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Osservando una mostra Giancarlo De Carlo

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Osservando una mostra Giancarlo De Carlo
Osservando una mostra
Giancarlo De Carlo
Italiano / english / française
La prima sensazione che mi viene dalla mostra del lavoro di Massimo Pica C i a m a r r a , L u c i a n a
d e R o s a , A n t i m o R o v e r e t o e C l a u d i o D e M a r t i n o è quella della sua vastità. Ed é una
sensazione allegra, e positiva perché, mi dice da un lato che hanno. avuto_ successo e dall'altro che
a Napoli noni si fa cosi poco come spesso si dice o piuttosto si fanno molate cose, esattamente come
al Nord, quando esiste la volontà di farlo, circostanze favorevoli e combinazioni di intenti positivi.
Sulla produzione di questi architetti vorrei fare alcune considerazioni il cui contenuto critico - l’unico
possibile - vuole e avere anche valore di incoraggiamento a proseguire con lo stesso impegno
dimostrato finora.
La prima considerazione riguarda le ascendenze, che non possono essere rintracciate che nel
Movimento Moderno tenendo conto però di alcuni fatti di una certa importanza che mi proverò a
r i c o r d a r e . E' passato del tempo dal periodo eroico del Movimento Moderno, quindi la situazione è
cambiata (non solo nell'architettura) per cui riproporne atteggiamenti e comportamenti sarebbe urta
smorfia stilistica equivalente qualsiasi altra quindi inutile.
In secondo luogo, all'interno di quel grande insieme chiamato il Movimento Moderno c'è
sempre stata una pluralità di. tendenze alcune delle quali in opposizione. Occorre scegliere quelle che
sono state così proiettate in avanti, da poter essere ancora considerate fertili oggi per una ripresa.
Ci sono alcune figure come per esempio quella di. Hilberseimer, indubbiamente - sterili che, se
vengono o riportate sulla scena con la prosopopea della celebrazione,
e per spingere avanti altre
figure - come Albert Speer – che nel Movimento Moderno ufficialmente non c'erano ma dall'esterno
contribuivano a innestare i germi di quella che sarebbe stata la sua patologia.
Di contro n queste figure esterne-interne, ce ne sono altre tutte interne e anche tutte gloriose.
F. L. Wright, Dudok mi viene da dire ora, e naturalmente Le Corbusier. Da loro si possono ricevere
insegnamenti ancora attuali ma non stili. E’ finito il razlonalismo, il Movimento Moderno, il periodo
eroico se ci
si vuole riallacciare al buono che ce ne è venuto non si può copiare ma solo
reinventare.
Nel Movimento Moderno i Pica Ciamarra Associati hanno ascendenze e forse la loro Figura
preferita é il team X. Però si tratta di una ascendenza assai sfumata perché il Team X per fortuna
sua non è stato una tendenza, ma una nuova forma di essere architetto o di pensare architettura,
in modo libero, appassionato, diretto e laico.
Tuttavia le ascendenze che io leggo, nella parte del lavoro che preferisco sono ascendenze
napoletane. Ho visto alcune immagini - i laboratori del C.N.R. a Napoli - che mi piacciono perché
rappresentano un avvicinamento all'architettura che mi interessa. Inoltre nelle case a Posillipo e a
Massalubrense,
ho
trovato
riferimenti
forse
inconsci
a
quel
particolare
momento
dell'interpretazione napoletana del razionalismo che si incentrava su Cosenza, De Luca e Cocchia:
c'è quella ricchezza quella morbidezza,
quella generosità che erano state introdotte in Italia
dall’architettura napoletana,più che da quella milanese o romana.
La seconda considerazione che v o r r e i fare riguarda quanto è già s t a t o d e t t o d e l rapporto
fra progetto e trasformazione. C r e d o che il progetto s i a sempre trasformazione, o perlomeno
trasformazione presunta: non si prog e t t a se non si vuole trasformare. Ma qual è l'oggetto della
trasformazione, quale l'obiettivo, quale il livello di efficienza?
Credo che l'oggetto della trasformazione sia multiplo: certamente il paesaggio, al quale
prima si sottrae e poi si aggiunge qualcosa; certamente lo spazio fis i co; anche il comportamento
dell'utente portato a Confrontarsi da un lato con la tradizione dall'altro con l'innovazione; il
committente, col quale si stabilisce un dialogo che inevitabilmente cambia la prospettiva iniziale;
gli stessi progettisti che noni passano attraverso l'esperienza immuni; infine i critici , anche, se
ultimi a partecipare della trasformazione.
Credo Che l'obiettivo della trasformazione e soprattutto la capacità di trasformazione del progetto
vari secondo i periodi ché il periodo attuale sia caratterizzato da una situazione conflittuale che spesso
spinge ad abdicare alla volontà di utilizzare il progetto come strumento di trasformazione. Eppure questa
volontà è stata presente e si è espressa con forme: complesse in quei periodi nei quali esistevano
visioni complessive del mondo. L'architettura le esprimeva: il Gotico nordico, il Rinascimento, il Neo
Gotico nordico (non quello eclettico meridionale), il Movimento Moderno; il quale è stato un periodo i n
cui la trasformazione era una meta precisa, chiara, orientata ,perché si riferiva ad una varietà di opinioni
che si confrontavano con libertà e disínteresse.
C'era nel Movimento Moderno la spinta della trasformazione complessiva e oggi questa spinta
non c'è pìú.
Perché l'architettura tende a essere acquiescente a quello che accade; e così perde il suo ruolo e diventa
sostegno e decorazione di trasformazioni che procedono per conto loro, per percorsi instabili
che,
nessuno ha più voglia di controllare.
La mia terza considerazione è un invito a liberarsi dal tipologismo , una
che
risale
vecchia
malattia
all'Illuminismo e della quale il Movimento Moderno non è stato immune per disgrazia sua
e per disgrazia di
tutti noi che siamo venuti dopo e che ora lo vediamo trionfare come
componente importante di quella idiozia che è la specializzazione. Ogni attività ha il suo tipo e ogni
tipo ha la sua impronta morfologica. Su questa impronta l' architetto si può sbizzarrire; ed è così
che siamo tornati all’architetto che fa le facciate. Liberarsi dal tipologismo significa cercare di affrontare
in modo franco, aperto, accettandone tutti rischi, la vera essenza della questione architettonica, che è
l'organizzazione e la forma dello spazio fisico.
Quanto alla produzione dei Pica Ciamarra Associati - lo dico perché credo che la critica franca possa
essere utile allo sviluppo di una attività a ncor a i n evo luz io ne - il tìpologismo non lo hanno a ncora d el
tu tto a bb and on a to ed è pe r questo che le loro forme qualche vo lta a p pa ion o "s le ga te ". La
mancanza di legamenti li porta qualche volta a accog l ier e s til em i , co l r isu l ta to d i se mbr are da l la
parte di quel l'archite t t ur a s e nza s c op i c h e correttamente d ic h ia r an o d i a v v er s ar e .
Q ues to m i p or ta a ll 'u l tim a osservazione che vorrei fare sulla questione del rinnovare i l
p rog e tto ; ch e si gn i fica , quale portata si riesce ad attribuire al l i ngu agg io che il :prog e tto assume nel
costruire gli strumenti e i messaggi che compiono la trasformazione.
Viviamo in una società pluralistica, in cui i conflitti sono permanenti (e perciò - non se ne può Fare a
mano - da considerare positivi); in rapporto al pluralismo l’obiettivo è un linguaggio appropriato alla situazione
attuale. Questo richiede un profondo lavoro sulla morfologia per arrivare a stratificarla in modo tale che
ciascuno possa in ogni momento stabilire un rapporto di identificazione, qualunque sia il suo livello culturale,
la sua esperienza, la sua capacità percettiva.
Cr edo d 'a ltra parte che solo per questa via sia possibile la partecipazione di molti individui e
g rup pi soc ia l i a l p rocess o d i fo rmaz io ne d ell'architettura; e probabilmente anche possibile di
r ico ndur re l' arch ite ttu ra non ad un ruolo po litic o c he n on p uò avere, ma alla c apac ità d i
p rod urre cause materiali che finisco no c on l’ in flu ir e con le trasfo rmaz io ni po li tiche .
Sto pa rland o - immagino sía piuttosto c hiaro - de l con tr ar io d ell' eccle tismo , perc hé Il
l i ngu ag gi o molteplice di cui parlo si fonda su ll 'a bol izione definitiva d el lo s til e , di cod i ficaz io ni fisse,
date una volta per tutte. Parlo di un li ng uag gi o che s ia c apace di rinnova rsi
da ogni circostanza
che affronta, perché m e tte ra dic i ne l la rea l tà nella quale opera; per ciò è diverso secondo do ve
sboccia; e del luogo dove sboccia, assume sos tanza, odore e colore: che si tratti del Sud, di Napoli o di
Milano o de lla Norvegia, degli Sta ti Un i ti , della Cina o del Brasile.
Q ues to cred o sia il rinnovamento vers o i l qua le il progetto dovrebbe dirigersi e penso che per
raggiungerlo un grande sforzo debba essere compiuto ma ne vale la pena perché finchè non sarà raggiunto
l’architettura continuerà a svagare.
Possiamo rallegrarci quanto vogliamo quando il Time scrive che il, post-moderno è morto di vacuità e
di noia. Ma se il post-moderno sarà sostituito da un'altra tendenza che ricicla un altro stile o un'atra collusione
di diversi stili, come di fatto già accade, non credo sì, possa dIre di aver progredito. Penso che lì progresso
vero sì avrà quando l'architettura conquisterà una sua identità contemporanea che le consentirà di ritrovare
un ruolo nella trasformazione della società.
On observing an exhibition
The first sensation I have when confronted by the exhibition of the work by Massimo Pica Ciamarra,
Luciana De Rosa, Antimo Rocereto and Claudio De Martino is its vastness. The sensation is also a cheerful
and positive one, because firstly it is clear they have been successful and secondly, it's not true that so little
work is done in Naples as is often raid; or better, a lot of work is done here, like in the north of Italy, when
there is the will to do it, favorable circumstances and a combination of positive intentions.
I should like to make a few considerations about this group's architecture, and the critical nature of
these considerations (the only possible one) should be seen as an encouragement to continue to work with
the same commitment as they have shown to date.
The first consideration regards the origins, which cannot be traced back to the Modern Movement,
though there are some important points that I want to mention. It is a long time since the Modern Movement
was at its climax, so the situation has changed (not only in architecture) and to really attitudes and behavior
would be an affectation of style, like any other, and therefore useless.
The second consideration is that within that great repository called the Modern Movement there has
always been a plurality of trends, some of which were in conflict. It is necessary to pick out those which were
so advanced as to be still considered valid today for a revival. There are some, like Hilbersheimer, who did
not make any significant contribution, and if much was made of such people, it was only to help other figures
emerge - like Albert Speer - who were not officially part of the Modern Movement but contributed to sowing
the seeds of its demise from the outside.
There unofficial "members" are quite the opposite of the "official" ones, like F.L. Wright, Dudok (I
should now like to include him) and Le Corbusier of course - who were splendid. We can still learn a great
deal from them, but not just styles. Rationalism is over, the Modern Movement and the heroic period too and if we want to get the best out of them, then we must re-invent, not just copy them.
The Pica Ciamarra team has its roots in the Modern Movement and particularly so, I feel, in Team X
but it is not really a direct link because Team X was fortunately not a trend, but rather a new form of
architecture or way of conceiving architecture - in a free, passionate, direct and original manner.
The roots that I can see, though, in that part of their work that I most like, are Neapolitan. I have seen
some images - the C.N.R. laboratories in Naples - that please me because they represent an approach to
architecture that I find very interesting. Moreover, in the Posillipo and Massalubrense Houses I find references (perhaps unconscious ones) to that particular moment when Neapolitan architecture interpreted
rationalism through Cosenza, De Luca and Cocchia: that richness is there, that softness and warmth, which
came into Italian architecture through the Neapolitan architects rather than the Milanese or Roman ones.
The second consideration I should like to make regards what bas already been said about the
relationship between project and transformation. I think that a project is always transformation, or at least it
should be - there is no point in designing if there is no desire to transform. But what is the object to be transformed, what is the objective and level of efficiency?
In my opinion the object to be transformed is multiple. The landscape, of course, which first bas
something removed from it then bas something added; the physical space; the behavior of the users who
have to come to terms wit both tradition and innovation; the client, with whom a dialogue takes place which
will inevitably change the initial perspective; the designers themselves who are all affected by the experience
in some way; and finally the critics, who are the last to be involved in the transformation.
I think the objective of transformation - and above all the capacity of transforming the project - varies
according to different periods, and the present time is characterized by conflicts which make architects
unwilling to use the project as an instrument of transformation. Yet willingness did exist once, and it was
expressed in complex forms in those periods when comprehensive visions of the world existed. Architecture
expressed them - the northern Gothic, the Renaissance, the northern Neo-gothic (not the southern eclectic
Gothic), and the Modern Movement. The latter was a period when transformation was a precise, clearly
oriented goal because it was based on a variety of opinions which came together freely and dispassionately.
In the Modern Movement there was that inclination towards comprehensive transformation that is no longer
present today.
This is because architecture tends to adapt itself to what is happening; thus it loses its role and
becomes a mere support and embellishment of transformations which proceed motu proprio, down uneven
paths which no-one wants to direct.
My third consideration is a request to abandon typologies. The adherence to typologies is a bad old
habit that dates back to the Englightenment and which the Modern Movement fell into causing problems for
them at the time and for our generation now, and which is now triumphant as an important component of that
foolishness called "specialization". Every activity has its own type and every type has its own brand of
morphology. The architect can use this brand just how he likes, and that's how we have regressed to
architects who just design façades Abandoning typologies means attempting to tackle the essence of
architecture (i.e. the organization and form of a physical space) in a frank, open manner, accepting all the
risks.
As regards the Pica Ciamarra team's production - and the criticism Fm going to make will, I feel, be
of use for developing an activity which is still evolving - the adherence to typologies is still perceptible and for
this reason their forms sometimes appear to be "disjointed'. The lack of connections at times leads them to
use stylemes, with the result that they seem to produce that aimless architecture that they quite rightly say
they disapprove of
This brings me to the last remark I should like to make about renewing the project - what importance
can be attributed to the language the project uses in assembling the instruments and messages used in
transformation.
We live in a pluralistic society where conflicts are a permanent feature (and thus become positive
features): in relation to pluralism, the objective is a language which is appropriate for the present situation.
This requires a lot of work on morphogy if fit is to be stratified so everyone can establish an identity relation
with fit at any time, whatever their cultural level, experience and capacity for perception.
Furthermore, I believe that this is the only way many individuals and social groups can take part in the
design process of architecture; fit is also possible for architecture to rediscover not that political role that fit
cannot aspire to, but rather the capacity to produce material causes which end up by affecting political
changes.
I'm talking about the opposite of electicism - Fm sure that is quite clear - because the multiple
language I refer to is based on the total abolition of style and fixed codes, once and for all. The language I
mean is capable of renewing itself in any situation it finds itself in, because it sinks its roots into the context
where it operates, thus it differs according to where it is created and in each different place it takes on
substance, smell and colour - whether it's in the South of Italy, Naples, Milan or in Norway, the States, China
or Brazil.
This as the renewal which the project should be aiming for, and to achieve this a great effort must be
made. But I feel it's worth it, because until this aim is accomplished architecture will continue to star-gaze.
We may well feel relieved when Time informs us that the post-modern has died from an excess of
vacuousness and boredom. But if post-modern is to be replaced by some other trend which merely recycles
another style, or offers another botch-potch of different styles (as is already happening) then I don't think we
can really say we have made any progress. Real progress will be achieved when architecture finds a new
identity today, which will enable it to play a role once again in the transformation of society.
En observant une exposition
Ma première sensation est que l'exposition du travaíl de Pica Ciamarra Associati est vaste. C'est une
sensation gaie et positive parce que d'un cóté, cela me dit qu'ils ont du succès et de l'autre, qu'à Naples on
ne fait par aussi peu de choses qu'on veut bien le dire; ou plutôt qu'on y fait beaucoup de choses comme
dans le Nord quand existent la volonté de les faire, des circonstances favorables et des combinations
d'intentions positives.
Sur la production des Pica Ciamarra Associati je voudrais présenter quelques considérations dont le
contenu critique - l'unique possible - veut aussi les encourager à poursuivre leur travaíl avec l'engagement
qu'ils ont montré jusqu'à présent.
Ma première considération concerne les ascendances qui ne peuvent être retrouvées que dans le
Mouvement Moderne, en tenant compte cependant de quelques faits d'importance que je tenterai de
rappeler.
Il en est passé du temps depuis la période héroïque du Mouvement Moderne, la situation est
changée (non seulement dans l'architecture) et donc en proposer des attitudes et des comportements serait
une grimace stylistique équivalant à n'importe quelle autre et donc inutile.
En deuxième lieu, à l'íntérieur de ce grand ensemble appelé Mouvement Moderne, il y a toujours eu
une pluralité de tendances, certaines d'entre elles étant même en opposition. Il faut choisir celles qui se sont
tellement projetées en avant qu'on peut les considérer fertiles aujourd'hui encore. Il y a certaines figures,
comme par exemple celle de Hilberselmer, indubitablement stériles qui ne reviennent sur la scène avec la
prosopopée de la célébration que pour mettre en avant d'autres figures - comme Albert Speer - qui n'appartenaient par officiellement au Mouvement Moderne mais qui, de l'extérieur, contribuaient à greffer les
germes de ce qui serait sa pathologie.
A cóté de ces figures internes-externes, il y en a d'autres, toutes internes et aussi toutes glorieuses.
F.L. Wright, Dudok me viennent à l'esprit maintenant et naturellement Le Corbusier. D'eux, on peut recevoir
des enseignements encore actuels, mais non des styles. Sont terminés le rationalisme, Le Mouvement
Moderne, la période héroïques; et si on veut se rattacher à ce qui en est resté de bon, on ne peut copier
mais réinventer.
Dans le Mouvement Moderne, les Pica Ciamarra Associati ont des ascendances et peut-être leur
figure préférée est-elle Team X. Cependant il s'agit d'une ascendance très floue parce que Team X,
heureusement, n'a jamais été une tendance mais une nouvelle manière d'être architecte ou de penser architecture, sur un mode libre, passionné, direct et laïc.
Toutefois les ascendances que je lis, dans la partie du travail que je préfère sont des ascendances
napolitaines. J'ai vu quelques images - les laboratoires du C.N.R. à Naples - qui me plaisent parce qu'elles
se rapprochent de l'architecture qui m'intéresse. En outre, dans les maisons du Pausilippe et de
Massalubrense, j'ai trouvé des références peut-être inconscientes à ce moment particulier de l'interprétation
napolitaine du rationalisme qui était centrée sur Cosenza, De Luca et Cocchia: il y a cette richesse, cette
souplesse, cette générosité qui on été introduites en Italie par l'architecture napolitaine, plus que par
l'architecture milanaise ou romaine.
La seconde considération que je voudrais faire concerne ce qui a déjà été dit du rapport entre projet
et transformation. Je crois que le projet est toujours transformation ou du moins transformation présumée:
on ne projette pas si on ne veut pas transformer. Mais quel est l'objet de la transformation, quel en est
l'objectif, quel est le niveau d'efficacité?
Je crois que l'objet de la transformation est multiple: certainement le paysage auquel d'abord on
enlève et puis on ajoute quelque chose; certainement l'espace physique; et aussi le comportement de
l'usager porté à se confronter d'un cóté avec la tradition et de l'autre avec l'innovation; le commettant avec
lequel on établit un dialogue qui, inévitablement, modifie la perspective initiale; les auteurs de projets euxmêmes qui ne sortent pas indemnes de l'expérience; enfin les critiques, même s'ils sont les derniers à
participer de la transformation.
Je crois que l'objectif de la transformation - et surtout là capacité de transformation du projet - varie
selon les périodes et qua la période actuelle se caractérise par une situation conflictuelle qui pousse souvent
à abdiquer la volonté d'utiliser le projet comma instrument de transformation. Et pourtant cette volonté a été
présente et s'est exprimée sous des formes complexes dans ces périodes où existaient des visions
d'ensemble du monde. L'architecture les exprimait: le Gothique du Nord, la Renaissance, le Néogothique du
Nord (et non le gothique éclectique méridional), le Mouvement Moderne qui a été une période où la
transformation était un but précis, clair, orienté parce qu'elle se référait à une variété d'opinions qui se
confrontaient avec liberté et désintéressement. Il y avait, dans le Mouvement Moderne, le désir de
transformation globale et aujourd'hui cela n'est plus.
Parce que l'architecture tend à acquiescer à ce qui arrive: et ainsi elle perd son róle et devient
soutien et décoration de transformations qui ont lieu pour leur propre compte à travers des parcours
instables que personne n'a plus envie de contrôler.
Ma troisième considération est une invitation à se libérer du typologisme, une vieille maladie qui
remonte à l'illuminisme et de laquelle le Mouvement Moderne n'est pas sorti indemne pour son malheur et
pour notre malheur à tous, nous qui sommes venus après et qui le voyons maintenant triompher come
composant important de cette idiotie qu'est la spécialisation. Toute activité a son type et tout type a son
empreinte morphologique. Sur cette empreinte, l'architecte peut donner libre cours à sa fantaisie et c'est
ainsi que nous en sommes revenus à l'architecte qui fait les façades. Se libérer du typologisme signifie
chercher à affronter de manière franche, ouverte, en acceptant tous les risques, la véritable essente de la
question architecturale qui est l'organisation et la forme de l'espace physique.
Quant à la production des Pica Ciamarra Associati - je le dis parce que je crois que la critique
franche peut être utile au développement d'une activité encore en évolution - le typologisme, ils ne font pas
encore tout à fait abandonné et c'est pour cela que leurs formes parois paraissent «sans lien». Le manque
de liaisons les porte parfois à accueillir des figures de style, ce qui a pour résultat qu'ils semblent se situer
du cóté de cette architecture sans but dont ils se déclarent à juste titre les adversaires.
Ceci m'amène à ma dernière considération portant sur la question de renouvellement du projet;
quelle signification, quelle portée attribuer au langage que le projet assume en construisant les instruments
et les messages qui accomplissent la transformation.
Nous vivons dans une société pluraliste où les conflits sont permanents, et donc - ne pouvant en
faire à moins - à considérer comme positifs: par rapport au pluralisme, l'objectif est un langage approprié à la
situation actuelle. Ceci demande un travail en profondeur sur la morphologie pour arriver à la stratifier de
manière à ce que chacun puisse à tout moment établir un rapport d'identification quels que soient son niveau
cultural, son expérience, sa capacité perceptive.
Je crois d'autre part que, c'est seulement par cette voie qu'est possible la participation de nombreux
individus et groupes sociaux au processus de formation de l'architecture; il est probablement aussi possible
de ramener l'architecture non à un róle politique qu'elle ne peut avoir, mais à la capacité de produire des
causes matérielles qui finissent par influer sur des transformations politiques.
Je suis en train de parler - assez clairement j'imagine - du contraire de l'éclectisme, parce que le
langage multiple dont je parle se fonde sur l'abolition définitive du style, de codifications fixes données une
fois pour toutes. Je parle d'un langage capable de se renouveler à partir de chaque circonstance qu'il
affronte, parce qu'il s'enracine dans la réalité dans laquelle il opère; c'est pourquoi il est différent selon là où
il s'épanouit, et du lieu où il s'épanouit il assume substance, odeur et couleur: qu'il s'agisse du Sud, de
Naples ou de Milan ou de la Norvège, des Etats-Unis, de la Chine ou du Brésil.
C'est là je crois le renouvellement auquel devrait tendre le projet et je pense que pour l'atteindre il
faut accomplir un grand effort mais cela en vaut la peine parce que tant que l'on ne l'atteindra pas,
l'architecture continuera à errer.
Nous pouvons nous réjouir autant que nous voulons quand le Time écrit que le post-moderne est
mort de vacuité et d'ennui. Mais si le post-moderne est remplacé par une autre tendance qui recycle un
autre style ou une autre collusion de divers styles, Gomme cela arrive déjà, je ne crois pas qu'on puisse dire
avoir progressé. Je pense qu'il y aura progrès véritable il y aura, quand l'architecture conquerra une identité
contemporaíne qui lui permettra de retrouver un róle dans les transformations de la société.
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