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3. L`ALTARE

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3. L`ALTARE
ICONOGRAFIA
ICONOGRAFIA DELL’ALTARE
"Senza altare non c'è tempio, ma solo casa di preghiera" (Simeone di Tessalonica).
Ogni uomo che desiderava comunicare con la divinità cercava un luogo, che considerava sacro, per
vivere questo incontro, predisponendo una costruzione su cui sacrificare i suoi doni: l’altare.
Spesso era posto in alto, con gradini per accedervi, in modo da permettere la visione agli offerenti e
indicare la trascendenza della divinità: era anche simbolo del centro del mondo, come se lì passasse
l'asse terra-cielo.
L’altare cristiano, però, non trae la sua origine dall’ara sacrificale dei templi pagani, ma dalla mensa
del Cenacolo, dove Gesù celebrò la sua Pasqua, e dalla tavola nella casa di Emmaus, dove i
discepoli riconobbero il Signore nello spezzare del pane. L’altare cristiano è stato definito con i
termini latini di ‘ara’ e ‘mensa’, in greco thusiasterion e trapeza, facendo riferimento sia al luogo
del sacrificio che al tavolo con quattro gambe su cui si consuma il pasto familiare.
Il primo altare di cui parla la Bibbia è quello eretto da Noè dopo il diluvio, ma anche Abramo ne
costruì uno per ricordare il suo incontro con il Dio dell'Alleanza e così pure Mosè eresse il suo
altare come memoriale della sua vittoria sui nemici. Secondo il libro dell’Esodo l'altare per il
sacrificio doveva essere di terra o di pietra non lavorata dall'uomo per non profanarla, costruito in
seguito con dodici pietre, per simboleggiare la totalità e l'unità del popolo d'Israele.
Gli altari dell'Antico Testamento, come i pasti ai quali Cristo partecipò nel corso della sua missione
terrena, saranno visti successivamente come prefigurazione dell'altare cristiano, e anche la Lettera
agli Ebrei parla di Cristo come di un altare per evidenziare l'aspetto sacrificale della sua morte. Nei
primi secoli, però, la mensa eucaristica non era considerata altare, perché i Padri della Chiesa
temevano richiamasse il culto pagano, ma a partire dal IV secolo loro stessi ne parlano. Facendo
riferimento a Epifanio e a Cirillo di Alessandria, il Rito della Dedicazione dell'altare dice: "Gli
antichi Padri della Chiesa, meditando sulla Parola di Dio, non esitarono ad affermare che Cristo
fu vittima, sacerdote e altare del suo stesso sacrificio". Anche Ambrogio e Ignazio di Antiochia
parlano del radunarsi attorno allo stesso altare che è Cristo, e così pure Agostino, commentando
Mt.23,17, dice che per tempio e altare si intende Cristo stesso.
I più antichi altari cristiani, di cui gli affreschi delle catacombe ci hanno tramandato le immagini,
appaiono di legno, di piccole dimensioni e di forma rotonda, e venivano preparati al momento della
liturgia eucaristica; vi sono poi quelli a sigma, a semicerchio o a ferro di cavallo; l’altare, dunque,
non ha una forma particolare che lo caratterizza: è la sua funzione nella liturgia che lo rende
‘altare’. L'associazione della mensa eucaristica con la pietra su cui il patriarca Giacobbe posò il
capo e con la roccia dalla quale Dio fece scaturire l'acqua (1Cor.19,4) motivò la graduale
trasformazione da mensa di legno ad altare di pietra. Oltre al simbolismo biblico e agli esempi degli
altari dell'Antico Testamento vi contribuirono anche altri fattori, come l'associazione della
celebrazione eucaristica con il culto dei martiri e la successiva deposizione delle reliquie sotto
l'altare, che già nel IV sec. diviene fisso.
L'altare di pietra, come risulta dai reperti archeologici, era molto piccolo, sufficiente a contenere i
doni eucaristici, di forma quadrata o appena rettangolare. L’archeologo e patrologo Van der Meer,
parlando dell’altare di Ippona afferma che “calici e piatti con il pane sono posti sull’altare: sono le
sole cose presenti sulla tavola”.
Le dimensioni ridotte dell’altare, dunque, non nuocciono affatto alla dignità della celebrazione ma,
anzi, lavorato su tutti quattro i lati, l’altare potrà irradiarsi tutto intorno e non solo frontalmente,
esplicitando meglio la sua funzione di ‘fuoco’ dello spazio liturgico. Debuyst, infatti, sostiene che
sia si tratti di una cappella, sia di una cattedrale, “il nostro vero riferimento è la misura umana, cioè
i gesti gli atti, la presenza della persona, e non le dimensioni globali dell’architettura”. Chi deve
progettare un nuovo altare sa, però, quanto sia difficile far passare questo concetto, poiché tutti
vogliono altari molto grandi per appoggiarvi più oggetti possibile e perché poi, in caso di
concelebrazione, ognuno possa ‘avere il suo posto a tavola’.
1
Sempre l'iconografia antica presenta l'altare coperto da splendide tovaglie che scendono fino a terra,
esaltandone la forma cubica, come si può vedere nei mosaici di Ravenna. La motivazione si ritrova
in Simeone di Tessalonica, che afferma: "La mensa è quadrangolare, perchè da essa si sono nutrite
e sempre si nutrono le quattro parti del mondo" e nel Pontificale Germanico dove si legge:
"L'altare è immagine della Chiesa: ha quattro lati, perchè essa si estende verso le quattro parti del
mondo”.
Partecipare alla mensa del Signore significa avere comunione con lui (1Cor.10,16-21) e, per mezzo
di lui, con il Padre. Radunarsi attorno alla mensa vuol dire radunarsi attorno a Cristo e attingere alla
sorgente della vita. L'altare è una mensa attorno alla quale la famiglia di Dio si raccoglie per
prendere il cibo e della mensa deve conservare l'aspetto e la suppellettile, ma tutti i documenti
qualificano sempre l’altare sia come tavola del convito che come pietra del sacrificio, come si legge
nelle Premesse del Rito della Dedicazione e nella preghiera di consacrazione dell’altare: “Sia
dedicato a te (Signore), /come ara del sacrificio di Cristo/ e mensa del suo convito”.
L’altare è Cristo e allora è incensato, proprio come la croce, è unto ed è l’unico oggetto che il
sacerdote bacia durante la celebrazione, oltre all’Evangeliario; inoltre a lui si devono molti segni di
venerazione come l’inchino e l’omaggio floreale. Questo rapporto simbolico tra altare e Cristo
esige, pertanto, nella fase di studio e progettazione, una cura del tutto particolare: non può essere un
semplice arredo, un oggetto utile alla celebrazione, perché segno permanente della presenza di
Cristo sacerdote e vittima.
Per questo i Praenotanda al Messale Romano prevedono che “per rispetto verso la celebrazione
[…]si distenda sopra l’altare almeno una tovaglia di colore bianco, che sia adatta alla struttura
dell’altare per la forma, la misura e l’ornamento”.Ma dov’è, allora, il rispetto per la mensa
eucaristica nelle tovaglie ‘recuperate’ mettendo insieme due o tre di quelle usate per il vecchio
altare con pizzi e ornamenti diversi, nelle lastre di vetro o, peggio ancora, nelle tovaglie di plastica,
magari in ‘finto pizzo’, poste sopra la tovaglia della celebrazione?
L'altare è generatore dell'architettura: da esso parte e ad esso ritorna tutto l'itinerario sacramentale e
il presbiterio stesso viene a configurarsi quasi come uno spazio di dilatazione dell'altare. Già lo
spazio paleocristiano e quello medievale non si orientava a partire da un davanti e da un dietro, ma
da un centro, e per questo è necessario che l’altare sia ben visibile da tutti, affinché tutti si sentano
in rapporto con esso, e che sia "posto in un luogo tale da risultare il centro ideale a cui
spontaneamente converga l'attenzione di tutta l'assemblea".
Ma la centralità dell'altare non va intesa, però, "in senso letterale e statico, ma sacramentale e
dinamico e quindi l'altare non va collocato nel centro geometrico dell'aula, ma in uno dei suoi
punti spazialmente eminenti" (ACRL 15). L'altare, però, è luogo centrale e dinamico se ad esso 'si
va'. Romano Guardini parla dei gradini che portano all'altare dicendo che "a chi li ascende essi
sussurrano quello che già ebbe a dire il Signore a Mosè sul monte Horeb: "Levati i calzari perchè
questo terreno è sacro". L'altare è la soglia dell'eternità. Salirai consapevolmente i gradini
sapendo di ascendere?"
L'elevazione dell'altare, allora, viene ad assumere un significato simbolico-teologico molto forte,
indispensabile perchè esso diventi polo generatore e attrattiva dinamica, ma l'essere alto dell'altare
non è necessariamente l’essere sopraelevato, poiché anche una opportuna pavimentazione può
evidenziare la sua preminenza: “I disegni del pavimento gli si intrecciavano attorno […]L’altare si
erge leggero e immacolato sopra un campo dai colori azzurro, verde e bianco”.1
La sua collocazione deve essere strategica, poiché ad esso e attorno ad esso devono essere pensati e
disposti i diversi spazi celebrativi. La centralità dell'altare deve essere, allora, evidente e non essere
oscurata da nessun altro elemento: né dalla sede né dall'ambone, ma ancor meno da suppellettili
varie, candelieri o fiori, posti su di esso, per quali i Praenotanda prevedono una diversa
sistemazione (OGMR 305-306). L'altare deve quindi essere unico, rivolto verso il popolo,
proporzionato all’area circostante, fisso e preferibilmente di pietra naturale, comunque mai di
1
F. Van der Meer: “Sant’ Agostino pastore d’ anime”, Roma 1971
2
materiali trasparenti, che ne compromettano la forza simbolica (ACRL 17). L'altare di pietra, infatti,
richiama facilmente le diverse immagini profetiche dell'Antico Testamento evocate anche dalla
preghiera di consacrazione "questa pietra preziosa ed eletta sia per noi il segno di Cristo dal cui
fianco squarciato scaturirono l'acqua e il sangue fonte dei sacramenti della Chiesa." e anche
l'antifona del tempo pasquale riprende la simbologia dell'altare sottolineata da Pietro:"la pietra che i
costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo" (1Pt.2,6-7).
Nella comprensione del simbolismo dell'altare ritorna la duplice dimensione dell'aspetto sacrificale
e di quello conviviale della celebrazione eucaristica, tanto che sono ancora aperte le discussioni
sulla sua forma: meglio a tavola o a blocco?
E’ evidente che ogni chiesa richiede soluzioni concrete diverse a seconda dell'insieme architettonico
e dello spazio a disposizione, e che c’è molta più ‘libertà’ nel progettare l’altare per una chiesa
nuova rispetto a una chiesa storica, poiché è impensabile l’eliminazione dei molti altari antichi,
anche se questo può ingenerare una confusione nell’attuazione della riforma liturgica. Nel rispetto,
però, delle leggi che tutelano il patrimonio artistico, occorre passare dalle sistemazioni ancora
provvisorie a quelle definitive limitando, per quanto possibile, la soluzione del doppio altare.
Da quanto detto appare necessario rivedere certe soluzioni adottate nelle nostre chiese.
Innanzitutto la sede non dovrebbe mai stare a ridosso dell'altare preesistente, soprattutto se contiene
ancora la riserva eucaristica, e inoltre non ci si stancherà mai di ripetere che sia l’altare maggiore
che gli altari laterali non devono mai essere coperti da tovaglie bianche, né ornati con candelieri e
fiori, proprio per affermar l’unicità dell’altare della celebrazione (OGMR 303).
Per quanto riguarda la sistemazione del nuovo altare va sicuramente scoraggiata la soluzione ‘a
sandwich’, ossia il taglio della mensa antica e il suo spostamento in avanti, così che ‘nulla sembra
cambiato’, ma anche la collocazione di un comune tavolo ricoperto da drappi, o di certi altari
commerciali con ‘spighe di grano che ondeggiano’ nel basamento o, per trasferire
iconograficamente l’iconologia di Cristo-altare, con il mezzobusto di Cristo come supporto della
mensa: non vi sono limiti alla ‘creatività’ e al cattivo gusto!
In che modo, allora, inserire elementi moderni all’interno di spazi storici? Innanzitutto la forma e le
dimensioni del nuovo altare dovranno essere diverse da quelle dell’altare esistente, evitando
riferimenti formali e stilistici. Anche se ogni caso va valutato e deciso singolarmente, resta tuttavia
il problema che si tratterà sempre di una forma di compromesso quando un artista contemporaneo
effettua un intervento in una chiesa antica. La reimpostazione dello spazio e la creazione di un
nuovo altare deve portare alla riflessione tra parrocchia, architetto, artista e soprintendenze, nella
ricerca di una soluzione che, pur rispettando l’esistente, sia però teologicamente corretta e
artisticamente valida, poiché la celebrazione eucaristica versus populum è, oggi, assolutamente
irrinunciabile. La decorazione dell'altare, però, deve essere sobria, non eccessivamente simbolica,
ma neppure banale, tanto meno realizzata con una simbologia impropria, come purtroppo è
avvenuto di recente anche nella sistemazione di importanti cattedrali: angeli, evangelisti, i dodici
apostoli, per non parlare delle ‘braccia di Maria’ che sorreggono il Figlio. Non si tratta di realizzare
solo delle belle opere scultoree, ma di sviluppare quelle tematiche iconografiche che scaturiscono
da una autentica iconologia.
Tutta la ricchezza simbolica dell'altare è racchiusa nelle parole di dedicazione: tali parole sono
sufficienti a far crescere una spiritualità dell'altare, capace di motivare in tutti i fedeli non solo una
spiritualità più eucaristica e più ecclesiale, ma anche una maggiore venerazione verso l'altare.
Questo altare / sia per noi il segno di Cristo / dal cui fianco squarciato / scaturirono l'acqua e il
sangue / fonte dei sacramenti della Chiesa.
Sia la mensa del convito festivo / a cui accorrono lieti i commensali di Cristo / e sollevati dal peso
degli affanni quotidiani / attingano rinnovato vigore per il loro cammino.
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