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La Microscopia a Forza Atomica - Università degli Studi di Messina

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La Microscopia a Forza Atomica - Università degli Studi di Messina
La microscopia a forza atomica
La possibilità di produrre immagini con risoluzione atomica è piuttosto affascinante, ma
rimase un miraggio fino al 1981, quando Binnig, Rohrer, Gerber, and Weibel inventarono il
microscopio ad effetto tunnel (STM=Scanning Tunnel Microscope). L’invenzione di questo
strumento rappresentò una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’estremamente
piccolo e gli inventori ebbero il premio Nobel qualche tempo dopo (1986). L’uso del
microscopio ad effetto tunnel ha consentito di spiegare molti aspetti della fisica delle
superfici ed ggi questo semplice ed intrigante strumento è un attrezzo indispensabile per
gli scienziati che si occupano di fisica delle superfici. Nonostante le apparenze, l’STM resta
comunque uno strumento i cui campi di applicazione restano limitati al caso di materiali
conduttori, infatti il suo principio di funzionamento, che si basa sull’effetto tunnel,
necessita che una debole corrente fluisca fra una punta metallica, avvicinata a distanze
nanometriche dalla superficie del campione, e la superficie di quest’ultimo. L’idea degli
inventori del microscopio ad effetto tunnel consiste “semplicemente” nel realizzare un
sistema che tiene costante la corrente di tunnel mentre la punta “naviga” con un
movimento a rastrello sulla superficie del campione. In figura è descritto uno schema di
principio di questo tipo di microscopio: una punta metallica acuminata viene montata su un
attuatore piezoelettrico detto scanner in grado di muovere la punta nelle tre direzioni dello
spazio con precisione sub atomica. Tipicamente questa punta (dalla cui forma apicale
dipende buona parte delle performances dello strumento) viene realizzata con un processo
di etching chimico a partire da un filo di tungsteno o di platino-iridio.
Quando la punta viene portata a pochi Angstrom dalla superficie del campione, una
debole corrente di tunnelling comincia a fluire. Questo segnale, adeguatamente
trattato, viene poi utilizzato in un circuito di feedback che controlla l’asse z dello
scanner. Il microscopio STM può funzionare in due “modalità” complementari: il
cosiddetto “modo topografico” o a “corrente costante” ed il cosiddetto modo a “quota
costante”. Nel modo topografico la corrente viene mantenuta costante mentre la punta
si muove sulla superficie del campione. In ogni punto viene registrata la correzione da
apportare all’altezza manovrando lo scanner attraverso il feedback per fare in modo che
la corrente rimanga costante. L’insieme di questi dati rappresentati in una tabella xy
produce l’immagine. Nel modo a quota costante, lo scanner viene mosso così
velocemente che il feedback non è in grado di apportare le correzioni alla quota, quindi
si osserverà una modulazione della corrente di tunnel che registrata punto per punto
produce l’immagine. Con questa modalità di funzionamento è possibile ottenere una
risoluzione estremamente spinta (atomica), però è necessario che il campione sia
estremamente piatto.
Principio di funzionamento di un attuatore piezoelettrico:
Scanner
The Tube is the most inexpensive choice to realize the scanner.
A number of different solution are commercially available. These
scanners guarantee performances but are quite expensive.
Some systems are equipped with a feedback controller able to avoid
distortions which are usually found using a piezo tube.
La “scansione”.
L’acquisizione di un’immagine SPM richiede l’abilità di controllare, con precisione
almeno uguale a quella che si vuole ottenere nell’immagine, la posizione relativa della
sonda rispetto al campione. In effetti questo è il principale motivo per cui alcuni concetti
che erano stati gia’ individuato i nei primi anni del secolo scorso finirono col trovare
applicazione solo pochi decenni fa quando divenne palese la possibilità di utilizzare gli
attuatori piezoelettrici per produrre movimenti meccanici con precisione nanometrica e
sub nanometrica. Cos’è un attuatore piezoelettrico?? Si tratta di un componente
meccanico costruito utilizzando materiali ceramici piezoelettrici in grado di sfruttare il
cosiddetto effetto piezoelettrico inverso per cui se applichiamo un potenziale al
materiale questo si deforma. È facile intuire che adattando adeguatamente la forma del
componente e componendo diversi componenti si possono ottenere movimentazioni in
tutte le direzioni dello spazio.
L’isteresi e la linearizzazione
A causa delle differenze nelle proprietà dei materiali e delle caratteristiche meccaniche
(forma e dimensioni) ogni elemento piezoelettrico ha un coefficiente di risposta diverso.
La risposta viene misurata in termini di sensibilità ovvero del rapporto fra movimento e
potenziale applicato. In generale la sensibilità non è semplicemente un parametro, al
contrario mostra una dipendenza, alle volte marcata, dall’area di scansione. Ciò accade
poiché il comportamento degli elementi piezoelettrici è tipicamente affetto da isteresi.
Negli scanner moderni questo problema viene risolto utilizzando un sensore in grado di
misurare lo spostamento (strain gauge) ed un feedback che corregge gli errori dovuti
all’isteresi o all’invecchiamento dell’attuatore piezoelettrico. Lo stress è definito come
la forza (o il carico) diviso per l’area. Sia lo stress che il carico possono essere calcolati
usando la definizione del modulo di Young (stress diviso per lo strain).
Il più comune strain gauge è la resistenza elettrica e fu inventato da Lord Kelvin nel
1856. Kelvin osservò che la resistenza di un conduttore vari in modo deterministico e
ripetibile quando il conduttore viene deformato. Per questo motivo se il conduttore
viene piegato a formare una struttura in modo che la variazione in lunghezza della
struttura sia uguale alla variazione in lunghezza del conduttore, la variazione della
resistenza sarà direttamente proporzionale allo strain. In generale i sensori a filo
vengono utilizzati nei casi in cui l’applicazione richiede alte temperature,
alternativamente si utilizzano i gauge “a foglio” realizzati “stampando” un film sottile
metallico su un foglio di materiale pieghevole o deformabile. Questi sensori
garantiscono un elevato coefficiente di stabilità un’ottima riproducibilità e un prezzo
molto contenuto. Purtroppo in genere producono un segnale piuttosto basso che quindi
è necessario amplificare sensibilmente.
Principio di funzionamento.
La resistenza di un conduttore è definita come :
R
L
A
Se il filo si allunga ne seguirà una corrispondente riduzione della sezione ed un aumento
della resistenza.
Insulated backing
Solder Tags for
attachment
of wires.
Y
Gauge, wire / foil approx. 0.025 mm thick
X
Il dispositivo mostrato in figura è il classico strain gauge commerciale; è sensibile allo
strain nella direzione X perchè la gran parte del filo è posto in questa direzione.
Ovviamente il dispositivo è sensibile anche alle deformazioni lungo l’asse Y. Il rapporto di
sensibilità in genere è minore di 0,02.


-
+
Resistenza e strain.
Come sappiamo:
R
L
A

Consideriamo una variazione della lunghezza del conduttore
R 
L
L
A
Dividiamo questa espressione per R:
L
:
R
L
 A 
L
R
L
A
Esplicitiamo adesso la dipendenza della variazione dai parametri dipendenti A,  ed L :
R  A L



R

A
L
La variazione di A è legata alla variazione di L a causa dell’effetto di Poisson. Se
inizialmente la sezione del filo è circolare di diametro D, si trova che se A varia per
divenire A+A,
D  D  D
Definendo lo strain assiale e quello trasverso rispettivamente come :
L
a 
L
t 
D
D
D
L
t 
  a  
D
L
Essendo  il “rapporto di Poisson”. Possiamo inoltre scrivere:
A

A

D  D   D 
4

2

4
D2
2
D 2  2 DD  D 2  D 2 2D


2
D
D
Trascurando i termini di ordine superiore e combinando quest’ultima con
l’espressione di t, si trova :
A
L
 2
A
L
R 
L L

 2

R

L
L
R 
L L

 2

R

L
L
 



R 
  L
 1  2 
L  L
R 

L 

Il termine fra parentesi è detto “fattore di strain” (GF)
R
L
 GF
 GF a
R
L
Quindi una variazione dello strain assiale è proporzionale alla variazione della resistenza
del sensore. Il fattore di Gauge è “abbastanza” costante e assume valori poco più grandi
di 2. Il valore del fattore di Gauge viene fornito per ogni singolo dispositivo dal produttore.
Per realizzare questi sensori si utilizza spesso la costantana perchè questo materiale ha
fattori di gauge abbastanza uguali sia nella regione di deformazione plastiche che elastica.
In genere con questi sensori si misurano strain dell’ordine di 0.1 %. Spesso lo Strain
(adimensionale) viene espresso in microstrain, strain (10-6).
Signal Conditioning
Poichè l’output di uno strain gauge è una variazione di resistenza, in genere per misurare lo
strain si utilizza un circuito a ponte. Naturalmente se si applica una tensione alta e se il
fattore di strain è grande si ottiene un incremento della sensibilità del dispositivo. Tuttavia
la potenza dissipabile da questi dispositivi è molto limitata e mai superiore a qualche
milliwatt, mentre la resistenza interna varia da 120 a 3/400 Ohm, per questi motivi non si
possono applicare grosse differenze di potenziale ed è solitamente necessario amplificare il
segnale.
R1
R2
Vo
R4
R3
Excitation
Voltage, V
In qualche caso, in particolare nelle situazioni in cui serve grande sensibilità e l’ambiente
è “rumoroso” si preferisce utilizzare il funzionamento AC piuttosto che quello DC. In
questi casi in genere vengono impiegati segnali a frequenza maggiore di 10 KHz ma
comunque non troppo elevata.
La corrente di tunnel.
Come abbiamo visto, quando la punta è in prossimità della superficie del campione,
applicando una piccola differenza di potenziale è possibile osservare una debole
corrente di tunnel. Se il modulo del potenziale applicato è piccolo rispetto alla
funzione lavoro, la barriera si può considerare rettangolare e si può in prima
approssimazione trascurare l’effetto della carica immagine. Usando alcune nozioni
elementari di meccanica quantistica è possibile dimostrare che in questo caso la
corrente di tunnel è data da:
I t z   I 0 e 2kt z
kt 
2m

Dove m è la massa elettronica ed h la costante di Planck. E’ piuttosto semplice
osservare che se =4eV (valore plausibile per un metallo) kt=1A-1, e quindi se z
diminuisce di un Angstrom la corrente aumenta di un ordine di grandezza. Questa forte
dipendenza della corrente da z è il motivo per cui con il microscopio ad effetto tunnel è
possibile osservare le piccolissime rugosità dovute alla struttura atomica della materia.
Si può osservare che se il campione è molto piatto la gran parte della corrente di tunnel
proviene dall’atomo più vicino della punta perché gli atomi appena di un Angstrom più
lontani produrranno una corrente un ordine di grandezza meno intensa, quindi anche
punte relativamente poco aguzze possono dar luogo a risoluzione atomica.
Nickel [110] surface, from IBM visualisation lab
Ovviamente per ottenere immagini con risoluzione atomica sono necessarie non poche
precauzioni. Ad esempio è necessario che il rumore elettronico della catena di
amplificazione della corrente sia minore delle variazioni indotte dalle rugosità atomiche.
Inoltre è necessario che anche le vibrazioni meccanicamente indotte sul sitema puntacampione siano minori delle rugosità atomiche. A tale scopo si utilizzano spesso dei tavoli
speciali su cui si installa il microscopio, questi tavoli sono equipaggiati con smorzatori attivi,
cioè in grado di compensare con un sistema di feedback elettronico eventuali vibrazioni
indotte
mondo tutto lo
esterno.dalInoltre
Atoms or wavefunctions?
strumento viene racchiuso
Fe atoms show up as bumps
dentro una scatola anecoica
Cu electrons form standing waves in the Fe atom
e termostatata per limitare
‘cavity’
gli effetti delle onde
acustiche e i drift termici.
Vale infine la pena di
osservare che un’immagine
STM, anche
se può
sembrare
strano,
non
rappresenta la posizione
degli atomi ma piuttosto la
loro densità elettronica
poiché
quest’ultima
“controlla” la corrente di
tunnel.
STM: vantaggi e svantaggi
 Alta risoluzione
 E’ possibile manipolare I singoli atomi
 E’ una tecnica di superficie
 In molti casi richiede l’uso di Ultra Alto Vuoto
 Funziona solo con campioni conduttori
La Microscopia a Forza Atomica
Molte delle limitazioni caratteristiche della microscopia STM possono essere superate
con la microscopia a forza atomica che in questo senso si pone come una alternativa
valida all’STM applicabile a campioni anche non conduttori. Anche questa microscopia
rientra nella più vasta classe delle tecniche SPM (Scanning Probe Microscopies). La
sonda, che nel caso già visto è la corrente di tunnel, nella microscopia a forza atomica è
rappresentata dalle forze di interazione interatomica a corto raggio.
200m
L’energia potenziale fra la sonda e il campione (Vts) produce una componente z della forza
che agisce sulla sonda:
Vts
Fts  
z
Se kts è la costante elastica della sonda (cantilever) vale la relazione:
Fts
k ts 
z
Per la registrazione dell’immagine, in questo caso, si utilizza la forza Fts o alcune grandezze
con essa correlate. Poiché si tratta di una forza di interazione atomica, è ovvio che ci si
debbano aspettare anche contributi della forza a “lungo range”, come descritto dalla
curva esposta nella pagina precedente. La quantificazione di tutti i contributi alla forza
che deflette la cantilever non è cosa semplice, anzi , una descrizione analitica non appare
possibile. Per quanto sopra conviene suddividere i contributi in due classi a seconda del
loro range di attività. Per semplificare un po' si può immaginare un esperimento in vuoto
ed identificare i contributi a corto range dovuti alle interazioni chimiche (attive a poche
frazioni di nanometri) e i contributi di natura elettrostatica di van der Waals e di natura
magnetica. Questi ultimi contributi sono attivi a distanze dell’ordine di 100 nm. In
condizioni di pressioni atmosferica si possono produrre anche forze di menisco fra la
sonda e la superficie dovute alla presenza di strati sottili di acqua e idrocarburi
Gli aspetti “chimici” dell’interazione possono essere descritti da un potenziale di Morse:

VMorse   Ebond 2e  k  z    e 2k  z  

Dove Ebond è l’energia di legame,  la distanza di equilibrio e k una lunghezza. Il potenziale
di Morse, con una adeguata scelta dei parametri, descrive molto bene il comportamento
della molecola di idrogeno. Un altro modo per descrivere l’interazione consiste
nell’utilizzare il potenziale di Lennard Jones che si compone di un termine proporzionale
ad r-6 che deriva dall’interazione di van der Waals ed un termine repulsivo proporzionale
ad r-12:
VLennard Jones
 z 6 z 12 
  Ebond  2 6  12 
 
 
Inoltre, se la sonda ed il campione sono conduttori e per qualche ragione esiste una
differenza di potenziale fra i due, è necessario considerare anche una forza di natura
elettrostatica:
2
Felettrostatica z   
 0 RU
d
Val la pena di osservare che in ogni caso le forze a corto raggio di van deer Waals, a causa
della loro additività, possono produrre effetti anche a lungo range, al contrario le forze di
interazione elettrostatica, in cristalli ionici in cui atomi adiacenti hanno cariche opposte,
finiscono col divenire forze a corto range la cui ampiezza decresce in modo esponenziale
con la distanza.
Il sensore di forza.
Da quanto esposto si capisce facilmente che la forza derivante dall’interazione fra la sonda
ed il campione può essere molto variabile su scala atomica. Queste considerevoli variazioni
sono state messe in relazione con l’apparente presenza di corrugazioni giganti che si
osservano ingiustificatamente (artefatti) con tecniche di microscopia STM su campioni
sostanzialmente piatti. Infatti anche nel caso di una misura STM agiscono le forze di
interazione a corto ed a lungo range ed il sistema di feedback deve reagire compensando
anche queste forze per mantenere costante la corrente di tunnel. [Pethica (1986)]. In ogni
caso il cuore di un microscopio AFM è la “molla” che si occupa di misurare la forza
derivante dall’interazione fra la sonda ed il campione. In linea di principio, un sensore in
grado di misurare la componente normale della forza dovrebbe essere estremamente rigido
nelle direzioni xy ed elastico nella direzione z. Questo comportamento è tipico delle assi a
sezione rettangolare, per questo motivo i sensori di forza per microscopia AFM vengono
realizzati come delle minuscole cantilever al cui estremo viene realizzata una punta
solitamente piramidale. Lo studio delle caratteristiche elastiche di una struttura come
descritta è materia dei corsi di meccanica; si può
quella
dimostrare (Chen 1993) che la costante elastica k per
una cantilever di lunghezza L, larghezza w e spessore
t è:
Ywt 3
k
4L3
Y=modulo di Young
Una cantilever elastica è ovviamente anche un oscillatore caratterizzato dalle cosiddette
frequenze proprie o autofrequenze, se  è la densità del materiale di cui è costituita la
cantilever si trova:
f 0  0.162
t
L2
Y

La costante elastica, le autofrequenze, il fattore di merito (Q) e la loro dipendenza dalla
temperatura sono i parametri più importanti di una cantilever. Ad esempio se il sensore di
forza opera in modo di contatto (cioè la punta è letteralmente appoggiata alla superficie
del campione) è necessario che la costante di forza della cantilever sia minore della
costante di forza interatomica degli atomi nel solido [(Rugar and Hansma, 1990)], cioè
k<10 N/m. Il fattore di merito dipende fortemente dai meccanismi che smorzano il moto
della cantilever, ad esempio nel caso di una cantilever che funziona in condizioni ambiente
la viscosità dell’aria produce uno smorzamento che limita il fattore di merito a poche
centinaia. Lo stesso sensore di forza operante in condizioni di vuoto può presentare valori
del fattore di merito di alcune migliaia e, in certi casi, anche i centinaia di migliaia.
Storicamente al prima cantilever venne realizzata utilizzando un foglio sottile d’oro alla cui
estremità era stata attaccata una punta di diamante (Binnig, 1986). Si trovano molti altri
esempi di cantilever “artigianali” e “pionieristiche”, ad esempio è possibile realizzare
ottimi sensori utilizzando un foglietto di alluminio (Rugar and Hansma, 1990) o dei fili
sottili di tungsteno (McClelland et al., 1987).
La realizzazione del sensore di forza è, ovviamente, un momento molto delicato: dalla sua
accuratezza e dalla sua forma dipendono la precisione e l’accuratezza del risultato. Oggi i
sensori di forza vengono realizzati con tecniche di litografia e di etching a partire da un
wafer di silicio, quindi si ricorre a tecnologie ben note poiché utilizzate dall’industria
elettronica. Il primo esempio di produzione industriale di cantilever si basava sulla
tecnologia SOI (Silicon On Insulator) e produceva cantilever in SiO2 e Si3N4. Oggi le
cantilever commerciali sono realizzate interamente in silicio con la punta realizzata nella
direzione cristallografica [001] [Wolter, Bayer, and Greschner (1991), IBM Sindelfingen,
Germany].
La scelta della direzione cristallografica del wafer e quindi della tip non è casuale,
infatti volendo ottenere risoluzioni atomiche è necessario che anche il sensore
interagisca con il campione attraverso un unico atomo apicale; ciò può essere
ottenuto approfittando delle caratteristiche di anisotropia dell’etching del silicio e
dell’SiO2, infatti scegliendo come direzione z per l’etching la direzione cristallografica
[001] si ottiene una struttura come quella mostrata in figura in cui cioè un unico
atomo conclude la punta. Viceversa l’uso della direzione cristallografica [111], ad
esempio, condurrebbe ad una struttura “piatta” come quella mostrata in figura b
Recentemente è stato messo in evidenza che la “forma “ della tip non è l’unico parametro
importante, e che anzi anche la coordinazione dell’atomo apicale gioca un ruolo
fondamentale. Infatti tip e campione possono essere visti come una specie di molecola
gigante e nelle reazioni che conducono alla formazione di una molecola l’identità chimica
e la distribuzione spaziale dei partner sono di fondamentale importanza. Nel caso di una
punta di silicio ricavate nella direzione [001] l’atomo apicale espone due legami liberi ed è
“connesso” al resto della punta con gli altri due. Osservando le figure della pagina
precedente si capisce subito che una punta realizzata a partire da una direzione [111] è
più stabile perchè espone solo un legame mentre gli atomi della punta sono connessi al
bulk che costituisce la punta attraverso tre legami stabili. Descrivendo il processo di
interazione in questa maniera si capiscono bene i motivi per cui le cantilever realizzate
con la tip in direzione [111] sono più resistenti e, d’altro canto, si riesce ad ottenere
ugualmente risoluzione atomica.
Una volta realizzato il sensore resta il problema di come misurare la forza che agisce sul
sensore. Il modo più semplice ed anche quello più classicamente utilizzato negli
strumenti commerciali è descritto in figura. Si tratta di un semplice sistema di leve
ottiche che, utilizzando un fascetto laser riflesso dalla punta della cantilever, viene
rivelato da un fotodiodo a quadranti. I segnali prodotti dal fotodiodo vengono elaborati
da un semplice circuito elettronico che produce in uscita la somma e la differenza delle
correnti prodotte sui quadranti del sensore ottico. Un sistema così concepito è in grado di
indicare la posizione della cantilever e quindi anche la sua deflessione, cioè, in ultima
analisi, di misurare la forza normale.
Modo di contatto.
In questo modo di funzionamento la tip viene posta in contatto con la superficie del
campione con una forza che produce la deflessione della cantilever. Come abbiamo
avuto già modo di sottolineare il contatto fisico necessita l’uso di cantilever con
un’adeguata costante di forza. In genere si utilizzano cantilever con costanti di forza
comprese fra 0.01–5 N/m. Valori più piccoli di k sono adeguati nel caso ad esempio di
campioni biologici o organici che sono caratterizzati da superfici soffici.
L’imaging di una superficie con una tecnica di
contatto può essere semplice, se i campioni
sono sufficientemente duri, o molto
complicato se le superfici da indagare sono
estremamente soffici. In ogni caso
l’immagine rappresenta la mappa di
z(x,y,Fts=const). La Forza di contatto viene
mantenuta costante durante la scansione dal
circuito di feedback che pilota l’asse z dello
scanner. Il metodo può essere impiegato
anche in ambiente liquido e quindi
rappresenta un buon tool di indagine per
campioni biologici. A questo scopo, per
eliminare gli effetti di menisco, la cantilever
viene completamente immersa nel liquido.
Artefatti e limiti nella risoluzione.
Modo di funzionamento dinamico (tapping mode)
In questo modo operativo la cantilever viene messa in oscillazione alla sua frequenza
propria per mezzo di un piccolo attuatore piezoelettrico meccanicamente collegato alla
base della cantilever stessa. E’ evidente che il fattore di merito in questo caso gioca un
ruolo piuttosto importante come è estremamente importante la stabilità termo-meccanica
della levetta. Infatti le autofrequenze sono legate alle variazioni di temperatura dalla
relazione
: 1 v
1 f 0
Y
s
a = coefficiente di


v

s
f 0 T v s T
espansione termica

Ad esempio nel caso del silicio nella direzione cristallina [100]
a 290K, =2.55X10-6 K-1 e (1/vs)( dvs / dT)= 5.5x10-5 K-1,
quindi si trova una sensibilità dell’autofrequenza pari a 5.8X10-5K-1. Questo valore è
piuttosto grande e suggerisce, ad esempio l’uso di altri materiali che nel comportamento
dinamico sono meno sensibili alle variazioni di temperatura. Ad esempio un ottimo
risultato si ottiene con il quarzo che è considerevolmente meno sensibile del silicio ai drift
termici. Un discorso a parte va fatto a proposito della velocità di scansione che è limitata
dalla frequenza di oscillazione della cantilever che deve essere molto più alta del limite
superiore della banda che si desidera rivelare. Ad esempio un’immagine realizzata con uno
“scan rate” di 10 linee per secondo, se il campione è fatto da 100 atomi, è necessario che
la frequenza di oscillazione della cantilever sia più grande di 10x2X100 s-1=2kHz
La grandezza misurata in un esperimento di microscopia a forza atomica nel modo
dinamico può essere l’ampiezza dell’oscillazione (AM mode) o la frequenza dell’oscillazione
(FM mode). Nel modo di funzionamento a modulazione di ampiezza, la cantilever viene
messa in oscillazione da un attuatore esterno ad una frequenza vicina alla sua frequenza
propria. Quando la tip si avvicina alla superficie del campione si attivano interazioni di
natura elastica ed anelastica che producono modifiche dell’ampiezza di oscillazione e della
sua fase. La modulazione dell’ampiezza del segnale viene utilizzata nel circuito di feedback
per correggere la “distanza” punta campione. Poiché la cantilever funziona come un
oscillatore meccanico, la modifica della sua ampiezza di oscillazione non è istantanea, ma
dipende dal fattore di merito con scale dei tempi dell’ordine di 2Q/f0. Se il fattore di merito
è molto alto questo comportamento produce una considerevole limitazione nella velocità
di scansione. Si pensi ad esempio ad un esperimento in UHV in cui il fattore di merito può
raggiungere valori di centinaia di migliaia, in questo caso, per una cantilever che oscilla a
100 kHz si trova una costante di tempo di circa 2 s. Valore inaccettabile per un esperimento
reale. Per ovviare a questo inconveniente si può utilizzare il cosiddetto modo a
modulazione di frequenza. In questo modo di operazione si osserva la variazione della
frequenza di oscillazione propria della cantilever che cambia in un tempo uguale ad un
ciclo completo di oscillazione, cioè in tempi dell’ordine di 1/f0. Ciò, ovviamente, rende il
tempo di reazione della cantilever molto più rapido e consente l’uso della tecnica di
modulazione anche in UHV.
Storicamente ambedue i modi di operazione AM ed FM venivano utilizzati in regime di
non contatto, cioè la sonda è relativamente lontana dalla superficie e le forze che
agiscono sono attrattive.
Successivamente la tecnica di modulazione
venne impiegata con un regime di oscillazione
più ampio in un modo noto come “tapping
mode” in cui, cioè, l’interazione è, sia pur
istantaneamente, un’interazione di contatto.
In questo caso il feedback loop mantiene costante il valore efficace dell’ampiezza di
oscillazione, il metodo è molto interessante perché consente di ottenere “semplicemente”
risoluzioni atomiche. Anche in questo caso è possibile lavorare in ambiente liquido.
Nel modo di funzionamento FM la frequenza f viene determinata dall’autofrequenza f0
e dalla rotazione di fase , se  è /2 allora f=f0. L’interazione fra la cantilever ed il
campione produce una variazione della frequenza di oscillazione f. Com’e’ noto le
autofrequenze di un oscillatore armonico si ottengono dalla relazione :
2 
k* *
m
Se la derivata seconda del potenziale di interazione fra la punta e la superficie si può
considerare costante in tutto il range di oscillazione della cantilever, allora k*=kts +k. Se kts
<<k, allora si può sviluppare in serie la radice quadrata =>
k ts
f 
f0
2k
In questo modo, semplicemente misurando la variazione di frequenza dell’automodo si
ottiene il valore (approssimato) del gradiente di forza dovuto all’interazione. Da un punto
di vista analitico la cantilever si può trattare come un oscillatore smorzato e forzato, se la
forzante è un segnale sinusoidale :
i 2f drive
drive
A
e
E per fattori di merito migliori di uno, la risposta dell’oscillatore è data da :
Mentre il valore assoluto dell’ampiezza è :
E la fase:
Forza laterale
Come si ricorderà, descrivendo il principio di funzionamento di un microscopio AFM,
sono state fatte alcune considerazioni in merito alla forma della cantilever, sottolineando
che la cantilever ideale si deflette solo in direzione z e quindi misura solo la forza
normale. Questo modo di funzionamento, tipicamente viene realizzato utilizzando un
fotodiodo a due quadranti e misurando la deflessione effettiva della cantilever sulla
superficie del campione. La deflessione viene compensata dal feedback che mantiene
costante la forza della tip sulla superficie del campione. Il segnale di correzione, registrato
punto per punto, produce la topografia del campione. In realtà durante la scansione la tip
si muove sulla superficie del campione con una certa velocità (costante), per cui, a causa
delle forze di frizione, si otterrà una rotazione della cantilever lungo il suo asse principale.
Se il sistema di rivelazione e misura della
forza viene realizzato con un fotodiodo a 4
quadranti invece che a due, anche il
“twisting” della cantilever può essere
misurato ed utilizzato per ottenere
un’immagine della superficie. In questo caso
i dati ottenuti rappresentano la forza laterale
a cui è sottoposta la cantilever a causa della
scansione sulla superficie.
E’ ovvio che queste forze dipendono moltissimo dalla natura della superficie del
campione, per questo motivo, osservando contemporaneamente la topografia e la
mappa della forza laterale si possono ricavare utilissime informazioni sulla più intima
natura della superficie. Inoltre si deve tner presente che le immagini di forza laterale
ottenute durante la scansione “forward” potrebbero non essere uguali a quelle
ottenute con la scansione “backward”. Ciò è implicitamente previsto dalla tecnica come
si chiarisce osservando l’immagine riportata qui sotto dove si vedono i dati di forza
laterale ottenuti da una superficie di grafite pirolitica altamente orientata ed un tipico
profilo di linea di questa superficie.
In generale si può dimostrare che per una cantilever di silicio 110 di lunghezza L, spessore
T con una tip di altezza H, il rapporto fra le costanti di forza normale e torsionale è:
Ctor
L2
 0,394 *
2
C
T
H
2
Per ottenere una buona sensibilità alla forza laterale è necessario minimizzare il rapporto
Ctor/C, ovvero minimizzare la quantità :
L2


H T


2
2
Descrivendo il rapporto fra le costanti in termini di angolo di rotazione e di deflessione si
trova:
 tor
 1,69H  T 2L

In altre parole il massimo di sensibilità si ottiene con il minimo di L/(H+T/2) il che conduce
a scegliere cantilever più sottili e più corte delle classiche cantilever da contatto.
Gold evaporated on mica with organic layer.
Gold islands reveal lower friction. Trace and
retrace images, left to right (left image) and
right
to
left
(right
image).
Image courtesy of L.V. Kulikova and I.V.
Yaminsky, MSU&ATC.
Elasticità locale
Un microscopio a forza atomica è in grado di miurare anche l’elasticità locale della
superficie. In questo caso la cantilever viene pressata sulla superficie punto per punto
sovrapponendo al segnale di controllo dell’asse z una modulazione a bassa frequenza (in
genere una decina di Hz). A causa di questa modulazione la cantilever si deflette di una
quantità che dipende dalla risposta meccanica del campione: più il campione è duro più la
cantilever si deflette.
In effetti il contatto fra la cantilever e la superficie non è un
processo semplice a causa della particolare forma del potenziale.
In generale, avvicinando la tip alla superficie di un campione
(curva di carico) si osserva sempre un comportamento come
quello descritto in figura in cui si nota un primo dip dovuto al
regime attrattivo punta superficie seguito da una deflessione più o
meno elastica.
La curva di “scarico”, se il campione è perfettamente elastico è sovrapposta alla curva di
carico ma si estende oltre il punto di contatto a causa delle forze di adesione che tengono
la tip “incollata” alla superficie. Se il campione è plastico la situazione assomiglia molto a
quella descritta dalla curva in figura ed è possibile osservare un diverso angolo fra la retta
di carico e quella di scarico. Questa differenza può essere messa in relazione con le
caratteristiche di elasticità locale della superficie. E’ facile immaginare che questo tipo di
misure trovano applicazione nello studio dei materiali compositi come anche nella
caratterizzazione di superfici biologiche.
Modi di funzionamento:
Modo di contatto (repulsivo)
Modo di non contatto (tapping mode)
Immagine di fase
Forza laterale
Vantaggi e svantaggi…..
Modo di contatto:
Elevate velocità di scansione
Risoluzione atomica
Modo di operazione più semplice nel caso di campioni molto rugosi.
Le forze laterali possono produrre distorsioni ed artefatti
La forza normale sente la presenza di fluidi adsorbiti sulla superficie (capillarità)
La combinazione di forze normali e di forze laterali può produrre una riduzione della
risoluzione e nel caso di campioni molto teneri si possono danneggiare le superfici.
Tapping mode
Elevata risoluzione laterale (1-5 nm)
Forze di interazione molto deboli, quindi possibilità di studiare campioni soffici.
Forze laterali virtualmente eliminate.
Velocità di scansione ridotta.
Modo di non contatto.
Nessuna forza applicata alla superficie del campione
Risoluzione laterale limitata a causa della distanza della sonda dalla superficie.
Velocità di scansione ridotta e più bassa del tapping mode per evitare che la sonda venga
a contatto e “risucchiata” da acqua adsorbita sulla superficie del campione. Per questo
motivo, solitamente, il metodo viene utilizzato solo con campioni idrofobici.
Contact Mode Probes
• Standard Silicon Nitride Probe
• Oxide-Sharpened Silicon Nitride (Standard) Probes
• Oxide-Sharpened Silicon Nitride Oriented Twin Tip Probes
• Olympus Oxide-Sharpened Silicon Nitride Probes
• Contact Etched Silicon Probes
TappingMode Probes
• TappingMode™ Etched Silicon Probes
• Hardened TappingMode Etched Silicon Probes
• TappingMode Focused Ion Beam (FIB) Machined Silicon Probes
• Olympus Tapping Tips
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