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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ROMA
Sezione Lavoro
Il Giudice designato, dr. Giovanni Armone, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del
19/11/2014, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nella causa iscritta al n. 24173/2014 R. G. Aff. Cont. Lavoro
TRA
C. P.
elettivamente domiciliata in Roma, Via A. Mordini 14, presso lo studio degli avv.ti GABRIELE
SALVAGO, SIBILLA BALTA, LUCIA AUROLA e SARA MIGLIORINI, che la rappresentano
e difendono in virtù di procura a margine del ricorso introduttivo;
ricorrente
E
I.
SERVIZI SRL
in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Pinturicchio
214 , presso lo studio dell’avv. CARMELA MUSOLINO, rappresentata e difesa dall'avv.
NICOLETTA LARDINI, in virtù di procura in calce alla memoria di costituzione;
resistente
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente deduce di aver lavorato per la resistente dal 4 ottobre 2010 al 27 novembre
2013 con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con mansioni di addetta al
centralino/controllo accessi e servizi di portierato (con qualifica di impiegato e con
inquadramento nel 3° livello di cui al c.c.n.l. per le imprese di pulimento, servizi
integrati/multiservizi) e di essere stata costantemente adibita dalla società resistente
all'appalto del servizio di reception presso la Banca Carige – filiale di Roma, Via Bissolati,
attività concessa in subappalto dalla D. Service S.r.l.. Deduce altresì di essere stata licenziata
oralmente dalla resistente in data 15.11.2012 in seguito alla cessazione del subappalto in
1
questione per effetto del fallimento della società appaltatrice D. Service, e di essere stata
successivamente licenziata per iscritto in data 23.11.2013, per giustificato motivo oggettivo in
ragione della cessazione dell’appalto presso la Banca.
2. La ricorrente agisce nel presente giudizio:
a) per sentir condannare la società resistente, previo accertamento della inefficacia del
licenziamento intimato in forma orale in data 15.11.2012, alla reintegra in servizio,
oltre al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione
globale di fatto pari ad euro 1.181,00 sino all'effettiva reintegra, detratto l'aliunde
perceptum;
b) per sentir ordinare alla società resistente, previo accertamento della nullità e/o
illegittimità e/o inefficacia del successivo licenziamento intimato dalla società
resistente con comunicazione del 23.11.2013 per manifesta insussistenza del fatto
posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la reintegra nel posto
di lavoro in precedenza occupato o in altro equivalente, con conseguente condanna
della resistente al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all'ultima
retribuzione globale di fatto.
3. La resistente si è costituita in giudizio, eccependo in via preliminare l’inammissibilità della
domanda di impugnativa del licenziamento orale per intervenuta decadenza ai sensi dell’art.
32 D.L. 183/2010 e chiedendo nel merito il rigetto della domanda.
4. L’impugnazione del licenziamento orale deve essere dichiarata inammissibile, mentre quella
del successivo licenziamento scritto deve essere respinta perché infondata.
La decadenza.
5. L’inammissibilità dell’impugnativa del licenziamento orale è conseguenza della fondatezza
dell’eccezione di decadenza.
6. Ai sensi dell'art. 6, L. 604/1966, come sostituito dall'art. 32 L. 183/2010 “il licenziamento
deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua
comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch' essa in forma scritta, dei
motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere
nota la volontà' del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale
diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L'impugnazione è inefficace se non è seguita,
entro il successivo termine di duecentosettanta giorni (ora centottanta), dal deposito del
ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione
alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la
possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la
conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al
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relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro
sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.” Il comma 2 stabilisce poi che i nuovi
termini per l'impugnazione del licenziamento si applicano “anche a tutti i casi di invalidità del
licenziamento”.
7. Ora, dottrina e giurisprudenza si sono divise a proposito dell’applicabilità dell’art. 32, comma
2 al licenziamento orale.
8. Il Tribunale ritiene di dover condividere la tesi favorevole all’estensione del regime
decadenziale al licenziamento orale, sulla base dei seguenti argomenti.
9. Benché il licenziamento orale sia stato in passato qualificato da una parte della giurisprudenza
e della dottrina come inesistente, più diffusa è la convinzione che esso sia più semplicemente
nullo, affetto cioè da un vizio di forma giudicato dalla legge talmente grave da rendere l’atto
di recesso improduttivo di effetti (Cass. civ., sez. lav., 08-01-2009, n. 155, Cass. civ., sez. lav.,
27-08-2007, n. 18087, Cass. civ., sez. lav., 16-09-2002, n. 13543).
10. Già solo tale osservazione potrebbe essere sufficiente ad estendere l’onere di tempestiva
impugnazione al licenziamento orale, dato che l’art. 32, comma 2 si riferisce a tutti i casi di
invalidità e la nullità costituisce l’esempio più rilevante e tipico di invalidità.
11. Si obietta tuttavia che il licenziamento orale, ancorché nullo, è espressamente qualificato come
inefficace dalla legge (tanto nell’art. 2, comma 3, l. 604/66, quanto nell’art. 18, primo comma,
l. 300/70, così come modificato dalla l. 92/2012) e che tale definizione lo distingue sia dal
licenziamento ingiustificato che dal licenziamento nullo per altre cause. Non sarebbe un caso
– secondo questa opinione – che la dizione attuale dell’art. 32 differisca da quella emersa nel
corso dei lavori preparatori, dove l’onere di tempestiva impugnazione veniva esteso sia al
licenziamento invalido che al licenziamento inefficace; l’eliminazione di quest’ultimo
testimonierebbe della volontà del legislatore di esentare il lavoratore dall’onere di
impugnazione del licenziamento orale inefficace.
12. Il Tribunale non condivide tale impostazione.
13. Quanto ai lavori preparatori, ferma la loro limitata rilevanza a fini interpretativi, l’argomento
speso è perfettamente reversibile. L’eliminazione del riferimento al licenziamento inefficace
potrebbe essere stato dettato dalla convinzione che anche il licenziamento orale sia in fondo
invalido e che dunque l’utilizzo delle due parole sarebbe stato sovrabbondante.
14. Più in generale, va osservato che la categoria generale dell’inefficacia, sconosciuta come tale al
codice civile, vale secondo l’interpretazione corrente a definire sia i negozi e gli atti
improduttivi di effetti perché carenti di un requisito essenziale che la legge richiede a pena di
nullità (v. C. Stato, sez. V, 05-12-2013, n. 5786: “l’essenza del vizio della nullità risiede
nell’inconfigurabilità della fattispecie concreta rispetto a quella astratta, accertabile con
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pronuncia giudiziale meramente dichiarativa, con conseguente radicale inefficacia (da
intendersi in senso ampio, quale inidoneità dell’atto a produrre gli effetti da esso tipicamente
discendenti)”), sia i negozi e gli atti affetti da un difetto funzionale che impedisce loro, per un
fattore esterno ad essi, di produrre gli effetti loro propri con effetto retroattivo o meno (v. in
materia di condizione e risoluzione Cass. civ., sez. II, 12-02-2014, n. 3207, Cass. civ., sez. III,
10-11-2010, n. 22811).
15. Nel caso del difetto di forma scritta del recesso, il vizio attiene evidentemente alla struttura
dell’atto, alla (non) corrispondenza tra i requisiti voluti dalla legge e quelli presenti in
concreto. Ne consegue inevitabilmente che l’inefficacia del recesso orale è una conseguenza
della nullità dell’atto e non di altri fattori esterni a esso.
16. L’argomento che fa leva sulla definizione in termini di inefficace appare poi criticabile per un
altro motivo.
17. L’art. 2, l. 604/1966 qualifica come inefficace sia il licenziamento intimato in assenza della
forma scritta (comma 1) sia quello intimato senza specificazione dei motivi che lo hanno
determinato (comma 2). Il nuovo art. 18, l. 300/1970 assoggetta tuttavia le due ipotesi di
licenziamento inefficace a un diverso regime di protezione: in caso di licenziamento orale, il
lavoratore ha diritto alla tutela reale piena di cui al primo comma; in caso di omessa
specificazione dei motivi, la tutela è quella indennitaria di cui al sesto comma.
18. Ora, a voler ritenere che l’inefficacia del licenziamento escluda l’applicabilità del regime
decadenziale di cui all’art. 32 cit., si avrebbe una grave incongruità del sistema delle tutele
previste dall’art. 18, l. 300/1970, come riformato dalla l. 92/2012, che è imperniato su una
diversa valutazione da parte del legislatore della gravità del vizio che inficia il licenziamento.
La decadenza sarebbe infatti applicabile a tutte le forme di licenziamento nullo, nonché ai
licenziamenti per giustificato motivo e per giusta causa, cui la legge ricollega una tutela reale o
indennitaria di maggior peso, ma non al licenziamento viziato dalla mancanza di
comunicazione scritta dei motivi, a cui il comma 6 dell’art. 18. ricollega una tutela indennitaria
ridotta. Il regime della decadenza penalizzerebbe maggiormente i lavoratori nei cui confronti
è stato intimato un licenziamento affetto da vizi più gravi.
19. L’aporia che ne scaturirebbe impone di abbandonare l’argomento fondato sulla inefficacia del
licenziamento orale.
20. Quanto poi alla tesi, secondo cui l’inapplicabilità della decadenza deriverebbe dal fatto che nel
licenziamento orale non vi è per definizione la comunicazione scritta da cui l’art. 6, l. 604/66
nuovo testo fa decorrere il termine per impugnare il licenziamento, tale tesi fa leva su un
inconveniente pratico da cui non si possono trarre argomenti risolutivi. Non mancano infatti
nei commi 3 e 4 dell’art. 32 cit. altre ipotesi che estendono l’applicabilità dei termini di
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decadenza previsti nel comma 1 anche a fattispecie in cui manca del tutto un atto scritto che
formalmente ponga termine ad un rapporto di lavoro, esattamente come avviene nel caso di
licenziamento orale: ebbene, per tali casi nessuno ritiene che l’assenza di un espresso dies a quo
renda inapplicabile la decadenza.
21. Se ne deve concludere che non vi sono ostacoli ad applicare la disciplina della decadenza di
cui all’art. 32 anche rispetto ai licenziamenti orali.
22. Nella specie, dalle deduzioni di parte ricorrente, dai documenti prodotti e dall’istruttoria orale
è emerso che il rapporto lavorativo della ricorrente si è interrotto il 15 novembre 2012,
allorché il responsabile del personale della resistente, sig. T. , ha comunicato telefonicamente
alla C. che la ditta aveva perso l’appalto e l’ha invitata a dare le dimissioni per poter essere poi
assunta dalla ditta subentrante (ne hanno riferito lo stesso T. e la collega della ricorrente,
sig.ra De R. ).
23. Poiché la ricorrente non ha presentato le dimissioni (né esse sono state convalidate dal datore
di lavoro nelle forme di cui all’art. 4, commi 18 e ss., l. 92/2012), restava il licenziamento
orale e la ricorrente avrebbe dovuto impugnarlo nel termine di sessanta giorni previsto
dall’art. 6, l. 604/1966, termine che non può che essere fatto decorrere dalla data della
comunicazione orale. La ricorrente ha invece impugnato in via stragiudiziale il recesso solo in
data 28 gennaio 2013, oltre il termine stabilito dalla legge.
24. Ne consegue l’inammissibilità dell’azione giudiziale per intervenuta decadenza.
Il licenziamento scritto.
25. Passando ad esaminare il licenziamento intimato per iscritto in data 23 novembre 2013, anche
a voler riconoscere che il rapporto di lavoro tra le parti fosse ancora in essere a tale data (ma i
testi hanno concordemente affermato che dopo il licenziamento orale la C. ha proseguito il
suo rapporto con la ditta subentrante, avendo la resistente ha correttamente attivato il
meccanismo di cui all'art. 4 del c.c.n.l. Multiservizi che prevede la successione nei rapporti
lavorativi di società cessanti e società subentranti) e che dunque il successivo atto dia luogo a
una lecita rinnovazione di un precedente licenziamento inficiato di nullità o comunque
inefficace (v. Cass. civ., sez. lav., 19-03-2013, n. 6773; Cass. civ., sez. lav., 26-10-2012, n.
18480), detto licenziamento è valido e giustificato.
26. In primo luogo, non è contestato che già nel novembre 2012 sia cessato il subappalto
concesso alla società resistente dalla D. Service ed avente ad oggetto il servizio di reception
presso la Banca Carige- Filiale di Roma. Altrettanto incontestato è che la Italia Servizi abbia
proposto alla C. di proseguire il rapporto di lavoro nella provincia di Brescia, ove la resistente
ha la sede legale e operativa, e che tale offerta sia stata rifiutata dalla ricorrente. Inoltre, il teste
T. , responsabile del personale della Italia Servizi, ha dichiarato in modo lineare e senza essere
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smentito, che a partire dal mese di novembre 2012 la resistente non svolge più alcuna attività
a Roma, essendo cessate entrambe le commesse gestite dalla D. Service.
27. Anche la domanda diretta contro il licenziamento scritto deve essere pertanto rigettata.
Le spese.
28. La circostanza che la resistente abbia invitato la ricorrente a dimettersi, senza però
preoccuparsi di portare a compimento la procedura di cui all’art. 4, l. 92/2012 e procedendo
alla formalizzazione del licenziamento solo a distanza di un anno, appare di carattere
eccezionale e giustifica l’integrale compensazione delle spese ai sensi dell’art. 92 c.p.c.
P.Q.M.
così definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da P. C. nei confronti di I.
SERVIZI SRL con ricorso depositato l’11 luglio 2014, nella causa iscritta al n. 24173/2014
R.G.A.C.:
a) dichiara inammissibile la domanda avente per oggetto il licenziamento orale;
b) rigetta la domanda relativa al licenziamento scritto;
c) compensa le spese.
Si comunichi.
Roma, 24 novembre 2014
Il Giudice
Giovanni Armone
Provvedimento redatto con la collaborazione del Magistrato Ordinario in Tirocinio Rossella Giusi
Pastore.
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