rossa SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 39 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La sanità I pazienti sono stati trasferiti dal Molosiglio in via Croce Rossa e privati di un valido punto di riferimento 06/10/2013 La Repubblica - Bologna Pag. 5 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Un'infezione massiccia mai vista una cosa simile in trent'anni di ospedale" Gli antibiotici L'uso sconsiderato di antibiotici pone un problema di assuefazione dell'organismo La statistica È più facile che una infezione materna a parità di cure capiti a donne che arrivano da altre parti del mondo LUIGI SPEZIA «EVENTO più unico che eccezionale». Gianluigi Pilu, docente di Ostetricia e Ginecologia all'Alma Mater, medico nella clinica ostetrica del Sant'Orsola definisce così il caso di Mirella Florentina Cauc. L'infezione materna che ha ucciso la donna romena di 33 anni può essere stata causata dall'amniocentesi? "È difficile. Al Sant'Orsola eseguiamo amniocentesi e prelievi di villi coriali, procedure molto comuni, da quasi quarant'anni. Se ne fanno circa 2000 l'anno e pur esistendo un certo rischio per un feto, con possibile aborto, complicazioni sulla madre non se ne vedono praticamente mai. In centinaia di migliaia di casi in letteratura e nella nostra esperienza non ci sono madri che hanno rischiato la vita. Del resto è difficile pensare che un ago sottile come un capello possa aver determinato un infezione così massiccia da provocare la morte in sole 48 ore». E dunque quale potrebbe essere l'origine dell'infezione? «Non conosco direttamente il caso, ma sembra che non rimanga da ipotizzare altro se non che la donna fosse già portarice di una infezione, come ci capita di riscontrare in molti casi di pazienti sottoposte ad amniocentesi. Una infezione severa anche se non dava sintomi». Perché secondo lei la donna è morta in un tempo così rapido? «Mi limito a fare due considerazioni. La prima, purtroppo motivo di grande preoccupazione, è che molti studi dimostrano come l'uso sconsiderato degli antibiotici ponga il problema della assuefazione dell'organismo e della capacità di resistere a infezioni gravi. Ne facciamo i conti tutti i giorni nella pratica e come si sa antibiotici nuovi non ce ne sono». La seconda? «C'è un filo comune che riguarda molti casi. La maggior parte degli eventi avversi nelle gravidanze riguardano donne straniere. È più facile che una infezione materna, a parità di cure, capiti a donne che provengono da altre parti del mondo. Ciò dipende da come una donna ha vissuto da bambina, con cure e alimentazione magari carenti che condizionano il futuro. Il parto rappresenta una prova da sforzo e se ci sono state carenze possono emergere in questo momento. Queste donne sono più sensibili. Una realtà nota da molti anni negli Stati Uniti che ora si comincia a porre anche da noi» E che cosa si può fare? «Ci si pone il problema, ma non c'è molto da fare dal punto di vista preventivo». Il marito della signora chiede come mai non si sia tentato subito il parto cesareo. «Un taglio cesareo al quinto mese di gravidanza non farebbe altro che spandere i batteri ancora di più. Si procede quindi con il parto indotto, che in genere si risolve in poche ore per questo tipo di pazienti. Ma qui la situazione pare essere precipitata di colpo. L'infezione è esplosa e a quel punto temo non si potesse fare più nulla. A me in trent'anni non è mai capitato. Le morti materne succedono, anche se rare, ma non in questo modo così devastante» Policlinico nella bufera Quattro medici nel mirino dei pm dopo la morte di Mirela Cauc, la donna di 33 anni al quinto mese di gravidanza deceduta al venerdì mattina dopo un intervento PER SAPERNE DI PIÙ www.procurageneralebologna.it www.aosp.bo.it Foto: IL PROFESSORE Gianluigi Pilu, luminare della diagnostica prenatale del Sant'Orsola SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 40 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista Parla il professor Pilu, esperto di diagnostica neonatale 06/10/2013 La Repubblica - Firenze Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) L'oasi che sconfigge la solitudine dei bambini Nel 2013 accolti a Limestre da svariati Paesi 1.163 ragazzi dai 6 ai 17 anni Napolitano ha nominato Cavaliere il fondatore Enzo Manes ILARIA CIUTI GIULIA ha una voce piccola e commossa ma il sapere di una vita. Invece ha 15 anni, a sette aveva la leucemia, ha passato l'infanzia tra gli ospedali e lo racconta come gli altri ragazzi parlano di un' infanzia spesa tra i giochi a nascondino, Ora che ne è fuori, e «sarò grata per sempre a mio fratello Luca che mi ha donato il midollo», sogna di diventare medico «per restituire agli altri quello che è stato dato a me». Giulia ha conosciuto l'emarginazione della malattia: «Ti considerano diversa, ma io volevo essere me stessa e giravo pelata e con la mascherina. Ero quella che ero». Che diversa non lo era e che poteva essere spensierata e senza paura lo ha capito in una vacanza che non avrebbe mai creduto di potere fare, sulla montagna pistoiese a Limestre, nell'oasi di 900 metri quadri affiliata al Wwf che la Kme ha messo a disposizione del Dynamo Camp: il primo campo italiano di terapia ricreativa, fondato nel 2007, sull'onda dei SeriousFun Children's Network di Paul Newman, da Enzo Manes, presidente di Intek Group spa, la holding cui appartiene Kme e nominato lo scorso maggio da Napolitano cavaliere al merito del lavoro per la sua attività sociale e filantropica. Cresciuto negli anni, il Camp, attraverso lo straordinario impegno del consigliere delegato Serena Porcari, di uno staff che ora è di 54 persone fisse, 20 medici, 25 infermieri e 620 volontari. Dynamo accoglie, per un periodo di vacanze uguali a quelle dei comuni campi per ragazzi, bambini dai 6 ai 17 anni con patologie gravi e croniche, dal cancro alle malattie neurologiche di ogni tipo. Dai 60 del 2007, sono diventati 1.163 nel 2013, non solo italiani, ma anche da Germania, Bielorussia, Grecia, Serbia, Lettonia, Iraq, Giordania, Emirati Arabi, Marocco. Ci sono anche le sessioni dedicate a genitori, sorelle e fratelli. Il tutto autofinanziandosi quasi completamente (aiutano banche, imprese, privati), tranne il contributo di Regione e Provincia pistoiese. I numeri e le iniziative le ha presentate ieri Manes al pubblico, tra cui anche il sindaco Renzi che in primavera aveva premiato il progetto con il Fiorino d'oro. «In Italia è anche possibile realizzare progetti con buone idee e capacità di lavorare insieme. Basta andare oltre il proprio dovere, avere sogni e perseguirli con atti concreti», conclude. Oggi, dalle 11 alle 18,30 è il consueto Open Day. Cancelli aperti a tutti per una giornata di visita, festa e esperienze. Non solo campestri, ma anche nella galleria dell'Art Factory dove i ragazzini creano insieme a artisti contemporanei come, quest'anno, Paola Pezzi, Erika Trojer, Nicola di Caprio, Fausto Gilberti, Vanni Coughi, Giovanno Ozzola, Velasco Vitali. Nei locali di Radio Dynamo dove fanno radio o nei Dynamo Studios dove imparano a fare foto, corti e video insieme ai veri registi. Fuori nei campie dentro, nei locali attrezzati dall'architetto Elio Di Franco, gli stessi ragazzi che gli ospedali, le cure, le comprensibili paure dei genitori rendono solitarie incerti scoprono di essere identici a tutti i loro coetanei. Con la stessa possibilità di divertirsi e di scatenarsi nei giochi, le arrampicate, le passeggiate a cavallo, persino i campeggi e i balli dopo cena. Quelli in piedi e quelli in carrozzina, quelli che fanno gli attori nel teatro del Camp e gli altri che lavorano dietro le quinte. Ma tutti in ballo e senza più paura. I punti L'INPUT DI PAUL NEWMAN Dynamo Camp fu fondato nel 2007, ispirandosi ai SeriousFun Children's Network del celebre attore I GIOVANI OSPITI Dynamo accoglie bambini dai 6 ai 17 anni con patologie gravi e croniche, dal cancro alle malattie neurologiche CANCELLI APERTI Oggi, dalle 11 alle 18,30 è il consueto Open Day. Porte aperte a tutti per un giorno di visita, festa e esperienze PER SAPERNE DI PIÙ www.dynamocamp.org Foto: DA TUTTO IL MONDO In questi anni Dynamo Camp ha accolto bimbi da molti Paesi SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 41 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ammalati ma felici oggi l'Open Day del Dynamo Camp 06/10/2013 La Repubblica - Torino Pag. 8 (diffusione:556325, tiratura:710716) Inchiesta di Guariniello. Del Favero: "Mancano le risorse" OTTAVIA GIUSTETTI IL PROBLEMA della messa a norma dell'impianto antincendio negli ospedali della Città della Salute mette nei guai il direttore generale Angelo Delfavero che finisce indagato in un fascicolo del procuratore Raffaele Guariniello perché per il Cto, l'ospedale traumatologico, non sono state richieste correttamente le certificazioni. Ed è proprio al Cto che negli anni scorsi si sono verificati diversi roghi, si pensa di origine dolosa, che hanno messo a repentaglio l'incolumità dei pazienti e dei lavoratori. La struttura dell'edificio, verticale, rende tutto più complicato perché al minimo corto circuito, allo scoppio della minima fiamma, con il calore e il fumo che tendono a salire, la portata degli incidenti si rivela sempre piuttosto grave. L'ultima volta le alte temperature raggiunte in un corridoio, per fortuna già evacuato, fece addirittura esplodere le vetrate che affacciano verso l'interno dell'edificio. Del Favero spiega che proprio nel mese di maggio è stata inviata tutta la documentazione necessaria perché sia pronta al più presto la certificazione antincendio, non solo del Cto ma di tutta la Città della Salute, che comprende anche gli altri ospedali intorno a corso Spezia. «A me risulta che in maggio sia stata presentata la domanda per il certificato antincendio per l'intera Città della Salute e della Scienza- dice il direttore generale della Città della Salute e della Scienza, Angelo Del Favero- non ho avuto nessuna comunicazione dall'autorità giudiziaria su questo tema, ma resto a disposizione per fornire agli inquirenti ogni informazione utile». La segnalazione alla procura è partita direttamente dai vigili del fuoco che hanno rilevato come l'ospedale traumatologico sia da anni un cantiere aperto per gli adeguamenti alle norme antincendio: ben tre progetti sarebbero stati presentati e mai conclusi secondo l'accusa nei cinque anni passati. «Non possiamo nascondere che esiste una problematicità non solo al Cto ma in tutti gli ospedali che dirigo - spiega Del Favero - noi lavoriamo continuamente per migliorare le diverse situazioni ma facciamo i conti con una scarsità di risorse che non ci mette mai in condizione di adempiere in modo definitivo. Siamo consapevoli del fatto che il problema esiste ed è per questo che abbiamo avviato una procedura di unificazione di tutti gli ospedali per essere in regola, per quel che riguarda i lavori facciamo quello che possiamo con i finanziamenti che abbiamo a disposizione». © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Vigili del fuoco davanti al Cto SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 42 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Città della Salute, indagato il manager l'antincendio del Cto non è a norma 07/10/2013 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 22 (diffusione:556325, tiratura:710716) In sala operatoria si scoprono nuovi esiti MARIO PIRANI Vivaci polemiche sono scoppiate in questi giorni tra Regioni e enti ospedalieri per la pubblicazione dei dati erogati dall'Agenas (Agenzia per i servizi sanitari regionali) che ha valutato gli "esiti" realizzati in 1.440 nosocomi sulla base di 47 indicatori relativi alle prestazioni fornite. Erano passate poche ore dalla diffusione che subito sono apparse classifiche di autoglorificazione (in testa soprattutto Toscana e Lombardia) e liste degli asini dove per comodità statistica erano stati concentrati istituti con specialità di eccellenza come ad esempio la Chirurgia del San Filippo Neri di Roma. Come ha riaffermato con forza il presidente dell'Agenas, Giovanni Bissoni: «Non si tratta di estrapolare o, peggio, inventare classifiche, ma di fornirsi di un quadro che descriva lo stato dell'arte, perché i dati che si ricevono sono difficilmente comparabili e riguardano troppi indicatori. In sostanza un ospedale eccellente per alcune cure può segnare un valore negativo, per cattiva amministrazione ma anche per motivi legati al fatto che proprio in quella struttura cercano assistenza i malati più gravi, peggiorando i risultati, ad esempio, sulle complicanze e la mortalità». Per capire la valenza di questi strumenti bisogna studiare che la loro introduzione negli anni Novanta è stata collegata all'esigenza di monitorare l'efficienza, il valore, la congruità dell'offerta medica, sulla base di parametri omogenei, valutazione dei tempi, durata della degenza, utilizzo dei posti letto e delle sale operatorie. I servizi sanitari di tutto il mondo occidentale hanno realizzato negli anni Novanta strumenti e metodi di verifica e valutazione di efficienza come quelli legati ai costi economico finanziari, ma anche efficienza organizzativa come indicatori di strutturae di processo, tempi di attesa, durata della degenza, tassi di utilizzo dei posti letto e delle sale operatorie, tempo di rotazione e turnover. Di qui si può definire il "prodotto" sanitario. Il tempo e la tempestività sono una variabile fondamentale per il buon esito delle cure e trattamenti sanitari. Per esempio nel caso della frattura del collo del femore le valutazioni hanno dimostrato che fare l'intervento entro le 48 ore dal trauma determina un buona guarigione e che, se invece si interviene più tardi, l'esito può essere molto cattivo o infausto e causa di complicanze. Ovviamente la tempestività è il risultato non solo e non tanto della capacità dell'ortopedico o della intera équipe ma anche dell'intero processo assistenziale che in questo caso specifico è determinato dall'integrazione del lavoro di tantissimi medici e infermieri di pronto soccorso, anestesia, geriatria, radiologia, sala operatoria, che devono coordinarsi e cooperare per raggiungere questo obiettivo che devono riconoscere come proprio. Lo stesso indicatore di tempo viene utilizzato per la colecistectomia laparoscopica, intervento di calcoli della colecisti per via laparoscopica, in cui invece si misura il tempo di degenza dopo l'intervento che non deve superare le 48 ore. Anche in questo caso si è dimostrato che tanto più elevata è la qualità dell'atto chirurgico tanto migliore è l'evoluzione positiva del decorso e la dimissione del paziente entro un tempo breve. Per questo motivo in Europa si incomincia addirittura a misurare la casistica e i volumi trattati per operatore e non solo per équipe. Mentre nel nostro Paese applichiamo la misura dell'esito solo all'intero nosocomio e questo rappresenta un grosso limite di valutazione perché dove gli ospedali presentano numerose unità operative e quindi vi è frammentazione in numerose équipe si perde completamente il senso e il valore di questo indice. Questi indicatori sono però uno strumento straordinario per conoscere la qualità delle nostre strutturee lo scopo della loro pubblicazioneè quello di provocare una programmazione più corretta e superare le barriere culturali e di potere che la bloccano. Basta farne buon uso. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 43 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LINEA DI CONFINE 03/10/2013 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 60 (diffusione:309253, tiratura:418328) Maurizio Tropeano Alla vigilia della decisione del Tar sul futuro del servizio oncologico dell'ospedale Valdese - l'udienza è fissata il 9 di ottobre - ieri, nel corso della riunione della commissione sanità sono stati diffusi dei dati sullo svolgimento delle mammografie che mettono in evidenza quantomeno la dispersione del servizio e l'aumento delle liste d'attesa. Ad oggi, infatti, all'interno dell'ambito territoriale dell'Asl Torino 1 mancano all'appello diecimila mammografie diagnostiche. Ecco i numeri: nei primi sette mesi del 2012 furono effettuati 13 mila esami, 6800 al Valdese e 1300 al Martini a cui si aggiungono altri 4500 screening del gruppo del valdese. L'unico dato disponibile quest'anno per lo stesso periodo è quello del Martini : 2200. Monica Cerutti, capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà in consiglio regionale lancia l'allarme: «Rispetto al primo semestre del 2012 mancherebbero all'appello le diecimila diagnosi al seno del Valdese che non sarebbero state realizzate da altre strutture. Vorremmo essere smentiti per non dichiarare a rischio a Torino la salute delle donne». In teoria quelle analisi potrebbero essere state effettuate nelle altre strutture ospedaliere della città. «Un dato - spiega l'ex assessore alla Salute Eleonora Artesio - difficile da dimostrare perché mette in gioco la privacy delle paziente. E comunque è evidente che la scelta di chiudere il Valdese si sta dimostrando sempre di più come sbagliata perché non vengono garantiti gli stessi livelli di assistenza e si registra una dispersione delle pazienti e un allungamento delle liste d'attesa». La Giunta, comunque, è intenzionata ad andare avanti e ieri ha illustrato il trasferimento degli otto medici specializzati nelle tre strutture (due lavoreranno al Mauriziano, 2 al San Luigi e 4 al Martini) che formeranno il dipartimento sperimentale interaziendale di oncologia. Nino Boeti (Pd) attacca: «Questo trasferimento, se concretizzato, segnerebbe la fine del tanto sbandierato progetto di "breast unit" che doveva sorgere al Sant'Anna, con la collaborazione proprio degli oncologi del Valdese, in modo da poter valorizzare la loro competenza senologica e poter continuare ad assistere le pazienti seguite in quell'ospedale». La prossima settimana il Tribunale Amministrativo regionale si dovrà pronunciare sul ricorso presentato a nome di un comitato di pazienti e dipendenti del Valdese che chiede ai giudici amministrativi di bloccare lo smantellamento di questa struttura. Gli avvocati della Regione dovranno dimostrare che la riorganizzazione del servizio ha permesso di mantenere gli stessi livelli di qualità e assistenza garantiti dal Valdese. La protesta delle donne La decisione della giunta regionale di chiudere l'ospedale Valdese ha portato proteste e ricorsi al Tar I giudici amministrativi si pronunceranno il 9 ottobre La protesta delle donne La decisione della giunta regionale di chiudere l'ospedale Valdese ha portato proteste e ricorsi al Tar I giudici amministrativi si pronunceranno il 9 ottobre SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 44 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Valdese, mancano all'appello diecimila mammografie 06/10/2013 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 42 (diffusione:309253, tiratura:418328) Niente certificato anti-incendi Indagato il direttore del Cto Sede del Centro grandi ustionati, colpito in passato da alcuni incendi di probabile origine dolosa, il Cto non avrebbe mai chiesto il certificato di prevenzione incendi. È l'accusa che la procura di Torino contesta ad Angelo Del Favero, direttore generale della Città della Salute, che è stato iscritto sul registro degli indagati. Il fascicolo del procuratore Raffaele Guariniello ha origine da una segnalazione dei vigili del fuoco, titolari del rilascio del certificato obbligatorio che attesta il rispetto delle prescrizioni antincendio e la sussistenza dei requisiti di sicurezza. L'ospedale avrebbe presentato, a partire dal 2002, tre progetti di adeguamento dell'impianto esaminati e restituiti con alcune prescrizioni da parte dei vigili del fuoco: ma manca un documento che attesti che quei lavori siano stati effettivamente eseguiti. Foto: Il Cto di Torino SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 45 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Diario Inchiesta di Guariniello 07/10/2013 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) Veronesi: "Perché difendo l'eutanasia" La demotivazione alla vita è un problema vero Va aperto un serio dibattito Flavia Amabile Dopo il suicidio di Lizzani, l'oncologo Veronesi, chiede che si torni a parlare della legge sulla «fine-vita». A PAGINA 15 Veronesi: "Perché difendo l'eutanasia" Umberto Veronesi non ci sta. Ex ministro della Sanità, oncologo, autore di testi sul diritto all'eutanasia, chiede che si torni a parlare della fine della vita perché morti come quella del regista Carlo Lizzani sono anche «una forte forma di denuncia e di protesta». Lo ha sostenuto anche il figlio: se in Italia fosse stato possibile, il padre avrebbe chiesto l'eutanasia. «Purtroppo, invece, in Italia, e anche in molte parti d'Europa, il diritto di morire con dignità è una conquista ancora da fare,. Non è possibile immaginare Mario Monicelli che si alza dal letto di un ospedale, che apre la finestra e si butta giù o i tanti che lo fanno senza avere titoli di giornale. Ci sono mille modi di interrompere la propria vita più serenamente. E' necessario avviare un dibattito serio». Un terzo dei suicidi è a carico di chi ha più di 65 anni e metà degli anziani soffre di depressione. «E' un problema vero ma non parlerei di depressione, piuttosto di demotivazione alla vita. Sono persone che pensano: sono anziano, non sto bene, sono di peso alla società e alla famiglia, perché devo vivere? È stata presentata una richiesta di legge di iniziativa popolare. Sono state raccolte le firme e presentate. Se si dovesse avviare l'iter di legge si parlerà finalmente di questo complesso tema, e poi tutto è possibile, anche che la legge possa essere approvata. Non dimentichiamo quello che accadde negli anni Settanta con l'interruzione di gravidanza». Sia in quel caso che ora si tratta di un problema molto sentito dagli italiani. In tanti hanno un parente anziano che non ce la fa più e minaccia di farla finita. «Abbiamo 3mila suicidi in Italia, tutti purtroppo tragici. La maggior parte si impiccano o si buttano giù dalla finestra. Sono un po' di meno quelli che si asfissiano con il gas perché è un'operazione lunga, complessa. Ancora di meno quelli che usano i barbiturici perché spesso non funzionano. Rari quelli che si ammazzano con un colpo di pistola perché le armi non si trovano facilmente. È un insieme di vicende tragiche su cui dovremmo ricominciare a riflettere. Se si è stanchi di vivere si ha anche il diritto di andarsene, la vita è un diritto ma non un dovere. Nessuno può toglierti la vita, ma decidere di troncarla da soli è un diritto». I cattolici sostengono che la vita sia un dono e di conseguenza non si è liberi - né prima della nascita né dopo - di interromperla. «È verissimo ma esiste anche l'autodeterminazione. Ed in Italia esistono dieci milioni di atei e agnostici e milioni di persone che professano religioni diverse. Quindi chi è fedele agli insegnamenti della Chiesa li segua ma non può pretendere di invadere la legge civile. Chi non è credente ha il diritto di non ascoltare i dettami della religione». Bisognerebbe provare a vivere sempre e comunque. «La decisione spetta solo a noi, non è giusto mettere la nostra vita nelle mani di medici che ci torturano con macchine capaci di far vivere un corpo senza coscienza, senza ricordi, senza pensieri. È una forzatura, bisognerebbe assecondare la natura. Eutanasia è un pessimo termine, preferisco parlare di desistenza dalle cure, di aiutare a morire». Qualsiasi sia il termine che cosa direbbe agli italiani che non hanno più voglia di vivere? «Di procurarsi una corda o di aprire una finestra: non c'è altra soluzione legittima o accettabile. È assurdo perché uccidersi non è reato, anche il tentato suicidio non è punibile. Allora perché è reato aiutare qualcuno se questa persona ha scritto chiaramente qual è la sua volontà?» Dibattito aperto L'intervista all'oncologo Umberto Veronesi segue il dibattito sul suicidio di Carlo Lizzani, aperto ieri sulla prima pagina de «La Stampa» con gli articoli del direttore Mario Calabresi e dell'editorialista Ferdinando Camon. Foto: Umberto Veronesi Foto: Lizzani sul set di «Hotel Meina»: si è suicidato l'altro ieri a 91 anni Ex ministro Umberto Veronesi conduce da anni una battaglia a favore dell'eutanasia SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 46 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA - IL CASO LIZZANI 06/10/2013 Il Messaggero - Roma Pag. 43 (diffusione:210842, tiratura:295190) Ma ci sono da pagare ancora 15 milioni per i ricoveri dei libici L'OSPEDALITÀ PRIVATA SCRIVE ALLA BONINO: «ALMENO 20 STRUTTURE DELLA CAPITALE LAMENTANO CRONICI RITARDI NEI PAGAMENTI» Il momento è critico, per tutti. Così l'Associazione Italiana dell'Ospedalità Privata - di cui fanno parte diverse strutture convenzionate del Lazio - ha appena inviato una lettera al ministro degli Esteri Emma Bonino nella quale si chiede di intervenire per «saldare una parte consistente dei crediti vantati, circa 10/15 milioni di euro) per la cura e l'assistenza sanitaria in Italia di cittadini libici vittime del conflitto». Il saldo tecnicamente spetta all'ambasciata di Libia a Roma, con cui nel 2010 era stato siglato un accordo per l'assistenza sanitaria dei rifugiati, ma l'A.I.O.P. non avendo ricevuto alcun versamento, con questo documento auspica una risoluzione immediata grazie alla mediazione del ministero degli Affari esteri. L'associazione, che accoglie più di 110 strutture sanitarie e socio-sanitarie associate con 9.200 posti letto e oltre 12.000 addetti, ha promosso fin da ottobre 2011 - nel quadro dell'azione umanitaria per la cura e l'assistenza sanitaria in Italia di cittadini libici vittime di guerra - interventi volti a reperire e mettere a disposizione posti letto nella Regione Lazio e in particolare a Roma, professionalità mediche ed infermieristiche, protesi, ausili e medicinali. Nella lettera si legge che «si è trattato per la maggior parte dei casi di interventi chirurgici molto complessi con degenza media di 3/6 mesi. Almeno 20 strutture di Roma ci hanno rappresentato le problematiche complessive relative ai pazienti libici ricoverati (diverse centinaia), lamentando, tra l'altro, un cronico e sistematico ritardo nei pagamenti in molti casi fermi a marzo del 2012». Proprio per questo «abbiamo chiesto - si legge ancora nel documento - un autorevole e risolutivo intervento, da parte dell'Ambasciata di Libia a Roma, che potesse almeno saldare una parte consistente dei crediti vantati (stimati nell'ordine dei 10/15 milioni di euro) dalle strutture nostre associate e non, fatte salve le azioni individuali da intraprendere per il recupero delle somme fatturate e non riscosse». Ad oggi non è pervenuto alcun cenno di riscontro. «Abbiamo coinvolto il Ministero degli Affari Esteri - conclude la nota - e chiesto l'intervento del Ministro Emma Bonino per alleviare la situazione economica delle case di cura, tra cui qualcuna è in serissima crisi, con la successiva predisposizione di una convenzione che possa prevedere una piattaforma comune e tariffaria da sottoporre alle case di cura per il ricovero dei pazienti libici che continuano a richiedere di essere ricoverati presso le nostre strutture (altri 400 pazienti hanno fatto domanda e sono in attesa di ottenere in visto d'ingresso in Italia)». Jessica Faroni, presidente dell'Associazione Italiana Ospedalità Privata, firmataria della lettera spedita alla Bonino, sottolinea che «siamo stati i primi a siglare questo accordo e vogliamo essere d'aiuto alla Libia. Ricordo però che questa è anche un'opportunità per lo Stato per creare posti di lavoro». Michele Galvani Foto: Il ministero degli Esteri SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 47 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA POLEMICA 05/10/2013 Il Giornale - Milano Pag. 5 (diffusione:192677, tiratura:292798) La frase choc del medico indagato «Chi entra in ospedale è già morto» ALLO IEO Il marito di una paziente deceduta presenta un esposto e fa scattare l'indagine per omicidio colposo Enrico Lagattolla Una lunga malattia. Le cure, estenuanti e dolorose. E infine la morte. Ora, anche un'inchiesta della Procura per fare luce sul decesso di una donna curata allo Ieo, l'Istituto europeo di oncologia fondato dal professor Umberto Veronesi, centro medico di eccellenza e luogo di speranza per migliaia di persone colpite da tumore. Ipotesi di reato: omicidio colposo. E indagato è Franco Nolé, direttore dell'Unità di cure mediche del centro di via Ripamonti, specializzato - si legge nel suo profilo - nello «studio e la cura del carcinoma mammario metastatico con particolare riguardo allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche nella malattia avanzata», un percorso professionale che dagli esordi nella divisione di oncologia medica dell'Istituto nazionale tumori di Milano è approdato a una dei più prestigiosi e rinomati centri per la cura delle neoplasie. Nolé, dunque, è stato denunciato dal marito della signora. Che in un esposto ora contenuto nel fascicolo aperto dal pubblico ministero Piero Basilone racconta il penoso calvario verso la fine. E una frase - terribile che Nolé gli avrebbe detto perché si rassegnasse alla scomparsa della moglie. «Chi entra allo Ieo è già morto». Proprio per un tumore al seno, la paziente era entrata allo Ieo nel lontano 2008. Quell'anno, venne sottoposta a un intervento di asportazione della mammella. Sembrava essere andato tutto bene. La storia raconta altro. Di lì a qualche anno - siamo nel 2011 - compaiono di nuovo i sintomi della malattia. La donna torna all'Istituto di oncologia, e nel 2012 viene sottoposta a un primo ciclo di chemioterapia. Ma non è abbastanza. I medici, infatti, decidono che la cura deve essere ripetuta anche nei primi mesi di quest'anno. Senza che risulti efficace. Perché la signora muore il 21 giugno scorso all'età di 66 anni. Secondo il marito, però, i sintomi patiti dalla donna sarebbero male interpretati, così come sarebbero state sbagliate sia la diagnosi sia la terapia. E così, assistito dall'avvocato Benedetto Tusa, l'uomo ha presentato una denuncia in Procura. E a fare più impressione è proprio quella frase ripostata nell'esposto, che sarebbe stata pronunciata da Nolé. «Chi entra allo Ieo è già morto». Parole non rilevanti da un punto di vista penale, ma spietate e in totale contraddizione con la missione stessa dell'Istituto di oncologia riassunta nella carta dei servizi: «Una delle nostre priorità è l'attenzione a erogare prestazioni di alta qualità ponendo al centro del percorso assistenziale i bisogni del paziente». Ad ogni modo, nelle scorse settimane il pm Basilone ha disposto l'acquisizione della cartella clinica della paziente, per capire se effettivamente da parte di Nolé e del suo staff ci sia stata - per usare l'arida formula utilizzata nei casi di colpe mediche - «negligenza o imperizia» nella cura della donna. Resta, al momento, la pesante accusa di omicidio colposo contestata al dottore, e la denuncia di un uomo che non si è rassegnato alla scoparsa della moglie. Foto: BUFERA L'Istituto europeo di oncologia fondato da Umberto Veronesi SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 48 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INCHIESTA 06/10/2013 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:192677, tiratura:292798) Stimolazione plantare per aiutare la mobilità Luisa Romagnoni Nella gestione della malattia di Parkinson, la terapia riabilitativa, sta conquistando un ruolo sempre più importante. Con efficaci approcci, che si integrano alle cure farmacologiche e aprono nuove prospettive, sul recupero della funzionalità motoria del paziente. Quest'ultimo, oggi è sempre più giovane. Secondo statistiche, un paziente parkinsoniano su 10 ha meno di 40 anni ed uno su 4 ne ha meno di 50. La nuova frontiera della riabilitazione per il Parkinson, si chiama Foot mechanical stimulation (Fms), o stimolazione meccanica plantare. Una terapia riabilitativa che si basa su una stimolazione del sistema nervoso periferico, mediante impulsi meccanici, controllati in specifiche aree dei piedi, erogati attraverso un innovativo dispositivo medico portatile, denominato Gondola. L'apparecchiatura, utilizzata a domicilio, viene calzata come una sorta di plantare tecnologico. É progettata per l'autoregolazione della stimolazione, sulla base delle esigenze del paziente ed è compatibile con le cure farmacologiche e i dispositivi elettromedicali. Un ciclo di terapia dura meno di due minuti, i benefici permangono almeno due giorni e fino a un massimo di sette dall'applicazione. Poi occorre ripetere il trattamento. Sia la Fms che il dispositivo Gondola sono frutto della ricerca di Ecker Technologies. Adesso, a quasi un anno dalla prima pubblicazione sugli effetti della Fms, su persone affette da Parkinson, una nuova sperimentazione, ha verificato l'efficacia delle terapia, con il dispositivo Gondola. Si tratta di uno studio clinico condotto dal professor Fabrizio Stocchi, direttore del centro di ricerca sul Parkinson e sui disturbi motori, del San Raffaele di Roma. I dati emersi sono positivi: indicano un miglioramento pari al 25 per cento della sintomatologia parkinsoniana, un incremento del 27 per cento della velocità di cammino e del 15 per cento dell'allungamento del ciclo del passo. «I risultati dello studio, misurati anche utilizzando la tecnologia della Gait Analysis, in collaborazione con il Politecnico di Milano, sono stati molto interessanti», spiega Stocchi annunciando l'avvio di uno studio multicentrico che coinvolgerà tre università italiane e centri di ricerca neurologici. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 49 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PARKINSON 06/10/2013 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:192677, tiratura:292798) Muoversi per non cadere L'esercizio fisico aumenta la forza muscolare e dà sicurezza alla camminata Luigi Cucchi Ogni anno un terzo delle persone over 65 e ben la metà degli over 80 perde l'equilibrio e cade. É un fenomeno in grande crescita in tutta Europa tra la popolazione anziana. Le conseguenze sono spesso fatali. Per un anziano la rottura di un femore è ad alto rischio, provoca lunghe immobilità e in oltre il 50% dei casi non presenta possibilità di recupero. Fondamentale l'attività di prevenzione delle cadute attraverso l'abitudine a costanti esercizi. Lo scorso 1 ottobre, in occasione della Giornata internazionale dell'anziano, istituita dall'Onu nel 1988, si è discusso sul rischio di cadute e su come evitarle. Molti studi hanno dimostrato che tale rischio è più frequente negli anziani che hanno già subito cadute in precedenza, che hanno problemi di deambulazione, in coloro che necessitano di ausili per il cammino, o che hanno avuto un ictus, o soffrono di malattia di Parkinson o ancora di artrite o demenza. É più alto in presenza di terapie farmacologiche, incontinenza, problemi alla vista o di equilibrio, è il caso di persone affette da disabilità cronica (sclerosi multiple, paralisi). Il Gruppo di lavoro European Innovation Partnership on Active and Healthy Ageing - Action on Falls Prevention è stato attivato nell'aprile del 2012. L'obiettivo del Gruppo è fare in modo che si arrivi ad aumentare l'aspettativa di vita di due anni entro il 2020, con un beneficio a livello di qualità di vita, di utilizzo delle risorse socio-sanitarie e in favore dell'innovazione e della crescita economica. Al Gruppo partecipano oltre 70 organizzazioni europee, incluse università, gruppi di ricerca, enti pubblici, industrie, organizzazioni non governative. L'obiettivo è l'identificazione delle best practices e l'introduzione di programmi operativi. «Le cadute e le disabilità conseguenti non sono una parte inevitabile dell'invecchiare»,afferma la dottoressa Isabella Springhetti, dell'Unità operativa di recupero e rieducazione funzionale della Fondazione Maugeri di Pavia, una struttura che ha come obbiettivo anche la riduzione delle cadute. «Si può invecchiare, pur in presenza di una o più patologie senza incorrere nella caduta e soprattutto nelle conseguenze che questa porta con sé: si va da una restrizione dell'autonomia precedente causa l'insorgere della cosiddetta sindrome «Paura di cadere» fino a conseguenze ben più serie come fratture, lesioni dei tessuti molli, ematomi cerebrali o esiti diretti come polmoniti, o decubiti per incapacità di rialzarsi». Si devono ridurre al minimo i momenti di sedentarietà in favore di una giornata più attiva: sono raccomandati almeno 150 minuti di esercizio di moderata intensità nel corso della settimana, suddivisi in sessioni della durata di almeno dieci minuti, soprattutto per aumentare forza ed equilibrio. Fondamentale è la collaborazione che si è creata a livello europeo all'interno del network ProFouND (the Prevention of Falls Network for Dissemination) diretto dal professor Chris Todd e costituito dalla Comunità Europea. «In questo contesto la nostra Unità Operativa continua la dottoressa Springhetti - si occupa di educare personale sanitario con corsi dedicati alla valutazione del rischio ed alla prevenzione e trattamento di disturbi dell' equilibrio. Per i pazienti già incorsi in episodi di caduta, vi sono programmi riabilitativi e controlli periodici». All'interno della Fondazione Maugeri è attiva la collaborazione tra il Politecnico di Milano e l'istituto scientifico di Lumezzane per i pazienti ad alto rischio di caduta (con ictus o già fratturati) che dopo la dimissione dall'ospedale sono monitorati al domicilio con un sistema di teleassistenza on line. Foto: ATTIVITÀ Almeno venti minuti di esercizi quotidiani consentono alle persone anziane di mantenere equilibrio e mobilità due fattori di autonomia SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 50 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato medicina ANZIANI Equilibrio precario dopo i 65 anni 06/10/2013 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:192677, tiratura:292798) Alle Molinette stimoli elettrici per curare la distonia Gloria Saccani Jotti Nuove possibilità di cura a Torino ed in Piemonte per i pazienti affetti da distonia, un gruppo di malattie neurologiche caratterizzate dalla presenza di contrazioni muscolari involontarie e protratte, che determinano posture gravemente alterate e movimenti anomali spesso dolorosi. L'équipe neurochirurgica-neurologica dell'ospedale Molinette di Torino ha portato a termine, per la prima volta in Piemonte e tra le prima in Italia, con successo un delicato intervento chirurgico stereotassico su una giovane paziente torinese di 23 anni affetta da distonia primaria generalizzata. «Grazie alla tecnica stereotassica che consente un'estrema precisione chirurgica abbiamo posizionato - afferma il professor Michele Lanotte, neurochirurgo - due elettrodi del diametro di poco più di 1 mm nel cervello della paziente, più precisamente nel nucleo pallido interno. Gli elettrodi sono stati poi collegati ad un piccolo pacemaker posizionato in regione toracica e fornito di batteria ricaricabile periodicamente da parte della stessa paziente. É una tecnica di neuromodulazione: gli elettrodi alimentati dal pacemaker producono uno stimolo elettrico sul nucleo pallido, ripristinando un corretto funzionamento dei circuiti neurologici alterati dalla malattia. «L'intervento rientra tra le procedure di stimolazione cerebrale profonda, conosciute anche come DBS dall'acronimo anglosassone Deep Brain Stimulation, utilizzate per il trattamento chirurgico della malattia di Parkinson in fase avanzata, per il quale l'ospedale Molinette è un Centro di riferimento nazionale. «La distonia - afferma il professor Leonardo Lopiano - è una malattia che può colpire qualunque parte del corpo, braccia, gambe, tronco, palpebre, viso e perfino corde vocali. Ne sono affette in Italia circa 25mila persone e nelle forme primarie generalizzate, come nel caso della giovane paziente, si tratta spesso di una malattia genetica e dunque ereditaria. Può essere fortemente invalidante e pregiudicare la qualità di vita dei pazienti che ne sono affetti. Quando le terapie mediche si rivelano insufficienti, l'intervento chirurgico rappresenta l'unica strada percorribile». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 51 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Malati & Malattie 05/10/2013 QN - Il Resto del Carlino - Ancona Pag. 11 (diffusione:165207, tiratura:206221) Il consigliere regionale Idv: «Nessuna risposta da Mezzolani» Stefano Strano «LE MARCHE, senza un valido motivo scientifico, spendono il doppio rispetto alla media delle altre regioni nella somministrazione dell'ormone della crescita (Growth Hormone GH), secondo gli ultimi dati dell'Istituto superiore della sanità Istisan, relativi al 2009 e al 2010. Posso solo sperare che questo farmaco non sia prescritto a bambini che non ne hanno bisogno». Il presidente del gruppo consiliare di Italia dei Valori Paolo Eusebi non usa perifrasi su questo medicinale ed esprime sospetti su una prescrizione, a suo dire, «quantomeno anomala e opaca». L'antecedente è una vicenda assurta agli onori della cronaca nazionale quasi un anno fa, con risvolti locali descritti anche sulle pagine del Carlino: si tratta dell'operazione "Do ut des" condotta dai carabinieri del Nas di Bologna che ha visto coinvolti 67 camici bianchi in tutta Italia - cinque dei quali marchigiani, accusati di aver ricevuto da 12 informatori scientifici della casa farmaceutica Sandoz somme di denaro, viaggi all'estero e oggetti di valore per 500mila euro, con reati ipotizzati di truffa al Servizio sanitario nazionale, comparaggio, associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e falso. Il presidente del gruppo consiliare Idv si è rivolto più volte, invano, ai dirigenti della sanità marchigiana: «Nessuno mi ha mai risposto - ha spiegato Paolo Eusebi -. Ho scritto anche all'assessore Almerino Mezzolani, è passato più di un mese, ma finora niente. Si potrebbero risparmiare dai 2 ai 4 milioni di euro all'anno, mentre ad oggi la Regione spende tra i 7 e gli 8 milioni di euro. Ed è stato recepito nel piano socio sanitario 2012-2014 l'emendamento che ho presentato insieme al consigliere Fabio Badiali, in cui è scritto che è da potenziare «la rete di Endorcrinologia e Diabetologia Pediatrica che ha come punto di riferimento regionale la Sod di Diabetologia Pediatrica del Salesi, anche al fine di razionalizzare la spesa sanitaria dovuta all'ormone della crescita. Questo punto è legge regionale, l'esecutivo non la applica e questo è inaccettabile. Come possiamo far accettare ai marchigiani i sacrifici derivanti da questa riforma sanitaria e poi lasciare queste sacche di opacità? Ed è quantomeno singolare che il massimo esperto regionale di Endocrinologia pediatrica, il professor Valentino Cherubini della Sod del Salesi di Ancona, non faccia parte della commissione regionale GH: è l'unico endocrinologo dell'età evolutiva e mi auguro che venga integrato in commissione al più presto». Image: 20131005/foto/118.jpg SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 52 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Eusebi: «Ormone della crescita, perché ci costa 8 milioni di euro?» 05/10/2013 Avvenire - Ed. nazionale Pag. 16 (diffusione:105812, tiratura:151233) L'ULTIMO STRAPPO LO HA FATTO L'URUGUAY ( Mi.Co. ) L'ultimo strappo è stato quello dell'Uruguay, che con la depenalizzazione dell'aborto si è unito al ristretto gruppo di Paesi latinoamericani che hanno liberalizzato l'interruzione volontaria della gravidanza. Nella lista ci sono Cuba, Guyana, Porto Rico e Città del Messico (non tutto il Paese centroamericano). Il 2 agosto in Brasile è stata approvata una legge che garantisce l'assistenza (e la cosiddetta «profilassi della gravidanza») alle donne vittime di stupro. Il timore dei militanti "pro vida" è che questa legge apra le porte alla prossima legalizzazione dell'aborto nel Paese, senza più limiti. In sette delle 34 nazioni dell'America Latina (Cile compreso) abortire è proibito in ogni caso, mentre nella maggior parte è permesso solo in situazioni d'emergenza: per salvare la vita della madre o per proteggere la sua salute (fisica e mentale). In alcune nazioni è previsto anche per ragioni socio-economiche. Il dibattito è molto acceso nella regione, ma negli ultimi tempi - parallelamente alla corrente pro-abortista - si è rafforzata anche la voce delle associazioni in difesa della vita e del nascituro fin dal suo concepimento. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 53 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato AMERICA LATINA 05/10/2013 Avvenire - Ed. nazionale Pag. 14 (diffusione:105812, tiratura:151233) Sanità sempre più multietnica. Secondo gli ultimi dati dell'Ipasvi (Infermieri, assistenti sanitari e vigilatrici d'infanzia) gli infermieri professionali sono 35mila, il 43% dei quali romeni e il 14% polacccchi e lavorano soprattutto nelle strutture del Nord e del Centro. Mentre i medici di origine straniera iscritti ai diversi ordini sono circa 15mila, nel 42,3% dei casi si tratta di donne e la fascia di età tra i quaranta e i sessantaquattro anni è la più diffusa (67,5%). In maggioranza proviene da Paesi dell'Unione o a sviluppo avanzato. È il quadro tracciato da Foad Aodi, presidente dell'Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), in occasione del convegno "Promozione della salute e Cooperazione internazionale aperto ieri a Roma". Ma non ci sono solo medici e infermieri, la quota di stranieri nella sanità comprende anche «fisioterapisti e farmacisti, con numeri che si aggirano rispettivamente intorno ai 4mila e ai 3mila e 500». «Per quanto riguarda i fisioterapisti spiega Aodi - il 60% è laureato in Italia, e proviene da Palestina, Egitto, Africa, Germania, Brasile, Argentina, Filippine e Colombia. ll 40% ha invece un diploma riconosciuto e viene da Russia, Polonia, Romania, Ucraina. La gran parte dei farmacisti, infine, è laureata in Italia ed è di origine palestinese, iraniana, greca, tedesca, africana, albanese, siriana». «Dal punto di vista lavorativo conclude molti sono presenti negli ospedali pubblici come liberi professionisti, retribuiti attraverso un sistema di gettoni o di compenso a prestazione occasionale. Una prassi parecchio diffusa anche nel privato, dove sarebbe formalmente possibile addivenire alla piena assunzione di personale straniero non comunitario. In ogni caso, la maggior parte di questi professionisti lavora presso strutture private e accreditate». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 54 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sanità, quasi 60mila gli stranieri che ci lavorano Gli infermieri professionali sono più della metà 06/10/2013 Avvenire - Ed. nazionale - roma sette Pag. 19 (diffusione:105812, tiratura:151233) Partita martedì l'iniziativa che aderisce alla campagna nazionale di prevenzione dei tumori femminili DI FEDERICA CIFELLI E' partito martedì scorso il primo «Ottobre rosa» del Lazio. La Regione, infatti, aderisce alla campagna nazionale di prevenzione, sensibilizzazione ed educazione sanitaria rivolta in maniera specifica alle donne, mettendo in rete le strutture sanitarie delle Asl e degli ospedali. Qui, fino al 31 ottobre, le donne tra i 25 e i 69 anni potranno effettuare gratuitamente la visita per la prevenzione dei tumori femminili. Nel caso in cui il risultato del primo screening risulti sospetto o dubbio, si procederà ad esami di approfondimento presso centri specializzati, dove, se necessario, potrà essere attivato anche un eventuale percorso di cura. «Ricordati di te» è lo slogan scelto per la campagna. L'obiettivo: individuare il tumore, se presente, in una fase precoce, quando è ancora molto piccolo. «In questo modo aumentano le possibilità di cure efficaci e meno aggressive», spiegano dalla Regione. Anche il Policlinico universitario Campus Bio-Medico aderisce alla campagna. A partire da martedì 8 ottobre, per tutti i martedì del mese sarà possibile effettuare uno screening senologico presso le strutture di via Alvaro del Portillo 200, a Trigoria. Sarà sufficiente prenotarsi al numero 06.225411460, dal lunedì al venerdì dalle 14 alle 16.30. «Siamo consapevoli sottolinea il responsabile dell'Unità operativa di Senologia del Campus Bio-medico, Vittorio Altomare - che la prevenzione sia l'arma più efficace per sconfiggere questo tipo di tumori. Perciò, partecipando attivamente a questa iniziativa, confidiamo di dare alle pazienti, specie quelle più a rischio, un'ulteriore occasione per prendersi cura della propria salute». Attualmente infatti nella nostra regione le donne che partecipano a programmi di screening sono solo il 40 per cento della popolazione. Un valore ben al di sotto di quello fissato dal ministero della Salute, che è p ari al 60 per cento. Il programma di screening che si attiva con «Ottobre rosa» è totalmente gratuito ed è attivo tutto l'anno. Per ulteriori informazioni è possibile contattare i numeri verdi delle Asl di appartenenza (l'elenco completo è disponibile sul sito della Regione Lazio . «La prevenzione scrivono le consigliere del Gruppo per il Lazio Avenali Bianchi, Bonafoni, Giancola e Petrangolini - è l'unica via da percorrere per abbattere definitiv amente il numero di donne colpite dal carcinoma. Una strada che permette pure di razionalizzare le risorse economiche all'interno del rinnovato scenario della sanità regionale. Invitiamo perciò tutte le donne a prenotare la loro visita rilanciando lo slogan "Ricordati di te"». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 55 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Ottobre rosa» nelle strutture sanitarie della regione 06/10/2013 Il Gazzettino - Venezia Pag. 23 (diffusione:86966, tiratura:114104) Sanità, manager accusati di truffa Tra i quattordici indagati c'è anche il portogruarese Pierluigi Fabris PORTOGRUARO - Il Centro dialisi della casa di cura "Città di Udine", la clinica privata di viale Venezia, sarebbe stato realizzato a spese del servizio sanitario regionale. Tra il 2004 e il 2012 la struttura udinese ha beneficiato di oltre 15 milioni di euro a titolo di rimborsi per le prestazioni ambulatoriali fornite ai dializzati. Secondo la Procura di Udine quei soldi pubblici non le spettavano, perché il Centro dialisi non era ancora accreditato dalla Regione e non poteva erogare prestazioni a favore del Servizio sanitario pubblico. È per questo che 14 - tra funzionari e manager della Sanità regionale - sono indagati per abuso d'ufficio e truffa aggravata ai danni della Regione. Tra questi Pierluigi Fabris, 62 anni, di Portogruaro, ex direttore amministrativo dell'azienda ospedaliera di Pordenone, ora all'Ass 4. Il quindicesimo soggetto è la stessa struttura sanitaria, a cui si contesta l'illecito amministrativo connesso all'ipotesi di truffa. Il pm Paola De Franceschi ha notificato nei giorni scorsi l'avviso di conclusione delle indagini, partite da un accertamento dei carabinieri del Nas di Udine e culminate con le pesanti accuse. Sette sono le delibere contestate dagli inquirenti. A cominciare dalla n. 721 del 10 ottobre 2003, con cui i vertici dell'Ass 4 approvano un protocollo d'intesa con la casa di cura per realizzare nella clinica privata un Centro dialisi ad assistenza decentrata. A guidare l'Ass 4 c'era Roberto Ferri, con lui firmarono i direttori ammministrativo e sanitario, rispettivamente Maria Pia Zampa e Andrea Luigi Colaretta. Per la casa di cura firmarono il presidente del Cda, Antonino Agosto, e il direttore generale Claudio Riccobon. Per la Procura si tratta di una delibera illegittima. Ass 4 e "Città di Udine" avrebbero aggirato la normativa facendo figurare tra il 2004 e il 2008 il Centro dialisi come un'emanazione dell'Azienda sanitaria, ma trasformandolo in una struttura privata, che solo nel 2012 verrà accreditata dalla Regione. Nel frattempo la Regione avrebbe sborsato 15.882.372 euro per rimborsare prestazioni ai dializzati, in realtà avrebbe coperto spese di ristrutturazione e allestimento del Centro dialisi. Nel mirino anche preventivi definiti "fantomatici", bilanci con "voci gonfiate" e non rispondenti ai costi reali. © riproduzione riservata SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 56 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Nel mirino il centro dialisi della Casa di cura privata di Udine: contestati 15 milioni 05/10/2013 Il Manifesto - Ed. nazionale Pag. 15 (diffusione:24728, tiratura:83923) La controriforma che fa la corte a 30 miliardi. Le sinistre tacciono Ivan Cavicchi Non solo Letta non l'ha mai pronunciata ma neanche i suoi oppositori che evidentemente ignorano che il Def prevede di controriformarla. La parola sanità è stata semplicemente cancellata. Ridimensionare radicalmente il diritto alla salute, previsto dalla Costituzione non è uno scherzo, significa che milioni di cittadini avranno meno aspettative di vita di altri, significa curare o non curare le persone a seconda se hanno protezioni private o sociali, significa andare verso una sanità pubblica residuale per gli indigenti,cioè i più bisognosi. La sanità è stata sussunta dal governo come una delle tante voci di spesa del calderone della spesa pubblica. Mentre l'opposizione, dal movimento 5 stelle a Sel, ha dimostrato di essere a conoscenza di niente. Altrimenti perché non parlarne? La controriforma della sanità significa: un problema di costituzionalità perché riscrive in peggio l'art 32 ; la negazione del diritto alla salute uguale per tutti, quindi l'universalismo delle cure; il superamento del sistema solidaristico, quindi della fiscalizzazione (tutele in proporzione ai bisogni pagate in proporzione al reddito) ecc. Non mi sembra una questione secondaria o almeno non meno importante degli esodati, dell'Ilva, degli F35, della Telecom e dell' Alitalia. E tuttavia in parlamento la sanità non era nell'agenda politica di nessuno, abbandonata all'incuria, alla superficialità, all'incompetenza, alla insensibilità. Aver ignorato la questione non aiuta di certo noi che su ogni fronte ci occupiamo di sanità difendendo il servizio pubblico. La politica nel suo complesso ha bucato una grossa questione etica, sociale, economica non cogliendo la possibilità di una alleanza trasversale. La controriforma di Letta oggi rappresenta la più grande contraddizione etico-sociale del Pd, tra il gruppo dirigente che tace e gli iscritti che difendono il servizio pubblico, l'universalismo, la solidarietà, i diritti. Di fronte a questo scenario sarebbe responsabile, giusto e saggio che almeno le opposizioni si informassero per aggiornare le loro lacunose posizioni politiche. E' bene sapere che la controriforma di Letta non è solo il prodotto di un liberismo di ritorno, lo stesso che continua a mettere i bastoni tra le ruote di Obama e che non ha mai sopportato si spendessero così tanti soldi pubblici per la salute delle persone, ma è soprattutto un gigantesco affare speculativo. I dati ci dicono che almeno un quarto della spesa sanitaria complessiva è a carico delle famiglie, che sono 30 i miliardi di spesa sanitaria privata causata dalle restrizioni di questi anni al servizio pubblico, sui quali, lo dice Confindustria, bisogna mettere le mani. L'88% di questa spesa, causata nel tempo da diritti perduti, è priva di intermediazione finanziaria, cioè è pagata al privato direttamente dal cittadino. L'obiettivo vero della controriforma Letta non è la bufala della sostenibilità della spesa sanitaria (in Italia è la più bassa d'Europa), ma è sostituire con i fondi integrativi il terzo pagante pubblico con il terzo pagante privato. Per fare questa operazione la controriforma Letta prevede di ridurre ulteriormente le garanzie ai cittadini per privatizzare ancora di più, per andare oltre i 30 miliardi di consumi sanitari privati già disponibili. Si tratta di un'operazione non meno rilevante della controriforma sulle pensioni. Forse proprio per questo è il silenziatore a regnare sovrano, anche in un parlamento impegnato a discutere la fiducia al governo. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 57 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SANITÀ 06/10/2013 Libero - Ed. nazionale Pag. 22 (diffusione:125215, tiratura:224026) La tolleranza che salva la vita LUCA BERNARDO* I numeri delle malattie allergiche sono in costante aumento e in particolare secondo alcune recenti stime ufficiali in Italia più di 2 milioni di persone soffrono di allergia alimentare. Nei bambini è stata registrata un'incidenza di reazioni allergiche gravi pari a circa 30/100.000 persone all'anno e in tutta Europa i ricoveri per anafilassi sono aumentati di 7 volte negli ultimi 10 anni. Vogliamo ricordare in quest'ambito anche Expo 2015 in cui viene focalizzata una sezione: "Nutri re il Pianeta" che significa garantire ai nostri bambini una alimentazione sicura, accogliendo con attenzione alla nostra tavola soprattutto chi ha una grave condizione allergica. Le difficoltà a gestire sul territorio le reazioni accidentali da ingestione di alimenti a rischio sono molteplici a partire dalla Scuola, dalla diagnosi in urgenza, dall'uso dell'adrenalina fino alla prevenzione per la presenza di tracce potenzialmente allergiche negli alimenti di largo consumo. Tutto questo si traduce in un forte disagio per le famiglie coinvolte. La Regione Lombardia è corsa ai ripari investendo sulla ricerca e, in particolare, con la collaborazione dell'A.O. Fatebenefratelli di Milano, è stata messa a punto attraverso una procedura di protocollo sicura, una desensibilizzazione orale per i bambini gravemente allergici a molti alimenti come latte vaccino, uovo e grano, come già sperimentato in pochi altri centri di eccellenza sul nostro territorio. Per primi in Italia, presso il Dipartimento Materno Infantile Fbf di Milano, sono stati desensibilizzati bambini anafilattici alla frutta a guscio e arachide e cioè quelli che sono considerati tra i cibi più a rischio. Ora che questo approccio è risultato più sicuro rispetto alla dieta di evitamento comunemente prescritta per questi bambini, il Vicepresidente della Regione Lombardia e Assessore alla Salute, Mario Mantovani, ha dichiarato: «In Regione Lombardia siamo al lavoro per rispondere con sempre più efficacia ed efficienza ai bisogni di salute dei nostri cittadini. Sosteniamo infatti con convinzione progetti ed esperienze che si pongono l'obiettivo di migliorare ed innovare stili di vita, conoscenze ed attività nel campo socio-sanitario. In particolare il tema dell'alimentazione non solo si conferma strategico per il benessere dei Lombardi, ma rappresenta uno dei principali profili di sviluppo anche in vista di Expo 2015. Sono dunque certo che in occasione di questo importante traguardo per l'Italia, Regione Lombardia potrà offrire un nuovo progetto di eccellenza, da condividere e proporre alle varie realtà formative, sociali e sanitarie del nostro Paese, dell'Europa e del mondo intero». Per la procedura di desensibilizzazione orale occorrono 5 giorni di ricovero o, nei casi meno gravi in day hospital; accertata la sicurezza dello schema terapeutico specifico per ogni bambino l'iter continuata a domicilio. Sono previsti controlli periodici e la famiglia potrà sempre contattare telefonicamente il medico responsabile del progetto. Dopo circa un anno si valuterà se è stata acquisita la tolleranza all'alimento attraverso un test di provocazione orale. A questo punto il bambino verrà riaffidato alle cure del proprio pediatra o dell'ambulatorio di allergologia pediatrica di partenza. La procedura di desensibilizzazione è solo un aspetto del progetto di Regione Lombardia e A.O. Fatebenefratelli che prevede una stretta collaborazione con la Scuola, ed insieme alle varie Asl saranno rivalutati tutti i criteri di sicurezza e di idoneità nell'accogliere il bambino, per garantire non solo la sua salute ma anche l'adeguato inserimento in tutte le attività, senza che la condizione di grave allergia alimentare possa essere un fattore limitante o discriminante. La stessa collaborazione sarà garantita anche con la Ristorazione Collettiva per specificare la dieta del bambino così da garantire la massima riduzione del rischio di esposizione anche a tracce di alimento. I rapporti con l'Università saranno finalizzati ad identificare markers sierologici predittivi della probabilità di raggiungere la tolleranza all'alimento o del rischio nell'affrontare la procedura di desensibilizzazione. * Direttore del Dipartimento Materno-Infantile A.O. Fatebenefratelli e Oftalmico SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 58 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Pillole di salute 06/10/2013 Libero - Ed. nazionale Pag. 26 (diffusione:125215, tiratura:224026) Malattie vascolari, italiani in pole position FLAVIO PEINETTI* Le malattie vascolari arteriose periferiche, in genere dovute all'arteriosclerosi, sono in crescita esponenziale nel nostro Paese per il costante incremento della vita media, delle malattie correlate (diabete, ipertensione, ipercolesterolemia) e delle cattive abitudini (fumo, obesità, sedentarietà). Sono tra le prime cause di morte e invalidità. Quelle venose, in genere le varici degli arti, le ulcere e le flebiti, sono ad altissimo impatto socioeconomico e causa di invalidità cronica. Le stime di spesa per cure dirette - per ricoveri - e indirette - per terapie croniche e controlli - sono ingenti, tema questo sempre più attuale in periodo di spending review. L'OMS ha posto la lotta contro le malattie vascolari tra gli obiettivi primari del nuovo millennio. Una speranza viene dalle nuove tecnologie di trattamento dei pazienti, sempre meno invasive e innovative e a ricovero breve e dalle nuove tecnologie di informazione e comunicazione in tempo reale (Network), sempre più performanti. Per le prime (di trattamento) i centri di chirurgia vascolare endovascolare in Italia sono tra i primi al mondo per qualità di processo e risultati. Per le seconde (di network) è appena iniziata la messa in Rete di centri, strutture, operatori e istituzioni, che porterà a quella che alcuni sociologi definiscono come 'intelligenza collettiva, distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, con mobilitazione effettiva delle competenze'. Nel suo XII congresso nazionale in corso a Bari, presso Hotel Sheraton Nicolaus fino all'8 ottobre, la Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare (SICVE) fa il punto, chiamando a conclave i massimi esperti in chirurgia vascolare nazionale e internazionale e in specialità affini (neurologia, flebologia, cardiologia interventistica, radiologia interventistica, anestesiologia, diagnostica vascolare, studio delle malformazioni, studio delle ulcere, scienze infermieristiche). Tra l'altro vengono anche sperimentati i nuovi mezzi di comunicazione digitale interattiva (SICVE 2.0 - stand espositivo) mediante APP, twitter, facebook, web forum, web conference, cartelle web condivise, blog, e altri ancora. Interessante è anche il contributo che portano le istituzioni (Ministero, Regioni, Agenas, Università, Assobiomedica e Alice, associazione dei pazienti con cui SICVE firmerà un'intesa) in un interessante Talk Show proprio domani, Lunedì 7 ottobre dalle 14.30 alle 16.00, al quale sono invitate anche le testate giornalistiche e a seguito del quale il sottoscritto, presidente della SICVE, incontrerà i rappresentanti della stampa in una conferenza prevista alle 16,15 presso la sede congressuale. * Presidente della Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare (SICVE) Foto: Flavio Peinetti SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 59 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato A Bari il XII congresso della Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare 06/10/2013 Libero - Ed. nazionale Pag. 26 (diffusione:125215, tiratura:224026) Atrial Fibrillation Association e Boston Scientific collaborano contro il rischio di ictus nel mondo (D. C.) La Atrial Fibrillation Association (AF-A) ha annunciato la collaborazione con Boston Scientific Corporation per aumentare la consapevolezza sul disturbo del ritmo cardiaco più comune - la fibrillazione atriale - che colpisce più di 71 milioni di individui nel mondo. Associata a un rischio elevato di insuff icienza cardiaca, disfunzione cognitiva e morte prematura è la principale causa cardiovascolare dell'ictus, e ne determina un aumento fino al 500%. L'annuncio è stato dato ad Amsterdam al congresso della European Society of Cardiology (Esc) e mira a risolvere le inefficienze in termini di cura e trattamento della FA per ridurre l'incidenza dell'ictus correlato a FA, attraverso un maggiore impegno di sensibilizzazione e informazione al pubblico. «Siamo lieti di sviluppare questa collaborazione - ha detto la fondatrice e presidente della AF Association, Trudie Lobban MBE - per aumentare la conoscenza dei rischi della FA e le opzioni terapeutiche disponibili per la gestione dei pazienti affetti da FA che hanno già subito, o sono a rischio di subire, un ictus correlato a FA. Riteniamo che questa sia un'alleanza innovativa che unisce il cuore e il cervello per stimolare l'impegno comune sul fronte degli ictus invalidanti - e potenzialmente fatali - correlati alla FA, tre quarti dei quali potrebbero essere evitati». «Continuiamo a sviluppare soluzioni tecnologiche per gestire l'ictus correlato a FA - ha sottolineato il Global Chief Medical Officer di Boston Scientific, il dottor Keith Dawkins - Insieme, speriamo di ridurre l'impatto di questa patologia sulla vita dei pazienti». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 60 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Patologia che rappresenta il 2-3% della spesa sanitaria europea 06/10/2013 Il Secolo XIX - Genova Pag. 21 (diffusione:103223, tiratura:127026) «Kit per diabetici, risarcite 4,5 milioni» La Corte dei conti ha chiesto la condanna per cinque ex direttori e dirigenti della Asl 3 GUIDO FILIPPI LA STANGATA è servita e la sentenza è in arrivo. Si è concluso il processo della Corte dei conti a cinque manager e dirigenti della Asl 3 (quasi tutti ex) che tra il 2006 e il 2008 hanno gestito la gara d'appalto delle strisce per diabetici. Sono passati gli anni ma il tema è sempre attuale e da alcuni mesi se ne stanno occupando i carabinieri del Nas, su delega del pubblico ministero Sabrina Monteverde che vogliono far luce sul caso degli "aghi coreani". Nel frattempo con il calendario della magistratura contabile è arrivata al dibattimento finale l'indagine che era stata portata avanti dalla Guardia di finanza. Il pubblico ministero Gabriele Vinciguerra ha chiesto, a conclusione di una lunga requisitoria, quattro milioni e mezzo di danno erariale al management che all'epoca aveva gestito la gara per tutta la Liguria. I cinque sono: Alessio Parodi (ex direttore generale della Asl 3 e ora all'Evangelico di Castelletto e di Voltri), Francesco Quaglia (ex responsabile amministrativo della Asl 3 e ora direttore dell'Agenzia regionale sanitaria), Giorgio Sacco (ex direttore del Provveditorato della Asl 3 e da un anno al timone della Centrale regionale acquisti), Marco Comaschi (ex direttore sanitario della Asl, poi primario del San Martino Ist e ora in pensione) e Mario Fisci che aveva preso il posto di Comaschi e ora dirige la direzione sanitaria del Villa Scassi di Sampierdarena». Ai cinque, assistiti dagli avvocati Piergiorgio Alberti e Luigi Cocchi, è stato contestato di aver acquistato le strisce per i diabetici, trattando il prezzo direttamente con le ditte, senza una gara d'appalto. Sacco, identificato come il regista della contestata operazione, rischia (se dovesse essere condannato) di dover risarcire oltre un milione di euro. La Corte dei conti ha contestato, a tutti ma in misura diversa, il metodo e il mancato rispetto delle procedure. L'indagine era partita da una denuncia interna e dopo mesi di scontri tra Asl e Regione. L'allora direttore della Centrale acquisti Lionello Ferrando, deceduto nel novembre 2010, si era rivolto al nucleo di polizia tributaria perché non riusciva ad acquistare i test e in contemporanea aveva aperto un'inchiesta anche il pubblico ministero Paola Calleri e iscritto nel registro degli indagati per abuso d'ufficio sette dirigenti, compresa la terza guidata da Renata Canini che, nel luglio 2008 aveva sostituito Parodi al vertice della Asl 3. La requisitoria del pm Vinciguerra è stata seguita dalle difesa dei due avvocati che hanno ricordato anche come si erano organizzate le altre Regioni per acquistare le strisce con tanto di prezzi. La distinzione primaria è quella fra distribuzione «diretta», gestita in prima persona dalle Asl, e «indiretta», comprensiva di rimborsi successivi. Ma l'elemento più importante è il costo d'ogni singola striscia, pure questo suddiviso con criteri territoriali. La Liguria non sarebbe stata in una posizione particolarmente critica, abbondantemente superata per esborso - fra le altre - da Friuli, Lombardia, Lazio, Marche, Piemonte. Il prezzo medio nazionale era di 65 centesimi (Iva inclusa), mentre a Genova risultava di 0,437. Insomma il management della Asl 3 aveva fatto risparmiare la Regione. Ora l'ultima parola spetta ai giudici della Corte dei conti. Foto: Alessio Parodi, ex direttore Asl 3 Foto: Marco Comaschi, ex direttore sanitario SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 61 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'AZIENDA SANITARIA AVEVA ACQUISTATO LE STRISCE SENZA GARA D'APPALTO. PROSEGUE L'INCHIESTA SUGLI AGHI COREANI IL CASO 05/10/2013 Il Tempo - Roma Pag. 1 (diffusione:50651, tiratura:76264) Policlinico Tor Vergata al collasso Erica Dellapasqua Sino a 90 pazienti in un reparto che potrebbe ospitarne al massimo 16. Uomini e donne più o meno gravi in barella in attesa, per diversi giorni, di un ricovero. Ecco la fotografia del pronto soccorso del Policlinico Tor Vergata. I sindacati hanno presentato esposti a Regione e Nas, il Codici alla procura. a pagina 22 Malasanità Singolare metodologia di ricovero al Policlinico Tor Vergata scoppia Al pronto soccorso in 90 al posto di 16 La denuncia dei sindacati: pazienti in condizioni disumane Settanta pazienti, quando non novanta - nei giorni di «punta» - all'interno di un reparto che potrebbe ospitarne al massimo sedici. Uomini e donne. In condizioni più o meno gravi. Tutti assieme in attesa di un ricovero che, di norma, non arriva prima di diversi giorni trascorsi su una barella. Dopo quella dell'Umberto I, diventata un caso nazionale, gli stessi sindacati che, dall'interno, hanno il termometro della situazione denunciano una «nuova piazzetta», questa volta al Policlinico Tor Vergata, in cui vengono stipati i malati in fila per un posto letto. Una «singolare metodologia di ricovero, che fuori ogni ragionevole dubbio lede la dignità dell'essere umano», scrivono le Rsu, annunciando un esposto alla Regione ed una denuncia al nucleo Nas dei carabinieri, mentre l'associazione Codici si rivolgerà alla procura «per abbandono di incapaci». I sindacati, giorno e notte a contatto coi pazienti, partono da un dato: «Dal momento della sua inaugurazione il pronto soccorso di Tor Vergata non ha mai funzionato, ora però la situazione è davvero critica». Descrivono il quadro coi numeri: «Il reparto chiamato "Obì" dove vengono trasferiti pazienti in attesa di ricovero, può ospitare al massimo 16 posti letto, ultimamente però sono una settantina, con punte anche di 90: nelle 2 stanze da 2 letti sono ricoverati 10 pazienti in barella, 5 per stanza, nelle altre 2 da 4 letti e nella piazzetta da 4 sono ricoverati 45 pazienti in barella, 15 in ogni stanza, 6 barelle per lato e 3 barelle nel centro, infine nella sala rossa con 4 postazioni sono ricoverati 7 pazienti, 3 per lato e 1 al centro». Si aggiungerebbero poi «ulteriori ricoverati lungo il corridoio tra le porte tagliafuoco e in ogni luogo possibile, arrivando anche a oltre 80 pazienti, sempre con lo stesso personale, caricato di lavoro». «Giorni e giorni in barella - continuano - con bagni insufficienti per i fortunati che deambulano, e per gli altri cure igieniche in totale condivisione con il resto dei degenti e del personale». Non ci sarebbe spazio neppure per i paraventi, mentre «il mangiare viene poggiato dovunque: per terra, sulle ginocchia dei pazienti, sulle barelle». Allo «sfogo» del sindacato, che finirà come detto anche sul tavolo delle forze dell'ordine, risponde Isabella Mastrobuono, direttore sanitario di Tor Vergata: «La situazione è difficile ma non così drammatica, come in tutti gli ospedali laziali abbiamo meno posti letto di quanti ci spetterebbero», in particolare al Policlinico «60 in meno, situazione dovuta anche alla carenza di personale sanitario», mentre «la nostra area, la Asl RmB, è quella con il minor numero di posti letto di tutto il Lazio, 1,8 per mille abitanti». È il Codici, del resto, a confermare che non si tratterebbe di un caso isolato: «Tor Vergata spicca per il numero di utenti, ben 3.034, la cui permanenza al Pronto Soccorso è andata oltre le 48 ore - spiega il segretario nazionale di Codici, Ivano Giacomelli, riferendosi ai dati raccolti tra gennaio 2012 e novembre 2012 - Situazioni al limite sono anche al Sant'Andrea, con 1.790 utenti, e al San Camillo con 1.324». Nel caso specifico denunciato dai sindacati Codici annuncia comunque un esposto alla procura «per abbandono di incapaci». 48 Ore Ben oltre la permanenza al pronto soccorso per i pazienti tanze Da 2 posti letto con 10 pazienti Sala rossa al collasso Foto: Sovraffolato Il pronto soccorso del Policlinico di Tor Vergata Gli esposti Alla Regione e ai Nas Il Codici in Procura: è abbandono di incapace La direzione Pochi posti letto la situazione è difficile ma non così drammatica SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 62 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Pronto soccorso Novanta pazienti in un reparto da sedici posti 05/10/2013 ItaliaOggi Pag. 31 (diffusione:88538, tiratura:156000) Tabacco, Europa divisa sulle norme Sono giorni decisivi per l'approvazione della direttiva sui prodotti del tabacco. Dopo aver rinviato già una volta il voto a inizio settembre, il Parlamento europeo ci riprova la settimana prossima, in occasione della sessione plenaria di Strasburgo, in una situazione di totale incertezza. Gli eurodeputati sono spaccati: S&D, Gue e Verdi da un lato, a sostenere la proposta della Commissione Ue, e Ppe, Eld ed Ecr dall'altro, a spendersi per una maggiore flessibilità delle norme. I liberali dell'Alde mèdiano probabilmente faranno da ago della bilancia. Ieri, 16 ministri della salute europei (Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Lettonia, Irlanda, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Finlandia, Grecia, Olanda, Ungheria, Malta, Svezia e Slovenia) hanno firmato una dichiarazione comune che auspica un'accelerazione dei tempi di approvazione in Parlamento per arrivare all'approvazione definitiva della direttiva «entro la fine dell'anno». Gli stati ricordano che la direttiva è «coerente con la convenzione quadro sul tabacco dell'Organizzazione mondiale della Sanità, di cui i membri dell'Ue sono firmatari». Per iniziare il confronto interistituzionale e completare l'iter legislativo, in effetti, manca il pronunciamento dell'Europarlamento. I ministri della salute hanno già definito una posizione comune il 21 giugno scorso, con i messaggi anti-fumo che dovranno coprire il 65% dei pacchetti e la proibizione della vendita delle sigarette aromatizzate, come quelle al mentolo. La proposta iniziale della Commissione, presentata a fine 2012 per sostituire la legislazione vigente (direttiva 37/2001/CE), prevede il bando degli additivi di ogni genere, lo stop alle aromatizzate e alle «slim», con gli avvisi anti-fumo che dovrebbero arrivare a coprire il 75% dei pacchetti e nuovi limiti sul contenuto di nicotina, condensato e monossido di carbonio, oltre a un nuovo sistema di tracciabilità per limitare il contrabbando. Secondo la proposta dell'esecutivo i prodotti contenenti nicotina, come le sigarette elettroniche, dovrebbero recare avvertenze relative alla salute e, superata una certa doglia di nicotina, essere autorizzate e vendute solo come medicinale. Martedì Strasburgo voterà sulla proposta di abbassare la copertura dei pacchetti con messaggi anti-fumo al 50%, l'Alde non vuole limitazioni sulle sigarette elettroniche, Ppe ed Eld hanno presentato emendamenti contro le restrizioni sull'uso di additivi e contro i tetti su nicotina, condensato e monossido di carbonio. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 63 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Nuova direttiva, è scontro sui divieti 05/10/2013 QN - La Nazione - Firenze Pag. 7 (diffusione:136993, tiratura:176177) Incognita Serristori. Ma Cgil e Cisl non scioperano UN PRESIDIO per il territorio, con un pronto soccorso per le urgenze, ma anche con letti destinati a ricoveri di lunga degenza, in modo da offrire continuità assistenziale e cure intermedie ai residenti e in particolare agli anziani di Figline Valdarno. E' così che Cgil e Cisl vedono il futuro dell'ospedale Serristori, che attualmente occupa circa 200 persone. Una struttura da riorganizzare e da modernizzare per rispondere alle esigenze di salute, sicurezza e assistenza di chi vive nella zona. «Non chiediamo meno di altri ad Asl e Regione Toscana, chiediamo di più. Vogliamo che la politica si prenda la responsabilità di scelte chiare, da fare nei tempi giusti. Nella difficile e confusa discussione, vogliamo sapere cosa se ne vuol fare dell'ospedale», sottolineano Mario Batistini (Cgil) e Fabio Franchi (Cisl). I sindacalisti propongono anche di individuare degli specifici ambiti e settori, anche di alta specializzazione, che possano rendere attrattivo, e quindi rilanciare, il Serristori. «Regione, Asl e Comune - aggiungono Cgil e Cisl - devono inoltre trovare una posizione comune sulla questione e costruire le condizioni per un confronto partecipativo nel quale siano coinvolti i cittadini. Su questi temi, infatti, le scelte non possono essere esclusivamente manageriali». A conti fatti, insomma, per fare diventare il Serristori «un ospedale del 2014», non è possibile lasciarlo così com'è, serve ridisegnarlo, sul territorio. Per questo le due sigle non aderiscono allo sciopero nazionale e alla manifestazione indetta dai Cobas che partirà lunedì pomeriggio dall'ospedale per dire no allo smantellamento della struttura. mo.pi. Image: 20131005/foto/95.jpg SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 64 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato FIGLINE VALDARNO IN BALLO IL DESTINO DELL'OSPEDALE: «RESTINO PRONTO SOCCORSO E RICOVERI» 07/10/2013 La Repubblica - Affari Finanza - N.32 - 7 ottobre 2013 Pag. 34 (diffusione:581000) QUEST'INNOVAZIONE STA RIVOLUZIONANDO LA VITA IN MODO MOLTO PIÙ RADICALE DI QUANTO NON IMMAGINIAMO. NON C'È PIÙ SOLO L'AGGIORNAMENTO PERENNE DELLA RUBRICA DEL CELLULARE, MA CAMBIERÀ ANCHE L'INDUSTRIA Paola Jadeluca Roma Charles Assisi, giornalista di Forbes in India, racconta in un articolo ripreso da Internazionale come sta ricostruendo la sua memoria con l'aiuto del computer e di software che immagazzinano dati. «Il primo strumento che mi è capitato per le mani e anche il più potente - scrive Assisi - è un software chiamato Evernote. In sintesi si tratta di un programma per prendere appunti, ma con capacità molto avanzate. Mi permette di creare delle cartelle e di archiviare ogni cosa sia sul computer sia sulla nuvola. In pratica tutte le informazioni di cui voglio tenere traccia sono a mia disposizione in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento. A fine giornata, anche se sono stanco, mi prendo un po' di tempo per scrivere un appunto su tutto quello che è successo nelle ultime 24 ore. Quello che scrivo finisce in una cartella chiamata "appunti per me". Quando mi va faccio un file audio o un video. Tutte le volte che capito in un posto o incontro una persona, scatto delle foto di nascosto con il mio BlackBerry e le invio per email sul mio account Evernote». Benvenuti nel mondo del cloud computing. Un'innovazione tecnologica che sta rivoluzionando la nostra vita quotidiana in maniera silenziosa, ma in modo molto più radicale di quanto non immaginiamo. Funziona grazie al cloud computing anche l'aggiornamento perenne della rubrica del cellulare, che una volta memorizzata sulla nuvola dialoga con il nostro smartphone o col computer per sincronizzare i nuovi numeri senza che ce ne rendiamo conto. Non solo. Il cloud ha risolto anche il problema del passaggio della rubrica da sistemi diversi, come BlackBerry e Samnsung. Pratico, ma anche utile. Il cloud computing si rivela particolarmente efficace nel mondo sanitario. Come testimonia la nuova piattaforma OpenPediatrics, questo il nome, che consentirà lo scambio di conoscenze mediche sulle cura dei piccoli bambini in tutto il mondo. La mancanza di competenze mediche, provoca ogni anno la morte per polmonite, diarrea e malaria di quasi 7 milioni di bambini sotto i 5 anni, nonostante la disponibilità di medicine salvavita. La nuova piattaforma, presentata da Ibm e dal Boston Children's Hospital sarà utilizzata per formare medici e infermieri che potranno accedere a simulazioni d'avanguardia, seminari video e illustrazioni in tempo reale, per il trattamento dei casi più difficili. I campi di applicazione sono immensi. Persino la Cia e il dipartimento della Difesa Usa scavano trincee sulla Nuvola e sono previsti più di un milione di dollari di investimenti in questo ambito. Ancora tutte aperte le strade da esplorare nel mondo del business. Una delle innovazioni riguarda la "catena di montaggio" e la filiera produttiva. Secondo un recente rapporto McKinsey nei prossimi anni il cloud computer potrebbe ridisegnare il profilo dell'industria manifatturiera mondiale. Si potrà realizzare un unico prodotto in network: design in Corea, sviluppo in Italia, vendita dalla Cina. Giuseppe Padula, docente di Progettazione assistita da calcolatore all'Università di Parma, studia questa nuova frontiera, quale esponente italiano di un progetto pilota avviato da un consorzio di atenei europei e di aziende manifatturiere. Obiettivo: rendere possibile l'uso, da parte di chiunque nel mondo, di alcuni costosi programmi di supporto alla progettazione, come Cad, Cae o Cam, e di macchinari a controllo numerico. Una sorta di condivisione via Rete. Tutto girerà su una piattaforma pilota cloud. L'idea è di consentire agli addetti di una società coreana piuttosto che francese, di collegarsi online e di realizzare tutto il ciclo produttivo: dal disegno, per esempio, di una suola di scarpe fino alla sua consegna a domicilio. In un recente studio pubblicato da Gartner, metà delle grandi company passerà al cloud computing ibrido, ovvero il cloud misto pubblico-privato. Il cloud privato è quello costituito con server di proprietà interna all'azienda o a un consorzio di aziende. Il cloud pubblico, invece, è come un'auto a noleggio, la si paga e usa quando serve. Il cloud ibrido, dunque, è una soluzione intermedia dove l'infrastruttura è mantenuta sia dal privato che dal provider che penserà a far interfacciare le due infrastrutture. Tre anni fa, raccontano gli analisti di Gartner, le grandi organizzazioni avevano poco cloud privato, ma erano tutte molto intenzionate a SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 65 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Dall'archivio alle terapie sanitarie dacci la nostra nuvola quotidiana 07/10/2013 La Repubblica - Affari Finanza - N.32 - 7 ottobre 2013 Pag. 34 (diffusione:581000) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 66 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato svilupparlo. E così hanno fatto. Oggi succede lo stesso per il cloud ibrido: è ancora poco sviluppato, ma l'aspirazione alla migrazione è alta. Un passaggio quasi obbligato per molti gruppi. «Troppo spesso i progetti di cloud privato hanno preso piede partendo dalla scelta di una tecnologia», spiega Thomas Bittman, vice presidente a analisti tra i più famosi di Gartner. Spiega Bittman: «La tecnologia in sé non risolve la trasformazione delle persone e la questione dei processi. E' molto meglio focalizzarsi prima su un approccio ai cambiamenti. Il cloud privato è una leva per diffondere il cloud, ma non è appropriato a tutti i servizi. Molti cloud sono partiti su progetti piccoli e poi sono rimasti intrappolati nella tecnologia di partenza che magari non si presta a tutti i servizi. Meglio allora scegliere una tecnologia che offra spazi per l'espansione e, soprattutto, capacità di interoperabilità nel futuro, in termini di cloud ibrido». Insomma, il passaggio tra il controllo al coordinamento. 7 milioni La mancanza di competenze mediche, provoca ogni anno la morte per polmonite, diarrea e malaria di quasi 7 milioni di bambini sotto i 5 anni, nonostante la disponibilità di medicine salvavita. La nuova piattaforma è presentata da Ibm e dal Boston Children's Hospital LE VITTIME SOTTO I CINQUE ANNI Il cloud privato è una leva per diffondere il cloud, ma non è appropriato a tutti i servizi. Molti cloud sono partiti su progetti piccoli e poi sono rimasti intrappolati Il cloud, secondo Ibm, va visto come fenomeno a largo spettro: permette flessibilità e aggiunge efficienza non solo ai processi It ma a tutti i processi di business di un'azienda. E' un passaggio che negli Stati Uniti è stato già superato Foto: Agenda, video note, tutto può essere archiviato in remoto e ripescato da qualsiasi device in qualunque posto 07/10/2013 Corriere Economia - N.32 - 7 dicembre 2013 Pag. 29 Il complicato paracadute dei medici R. E. B. L a malasanità rappresenta un allarme sociale, costa miliardi di euro e richiede una soluzione di sistema. Stanno aumentando le richieste di risarcimento verso i medici, per errori veri o presunti. I sanitari più a rischio hanno molte difficoltà a trovare coperture assicurative, e comunque, i premi possono arrivare a livelli insostenibili. La denuncia è venuta dal Cineas, un consorzio universitario che si occupa di cultura del rischio, in un convegno che si è tenuto nei giorni scorsi a Milano. «Secondo stime del Cergas Bocconi - spiega Adolfo Bertani, presidente di Cineas - la medicina difensiva attiva, cioè la prescrizione da parte dei medici di esami inutili per cautelarsi da richieste di risarcimento costa 13 miliardi di euro, il 9% della spesa sanitaria. Il 26% dei medici ha dichiarato inoltre di aver rifiutato determinati trattamenti per pazienti considerati a rischio. Le compagnie stanno scappando da questo settore, in cui perdono moltissimo». La gravità del problema anche sul fronte assicurativo è confermata dallo slittamento di un anno, all'agosto 2014, della copertura obbligatoria di Rc professionale per il personale sanitario che, invece, a metà agosto è scattata per le altre categorie di professionisti. «I medici continuano a essere criminalizzati in modo eccessivo: per qualunque addebito devono dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno - è la denuncia di Marino Longoni, vicepresidente di Acoi (Associazione chirurghi ospedalieri italiani) -. L'operato del chirurgo, inoltre, dovrebbe essere valutato da un suo collega, e non per esempio da un dentista, come invece può avvenire. E anche per i liberi professionisti i premi sono elevati». «I medici hanno ragione a lamentarsi per l'elevato costo delle coperture - sostiene Roberto Manzato, direttore centrale vita, danni e servizi dell'Ania -. In realtà, il problema riguarda solo le specialità considerate più a rischio; per le altre i premi sono sostenibili. Per contenere il costo delle polizze, bisogna rivedere il concetto di colpa e approvare la tabella unica per le lesioni gravi, oltre i dieci punti d'invalidità permanente». Sono finalizzate a contenere il costo dei risarcimenti, e quindi quello delle polizze, le proposte elaborate dal Cineas insieme a esponenti del mondo assicurativo e delle varie associazioni di categoria dei medici. «Bisogna operare su tre aree - sottolinea Bertani -. In primo luogo sulla prevenzione del rischio clinico, attraverso l'introduzione obbligatoria in tutte le aziende sanitarie del manager incaricato di gestire i rischi. Bisogna adottare la tabella nazionale per le lesioni gravi e, a livello penale, pensare a misure per disincentivare il ricorso al processo come via per ottenere il risarcimento». RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Associazioni Roberto Manzato (Ania) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 67 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sanità 07/10/2013 Corriere Economia - N.32 - 7 dicembre 2013 Pag. 30 Professionisti A caccia di 300 mila polizze Solo il 50% ha sottoscritto la copertura di responsabilità civile. Il nodo dei premi e dei risarcimenti ROBERTO E. BAGNOLI Q uasi la metà del bacino potenziale è già coperta: resta al palo l'area decisamente più critica, la sanità, dove la situazione è allarmante. A quasi due mesi dall'entrata in vigore dell'assicurazione obbligatoria di Rc professionale, scattata il 13 agosto scorso, il mercato si sta gradualmente costruendo. Business aperto Dall'obbligo sono rimasti fuori, per il momento, gli operatori della sanità (un milione fra medici, veterinari, psicologi e farmacisti), e i circa 210 mila avvocati. Per i primi, che costituiscono l'area più numerosa, l'obbligo è stato prorogato di un anno, all'agosto 2014, perché il ministero della Salute non ha predisposto le linee guida previste dal decreto Balduzzi. Per i secondi, invece, lo slittamento è legato al progetto di riforma dell'Ordine. «Esclusi gli avvocati e gli operatori della sanità, l'obbligo è scattato per circa 700 mila professionisti iscritti a una ventina di Ordini spiega Maurizio Ghilosso, amministratore delegato di Dual Italia, compagnia che opera esclusivamente nel mercato dell'Rc professionale -. Si stima che circa la metà degli operatori non abbia ancora stipulato una copertura. Togliendo i dipendenti degli studi professionali, che non sono obbligati ad assicurarsi, vi sono circa 300 mila nuove polizze da sottoscrivere». Il mercato è sotto pressione. «L'introduzione della copertura obbligatoria ha portato a un ampliamento delle garanzie e a una riduzione delle tariffe - dice Ghilosso - e, di fronte all'andamento dei sinistri, questa tendenza creerà uno squilibrio tecnico. L'obbligatorietà della copertura, inoltre, a causa della crisi economica e della litigiosità degli italiani, determinerà un ulteriore incremento delle richieste d'indennizzo da parte dei clienti». Lo stato dell'arte sull'Rc professionale è stato fatto, nei giorni, scorsi, a un convegno organizzato da Aon, il maggiore broker assicurativo italiano, intermediario leader del settore, in collaborazione con lo studio legale Ferraro Giove e associati e Asla (Associazione studi legali associati). «Per la prima volta tutti i principali Ordini si sono riuniti insieme al mercato assicurativo - afferma Giorgio Moroni, consigliere di amministrazione di Aon -. Con la presenza dei principali liquidatori di sinistri e degli studi legali, per un incontro di tipo operativo». I dubbi La materia presenta ancora alcuni punti interrogativi, come l'assenza di sanzioni chiare e uniformi per chi viola la norma e la mancata previsione, in capo agli assicuratori, della reciprocità dell'obbligo a contrarre: in sostanza, i professionisti devono avere una copertura, ma le compagnie non sono tenute a prestarla. «Quello dell'Rc professionale è un mondo tutt'altro che omogeneo, con bisogni diversi e complessi - sostiene Marco Dalle Vacche, managing director di Aig Europe -. La sfida per il futuro è abbattere ulteriormente il prezzo della polizza attraverso convenzioni che catturino intere platee di rischi omogenei, con una distribuzione tecnologicamente sofisticata e meno costosa e, soprattutto, assicurare tutti sulla base della mutualità dei rischi, applicando eventualmente dei correttivi». «Non si può che salutare con soddisfazione l'introduzione dell'obbligo assicurativo - sostiene dal canto suo Massimo Mellacina, coordinatore commissione assicurazioni del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili -, ma vi sono difficoltà applicative che derivano dalla normativa. Quest'ultima, infatti, prevede che la mancata stipula della polizza costituisce una violazione deontologica ma non impone al professionista di comunicare gli estremi della polizza all'ordine di appartenenza, lasciando incertezza sull'attività di vigilanza che quest'ultimo deve svolgere. Inoltre, chi stabilisce se una copertura è idonea, come richiede la norma?». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 68 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Bilanci Un anno di tempo in più nella sanità, anche gli avvocati restano in panchina. L'alternativa delle convenzioni con gli Ordini 07/10/2013 Corriere Economia - N.32 - 7 dicembre 2013 Pag. 30 SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 69 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Aon gestisce le convenzioni con i rispettivi Ordini per le polizze di Rc professionale per notai (i primi a partire, sin dal 1999), commercialisti, agronomi e dottori forestali e spedizionieri doganali. www.iomiassicuro.it RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Il confronto Foto: La crescita del settore assicurativo nel mondo nel 2012 Foto: Medici Alberto Oliveti, è presidente dell'Enpam 05/10/2013 Gente - N.42 - 15 ottobre 2013 Pag. 90 (diffusione:372741, tiratura:488629) Troppi antibiotici e il germe se la ride l'italia è tra i maggiori consumatori d'europa. «ma è un impiego inappropriato», spiegano i medici. «il rischio? creare super batteri aggressivi e resistenti» Francesco Gironi Siamo tutti un po' come Gus Portokalos, il patriarca del film Il mio grosso grasso matrimonio greco : lui usava un detersivo per curare tutto, anche le punture delle zanzare, noi un antibiotico. Hai un raffreddore? Antibiotico. Mal di gola? Antibiotico. Cistite? Antibiotico. Ogni giorno ne consumiamo 21,1 dosi ogni mille abitanti e, secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, fanno peggio di noi solo Grecia, Francia e Belgio. Il fatto è che non ne avremmo bisogno: "L'impiego inappropriato di antibiotici supera il 20 per cento in tutte le condizioni cliniche", scrive l'Agenzia italiana del farmaco nel Rapporto sullo stato di salute degli italiani. In altre parole, ne usiamo troppi e male. Sempre secondo il rapporto dell'Aifa, l'uso sbagliato di antibiotici riguarda soprattutto le infezioni delle vie respiratorie (48,6 per cento dei casi). L'errore? «Curare il virus di un'influenza con un antibatterico», sintetizza Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Spallanzani. «L'effetto è quello di uccidere i germi presenti nel nostro organismo che, come nel caso di quelli della flora intestinale, ci aiutano a eliminare dall'intestino i germi con i quali veniamo a contatto», spiega ancora Ippolito; la loro "scomparsa" altera gli equilibri dell'organismo, favorendo la proliferazione di germi pericolosi per noi. «È per questo motivo, ad esempio, che viene raccomandato l'uso di probiotici per ricostruire la flora intestinale e non solo», aggiunge Ippolito. C'è di più. Secondo uno studio dell'Università dello Utah, quando i medici li prescrivono, in più del 60 per cento dei casi scelgono i "più forti", quelli cosiddetti ad ampio spettro, che sono in grado di uccidere più tipi di batteri. La stessa Aifa avverte: "Troppi antibiotici favoriscono l'insorgenza di resistenze batteriche". E infatti un rapporto del Centro di Controllo e Prevenzione delle Infezioni, un'agenzia statunitense, rivela come ogni anno solo negli Usa sono due milioni i pazienti che contraggono infezioni che sono resistenti agli antibiotici normalmente prescritti. «Il nostro livello di consumo è assai vicino a quello statunitense», dice Ippolito. Insomma, c'è di che preoccuparsi. All'ultimo congresso della European respiratory society è stata presentata una nuova strategia per la prescrizione degli antibiotici che potrebbe ridurre i danni al paziente e l'aumento della resistenza alla terapia. Per cominciare basta poco. Un altro studio pubblicato sul British Medical Journal dall'italiano Giulio Formoso dell'Azienda ospedaliera di Modena ha rivelato come, anche con una semplice campagna d'informazione presso ambulatori medici e farmacie, si sia riusciti a ridurre di oltre il 4 per cento il consumo di antibiotici tra Modena e Parma. Senza rischi per i cittadini. Lo dimostra anche una notizia che arriva dall'Università di Amsterdam: il 70 per cento delle donne con sintomi di cistite (37 per cento di casi di uso inappropriato di antibiotici) che hanno preferito un antidolorifico o addirittura non fare nulla, nell'arco di una settimana sono guarite o hanno comunque testimoniato un miglioramento. l il parere del pediatra i bambini corrono più rischi un raffreddore per un bambino significa niente asilo. Così, al primo starnuto, si finisce con il chiedere al medico un antibiotico. «esiste la convinzione che l'antibiotico possa guarire prontamente le malattie infettive dell'infanzia», spiega alessandro Ballestrazzi, presidente della Federazione italiana medici pediatri. «ma la maggioranza delle malattie che colpiscono i bambini sono provocate da virus», aggiunge. il punto è che nei più piccoli è più alto il rischio di "creare" una generazione di batteri resistenti. «già oggi negli anziani si trovano germi multiresistenti», dice ancora Ballestrazzi. ancor più nei piccoli, quindi, dosi e tempi di prescrizione vanno seguiti alla lettera. e soprattutto vanno protetti dagli "effetti collaterali" del medicinale, per esempio somministrando fermenti lattici, che riducono i rischi di diarrea. Foto: oltre 20 doSi oGni Giorno nel 2012 sono state assunte 21,1 dosi di antibiotico al giorno ogni mille italiani. Anche se si registra una diminuzione, restiamo tra i maggiori consumatori di questi farmaci. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 70 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato salute l'allarme dell'agenzia italiana del farmaco 05/10/2013 Gente - N.42 - 15 ottobre 2013 Pag. 90 (diffusione:372741, tiratura:488629) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 71 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: "dipendiAmo" dAlle pillole Un dettaglio di una delle opere più celebri dell'artista inglese damien Hirst: The void (il vuoto). lo scaffale colmo di pillole rappresenta la nostra dipendenza dai medicinali. nel 2012 gli italiani hanno acquistato 1,8 miliardi di confezioni di medicinali. Foto: non serve a guarire prima molti genitori sono convinti che ai primi sintomi di influenza l'antibiotico porti a una più rapida guarigione: sbagliano! 05/10/2013 Gente - N.42 - 15 ottobre 2013 Pag. 96 (diffusione:372741, tiratura:488629) Aiuto, fermAte l'Assedio di stAminA centralini impazziti, ricorsi al GiuDice, reparti pieni. «siamo al limite», aVVerte il commissario Dell'azienDa sanitaria francesco Gironi Prima di spiegare perché nei giorni scorsi ha dipinto la situazione del suo ospedale come «un girone dantesco», Ezio Belleri, commissario straordinario degli Spedali civili di Brescia, scandisce una premessa: «Dietro ogni persona che si rivolge a noi ci sono drammi e sofferenze, lo sappiamo, ma abbiamo raggiunto il limite di saturazione; diversamente, rischieremmo di venir meno alla nostra missione primaria, quella di un'azienda ospedaliera con più di 80 reparti, circa 2 mila posti letto e 76 mila ricoveri l'anno». A mettere Brescia nell'occhio del ciclone è la "terapia con cellule staminali mesenchimali", come si legge sui faldoni degli uffici amministrativi. Il metodo Stamina, come invece da due anni lo conosce l'Italia. Breve riassunto: Davide Vannoni sostiene di aver elaborato un metodo per utilizzare cellule staminali ottenendo tessuti di fegato, pancreas, pelle, cornee, cellule cardiache e nervose e curare così molte gravissime patologie; secondo la comunità scientifica, il metodo non avrebbe alcuna validità; tra mille polemiche, si arriva alla decisione del Parlamento di sperimentare il metodo Stamina con uno stanziamento di 3 milioni di euro; da ultimo, la bocciatura da parte del comitato scientifico che avrebbe dovuto valutare il protocollo proposto da Vannoni. «Sarei stata lieta di annunciare a tante famiglie che la nuova speranza in questa cura era fondata. Purtroppo non è così», ha detto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Ebbene, era proprio il nosocomio bresciano l'unico in Italia a essere autorizzato a somministrare la cura, almeno fino al maggio del 2012, quando l'Agenzia italiana del farmaco vietò proprio agli Spedali di Brescia di proseguire con il metodo. Tutto finito? Affatto. Il copione che si ripete lo racconta lo stesso Belleri: «Riceviamo centinaia di richieste telefoniche e forniamo alle famiglie tutte le indicazioni per sottoporre le domande di cura alle quali, però, la legge ci impone di rispondere negativamente; a questo punto scattano i ricorsi». Un ginepraio di carte bollate, costato finora circa 180 mila euro per spese legali, che si traduce in 123 pazienti in lista di attesa, 41 che dovranno essere sottoposti alla cura, ma le staminali andranno "preparate" in un'altra struttura ancora da individuare, 118 richieste respinte (l'ultima dal tribunale di Pavia mercoledì 2 ottobre), altri 70 in attesa di sentenza. Infine, i 36 pazienti che stanno completando il "trattamento", con le cinque inoculazioni previste. «Ma tra coloro che lo hanno già completato, c'è chi ha già avviato i ricorsi per poterla proseguire», aggiunge Belleri. Il punto è che non si tratta di una semplice serie di iniezioni. «Il paziente può restare "in carico" all'ospedale anche per un anno», precisa Belleri. «Il laboratorio è impegnato per la preparazione delle cellule 21 giorni al mese con gli operatori di Stamina presenti almeno 3-4 giorni alla settimana», calcola il commissario. Sì, perché sono i biologi di Stamina Foundation gli unici a conoscere il protocollo per la produzione delle cellule, «ed è evidente che nel momento in cui il laboratorio deve dedicare una parte importante del suo tempo a Stamina, non può fare altro». A tutto ciò bisogna aggiungere i giorni di ricovero nei reparti di rianimazione o in quelli di neuropsichiatria. Questo però, sottolinea Belleri, «non significa che siano aumentati i tempi di attesa per gli altri pazienti. I nostri operatori si sono sacrificati e stiamo tamponando i momenti di difficoltà con il lavoro straordinario». Ma non sono stati ancora completati i calcoli di quanto tutto ciò intacchi i bilanci dell'azienda ospedaliera. Non si potrebbero dirottare i pazienti in altri centri? «I malati chiamano noi perché eravamo l'unico centro che aveva avuto esperienza in tale terapia, i ricorsi sono contro di noi e i giudici ci obbligano», chiarisce Belleri. D'altronde, visto quanto sta accadendo, c'è da immaginare che pochi ospedali sarebbero disposti a prendersi questa gatta da pelare. Se solo Brescia non avesse sottoscritto l'accordo con Stamina Foundation... «Ho riletto la documentazione e formalmente era ineccepibile», risponde Belleri, «ma si parlava di 12 pazienti». Oggi ci sono 388 faldoni, per altrettanti pazienti. E una cura che, secondo il comitato scientifico dell'Istituto superiore di sanità, non avrebbe alcuna consistenza. francesco gironi SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 72 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato l'ospedale di brescia paralizzato dalle richieste per il metodo vannoni 05/10/2013 Gente - N.42 - 15 ottobre 2013 Pag. 96 (diffusione:372741, tiratura:488629) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 73 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: per la scienza non funziona Davide Vannoni, 46 anni, a capo di stamina foundation. il suo metodo di cura con cellule staminali è stato bocciato dal comitato scientifico del ministero della sanità. Foto: decine in attesa di questa cura Brescia . ezio Belleri, 51 anni, commissario straordinario degli spedali civili di Brescia, unica struttura in italia dove si pratica il metodo stamina per gravi malattie neurodegenerative. ci sono 123 pazienti in attesa di essere sottoposti al ciclo di cure con le staminali (foto grande). 04/10/2013 Il Venerdi di Repubblica - N.1333 - 4 ottobre 2013 Pag. 31 (diffusione:687955, tiratura:539384) AI MEDICI BRASILIANI PROPRIO NON PIACCIONO QUELLI CUBANI NELLE INTENZIONI DELLA ROUSSEFF I CAMICI BIANCHI DELL'ISOLA DOVREBBERO INTEGRARE LO SCARSO SISTEMA SANITARIO LOCALE Tiziano Fusella si è concluso in questi giorni l'«addestramento» di tre set) timane del pi-imo contingente partito da Cuba con destinazione Brasile. Non si tratta di militari bensì di medici, anche se un elmetto ci vorrebbe, visto il polverone alzatosi al loro arrivo. H gruppo di cubani è stato accolto con i fischi al grido di «schiavi» lanciato dai medici brasiliani. Un giornale di San Paolo, Folha, ha pubblicato il video dell'episodio e di certo la presidente Dilma Rousseff sarà trasalita nel vederlo. «I medici brasiliani dimostrano un immenso pregiudizio» ha dichiarato. Il suo ministro della salute, Alexandre Padilha, è perfino più duro: «Quanto accaduto è brutale. Incita al pregiudizio e alla xenofobia». E come dargli torto. Il programma Mais Médicos fu annunciato all'inizio del 2012 con le migliori intenzioni: aiutare lo scadente sistema sanitario brasiliano (1,8 medici su 1000 abitanti contro i 3,2 della vicina Argentina) dove peraltro in questi ultimi giorni il bassissimo tasso di umidità, specie nel sud, ha fatto registrare un picco di malattie respiratorie e di chiamate al pronto soccorso. L'ostinazione dei medici brasiliani, che non gradiscono interferenze cubane, si è placata solo in parte. «I fischi erano rivolti ai gestori del corso, e lo "schiavo" serviva a proteggere i cubani da chi li sottomette» ha tentato di difendersi José Maria Pontes, presidente del sindacato sanitario brasiliano. Il programma prevede l'importazione di 4000 camici bianchi cubani, in tre anni, pagati 4200 dollari al mese, da versare alle casse dell'Avana che a sua volta pagherà gli stipendi ai medici. «Chi ci sottomette è la salute dei pazienti» ha commentato uno di loro. «Siamo qui per lavorare, soprattutto in quelle zone dove i medici brasiliani non vanno». • SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 74 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato esteri 04/10/2013 Il Venerdi di Repubblica - N.1333 - 4 ottobre 2013 Pag. 46 (diffusione:687955, tiratura:539384) VENTI CHILOMETRI DI VELENI: COSI SI UCCIDE UN TERRITORIO PIÙ DI DUECENTO ETTARI ATTORNO ALL'EX RESIT, LA DISCARICA DI GIUGLIANO. DOVE LA CRIMINALITÀ HA SEPOLTO OGNI TIPO DI RIFIUTI. LA BONIFICA? IMPOSSIBILE Marcella Maresca APOLI. «Lo sai che ci sta qua sotto? I debiti». Nel film Gomorra, Toni Servillo pronuncia questa battuta davanti a una campagna cui non è difficile dare un nome. È l'area di 220 ettari attorno alla Resit, la discarica di Giugliano in Campania, tra Napoli e Caserta. Da vent'anni, ha raccontato il pentito Carmine Schiavone, si seppelliscono qui i rifiuti legalmente e illegalmente sversati da tutta Italia. Quei debiti contratti con la terra non sono più saldabili. Il referto è dell'Istituto superiore della Sanità: impossibile bonificare. Un'area grande quanto 2.600 campi di calcio è «morta» per avvelenamento da rifiuti tossici e i cittadini campani assistono all'agonia del territorio. Ne hanno fatto anche un funerale pubblico, con i giovani vestiti di nero in corteo attraverso il centro della vicina Aversa. «È un lutto esistenziale» spiega l'oncologo Antonio Martella. «È come se un giorno scoprissi che tua madre è malata e può ucciderti. Peggio ancora, scopri che tuo padre lo sa e non fa nulla per proteggerti». Dati alla mano, nelle province di Napoli e Caserta l'aumento dei tumori è in controtendenza rispetto al trend nazionale: ci si ammala dal 15 al 45 per cento in più che nel resto d'Italia. Paradossale, perché sono le province più giovani del Paese. Don Maurizio Patriciello raccoglie le storie di chi vive qui, tra la discarica e i campi di mele annurche, specialità locali: piccole mele schiacciate dal colore intenso che maturano a terra. Racconta di Filomena, giovane mamma intervistata dalle Iene. Non ce la farà a vedere la puntata, quando andrà in onda, perché è morta pochi giorni fa, di tumore. C'è chi parla già di un effetto Chernobyl. Il commissario di governo, Mario Di Biase, ha confermato che urge una riconversione no food per mettere in sicurezza l'area. Tuttavia ha dichiarato che frutta e ortaggi non sembrano essere stati intaccati dalle sostanze cancerogene, per ora. Dall'altro lato, i comitati civici chiedono da uscire di uno stato d'emergenza permanente, che in passato ha consentito violazioni e abusi. La questione va al di là del dibattito inceneritore si/inceneritore no: a Giugliano, ad esempio, non è mai partita la raccolta differenziata, nonostante ci sia tutta l'impiantistica necessaria. Nell'aprile 2013 il terzo Comune più popolato della Campania è stato sciolto dal ministro degli Interni per infiltrazione mafiosa. «La gravita della situazione dell'area Resit è pari a quella dell'Uva di Taranto». Raffaele Cantone, giuglianese, magistrato al Massimario della Cassazione, prova inquietudine e indignazione. «È vergognoso che i riflettori si accendano sulla questione a intermittenza. I cittadini hanno diritto alla chiarezza sul territorio in cui vivono, e al momento non mi sembra che sia stata fatta. Le responsabilità sono giudiziarie, della camorra e anche di alcuni imprenditori non solo locali. C'è chi ha assistito a questo scempio in silenzio, per connivenza, paura o ignoranza. Politici e istituzioni, infine, potevano sollevare la questione e non l'hanno fatto o non l'hanno fatto abbastanza». • Foto: Sopra, eco balle a Giugliano. A destra, Don Patriciello e Cannine Schiavone SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 75 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ITALIA 04/10/2013 Il Venerdi di Repubblica - N.1333 - 4 ottobre 2013 Pag. 59 (diffusione:687955, tiratura:539384) Ora lo chef è a fumetti e insegna ai bambini a combattere il diabete Gambadilegno che rinuncia ad una saporita fetta di torta. Nonna papera che cucina minestrone. Saranno i beniamini dei fumetti ad insegnare ai bambini malati di diabete un corretto stile di vita e la puntalità delle cure mediche. Disney, Diabete Italia, Associazioni Italiani Giovani con Diabete, Eli Lilly e Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica, lanciano una collana di giornalini contro una malattia che sempre di più colpisce in tenera età. Diciottomila in tutta Italia i piccoli malati. La campagna toccherà Milano, Firenze, Roma, Napoli, Catania e Bari [adgt.it). (/.e.) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 76 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CURARSI SORRIDENDO 05/10/2013 Il Fatto Quotidiano Pag. 13 (tiratura:100000) Un crimine tra mito e realtà Maria Gabriella Lanza Se ne parla da sempre, ma non esistono prove sul commercio illegale di organi in Italia. "È un'ipotesi surreale", afferma Vincenzo Passarelli, presidente dell'Aido, l'associazione italiana per la donazione degli organi. "Vengono fatti controlli serrati: l'attività di prelievo può avvenire solo in ospedali pubblici e tutti gli organi hanno la loro carta d'identità. Ad ogni trapianto lavorano più di 100 persone. La nostra rete è sicura". Nel corso degli anni di indagini ne sono state fatte tante. Nessuna è stata mai conclusa. L'unico sportello contro il traffico degli organi in Italia è stato aperto nel 2011 a Salerno dalla Cgil: "È nato con l'obiettivo di aiutare chi nel momento della disperazione può cadere nella rete della criminalità organizzata", afferma Santa Rossi, promotrice dell'iniziativa e presidente dell'associazione Indiani d'Occidente. "Qualche anno fa, mio marito aveva bisogno di un trapianto di fegato. Ho vissuto sulla mia pelle cosa significa aspettare ogni giorno che il telefono squilli, pregare affinché dall'altra parte della cornetta qualcuno dica che il prossimo della lista è la persona che ami", racconta Santa. "Un giorno, mentre passeggiavo vicino all'ospedale Cardarelli di Napoli, sono stata avvicinata da due uomini che mi hanno chiesto 250.000 euro per un fegato nuovo. Proprio la cifra che avevamo sul nostro conto corrente. Abbiamo deciso di denunciare l'accaduto, sperando che prima o poi un fegato sarebbe arrivato. Invece, mio marito è morto prima di poter fare l'operazione. Ho iniziato così la mia battaglia. Non mi sono arresa neanche quando sono stata minacciata". In due anni lo sportello ha raccolto 35 segnalazioni: "Ci telefonano per raccontarci di medici che alterano le liste d'attesa o di persone che vendono un organo per pagare i debiti. Siamo in permanente contatto con la questura". Al Consiglio regionale della Campania è stata presentata una proposta di legge per istituire un osservatorio che monitori il fenomeno. Tra i firmatari c'è Gianfranco Valiante, presidente della commissione antimafia della Regione: "Il traffico degli organi esiste. Ci sono persone che hanno dovuto pagare anche 300.000 euro per essere operate subito. È un problema che riguarda tutti ma la legge non è stata ancora approvata. La politica è indifferente, mette la testa sotto la sabbia". Secondo i dati del ministero della Salute 9.050 pazienti aspettano di essere operati: più del 70% è in lista per un trapianto di rene. Tempo medio d'attesa 2 anni. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 77 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ANCHE IN ITALIA 05/10/2013 La Notizia Giornale Pag. 14 Tachicardia, mancanza d'aria e giramenti di testa. Sono questi i sintomi delle crisi di panico. Sono 10 milioni gli italiani che hanno vissuto l'esperienza dell'attacco di panico e oltre 2 milioni hanno sviluppato un vero e proprio disturbo con attacchi ripetuti, ansia e fobie che vedono la loro libertà bloccata e la vita limitata. Di questi le donne sono il doppio degli uomini. A stabilirlo è una ricerca dell'Associazione liberi dal panico e dall'ansia (Alpa). Secondo l'Alpa da un'analisi della letteratura scientifica emerge che il 40% dei pazienti trattati farmacologicamente non risponde alle terapie, analogamente al 30% dei pazienti trattati con la terapia cognitivo-comportamentale. Queste percentuali - precisano gli esperti - sembre rebbero sconfortanti ma in realtà sono più il risultato di cure inadeguate e non corrette piuttosto che l'eetto della reale resistenza del disturbo di panico alle cure. Le uniche terapie che hanno chiare dimostrazioni di ecacia sono la terapia farmacologica con farmaci che agiscono sulla serotonina e la psicoterapia cognitivo comportamentale. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 78 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato attacchi di panico per 10 milioni di italiani 05/10/2013 La Notizia Giornale Pag. 14 L'unica arma efficace rimane la prevenzione Oltre un milione di nuovi casi ogni anno monica tagliapietra Non è una missione impossibile. Prevenire i tumori del colon e dimezzare la mortalità, oggi è un risultato concreto che si può realizzare attraverso programmi di screening che utilizzano la colonscopia. Basta, infatti, fare l'esame ogni dieci anni per ridurre del 40% le diagnosi ( più di un milione l'anno), per questo terribile male. A dirlo è uno studio condotto dagli esperti della Harvard School. I ricercatori hanno analizzato i dati di 90 mila volontari che avevano partecipato a due studi di lungo termine e avevano compilato ogni due anni un questionario sulla loro salute. Nel periodo che va dal 1988 e il 2008, i due studi hanno registrato quasi 2 mila casi di tumore del colon-retto con 500 decessi. Secondo i ricercatori se tutti i partecipanti si fossero sottoposti alla colonscopia ci sarebbe stato il 40% in meno delle diagnosi di questa neoplasia. Il cancro del colon-retto è una malattia molto più diusa di quanto si pensi, è infatti il secondo tumore per incidenza negli uomini (dopo quello del polmone) ed il terzo nella donna (dopo seno e cervice dell'utero). L'incidenza cresce con l'età e diventa più frequente dopo i 50 anni raggiungendo il suo picco fra i 75 e gli 80 anni. Diagnosi precoce e progressi Ma se il numero dei tumori è aumentato, la mortalità è diminuita grazie soprattutto ad una migliore informazione, alla diagnosi precoce e ai continui progressi della terapia. Purtroppo i sintomi di questa patologia sono subdoli e si confondono spesso con malattie minori. Ecco perché il 25% dei pazienti si presenta alla prima diagnosi con una neoplasia già in fase metastatica. Ecco, dunque, l'importanza di una corretta informazione per prevenire questo tipo di malattia che si avvale sia di una prevenzione primaria con stili di vita corretti, sia di una prevenzione secondaria, come la ricerca del sangue occulto nelle feci ed una colonscopia effettuata ogni dieci anni a partire dopo i 50 anni di età. l'esame La colonscopia, infatti, è in grado di ridurre la mortalità dovuta a questo tumore perché è l'unico esame che permette di riconoscere la malattia nelle sue fasi iniziali. È quindi in grado di individuare tempestivamente i due terzi dei tumori. La colonscopia è un esame generalmente eseguito in sedazione, perché fastidioso. Consiste nell'esaminare l'intero colon con un tubo essi bile all'interno del quale sono collocate fibre ottiche. Queste permettono all'o peratore di visualizzare il tratto esaminato, ma anche di far passare, attraverso alcuni piccoli canali, strumenti filiformi che permettono di eseguire biopsie, o addirittura di asportare i polipi pre-cancerosi, per poterli poi analizzare istologicamente. pazienti a rischio La prevenzione rimane una delle armi principali contro questa malattia, soprattutto dopo i 50 anni, età nella quale si registra il 90 per cento dell'incidenza. Può bastare una ricerca annuale del sangue occulto nelle feci, abbinata ad una colonscopia ogni 10 anni, per individuare il 75 per cento delle lesioni e intervenire per tempo. Qualche atten zione in più è necessaria, invece, per le persone che presentano una familiarità. Il rischio, infatti, cresce in chi ha avuto un parente di primo grado che ha sviluppato un carcinoma del colon retto, o nelle persone che sorono di malattie infiammatorie croniche inte stinali o di poliposi. Come funziona Attraverso un tubo essibile si possono eseguire biopsie e asportare polipi pre-cancerosi SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 79 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Per vincere il cancro del colon Una colonscopia ogni 10 anni 05/10/2013 La Notizia Giornale Pag. 15 La nuova cura riattiva le difese immunitarie Così si vince sul batterio che causa la malattia SIMONA DE SANTIS Nuove speranze per la lotta contro la tubercolosi. Arriva dalla McMaster University in Canada, un nuovo vaccino contro la tbc che agirà da sostegno alla tradizionale profilassi (Bcg) che per cinquant'an ni ha combattuto i batteri della tisi, secondi solo all'Hiv per numero di morti. Si chiama AdHu5 ed è stato progettato per essere dato dopo la vaccinazione iniziale, in modo da riattivare le difese immunitarie che nel tempo diminuiscono. Per realizzare il vaccino gli scienziati sono partiti da lontano. Modifican do geneticamente il virus del rareddore e trasformandolo in una sorta di navicella che trasporta materiale genetico nel polmone. I geni, una volta a destinazione, trasferiscono informazioni al sistema immunitario e lo aiutano a respingere il tipo di batterio che causa la malattia. Ci sono voluti 10 anni per realizzare il nuovo vaccino, e già nel primo trial su 24 pazienti, dei quali la metà già immunizza ti con Bcg, aveva dimostrato di aumentare le difese immunitarie ed essere sicuro. Adesso si dovrà sperimentare il reale potenziale di questo nuovo farmaco. Una persona su 3 nel mondo è infettata da questa patologia che ri mane nell'organismo in maniera latente. Una su 10 sviluppa la malattia, che nel 50% dei casi porta alla morte. Bastano un semplice starnuto o un colpo di tosse per trasmetterla, e si stima che ci sia una nuova infezione ogni secondo. I sintomi più comuni sono perdita di peso, febbre bassa ma persistente, tosse e sangue nell'espettorato. I polmoni sono infatti gli organi più colpiti, e quando il batterio si annida distrugge i tessuti che vanno in necrosi. Nonostante in Europa sia legata alla storia del diciannovesimo secolo, ancora oggi la tubercolosi continua a mietere migliaia di vittime nel mondo. Ogni giorno, secondo l'Orga nizzazione mondiale della sanità , muoiono più di 200 bambini al di sotto dei 15 anni per questa malattia prevedibile e cu rabile. Ogni anno più di 74 mila di questi decessi potrebbero essere evitati attraverso le misure delineate nel primo piano d'a zione mai sviluppato per eliminare i casi di morte per tubercolosi nei più piccoli. I numeri Una persona su tre è infettata Ma solo una su dieci si ammala Ogni giorno nel mondo muoiono 200 bambini SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 80 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Contro la tubercolosi killer In arrivo un nuovo vaccino 04/10/2013 Corriere della Sera - Sette - N.40 - 4 ottobre 2013 Pag. 136 **Il diritto di tutti all'Eubiosia, la buona vita Affrontare subito la prognosi, coinvolgere il paziente, gestire la sofferenza. Perché la fne non sia inutilmente dolorosa Sara Gandolf **lE curE pallIatIvE mIglIorano sIntomI, umorE E rEsIstEnza Avvicinarsi alla fne senza perdere la dignità e senza soffrire inutilmente. Le cure palliative, secondo la defnizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), si occupano in maniera attiva e totale dei pazienti colpiti da una malattia che non risponde più a trattamenti specifci e la cui diretta evoluzione è la morte. «L'Oms stima che ne abbiano bisogno 4-5 milioni di malati di tumore e 100 milioni di pazienti, loro familiari e caregivers, se includiamo altre patologie. Nel mondo sono 7-9 milioni i bambini che necessitano di cure palliative, l'80% in Paesi poveri. Ma anche nei Paesi avanzati, solo il 50-70% degli interessati può usufruirne», ha spiegato la dottoressa Kathleen Foley del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York al recente congresso internazionale The dignity of life until the last breath, organizzato dalla Fondazione ANT (ant.it), attiva da 35 anni in Italia. Affrontare tempestivamente il problema aiuta a migliorare la qualità di vita del sofferente e ha un forte impatto sulla tenuta del Servizio sanitario pubblico perché evita cure costose e non più appropriate. Comunicare al paziente il suo stato di salute è il passaggio più diffcile. «La mancanza di comunicazione riguardo le decisioni di fne vita fra paziente e medico ma anche fra i pazienti e le loro famiglie resta una delle barriere più serie», secondo Foley. Studi condotti in Usa - dove dal '91 sono state introdotte le "direttive anticipate", che garantiscono ai cittadini il diritto di stabilire come essere curati nel caso in cui perdano la capacità di decidere - dimostrano che quando i pazienti sono correttamente informati sulla loro prognosi e partecipano al processo decisionale insieme a medici e parenti, scelgono prima di passare ai servizi di cure palliative. «Una scelta che spesso evita inutili sofferenze e accanimento». Gli ostacoli. A volte i medici temono che la prognosi abbia un impatto troppo negativo sul paziente. Oppure manca un servizio dedicato alle cure palliative. «Il migliore approccio è integrarle nel sistema sanitario». La gestione del dolore. È un nodo ancora aperto anche tra gli specialisti: il confronto si concentra su come utilizzare la morfna nel modo più effcace e come renderla accessibile a tutti in tutti i luoghi di cura. A casa o in ospedale? In Usa il 60% degli ospedali ha équipe dedicate, perlopiù per pazienti oncologici. In Africa, all'estremo opposto, le cure sono destinate a malati di Aids, in casa o a livello di comunità. Un aiuto per la terapia. È dimostrato che le cure palliative migliorano la qualità della vita e l'umore, la gestione dei sintomi e, in alcuni casi, prolungano il tempo di vita dei malati oncologici. In pazienti con Aids migliorano anche la compliance alla terapia. Il volontariato. In Italia il non proft, a partire da Vidas, Fondazione Floriani e ANT, pungola le istituzioni pubbliche che troppo lentamente stanno recependo il diritto alla dignità della vita», dice Raffaella Pannuti, presidente ANT. «L'Eubiosia, la buona vita, deve diventare la nostra bandiera». l'ospEdalE gonfIaBIlE sI prEsEnta Rispondere a un'emergenza umanitaria è una corsa contro il tempo. Le équipe di Medici Senza Frontiere lo sperimentano ogni volta che nel mondo una catastrofe naturale o un confitto armato mettono a rischio la vita di intere popolazioni. Uno degli strumenti più innovativi a disposizione è l'Ospedale gonfabile. Per la prima volta l'organizzazione umanitaria lo presenta in Italia, con l'obiettivo di avvicinare al grande pubblico modalità di lavoro che fanno la differenza in contesti di estrema complessità. I visitatori - al fanco degli operatori umanitari - possono condividere l'esperienza di MSF nella lotta quotidiana per garantire cure mediche di qualità durante guerre e catastrof naturali, come il terremoto ad Haiti o il confitto in Siria. Sono i due scenari proposti ai visitatori che potranno "vestire i panni" degli operatori umanitari per un giorno. L'ospedale gonfabile toccherà varie città d'Italia. Per info: medicisenzafrontiere.it SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/10/2013 81 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Piaceri&Saperi BenEssere /