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come sono diventato testimone dell`orrore

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come sono diventato testimone dell`orrore
56 LA REPUBBLICA
I PRIMI 1917-1921
Già presente nella Russia zarista, dopo la
Rivoluzione il Gulag viene adottato dal
regime di Lenin: nel 1921 c’erano 84
campi di prigionia destinati a “riabilitare i
nemici del popolo”
LE TAPPE
PRICIPALI
VENERDÌ 10 NOVEMBRE 2006
DIARIO
LE SOLOVETESKY 1926
Quello delle isole Solovetsky, nel mar
Bianco, è il primo sistema esteso di campi
dell’Unione Sovietica, costituito dai
“campi a destinazione speciale” per la
rieducazione basata sul lavoro coatto
KOLYMA 1929-1930
Nella Kolyma, in Siberia, i prigionieri sono
messi ai lavori forzati nelle miniere d’oro.
Stalin esige rapporti quotidiani sulle quote
estratte. I detenuti, 11 mila nel ’32,
saranno 190 mila negli anni ’40
INTERVISTA AD ALEXANDER SOLGENITSYN: I MIEI ANNI NEL GULAG
COME SONO DIVENTATO
TESTIMONE DELL’ORRORE
DANIEL KEHLMANN
I LIBRI
JUANUSZ
BARDACH,
KATHLEEN
GLEESON
L’uomo
del Gulag
Net 2006
JACQUES
ROSSI
Manuale
del Gulag
L’Ancora
del
Mediterraneo
2006
Com’era
bella
questa
utopia
Marsilio
2003
PAVEL A.
FLORENSKIJ
Non
dimenticate
mi
Mondadori
2006
OLEG V.
CHLEVNJUK
Storia
del Gulag
Einaudi 2006
ALEXANDER
SOLGENITSYN
Una giornata
di Ivan
Denisovic
Einaudi
2006
Arcipelago
Gulag
Mondadori
2001
ANNE
APPLEBAUM
Gulag
Mondadori
2005
JOSEPH
CZAPSKI
La morte
indifferente
L’Ancora
del
Mediterraneo
2005
VARLAM
SALAMOV
I racconti di
Kolyma
Einaudi
2005
TOMASZ
KIZNY
Gulag
Bruno
Mondadori
2004
l fascino ispiratogli dalla storia russa ha determinato il lavoro e la vita di Aleksandr Solgenitsyn.
Nel corso di una vita dedicata
alla lotta contro la censura e all’aperta denuncia dei regimi oppressivi e corrotti, la statura del
premio Nobel è diminuita e cresciuta in maniera alterna, con
l’ascesa e la caduta dell’Unione
Sovietica e seguendo il capriccioso umore del pubblico. Ora appare come un’ironia, ma Solgenitsyn, che adesso
ha ottantasette anni, è
stato, secondo il suo
biografo Michael
Scammell, un fervente marxista da giovane.
Lei ha ribadito
spesso qualcosa che
all’apparenza è paradossale: un sollievo
per essere stato spedito al Gulag, per il
fatto che il destino le
sia, per così dire, stato
imposto. Ha scritto di
provare terrore al
pensiero di quale tipo
di scrittore sarebbe
diventato senza il gulag. Quale tipo di
scrittore sarebbe diventato?
«Mi lasci accennare
prima al ruolo decisivo che il Gulag ha avuto nella mia
vita di scrittore. Già nel 1936, all’età di 18 anni, desideravo, in effetti, descrivere e commentare
in maniera approfondita la Rivoluzione russa del 1917, la rivoluzione che mise fine al governo
autocratico dello zar Nicola II,
consentendo ai bolscevichi di
prendere il potere poco dopo.
Solo questo mi avrebbe già impedito di diventare uno scrittore
sovietico leale. Ma quel che mi è
toccato in sorte nel Gulag ebbe
un grande effetto sulle mie convinzioni e sui miei punti di vista
nel corso degli anni. Mi fornì una
chiara visione dettagliata su tutto ciò che il bolscevismo significava e sul comunismo sovietico
e fu questo, in conclusione, a
permettermi di penetrare in maniera approfondita nelle condizioni della nostra esistenza».
In più di un’occasione lei ha
scritto che la triste esperienza
del ventesimo secolo doveva essere vissuta dalla Russia in
qualche modo in quanto rappresentante dell’umanità. Dall’altra parte il suo romanzo La
ruota rossa tratta ripetutamente dell’evitabilità della catastrofe e di quanto facilmente la storia avrebbe potuto prendere un
corso totalmente differente.
Pensa veramente che questa
enorme sofferenza sia stata necessaria o sussiste anche la possibilità che sia stata completamente inutile?
«Considerando la storia del
mondo nel suo insieme, penso
che se la Rivoluzione russa non
fosse avvenuta, il mondo sarebbe stato scosso inevitabilmente
da una qualche altra rivoluzione
analoga, una sorta di seguito
della Rivoluzione francese del
diciottesimo secolo, che a sua
volta innescò rivoluzioni in molti altri paesi europei. Questo
perché l’umanità nel suo insieme doveva pagare per aver
smarrito un senso auto-imposto
dei limiti, una moderazione au-
I
‘‘
,,
Quello che mi toccò in sorte
mi fornì una chiara visione su tutto
ciò che bolscevismo e comunismo
significavano e mi permise
di approfondire la nostra esistenza
A destra, Solgenitsyn nel Gulag (1956); qui sopra, un prigioniero russo;
nella pagina accanto, stampe d’epoca sui lavori forzati
to-imposta riguardo ai suoi aneliti e alle sue richieste, per l’avidità assoluta dei ricchi e dei potenti - sia singoli individui sia interi Stati - e per l’inaridimento
dei sentimenti di benevolenza
umana».
Molti pensatori e scrittori occidentali hanno attivamente
sostenuto la dittatura sovietica.
Fondamentalmente, sono state
soltanto la sua ferma posizione
e le ripercussioni che essa ha
avuto a livello mondiale a suscitare un cambiamento al riguardo. Anzi, proprio questo fu il
motivo che la portò a rifiutare
un incontro con il filosofo e
scrittore francese Jean-Paul
Sartre quando egli visitò l’Unione Sovietica. Ci fu veramente un “tradimento degli intellettuali”, come lo ha definito il filosofo francese Julien Benda, un
tradimento, dunque, da parte
degli intellettuali dei valori dei
Lumi?
«L’appoggio diffuso tra i pensatori occidentali alla dittatura
comunista iniziato con gli anni
Trenta è un segno e una conseguenza della decadenza dell’umanesimo secolare: ne soffriamo ancora e continueremo a
soffrirne nel futuro».
Nessun altro scrittore dopo
Voltaire, ha avuto, probabilmente, un impatto politico pari
al suo... Le fa piacere? Ci sono
ancora delle cose che vorrebbe
completare?
«In molte occasioni ho sollecitato le potenze occidentali a evitare l’equazione tra il comunismo sovietico da una parte e dall’altra la Russia in quanto Paese
e la storia russa. Ma, purtroppo,
molte potenze occidentali non
si sono preoccupate di fare questa distinzione. E le politiche
delle potenze occidentali, anche dopo il
crollo della dittatura
sovietica, sono poco
cambiate nella loro ferocia verso la Russia.
Questo è profondamente deludente. Gli
eventi in Russia partire dagli anni Novanta
hanno, tuttavia, preso
un corso anche peggiore. Prima che potesse esserci una ripresa nazionale, sia
morale sia economica, le forze occulte
hanno immediatamente acquisito una
posizione di vantaggio; i ladri più privi di
princìpi si sono arricchiti saccheggiando
indisturbatamente le
ricchezze del Paese e
sedimentando il cinismo e il danno morale
già perpetrati. Questa
è stata una catastrofe per la Russia nel suo complesso.
«Soffro molto di fronte a queste trasformazioni. Come potrei
parlare di “soddisfazione”? E ora
che ho 87 anni, e in più il mio stato di salute è cagionevole, non
ho la forza di esercitare una vera
influenza per gli anni a venire».
Infine, la domanda inevitabile: come sarà il futuro della Russia? Democrazia o uno Stato autoritario sul modello cinese?
«Sono molto preoccupato per
il futuro della Russia. Non mi azzarderò a fare previsioni. Le sue
domande riguardano più che altro l’ordine sociale. Questo è di
estrema importanza, anche se
l’ordine morale conserva la prevalenza.
«Per quanto riguarda la sperata democratizzazione della Russia, ho presentato il mio modello già nel 1990 in un saggio intitolato La ricostruzione della
Russia, un piano per una costruzione graduale di strutture democratiche, cominciando dall’autogoverno locale per finire
con il governo centrale.
«L’attività dell’autogoverno
locale in molti paesi occidentali
è un modello che invito i miei
compatrioti a emulare. Il mio
paradigma è diverso dal sistema
partitico parlamentare che domina in Occidente. Non vedo
come una cosa positiva l’esistenza di partiti politici la cui
unica preoccupazione è salire al
potere, la considero negativamente. La mia proposta non è
stata accolta con simpatia finora. Ma anche così, preferirei una
futura democrazia russa di questo tipo, piuttosto che una versione presa in prestito dall’Occidente».
© Cicero e Alexander
Solgenitsyn, 2006
Distribuzione The New York
Times Syndicate
(traduzione di Guiomar
Parada)
RYSZARD KAPUSCINSKI
Per cancellare le tracce
del crimine non occorre
distruggere nulla: metà
dell’Arcipelago Gulag
è già sprofondata
nelle paludi e nel fango
Imperium
1939-1992
PAVEL A. FLORENSKIJ
Vivo in uno stato di
continuo torpore: è
l’unico modo per
sopravvivere. Giorni e
settimane si susseguone
sempre uguali
Non dimenticatemi. Le
lettere dal Gulag, 2000
Repubblica Nazionale
DIARIO
VENERDÌ 10 NOVEMBRE 2006
LA REPUBBLICA 55
DI
DI
OTTANT’ANNI FA IN URSS NASCEVANO I CAMPI
Nel 1926
il lavoro forzato
e la reclusione
di massa divennero
un sistema
alla sommità del campanile
del vecchio monastero Solovetsky, nella Russia settentrionale, si scorge ancora il profilo del campo di concentramento.
Salendo lassù in una giornata limpida sono riuscita a vedere al di là
dello spesso muro di pietra che circonda gli edifici del monastero del
XV secolo, un tempo sede dell’amministrazione centrale del campo.
A nord distinguevo la sagoma della chiesa in cima alla collina i cui
sotterranei ospitavano le famigerate celle di punizione del campo.
Al di là delle colline e dei dock si
estende la vasta superficie del Mar
Bianco e il resto delle isole Solovetsky: Bolshaya Muksulmana,
dove un tempo i prigionieri allevavano volpi per ricavarne pellicce,
Anzer, che ospitava campi speciali per invalidi, donne con bambini
ed ex monaci, Zayatskie Ostrov,
sede del campo punitivo femminile.
Non a caso lo scrittore russo
Alexander Solgenitsyn scelse di
chiamare la sua storia del sistema
dei campi di concentramento sovietici Arcipelago Gulag. Dopo tutto Solovetsky, primo campo specificamente ideato per i prigionieri
politici, era un vero e proprio arcipelago, un carcere che crebbe
espandendosi di isola in isola.
Solovetsky fece anche da modello a ciò che in seguito divenne
noto come gulag. Anche se Lenin e
Trotsky iniziarono a costruire
campi di concentramento per prigionieri politici già a partire dal
1918, fu a Solovetsky che si procedette a meccanizzare e riprogettare il campo e fu lì che la polizia segreta sovietica iniziò a sfruttare il
lavoro dei prigionieri a servizio
dello Stato. E lo Stato ne andava
fiero. In un articolo del 1945, un
pezzo grosso del Nkvd, la polizia
segreta sovietica, scrisse orgoglioso che «il lavoro forzato come metodo di rieducazione» iniziò a Solovetsky nel 1926. Quest’anno cade quindi l’ottantesimo anniversario della fondazione del Gulag.
L’origine del Gulag si può fare
almeno in parte risalire al personaggio di Naftaly Aronovitch
Frenkel, nato nel 1833 a Haifa, come risulta dalla sua scheda di prigioniero. Nel 1923 le autorità lo arrestarono per «transito illegale alla frontiera» condannandolo a
dieci anni di lavoro duro a Solovetsky.
Come Frenkel sia riuscito a realizzare la metamorfosi da prigioniero a comandante del campo resta un mistero. Leggenda vuole
che, giunto al campo, rimase sconvolto dalla mancanza di organizzazione che vi regnava tanto da
scrivere una lettera in cui indicava
con precisione le pecche di ciascuna delle attività produttive del
campo, che includevano la selvicultura, l’agricoltura e la fabbricazione di laterizi. A quanto sembra
un amministratore inviò la lettera
a Stalin che convocò Frenkel a Mosca.
Sappiamo che Frenkel tentò di
trasformare il campo in una fonte
di profitto istituendo il famigerato
sistema che destinava ai prigionieri razioni di cibo differenziate
in accordo alla quantità di lavoro
portato a termine, realizzando in
pratica una selezione dei prigionieri in base alla capacità di sopravvivenza. Relativamente ben
nutriti i prigionieri forti si rinvigorivano. Privati del cibo i prigionie-
Oggi il mancato
confronto
con quella realtà
agisce da ostacolo
alla crescita civile
D
GULAG
Il destino di chi era costretto ai campi
di lavoro in un dipinto di Korolkooff
Checosarestadiquellatragedia
ANNE APPLEBAUM
ri deboli si ammalavano o morivano. Il processo veniva accelerato
dall’elevato ritmo di attività imposto.
Frenkel mandava i prigionieri a
costruire strade e tagliare alberi
fuori dal campo. Nel giro di pochi
anni I prigionieri di Solovetsky lavoravano in tutta la regione. Stalin
accolse questo corso con enorme
entusiasmo e promosse l’espansione del sistema dei campi anche
nel momento in cui fu chiaro a tutti che si trattava di un sistema non
solo crudele, ma anche antieconomico. Impose l’esecuzione di progetti impraticabili, ferrovie attraverso la tundra, gallerie fino all’i-
sola di Sakhalin, molti dei quali
non furono mai completati. Inviò
ai campi particolari “nemici” e rifiutò personalmente le loro domande di grazia spesso con la frase «fateli continuare a lavorare».
Oggi, a 80 anni di distanza, sappiamo quale fu il vero costo del sistema dei campi. Tra il 1926 e il
1953, anno della morte di Stalin,
circa 18 milioni di prigionieri passarono attraverso il sistema del
Gulag. Altri sei o sette milioni furono inviati al confino in località dell’estremo Nord. A milioni si ammalarono, a milioni morirono. I
campi contribuirono a creare la
paura e la paranoia che caratteriz-
zarono la vita dell’Urss e distorsero l’economia sovietica, concentrando persone e industrie nel
nord gelido e inabitabile.
Considerando l’orribile ruolo
giocato dai campi nella storia dell’Unione Sovietica, ci si domanda
come mai in Russia il retaggio del
Gulag sia un tema così scarsamente dibattuto. Perché una data come l’ottantesimo anniversario
della fondazione dei campi di Solovetsky non viene ricordata? Sorgono disseminati per la Russia vari monumenti a ricordo delle vittime del Gulag, ma non esiste un
monumento nazionale o un luogo
di lutto. Peggio, a quindici anni dal
crollo dell’Unione Sovietica è assente qualunque dibattito pubblico sul gulag. Non è stato sempre
così. Negli anni ‘80, all’inizio della
glasnost in Russia, le memorie dei
sopravvissuti del Gulag vendettero milioni di copie. Ma negli ultimi
tempi i libri di storia che contengono simili “rivelazioni” ottengono recensioni negative o passano
semplicemente sotto silenzio.
In un certo senso non è difficile
spiegarne il motivo. In Russia, la
memoria dei campi convive confusa con quella di un gran numero
di altre atrocità: la guerra, la carestia e la collettivizzazione. La gente spesso mi chiede: «Perché i so-
TZVETAN TODOROV
“
IN UNIONE Sovietica non c’è né
camera a gas né campo di sterminio. Questa differenza è significativa, anche se non basta per rendere gradevoli i campi
russi. In essi, infatti, la fame, inflitta volontariamente come punizione per un lavoro giudicato insufficiente, le malattie non curate, propagate dai parassiti, il freddo delle
tundre siberiane uccidono altrettanto crudelmente che il
gas, anche se un po’ più lentamente… In Urss, la giustificazione dei campi è duplice: mantenere il terrore politico e fornire una manodopera gratuita e obbediente per il
lavoro delle miniere, delle fabbriche o dei campi. Questa
seconda funzione è essenziale, e il gulag si ritiene che
svolga un ruolo capitale nell’economia sovietica. Ciò che
distingue questa pratica dallo schiavismo antico è semplicemente che la vasta popolazione dell’Urss rappresenta un serbatoio inesauribile di manodopera, e di conseguenza la direzione dei campi non si prende nessuna cura dei propri schiavi: inutile nutrirli bene, vestirli il più possibile, curarli contro le malattie; se
muoiono, se ne prenderanno altri.
GULAG
INTERNAZIONALE
D’ARTE CONTEMPORANEA
A TORINO
10 –12 NOVEMBRE 2006
LINGOTTO FIERE / ORE 11.00 – 20.00
THIRTEEN:
FEEL CONTEMPORARY
pravvissuti dei campi dovrebbero
godere di un trattamento privilegiato?». C’è chi poi associa il dibattito sul gulag alle riforme economiche e politiche degli anni ‘90,
giudicate un pasticcio, e si chiede
dove tutto questo abbia portato.
Assai più significativo è il fatto che
la Russia è attualmente governata
da ex funzionari del Kgb, eredi diretti degli amministratori del Gulag. In realtà il presidente Vladimir
Putin spesso si definisce un Chekista, il termine infame usato per indicare gli appartenenti alla polizia
politica di Lenin, precursori del
Kgb. Non è nel suo interesse sottolineare il fatto che era membro di
un’organizzazione criminale.
Tragicamente il mancato confronto con il passato sta ostacolando la formazione della società civile russa e dello stato di diritto. Dopo tutto i capi del Gulag hanno
mantenuto le loro dacie e le loro
cospicue pensioni. Le vittime del
Gulag sono rimaste povere ed
emarginate. Agli occhi della maggioranza dei russi oggi è stata una
scelta saggia collaborare in passato con il regime. Per analogia,
quanto più si imbroglia e si mente,
tanto più si è saggi.
Alcune delle ideologie del Gulag
sopravvivono in senso profondo
anche nell’atteggiamento sprezzante e arrogante che la nuova élite russa ha nei confronti dei poveri e della classe media. Se i ricchi
non impareranno a rispettare i diritti umani e civili dei loro connazionali la Russia è destinata a restare una terra di contadini impoveriti e di politici miliardari, uomini che conservano i loro patrimoni
nei caveau delle banche svizzere e
hanno i jet privati in pista, pronti al
decollo.
La mancata memoria del passato ha inoltre conseguenze più banali, di tipo pratico. Può servire a
spiegare, ad esempio, l’insensibilità dei russi rispetto a determinate forme di censura e alla costante,
opprimente presenza della polizia
segreta, oggi ribattezzata Fsb. Il
fatto che la Fsb possa intercettare
conversazioni telefoniche ed entrare in abitazioni private senza
mandato non turba più di tanto i
russi. Né li turba l’inquietante orrore del loro sistema penale. Nel
1998 mi recai a visitare la prigione
centrale della città di Arkhangelsk,
un tempo una delle capitali del
Gulag. Il carcere, risalente a epoca
pre-stalinista, sembrava rimasto
pressoché immutato. Le celle erano affollate e mal areate, i servizi
igienici primitivi. Il responsabile
del carcere si strinse nelle spalle.
Era tutta questione di soldi, mi disse. I corridoi erano bui perché l’elettricità costava cara, i prigionieri
restavano settimane in attesa di
processo perché i giudici erano
mal pagati. Non mi convinse. Se le
prigioni russe hanno ancora l’aspetto che avevano all’epoca di
Stalin, se i tribunali e le indagini
penali sono una messinscena è in
parte perché il passato non tormenta i giudici, i politici o le élite
imprenditoriali russe.
Ma pochissimi nella Russia di
oggi sentono il passato come un
fardello o un dovere. Il passato è un
brutto sogno da dimenticare. Come un grande vaso di Pandora
chiuso in attesa della generazione
successiva.
© 2006 Cicero
(Distributed by The New York
Times Syndicate)
www.artissima.it / [email protected]
Repubblica Nazionale
“
VENERDÌ 10 NOVEMBRE 2006
LA REPUBBLICA 57
IL GRANDE TERRORE 1937-38
Con gli arresti di massa e i processi farsa,
l’epurazione colpisce anche figure di
primo piano, come Jagoda o Berzin. A
partire dal 1937 molti Gulag si trasformano
in campi di sterminio
LA DENUNCIA 1954-1960
Morto Stalin (1953), inizia il rilascio dei
prigionieri politici. Ma la riabilitazione di
massa si avrà con il Discorso al XX
Congresso del Pcus di Krusciov nel 1956
e con la denuncia dei crimini staliniani
OGGI
La giornata del Memento Gulag 2006,
per la memoria delle vittime del
comunismo, è stata ques’anno
organizzata in Francia e dedicata alle
vicende ungheresi del 1956
PERCHÉ NEL REGIME DI PUTIN NON SI FANNO I CONTI CON LA STORIA
NELLE SCUOLE IN RUSSIA
DOVE LA MEMORIA TACE
JURIJ SAMODUROV
a Russia esiste e vive in una
strana situazione perché non
capisce che cosa le è accaduto. Solo cinque anni fa noi (non la
maggioranza del popolo, però in
parecchi) pensavamo che nel 1991,
nel nostro Paese, si fosse verificata
una rivoluzione democratica.
Più tardi si pensava che essa non
fosse riuscita. Ora abbiamo il dubbio che gli avvenimenti del 1991
non siano stati affatto una rivoluzione democratica. Ancora più rapidamente, negli ultimi quindici
anni, sono cambiate le idee del popolo russo sul periodo sovietico
della nostra storia.
Tutto questo ha lasciato un’impronta inconfondibile sull’insegnamento e nello studio della storia dell’epoca sovietica. Nelle
scuole dell’obbligo russe, ad esempio, la tragedia umana e politica del
Gulag, non esiste. Nei manuali scolastici di oggi non c’è alcun giudizio
chiaro sulla
società e sullo Stato sovietici. Non
vengono
nemmeno descritti, non se
ne parla: non è
chiaro quando
emergeranno le
prime riflessioni e come saranno le considerazioni di uso generale. Non essendo un insegnante,
parlo da esterno:
ma il mio parere è
abbastanza fondato. È fondato soprattutto sulla mia esperienza di
lavoro nella giuria del concorso per
maestri di scuola, intitolato “Lezione sul tema: storia delle repressioni politiche e resistenza alla libertà negata nell’Urss”, promosso
dal Museo e Centro civile “Andrej
Sakharov”. Il concorso si tiene da
quattro anni e vi partecipano 250
maestri di 25 regioni del nostro
Paese. Il Centro Sakharov ha promosso e organizzato questo concorso perché in Russia il tema del
Gulag e delle repressioni politiche
viene ancora sistematicamente
nascosto e praticamente non è
analizzato.
Basta dire che anche nei programmi scolastici delle superiori,
approvati dal ministero dell’Istruzione, a questo tema non riservano
più di due ore, mentre nei manuali
raccomandati dallo stesso ministero gli si dedicano un paio di generiche paginette.
Come membro della giuria ho
visto circa 150 video delle lezioni e
posso dire che la maggioranza dei
maestri si limita ai racconti di repressioni nell’epoca sovietica le
cui vittime furono certe persone,
certi gruppi di popolazione e certi
strati sociali. In sostanza basano il
loro insegnamento sullo studio di
documenti che elencano cifre ed
episodi del fenomeno e fanno capire agli allievi che le repressioni
furono una cosa crudele e disumana. Pochissime però sono state le
lezioni in cui è stato posto e analizzato il problema principale: se le
repressioni, il sistema del Gulag,
fossero legali secondo la Costituzione Sovietica. Nessuna analisi,
invece, sull’attività delle strutture
del potere di Stato nell’Urss, sulla
loro responsabilità giuridica e storica per le repressioni politiche.
Nemmeno iniziata, in Russia, una
riflessione sulle conseguenze storiche e sugli effetti di lunga durata
L
GUSTAV HERLING
In certi campi c’era un
giorno di riposo ogni
tre o quattro settimane:
nell’anno e mezzo
trascorso a Ercevo,
ne avemmo solo dieci
Un mondo a parte
1951
IOSIF BRODSKIJ
Solo coloro che non
tornavano dal Gulag
potevano dirsi
intransigenti: quelli
che tornavano erano
malleabili come gli altri
Fuga da Bisanzio
1986
‘‘
,,
Un mese fa un eminente dirigente
si è rivolto ai maestri di Mosca
con una lezione su ciò
che nel nuovo anno scolastico
è prioritario nell’insegnamento
del sistema del Gulag. Tali domande i docenti russi ancora non le
pongono e non le fanno discutere.
Nonostante il concorso si svolga
sotto il patrocinio dell’Istituto dell’Istruzione aperta di Mosca, dell’Accademia russa per l’aggiornamento professionale dei lavoratori
dell’istruzione pubblica, e in collaborazione con una serie di direzioni regionali dell’Istruzione, l’atteggiamento al tema del concorso, da
parte dei presidi e della maggioranza degli insegnanti, è più che
ansioso. Alcuni maestri, soprattutto quelli che vengono dalla Siberia,
GLI AUTORI
DIARI ONLINE
Il Sillabario di Todorovè tratto da Memoria del male, tentazione del bene. Anne
Applebaum ha vinto
il Pulitzer con Gulag.
Jurij Samodurov dirige il Museo “Andrej
Sakharov” di Mosca.
Il Nobel Alexander
Solgenitsyn è l’autore di Arcipelago Gulag. Daniel Kehlmann ha scritto La
misura del mondo.
Tutti i numeri del
“Diario” di Repubblica sono consultabili su Internet sul sito www.repubblica.it, direttamente
dalla homepage, al
menu supplementi.
Qui i lettori possono
trovare le pagine
complete, comprensive delle illustrazioni, di questo
strumento di approfondimento.
mi hanno chiesto senza equivoci di
mimetizzare in qualche modo l’argomento Gulag, eliminando ogni
accenno alle repressioni.
Sostengono che la schiavitù comunista, le repressioni politiche e
la resistenza alla mancata libertà
nell’Urss, scatenino le reazioni negative e l’ostilità dei loro colleghi e
dei presidi. È una cosa che non sorprende, vista la situazione politica
attuale in Russia.
Un mese fa un eminente dirigente del sistema di aggiornamento professionale degli insegnanti si
è rivolto ai maestri di Mosca con
una lezione su ciò che nel nuovo
anno scolastico deve diventare
prioritario per i docenti di storia.
Ha concluso che l’essenziale è insegnare ai giovani il patriottismo,
basandosi sui modelli positivi della storia dell’Urss. Alla lezione era
presente un’addetta al nostro museo. Lei ci ha poi raccontato che
cosa intendeva quel
dirigente: i
progressi
nella creazione e nella
difesa dello
Stato sovietico, la vittoria
nella Grande
Guerra patriottica e l’eroismo
in
guerra, i progressi nello sviluppo dell’industria, della
scienza e della
cultura, il lavoro pieno di abnegazione di ingegneri, operai, scienziati dirigenti industriali, maestri,
medici, eccetera. Ignorato l’altro
genere di patriottismo civile: gli
aiuti agli affamati nella regione del
Volga; la solidarietà durante la carestia criminale in Ucraina; la lotta
per la sopravvivenza e la conservazione della dignità umana durante
gli interrogatori nelle carceri, nei
lager e nell’esilio; il sostegno altruistico ai compagni di reclusione;
l’eroismo nel corso delle ribellioni
e degli scioperi nel Gulag; la lotta
eroica dei dissidenti contro il regime sovietico. Tutto ciò, ossia la resistenza umana al sistema Gulag
sotto l’Urss, non è stato citato come un modello di comportamento
patriottico. Non si è raccomandato
di studiare e di parlare di tali storie
nelle scuole.
Il grande limite delle lezioni di
storia, così come la insegnano oggi
nelle scuole dell’obbligo russe, è
che fra gli insegnanti ci sono molti
specialisti entusiasti dell’elaborazione dei programmi, ma nessuno
disposto a fornire una risposta alla
domanda fondamentale del presente pedagogico: che cosa i giovani russi devono sapere, e perché,
sui crimini contro l’umanità del regime sovietico? In sostanza questo
problema non è stato ancora affrontato. Ma senza aver elaborato
risposte concrete al “buco nero”
del Gulag, la società russa non può
aspettarsi progressi nell’insegnamento e nello studio della storia
sovietica.
Personalmente, credo che i giovani del mio Paese debbano sapere in che cosa consistevano i crimini contro l’umanità dello Stato e
della società sovietica. Solo così
possono diventare sostenitori
consapevoli e convinti della creazione in Russia di uno Stato democratico fondato sul diritto. Ed essere nemici, responsabili e decisi, del
nuovo autoritarismo.
I LIBRI
AA.VV.
Gulag. Storia
e memoria
Feltrinelli
2004
AA.VV.
Storie di
uomini giusti
nel Gulag
Bruno
Mondadori
2004
GUSTAW
HERLING
Un mondo a
parte
Feltrinelli 2003
NINA
LUGOVSKAJA
Il diario di
Nina
Frassinelli
2004
LEV
RAZGON
La nuda
verità
L’Ancora del
Mediterraneo
2004
ETTORE
MO
Gulag e altri
inferni
Bur 2003
OLGA
ADAMOVASLIOZBERG
Il mio
cammino
Le Lettere
2003
JOEL
KOTEK,
PIERRE
RIGOULOT
Il secolo dei
campi
Mondadori
2001
ROBERT
CONQUEST
Il grande
terrore
Bur 1999
ANDRZEJ J.
KAMINSKI
I campi di
concentramento
dal 1896
a oggi
Bollati
Boringhieri 1997
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1979
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