...

C`è del marcio NELLA CELLA

by user

on
Category: Documents
27

views

Report

Comments

Transcript

C`è del marcio NELLA CELLA
XXXXXX Xxxxxxxx
C’è del marcio
NELLA CELLA
Le perdite di frutti incidono pesantemente sulla
filiera peschicola italiana. Alcuni prodotti possono
ridurre i danni da patogeni
R
accogliere frutta sana non basta.
Specialmente quando si parli di
pesche. La delicatezza di questi frutti è dovuta sia alla scarsa
turgidità dei tessuti della drupa, fattore che
la rende molto suscettibile anche al benché
minimo urto, sia al contenuto zuccherino
elevato che rappresenta una golosa fonte di
approvvigionamento di carboidrati per i funghi parassiti che attendono le pesche nelle
celle di frigoconservazione. Proprio per questi
motivi le pesche sono raccolte quando ancora
non hanno raggiunto il perfetto grado di maturazione in quanto, in caso contrario, sulle tavole degli Italiani ne arriverebbero ben poche.
Assaporare il gusto di una pesca davvero matura è quindi un privilegio che può permettersi
solo chi le produce, mentre il consumatore che
le acquista in un supermercato deve patire le
logiche di filiera, comprando frutti che al momento dello stacco avevano ancora molto da
estrarre dal sole e dal terreno. A nulla serve
peraltro rivolgersi alla frutta di tipo biologico in
quanto pure quella deve soggiacere alle medesima catena di trasporto, lo stesso fattore che
condiziona anche gli aspetti squisitamente organolettici delle pesche. Nelle ultime due o tre
settimane prima della raccolta, si gioca infatti
una partita tesa a garantire la sopravvivenza
dei frutti quando si chiudono alle loro spalle
le porte dei magazzini basata su trattamenti
di pre-raccolta la cui efficacia si aggira intorno
al 75 per cento. In assenza, le perdite di stoccaggio possono superare anche il 50 per cento
mentre facendo ricorso a specifici programmi
di difesa si possono contenere le stesse perdite
luglio/agosto 2012
LA DIFESA IN PRIMAVERA
Per quanto la fase di pre-raccolta sia di gran lunga la più strategica e
delicata, non si deve però dimenticare che le monilie, le muffe delle
drupacee, fanno la loro comparsa in campo fin dalla fase della fioritura,
nel caso del pesco, in marzo. L’inoculo è generalmente conservato nei
frutti mummificati caduti al suolo nell’anno precedente e da questi può
diffondere nei frutteti alla prima pioggia utile. La gara è quindi molto lunga
e richiede una visione d’insieme tale da non lasciare punti deboli né a
livello di efficacia, né di residui, né di strategie antiresistenza. La difesa va
quindi improntata alternando prodotti a differente meccanismo d’azione.
Un’apertura con captano, per esempio, permette anche di controllare la
Bolla, altra patologia che prende piede proprio all’inizio del ciclo colturale.
Peraltro, captano è uno strumento molto utile per le cosiddette applicazioni
“al bruno”, da effettuarsi cioè in autunno dopo la raccolta. In tal modo
si riduce notevolmente l’inoculo dei patogeni per la stagione successiva.
Captano, per contro, può essere impiegato solo fino alla fase di caduta
petali. Per questo è meglio sfruttarne subito le caratteristiche e poi
passare ad altre soluzioni. Nel corso della primavera possono quindi essere
utilizzati in alternanza fra loro prodotti a base di dodina, tiofanate metile e
di triazoli. Questa ultima famiglia di prodotti conta soprattutto su tre alfieri
di buona efficacia, come difenoconazolo, tebuconazolo e fenbuconazolo.
Una valida alternativa a captano a cavallo della fioritura appare comunque
la miscela di cyprodinil più fludioxonil. Posizionato con una applicazione a
inizio fioritura seguita da un’altra a caduta petali, questa miscela assicura
una partenza pulita della coltura. Indipendentemente dalle scelte dei
tecnici di campo, il filo conduttore dei programmi di difesa deve però
essere sempre la sostenibilità dei medesimi. Buona norma, cioè, è quella
di non utilizzare mai più di due volte di seguito le medesime sostanze
attive, come pure risulta indispensabile alternare i prodotti in modo da
consegnare il raccolto ai trattamenti di chiusura già con un elevato livello
sanitario e un profilo di residui ottimale.
entro il dieci. Soluzioni tra le più efficaci nella
fase di pre-raccolta si dimostrano le miscele
di trifloxystrobin più tebuconazolo e di boscalid più pyraclostrobin. Entrambe miscele che
contano sull’azione di due differenti sostanze
attive e possono essere utilizzate rispettivamente fino a sette e a tre giorni dalla raccolta.
A favore della seconda gioca quindi il minor
tempo di carenza, come pure un’efficacia eccellente contro Monilia fructicola. A sfavore
di entrambe gioca invece la Gdo, la quale richiede pesche con non più di quattro sostanze
attive reperite all’analisi finale. Questo limite
potrebbe addirittura scendere a tre, causando seri problemi tecnici in campo. Ecco perché
l’abbinamento di due sostanze attive in un solo
formulato non gioca a favore di queste politiche di filiera. Al contrario, i formulati a base di
fenhexamid di sostanze attive ne contengono
una sola. Fenhexamid è un fungicida di coper-
tura che agisce per contatto contro Botrytis e
Monilia, mostrando tre soli giorni di intervallo
di sicurezza. Ciò la mette quindi in grado di assicurare un elevato grado di protezione anche
nella fase di post-raccolta, riducendo il numero
di residui all’analisi. A competere con fenhexamid in tal senso sono i formulati basati sul
solo boscalid, il quale però è sconsigliabile se
in precedenza è già stata applicata la miscela che lo presenta abbinato a pyraclostrobin.
Va infine ricordato come i programmi possano
variare anno dopo anno. Se quindi in una stagione si è applicata la miscela di trifloxystrobin
più tebuconazolo seguita da boscalid, l’anno
successivo è magari suggeribile la miscela di
boscalid più pyraclostrobin seguita nelle ultime
applicazioni da fenhexamid. A parità di efficacia complessiva, questo approccio pluriennale
gioca a favore sia del profilo residuale, sia delle
più prudenti strategie antiresistenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MUFFE SEMPRE IN AGGUATO
Forse i consumatori che abitano in città non sanno come si chiamano, ma
di sicuro sanno come sono fatte. Le patologie che causano repellenti muffe
sulle pesche portano soprattutto il nome di Monilia. Di questo genere di funghi esistono poi diverse specie, ognuna con muffe caratteristiche. Monilia
fructicola produce un imbrunimento dei tessuti dei frutti, i quali vengono
poi ricoperti in modo omogeneo da una muffa di color grigio. Differente
Monilia laxa, le cui muffe grigio chiaro sono punteggiate da aree più biancastre. Infine Monilia fructigena, la quale genera un caratteristico marciume a
circoli concentrici. Quest’ultima è più tipica del melo, ma recentemente si è
mostrata in crescita anche su pesco. Altre patologie che affliggono le pesche
in post-raccolta sono infine Botrytis cinerea, Colletotrichum spp., Penicillium expansum, Rhizopus nigricans.
73
Fly UP