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TIZIANO TERZANI
TIZIANO TERZANI (Firenze, 14 settembre 1938 – Orsigna, 28 luglio 2004) Tiziano Terzani (Firenze, 14 settembre 1938 – Orsigna, 28 luglio 2004): giornalista “di frontiera”, scrittore, viaggiatore. Nei suoi scritti si trovano l’attenzione per i giovani, il rifiuto per qualsiasi forma di violenza, l’amore per la vita in tutte le sue forme, il rispetto per la Natura, la sensibilità nei confronti della sofferenza del mondo, la curiosità e il rispetto per le diverse culture… I bambini di oggi sono gli adulti di domani: sarebbe importante che a scuola venissero accompagnati in un percorso non soltanto di istruzione ma anche di formazione, in un ambiente stimolante che promuovesse apertura mentale, internazionalità, multiculturalità, inclusione, valori fondanti del nostro POF. Pochi mesi fa, il decimo anniversario della sua morte. Quindi un personaggio del nostro tempo e nel nostro tempo. Per guidarci ad assumere uno sguardo “oltre”. INCLUSIVITA ’ Terzani nasce a Firenze nel 1938 in una famiglia di modeste origini ma ciò non gli impedisce di ottenere brillanti risultati negli studi: consegue due lauree e parla correttamente ben cinque lingue. Affascinato dalla Cina studia la lingua cinese a Standford e a 32 anni, con moglie e due figli piccoli, lascia l’Italia e un impiego sicuro (come dipendente della Olivetti) alla ricerca del lavoro per cui aveva tanto studiato e che l’Italia non gli dava la possibilità di svolgere: per molti anni sarà corrispondente dall’Asia per il settimanale tedesco Der Spiegel (solo successivamente collaborerà con il Corriere della Sera e la Repubblica), fino al sopraggiungere della malattia, evento che segnerà un’importante svolta nella sua vita. E’ un ragazzo italiano che studia cinese in America, che viene assunto dai tedeschi e vive 30 anni in Asia: straordinario e positivo modello di futuro, Terzani si definisce un “cittadino del mondo”. L’essere giornalista lo porta a vivere in mezzo alla gente, ad integrarsi con loro per meglio capirne le tradizioni, la cultura, la politica, le dinamiche su cui si basano i rapporti sociali (si pensi ad esempio all’esperienza cinese: in Cina cambia nome, si fa chiamare Deng Tiannuo, vive da cinese, iscrive i figli alla scuola cinese… e solo così scopre che in Cina la realtà è ben lontana dalle sue aspettative). Terzani è la massima espressione dell’inclusività: le differenze tra le persone, tra i popoli, tra le culture, tra le religioni non vanno annientate ma vanno evidenziate, valorizzate, rispettate, protette. Ognuno è portatore di una grande ricchezza di valori che rischiano di venire soffocati in nome di una modernità che rende tutti uguali. La società crea desideri e bisogni che in realtà non appartengono all’individuo. E’ l’effetto della globalizzazione: vengono annullate le differenze che caratterizzano i singoli in nome di una falsa uguaglianza che meglio si addice alle regole economiche del capitalismo. Terzani si rivolge spesso ai giovani: li esorta ad un esame di coscienza , a porsi delle domande, a guardarsi dentro, a crearsi un futuro sulla base dei propri desideri. Lo fa nei Diari (“Un’idea di destino”- Longanesi maggio 2014) con intere pagine dedicate ai figli Saskia e Folco, ma anche portando nelle scuole il suo libro “Lettere contro la guerra”(scritto dopo l’attentato dell’11 settembre 2001) e in alcuni video indirizzati a loro: <<E il mio messaggio ragazzi è questo: il mondo è vostro! Potete cambiarlo, non fatevi intrappolare in ruoli che non vi piacciono, perché si può fare l’avvocato, il medico, il giornalista, lo psicanalista, il muratore, il fabbro… Lo si può fare amando quel che si fa. E si può in ogni professione: inventarsi un margine di personalità, farlo con passione e amore. Ve lo garantisco, l’ho fatto io ed è possibile per tutti. E il mio messaggio ragazzi è questo: il mondo è VOSTRO!>> Il progetto del nostro istituto di “realizzare un piano educativo finalizzato a coltivare l’intelligenza cognitiva, emozionale e sociale dei cittadini di domani” è perfettamente in linea con il pensiero di Terzani. <<Non insegnate ai vostri figli ad adattarsi alla società, ad arrangiarsi con quel che c’è, a fare compromessi con quel che si trovano davanti; dategli dei valori interiori con i quali possano cambiare la società e resistere al diabolico piano della globalizzazione di tutti i cervelli. Perché la globalizzazione non è un fenomeno soltanto economico ma anche biologico, in quanto ci impone desideri globali e comportamenti globali che finiranno per indurre modifiche globali nel nostro modo di pensare.>> Da “Discorso per il matrimonio di Saskia e Christopher” TECNOLOGIA E INNOVAZIONE La modernità lo incuriosiva, lo attirava, riconosceva che era illogico rinunciarci a priori, ma ciò si scontrava con il suo desiderio di conservare quanto apparteneva alla tradizione e che per lui costituiva una grande, irrinunciabile ricchezza. L’avvento del computer, tuttavia, cambiò radicalmente il suo modo di lavorare e di interagire con il mondo. Terzani fu uno dei primi giornalisti ad utilizzare un computer, a riconoscerne la grande potenzialità. Attraverso l’uso del computer poteva permettersi grandi periodi di isolamento pur continuando a rimanere in contatto col mondo, con la famiglia. Alla tecnologia riconosce sicuramente un ruolo funzionale: le informazioni segretissime sulla Cina uscirono dal paese su un floppy disk, decine di altri dischetti contenevano appunti, riflessioni, materiale che poi confluirono nei suoi libri. La tecnologia intesa quindi come strumento che semplifica e completa, ma che non può in alcun modo sostituire l’intervento, l’azione diretta dell’uomo. Dopo l’attentato dell’11 settembre (vecchio e ammalato) sente la responsabilità per quel che stava accadendo: torna a fare in giornalista, in strada, in mezzo alla gente che muore. Critica i colleghi corrispondenti dall’estero che preferiscono commentare la guerra partendo dalle immagini proiettate da un televisore del loro lussuoso albergo, mentre la guerra è proprio sotto i loro piedi. La verità proiettata dalle televisioni diventa così la verità assoluta. Terzani è in mezzo alla gente, negli ospedali: alla tecnologia si affida in seguito per scrivere “Lettere contro la guerra”, una serie di lettere scritte e indirizzate al nipote, il piccolo Novalis. Tiene molto a questo libro, lo considera un dovere morale e la risposta del pubblico non si fa attendere: dal febbraio al maggio 2002 inizia il suo “pellegrinaggio di pace” che lo porta in scuole e teatri… e nel marzo 2002 anche al Castello di Abbiategrasso! Nel suo pc portatile sono stati ritrovati 147 file contenenti le pagine del suo diario: da queste pagine, ricche di spunti di riflessione, esce il Terzani più spirituale, l’uomo che si interroga sui grandi quesiti della Vita, che guarda al suo passato e si domanda cosa può fare ancora del suo futuro per farne un’esperienza felice. I Diari vengono pubblicati quest’anno, in occasione del decimo anniversario della sua morte, da Longanesi nel libro “Un’idea di destino”. Ma permettetemi di segnalarvi altri punti forti del pensiero di Terzani che esulano dalle linee guida del POF ma a cui ogni scuola dovrebbe dedicare la giusta attenzione. TERZANI TESTIMONE DEL ‘900 Lo scenario economico, politico, culturale e religioso che caratterizza i giorni nostri, è indubbiamente il risultato di scelte, o non scelte, fatte nel corso del secolo precedente. Terzani, viaggiatore e cronista per vocazione, è stato testimone di tutti i più grandi cambiamenti che hanno sconvolto l’Asia nella seconda metà del ‘900 e che di conseguenza hanno portato alla rottura di equilibri nella restante parte del mondo. Terzani era lì dove si faceva la Storia. Vivendo in prima persona questi cambiamenti, ne fa un’analisi dall’interno, li osserva da un altro punto di vista, quello delle classi deboli, degli uomini e delle donne vittime delle guerre e dei giochi di potere. Questa profonda conoscenza dello scenario socio politico permette a Terzani di vedere e allertare sui pericoli a cui l’umanità è destinata se il mondo non avrà un brusco cambio di direzione. Oggi, a dieci anni dalla sua morte, alcuni suoi libri risultano incredibilmente profetici. Da qui la convinzione che uno studio dei testi di Terzani può davvero darci una chiave di lettura, un punto di osservazione diverso, per capire come siamo arrivati ai quei fenomeni che caratterizzano il nostro tempo. TERZANI E LA NON-VIOLENZA Oggi la guerra sembra non essere più un tabù, è un fatto lecito ed accettato per la risoluzione dei conflitti internazionali. E se ai giovani si passa il messaggio che il mondo può essere violento, come pretendere che non lo siano loro? E’ la naturale risposta al mondo in cui sono inseriti. In un Istituto come il nostro, dove è grande l’impegno per debellare e scoraggiare episodi di bullismo, è fondamentale trasmettere il messaggio di un Terzani che esorta alla non-violenza e al rispetto della vita in tutte le sue forme. Ma Terzani è perfetto anche per trasmettere messaggi alle menti più semplici, come le definisce lui, ai bambini. In un’intervista girata nelle campagne dell’Orsigna, il suo rifugio in mezzo alla Natura, è il nonno amorevole che al nipote spiega perché la Natura va rispettata: <<Vedi noi, pensiamo sempre che gli alberi son cose che si possono tagliare, che … si può far legna. Allora a questo ho messo gli occhi, sono occhi indiani, perché li mettono sulle pietre … perché se Dio è dovunque, per renderlo visibile a una mente semplice, bisogna che abbia degli occhi, che sia come un umano … allora ho portato dall’India questi occhi e li ho messi per mio nipote … così per potergli spiegare che questo albero ha vita … che ha gli occhi, come noi … e non è che si può tagliare così, impunemente … che lui ha una sua logica di essere qui, che tutto ha il diritto a vivere, anche quest’albero, e se proprio un giorno andrà tagliato perché cade sulla casa o qualcosa … bisogna almeno parlargli, chiedergli scusa!>> Nel nostro Istituto entrano bambini di tre anni ed escono adolescenti, futuri uomini e donne di domani: il pensiero di Terzani abbraccia tutti, insegna a pensare diversamente, invita a riflettere, a guardare il mondo da un’altra prospettiva. Sono messaggi universali adatti tanto al bambino della materna quanto a quello della primaria, al ragazzo delle medie ma anche agli adulti, agli insegnanti, al personale della scuola e in generale a tutta collettività. Ma Terzani è molto altro ancora: il valore della famiglia, il legame del matrimonio, il rispetto della Natura, la conoscenza attraverso l’esperienza, la libertà dell’individuo, la ricerca della felicità… <<Ormai nessuno ha più tempo per nulla, neppure di meravigliarsi, inorridirsi, commuoversi, innamorarsi, stare con se stessi. Le scuse per non fermarci a chiedere se questo correre ci rende felici sono migliaia, e se non ci sono, siamo bravissimi a inventarcele.>> Terzani non è un personaggio del passato, astratto e lontano dalla realtà dei nostri figli, appartiene alla storia recente: su di lui quest’anno, proprio in occasione del decennale della morte, c’è una grandissima attenzione mediatica. Numerosi sono gli eventi che vedono come protagonisti la moglie Angela e i vari editor della Longanesi: le proiezioni di foto e filmati accompagnano i racconti e le riflessioni della Sig.ra Terzani. Partecipare a questi eventi è un’esperienza emozionante che raccomando vivamente perché, al di là del nome che verrà scelto per il nostro Istituto, Terzani ha lasciato davvero un grande insegnamento per tutti. In allegato alla presente troverete il ” DISCORSO PER IL MATRIMONIO DI SASKIA E CHRISTOPHER”, l’ultimo discorso che Terzani fece in pubblico e che rappresenta una splendida sintesi di gran parte del suo pensiero. Appena letta la circolare non ho avuto dubbi: per mia figlia, per i valori che le voglio trasmettere, per l'atteggiamento che vorrei che avesse verso la vita e il mondo, desidererei che l'istituto comprensivo che l'ha accompagnata nella sua crescita ed educazione (nel senso lato del termine) per sei anni e che per altri cinque l'accompagnerà, fosse intitolato a TIZIANO TERZANI. Alla legittima richiesta di una motivazione sintetica, mi verrebbe da rispondere "perchè no?": chi Terzani lo ha letto e lo conosce può ben comprendere la mia provocazione. Già, perchè non è facile sintetizzare la vita e le opere di un uomo che ha attraversato il suo tempo in modo così presente e attivo come Tiziano Terzani. Cercherò, tuttavia, di proporre degli spunti di riflessione, dei flash che potranno meglio chiarire come la mia proposta sia in linea con gli obiettivi che il Piano dell'Offerta Formativa, anche per coloro che non hanno ancora avuto modo di conoscere Terzani. Terzani sosteneva che nulla accade per caso. Così sono partita dal presupposto che se proprio nel decimo anniversario dalla sua morte il nostro Istituto decide di darsi un nome, un motivo ci sarà. E ho cominciato a riprendere in mano le sue opere a rileggere la sua biografia, ad ascoltare i messaggi che lui stesso ci ha lasciato, in video, e che le persone che lo hanno conosciuto, per prima sua moglie Angela, hanno raccontato, per trovarlo. Ho letto i suoi diari, ultima sua opera, uscita postuma la scorsa primavera col titolo "Un'idea di destino" (ed. Longanesi). E da qui ho ripercorso tutto il "backstage" dei libri letti in questi anni. Io Terzani l'ho scoperto poco dopo la sua morte, come giornalista di reportage di guerra, e leggendo il suo "In Asia" mi sono sempre detta che quest'uomo aveva vissuto proprio come sarebbe piaciuto fare a me. Era partito dal nulla, figlio di un meccanico e di una sarta, per arrivare a laurearsi alla Normale di Pisa e a lavorare all'Olivetti, felicemente sposato con la compagna di sempre. E molti si sarebbero fermati qui. Arrivati, benestanti, una vita "tranquilla". Ma Terzani no, da qui comincia la sua ricerca. Una ricerca che lo porta negli Stati Uniti a studiare il cinese per cercare di vivere da vicino, da dentro, l'esperimento cinese, la società socialista, mito per tutti coloro che avevano vissuto la dittatura e la Grande Guerra. Non riuscendo ad entrare nella Repubblica Popolare di Mao, bussa alle redazioni di mezza Europa per farsi inviare come corrispondente di guerra in Asia: lo assume il settimanale tedesco Der Spiegel. Italiano, studia cinese negli Stati Uniti e va in Asia a lavorare per un giornale tedesco: se non è interculturalità questa! Dall'Asia racconterà i conflitti del Novecento, quelli che ancora oggi fanno fatica ad essere studiati nelle scuole dell'obbligo, giornalista sempre attento anche alla sorte dei più deboli, di coloro che le guerre le subiscono, non le hanno volute. E tutta la sua vita sarà proprio dedicata alla ricerca dell'essere speciale che c'è in ognuno di noi, all'attenzione per le diversità che fanno di ciascuno di noi un individuo e non uno dei tanti, tutti uguali, come invece la globalizzazione vorrebbe. L'importanza della diversità e della storia le aveva capite proprio nella sua amata Cina quando, tra i primi giornalisti occidentali ad essere ammesso a Pechino, aveva visto come il socialismo non era fonte di felicità, come gli intellettuali di sinistra pensavano, poiché privava un popolo grandioso come quello cinese, della sua storia e delle sue diversità etniche, rifacendosi a un pensiero teorizzato da europei: Marx, Engels, Lenin e Stalin. Aveva cercato di scriverlo, di smascherare gli errori di quella che lui per primo pensava essere la società "perfetta", ma da questa società era stato espulso. Certo, i suoi ideali comunisti così forti, almeno fino alla disillusione cinese, potrebbero far pensare ad uno scrittore decisamente connotato politicamente, ma, a chi non l'avesse ancora fatto, consiglio di leggere "La porta proibita", 1984 o "Buonanotte Signor Lenin", 1992 per capire come la sua politica sia sempre stata quella della gente, non dei partiti. Nella sua vita una grande importanza l'ha rivestita il fatto di cercare sempre un nuovo punto di vista, di non accontentarsi mai di verità precostituite e preconfezionate. Anche quando cambiò il suo modo di fare giornalismo (per seguire la profezia di un indovino cinese decise per un anno di non prendere più aerei; "Un indovino mi disse", 1995) e si dedicò a reportage più intimistici e "spirituali", rimase sempre un giornalista, un giornalista fiorentino, uno di quelli che cercava sempre le SUE risposte e le SUE spiegazioni, non si accontentava di quelle che gli fornivano gli altri. A cavallo tra gli anni '90 e 2000, lo si cominciò a vedere come un guru, come un Osho occidentale, ma in realtà non propinò alcuna verità "definitiva", se non quella del cercare la propria verità, senza però criticare o denigrare la verità degli altri. E poi, come poteva essere un guru uno che, nonostante avesse sperimentato meditazione, pratiche buddiste, indù e new age, per curarsi il tumore si era comunque affidato alle ultimissime cure mediche e ai migliori specialisti del mondo occidentale a New York? ("Un altro giro di giostra", 2004) Già, perché pur apprezzando la spiritualità dell'oriente, intesa come ricerca e come rielaborazione della storia e delle tradizioni, era pur sempre un fiorentino, come non smetteva mai di ricordare, figlio dell'umanesimo. Capì prestissimo, già negli anni '80, l'importanza dell'evoluzione tecnologica, diventando uno dei primi giornalisti ad utilizzare un computer portatile anziché la macchina da scrivere. La tecnologia informatica fu sempre per lui un mezzo fondamentale non solo di lavoro ma anche per mantenere i contatti con la sua famiglia, ormai sparsa per il mondo. Perché per lui la famiglia era davvero l'unico fulcro, il filo conduttore di una vita trascorsa in giro per il mondo, l'unica cosa per cui valesse davvero la pena vivere. Come dice nel discorso per le nozze della figlia, "Il matrimonio è il riconoscimento di un'identità spirituale. E se conduci una vita come si deve, basata su valori interiori e non semplicemente sui sensi, allora sposerai la persona giusta e insieme a quella persona ricostruirai l'unità, che è divina." Ancora tante sono le sfaccettature che Terzani racconta nei suoi libri, difficili da sintetizzare in una "breve" mail. Se comunque, alla fine, il nome scelto per l'Istituto dovesse essere Tiziano Terzani sarebbe sicuramente una soddisfazione per me, oltre che il giusto riconoscimento a un grande personaggio italiano. Ma in realtà aspiro a qualcosa di più, per mia figlia e per i suoi compagni di scuola e di vita: sarebbe bello che queste poche righe stimolassero insegnanti e genitori, noi che siamo responsabili delle nuove generazioni, a dare ai nostri ragazzi gli strumenti per ampliare le loro conoscenze, a stimolare la loro curiosità, a cercare sempre un punto di vista diverso, a non trasmettere solo delle nozioni, ma a dare loro un bagaglio di conoscenze che gli permettano di fare della loro vita un'esperienza felice. E per concludere desidero condividere un frammento di un'intervista a Terzani, realizzata da Massimo Pacifico nel 1995: "Ma ci deve essere un fascino in tutto ciò, perché i paesi asiatici di grande cultura non sembrano mostrare remore ad abbandonare i risultati di migliaia di anni di civiltà per scimmiottare l’Occidente… E’ il problema del sottosviluppo asiatico. Cinesi e indiani con la loro cultura e la loro tradizione, dovrebbero avere il coraggio, la forza di coscienza, di cercare soluzioni asiatiche ai loro problemi. Non capsico perché vogliano dare soluzioni europee ai loro problemi asiatici. Quando vedo un cinese con la cravatta mi viene da vomitare. Quando vedo che un popolo che ha inventato tutto un modo di vivere, di fare all’amore, di leggere, di far da mangiare, di divertirsi, d’un tratto butta all’aria tutto per copiarci mi sento male. Mi fa pensare molto un paese come la Cina che ha rinunciato persino al modo di abitare in quelle belle case con i cortili, che ora vengono distrutte, per costruire delle case popolari come quelle di Abbiategrasso. La Cina questa? No… un Burundi, una paese senza Storia! Non dico che debbano rimanere poveri, ma cerchino un modello confacente alla loro tradizione. Non sono certo inferiori a noi." (intervista integrale: http://www.barnum-review.com/it/portfolio/omaggio-tiziano-terzani/) Sì, parla proprio della nostra Abbiategrasso, non credo ci siano tante "Abbiategrasso" nel mondo. Di sicuro non in toni positivi, ma questo dovrebbe farci riflettere. Dedicargli una scuola, proprio un plesso immerso nelle case popolari, che ha come bacino d'utenza i figli di queste case popolari, non potrebbe essere un bel modo per dimostrare che questa città è cambiata, in meglio? O almeno ci sta provando...