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come sono diventato testimone dell`orrore
56 LA REPUBBLICA I PRIMI 1917-1921 Già presente nella Russia zarista, dopo la Rivoluzione il Gulag viene adottato dal regime di Lenin: nel 1921 c’erano 84 campi di prigionia destinati a “riabilitare i nemici del popolo” LE TAPPE PRICIPALI VENERDÌ 10 NOVEMBRE 2006 DIARIO LE SOLOVETESKY 1926 Quello delle isole Solovetsky, nel mar Bianco, è il primo sistema esteso di campi dell’Unione Sovietica, costituito dai “campi a destinazione speciale” per la rieducazione basata sul lavoro coatto KOLYMA 1929-1930 Nella Kolyma, in Siberia, i prigionieri sono messi ai lavori forzati nelle miniere d’oro. Stalin esige rapporti quotidiani sulle quote estratte. I detenuti, 11 mila nel ’32, saranno 190 mila negli anni ’40 INTERVISTA AD ALEXANDER SOLGENITSYN: I MIEI ANNI NEL GULAG COME SONO DIVENTATO TESTIMONE DELL’ORRORE DANIEL KEHLMANN I LIBRI JUANUSZ BARDACH, KATHLEEN GLEESON L’uomo del Gulag Net 2006 JACQUES ROSSI Manuale del Gulag L’Ancora del Mediterraneo 2006 Com’era bella questa utopia Marsilio 2003 PAVEL A. FLORENSKIJ Non dimenticate mi Mondadori 2006 OLEG V. CHLEVNJUK Storia del Gulag Einaudi 2006 ALEXANDER SOLGENITSYN Una giornata di Ivan Denisovic Einaudi 2006 Arcipelago Gulag Mondadori 2001 ANNE APPLEBAUM Gulag Mondadori 2005 JOSEPH CZAPSKI La morte indifferente L’Ancora del Mediterraneo 2005 VARLAM SALAMOV I racconti di Kolyma Einaudi 2005 TOMASZ KIZNY Gulag Bruno Mondadori 2004 l fascino ispiratogli dalla storia russa ha determinato il lavoro e la vita di Aleksandr Solgenitsyn. Nel corso di una vita dedicata alla lotta contro la censura e all’aperta denuncia dei regimi oppressivi e corrotti, la statura del premio Nobel è diminuita e cresciuta in maniera alterna, con l’ascesa e la caduta dell’Unione Sovietica e seguendo il capriccioso umore del pubblico. Ora appare come un’ironia, ma Solgenitsyn, che adesso ha ottantasette anni, è stato, secondo il suo biografo Michael Scammell, un fervente marxista da giovane. Lei ha ribadito spesso qualcosa che all’apparenza è paradossale: un sollievo per essere stato spedito al Gulag, per il fatto che il destino le sia, per così dire, stato imposto. Ha scritto di provare terrore al pensiero di quale tipo di scrittore sarebbe diventato senza il gulag. Quale tipo di scrittore sarebbe diventato? «Mi lasci accennare prima al ruolo decisivo che il Gulag ha avuto nella mia vita di scrittore. Già nel 1936, all’età di 18 anni, desideravo, in effetti, descrivere e commentare in maniera approfondita la Rivoluzione russa del 1917, la rivoluzione che mise fine al governo autocratico dello zar Nicola II, consentendo ai bolscevichi di prendere il potere poco dopo. Solo questo mi avrebbe già impedito di diventare uno scrittore sovietico leale. Ma quel che mi è toccato in sorte nel Gulag ebbe un grande effetto sulle mie convinzioni e sui miei punti di vista nel corso degli anni. Mi fornì una chiara visione dettagliata su tutto ciò che il bolscevismo significava e sul comunismo sovietico e fu questo, in conclusione, a permettermi di penetrare in maniera approfondita nelle condizioni della nostra esistenza». In più di un’occasione lei ha scritto che la triste esperienza del ventesimo secolo doveva essere vissuta dalla Russia in qualche modo in quanto rappresentante dell’umanità. Dall’altra parte il suo romanzo La ruota rossa tratta ripetutamente dell’evitabilità della catastrofe e di quanto facilmente la storia avrebbe potuto prendere un corso totalmente differente. Pensa veramente che questa enorme sofferenza sia stata necessaria o sussiste anche la possibilità che sia stata completamente inutile? «Considerando la storia del mondo nel suo insieme, penso che se la Rivoluzione russa non fosse avvenuta, il mondo sarebbe stato scosso inevitabilmente da una qualche altra rivoluzione analoga, una sorta di seguito della Rivoluzione francese del diciottesimo secolo, che a sua volta innescò rivoluzioni in molti altri paesi europei. Questo perché l’umanità nel suo insieme doveva pagare per aver smarrito un senso auto-imposto dei limiti, una moderazione au- I ‘‘ ,, Quello che mi toccò in sorte mi fornì una chiara visione su tutto ciò che bolscevismo e comunismo significavano e mi permise di approfondire la nostra esistenza A destra, Solgenitsyn nel Gulag (1956); qui sopra, un prigioniero russo; nella pagina accanto, stampe d’epoca sui lavori forzati to-imposta riguardo ai suoi aneliti e alle sue richieste, per l’avidità assoluta dei ricchi e dei potenti - sia singoli individui sia interi Stati - e per l’inaridimento dei sentimenti di benevolenza umana». Molti pensatori e scrittori occidentali hanno attivamente sostenuto la dittatura sovietica. Fondamentalmente, sono state soltanto la sua ferma posizione e le ripercussioni che essa ha avuto a livello mondiale a suscitare un cambiamento al riguardo. Anzi, proprio questo fu il motivo che la portò a rifiutare un incontro con il filosofo e scrittore francese Jean-Paul Sartre quando egli visitò l’Unione Sovietica. Ci fu veramente un “tradimento degli intellettuali”, come lo ha definito il filosofo francese Julien Benda, un tradimento, dunque, da parte degli intellettuali dei valori dei Lumi? «L’appoggio diffuso tra i pensatori occidentali alla dittatura comunista iniziato con gli anni Trenta è un segno e una conseguenza della decadenza dell’umanesimo secolare: ne soffriamo ancora e continueremo a soffrirne nel futuro». Nessun altro scrittore dopo Voltaire, ha avuto, probabilmente, un impatto politico pari al suo... Le fa piacere? Ci sono ancora delle cose che vorrebbe completare? «In molte occasioni ho sollecitato le potenze occidentali a evitare l’equazione tra il comunismo sovietico da una parte e dall’altra la Russia in quanto Paese e la storia russa. Ma, purtroppo, molte potenze occidentali non si sono preoccupate di fare questa distinzione. E le politiche delle potenze occidentali, anche dopo il crollo della dittatura sovietica, sono poco cambiate nella loro ferocia verso la Russia. Questo è profondamente deludente. Gli eventi in Russia partire dagli anni Novanta hanno, tuttavia, preso un corso anche peggiore. Prima che potesse esserci una ripresa nazionale, sia morale sia economica, le forze occulte hanno immediatamente acquisito una posizione di vantaggio; i ladri più privi di princìpi si sono arricchiti saccheggiando indisturbatamente le ricchezze del Paese e sedimentando il cinismo e il danno morale già perpetrati. Questa è stata una catastrofe per la Russia nel suo complesso. «Soffro molto di fronte a queste trasformazioni. Come potrei parlare di “soddisfazione”? E ora che ho 87 anni, e in più il mio stato di salute è cagionevole, non ho la forza di esercitare una vera influenza per gli anni a venire». Infine, la domanda inevitabile: come sarà il futuro della Russia? Democrazia o uno Stato autoritario sul modello cinese? «Sono molto preoccupato per il futuro della Russia. Non mi azzarderò a fare previsioni. Le sue domande riguardano più che altro l’ordine sociale. Questo è di estrema importanza, anche se l’ordine morale conserva la prevalenza. «Per quanto riguarda la sperata democratizzazione della Russia, ho presentato il mio modello già nel 1990 in un saggio intitolato La ricostruzione della Russia, un piano per una costruzione graduale di strutture democratiche, cominciando dall’autogoverno locale per finire con il governo centrale. «L’attività dell’autogoverno locale in molti paesi occidentali è un modello che invito i miei compatrioti a emulare. Il mio paradigma è diverso dal sistema partitico parlamentare che domina in Occidente. Non vedo come una cosa positiva l’esistenza di partiti politici la cui unica preoccupazione è salire al potere, la considero negativamente. La mia proposta non è stata accolta con simpatia finora. Ma anche così, preferirei una futura democrazia russa di questo tipo, piuttosto che una versione presa in prestito dall’Occidente». © Cicero e Alexander Solgenitsyn, 2006 Distribuzione The New York Times Syndicate (traduzione di Guiomar Parada) RYSZARD KAPUSCINSKI Per cancellare le tracce del crimine non occorre distruggere nulla: metà dell’Arcipelago Gulag è già sprofondata nelle paludi e nel fango Imperium 1939-1992 PAVEL A. FLORENSKIJ Vivo in uno stato di continuo torpore: è l’unico modo per sopravvivere. Giorni e settimane si susseguone sempre uguali Non dimenticatemi. Le lettere dal Gulag, 2000 Repubblica Nazionale DIARIO VENERDÌ 10 NOVEMBRE 2006 LA REPUBBLICA 55 DI DI OTTANT’ANNI FA IN URSS NASCEVANO I CAMPI Nel 1926 il lavoro forzato e la reclusione di massa divennero un sistema alla sommità del campanile del vecchio monastero Solovetsky, nella Russia settentrionale, si scorge ancora il profilo del campo di concentramento. Salendo lassù in una giornata limpida sono riuscita a vedere al di là dello spesso muro di pietra che circonda gli edifici del monastero del XV secolo, un tempo sede dell’amministrazione centrale del campo. A nord distinguevo la sagoma della chiesa in cima alla collina i cui sotterranei ospitavano le famigerate celle di punizione del campo. Al di là delle colline e dei dock si estende la vasta superficie del Mar Bianco e il resto delle isole Solovetsky: Bolshaya Muksulmana, dove un tempo i prigionieri allevavano volpi per ricavarne pellicce, Anzer, che ospitava campi speciali per invalidi, donne con bambini ed ex monaci, Zayatskie Ostrov, sede del campo punitivo femminile. Non a caso lo scrittore russo Alexander Solgenitsyn scelse di chiamare la sua storia del sistema dei campi di concentramento sovietici Arcipelago Gulag. Dopo tutto Solovetsky, primo campo specificamente ideato per i prigionieri politici, era un vero e proprio arcipelago, un carcere che crebbe espandendosi di isola in isola. Solovetsky fece anche da modello a ciò che in seguito divenne noto come gulag. Anche se Lenin e Trotsky iniziarono a costruire campi di concentramento per prigionieri politici già a partire dal 1918, fu a Solovetsky che si procedette a meccanizzare e riprogettare il campo e fu lì che la polizia segreta sovietica iniziò a sfruttare il lavoro dei prigionieri a servizio dello Stato. E lo Stato ne andava fiero. In un articolo del 1945, un pezzo grosso del Nkvd, la polizia segreta sovietica, scrisse orgoglioso che «il lavoro forzato come metodo di rieducazione» iniziò a Solovetsky nel 1926. Quest’anno cade quindi l’ottantesimo anniversario della fondazione del Gulag. L’origine del Gulag si può fare almeno in parte risalire al personaggio di Naftaly Aronovitch Frenkel, nato nel 1833 a Haifa, come risulta dalla sua scheda di prigioniero. Nel 1923 le autorità lo arrestarono per «transito illegale alla frontiera» condannandolo a dieci anni di lavoro duro a Solovetsky. Come Frenkel sia riuscito a realizzare la metamorfosi da prigioniero a comandante del campo resta un mistero. Leggenda vuole che, giunto al campo, rimase sconvolto dalla mancanza di organizzazione che vi regnava tanto da scrivere una lettera in cui indicava con precisione le pecche di ciascuna delle attività produttive del campo, che includevano la selvicultura, l’agricoltura e la fabbricazione di laterizi. A quanto sembra un amministratore inviò la lettera a Stalin che convocò Frenkel a Mosca. Sappiamo che Frenkel tentò di trasformare il campo in una fonte di profitto istituendo il famigerato sistema che destinava ai prigionieri razioni di cibo differenziate in accordo alla quantità di lavoro portato a termine, realizzando in pratica una selezione dei prigionieri in base alla capacità di sopravvivenza. Relativamente ben nutriti i prigionieri forti si rinvigorivano. Privati del cibo i prigionie- Oggi il mancato confronto con quella realtà agisce da ostacolo alla crescita civile D GULAG Il destino di chi era costretto ai campi di lavoro in un dipinto di Korolkooff Checosarestadiquellatragedia ANNE APPLEBAUM ri deboli si ammalavano o morivano. Il processo veniva accelerato dall’elevato ritmo di attività imposto. Frenkel mandava i prigionieri a costruire strade e tagliare alberi fuori dal campo. Nel giro di pochi anni I prigionieri di Solovetsky lavoravano in tutta la regione. Stalin accolse questo corso con enorme entusiasmo e promosse l’espansione del sistema dei campi anche nel momento in cui fu chiaro a tutti che si trattava di un sistema non solo crudele, ma anche antieconomico. Impose l’esecuzione di progetti impraticabili, ferrovie attraverso la tundra, gallerie fino all’i- sola di Sakhalin, molti dei quali non furono mai completati. Inviò ai campi particolari “nemici” e rifiutò personalmente le loro domande di grazia spesso con la frase «fateli continuare a lavorare». Oggi, a 80 anni di distanza, sappiamo quale fu il vero costo del sistema dei campi. Tra il 1926 e il 1953, anno della morte di Stalin, circa 18 milioni di prigionieri passarono attraverso il sistema del Gulag. Altri sei o sette milioni furono inviati al confino in località dell’estremo Nord. A milioni si ammalarono, a milioni morirono. I campi contribuirono a creare la paura e la paranoia che caratteriz- zarono la vita dell’Urss e distorsero l’economia sovietica, concentrando persone e industrie nel nord gelido e inabitabile. Considerando l’orribile ruolo giocato dai campi nella storia dell’Unione Sovietica, ci si domanda come mai in Russia il retaggio del Gulag sia un tema così scarsamente dibattuto. Perché una data come l’ottantesimo anniversario della fondazione dei campi di Solovetsky non viene ricordata? Sorgono disseminati per la Russia vari monumenti a ricordo delle vittime del Gulag, ma non esiste un monumento nazionale o un luogo di lutto. Peggio, a quindici anni dal crollo dell’Unione Sovietica è assente qualunque dibattito pubblico sul gulag. Non è stato sempre così. Negli anni ‘80, all’inizio della glasnost in Russia, le memorie dei sopravvissuti del Gulag vendettero milioni di copie. Ma negli ultimi tempi i libri di storia che contengono simili “rivelazioni” ottengono recensioni negative o passano semplicemente sotto silenzio. In un certo senso non è difficile spiegarne il motivo. In Russia, la memoria dei campi convive confusa con quella di un gran numero di altre atrocità: la guerra, la carestia e la collettivizzazione. La gente spesso mi chiede: «Perché i so- TZVETAN TODOROV “ IN UNIONE Sovietica non c’è né camera a gas né campo di sterminio. Questa differenza è significativa, anche se non basta per rendere gradevoli i campi russi. In essi, infatti, la fame, inflitta volontariamente come punizione per un lavoro giudicato insufficiente, le malattie non curate, propagate dai parassiti, il freddo delle tundre siberiane uccidono altrettanto crudelmente che il gas, anche se un po’ più lentamente… In Urss, la giustificazione dei campi è duplice: mantenere il terrore politico e fornire una manodopera gratuita e obbediente per il lavoro delle miniere, delle fabbriche o dei campi. Questa seconda funzione è essenziale, e il gulag si ritiene che svolga un ruolo capitale nell’economia sovietica. Ciò che distingue questa pratica dallo schiavismo antico è semplicemente che la vasta popolazione dell’Urss rappresenta un serbatoio inesauribile di manodopera, e di conseguenza la direzione dei campi non si prende nessuna cura dei propri schiavi: inutile nutrirli bene, vestirli il più possibile, curarli contro le malattie; se muoiono, se ne prenderanno altri. GULAG INTERNAZIONALE D’ARTE CONTEMPORANEA A TORINO 10 –12 NOVEMBRE 2006 LINGOTTO FIERE / ORE 11.00 – 20.00 THIRTEEN: FEEL CONTEMPORARY pravvissuti dei campi dovrebbero godere di un trattamento privilegiato?». C’è chi poi associa il dibattito sul gulag alle riforme economiche e politiche degli anni ‘90, giudicate un pasticcio, e si chiede dove tutto questo abbia portato. Assai più significativo è il fatto che la Russia è attualmente governata da ex funzionari del Kgb, eredi diretti degli amministratori del Gulag. In realtà il presidente Vladimir Putin spesso si definisce un Chekista, il termine infame usato per indicare gli appartenenti alla polizia politica di Lenin, precursori del Kgb. Non è nel suo interesse sottolineare il fatto che era membro di un’organizzazione criminale. Tragicamente il mancato confronto con il passato sta ostacolando la formazione della società civile russa e dello stato di diritto. Dopo tutto i capi del Gulag hanno mantenuto le loro dacie e le loro cospicue pensioni. Le vittime del Gulag sono rimaste povere ed emarginate. Agli occhi della maggioranza dei russi oggi è stata una scelta saggia collaborare in passato con il regime. Per analogia, quanto più si imbroglia e si mente, tanto più si è saggi. Alcune delle ideologie del Gulag sopravvivono in senso profondo anche nell’atteggiamento sprezzante e arrogante che la nuova élite russa ha nei confronti dei poveri e della classe media. Se i ricchi non impareranno a rispettare i diritti umani e civili dei loro connazionali la Russia è destinata a restare una terra di contadini impoveriti e di politici miliardari, uomini che conservano i loro patrimoni nei caveau delle banche svizzere e hanno i jet privati in pista, pronti al decollo. La mancata memoria del passato ha inoltre conseguenze più banali, di tipo pratico. Può servire a spiegare, ad esempio, l’insensibilità dei russi rispetto a determinate forme di censura e alla costante, opprimente presenza della polizia segreta, oggi ribattezzata Fsb. Il fatto che la Fsb possa intercettare conversazioni telefoniche ed entrare in abitazioni private senza mandato non turba più di tanto i russi. Né li turba l’inquietante orrore del loro sistema penale. Nel 1998 mi recai a visitare la prigione centrale della città di Arkhangelsk, un tempo una delle capitali del Gulag. Il carcere, risalente a epoca pre-stalinista, sembrava rimasto pressoché immutato. Le celle erano affollate e mal areate, i servizi igienici primitivi. Il responsabile del carcere si strinse nelle spalle. Era tutta questione di soldi, mi disse. I corridoi erano bui perché l’elettricità costava cara, i prigionieri restavano settimane in attesa di processo perché i giudici erano mal pagati. Non mi convinse. Se le prigioni russe hanno ancora l’aspetto che avevano all’epoca di Stalin, se i tribunali e le indagini penali sono una messinscena è in parte perché il passato non tormenta i giudici, i politici o le élite imprenditoriali russe. Ma pochissimi nella Russia di oggi sentono il passato come un fardello o un dovere. Il passato è un brutto sogno da dimenticare. Come un grande vaso di Pandora chiuso in attesa della generazione successiva. © 2006 Cicero (Distributed by The New York Times Syndicate) www.artissima.it / [email protected] Repubblica Nazionale “ VENERDÌ 10 NOVEMBRE 2006 LA REPUBBLICA 57 IL GRANDE TERRORE 1937-38 Con gli arresti di massa e i processi farsa, l’epurazione colpisce anche figure di primo piano, come Jagoda o Berzin. A partire dal 1937 molti Gulag si trasformano in campi di sterminio LA DENUNCIA 1954-1960 Morto Stalin (1953), inizia il rilascio dei prigionieri politici. Ma la riabilitazione di massa si avrà con il Discorso al XX Congresso del Pcus di Krusciov nel 1956 e con la denuncia dei crimini staliniani OGGI La giornata del Memento Gulag 2006, per la memoria delle vittime del comunismo, è stata ques’anno organizzata in Francia e dedicata alle vicende ungheresi del 1956 PERCHÉ NEL REGIME DI PUTIN NON SI FANNO I CONTI CON LA STORIA NELLE SCUOLE IN RUSSIA DOVE LA MEMORIA TACE JURIJ SAMODUROV a Russia esiste e vive in una strana situazione perché non capisce che cosa le è accaduto. Solo cinque anni fa noi (non la maggioranza del popolo, però in parecchi) pensavamo che nel 1991, nel nostro Paese, si fosse verificata una rivoluzione democratica. Più tardi si pensava che essa non fosse riuscita. Ora abbiamo il dubbio che gli avvenimenti del 1991 non siano stati affatto una rivoluzione democratica. Ancora più rapidamente, negli ultimi quindici anni, sono cambiate le idee del popolo russo sul periodo sovietico della nostra storia. Tutto questo ha lasciato un’impronta inconfondibile sull’insegnamento e nello studio della storia dell’epoca sovietica. Nelle scuole dell’obbligo russe, ad esempio, la tragedia umana e politica del Gulag, non esiste. Nei manuali scolastici di oggi non c’è alcun giudizio chiaro sulla società e sullo Stato sovietici. Non vengono nemmeno descritti, non se ne parla: non è chiaro quando emergeranno le prime riflessioni e come saranno le considerazioni di uso generale. Non essendo un insegnante, parlo da esterno: ma il mio parere è abbastanza fondato. È fondato soprattutto sulla mia esperienza di lavoro nella giuria del concorso per maestri di scuola, intitolato “Lezione sul tema: storia delle repressioni politiche e resistenza alla libertà negata nell’Urss”, promosso dal Museo e Centro civile “Andrej Sakharov”. Il concorso si tiene da quattro anni e vi partecipano 250 maestri di 25 regioni del nostro Paese. Il Centro Sakharov ha promosso e organizzato questo concorso perché in Russia il tema del Gulag e delle repressioni politiche viene ancora sistematicamente nascosto e praticamente non è analizzato. Basta dire che anche nei programmi scolastici delle superiori, approvati dal ministero dell’Istruzione, a questo tema non riservano più di due ore, mentre nei manuali raccomandati dallo stesso ministero gli si dedicano un paio di generiche paginette. Come membro della giuria ho visto circa 150 video delle lezioni e posso dire che la maggioranza dei maestri si limita ai racconti di repressioni nell’epoca sovietica le cui vittime furono certe persone, certi gruppi di popolazione e certi strati sociali. In sostanza basano il loro insegnamento sullo studio di documenti che elencano cifre ed episodi del fenomeno e fanno capire agli allievi che le repressioni furono una cosa crudele e disumana. Pochissime però sono state le lezioni in cui è stato posto e analizzato il problema principale: se le repressioni, il sistema del Gulag, fossero legali secondo la Costituzione Sovietica. Nessuna analisi, invece, sull’attività delle strutture del potere di Stato nell’Urss, sulla loro responsabilità giuridica e storica per le repressioni politiche. Nemmeno iniziata, in Russia, una riflessione sulle conseguenze storiche e sugli effetti di lunga durata L GUSTAV HERLING In certi campi c’era un giorno di riposo ogni tre o quattro settimane: nell’anno e mezzo trascorso a Ercevo, ne avemmo solo dieci Un mondo a parte 1951 IOSIF BRODSKIJ Solo coloro che non tornavano dal Gulag potevano dirsi intransigenti: quelli che tornavano erano malleabili come gli altri Fuga da Bisanzio 1986 ‘‘ ,, Un mese fa un eminente dirigente si è rivolto ai maestri di Mosca con una lezione su ciò che nel nuovo anno scolastico è prioritario nell’insegnamento del sistema del Gulag. Tali domande i docenti russi ancora non le pongono e non le fanno discutere. Nonostante il concorso si svolga sotto il patrocinio dell’Istituto dell’Istruzione aperta di Mosca, dell’Accademia russa per l’aggiornamento professionale dei lavoratori dell’istruzione pubblica, e in collaborazione con una serie di direzioni regionali dell’Istruzione, l’atteggiamento al tema del concorso, da parte dei presidi e della maggioranza degli insegnanti, è più che ansioso. Alcuni maestri, soprattutto quelli che vengono dalla Siberia, GLI AUTORI DIARI ONLINE Il Sillabario di Todorovè tratto da Memoria del male, tentazione del bene. Anne Applebaum ha vinto il Pulitzer con Gulag. Jurij Samodurov dirige il Museo “Andrej Sakharov” di Mosca. Il Nobel Alexander Solgenitsyn è l’autore di Arcipelago Gulag. Daniel Kehlmann ha scritto La misura del mondo. Tutti i numeri del “Diario” di Repubblica sono consultabili su Internet sul sito www.repubblica.it, direttamente dalla homepage, al menu supplementi. Qui i lettori possono trovare le pagine complete, comprensive delle illustrazioni, di questo strumento di approfondimento. mi hanno chiesto senza equivoci di mimetizzare in qualche modo l’argomento Gulag, eliminando ogni accenno alle repressioni. Sostengono che la schiavitù comunista, le repressioni politiche e la resistenza alla mancata libertà nell’Urss, scatenino le reazioni negative e l’ostilità dei loro colleghi e dei presidi. È una cosa che non sorprende, vista la situazione politica attuale in Russia. Un mese fa un eminente dirigente del sistema di aggiornamento professionale degli insegnanti si è rivolto ai maestri di Mosca con una lezione su ciò che nel nuovo anno scolastico deve diventare prioritario per i docenti di storia. Ha concluso che l’essenziale è insegnare ai giovani il patriottismo, basandosi sui modelli positivi della storia dell’Urss. Alla lezione era presente un’addetta al nostro museo. Lei ci ha poi raccontato che cosa intendeva quel dirigente: i progressi nella creazione e nella difesa dello Stato sovietico, la vittoria nella Grande Guerra patriottica e l’eroismo in guerra, i progressi nello sviluppo dell’industria, della scienza e della cultura, il lavoro pieno di abnegazione di ingegneri, operai, scienziati dirigenti industriali, maestri, medici, eccetera. Ignorato l’altro genere di patriottismo civile: gli aiuti agli affamati nella regione del Volga; la solidarietà durante la carestia criminale in Ucraina; la lotta per la sopravvivenza e la conservazione della dignità umana durante gli interrogatori nelle carceri, nei lager e nell’esilio; il sostegno altruistico ai compagni di reclusione; l’eroismo nel corso delle ribellioni e degli scioperi nel Gulag; la lotta eroica dei dissidenti contro il regime sovietico. Tutto ciò, ossia la resistenza umana al sistema Gulag sotto l’Urss, non è stato citato come un modello di comportamento patriottico. Non si è raccomandato di studiare e di parlare di tali storie nelle scuole. Il grande limite delle lezioni di storia, così come la insegnano oggi nelle scuole dell’obbligo russe, è che fra gli insegnanti ci sono molti specialisti entusiasti dell’elaborazione dei programmi, ma nessuno disposto a fornire una risposta alla domanda fondamentale del presente pedagogico: che cosa i giovani russi devono sapere, e perché, sui crimini contro l’umanità del regime sovietico? In sostanza questo problema non è stato ancora affrontato. Ma senza aver elaborato risposte concrete al “buco nero” del Gulag, la società russa non può aspettarsi progressi nell’insegnamento e nello studio della storia sovietica. Personalmente, credo che i giovani del mio Paese debbano sapere in che cosa consistevano i crimini contro l’umanità dello Stato e della società sovietica. Solo così possono diventare sostenitori consapevoli e convinti della creazione in Russia di uno Stato democratico fondato sul diritto. Ed essere nemici, responsabili e decisi, del nuovo autoritarismo. I LIBRI AA.VV. Gulag. Storia e memoria Feltrinelli 2004 AA.VV. Storie di uomini giusti nel Gulag Bruno Mondadori 2004 GUSTAW HERLING Un mondo a parte Feltrinelli 2003 NINA LUGOVSKAJA Il diario di Nina Frassinelli 2004 LEV RAZGON La nuda verità L’Ancora del Mediterraneo 2004 ETTORE MO Gulag e altri inferni Bur 2003 OLGA ADAMOVASLIOZBERG Il mio cammino Le Lettere 2003 JOEL KOTEK, PIERRE RIGOULOT Il secolo dei campi Mondadori 2001 ROBERT CONQUEST Il grande terrore Bur 1999 ANDRZEJ J. KAMINSKI I campi di concentramento dal 1896 a oggi Bollati Boringhieri 1997 EVGENIJA GINZBURG Viaggio nella vertigine Mondadori 1979 Repubblica Nazionale