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02 frontespizio - Richard e Piggle

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02 frontespizio - Richard e Piggle
C. Cirnigliaro, G. Terziani: L’uso della fantasticheria 73
L’uso della fantasticheria come modalità
difensiva nel passaggio dalla latenza
alla pubertà
CRISTINA CIRNIGLIARO, GABRIELE TERZIANI
In questo lavoro vorremmo descrivere un particolare uso della fantasticheria, come modalità difensiva per proteggersi dall’insorgere delle angosce
specifiche dello sviluppo puberale. La fantasticheria, infatti, già attiva in età
di latenza, assume un diverso valore in pubertà e subisce una variazione di
utilizzo, per così dire “in corso d’opera”, tentando l’evitamento di quel lavoro
psichico che Gutton (2000) definisce “il pubertario”. In primo luogo, cercheremo di dare una breve definizione teorica della fantasticheria così come
viene intesa da Winnicott (1935, 1971), collocandola nello scenario teorico
dei concetti di fantasia (Freud 1907, 1911) e fantasia inconscia (Isaacs 1948).
Tratteremo della fantasticheria in un’ottica evolutiva e presenteremo,
quindi, due situazioni cliniche. Ci limiteremo ad evidenziare le caratteristiche salienti utili a differenziare la fantasia e la fantasia inconscia dalla fantasticheria.
Il concetto di “fantasia”, in Freud, è molto vasto e si articola in vari
aspetti. Sinteticamente la fantasia è un prodotto dell’immaginazione, al
quale è delegata la soddisfazione delle pulsioni; una forma di pensiero subordinata al principio del piacere, che si forma allorquando l’Io è in grado di
organizzare contenuti mentali finalizzati al soddisfacimento delle pulsioni.
Le fantasie possono essere consce o inconsce, e presentano numerosi punti
di contatto con il sogno (Freud 1911). Il concetto di fantasia viene esteso successivamente dai kleiniani, che parlano di fantasia inconscia, considerata
come “il corollario mentale, il rappresentante psichico dell’istinto; non vi è
impulso, né bisogno o soddisfazione istintuale che non sia sperimentato
come fantasia inconscia” (Isaacs 1948, p. 152). Ogni desiderio viene espresso
nella mente del bambino attraverso fantasie, che indicano all’impulso sia la
direzione che lo scopo; se, ad esempio, il bambino desidera il seno materno,
tale desiderio si esprime attraverso la fantasia di succhiare il seno. Come
scrive la Isaacs, “una fantasia esprime il contenuto che è proprio delle spinte
istintuali o dei sentimenti” (Ibid. p. 153). È importante sottolineare che, parlando della fantasticheria, Winnicott prende le mosse dallo sfondo teorico
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descritto. In “Gioco e realtà”, egli distingue la fantasticheria dal sogno e
dalla fantasia, definendola “un fenomeno isolato, che assorbe energia ma che
non contribuisce né al sogno né alla vita reale” (Winnicott 1971, p. 62). Una
differenza significativa di questo fenomeno, rispetto al sogno, alla fantasia
e alla vita reale, è la presenza di uno stato mentale più o meno dissociato.
La fantasticheria appare, infatti, come un’attività mentale difensiva, prodotta in uno stato di ritiro dalla realtà, esterna ed interna, che, pur utilizzando una considerevole quantità di energia psichica, non genera alcuna
forma di pensiero efficace. In questo senso, Winnicott stesso afferma: “È
impossibile per me dare interpretazioni significative del fantasticare” (Winnicott 1971, p. 75). Infatti, il fantasticare non presenta contenuti simbolici,
a differenza della fantasia e del sogno, che, come rappresentanti psichici
delle pulsioni, ne sono intrisi. La fantasticheria si presenta, quindi, come
un’attività mentale fortemente concreta, che interferisce con la vita reale e
con l’azione, ma ancora di più con il mondo interno, con la vita psichica,
togliendole energie, e congelandola quasi in uno “stato di animazione
sospesa”.
Un’altra importante caratteristica della fantasticheria, è il suo carattere di difesa onnipotente. Nello scritto del 1935, “La difesa maniacale”, dove
Winnicott parla delle difese maniacali dall’angoscia depressiva, leggiamo:
“La fantasia fa parte dello sforzo compiuto dall’individuo per affrontare la
realtà interna. Si può dire che fantasia e sogni ad occhi aperti sono manipolazioni onnipotenti della realtà esterna. Il controllo onnipotente della realtà
implica il fantasticare sulla realtà” (Winnicott 1935, p. 158). Quello che Winnicott sembra voler dire è che la fantasticheria viene utilizzata per proteggersi dall’accettazione di una realtà interna angosciante, attraverso una
manipolazione della realtà esterna, che presta vari contenuti trasformati
nei sogni ad occhi aperti. Questa manipolazione onnipotente mostra un
carattere di forte inaccessibilità, rendendo tali contenuti mentali inadatti
all’utilizzo, sia per il mondo interno che per la realtà esterna. La fantasticheria si mostra impermeabile agli interventi interpretativi, assumendo la
funzione di difesa maniacale, come evidenzieremo attraverso i casi clinici.
Un paziente che utilizza la fantasticheria, infatti, si sottrae alla relazione e
si mostra ritirato nelle sue fantasie ad occhi aperti, che possono riempire in
maniera maniacale e onnipotente tutto lo spazio della seduta. I contenuti di
queste fantasticherie possono variare; tuttavia, quello che permane è un
carattere di immodificabilità ed inaccessibilità. La mente del paziente, e di
conseguenza quella dell’analista, sembra “girare a vuoto”, come un motore
in folle, impiegando molta energia psichica, e generando inoltre, a livello
controtransferale, proprio quelle sensazioni di noia e di vuoto che il paziente
tenta di evitare.
Da un punto di vista evolutivo, la fantasticheria sembra essere predominante nella latenza. L’Io dei bambini, in tale fase, cercando di favorire la rimozione degli aspetti pulsionali, tende ad aggrapparsi fortemente
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alla realtà, che spesso viene utilizzata in termini difensivi. In questo
senso, una forte manipolazione della realtà esterna, come fuga da un
mondo interno minaccioso, sembra essere una difesa elettiva di questa
fase. I caratteri di onnipotenza ed immodificabilità, che abbiamo evidenziato, ben si prestano, infatti, a proteggere il bambino da un perturbante
ritorno del rimosso. Tuttavia, lo sviluppo puberale mette in crisi tale
assetto. La pubertà rende necessario l’avvio di un nuovo lavoro psichico,
definito da Gutton il “pubertario”, finalizzato ad integrare psichicamente
lo sviluppo del corpo. Egli scrive: “Il bambino è passivo, sedotto, tenero;
nella scena pubertaria, diventa attivo, potenzialmente seduttore, fonte di
passione. La dialettica fra narcisismo e pulsionalità diventa quella fra passività ed attività” (Gutton 2000, p. 51). Il raggiungimento della maturità
fisica pone, infatti, in primo piano il problema dell’integrazione dei desideri pulsionali, divenuti attualizzabili, dell’incesto, dell’essere attivo all’esterno del proprio nucleo familiare, del lutto degli aspetti infantili e degli
oggetti arcaici. In questa fase di passaggio dalla latenza alla pubertà, i
compiti evolutivi sono tanti e spesso soverchianti per il bambino. La perdita di uno stato interno ed esterno, conosciuto e sicuro, con il contemporaneo farsi avanti di una situazione nuova, sconosciuta, angosciante e difficilmente integrabile, pone il bambino in un forte conflitto, e richiede un
lavoro psichico di enorme portata, che coinvolge fino alle radici dell’identità stessa del soggetto. In quest’epoca di cambiamenti, la difesa della fantasticheria, utilizzata finora per mantenere la rimozione, può assumere un
carattere difensivo differente, e venire usata come un “ansiolitico” rispetto
all’insorgenza delle tematiche relative alla pubertà. Il bambino utilizza il
fantasticare come processo che blocca lo sviluppo, prolungando la latenza,
attraverso un’onnipotenza di pensiero che dà l’illusione dell’attività. Il
pubertario viene ostacolato, la latenza prolungata e lo sviluppo mantenuto
in stand by grazie alla fantasticheria, che viene adattata ai nuovi compiti
difensivi.
I due casi che seguono illustreranno tale prolungamento della latenza
attraverso l’utilizzo della fantasticheria.
Giorgio1
Giorgio è un ragazzo di 14 anni in terapia bisettimanale da un anno e
tre mesi, all’interno di un contesto istituzionale. Egli viene segnalato ini-
1
Caso seguito da Gabriele Terziani.
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zialmente per difficoltà scolastiche e dislessia ma in seguito emerge un quadro più complesso, dominato da un forte sfondo depressivo. Viene descritto
come passivo, apatico, dipendente dalla madre, con difficoltà interpersonali,
poco inserito fra i coetanei. In seduta appare oscillare fra un atteggiamento
di costante apatia e noia, che manifesta sbadigliando e dichiarando una non
ben definita stanchezza generalizzata, e un altro di forte onnipotenza in cui
proclama i suoi vari, presunti, successi sportivi e le sue capacità intellettive.
Attraverso queste modalità, egli appare inaccessibile ad ogni intervento
interpretativo, ogni cosa che gli dico, se non inglobata in un’ottica di conferma alla sua onnipotenza, sembra scivolare via senza lasciare alcuna traccia. Nel corso degli incontri, si delinea, con sempre maggiore chiarezza, un
utilizzo della fantasticheria che ha come oggetto le avventure di vari videogiochi prevalentemente cruenti, in particolare GTA Sant’Andreas, dove un
personaggio deve compiere varie missioni criminose muovendosi sullo
sfondo di una città violenta, combattendo contro bande di delinquenti e poliziotti, con ogni sorta di armi da fuoco e illimitate possibilità. Giorgio sembra identificarsi completamente con questo personaggio, descrivendo le
avventure che vive in prima persona. Più precisamente, il fantasticare su
questi videogiochi sembra permettere a Giorgio di arginare l’angoscia derivata dall’elaborazione degli aspetti puberali, che implica un viversi separato
dalla madre, con la quale sembra vivere un rapporto fusionale. La madre,
depressa, sembra aver investito molto su questo figlio, a fronte di un marito
impegnato all’esterno e che non sembra capace di investire sulla famiglia.
Il disturbo di apprendimento di Giorgio, la dislessia, sembra proprio aver
catalizzato questi aspetti fusionali, laddove la madre, insegnante, ha molto
investito, fin da quando il ragazzo era piccolo, sull’apprendimento. Tale
investimento sullo studio sembra porsi come un risarcimento narcisistico di
Giorgio nei confronti della madre, risarcimento continuamente frustrato
proprio in virtù della dislessia che, inoltre, viene diagnosticata relativamente tardi. A Giorgio, poi, sembra mancare un padre verso cui rivolgersi
ed attraverso il quale operare una sana identificazione secondaria. La
spinta della pubertà si risolve per lui in un elastico, che ininterrottamente
lo rimanda verso l’infantile, verso un rapporto fusionale, attraverso una
continua autocastrazione. Le eccitazioni connesse alla pubertà, infatti, sono
vissute come fortemente minacciose verso le parti infantili, come sembra
emergere da questo stralcio della 28^ seduta, dove Giorgio parla di fumetti
giapponesi, i Manga:
Mi chiede se a me piacciono i Manga, rispondo che non li conosco, lui dice
che preferisce quelli ai fumetti italiani, anche se da piccolo leggeva Topolino. Sempre parlando dei Manga, dice che gli piacciono quelli di azione,
e che certe volte sono violenti. Suggerisco che, oltre alla violenza, in quei
fumetti a volte ci sono anche altre cose, alludendo agli aspetti sessuali di
certi fumetti. Capisce subito e dice che una volta ne ha comprato uno che
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poi ha scoperto essere un po’ osé, con scene di nudo, “come dico io”.
Aggiunge, comunque, che anche in altri che ha ci sono scene come quelle,
e che li deve nascondere, in modo che il fratellino e la sorellina non li
vedano. Aggiungo “Anche i tuoi?”, mi dice di sì, dice che loro sanno che li
compra ma non li hanno mai visti, e di quello più osé in particolare non
sanno nulla, è un segreto. […] Mi dice che, comunque, lui non si scandalizza di nulla, racconta che una volta, quando era alle elementari, ne ha
fatto vedere uno ad un suo compagno di classe, che è rimasto scandalizzato per tutto il giorno. Dico che alle elementari erano più bambini, lui
risponde “lui era bambino”. Aggiungo che è normale che alla sua età
abbia interesse per quelle cose, è un altro aspetto del crescere. Mi dice,
poi, che spesso ricopia i disegni dei Manga, quelli di azione, e anche quelli
un po’ osé.
La sessualità e la violenza vengono vissute come una minaccia per le
parti infantili, rappresentati dal fratellino, dalla sorellina e dal compagno
delle elementari, e Giorgio è impegnato ad integrare questi aspetti, a trovare una via che gli permetta di viverli attenuandone la minacciosità ed il
pericolo. L’integrazione di queste pulsioni, d’altronde, coinvolge, come
abbiamo precedentemente notato, l’identità dell’adolescente, che deve ridefinire se stesso emergendo dal travaglio psichico del pubertario.
Questo sforzo di definizione identitaria mi sembra ben rappresentato da
questo materiale clinico tratto dalla 40^ seduta, vicina a Natale, dove Giorgio, trovandosi in impasse, si rifugia nella fantasticheria:
Giorgio ha portato un giornaletto pubblicitario di un centro commerciale,
pieno di giochi per tutte le età […]. Sfoglia il giornale pagina per pagina
iniziando dall’inizio, dai giochi per i più piccoli, e dice “Allora, se fossi femmina piccola mi piacerebbe questo, se fossi maschio piccolo vorrei questo,
se fossi femmina un po’ più grande questo…” e così via, fino ad arrivare alla
fine del giornale, quando dice “E ora che sono uomo voglio questo”, indicando la Play Station 2.
Dico che quello che sta facendo è interessante, e forse indica che ancora si
sente tante cose…piccolo… grande.. ed è come se dovesse ancora definire
bene se stesso, magari anche rispetto a quanto desidera […].
Riprende a parlare del suo videogioco preferito, GTA Sant’Andreas, raccontandomi che recentemente ci ha giocato di nuovo a casa dell’amico. […]
Mi racconta di un assalto ad una nave, spiegandomi, con dovizia di particolari, come si fa. “Si ruba un motoscafo, si affianca la nave, si spara sul
boccaporto, esce un marinaio che si ammazza, si entra nella nave chiudendo il boccaporto se no affonda. Si sale sul ponte, si spara impadronendosi di un cannoncino sul ponte, poi si entra dov’è il ponte di comando e,
prendendo in ostaggio il capitano della nave, si uccidono tutti i marinai. Ho
anche provato a conquistare la portaerei, ma non ce la faccio mai” […].
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58 C. Cirnigliaro, G. Terziani: L’uso della fantasticheria
In risposta ad un intervento, che mette in primo piano il tentativo e la
ricerca di trovare uno sbocco identitario, Giorgio sembra ricorrere al fantasticare sul videogioco. Identificarsi con questo personaggio violento, gli permette di mantenere un controllo onnipotente sulla propria aggressività e
sessualità adolescenziale, senza doverle mettere in gioco nella realtà.
Infatti, la fantasticheria non permette trasformazione ma cristallizza le tensioni istintuali in un ambito che le decontestualizza, tenendole sotto controllo. Le spinte pulsionali della pubertà non trovano quindi elaborazione e
il ragazzo, attraverso l’uso della fantasticheria, perpetua uno stato di blocco,
impedendo agli affetti puberali di trovare adeguate rappresentazioni.
Quando cerco di evidenziare il suo rifugiarsi nella fantasticheria, dove sembra avere possibilità illimitate, in contrasto con la vita reale, dove non sembra capace di fare alcunché, egli mi risponde “Nella vita reale ci si annoia,
non ci sono armi, inseguimenti, sparatorie; hai mai visto delle navi da
guerra, delle mitragliatrici, degli inseguimenti?”. Con queste parole Giorgio
dimostra la sua angoscia a sperimentarsi nella vita reale, che non riesce a
investire positivamente, e sente come noiosa, preferendo perpetuare il
periodo di latenza attraverso la fantasticheria. Il videogioco è utilizzato
come contenitore della pulsionalità adolescenziale, che viene isolata e
maneggiata con più facilità. L’uso della fantasticheria rappresenta, qui, una
difesa da un affetto depressivo.
È interessante notare che spesso la fantasticheria perde la sua efficacia
nel controllare la pulsionalità, che irrompe al suo interno con troppa forza.
Nella 38^ seduta Giorgio, parlando del suo videogioco preferito, dice che, scaricando dei file da Internet, c’è la possibilità di scatenare un tornado. Parla
degli effetti di questo tornado, un cumulo di macerie, macchine distrutte,
uomini morti, immedesimandosi molto nel racconto e dicendo che non userà
più un’arma simile: “Va bene distruggere case, palazzi, ma così era proprio
troppo, non è rimasto in piedi nulla”. I cambiamenti della pubertà irrompono
in lui con la violenza di un tornado, e neanche attraverso la fantasticheria
possono essere maneggiati; ciò testimonia la difficoltà per lui di integrare questi aspetti, che vive con una forza alla quale non è possibile porre un argine.
Attraverso quest’esempio si può notare come la fantasticheria non sempre si manifesti sotto forma di un monolite onnipotente e immodificabile, che
blocca la possibilità di rappresentazione degli affetti, ma presenti delle gradazioni in un continuum fra fantasia e fantasticheria, con sfumature reciproche l’una nell’altra. In una certa misura, quindi, vi è la possibilità,
almeno dal punto di vista del terapeuta se non ancora da quello del paziente,
di trovare un simbolismo nei contenuti del fantasticare, cosa tanto più evidente allorquando la difesa fallisce.
Rispetto ai rapporti fra fantasticheria, fantasia e sogno, e a come, progressivamente, questa modalità difensiva receda a favore di modalità più simboliche di trattare i contenuti della realtà interna ed esterna, mi sembra molto
interessante il seguente sogno, che Giorgio mi racconta nella 57^ seduta:
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C. Cirnigliaro, G. Terziani: L’uso della fantasticheria 59
[…] Si siede vicino al termosifone, dice che è stanco, che sta facendo sempre lo stesso sogno da una settimana e si sveglia sempre alle due di notte.
Sogna di essere con il suo amico Adriano e di essere assalito dagli zombie.
L’amico muore lanciando una granata, e lui si difende finché non viene
sopraffatto e ucciso, allora si sveglia. Chiede: “Che significa?”, rispondo che
abbiamo l’occasione di pensarci; dice che poi si riaddormenta e sogna i
numeri, aggiunge che deve mettere in uso l’acchiappasogni. Gli dico che,
però, questo sogno ci dà la possibilità di pensare varie cose, risponde: “Ma
questo non è un sogno, è un incubo”.
Il sogno raccontato riprende, come resto diurno, i contenuti di un gioco
di cui mi ha ripetutamente parlato, Resident Evil, nel quale una ragazza
combatte contro gli zombie. Il sogno tende a ricalcare la fantasticheria, l’angoscia persecutoria provata rispetto ad aspetti mortiferi interni, gli zombie,
non riesce ancora a trovare una piena espressione onirica, ma prende a prestito i contenuti della fantasticheria.
Tuttavia, pur presentando caratteristiche di concretezza, questo sogno
appare come un primo tentativo di espressione simbolica di contenuti del
mondo interno. Giorgio, adesso, usufruendo della terapia, sembra iniziare
ad attivare una funzione preconscia, che può permettergli di accedere alla
propria angoscia, finora maneggiata e cristallizzata attraverso l’uso della
fantasticheria, angoscia che finalmente emerge pienamente: “Questo non è
un sogno, è un incubo” afferma. È presente la mobilitazione di una nuova
possibilità, viene coinvolto un apparato interno, e la fantasticheria sembra
iniziare a perdere terreno rispetto alla fantasia e al sogno.
Nel corso della terapia, Giorgio abbandonerà progressivamente l’utilizzo di questo meccanismo, arrivando a non parlare quasi più dei videogiochi, ma impegnandosi in altri argomenti più strettamente collegati allo sviluppo adolescenziale. La fantasticheria verrà sempre più soppiantata dalla
fantasia e le sedute diverranno più dinamiche, i contenuti trattati sempre
più simbolici ed utilizzabili dal ragazzo per rappresentare i vari aspetti del
suo mondo interno.
Michelangelo2
Michelangelo è un ragazzo di 13 anni, in terapia a frequenza trisettimanale dall’età di 9.7 anni. Arriva alla consultazione per labilità attentiva,
2
Caso seguito da Cristina Cirnigliaro.
Richard e Piggle, 16, 1, 2008
60 C. Cirnigliaro, G. Terziani: L’uso della fantasticheria
difficoltà di concentrazione, lamentata dalle maestre, e per una certa passività: “È poco aggressivo!”, denunciata dal padre, il quale aggiunge con
fastidio che Michelangelo tende a non difendersi dagli attacchi dei coetanei.
Durante la raccolta dell’anamnesi emerge che il ragazzo dorme ancora con
i genitori, i quali non sembrano ritenere questo un problema. Il rapporto
della madre col ragazzo è molto viscerale; oltre alla difficoltà a farlo dormire nella sua stanza, vengono riferite abitudini relative all’igiene personale di Michelangelo più idonee alla prima infanzia che all’età del ragazzo.
A questa relazione madre-figlio, così simbiotica, non si contrappone una
figura paterna, tale da permettere una identificazione secondaria adeguata. Michelangelo è, di fatto, esposto al rapporto sessuale fra i genitori,
trovandosi così invischiato in una scena primaria concreta da non avere la
possibilità di simbolizzarla. In quest’ottica egli non sembra aver potuto
neanche accedere alla latenza, e appare fuso e confuso con un oggetto combinato, che presenta una forte persecutorietà. Nel gioco questo oggetto combinato viene rappresentato come una grande vagina di pongo che inghiotte,
risucchia un omino, esprimendo fantasie di una donna-madre che fagocita,
ingloba e sopraffà l’elemento maschile. Analogamente, la mente di Michelangelo appare fortemente colonizzata da contenuti alieni impensabili.
Vista l’impossibilità di mentalizzare tali esperienze, Michelangelo sembra
rifugiarsi nella fantasticheria, come ultima possibilità di fronteggiare l’angoscia derivante da questa situazione. Le sue fantasticherie si incentrano
fin da subito sopra una costellazione di personaggi con varie caratteristiche. Dopo alcune sedute, fa la sua apparizione nei disegni Batman, eroe
solitario, uomo, senza super-poteri, con strumenti molto sofisticati. Il pipistrello, suo simbolo, ma anche rappresentazione del vampiro, è spesso presente nei disegni di Michelangelo in questa fase, forse a personificare un’indifferenziazione fra il maschile e il femminile. Paura di vampirizzare o di
essere vampirizzato? Successivamente comincia ad essere sempre più
citato e rappresentato James Bond, anch’egli un eroe-uomo, con strumenti
molto sofisticati. A differenza che nelle storie di Batman, qui emerge l’elemento femminile: le Bond-Girls occupano vari ruoli, a volte sono spie, altre
volte alleate. Tuttavia non sembra esserci una reale differenziazione che
rimanda a una relazionalità; vengono piuttosto utilizzate da James Bond
in maniera narcisistica onnipotente. In un’ottica di transfert, Michelangelo
sembra chiedersi se delle donne, terapeuta-mamma, ci si possa fidare; tuttavia, ogni interpretazione relativa a questo aspetto sembra non essere da
lui recepita.
Nel corso del processo terapeutico, quella che sembrava una ricerca
identitaria attraverso l’uso di questi personaggi, si delinea sempre di più
con le caratteristiche di fantasticheria, finalizzata a difendersi da una
situazione di indifferenziazione e invischiamento. Nella 46^ seduta, ad
otto mesi di terapia, fa l’ingresso nel setting un personaggio, BB, ottenuto con alcuni tratti disegnati sopra ad un materassino presente nella
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C. Cirnigliaro, G. Terziani: L’uso della fantasticheria 61
stanza. Ciò che è singolare è che il viso sembra essere quello di una
donna e, quando lo rilevo, Michelangelo si affretta a disegnargli i baffi e
gli abiti maschili. BB, che sembra essere la concretizzazione di un
oggetto combinato (uomo-donna), sarà presente per anni ed è contro di
lui che, metaforicamente e non, io reggerò, che Michelangelo lotterà, a
volte per l’intera seduta. Questo personaggio creato dal ragazzo, e la
lotta contro di esso, esprimono un’aggressività che, agita in questa lotta
ripetitiva, si cristallizzerà impedendo qualunque interpretazione ed ogni
tentativo di appoggio nel transfert e successiva integrazione. Rispetto
alla fantasticheria che ha per oggetto James Bond, che rappresenta il
controllo e l’onnipotenza, la lotta con BB assume le caratteristiche di una
fantasticheria agita. L’aggressività espressa non riesce a dare rappresentazione agli aspetti aggressivi interni, come sembra evincersi dal
seguente stralcio della 57^ seduta, quando il ragazzo ha quasi undici
anni:
“[…] Michelangelo dice che oggi mi farà delle domande su un problema psicologico, vuole sapere se certe cose possano dare ansia, stress: “Un bambino…per es. …è Maria (la ragazzina che gli piace), ha i genitori che si
separano […], ha cambiato tre volte scuola, […] non ha amici tranne me e
qualche amica. Ha una storia d’amore con Giovanni, il bulletto, che l’ha
presa a parolacce […]. Questo può dare ansia, stress?”. Chiedo cosa ne
pensa. Dice che lei fa finta di niente, ma poi è arrabbiata. Dice che un compagno l’ha insultata ripetutamente (apostrofandola con un “Puttana,
quanto costi?”) e lei gli ha detto: “Ti odio, ti odio, ti odio!”. Dico che forse per
capire Maria possiamo cercare di vedere come avrebbe reagito lui. Dice che
avrebbe ignorato chi lo insultava…poi dentro… Commento che avrebbe
tenuto tutto dentro, come sta facendo Maria. Aggiungo: “Chissà cosa pensi
succeda se ti arrabbi?”. Dice che con BB è più facile, se dà dei cazzotti, la
maestra, invece.. […].
Michelangelo sembra provare una forte angoscia di passivizzazione
attraverso l’identificazione con l’amichetta, angoscia che si trasforma in
rabbia, la quale viene agita nella fantasticheria, attraverso la lotta con
BB, area più o meno parzialmente dissociata, di elaborazione di una
realtà che non può essere metabolizzata ed integrata nel Sé, con cui
Michelangelo non riesce a venire a patti. L’ingresso nella scuola media
contribuisce all’irruzione della pulsionalità, che Michelangelo trova difficile padroneggiare; i rapporti con le nuove compagne evocano una forte
eccitazione. I compagni sono tutti nuovi, le femmine sono definite
‘mignottone’, qualificando forse un rapporto ancora molto seduttivo
della madre. Il cosleeping diventa fonte di un’angoscia con qualità differenti, come sembra evincersi dalla 106^ seduta dopo quindici mesi di
terapia:
Richard e Piggle, 16, 1, 2008
62 C. Cirnigliaro, G. Terziani: L’uso della fantasticheria
[…] “Ho un problema con l’emozione. Mando papà a dormire nella mia
stanza ed io nel lettone”. Chiedo cosa intenda con la parola emozione,
“Della scuola…”. Dice di voler dare una buona impressione di sé. Poi lotta
e fantastica vacanze con attività onnipotenti.
Michelangelo non riesce a qualificare ancora quello che sente, utilizza
il termine emozione per indicare, forse, una crescente eccitazione di origine
puberale. In questo stato di cose la fantasticheria viene usata sempre con
maggior forza. Con l’emergere della pubertà, la pulsionalità e l’aggressività
vengono sentite da Michelangelo come estremamente minacciose, innestandosi in una situazione di caos interno. Il ragazzo, colonizzato da un oggetto
combinato causa di varie angosce, si trova non adeguatamente equipaggiato.
La fantasticheria, che prima veniva utilizzata come modalità per proteggersi dalle forti angosce fusionali, diventa adesso sempre più finalizzata a
fronteggiare l’insorgere della pubertà, che irrompe dall’interno in un’organizzazione psichica incapace di integrarla. Tali fantasticherie si presentano
sotto forma di difese molto massicce, organizzate ed estremamente concrete,
che poco spazio lasciano a forme di interpretazione e/o elaborazione. James
Bond, che rappresenta il controllo e l’onnipotenza, e BB che permette di
agire l’aggressività, regnano sovrani nelle nostre sedute, con le loro diverse
caratteristiche. Lasciare questi personaggi equivale ad un vissuto di disorganizzazione.
Michelangelo appare spaventato dall’irrompere della pubertà come
sembra esprimere nella 126^ seduta, dopo diciotto mesi di terapia, in cui cita
il film Minority Report, chiamandolo Minority Identity. Racconta la trama e
dice:
[…] “il protagonista ha le precognizioni, è il corpo che prova le cose, non il
suo cervello. È come se avesse due cervelli”. Dico che è come se il corpo
andasse un po’ per i fatti suoi, come se avesse motivi suoi, movimenti suoi,
quasi incomprensibili per la mente, indipendenti dalla mente, dal cervello.
Lotta come estraniato, lontano. Attiro la sua attenzione su quanto detto,
annuisce svagato. Lotta, poi dice: “Come in Psycho, in cui lui prima ha due
cervelli, quello suo e quello della madre, poi prevale quello della madre”.
Dico che il protagonista sente come se nella propria testa ci fosse il cervello
della madre, come fosse colonizzato da esso. Michelangelo sembra di nuovo
lontano, immerso nella lotta, lo fa con forza, io reggo BB e vuole che lo
muova molto velocemente.
È molto presente l’angoscia per un corpo che cambia e che si materializza come una realtà concreta da integrare nella mente; angoscia che si
innesta su quella preesistente di una figura materna mostruosa, che fagocita o colonizza. Michelangelo sembra trovarsi in questa fase come preso fra
due fuochi, le angosce pubertarie lo sospingono all’indietro, dove egli ritrova
Richard e Piggle, 16, 1, 2008
C. Cirnigliaro, G. Terziani: L’uso della fantasticheria 63
vissuti persecutori. In questa situazione di impasse interviene l’aggressività
agita come fantasticheria. BB è presente ad arginare, a tenere a bada le sue
angosce. Anche James Bond e le fantasie onnipotenti sono sempre presenti
concretamente in seduta.
Col passare del tempo i contenuti delle fantasticherie subiscono una graduale trasformazione: dai personaggi di BB e James Bond, Michelangelo
comincia a fantasticare utilizzando i giochi elettronici. Egli entra ed esce
dalla fantasticheria, parla come se fossimo nel gioco, come se lui concretamente compisse le azioni cruente che ne costituiscono l’oggetto. Tutto è possibile nel gioco, ci sono alcuni momenti in cui è molto difficile distinguere tra
finzione e realtà. Anche nel videogioco The Sims, in cui crea luoghi, persone,
relazioni, l’aspetto creativo sembra schiacciato da situazioni che hanno tutto
il peso di una concretezza non interpretabile, tipico della fantasticheria, come
modalità difensiva. In questi momenti, ogni tentativo di chiederci insieme
cosa avvenga nella sua mente e cosa nella realtà, è rispedito al mittente da
un muro di gomma, una campana di vetro entro la quale Michelangelo è
immerso nel suo gioco salvo, poi, chiedermi se io sia capace di ipnotizzarlo,
forse come richiesta di un intervento dall’esterno che, come con un interruttore, spenga la Play Station e attivi i canali idonei ad aiutarlo a tirare fuori
ciò che lo angoscia. Nel corso della terapia, i momenti in cui la fantasticheria
recede, aumentano progressivamente. In questi casi Michelangelo sembra
pervaso da vissuti depressivi, di vuoto; sbadigli, noia e stanchezza dilagano.
In queste occasioni egli appare più in contatto con i propri stati interni.
Conclusioni
Attraverso la presentazione di questi due casi clinici, abbiamo tentato
di illustrare l’uso della fantasticheria in una particolare fase evolutiva. Le
due situazioni cliniche presentano differenze e somiglianze, che non ci è possibile trattare in modo esaustivo. Ci limitiamo, quindi, ad indicare solo
alcuni spunti di riflessione, in particolare a proposito della differente modalità di utilizzare la fantasticheria in relazione alle diverse età.
Nel caso di Michelangelo (13 anni), l’uso della fantasticheria come
difesa propria dell’età di latenza, con l’avvento della pubertà, si modifica
progressivamente. Mentre nella fase precedente, la fantasticheria verteva
intorno ad eroi di film d’azione, che venivano rappresentati graficamente,
adesso Michelangelo sembra agire attraverso la fantasticheria stessa.
Infatti, l’ansia derivata dai cambiamenti del corpo pubere, viene scaricata
attraverso l’azione; si configura quindi una sorta di “fantasticheria agita”,
attraverso la lotta con BB.
Fantasticheria agita che, in quanto tale, si differenzia, anche per contenuti e modalità espressive, dal fantasticare di Giorgio (14 anni). Questi,
infatti, si dimostra meno creativo, non inventa niente, ma nel suo fantastiRichard e Piggle, 16, 1, 2008
64 C. Cirnigliaro, G. Terziani: L’uso della fantasticheria
care fa uso del contenuto dei videogiochi. La dimensione di aggressività e
violenza, riconducibile ai cambiamenti puberali, viene cristallizzata in contenuti già esistenti, nei quali la fantasticheria stessa non presenta evoluzioni, ma resta in qualche modo congelata.
A proposito degli aspetti tecnici, relativi al lavoro in situazioni cliniche,
nelle quali è presente un uso massiccio della fantasticheria, abbiamo riscontrato durante le sedute, vissuti simili di vuoto e di noia. L’analisi del nostro
controtransfert, partendo da tali sentimenti, ci ha portato a cogliere la difficoltà di questi pazienti a mettere in atto un processo di pensiero, necessario ad integrare psichicamente lo sviluppo del corpo (pubertario). In questo
senso, i sentimenti di vuoto e di noia sono indotti dal congelamento della
capacità di pensare. I tentativi diretti di evidenziare loro che uso facevano
di tali fantasticherie non ottenevano alcun effetto. I ragazzi si dimostravano,
quasi in maniera tangibile, inaccessibili e impermeabili a questo tipo di
interpretazioni, che si scontravano contro una sorta di muro di gomma, ed
il discorso veniva continuamente riportato sugli stessi temi. Nel corso della
terapia, si è quindi reso necessario abbandonare interventi interpretativi
diretti, come indicato da Winnicott (1971, p. 75), e trovare, all’interno della
fantasticheria, qualche elemento di trasformazione che potesse essere utilizzato e rimandato, per creare dall’interno un effetto di scardinamento della
rigidità di questa difesa. L’attenuazione della modalità difensiva, ha progressivamente permesso il riavviarsi della capacità di elaborazione dei cambiamenti puberali e, quindi, dell’intero processo evolutivo.
Riassunto
Gli autori esplorano dal punto di vista teorico e clinico il fenomeno dell’uso della
fantasticheria, come modalità difensiva, finalizzata a proteggersi dall’insorgere delle
angosce specifiche dello sviluppo puberale. La fantasticheria, infatti, già attiva in età
di latenza, può assumere un diverso valore in pubertà, subendo una variazione nel
suo utilizzo al fine di evitare il lavoro psichico proprio di questa fase evolutiva (pubertario). Dopo una breve definizione teorica della fantasticheria come intesa da Winnicott, gli autori ne trattano l’utilizzo difensivo in un’ottica evolutiva, attraverso la
presentazione di due casi clinici.
Parole chiave: Fantasticheria, pubertà, difesa maniacale, fantasia.
Bibliografia
Freud S (1907). Il poeta e la fantasia. OSF:5. Torino: Boringhieri, 1989.
Freud S (1911). Precisazioni sui due principi dell’accadere psichico. OSF:5. Torino: Boringhieri,
1989.
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Isaacs S (1948). Natura e funzione della fantasia. Richard e Piggle, 3, 2.
Winnicott DW (1935). La difesa maniacale. In: DW Winnicott (1958) Dalla pediatria alla psicoanalisi. Firenze: Martinelli, 1991.
Winnicott DW (1971). Gioco e realtà. Trad. it., Roma: Armando, 1997.
Cristina Cirnigliaro, psicologa, psicoterapeuta ASNE SIPsIA.
Indirizzo per la corrispondenza/Address for correspondence:
Via Giovanni Da Procida, 18
00162 Roma
E-mail: [email protected]
Gabriele Terziani, psicologo, psicoterapeuta ASNE SIPsIA.
Indirizzo per la corrispondenza/Address for correspondence:
Via Anglona, 16
00183 Roma
E-mail: [email protected]
Richard e Piggle, 16, 1, 2008
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