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Il fragile battello della mia vita

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Il fragile battello della mia vita
PREMESSA
Abbiamo proposto un progetto di attività laboratoriali con il preciso
obiettivo di creare occasioni di incontro, racconto e aggregazione
mediate dall'arte teatrale.
Da anni lavoriamo in teatro, e da anni sperimentiamo e riscontriamo
il valore aggregativo, creativo e sociale dell’arte drammatica.
Essere parte di un gruppo che condivide momenti di messa in gioco,
di scambio e confronto, è un'occasione importante per (ri)trovare un
senso di appartenenza e per liberare la propria energia creativa. A
volte si sperimenta la possibilità di aprire una porta su un territorio
sconosciuto che ci conduce a scoprire inaspettate qualità espressive, altre volte invece è la reale occasione di ridare vita a passioni e
capacità assopite e messe da parte.
Nello specifico abbiamo proposto un laboratorio teatrale rivolto ad un
particolare gruppo di donne del territorio di Baggio: le donne immigrate da vari paesi del mondo (Egitto, Nigeria, Marocco...) che
frequentano la scuola di italiano per stranieri organizzata dall'Associazione Dimensioni Diverse.
Il tema del laboratorio teatrale è stato la Memoria, in tutte le sue
accezioni: memoria personale, memoria storica, memoria geografica
etc.
ATTIVITA' LABORATORIALE
Il laboratorio è partito da un vero e proprio lavoro teatrale sul corpo e
sulla voce.
Il lavoro ha cercato di indagare i principali elementi dell’azione
teatrale: la presenza scenica, il tempo e lo spazio, il rapporto con
l’altro, l’inscindibile binomio “corpo-voce”, unico vero strumento
dell’attore.
TEATRO significa muoversi alla scoperta di se stessi e dell'altro,
riappropriandosi di emozioni e sensazioni, ri-scoprendo qualità e
risorse spesso presenti ma nascoste o poco valorizzate.
La voce è lo strumento musicale del nostro corpo. Nella voce tutto è
manifesto: la paura, la commozione, la bugia, la gioia; non c’è emozione che non trapeli dal modo in cui si parla, si urla o si sussurra.
Sono insite in ogni voce, dal timbro più o meno brillante, dal colore
più chiaro o più scuro, dalle doti più o meno estese, infinite possibilità
espressive.
Parallelamente a questo percorso si è svolto un lavoro di raccolta e
riscrittura delle storie di vita delle partecipanti: partendo dalla memoria personale e dai racconti di ogni donna si è cercato di scrivere un
vero e proprio racconto che rappresentasse il crogiolo di memorie
delle vite delle partecipanti.
Ogni donna è stata libera di partecipare al progetto con molti o pochi
ricordi, con poche o nessuna parola; per fortuna il teatro dà la possibilità di usare molti linguaggi espressivi: non solo quello verbale, ma
anche quello fisico, quello vocale, quello del canto, e questo ha dato
la possibilità a tutte di dare il proprio contributo.
Abbiamo scelto di lavorare con le donne immigrate che spesso non
padroneggiano ancora la lingua italiana, questo dato di fatto ci è
sembrato una ricchezza e non un ostacolo: infatti i suoni delle lingue
lontane e diverse unite alla naturale musicalità della lingua italiana
hanno creato delle sinergie interessanti.
IL CORO
Il territorio drammatico in cui abbiamo scelto di muoverci per questo
laboratorio è quello della tragedia e quindi abbiamo utilizzato nel
lavoro la struttura scenica del coro.
Questo per due motivi: uno perché il coro protegge, non si è da soli
in scena ma si è parte di un gruppo, due perché in un coro gli attori
scoprono davvero cosa significhi “essere legati” insieme e ad uno
spazio.
Questo ci è parso importante sia perché abbiamo lavorato con
persone che non sono attori , sia perché il fine ultimo di questo laboratorio è stato quello di creare un legame con la comunità sia territoriale che sociale nella quale viviamo.
LE DONNE E LA MEMORIA
La categorie di donne che abbiamo coinvolto è parte debole della
società: le donne immigrate spesso hanno alle spalle una cultura che
non le valorizza e le “nasconde”.
Le donne inoltre hanno spesso un vissuto intimo e personale che
fanno fatica a condividere con gli uomini che le circondano.
Inoltre questo momento storico e sociale vede la donna troppo
spesso vittima di violenze che, nella maggior parte dei casi, sono
perpetrate dagli uomini della loro vita.
Questo laboratorio ha voluto essere il mezzo attraverso il quale “liberarsi”: attraverso il racconto di sé, del proprio vissuto, della propria
storia, del proprio contesto sociale, dei propri sogni e delle proprie
aspirazioni, attraverso, appunto, la propria memoria, (ri)trovare una
identità.
TITOLO
Il titolo che abbiamo dato a questo progetto è stato tratto da un
monologo delle Troiane di Euripide, più precisamente dall'adattamento del testo fatto da Jacqueline Moatti.
Questo monologo è recitato da Ecuba, una donna, che vede il suo
paese distrutto, i suoi cari morti e deve abbandonare la sua patria:
dalle sue parole traspare tutto il dolore per questo sradicamento, lo
stesso dolore che le donne che hanno partecipato al laboratorio
hanno provato lasciando il loro paese.
Ecuba: Miserabile!
Sollevati da terra,
apri gli occhi....guarda...
davanti a te non c'è più una città,
non sei più la regina di Troia.
Il destino di tutte le cose è di cambiare.
Adesso, accetta...
accetta di essere portata dalla marea del mondo,
accetta di essere trascinata dai marosi...
non lanciare dritto sull'onda
il fragile battello della tua vita...
vivi alla deriva!
Ecuba!
Mi si lasci il diritto di gridare il mio male,
perché sparisce la mia città,
i miei figli
e il re.
La mia stirpe grandiosa
come una vela gonfiata dal vento,
la mia stirpe scompare...
Non era niente!
I miei morti reclamano il silenzio?
Reclamano dei gridi?
Io ho bisogno d'alleviare il peso del mio dolore
in un lungo lamento.
Batto la massa del mio corpo
contro la dura terra,
per sentire il mio male
con la testa,
Il petto e il mio ventre!
Vorrei che questo corpo diventasse
una carena cullata dal rullio,
che si inclina lentamente sul fianco sinistro,
e torna a inclinarsi sul fianco destro
per darmi il ritmo del lamento dei morti.
ALTRI TESTI
Il testo riportato qui sotto, è stato anch'esso utilizzato per il laboratorio, essendo tutto centrato sul movimento, sul viaggio.
Letto sia in italiano che in francese, lingua padroneggiata dalla
donne marocchine soprattutto.
Tout Bouge.
Tout évolue, progresse.
Tout se ricochette et se réverbère.
D'um point à autre, pas de ligne droite.
D'un port à un port, un voyage.
Tout bouge, moi aussi!
Le bonheur et le malheur, mais le heurt aussi.
Un point inéci, flou, confus, se dessine,
Point de convergences.
Tentation d'un point fixe,
Dans un calme de toutes les passions.
Point d'appui et point d'arrivée,
Dans ce qui n'a ni commencement ni fin.
Le nommer,
Le rendre vivant,
Lui donner autorité
Pour mieux comprendre ce qui bouge,
Pour mieux comprendre le Mouvement.
Jacques Lecoq
Belle-ile-en-Mer, août 1997
—————————Tutto si muove.
Tutto evolve, avanza.
Tutto rimbalza e si riverbera.
Da un punto all'altro, niente linee dritte.
Da porto a porto, un viaggio.
Tutto si muove, anch'io!
La felicità e la sventura, ma anche lo scontro.
Tentazione d'un punto fisso,
nella calma di tutte le passioni.
Punto d'appoggio e punto d'arrivo,
in ciò che non ha né principio nè fine.
Dargli un nome,
renderlo vivo,
dargli autorità
per capire meglio ciò che si muove,
per capire meglio il Movimento.
Jacques Lecoq
Belle-ile-en-Mer, août 1997
ALTRI STRUMENTI
Oltre le tecniche puramente teatrali abbiamo utilizzato anche la tecnica “radiofonica”, abbiamo cioè registrato le voci delle donne e abbiamo montato i loro racconti con musiche e suoni del loro paese di origine.
Le voci sono state guidate da domande e suggestioni:
Come ti chiami?
Da che paese vieni?
Come si chiama la città in cui sei nata?
Come sei arrivata in Italia?
Qual è stata la prima città italiana che hai visto?
Cosa hai pensato quando sei arrivata in Italia?
Lavori?
Se sì è stato difficile trovare lavoro?
Cosa pensi del popolo italiano?
Ti manca il tuo paese?
Ci torneresti?
La tua famiglia è qui con te?
Hai lasciato qualcuno di importante nel tuo paese?
Perché sei venuta in Italia?
Cosa cambieresti di questo paese?
E del tuo?
Partendo da questo schema abbiamo registrato dei racconti e abbiamo ricostruito le storie di tutte le donne, sottolineando le differenze e
le similitudini delle varie vite.
Abbiamo infine prodotto un CD che potrà essere distribuito e ascoltato.
Oltre ad utilizzare le musiche che le donne ci hanno suggerito abbiamo registrato anche i canti dei vari paesi cantati dalle partecipanti.
Partendo da queste semplici domande siamo arrivati a parlare dei
grandi temi della vita: religione, terrorismo, guerra, povertà, famiglia,
figli, matrimoni, lavoro...
Questo lavoro è stato reso possibile dalla collaborazione con Nicola
Mogno di Share Radio, radio di quartiere che da anni lavora sul territorio raccogliendo e trasmettendo le storie delle varie “categorie
umane” che popolano il quartiere.
CONCLUSIONI
Lavorare con donne di culture così diverse è stato molto interessante e arricchente: da una parte ho visto la differenza tra la mia vita,
quella di una donna nata e vissuta in un paese occidentale e la loro,
quella di donne nate e cresciute in paesi che hanno dovuto abbandonare per svariati motivi, la povertà, la mancanza di lavoro, la
guerra; donne che hanno dovuto ricominciare in un paese con lingua
e cultura diversa.
Dall'altra ho visto come le donne di tutto il mondo in fondo sono
uguali, tentano di tenere unita la famiglia, fanno sacrifici per far
crescere i propri figli nel modo migliore, si sacrificano perché le
donne ovunque sono il centro da cui nasce la vita, dove gli uomini
tornano per poi ripartire.
La grande forza e la grande disponibilità che ho visto in queste
donne è stata commovente, pur con tutti i loro problemi di tempo, di
vita, hanno sempre cercato di partecipare al lavoro attivamente;
hanno riconosciuto in questo laboratorio un luogo in cui esprimersi,
in cui essere se stesse, un luogo, appunto, in cui ri-trovare la
propria identità.
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