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mai dire mai - ASSOCIAZIONE LIBERARSI onlus
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mai dire mai
“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere
alla rieducazione del condannato” Costituzione della Repubblica Italiana, art.27. comma 3.
LUGLIO-AGOSTO
Un numero
speciale
Queste sedici pagine che escono
nel luglio 2011 sono diverse dai
quattro numeri di “Mai dire mai”
finora stampati. Sono dedicate in
gran parte alla mobilitazione che
è stata organizzata soprattutto nelle carceri, ma non solo, nei giorni
24-25 e 26 giugno, giornata dell’ONU contro la tortura.
Un documento che trovate nell’ultima pagina è stato sottoscritto da
un centinaio di persone esterne e
da circa 3.000 detenuti di oltre
cinquanta carceri (ma le adesioni
sono state di più e non abbiamo
ancora un quadro completo).
All’interno di queste tre giornate è
scaturita la proposta di Nicola Valentino di andare il 24 giugno a fare una specie di pellegrinaggio all’ergastolo di Santo Stefano (Ventotene) per portare un fiore al cimitero degli ergastolani. E’ su questa
iniziativa, su alcune prime riflessioni, sulla narrazione di questa
storia che nasce il numero che poi
è completato da alcune note e da
informazioni sulla nostra associazione e sul come poter dare una
mano a dare forza ai progetti che
stiamo cercando di portare avanti.
Ci scusiamo per i tanti mesi di “latitanza” e promettiamo di far di
tutto per uscire nuovamente a settembre/ottobre con un numero
“normale” di “Mai dire mai”. Ci
dispiace dover rinviare la pubblicazione di vari testi e di numerosi
materiali di dibattito che ci sono
arrivati dalle carceri e dall’esterno
e varie lettere, poesie, narrazioni.
Voi fateci sapere cosa ne pensate
di queste pagine. Dateci suggerimenti su questo nuovo progetto:
“Un fiore per l’abolizione dell’ergastolo”. Aiutateci nel sostenere le
idee della nostra piccola associazione di volontariato e continuate
a sollecitarci con scritti, informazioni, denunce, poesie, suggerimenti. Fateci sentire ancora una
volta una realtà che cerca di dare
un risposta a problemi reali del
carcere e della società.
2011
Porta un fiore
per l’abolizione dell’ergastolo
Resoconto del viaggio al cimitero degli ergastolani
nell’isola di Santo Stefano (Ventotene)
l 24 giugno siamo partiti in quattro
verso l’isola di Ventotene. Oltre me,
che portavo anche il sostegno all’iniziativa di Sensibili alle foglie, era
presente Giuliano Capecchi dell’associazione Liberarsi, Rossella Biscotti (artista), Valentina Perniciaro (blogger: baruda.net). Giuliano era anche in sciopero della fame, in solidarietà con i reclusi di molte carceri italiane anch’essi in
sciopero nei giorni tra il 24 ed il 26, in
concomitanza con la giornata mondiale
contro la tortura indetta dall’ONU. Uno
sciopero per affermare che dentro la parola tortura vanno incluse: la condizione attuale delle carceri italiane, l’ergastolo ed il regime di isolamento detentivo del 41 bis.
Oltre me che ho trascorso circa 28 anni
all’ergastolo, ognuno portava nel viaggio anche la sua esperienza di incontro
con la reclusione a vita, una conoscenza,
soprattutto per Giuliano e Valentina, segnata dal rapporto diretto con persone,
attualmente o in passato, recluse all’ergastolo.
Lo scopo del viaggio: portare dei fiori
sulle 47 tombe senza nome del cimitero
degli ergastolani che si trova sull’isolotto di Santo Stefano, a pochi metri dal
vecchio ergastolo, funzionante dal 1795
al 1965. Vedere e documentare un luogo
emblematico per comprendere ciò che è
l’ergastolo oggi, soprattutto l’ergastolo
che riguarda oltre mille degli attuali
1500 ergastolani e che non prevede possibilità di uscita ma solo la morte in carcere. In questi giorni, nel carcere di Spoleto si è impiccato Nazareno, un uomo
condannato all’ergastolo, da 22 anni in
carcere, che si è messo una corda al collo due giorni dopo aver saputo che il suo
ergastolo era di quelli che non prevedo-
I
no la richiesta dei benefici penitenziari e
che quindi sarebbe morto lentamente in
carcere proprio come i reclusi di Santo
Stefano.
Abbiamo portato in questo viaggio anche il sostegno di reclusi e recluse di oltre 50 carceri, e decine di persone libere
che non si sono potute mettere in cammino ci hanno chiesto di deporre dei fiori anche per loro.
Erano stati informati del nostro arrivo sia
il direttore dell’ente parco di Ventotene
e Santo Stefano, che ha autorizzato di
buon grado la visita ai luoghi del carcere, sia Salvatore dell’associazione che si
occupa di guidare le persone nel vecchio
carcere, in gran parte pericolante, e nei
luoghi limitrofi, tra cui il cimitero.
Quando siamo approdati a Ventotene il
primo passo è stato recarci dalla fioraia
per comperare delle piantine di gerani da
interrare nei pressi delle tombe. La fioraia, incuriosita e sorpresa per questa nostra missione, ci ha raccontato che fino
a qualche anno fa durante la festa della
santa patrona dell’isola, alcuni ventotenesi, insieme al prete della parrocchia locale, si recavano a portare fiori e preghiere al cimitero degli ergastolani. Con
in mano le piantine, attraversando la
piazza, ci siamo fermati nella libreria
dell’isola che si cura molto di documentare la storia e la vita dei reclusi che sono stati detenuti a Santo Stefano. Ci ha
ricevuti anche il direttore dell’ente parco apprezzando la nostra attenzione per
quel cimitero, invitandoci a ritornare
ogni qual volta l’avessimo voluto, anche
perché sembra esserci un attenzione sociale nell’isola alla valorizzazione storica e culturale di Santo Stefano, innanzitutto attraverso il recupero degli archivi
del carcere.
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Con Salvatore, la guida, abbiamo cercato una barca che ci trasbordasse sull’isolotto. Il barcaiolo ha apprezzato lo scopo non turistico del nostro viaggio, facendoci uno sconto sul costo della traversata. L’approdo non è facile e la salita verso il carcere faticosa, ci muoveva
verso l’alto la narrazione di Salvatore,
che ha cominciato a popolare di uomini
e di eventi un luogo che all’apparenza si
presenta solo come un sito di archeologia penitenziaria, ma che attraverso il
suo racconto si vivifica e mostra una storia sociale ed istituzionale ancora drammaticamente attuale. Salvatore e la sua
associazione hanno raccolto con molta
cura una efficace documentazione. Una
fotografia in particolare ha guidato il nostro immaginario nel cammino verso il
cimitero: la foto ritrae il funerale di un
ergastolano. Si vedono i reclusi, che hanno accompagnato in corteo funebre il loro compagno morto, fermi fra le croci
bianche. Assistono alla tumulazione della bara. Una bara di legno che loro stessi hanno costruito nella falegnameria del
carcere.
Come ha osservato Valentina: “Io non so
dove morirò, non so dove come e chi parteciperà ai miei funerali. Non ho idea di
come verrà riposto il mio corpo, di cosa
verrà detto, di quale viale sarà percorso
se ne sarà percorso uno. A loro bastava
guardarsi intorno, bastava tenere gli occhi ben aperti per assistere al proprio funerale, per veder costruire una bara
uguale identica a quella che poi sarebbe
stata costruita per loro stessi”.
Abbiamo scelto due tombe per interrare
le piantine di gerani e deposto fiori di
campo sulle altre 45 tombe. Ma a chi stavamo offrendo un fiore? Per chi ho pregato? Sono solo 47 i corpi sepolti oppure, considerati i tre secoli di vita del carcere quel cimitero è anche da considerarsi come una fossa comune? Ma se prima
c’erano delle croci bianche di pietra come si vedono nella foto d’epoca, forse
c’erano anche dei nomi! Quante persone
sono state sepolte lì e quali erano i loro
nomi? La cancellazione del nome si presenta come l’atto più estremo di cancellazione della persona, che entra nella vita sociale proprio con la scelta che altri
fanno di un nome per lei. Un condannato a morte nello stato del Texas dichiarò
che la cosa più terribile per lui non era la
sedia elettrica ma sapere che sarebbe stato sepolto in una tomba contrassegnata
solo con il numero: il 924. Mentre scen-
diamo nuovamente verso l’approdo della “madonnina”, scambiamo insieme all’acqua da bere alcune prime impressioni che l’esperienza ci consegna: innanzitutto il modo che hanno le persone che
abbiamo incontrato della comunità di
Ventotene, di parlare dell’ergastolo. Un
modo di parlarne che non mostrifica le
persone che vi sono state recluse. Questa
modalità culturale è importante da valorizzare, se si considera che la produzione del mostro è il primo passo per la condanna all’ergastolo, e che questa cultura
non mostrificante, si esprime in una delle comunità che ha vissuto a stretto contatto con il più antico degli ergastoli.
L’altra sensazione che tutti abbiamo è
che lì sia importante tornare, non solo come un fatto rituale ma immaginando un
lavoro che riesca a ridare i nomi alle persone sepolte. In un certo senso la pratica
sociale per l’abolizione dell’ergastolo è
importante che sia anche retroattiva, che
operi perché nessun essere umano possa
essere cancellato per sempre dal consorzio umano, ieri, oggi e per il futuro.
30 giugno 2011
Nicola Valentino
Per la documentazione fotografica:
baruda.net - altri siti:
sensibiliallefoglie.it / informacarcere.it
Foto di Valentina Perniciaro. L’ergastolo di Santo Stefano e la sua ruggine
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Ergastolo di Santo Stefano:
un fiore ai 47 corpi senza nome
iamo approdati sull’isola di
Santo Stefano con un piccolo gommone.
Scesi al volo, il piede si aggrappa
subito ad un suolo minuscolo e spigoloso, uno scoglio meraviglioso,
intriso però in ogni suo sasso di dolore.
L’ergastolo di Santo Stefano è il
primo vero carcere nato sul suolo
italiano; ha sentito sbattere le sue
chiuse ferrose la prima volta nel
1797 per lunghi interminabili anni,
fino al nostro 1965.
Non un vecchio convento o castello, ma una struttura progettata per
la detenzione e il controllo. Salvatore non si può definire un custode,
è più l’anima di quell’isola.
Sono le sue mani a sistemare il poFoto di Valentina Perniciaro. L’ergastolo di Santo Stefano si avvicina
co di sistemabile, ad aprire e chiudere i cancelli ai curiosi, a chi su
per capire, per sentire un po’ sulla proli che si inginocchiano per salutare un
quel posto scrive e ricerca, a chi invece
pria pelle cosa significa privazione delaltro vestito come loro, che s’è liberato
come noi voleva portare un fiore a quella libertà personale, cosa significa deprima di quella condanna terrena che
le tombe senza nome, con la speranza
tenzione e soprattutto cosa significa
aveva velleità di eternità, ho pensato
e l’impegno preso di provare a darglieERGASTOLO.
che quegli uomini hanno vissuto chissà
lo al più presto.
Quel
cimitero
racchiude
in
se
una
soliquante volte il loro funerale.
47 tombe ci sono, e grazie al lavoro detudine mai sentita prima d’ora.
Io non so dove morirò, non so dove cocennale di Salvatore ci sono ora anche
Quei corpi di cui la storia ha deciso di
me e chi parteciperà ai miei funerali.
47 croci di legno, avvolte però dalle ernon aver memoria di un nome (c’è anNon ho idea di come verrà riposto il
bacce e dalla vegetazione che su quelche Gaetano Bresci tra quei corpi) hanmio corpo, di cosa verrà detto, di qualo scoglio cresce selvaggia come se mano vissuto il proprio funerale molte volle viale sarà percorso se ne sarà percorno d’uomo non ci fosse quasi mai paste prima che il loro corpo vi fosse sepso uno.
sata.
pellito, da altre mani prigioniere.
A loro bastava guardarsi intorno, bastaE invece, mani di uomini in catene, maDetenuti che tagliano la legna, detenuva tenere gli occhi ben aperti per assini di uomini legati l’uno all’altro, mani
ti che chiodo su chiodo costruiscono
stere al proprio funerale, per veder codi uomini che con gli stenti della fame
una bara.
struire una bara uguale identica a quele della sete che ha quasi sempre caDetenuti che preparano quel corpo da
la che poi sarà costruita per loro stessi:
ratterizzato la prigionia isolana hanno
chiudere nel legno, che dalla terra libechissà che aria c’era in quel blu che lì
vissuto quella terra stupefacente ma
ra arriva con un piccolo battello.
tutto circonda, nel momento in cui la
ostile.
Detenuti, uomini prigionieri, che acterra cadeva sul legno, col canto dei
Piccola e capace di avere un concentracompagnano sotto quel sole e su queltanti gabbiani e i colori incredibilmento di vissuto e di dolore che pochi altri
la terra nera il proprio compagno sulla
te vivi che sparano tutt’intorno.
luoghi hanno.
collina, dove il grande mare avvolge
Vorrei raccontarvi molte cose di quel
Bisogna andare a visitare quel luogo,
tutto. Ci sono alcune immagini di quei
posto…ci sarà modo, ancora devo dibisogna vedere quell’abbozzo di Panopfunerale, che Salvatore custodisce amogerirne i racconti e i sussulti del santicon (la costruzione del carcere è prerevolmente in un album ingiallito… nel
gue.
cedente di qualche anno al progetto di
Valentina Perniciaro
guardarle, nel vederli tutti vestiti uguawww.baruda.net
Bentham) e soprattutto quel cimitero
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Verso il cimitero dell’ergastolo
di Santo Stefano
ercherò di ricreare una breve cronistoria di quello che
abbiamo chiamato il progetto: “Porta un fiore per
l’abolizione dell’ergastolo”. Il 31 maggio 2011 abbiamo ricevuto una mail da Nicola Valentino che ci scriveva:
“Ciao Beppe, ciao Giuliano, sono stato pochi giorni fa a visitare l’ergastolo di S.Stefano, vicino all’isola di Ventotene,
sono rimasto molto colpito dal cimitero degli ergastolani con
le croci di legno senza nome che si trova fuori dalle mura del
carcere, dove venivano sepolti i reclusi che non avendo più
nessuno morivano lì. Al luogo si accede attraverso un arco ed
in fondo c’è quello che resta di una cappella … ho pensato
che potrebbe essere un luogo simbolico dove far vedere cosa
è l’ergastolo oggi, soprattutto nella sua dimensione dell’ergastolo senza speranza, quello cosiddetto ostativo … Ho anche immaginato che una bella iniziativa sarebbe portare persone, reti associative, personalità che si battono contro l’ergastolo a portare dei fiori, pregare (ognuno con la sua religione) su quelle tombe. Un evento del genere, ben propagandato, potrebbe costituire una forte iniziativa per porre il nodo dell’ergastolo ... L’idea mi sembra bella e volevo proporla a voi, se vi sollecita l’immaginario. Potrebbe essere utile
attuarla per queste giornate contro tortura-carcere ergastolo
di fine giugno, anche se i tempi sono molto stretti. La cosa richiede un impegno organizzativo che voi potreste attuare, se
l’idea vi sembra interessante. Vi abbraccio Nicola”.
L’idea di Nicola ci piacque molto e decidemmo di realizzarla. Chiedemmo al dr.Francesco Perretta, il direttore della riserva di Ventotene e Santo Stefano di poter essere accompagnati all’ergastolo da una guida e di poter visitare il vecchio
carcere e il cimitero degli ergastolani, vedemmo gli orari dei
traghetti da Formia a Ventotene, i treni da Roma e da Napoli,
e mandammo un testo, scritto da Nicola, alla lista di amici della nostra associazione, Nicola lo fece avere alla rete di Sensibili alle Foglie e altri allargarono i contatti.
Ecco il testo scritto da Nicola:
“L’ergastolo di S. Stefano (1795- 1965) è noto per essere il
primo carcere costruito dai Borboni secondo il moderno dispositivo panottico: gli ergastolani o altri reclusi che vi erano rinchiusi, vivevano costantemente sotto sguardo dei loro
reclusori. Ma la vera natura dell’ergastolo la si incontra all’esterno del carcere, seguendo un viottolo che porta al cospetto di un arco. Varcata questa soglia si scorge poggiato su
un blocco di pietra, un piccolo portafiori vuoto che anticipa
alcune file di tombe, ricoperte ormai da erbacce, con croci in
legno senza nome. In fondo al piccolo cimitero dimenticato si
scorge quel che resta di una vecchia cappella. Attualmente il
cimitero è in completo abbandono, diversi anni or sono se ne
prese cura un agente di custodia in pensione che scelse di vivere un po’ come un eremita a custodia di quel carcere ormai
in disuso e in questa veste si preoccupò di contornare le sin-
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gole tombe e di mettervi delle croci di legno. Se ne prese cura perché per quegli ergastolani la sola famiglia che era loro rimasta era S. Stefano.
Questo luogo narra al di là d’ogni equivoco la natura dell’ergastolo. Cancellati socialmente e civilmente al momento dell’ingresso in carcere, quegli ergastolani sono morti in solitudine e senza nome, esclusi dal consorzio umano anche dopo
morti.
Il cimitero degli ergastolani di S. Stefano è importante da vedere e far vedere perché racconta in modo emblematico e crudo anche ciò che è l’ergastolo oggi, in particolare la tortura
dell’ergastolo senza speranza, l’ergastolo cosiddetto ostativo,
in base al quale, delle attuali 1500 persone condannate alla
pena eterna oltre 1000 sono sostanzialmente escluse da quelle limitate possibilità giuridiche che permetterebbero la concessione dell’uscita dal carcere dopo 26 anni di pena scontata. Si configura in Italia, diversamente da altri Paesi dell’Unione Europea, un “fine pena mai” effettivo, che prevede
oltre alla morte sociale e civile delle persone condannate, la
loro effettiva morte in carcere”.
Nicola Valentino
Piano, piano si creò un gruppetto di persone interessate a venire a fare questa esperienza singolare.
Alla fine ci ritrovammo in quattro (ma in realtà eravamo in
cinque, la guida, Salvatore della Cooperativa Stella Maris, era
la quinta persona), incontrammo la fioraia, il direttore della
riserva da cui sapemmo che il materiale dell’archivio del carcere sarebbe presto passato al Comune e che vi era molto interesse e disponibilità da parte loro per ogni progetto che riguardasse l’ergastolo di Santo Stefano; parlammo e acquistammo dei libri nella libreria di Fabio Masi, che ha creato la
casa editrice “Ultima spiaggia” che, fra l’altro, ha ristampato
due testi molto importanti: quello di Luigi Settembrini, L’ergastolo di Santo Stefano e quello dell’anarchico Giuseppe Mariani, Memorie di un ex-terrorista. Dall’attentato al “Diana”
all’ergastolo di Santo Stefano”. Visitammo il carcere e depositammo le due piante nel cimitero abbandonato: un geranio
azzurro e una mandevilla rossa. Scegliemmo due spazi, Salvatore aveva portato un piccone per fare due buche nella dura terra e dell’acqua da darle dopo che erano state trapiantate. Furono sparsi anche dei semi di fiori.
Nel fare questi semplici gesti con noi erano centinaia di persone. Alcune ce lo avevano chiesto espressamente come Lidia che vive a Bologna e come Lilli e Lucia che fanno volontariato nel carcere di Ferrara, altri ci avevano augurato un
“buon viaggio a Santo Stefano, l’isola borbonica che dovrebbe diventare il simbolo della tortura e dell’assassinio carcerario nel mondo” come aveva scritto Danilo Zolo, professore
di Filosofia del diritto a Firenze, che più volte aveva visitato
questo luogo. Migliaia in quel giorno rifiutavano il carrello del
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vitto in oltre cinquanta carceri, fra loro un numero meno rilevante ci accompagnava con il digiuno. E poi si sentiva la presenza dei tanti sepolti, dei numerosi ergastolani verso i quali
noi facevamo questo gesto di amicizia e di amore.
Siamo tornati nella nostra vita di tutti i giorni, ma l’esperienza di Santo Stefano, del suo cimitero, di quei fiori, di quei semi prosegue il suo cammino in noi cinque e in tanti altri che
si stanno facendo vivi.
Sabato 25 giugno su Liberazione, quotidiano del Partito della Rifondazione Comunista, apparve in terza pagina questa notizia: “Ergastolo. In battello al cimitero dell’isola di Santo
Stefano per dire no al carcere a vita. Un viaggio simbolico
per mare fino all’antico carcere di Santo Stefano, vicino a
Ventotene, per dire no alla triste realtà del “fine pena mai”.
Lo ha organizzato l’associazione Liberarsi nel luogo in cui nel
1795 aprì il primo ergastolo d’Italia, attivo fino al 1965, all’interno dei tre giorni di mobilitazione che accompagnano la
giornata mondiale Onu contro la tortura per sensibilizzare
l’opinione pubblica italiana sullo sconcio del carcere e in
particolare sul 41 bis e la reclusione a vita: Hanno aderito
associazioni, reclusi ed ergastolani da tutta Italia. “Siamo venuti a portare fiori nel piccolo cimitero adiacente al carcere,
spiega in diretta Nicola Valentino di Sensibili alle foglie, “Il
luogo è fortemente simbolico per capire quello che è l’ergastolo ancora oggi. Abbiamo davanti a noi solo croci di legno,
senza nome: segnano il luogo di sepoltura di persone che hanno finito i loro giorni dietro le sbarre, emarginati al punto di
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non avere più nessuno che nemmeno ne reclamasse le salme”.
Attualmente nel nostro paese stanno scontando condanne all’ergastolo quasi 1500 persone e per più di mille di loro si
tratta di ergastolo “ostativo”, cioè comminato per reati che
non prevedono benefici: “Sono persone che hanno la certezza assoluta di morire in carcere, senza il minimo spiraglio di
speranza, dimenticate da tutti”, spiega ancora Valentino,
“proprio come gli anonimi morti di Santo Stefano. Simbolicamente siamo qui per dire no a tutto questo”.
Le prime riflessioni le ritrovate negli scritti di Nicola, di Valentina, che precedono questa cronistoria, anche io ho mandato una prima mail il 27 giugno in cui fra l’altro scrivevo: “…
Sto ancora rimuginando sul pellegrinaggio all’ergastolo di
Santo Stefano. Prima di tutto devo ringraziare molto Nicola
per questa sua intuizione che mi ha spinto a mettermi in viaggio e molto anche le altre due giovani che mi hanno accompagnato. Una prima cosa: dobbiamo far sapere a più persone possibile che in questa estate devono dedicare uno, due o
più giorni per andare anche loro a fare questo speciale incontro e poi farci avere le loro riflessioni, i loro stimoli, ciò che
farebbero … Poi perché non lavorare per un incontro da farsi a Ventotene nei giorni poco prima il 25 aprile in cui ricollegare il mondo della resistenza e dei confinati politici (Ventotene) con quello dell’ergastolo di Santo Stefano e chiedere
un forte pronunciamento contro l’ergastolo? E poi, cara Rossella, non potrebbe essere pensato a qualcosa di “artistico”
per il cimitero di Santo Stefano? E a qualcosa di ‘artistico’
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per la piazzetta in cui Salvatore ci parlava? E poi non potremmo pensare a qualcosa di musicale e teatrale? Un abbraccio,
Giuliano” Ogni anno è positivo ripetere questo pellegrinaggio
collegato al 26 giugno e alla ricorrenza internazionale che ricorda le vittime della tortura?
Il primo luglio ci arriva una mail di Rossella che fra l’altro
scrive: “Il mio interessamento per Santo Stefano è partito da
una riflessione sull’architettura penitenziaria all’interno di
una ricerca che porto avanti da qualche anno dal punto di vista artistico. Sono contenta che questo primo interessamento
abbia portato a delle riflessioni molto più ampie e, in merito
all’ergastolo e alla situazione attuale, sicuramente più urgenti. Vi ringrazio di avermi resa partecipe delle vostre riflessioni e sicuramente potete contare su di me sia per una “mobilitazione artistica”, ma anche per altro, approfondimento della ricerca, contatti sul territorio, ecc. Mi sembra necessario
finalizzare questa prima esperienza con il comunicato che Nicola ha scritto e rilanciarla in varie forme, fino ad un prossimo appuntamento collettivo, come indicava Giuliano. Ho un
paio di idee legate alla mia ricerca, che riguardano quindi
principalmente l’assetto architettonico e il sistema di controllo di Santo Stefano, ma anche delle idee su quali artisti potrebbero essere coinvolti in un secondo momento, che sareb-
bero capaci, sicuramente più di me, di creare un’opera pubblica sul luogo. Ho già parlato con alcuni che sembravano
molto interessati. Vi tengo aggiornati su questo e a breve possiamo iniziare a preparare del materiale per un incontro. Un
abbraccio. Rossella”.
Fra i tanti messaggi ci ha particolarmente commosso quello
che abbiamo ricevuto da Antonio Perucatti, che ha vissuto la
sua infanzia nell’ergastolo di Santo Stefano, essendo figlio
del direttore del carcere, un direttore contrario all’ergastolo e
che credeva fortemente alla funzione rieducativa della pena.
Antonio, che oggi fa volontariato in un carcere di Roma, ci
ha scritto: “Santo Stefano è la mia patria ed i detenuti che oggi mi sono amici, nel penale di Rebibbia, non sono altro che
la prosecuzione sentimentale di quelle “belve umane” che in
me hanno lasciato solo ricordi di infanzia indelebili, pervasi
di affetto e di umanità”.
Presto lo incontreremo e certamente lavoreremo insieme su
questo progetto.
Vorremmo chiedere a tutti coloro che vogliono in qualche modo partecipare a questo progetto di inviarci uno scritto, un pensiero, un’idea, per andare avanti sempre più numerosi. Grazie!
Giuliano Capecchi,
Associazione Liberarsi
Foto di Valentina Perniciaro. Le celle di Santo Stefano, isola del fine pena mai
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Foto di Valentina Perniciaro. Un fiore per l’abolizione dell’ergastolo
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INIZIATIVE - PROTESTE - TORTURA NELLE CARCERI - INIZIATIVE
Tre giorni di mobilitazione
24-25-26 Giugno 2011
e adesioni nelle carceri sono state
significative. Elenchiamo le carceri indicando tra parentesi le firme dei detenuti che ci sono finora arrivate: Agrigento (123), Ancona ( 97), Asti
(97),Augusta – Brucoli (210), Bellizzi Irpino (60), Benevento (maschile: 144,
femminile:25), Bergamo (245), Biella
(17), Bollate (88), Bologna (femminile:
38), Busto Arsizio (65), Carinola (34),
Catanzaro (345), Favignana (57), Firenze Sollicciano (23), Floridia (115), Fossombrone (97), Fuorni (40), Genova Marassi (46), Lanciano (198), Larino (47),
Lecce (63), Livorno (23), Massa (47),
Melfi (25), Messina (162 hanno firmato,
ma hanno partecipato tutti), Monza (femminile: 92), Nuoro (78), Padova (25), Palermo Pagliarelli (361), Prato (45), Rebibbia Femminile (161), Rossano (181),
Saluzzo (88), San Gimignano (64), Secondigliano (50), Spoleto (250), Taranto
(45), Teramo (65), Terni (90), Tolmezzo
(53), Trapani (38),Vibo Valentia (56),Vigevano (282, ma aderisce tutto il carcere), Viterbo (45), Voghera (28). Certamente il quadro non è completo.
I detenuti di Spoleto hanno sottoscritto il
seguente documento: “Il 26 giugno sarà
la Giornata internazionale dell’ONU
contro la tortura. Ricordando che in Italia esiste la “pena di morte viva”, una pena che non finisce mai se al tuo posto non
ci metti un altro. E che l’ergastolo ostativo è una pena di morte dove il boia è il
tempo e sei ammazzato e torturato ogni
secondo, ogni minuto, ogni giorno, ogni
anno che passa. Ricordando che in Italia
il carcere è il posto istituzionale più illegale e dove si muore e ci si toglie la vita
di più che in qualsiasi altro luogo. I detenuti e gli ergastolani in lotta per la vita di
Spoleto, raccogliendo l’invito dell’Associazione Liberarsi e per dare solidarietà
allo sciopero della fame di Marco Pannella, aderiscono a tre giorni della fame
(il 24, 25, 26 giugno) contro la tortura del
carcere e contro l’ergastolo ostativo.”
All’esterno ecco le adesioni arrivate: Vittorio Agnoletto, Annunziata Apollonia,
Claudia Ascari,Associazione Europa Le-
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vante (il presidente), Associazione Yairaiha – Reggio Calabria, Arianna Ballotta, Aldo Balocchi, Patrizia Barbanotti,
Rita Bernardini (parlamentare Partito
Radicale), Maria Bonafede (moderatora
della Tavola Valdese), Bruna Bonfante,
Maria Rita Borghesi, Luciana Breggia,
Monica Campani, Giovanni Capecchi,
Paolida Carli, Quirino Caselli, Lilli Castaldini, Giovanna Caviglione, Centro di
documentazione e studi delle donne – Cagliari, Centro Francescano di Ascolto –
Rovigo, Elisa Cesan, Coalizione italiana
contro la pena di morte – Ravenna, Cooperativa Sensibili alle Foglie,Alessandro
Corsini, Giuseppe Coscione e la comuni-
Grazie, Marco
Grazie, Rita
Grazie, Irene
da parte di tutti i soci dell’Associazione Liberarsi, dagli amici e dai
lettori di “Mai dire Mai”, un affettuoso abbraccio a Marco Pannella
che è in sciopero della fame dal 20
aprile e a Rita Bernardini e a Irene
Testa, che hanno iniziato questa dura protesta dal 6 giugno contro
l’orrore delle carceri del loro disumano sovraffollamento e per ottenere l’amnistia.
tà cristiana di base di Oregina-Genova,
Luisa Costalbano (Associazione Kiwani), Patrizia Costantini (Cooperativa Il
Cerchio – Spoleto), Renato Curcio, Giovanni Dazzi, Sergio D’Elia (Nessuno
Tocchi Caino), Lidia De Vido, Maurizio
De Zordo, Ornella De Zordo, Silvia
Evangelisti, Pietro Fattori, Livio Ferrari
(Garante dei diritti delle persone private
della libertà – Comune di Rovigo), Maria Teresa Fiocchi, Fondazione Balducci
- Fiesole, Consalvo Fontani, Pawel Gajewski (pastore chiesa valdese di Firenze), Anna Maria Galli, Paola Garau, Bernardo Francesco Maria Gianni, Jhon Gilbert, Roberto Grotti, Josemar Jimenez,
Chiara Labate Loredana Lantieri (Movimento Shalom – Firenze), Avv. Giuseppe Lipera, Luciano Malavasi, Roberta
Marchesini, Susanna Marietti (coordinatrice nazionale di Antigone), Marisa Masucci e Juan Antonio Leòn Montero, Lucia Mazzeschi,Antonio Mellini, Giovanni Michelon, Maria Milani, Marco Milli, Luciana Mistrali,Adriana Migotto,Alberto Moreni, Giuseppe Mosconi (ordinario di Sociologia del diritto – Padova),
Barbara Musumeci, Cecilia Nicolai, Federico Oliveri (segretario di Rifondazione Comunista di Pisa) , Diego Olivieri,
Sara Pajossin, Philippe Papapietro, Mariapia Passigli, Giulio Petrilli (responsabile giuistizia PD – L’Aquila), Francesca
Piervenanzi, Alessandro Pizzi, Marita
Prette, Anna Pulitini, Emilio Quadrelli,
Emilio Quintieri, Paola Reggiani, Ilaria
Raspanti, Redazione di “Fuori Binario”
– Firenze, Paola Romeo, Lucia Rossolini, Giovanni Russo Spena,Anna Pia Saccomandi (Conferenza regionale volontariato giustizia – Marche),Avv. Arturo Salerni, Luisa Salis, Beatrice Salvadori, Simone Santorso, Alessio Scandurra (Antigone Toscana), Maria Chiara Sicari, Caterina Silvestri, Ilda Tassinari, Irene Testa (Associazione Il detenuto ignoto),
Adriana Tocco (Garante detenuti della
Campania), Riccardo Torregiani, Francesca Vianello (Antigone Veneto), Giancarlo Zilio, Danilo Zolo (professore ordinario di Filosofia del Diritto).
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INIZIATIVE - PROTESTE - TORTURA NELLE CARCERI - INIZIATIVE
Per la giornata internazionale
dell’ONU del 26 Giugno
contro la tortura
Un intervento degli ergastolani del carcere di Biella
er il secondo anno consecutivo
gli ergastolani detenuti presso la
Casa circondariale di Biella hanno consapevolmente scelto di aderire alla giornata del 26 giugno dedicata alla
Tortura. Aderiamo perché riteniamo che
le questioni riguardanti le tematiche
carcerarie sono argomenti che possono
generare dibattiti nelle società contemporanee.
La situazione degli ergastolani assoggetti al “fine pena mai” è uno dei più
scottanti problemi del Paese, soprattutto per quanto riguarda la condizione dei
detenuti sottoposti all’ergastolo cosiddetto “ostativo” poiché toglie speranza
e limita oltre misura le possibilità offerte dall’art.27 della Costituzione.
L’insieme delle questioni che abbiamo
deciso di condividere, affrontandole insieme a voi, richiedono politiche di intervento finalizzate a creare condizioni
di maggiore vivibilità all’interno degli
istituti penitenziari, questioni importanti basate su principi e politiche di inclusione sociale, di rispetto delle identità,
anziché su processi repressivi.
L’assenza di una politica e di azioni
ispirate alla costruzione di un clima di
convivenza civile, la questione riguardante le condizioni di vita di tutti noi
che affrontiamo la quotidianità carceraria è destinata a peggiorare come del resto dimostrano gli ultimi dati relativi alla condizione complessiva di gran parte
dei detenuti.
Le soluzioni ci sono e andrebbero analizzate discusse e applicate come la
creazione di una condizione e di un clima di convivenza civile, tolleranza, rispetto e solidarietà che non può essere
P
Mai dire mai
delegata alle sole componenti istituzionali, ma deve vedere il concorso attivo
di tutte quelle componenti della società
che sono interessate allo sviluppo della
democrazia e di civiltà del Paese.
Ciò è tanto più importante se si considerano le problematiche di grande criticità (sovraffollamento, OPG, ergastolo
ostativo) che richiedono un grande impegno culturale per evitare disamine che
si scagliano contro facili luoghi comuni. Al tempo stesso è necessario rivedere il concetto di ergastolo favorendo
processi di conciliazione tra il popolo
del “fine pena mai” e le comunità sociali del territorio.
Il nostro drammatico sistema penitenziario ci tiene prigionieri in carceri piene fino all’inverosimile, i detenuti sono
ristretti in spazi inesistenti, compressi.
Spazi che i detenuti condividono a turno. Spazi esposti alla coazione aggressiva, spazi dove a primeggiare è una
promiscuità assurda. Questo ci dice che
questa non è giustizia!
La direttiva 91/360 della CEE recepita
nel nostro Paese con Decreto Legislativo N. 534/92, e direttive 2001/88 e
2001/93 recanti modifiche sulle norme
per la protezione dei suini ci rivela che:
per l’alloggiamento verri la superficie
minima consentita è di 6 mq., la superficie ottimale 8-9mq.
I detenuti vivono in spazi più ridotti e
nessuno si azzarda a chiedere riforme.
Questo non è un sistema penitenziario,
questo è un organismo che produce inciviltà.
I radicali, capitanati da Marco Pannella, da parte loro, chiedono l’amnistia
per i reati minori, per aiutare quella fa-
scia di detenuti che potrebbero da subito uscire dal carcere, ma chiedono anche l’introduzione, nell’ordinamento
penitenziario italiano, del reato di tortura, come previsto dall’ONU.
La Corte Europea di Strasburgo ha già
condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea sui
Diritti dell’Uomo. Lo Stato italiano dovrà risarcire per danni morali Izet Sulejmanovic, recluso a Rebibbia dal Novembre 2002 all’aprile 2003, perché per
tutta la durata della pena ha avuto a sua
disposizione 2,7 mq., meno della metà
della superficie prevista, meno della
metà di quella prevista per i suini.
Noi crediamo che la prima attenzione
vada rivolta alla persona. La nostra Costituzione parla chiaro: il rispetto della
persona umana è al centro di tutto ed in
questo quadro è allucinante pensare che
esista ancora una pena come l’ergastolo che nega qualsiasi possibilità futura.
Non si possono eludere i diritti della
persona detenuta.
Non ci si può accanire in questo modo
contro chi ha commesso un reato.
Siamo arrivati alla conclusione. Le considerazioni espresse sono un contributo
che auspichiamo necessario al dibattito
portato all’attenzione dell’opinione
pubblica nella giornata del 26 Giugno
2011.
Giornata internazionale dell’ONU contro la tortura, che speriamo rappresenti
anche lo strumento per affermare una
sfida comune: Mai più Ergastolo!
Gli ergastolani
della Casa circondariale di Biella
Biella, 14 giugno 2011
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CHI SIAMO- CHI SIAMO- CHI SIAMO- CHI SIAMO- CHI SIAMO-
Chi siamo? L’associazione Liberarsi
COSA E’ L’ASSOCIAZIONE LIBERARSI?
L’associazione Liberarsi è un’associazione di volontariato che
si è costituita recentemente (ottobre 2008), ma nasce da lontano. Le cinque persone che costituiscono il consiglio direttivo conoscono da vari anni dal dentro e dal fuori l’istituzione
carcere. Essi sono: Christian De Vito (presidente e legale rappresentante), Giuseppe Battaglia, Giuliano Capecchi, Carmelo Musumeci e Alfredo Sole.
Le finalità dell’Associazione indicate espressamente nell’art.
2 dello Statuto sono “Essa opera in particolare in relazione
agli istituti penitenziari e alle sezioni in cui in Italia sono reclusi uomini e donne condannati alla pena dell’ergastolo o
a lunghe pene detentive, favorendone il protagonismo in iniziative di sensibilizzazione, campagne di denuncia e attività
di ricerca-intervento.
A questo fine si dota di una propria casa editrice e organizza convegni, seminari, eventi e corsi di formazione per volontari. L’associazione facilita soluzioni alternative al carcere per gli uomini e le donne condannate alla pena dell’ergastolo e a lunghe pene detentive.”
Siamo un soggetto autonomo nato dall’Associazione Pantagruel. L’associazione non è legata a nessun partito e a nessuna chiesa, i suoi membri sono di idee politiche e religiose
diverse. Siamo una piccola realtà che è stata riconosciuta dal
CESVOT (Centro Servizi Volontariato Toscana) e che è regolarmente registrata nel Registro Regionale del Volontariato – Sezione Provinciale di Firenze.
Abbiamo bisogno di altri volontari (non è così necessario che
vivano a Firenze e dintorni) che si impegnino con noi sui
progetti che cerchiamo di far conoscere nelle pagine seguenti e che portino nuove ed interessanti idee.
I volontari possono essere detenuti/e o persone che non sono ristrette in carcere.
tenuti morti e i suicidi, l’invivibilità della detenzione, l’esistenza degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle case di
lavoro.
QUALI SONO GLI STRUMENTI CHE UTILIZZA?
Il sito www.informacarcere.it, il periodico “Mai dire mai”,
una piccola casa editrice, un fondo librario dedicato all’amico e volontario Bruno Borghi da poco aperto all’interno della BiblioteCanova nel quartiere dell’Isolotto a Firenze.
Vuoi diventare volontario della nostra associazione? Vuoi saperne di più dei nostri progetti?
Scrivi a: [email protected], e visita il nostro sito oppure
invia una lettera: Associazione Liberarsi - Casella postale 30
- 50012 Grassina (FI).
PERCHE’È NATA?
È nata sul progetto “Mai dire mai” per l’abolizione dell’ergastolo e sulla scia dello sciopero della fame organizzato nel dicembre 2007 e voluto da un certo numero di ergastolani e di
volontari.
OGGI QUALI SONO I SUOI PROGETTI?
Oltre a “Mai dire mai” si sono aggiunti:
– L’Osservatorio sul 41 bis che vuol far conoscere la realtà di
queste sezioni in cui sono rinchiusi oltre seicento detenuti
in uno stato di isolamento e di tortura, dove per niente è rispettata la funzione “rieducativa”della pena così chiaramente indicata dalla nostra Costituzione;
– L’ impegno per l’abolizione in tutta l’Europa dell’ergastolo
che molti punti in comune ha con la pena di morte;
– Il carcere in Italia come luogo di tortura. Su questo tema,
fra l’altro, dedichiamo una giornata di riflessione e di dibattito nei mesi autunnali. E in questo tema, oltre all’ergastolo e al 41 bis, rientrano il sovraffollamento, i numerosi de-
10
Il libro “MAI DIRE MAI” - Il risveglio dei dannati,
riporta il lavoro svolto nei primi anni dalla nostra
associazione e numerosi scritti di detenuti
ergastolani. Le ultime copie rimaste possono
esserci richieste inviando qualche euro per le
spese di spedizione (anche in francobolli).
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INIZIATIVE - PROTESTE - TORTURA NELLE CARCERI - INIZIATIVE
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TORTURA NELLE CARCERI ITALIANE - TORTURA NELLE CARCERI
Schema del libro sul 41 bis
da un po’ di tempo che abbiamo l’idea di pubblicare un libro
sulle sezioni sottoposte al 41
bis. Noi dell’associazione Liberarsi cercheremo di dare ordine agli scritti che arriveranno da detenuti attualmente in 41
bis, da detenuti che sono stati per lunghi
periodi in 41 bis e poi sono stati declassificati o sono anche usciti per fine pena,
da familiari di detenuti (soprattutto sarebbe importante la loro testimonianza sui
colloqui), da alcuni che hanno visitato
queste sezioni (parlamentari, consiglieri
regionali, loro accompagnatori). Il libro
dovrebbe essere uno degli strumenti per
far conoscere questa particolare realtà
presentandolo in dibattiti pubblici in circoli, comunità cristiane e religiose, centri sociali, università e scuole superiori,
ecc.
Ora cerchiamo di metter giù un possibile
schema del libro che potrebbe avere i seguenti capitoli, questo schema serve per
stimolare in voi critiche, suggerimenti,
ampliamenti, eliminazione di alcuni temi, ecc.
Capitolo 1: IL PRIMO IMPATTO CON
IL 41 BIS: sarebbe importante che qualcuno descrivesse la prima settimana all’Asinara a Fornelli, o all’Agrippa di Pianosa, ma anche di altre sezioni …
Capitolo 2: LA CELLA: La descrizione
minuziosa della cella che è il luogo dove
si vive per 22 ore al giorno.
Capitolo 3: IL CIELO: ciò che si vede
E’
dalla finestra della cella e quale cielo si
vede nell’ora d’aria.
Capitolo 4: IL COLLOQUIO: sarebbe
interessante che su questo tema scrivessero non solo detenuti al 41 bis, ma anche
alcuni loro familiari (potrebbero anche
intervenire detenuti che hanno vissuto lo
stesso problema nella detenzione politica delle carceri speciali, Beppe Battaglia
è stato sia a Pianosa che all’Asinara e anche in altre carceri e Beppe fa parte del
consiglio direttivo della nostra associazione).
Capitolo 5: L’AREA RISERVATA: la situazione ancora più pesante dell’area riservata.
Capitolo 6: IL PEGGIO E IL MENO
PEGGIO: Molti di voi hanno conosciuto
più di una sezione di 41 bis, non tutte sono uguali. Si può scrivere che alcune sono le peggiori e qualcuna “meno peggio”?
Capitolo 7: SE 22 ORE VI SEMBRAN
POCHE: il tempo. Cosa si fa nelle 22 ore
dentro la cella (e anche nelle due ore in
cui si può uscire)?
Capitolo 8: UNA TORTURA SENZA
LIMITI: affrontare gli ulteriori limiti portati dalle ultime leggi e quindi parlare sul
come si “vive” oggi nel 41 bis.
Capitolo 9: I DIVENUTI “MAGGIORENNI” E LE “MATRICOLE”: anche
questo non so se ha senso metterlo in evidenza. Quelli che si trovano dal 1992 in
41 bis… hanno fatto 18 anni… e quindi
sono “maggiorenni”, ma ci sono anche le
“matricole”, quelli che sono… al primo
anno o giù di lì.
Capitolo 10: PROTESTE (individuali e
collettive), SCIOPERI, EVENTI CRITICI, ISOLAMENTO DIURNO.
Capitolo 11: LA DECLASSIFICAZIONE E L’USCITA DAL 41 bis.
Capitolo 12: QUALE FUTURO? SOGNI, POESIE, PENSIERI.
A questo punto aspetto vostre risposte,
idee, anche vostri testi (brevi o lunghi).
Quando parlo di testi, possono essere sotto forma di poesia, di dialogo (per esempio ne parlate in quattro all’ora d’aria, o
immaginate di parlarne in quattro all’ora
d’aria), di sogno, di pensieri, di lettera
(scritta a me, scritta ad una persona come
se rispondeste ad una sua domanda), ecc
… Vi chiedo una cosa: non bloccarvi pensando di non essere bravi a scrivere, di
non essere capaci. Se vi piace usate la satira, la storiella divertente. Siete invitati a
partecipare ad un testo che vuol far capire in quale luoghi di tortura sono rinchiusi più di seicento persone. Speriamo proprio nel vostro aiuto e nella vostra disponibilità.
Un ultimo favore. Anche coloro che non
ritengono valida questa idea del libro ce
lo facciano sapere. Talvolta le lettere che
vi spediamo si “perdono”, vogliamo essere sicuri che questa nostra richiesta vi
sia arrivata. Con amicizia
Associazione Liberarsi
Cento detenuti morti in sei mesi:
numero mai raggiunto nella storia penitenziaria italiana
i chiamava Giuseppe La Piana e non
aveva ancora 36 anni (li avrebbe compiuti il prossimo 10 agosto) il 100esimo
detenuto che ha perso la vita nelle carceri italiane da inizio anno. “Stava mangiando - ha
detto la vedova, signora Claudia - quando, così ci è stato riferito, ha accusato un malore ed
è morto”. Il fatto risale a domenica scorsa ed
è avvenuto nel carcere dei “Pagliarelli” di Palermo.
Lo stesso giorno, nell’Opg (Ospedale Psichiatrico Giudiziario) di Aversa, in provincia di
Caserta, un internato di 45 anni originario dell’Umbria (V.P. sono le sue iniziali) si accascia
a terra e muore. Il personale in servizio non ha
nemmeno il tempo di chiamare il 118. Il referto medico parla di “sospetto edema polmonare”, ma il magistrato dispone comunque l’autopsia. “Un malore improvviso - spiega la direttrice penitenziaria dell’Opg, Carlotta Giaquinto - non pare che ci fossero stati sintomi
di una malattia pregressa”.
La struttura che dirige “ospita” circa 250 internati e dall’inizio dell’anno sono morti in 7:
tre si sono suicidati; uno, privo di denti, si è
soffocato nel tentativo di inghiottire del pane;
un altro è morto per problemi cardiaci; l’ulti-
S
12
mo per una “sospetta setticemia”.
Carmine Parmigiano, 32enne originario di
Salerno, era detenuto a Rebibbia (Roma) per
scontare una pena relativa a reati di furto e
scippo. Mentre si trova nel cortile per “l’ora
d’aria” si scazzotta con altri due detenuti e per
questo viene punito con 15 giorni da trascorrere in una cella d’isolamento, dove il 30 giugno viene ritrovato senza vita. Il referto cadaverico è chiarissimo: “strangolamento auto
provocato”.
Anche Abbedine Kemal, marocchino 24enne
detenuto nella Casa di Reclusione di Opera,
sembrava essere stato vittima di un malore lo
scorso 15 giugno. “Il fatto che registriamo è
che il detenuto stava lavorando ed è caduto a
terra, perdendo i sensi davanti a tutti”: così dichiara il direttore del carcere di Opera, Giacinto Siciliano (Il Giorno, 24 giugno 2011).
L’uomo, trasportato in ospedale in condizioni critiche, muore il 23 giugno. Il 3 luglio l’autopsia, eseguita dal medico legale Domenico
Castaldo, dà un esito imprevisto: Abbedine è
stato colpito con una mazza, o un corpo contundente rigido, avvolta in un panno per non
lasciare tracce. Un colpo che gli ha devastato
la scatola cranica e ne ha determinato la mor-
te. Si tratta dunque di omicidio.
Queste le ultime vittime di una lista che giorno dopo giorno inesorabilmente si allunga:
nei primi 183 giorni del 2011 (esattamente
metà dell’anno solare) nelle carceri italiane
hanno perso la vita 100 detenuti: 32 si sono
suicidati; dei rimanenti 68 (età media 35 anni) circa la metà è deceduta per “malori improvvisi” legati a disfunzioni cardiache, respiratorie, etc., mentre su 23 casi sono in corso inchieste giudiziarie miranti ad accertare le
cause dei decessi.
Se l’andamento dovesse proseguire anche
nella seconda metà dell’anno a fine 2011 si registrerebbe il numero più alto di decessi della storia penitenziaria italiana, superando anche il “record” del 2010, quando si registrarono 186 “morti di carcere”.
Nel 2006 e nel 2007, quando per effetto dell’indulto la popolazione detenuta era tornata
nei limiti di capienza previsti per il sistema
penitenziario, i detenuti morti furono rispettivamente 134 e 123 (minimo del decennio).
Dal 2000 ad oggi il totale dei detenuti morti è
di 1.847 (658 i suicidi)...
Dati elaborati dal Centro Studi
di “Ristretti Orizzonti” - Padova
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- LIBRI - SCAFFALE INFORMACARCERE - LIBRI - SCAFFALE
Lo scaffale informacarcere
alla BiblioteCanova Isolotto
Il 2 aprile di quest’anno presso la BiblioteCaNova dell’Isolotto, è stata organizzata la presentazione dello scaffale
Informacarcere - fondo Bruno Borghi
con interventi di Alessandro Margara,
presidente della Fondazione Michelucci, che ha parlato de “ Il carcere in Italia oggi” e di Beniamino Deidda, procuratore generale presso la Corte d’appello di Firenze che è intervenuto su
“Bruno Borghi e il suo volontariato in
carcere”. Hanno preso la parola anche i
rappresentanti dei tre soggetti che hanno reso possibile l’iniziativa: il Quartiere 4 e la BiblioteCaNova-Isolotto, l’associazione Liberarsi e il Cesvot. Questi
tre soggetti, hanno stipulato una convenzione che chiarisce i loro differenti
ruoli, ugualmente importanti.
L’associazione Liberarsi ha raccolto in
BIBLIOTECANOVA ISOLOTTO
con
ASSOCIAZIONE LIBERARSI
C.E.S.V.O.T
è lieta di invitarLa
alla presentazione dello SCAFFALE INFORMACARCERE - FONDO
Bruno BORGHI ospitato presso
BIBLIOTECANOVA ISOLOTTO
Saluti di:
Giuseppe D’EUGENIO (Presidente Quartiere 4) - Sandra TRAMONTI (Direttrice BiblioteCaNova
Isolotto) - Giuliano CAPECCHI
(Associazione Liberarsi) - Silvia
BRUNI (CESVOT)
vari anni, tramite i suoi volontari, oltre
mille libri che hanno come tematica
centrale quella del carcere. Il fondo librario è arricchito da un’ampia raccolta
di giornali scritti nelle carceri, di riviste,
di ritagli di quotidiani, di lettere manoscritte. Sarà suo compito quello di proseguire nell’accrescimento e nell’aggiornamento del materiale, ma insieme
agli altri due soggetti fondatori (e ad altri che speriamo si aggiungano) dovrà
creare iniziative varie per rendere vivo
questo scaffale: incontri e dibattiti, proiezione e discussione su filmati, letture
di gruppo, mostre e concerti che facilitino la conoscenza attraverso strumenti
variegati di un tema così complesso, ma
anche così contraddittorio. Riprendendo
l’articolo 27 della nostra Costituzione
sta preparando anche un corso di forma-
zione dal titolo “Carcere: rieducazione
o tortura?”. Su questo interrogativo è intervenuto Alessandro Margara mettendo
in evidenza come oggi il carcere sia un
centro di tortura in cui i trattamenti sono disumani e degradanti. Il carcere oggi non attua la funzione “rieducativa”,
voluta dalla Costituzione, essendo divenuto un contenitore di poveri, di tossicodipendenti, di stranieri e di persone
con problemi psichiatrici. Beniamino
Deidda ha messo in evidenza l’importante figura di Bruno Borghi ed il suo
impegno di denuncia dei soprusi subiti
dai detenuti di Sollicciano.
È positivo che tra i vari volontari che si
impegneranno in questo progetto possano dare presto un loro contributo anche
detenuti usciti in semilibertà e in affidamento ai servizi sociali.
Interventi di:
Alessandro MARGARA (Presidente della Fondazione Michelucci)
“Il carcere in Italia oggi”
Beniamino Deidda (Procuratore
Generale presso la Corte d’Appello di Firenze) “Bruno Borghi
e il suo volontariato in carcere”
Letture a cura del Gruppo Nonni
Leggendari
Sabato 2 Aprile 2011 ore 11.00
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INIZIATIVE - PROTESTE - ERGASTOLO COME PENA DI MORTE
I nostri
prossimi impegni
Ricordiamoci bene la data del
lunedì 10 ottobre. Si tratta
della giornata europea contro la pena di morte e anche
questo anno ci dobbiamo mobilitare nelle carceri e fuori ribadendo che l’Europa deve
abolire l’ergastolo come ha
giustamente abolito la pena di
morte.
Abbiamo raccolto circa 7.000
firme sotto la petizione che
stampiamo qui a fianco. Ora
diamoci da fare per raccoglierne altre e tutte consegneremo al Parlamento Europeo
qualche giorno prima del 10
ottobre.
Chiedici copie della petizione, chiedici di farti avere (se
sei libero) copia tramite un allegato nella tua mail.
Proponiamo una mobilitazione che inizi il sabato 8, prosegua la domenica 9 e soprattutto abbia il suo culmine in lunedì 10 ottobre.
Ti faremo avere del materiali
ai primi di settembre, ma tu
rapidamente facci avere suggerimenti, pensieri su uguaglianze/disuguaglianze tra pena di morte ed ergastolo.
Ad ottobre in data da precisare (ma pensiamo al venerdì 14
ottobre o al venerdì 21) terremo a Firenze il terzo incontro/convegno su: “La tortura
nelle carceri italiane”. E’
importante che ci sia una forte partecipazione. Se sei detenuta/o mandaci tue riflessioni
scritte, se sei volontario esterno, familiare, interessato a
questa tematica cerca di venire. Vorremmo che alcuni familiari di ergastolani e di detenuti reclusi nelle sezioni a
41 bis prendessero la parola.
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PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO:
Tutta l’Europa abolisca l’ergastolo
come ha abolito la pena di morte
uesta petizione vuol coinvolgere tutti i cittadini dei paesi che
fanno parte dell’Unione Europea, essi chiedono che nel Parlamento Europeo venga discusso il tema dell’ergastolo e venga
presa una posizione favorevole per l’abrogazione di questa pena disumana e incivile.
Già in alcune nazione europee l’ergastolo non esiste più, quello che
chiediamo è che scompaia questa pena eterna in tutta Europa, come
è stata, giustamente, abolita la pena di morte, mostrando a tutto il mondo il nostro grado di civiltà e di umanità.
L’ergastolo per molti aspetti è una pena ancor più dura e incivile della pena di morte. I condannati all’ergastolo sono spesso come schiavi in attesa di essere liberati da un provvedimento legislativo (che può
esserci e che può anche non esserci), hanno una pena senza fine, non
possono fare progetti, non hanno un futuro. In Italia, nazione da cui
parte questo appello, la situazione è ancora più drammatica, circa mille dei condannati all’ergastolo, hanno un ergastolo che impedisce per
legge ogni tipo di accesso ad una forma alternativa alla detenzione e
quindi sono condannati a morire in carcere, a meno che non inizino a
collaborare con la giustizia.
Noi, cittadini europei, che firmiamo questa petizione ci dichiariamo
contrari all’ergastolo e chiediamo a coloro che abbiamo eletto al Parlamento Europeo una presa di posizione chiara a favore dell’abrogazione di questa pena così violenta.
Q
Nome . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Cognome . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Nazionalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Indirizzo postale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
e-mail . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Data . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Firma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Invia questo appello firmato a: Associazione Liberarsi, casella postale 30 – 50012 Grassina (Firenze) - Italia o alla mail:
Raccogliamo altre petizioni da portare al Parlamento Europeo il 10
ottobre di questo anno.
[email protected] L’Associazione Liberarsi raccoglierà tutte le firme di questa petizione e le presenterà al Parlamento Europeo.
Puoi chiedere a questi indirizzi ulteriori informazioni e materiale di
documentazione. Puoi visitare il sito: www.informacarcere.it
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COME PUOI AIUTARCI - COME PUOI AIUTARCI - COME PUOI AIUTARCI
VUOI DIVENTARE SOCIO ATTIVO
DELL’ASSOCIAZIONE LIBERARSI?
Questo foglio è rivolto ai nostri possibili soci che non sono
detenuti, quindi ai familiari e agli amici di chi si trova in carcere, ai volontari, a tutti coloro che vogliono interessarsi alla
realtà delle carceri italiane. Cosa possono fare per dare una
mano alla nostra associazione?:
● Aiutarci nel far conoscer la nostra associazione nella tua
città, nel tuo paese ai tuoi amici e familiari. Ma anche farla
conoscere ad amici e amiche che abitano in altre zone d’Italia. Segnalare a queste persone il nostro sito: www.informacarcere.it e le nostre iniziative
● Distribuire il nostro periodico “Mai dire mai” e i nostri libri
● Coinvolgere altre persone nelle petizioni, per esempio, in
quella al Parlamento Europeo
● Incontrare i volontari e i responsabili di altre associazioni
della tua zona che si interessano di carcere o che svolgono il
loro impegno in ambito sociale, culturale, politico. Farci conoscere e nello stesso tempo conoscere per eventuali iniziative in comune
● Organizzare con altre persone ed associazioni nella tua città o in zone vicine un dibattito sul carcere, sull’ergastolo, sulla tortura nel carcere, ecc… Per quanto possibile ti aiuteremo
partecipando anche noi a questa iniziativa o collegandoti con
altre persone o soggetti sociali che esistono nella tua zona
● Essere disponibile a scrivere alle autorità della città in cui
vivi e anche alle associazioni e ad altri soggetti politici, sociali, culturali, religiosi che operano sul territorio per presentare il questa lettera/documento la realtà del carcere oggi in
Italia e i temi che più conosciamo (ergastolo, tortura, 41 bis…)
● Farci avere ritagli di giornali nazionali e locali in cui trovi notizie che si riferiscono ai problemi del carcere (spesso
non siamo a conoscenza di notizie che escono soprattutto a livello locale)
● Impegnarti a conoscere meglio il carcere a te vicino e in
generale il carcere attraverso anche corsi di formazione che
potremmo organizzare
● Accettare di iniziare una corrispondenza con persone detenute, aprendo così un ponte tra l’esterno e l’interno e conoscendo meglio anche in questo modo la realtà carceraria
● Aiutarci in progetti che già abbiamo iniziato e suggerendoci altre idee per avviare nuovi progetti
● Mandarci qualche francobollo, se potete una piccola quota. Non è la cosa principale (anche se è necessario contribui-
re anche alle nostre spese di stampa e diffusione). Per essere
soci attivi è soprattutto importante dare del tempo e partecipare attivamente ad alcuni dei punti che abbiamo indicato
schematicamente.
Scrivi, chiedici ulteriori informazioni, grazie per quanto farai.
VUOI DIVENTARE SOCIO ATTIVO
DELL’ASSOCIAZIONE LIBERARSI?
Questo foglio è rivolto ai detenuti e alle detenute. In modo
sintetico indichiamo varie iniziative che possono attuare per
dare una mano alla nostra associazione:
● Far conoscere agli altri detenuti della tua sezione la nostra
associazione, le sue iniziative, il suo periodico
● Informare sulla nostra associazione anche i tuoi amici e
amiche detenuti/e in altre carceri
● Tenerci al corrente su quello che avviene nella tua sezione e nel carcere dove sei rinchiuso
● Mandarci le tue idee, i tuoi scritti, le tue poesie che utilizzeremo facendole conoscere nel nostro sito e nel nostro periodico
● Far conoscere l’associazione e i suoi strumenti anche ai
tuoi familiari, agli amici esterni, ai volontari del carcere, agli
insegnanti, agli operatori
● Essere disponibile a scrivere alle autorità della città in cui
si trova il carcere dove ora stai scontando la pena e anche alle associazioni e ad altri soggetti politici, sociali, culturali, religiosi che operano sul territorio
● Farci avere ritagli di giornali nazionali e locali in cui trovi notizie che si riferiscono ai problemi del carcere (spesso
non siamo a conoscenza di notizie che escono soprattutto a livello locale)
● Aiutarci nella formazione dei nostri volontari esterni accettando di iniziare una corrispondenza con loro e partecipando a veri e propri corsi di formazione
● Continuare ad impegnarti per la nostra associazione anche
quando, usciti dal carcere, sarete tornati liberi
● Mandarci qualche francobollo, se potete una piccola quota. Non è la cosa principale (anche se è necessario contribuire anche alle nostre spese di stampa e diffusione). Per essere
soci attivi è soprattutto importante dare del tempo e partecipare attivamente ad alcuni dei punti sopra indicati.
DALL’ASSOCIAZIONE LIBERARSI: S.O.S
Avevamo lanciato ad aprile un S.O.S per cercare di far fronte ai nostri vari problemi economici.
Avevamo chiesto che da aprile a giugno di questo anno ci arrivassero 7.000 euro in parte per
diminuire il debito, in parte per creare due piccole borse lavoro: una per una persona che tenesse la nostra segreteria e una per un ergastolano che
aveva richiesto di ottenere la semilibertà impegnandosi nei nostri progetti. Antonio per tre mesi ha dato un appoggio alla segreteria (ora nei mesi estivi sta lavorando alla Coop), il Tribunale di Sorveglianza di Firenze ha respinto la richiesta di semilibertà del nostro amico ergastolano.
La nostra situazione economica è stata fin dall’inizio in salita. Dalla separazione con la Pantagruel siamo usciti con oltre 5.000 euro di debiti e
con il dover riorganizzare la nostra nuova sede e il nostro impegno.
Elenchiamo le persone e le associazioni che ci hanno appoggiato in questi ultimi mesi: Associazione I miei tempi – Spoleto, Associazione Volontariato Penitenziario – Firenze, Patrizia Becagli, Pasquale Bertuca, don Giuseppe Biliotti parrocchia Maria Immacolata di Sesto Fiorentino, Francesco Bonura, Claudio Boreggi, Ettore Bosti, Vincenzo Bruno, Nadia Calmieri, Giuliano Capecchi, Maria e Carmelo Capizzi, Raffaele Catapano, Biagio Cava, Cooperativa Ecotopia – Nuoro, Valentina Curci, Giovanni Dazzi, Giuseppe Destefano, Aristide Donadio, Eremo
San Pietro alle Stinche – Panzano (Fi), Salvatore Fragapane, don Paolo Giannoni, Eremo di Mosciano – Scandicci (Fi), Vincenza Longo, Fabio Masi e la Comunità cristiana di Paterno- Bagno a Ripoli (Fi), Filippo Matraxia, Diego Olivieri, Domenico Papalia, Luciano Piras, Salvatore Ritorto, Alfio Ruggeri, Luisa Salis, Beatrice Salvadori, Benedetto Santapaola, Salvatore Tassinari, Mario Tidu, Antonio Valenti, Giovanni Zito. La cifra complessiva raccolta è di 3.320 euro... abbiamo prorogato la raccolta fino al termine di settembre e speriamo di avvicinarci ai
7.000 euro che ci occorrevano e ci occorrono. In giugno abbiamo iviato una lettera circolare spendendo di francobolli circa 400 euro: Nel frattempo sono arrivati francobolli dalle carceri per euro 219,30 (con raccolte fatte a Nuoro e a Biella)
Grazie per quello che state facendo.
Stampa: C.G.E. - Centro Grafico Editoriale srl, Firenze
Mai dire mai
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Mai dire mai 07-11.qxp
26/07/2011
11.17
Pagina 16
PETIZIONE - TORTURA NELLE CARCERI ITALIANE - PETIZIONE
Il carcere in Italia è un luogo di tortura
firma e fai firmare questa petizione:
a situazione delle carceri italiane si configura ormai da
tempo, in quasi tutte le sue realtà, come una situazione di tortura. In particolare, vogliamo segnalare quattro
ambiti specifici all’attenzione dell’opinione pubblica e degli
organi politici e amministrativi competenti:
Italia, diversamente dagli altri Paesi dell’Unione Europea,
un “fine pena mai” effettivo che elimina perfino la speranza di tornare nella società, come per quegli uomini e donne attualmente detenuti nelle carceri italiane da oltre trenta e perfino da oltre quaranta anni consecutivi.
● La tortura quotidiana del sovraffollamento, vissuta dai quasi settantamila detenuti presenti nelle carceri italiane e che
si concretizza nella convivenza forzata di quattro persone
nelle celle “singole” e di nove-dieci nei “celloni” di alcuni istituti, nelle condizioni igieniche intollerabili, nei suicidi, tentati suicidi e negli atti di autolesionismo, nell’ulteriore ridursi delle possibilità di accedere al lavoro, nella negazione del diritto alla salute e al reinserimento sociale.
Una situazione riconosciuta anche dalla Corte europea dei
diritti dell’uomo, che nel luglio 2009 ha imposto all’Italia
il pagamento di un risarcimento di un detenuto recluso per
due mesi e mezzo nel carcere di Roma-Rebibbia in un cellone di 16,20 metri quadrati insieme ad altre cinque persone. Una esperienza che riguarda migliaia di altri detenuti.
● La tortura del regime di “41bis”, cioè la violenza dell’isolamento continuo, con la possibilità di interagire solo con
gli agenti di polizia penitenziaria e per due ore al giorno
con tre altri detenuti, i colloqui con i familiari al di là di
un vetro antiproiettili e attraverso un citofono. Un meccanismo che non produce “sicurezza” né all’interno né
all’esterno delle carceri, mentre produce danni irreparabli
di natura fisica e psichica nei detenuti con l’obiettivo (non
dichiarato e illegale) di farne dei collaboratori di giustizia.
L
● La tortura dell’ergastolo, che contraddice il principio costituzione della finalità rieducativa della pena (art.27, comma 3), e in particolare la tortura dell’ergastolo cosiddetto
“ostativo”, in base al quale oltre 1000 detenuti condannati all’ergastolo sono formalmente esclusi anche da quelle
limitate possibilità giuridiche che permettono l’uscita dal
carcere dopo un tempo determinato. Si configura così in
Nome
Cognome
● La tortura dell’ospedale psichiatrico giudiziario (OPG),
ossia dell’ “ergastolo bianco”, di una misura di sicurezza
legata all’idea lombrosiana della “pericolosità sociale” e
priva di un fine pena definito. Gli internati sono così privati a tempo potenzialmente indeterminato della propria libertà, costretti per giunta a vivere in quella situazione insostenibile che alcune recenti pubblicazioni e servizi giornalistici hanno ben descritto.
Sottoscrivete e rinviate la copia con le firme raccolte a: Associazione Liberarsi – casella postale 30 – 50012 Grassina
(Firenze).
Indirizzo
Firma
Rinvia questo foglio con le firme a: Associazione Liberarsi, Casella Postale 30 - 50012 Grassina (Firenze).
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Mai dire mai
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