Dipendente di banca truffa due anziani: spariti 600mila euro
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Dipendente di banca truffa due anziani: spariti 600mila euro
9 CRONACA Giovedì 19 giugno 2014 RIVAROLO, L’UOMO ORA È AGLI ARRESTI DOMICILIARI, VENERDÌ L’INTERROGATORIO DI GARANZIA RIVAROLO — Luigi Martinelli, un dipendente della Unicredit di Rivarolo, è stato arrestato l’altra mattina dai carabinieri. Deve rispondere di truffa e utilizzo indebito di carte di credito. Secondo quanto hanno potuto ricostruire gli investigatori, l’uomo, 46 anni, con un abile stratagemma, ha fatto sparire dai conti di due anziani circa 600mila euro. Al bancario, residente a San Giusto Canavese, sono stati concessi gli arresti domiciliari. Gli albori della storia risalgono addirittura al 2010. È da allora che iniziano gli ammanchi nei conti dei due pensionati: uno residente a San Giusto, l’altro a frazione Argentera di Rivarolo. Secondo quanto hanno accertato i carabinieri, il bancario avrebbe raggirato i due anziani, riuscendo a farsi consegnare le tessere bancomat di due conti correnti aperti a loro insaputa. Ha poi tenuto sotto controllo i risparmi dei due pensionati per poi andarli a prelevare, un giorno dopo l’altro, agli sportelli automatici delle iliali di Rivarolo e San Giusto. Sono stati proprio i responsabili dell’Unicredit a rendersi conto degli strani spostamenti di denaro. I due pensionati, invece, non si sono praticamente accorti di nulla. Continuavano a depositare sul conto la pensione che, un po’ alla volta, usciva a loro insaputa. I carabinieri di Rivarolo, una volta ricevuta la segnalazione da parte dell’istituto di credito, hanno fatto il resto. Hanno scartabellato tra le pratiche irmate dal bancario ino a trovare i contratti dei pensionati, poi lo hanno seguito certiicando i suoi prelievi agli sportelli bancomat. Quattro anni di prelievi per oltre 600 mila euro. Soldi che, adesso, Dipendente di banca truffa due anziani: spariti 600mila euro Pensionato di Leinì travolto sulle strisce vicino a casa LEINÌ — Stava attraversando la strada sulle strisce pedonali quando per cause ancora in via di accertamento da parte della Polizia municipale di Leinì è stato investito. Vittima del grave incidente stradale, accaduto giovedì della scorsa settimana, poco dopo le 9, Ottavio Camilla, un pensionato di 80 anni, residente in città. Il pensionato era sulle strisce in viale Italia, al chilometro 9,9, poco dopo l’intersezione con via Silvio Pellico, quando un’auto in transito, una Peugeot 206 di un concessionario cittadino, gli è piombata addosso. L’uomo è inito sul cofano, ha sfondato il cristallo ed è stato sbalzato sull’asfalto. Le sue condizioni sono apparse in da subito disperate. Sul posto sono arrivate due ambulanze del 118, ma tutti i tentativi di rianimare il pensionato sono state vane. Il suo cuore ha cessato di battere sul posto e la salma, dopo l’intervento del medico legale è stata trasportata alla camera mortuaria dell’ospedale di Ciriè. Il tratto stradale, dalla rotonda della “stazione” a via Pellico è stato interrotto per quasi due ore e i numerosi veicoli in transito su quella strada deviati all’interno della città. Non è ancora stata issata la Ottavio Camilla, di 80 anni, era residente in via Luigi Ronco I funerali non sono ancora stati fissati data dei funerali. RICETTAZIONE, IN AULA RIVAROLO — A Ivrea, lunedì, è iniziato il processo a carico di Stefano Cortello, 30 anni di Rivarolo, accusato di falso e ricettazione. Il giovane, il 6 giugno 2009, si è trovato in possesso di un portadocumenti e un carnet di assegni arraffati da un’auto in sosta a Favria. Con quegli assegni è andato a fare la spesa all’Ipercoop di Cuorgnè. Sfortuna ha voluto che il trentenne sia andato a pagare con gli assegni rubati dalla cassiera vicina di casa della vittima. Che ha riconosciuto i dati scritti sull’assegno dal rivarolese, ha chiesto i documenti e ha verificato che la persona di fronte non era certo il vicino di casa. Il giovane è stato immediatamente bloccato dai carabinieri di Cuorgnè, come confermato in aula dal maresciallo Tommaso Serratore. Il furto era stato regolarmente denunciato lo stesso pomeriggio ai carabinieri di Barbania. Una parte dei documenti rubati erano stati ritrovati da un podista nei pressi del cimitero di Rivarolo. Il procedimento a carico di Stefano Cortello riprenderà il 22 settembre per la sentenza. — NADIA BERGAMINI dovranno essere in qualche modo individuati. A casa dell’uomo, nel corso della perquisizione seguita all’arresto, i militari hanno recuperato e posto sotto sequestro qualche decina di migliaia di euro. Una minima parte di quello che, a conti fatti, sarebbe sparito dai conti correnti dei due ottantenni. L’altra mattina la procura ha spiccato l’ordine di custodia cautelare per il dipendente infedele dell’istituto di credito. Domani, di fronte al giudice Scialabba, l’interrogatorio di garanzia. Ora gli investigatori stanno cercando di capire se lo stesso metodo è stato utilizzato per raggirare qualche altro correntista. Circostanza che potrà essere nota solo dall’incrocio dei dati sui conti correnti. Di certo, viste le cifre prelevate, l’uomo aveva scelto i due clienti con cura, tra quelli più abbienti e dificilmente in grado di accorgersi degli ammanchi. Per evitare guai (ed essere certo di non destare troppi sospetti) li aveva anche convinti ad afidarsi a un conto corrente internet, con gli estratti conto inviati esclusivamente via email. I due pensionati non sarebbero stati nemmeno a conoscenza delle rispettive caselle di posta elettronica. A giocare un ruolo determinante nella vicenda, il rapporto di iducia che l’uomo aveva instaurato con i due anziani. — AL.PRE. — ALESSANDRO PREVIATI VOLPIANO. Il pentito Rocco Varacalli, in aula, racconta l’assassinio del boss VENARIA. La giovane era morta colpita dalle schegge di vetro del portone Pasquale Marando è sepolto tra i senza nome Fiaccolata per Giorgia prima del processo VOLPIANO — «Pasqualino Marando è stato ucciso da suo cognato, perché pensava che fosse stato lui ad ammazzare Antonio Trimboli. È stato sepolto a Platì, al cimitero, nella fossa comune. Senza nome». Le parole di Rocco Varacalli risuonano nell’aula sette del piano sotterraneo del Palagiustizia di Torino quando è già pomeriggio, alla ine di un’udienza popolata da meno dieci persone: i giudici, i pm e i legali, senza gli imputati. Tutti ascoltano in silenzio. Non è la prima volta che il pentito della ‘Ndrangheta testimonia sul caso, ancora irrisolto, della scomparsa di Pasquale Marando, considerato un narcotraficante e un boss di spessore. Ma in questa occasione Varacalli si dilunga in un racconto preciso, fornendo molti particolari che potrebbero rivelarsi importanti. Il processo è quello sul riciclaggio dei miliardi di euro che i familiari di Pasquale Marando, una volta scomparso, avrebbero riciclato negli anni costruendo un impero di case, terreni e locali in Italia. Un patrimonio che supera i 65 miliardi di euro. Sul banco degli imputati ci sono Antonio Marando, iglio di Domenico, assistito dall’avvocato Wilmer Perga, Padre Loy, i fratelli Francesco e Maria Tassone e Nicola Marando, fratello di Pasqualino, difeso dall’avvocato Femia. Domenico, Luigi e Rosario Marando sono giudicati in un altro processo, con rito ab- Pasqualino Marando, è considerato un narcotrafficante e un boss di spessore. Secondo Varacalli è stato ucciso da Saverio Trimboli breviato. «Sono stato afiliato alla ‘Ndrangheta dal ‘94 al 2006» esordisce Varacalli, interrogato come teste dal pm Roberto Sparagna. «Sono stato indagato per l’omicidio di Giuseppe Donà. Poi – prosegue il collaboratore di giustizia - ci sono stati gli omicidi Romeo, Stefanelli e quello di Pasqualino. Sono stati tutti uccisi. Della famiglia Marando io conoscevo quasi tutti, specialmente Domenico, perché eravamo in carcere insieme. Adesso non è più mio compare perché mi sono pentito». Sul mistero della scomparsa di Pasquale Marando, Varacalli parla a lungo. «È morto ucciso – ripete per due volte al pm Sparagna – mi ricordo che nel maggio 2003 una sera, in via Vela a Torino, incontro Bruno Polito, che mi racconta che avevano ucciso Pasqualino. E mi dice: “L’ha ucciso Saverio Trimboli, che era cognato suo, fratello della moglie”». «Antonio Trimboli era scomparso – spiega Varacalli alla corte presieduta dal giudice Maria Iannibelli – ma non sapevano chi potesse essere ad averlo fatto fuori. Pasqualino era andato dai cognati a parlare con tutti i Trimboli per parlare di questa scomparsa. Lui voleva far capire che non c’entrava niente. Va a casa loro, senza sapere che Gaetano Napoli lo aveva venduto. Va nella trappola, pensando di farla lui, ma alla ine gliel’hanno fatta, a lui. Parlano, mangiano, alla festa a Platì. La mattina Pasqualino, quando si alza perché deve partire, visto che era latitante, il cognato Saverio Trimboli lo avvicina a una fontanella e con una pistola 9 per 31 gliela scarica tutta in testa. Il corpo lo hanno messo nel cimitero a Platì senza nome», conclude Varacalli, che tiene a precisare quale fosse il ruolo di Marando nella scala gerarchica della ‘Ndrangheta: «Aveva la dote del “vangelo” e una cosa in più, una dote elevatissima: era nella “crociata”. Era il capolocale di Volpiano. Io trattavo la droga con lui. Marando Domenico aveva la “santa”, Rosario era “camorrista inalizzato” quando era con me in carcere nel ‘97. Marando Rocco non so se era ‘ndranghetista». Poi ripercorre la sua vita. L’arrivo a Torino a 15 anni, a 17 lo spaccio di droga. Gli omicidi. La decisione di collaborare. Era il 7 maggio 2006. »Mi sono pentito – si conida - perché avevo fatto troppi anni in prigione. I miei bambini non li vedevo mai. E poi, non ci credevo più alla ‘Ndrangheta». (e.s.) VENARIA REALE — Sono già passati tre anni. Ma, venerdì sera, si sono ancora ritrovati in tanti nella chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù, a Savonera, al conine con Venaria, per ricordare Giorgia Gallo con una iaccolata. Giorgia, quando morì la sera del 13 giugno 2011, aveva appena 15 anni. Venne colpita da delle schegge di vetro del portone del palazzo dove abitava, in corso Cincinnato 256, a Torino, che esplose all’improvviso. Le scoppiò in faccia come una bomba. Per quell’incidente, dopo le indagini del procuratore aggiunto Raffaele Guariniello e del pm Lisa Bergamasco, sono stati rinviati a giudizio due amministratori di condominio. Il processo nei loro confronti inizierà il prossimo 9 luglio. Secondo una consulenza tecnica afidata agli esperti del Politecnico, il vetro di quel portone, vicino al quale si trovava Giorgia con alcuni suoi amici, non era a norma. Nello speciico quel cristallo era «indurito termicamente e avrebbe dovuto essere sostituito». Venerdì sera gli amici e i parenti di Giorgia hanno liberato in cielo dei palloncini bianchi e rosa, dopo la messa, oficiata da don Alessio Toniolo e don Alfredo Stucchi, cappellano della casa circondariale “Lo Russo e Cotugno”. «Voglio dire ai ragazzi di oggi di non essere supericiali e ricordarsi in ogni momento che la vita non è solo importante, Venerdì sera si sono ritrovati in tanti nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù per ricordare la quindicenne che morì il 13 giugno 2011 (foto Sergi) ma molto di più», dichiara Jessica Gallo, la sorella di Giorgia che ha ringraziato tutti i partecipanti alla iaccolata. «Vorremmo ringraziare l’autorità giudiziaria che ha compiuto le indagini con scrupolo in questi anni - ci tengono ad evidenziare i familiari per arrivare a capire se qualcuno ha delle responsabilità e dovrà rispondere per quello che è successo». — GIA.GIA.