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LE GRANDI EPIDEMIE La peste come malattia specifica viene identificata solo nel 1894, quando Alexander Yersin scopre il bacillo che la provoca (Yersinia pestis), ospitato dai topi e trasmesso all’uomo dalle pulci che vivono nella loro pelliccia. Tuttavia nel Medioevo il termine “peste‟ stava a indicare molti tipi di malattie caratterizzate da epidemicità e alto tasso di mortalità, come il colera, il tifo, il morbillo, il vaiolo. Il nome deriva dal latino pestis, cioè “distruzione‟, “rovina‟, “epidemia‟,probabilmente affine a peior, pessimus. La terribile peste che nel Trecento colpisce sia l’Oriente sia l’Occidente non viene identificata perciò dal nome, intercambiabile con epidemia, ma dai sintomi visibili descritti dai contemporanei: bubboni dolorosi alle ascelle, all’inguine e al collo, macchie scure e livide (da cui peste nera), vomito, convulsioni, febbre, delirio e, nella maggior parte dei casi, rapida morte. Così ne scrive Boccaccio: “Nascevano nel cominciamento d’essa a’ maschi ed alle femmine parimenti o nell’anguinaia [agli inguini] o sotto le ditelle [le ascelle] certe enfiature [dette] gavaccioli [che] erano sicuro indizio di futura morte […] infra il terzo giorno dell’apparizione de’ sopraddetti segni ...” La peste compare in Europa alla fine del 1347. Arriva dall’Oriente, e più precisamente dalle regioni della Mongolia e del deserto del Gobi, dove è comparsa negli anni Venti del XIV secolo. Nel suo viaggio verso l’Europa sembra aver seguito le vie carovaniere del Nord del Caspio, per risalire poi il Volga e discendere verso il Mar Nero, importante appendice del Mediterraneo nel sistema commerciale basso medievale. La diffusione della peste nera Nel 1347 raggiunge Caffa in Crimea, ricca colonia della Repubblica di Genova, e da questo grande emporio sulla via dell’Oriente si propaga velocemente per via d’acqua, seguendo le galee e le navi che percorrono l’estesa rete di rotte commerciali del Mediterraneo. Nello stesso anno, infatti, colpisce l’Oriente bizantino e musulmano, i grandi porti di Costantinopoli e Alessandria e penetra in Europa. Negli ultimi mesi del 1347, compare a Messina per diffondersi poi negli altri porti (Genova, Marsiglia, Venezia, Pisa...) in cui fanno scalo le navi. Dai porti dilaga nell’entroterra e fino al 1351 percorre tutta l’Europa muovendo da sud est verso nord. Uomini e donne di fronte alla morte nera Si muore nelle case, nei palazzi, per le strade, sulle navi, in viaggio. Muoiono uomini e donne, vecchi e giovani, ricchi e miserabili, contadini e re. Di fronte a tante morti le reazioni individuali degli uomini e delle donne sono apparentemente contraddittorie. Per trovare scampo dalla peste, c’è chi fugge. Per esempio, fuggono le sette fanciulle e i tre ragazzi del Decameron, ma anche chi ha delle responsabilità nei confronti della comunità o dei cittadini, come ecclesiastici o governanti. C’è chi, all’opposto, ricerca godimenti immediati: banchetta, fa baldoria e si dà a una vita sfrenata, comportandosi come se ogni giorno fosse l’ultimo. Matteo Villani nella sua Cronica scrive che “gli uomini [...] si dierono alla più sconcia e disonesta vita che prima non aveano usata. Perocchè vacando in ozio, usavano dissolutamente il peccato della gola, i conviti, taverne e delizie con dilicate vivande e giuochi, scorrendo senza freno alla lussuria.” In ogni caso, il terrore e lo smarrimento rompono le strutture consuete della società. Boccaccio scrive che “li padri e le madri, i figlioli, quasi loro non fossero, di visitare e servire schifavano” e Guy de Chauliac, medico presso la corte papale di Avignone, che “si moriva senza servitore, si veniva sepolti senza prete, il padre non visitava il figlio, né il figlio il padre, la carità era morta, la speranza annientata.” Molti, per proteggersi dall’infezione e sfuggire alla morte, trovano consolazione nella religione e c’è dunque chi prega, canta, digiuna, partecipa a funzioni religiose e a processioni, compie pellegrinaggi. Molti confidano nel potere di intercessione della Vergine Maria e dei santi, in particolare di San Sebastiano e San Rocco. Questi santi, infatti, nei quadri e nelle statue, sono collegati alle frecce, simbolo delle pestilenze, sulla scia di una tradizione iconografica classica, che assimila la collera degli dei contro l’umanità alle frecce scagliate da Apollo. San Rocco San Sebastiano (Il figlio di Latona e di Giove) Irato al Sire destò quel Dio nel campo un feral morbo, e la gente perìa: colpa d'Atride che fece a Crise sacerdote oltraggio. …. L'udì Febo, e scese dalle cime d'Olimpo in gran disdegno coll'arco su le spalle, e la faretra tutta chiusa. Mettean le frecce orrendo su gli omeri all'irato un tintinnìo al mutar de' gran passi; ed ei simìle a fosca notte giù venìa. Piantossi delle navi al cospetto: indi uno strale liberò dalla corda, ed un ronzìo terribile mandò l'arco d'argento. Prima i giumenti e i presti veltri assalse, poi le schiere a ferir prese, vibrando le mortifere punte; onde per tutto degli esanimi corpi ardean le pire. Nove giorni volâr pel campo acheo le divine quadrella. Iliade - Libro I Altri, nella coscienza di una colpa da espiare, danno vita al fenomeno, soprattutto tedesco, di breve durata ma molto popolare, dei flagellanti. Questi uomini (le donne sono escluse), per placare la collera divina, riuniti in folti gruppi, vanno di città in città e attirano le folle cantando e flagellando violentemente in pubblico il proprio corpo con fruste munite di punte metalliche. Quanti morirono di peste? Il carattere lacunoso dei dati a disposizione rende impossibile calcolare con esattezza i morti di peste in Oriente e in Occidente. Per quel che riguarda l‟Europa si ritiene che, complessivamente, nello spazio di tre o quattro anni, sia scomparso un terzo della popolazione, stimata intorno ai 75-80 milioni di abitanti all’inizio del Trecento, prima della peste e dopo tre secoli di continuo incremento, e intorno ai 50 milioni a distanza di cinquant’anni, dopo la peste. Il declino della popolazione europea continua per tutto il XIV secolo, tocca il minimo (30 milioni circa) nei primi decenni del XV secolo e comincia faticosamente e lentamente ad aumentare attorno al 1460, dopo oltre un secolo. Nel lungo crollo demografico europeo, la peste gioca un ruolo importante, anche perché alla prima pestilenza, la più micidiale (la peste nera vera e propria) fanno seguito ondate successive di peste, a intervalli variabili e con vari gradi di intensità e mortalità. Fra metà Trecento e metà Quattrocento, il periodo più segnato dalla peste, sono ad esempio state individuate sette ondate a carattere generale e altre cinque nell’Italia centro-settentrionale; nel Trecento Firenze viene colpita ben cinque volte e Londra tre. Dopo il 1348, la peste dunque non scompare dall’Europa, ma torna a colpire ripetutamente, stabilendosi in forma endemica in tutto l’Occidente per quattrocento anni, fino al XVIII secolo. L’ultima grande pestilenza del Mediterraneo è quella di Marsiglia del 1720. Non tutta l’Europa è colpita con la stessa intensità dalla peste nera. La mortalità varia sensibilmente da paese a paese, da regione a regione e addirittura da villaggio a villaggio. Alcune zone sono quasi spopolate, altre (poche) restano quasi incolumi dal contagio. In generale si può affermare che, come per tutte le malattie epidemiche, l’indice di mortalità risulta più alto nelle aree fittamente popolate e ad alta circolazione, nelle città più che nelle campagne. In Italia, una tra le aree più urbanizzate dell’Europa, l’epidemia registra ad esempio valori superiori alla media europea. Nel mondo medievale pochi muoiono di vecchiaia; la maggior parte muore per malattie batteriche o virali, per le guerre e le carestie. Non a caso una invocazione che, per secoli e secoli, viene elevata a Dio recita: “A peste, fame et bello, libera nos, Domine.” In quel mondo dunque, malattie, epidemie, morte non giungono inattese. Ma quando muore un numero così elevato di persone, quando la morte è un fenomeno repentino, inevitabile, imprevedibile e di massa si cercano spiegazioni, che nel Basso Medioevo sono innanzitutto religiose. La Morte Nera: le cause Il papa Clemente VI, chiuso nel suo palazzo in Avignone, cita espressamente l’ira divina che punisce con la pestilenza i cristiani. Così, anche la maggior parte delle cronache occidentali, seguendo il modello interpretativo biblico, individua la causa della peste nella volontà di Dio che castiga gli uomini per i loro peccati. La spiegazione medica, invece, che segue la tradizione ippocratico-galenica, pur non escludendo la volontà divina come causa ultima, addebita la peste alla “corruzione dell’aere”, all’aria putrida e corrotta che corrompe, rompe l’equilibrio degli umori del corpo, ed è magari propiziata da comete o eclissi, o dalla particolare congiunzione di Saturno, Marte e Giove nel segno dell’Acquario. Scrivono i medici dell’Università di Parigi: “Una congiunzione astrale, insieme ad altre congiunzioni ed eclissi, è causa reale della gravemente mortifera corruzione dell’aria che ci circonda, fonte di mortalità e di carestia […] Noi crediamo che la presente epidemia provenga direttamente dall’aria corrotta...” Capri espiatori, provvedimenti e rimedi Sia per la medicina sia per la religione la peste è quindi il risultato di fattori ambientali corrotti (fisici o metaforici) e dunque può essere prevenuta, contenuta e curata eliminando i fattori all’origine della corruzione, ovvero purificando l’ambiente, in senso fisico dai miasmi letali e in senso metaforico dai peccati o da gruppi sociali e individui considerati corrotti o contaminati. I numerosi massacri di Ebrei, accusati di diffondere intenzionalmente il morbo, sono l’esempio più evidente e terribile di ricerca di un capro espiatorio. L’antisemitismo non inizia con la peste del 1348, tuttavia l’epidemia accelera, intensifica, diffonde geograficamente la persecuzione nei loro confronti. Accanto agli Ebrei, sono accusati di provocare l’epidemia, contaminando i pozzi o l’aria, anche i lebbrosi o altri gruppi marginali come maghi, streghe, vagabondi o prostitute. Di fronte alla terribile moria, i rituali ecclesiastici di devozione personale e collettiva (preghiere, processioni, penitenze, pellegrinaggi, esposizione di reliquie ….) offerti dalla Chiesa sono inadeguati e la medicina, che non conosce né la causa né il modo in cui la peste si diffonde, è impotente. I rimedi terapeutici e dietetici proposti, di cui si trova traccia nei numerosi Consigli contro la peste (la cui finalità pratica è chiaramente manifesta), sono scarsamente efficaci se non inutili e bizzarri: salassi e clisteri ripetuti, fumigazioni con erbe aromatiche, chiodi di garofano, bacche di alloro e di ginepro da tenere in bocca per protezione, acqua di rose e aceto per lavarsi viso e mani, dare aria alle stanze ma aprendo solo le finestre esposte a nord, non dormire durante il giorno … Tuttavia, fin dal 1348, innanzitutto nelle città, vengono messe in atto delle misure per limitare l’epidemia. I provvedimenti, già impiegati contro altre malattie epidemiche più familiari, tentano di limitare i movimenti degli uomini e delle merci con quarantene e di migliorare le condizioni igieniche urbane , ad esempio con la rimozione dei rifiuti e di tutto ciò che causa cattivi odori o con la regolamentazione delle sepolture . Il forte calo demografico per le epidemie ripetute, dopo la grande peste del 1348, ha importanti effetti sulle campagne e sulle città d’Europa, che conoscono alcune trasformazioni di segno opposto a quelle avvenute nei secoli tra il X e il XIII, quando la popolazione era aumentata, erano nati nuovi villaggi, si erano estese le terre coltivabili, era cresciuta la produzione. Gli effetti delle ondate di peste In generale, si può affermare che nel tardo Trecento molti villaggi sono abbandonati e cadono in rovina; molti campi restano incolti e ben presto vengono riconquistati dalla natura; intere aree si spopolano e si impaludano, come la Maremma; la maggioranza delle città perde circa il 40% della popolazione; calano le rendite signorili e scoppiano numerose rivolte popolari, sia in campagna (la jacquerie francese ad esempio) sia nelle città (come il tumulto dei Ciompi a Firenze), segno comunque di un malessere diffuso. Nel 1348 la mortalità fu altissima: dato che in Europa la peste non compariva dal VII secolo, epoca in cui terminò la cosiddetta "peste di Giustiniano" descritta da Procopio di Cesarea e iniziata nel 542-543, non esisteva più una "memoria immunitaria" per questa malattia e quindi la forma più frequente di manifestazione fu quella polmonare, a contagio inter-umano (cioè non mediata dalla pulce), e con una mortalità prossima al 100%. In un secondo tempo e specialmente nelle epidemie degli anni seguenti la peste si propagò nella forma bubbonica, sensibilmente meno letale. Molti fattori di indubbia crisi, però, sono controbilanciati da altri positivi: si rimescola la popolazione per il ripopolamento dei luoghi abbandonati o perché molti si trasferiscono nelle città; si abbandonano le terre meno produttive e si diversificano le attività e le colture (dalla vite all’allevamento) E ancora: terre, beni, botteghe cambiano proprietari e in molti luoghi si verifica una concentrazione di fortune; il costo della manodopera, sia in città che in campagna sale; cresce la ricchezza pro capite; calano i prezzi dei cereali e, anche se la vita del contadino rimane per lo più quella della mera sussistenza, migliorano le condizioni di vita per una percentuale significativa della popolazione; le classi dominanti cittadine scomparse vengono sostituite (in Toscana comincia, ad esempio, l’ascesa dei Medici). Si verificano, insomma, una serie di cambiamenti che portano a una ristrutturazione della società medioevale e che, per convenzione, vanno sotto il nome di crisi del Trecento, dove in questo caso la parola “crisi” non significa automaticamente decadenza per tutti gli storici. La storia dell'antichità riporta numerose descrizioni di epidemie di peste; tuttavia, dato che il termine veniva usato generalmente per indicare pandemie a letalità elevata non si può parlare con certezza di pandemie pestose prima di quella cosiddetta di Giustiniano (VI secolo d.C.), che devastò il bacino del Mediterraneo. Da alcune descrizioni pare che alcuni focolai fossero già presenti nel Nord Africa intorno al III Secolo dell'era cristiana. Il greco Tucidide è il primo storico a descrivere accuratamente un'epidemia che si suppone di peste, anche se alcuni moderni epidemiologi ritengono dalla descrizione che possa essersi trattato anche di vaiolo. La peste nell’antichità Tucidide narra gli eventi di Atene durante la guerra del Peloponneso (431-430 a.C.). Nella descrizione della peste che colpì gravemente la città nel 430-429 a.C., egli mostrò tutta la sua bravura nell'osservazione acuta e nell'attenta analisi degli eventi. Difatti enumerò i sintomi e gli effetti sul corpo con grande precisione e scrupolosità, per poi allargarsi alle ripercussioni sull'anima. La solitudine, lo scoraggiamento, la minaccia alle norme della convivenza umana, la sfrenatezza dei costumi, così come le descrisse Tucidide, verranno prese ad esempio da vari altri scrittori di epoche successive. La popolazione dell'Attica perse almeno circa 60.000 persone su quasi 300.000 abitanti Alcuni testi egizi del secondo millennio a.C. descrivono alcune gravi epidemie di quella che convenzionalmente viene chiamata peste, così come ne parlano gli Ittiti, della Mesopotamia (l'attuale Iraq). Anche nella Bibbia si parla di pestilenze ed epidemie, a testimonianza della frequenza di questi eventi. Dopo il 1348 la peste nera rimarrà in Europa per i successivi 200 anni, anche se fino al '600 colpì per lo più in forma attenuata e senza coinvolgere tutto il continente in un'unica epidemia. Ma bisognerà aspettare il XIX secolo per arrivare a quelle significative scoperte in campo medico e scientifico che hanno permesso di comprendere l'origine e le modalità di diffusione del morbo. Notevoli furono però, in Italia e nelle regioni limitrofe, le epidemie del 1360 (peste dei bambini, morirono quasi esclusivamente minori), 1404, 1527-1529, 1575-1577 (peste di San Carlo Borromeo), 1589 (peste d'Ivrea, perché si limitò ad alcune zone del Piemonte orientale e delle alpi che erano state risparmiate dalla peste del 1577), 1598 . Ma anche dopo il 1348 le epidemie continuano… Alcuni aspetti di queste pestilenze medioevali e rinascimentali si differenziano dalla normale eziologia della "Yersinia pestis" contemporanea. In particolare chi si ammalava di peste, se era così fortunato da sopravvivere, sviluppava poi un'immunità totale, cosa che con la Yersina non funziona, poiché l'immunità è solo temporanea e limitata a pochi anni. La peste di Milano del 1630 è descritta anche dal Manzoni nel celebre romanzo I promessi sposi e nel suo saggio storico Storia della colonna infame. Il Manzoni trasse ispirazione da un resoconto dettagliato scritto dallo storico e canonico milanese Giuseppe Ripamonti nel 1340, su incarico del Senato di Milano. Questa epidemia imperversò in maniera indiscriminata in tutta la società. Colpite furono così sia le piccole comunità rurali, sia le città, poiché morirono molti artigiani specializzati, mercanti, tecnici, imprenditori, e persone dotate di competenze elevate. La ripresa fu lenta e difficoltosa. Clicca sull’immagine e leggi queste famose pagine di A. Manzoni tratte dai Promessi Sposi La peste scardinò il sistema produttivo e impedì che si riformasse in tempi brevi, aumentando in maniera artificiale il costo di alcuni lavori rispetto ad altri, privando le campagne di braccia in eccesso che sarebbero accorse nelle città per ripianare i buchi. L'intera economia manifatturiera del settentrione italiano ne risultò danneggiata, ed impiegò molti anni per rigenerarsi, proprio in un momento cruciale di competizione con l'Olanda e l'Europa settentrionale che ne uscì avvantaggiata. Durante l'epidemia gli usi, i costumi e le abitudini consuete subivano pesanti alterazioni, dato che le autorità vietavano assembramenti,balli, feste, viaggi. Per limitare il contagio si erigeva, attorno alla città, il cordone sanitario che consentiva l'ingresso nei centri solo ai possessori del certificato di sanità, si formavano ronde nei punti di accesso alla località sia stradali sia marini, si attrezzavano appositi ospedali di cura solitamente lontani dalla città, si organizzavano pulizie straordinarie per le strade e nei pozzi neri, era prevista la quarantena o addirittura il rogo per le navi arrivate da luoghi sospetti. Per saperne di più sui lazzaretti di Livorno clicca sull’immagine Alcune città venivano suddivise in quartieri affidati a commissari, medici, chirurghi e speziali. Tra le misure precauzionali vigeva l'allontanamento dei mendicanti forestieri e il controllo delle case insalubri, sporche e dei poveri, considerati possibili veicoli di contagio. I medici segnalavano ai commissari i nuovi casi sospetti e la casa di questi ultimi veniva immediatamente sprangata con gli abitanti dentro; l'isolamento era interrotto solamente da personale autorizzato che prima di toccare oggetti appartenenti agli infetti, lo immergevano nell'aceto per disinfettarlo. I medici, durante le loro visite ai malati, indossavano una specie di toga lunga e incerata, una maschera dotata di occhiali e di un lungo becco con spezie all'interno che rendeva più difficile il contagio. Ai ricchi era concesso di farsi curare a casa, risparmiandosi così il trasferimento e le cure gratuite nel lazzaretto. Peraltro le famiglie del malato rimaste isolate, se erano povere, ricevevano gratuitamente il vitto. Dopo la morte del malato, tutta la sua biancheria veniva bruciata e si punivano severamente gli atti di sciacallaggio. Inutile dire che a quei tempi abbondavano i ciarlatani convinti di aver inventato gli antidoti, quali macerazioni nel vino di varie sostanze naturali (aglio, salvia, ruta, pepe, noce, ecc.), profumi, unguenti, e fumi di mirra, incenso. I medici dell'epoca invece consigliavano di consumare pasti leggeri a base di carni magre, verdure, pane ben cotto, certamente preferibili ai fritti, ai dolci; di dormire in una camera profumata e con le finestre chiuse e di mantenere pulite le lenzuola, di sottoporsi al salasso e più raramente a interventi chirurgici. La peste di Londra del 1665 Nel 1665 un'epidemia di peste diffusasi in Inghilterra portò alla morte un numero di persone compreso tra 75.000 e 100.000, vale a dire più di un quinto dell'intera popolazione di Londra. Storicamente si ritiene che la malattia sia stata un'infezione di peste bubbonica trasmessa attraverso la puntura delle pulci dei ratti o tramite il morso dei ratti stessi o di altri roditori. La peste del 1665-1666, comunque, si diffuse in maniera ridotta rispetto alla peste nera. È tuttavia denominata "grande" perché fu una delle ultime malattie che ebbero una larga diffusione sul territorio britannico. L'elenco dei morti del 1665 in un documento dell'epoca I resoconti dell'epoca parlano inizialmente di mille morti a settimana; questi conteggi si alzano poi a duemila, per poi raggiungere, nel settembre del 1665, le settemila vittime a settimana. Alla fine dell'autunno il contagio cominciò a placarsi ed il re e la corte poterono fare ritorno in città. Probabilmente l’epidemia arrivò in Inghilterra tramite navi da commercio olandesi che trasportavano cotone da Amsterdam. Episodi di peste continuarono ancora per qualche mese fino allo scoppio di un grande incendio, che devastò gran parte della città di Londra. L'avvento della Rivoluzione industriale a partire dalla fine del XVIII secolo mise fine nel giro di pochi decenni alle epidemie in Europa. Un notevolissimo miglioramento delle condizioni socio-economiche e igienicosanitarie di gran parte della popolazione dei paesi occidentali contribuirono al debellamento della malattia, assicurando inoltre una più regolare produzione agricola che scongiurò le periodiche carestie sempre presenti nei secoli precedenti. Case operaie Tali fattori hanno quindi determinato a partire dal XIX secolo la scomparsa pressoché totale delle epidemie di peste dallo scenario europeo. Nuove opere di urbanizzazione C’è chi afferma che sia stata proprio la tragedia umana della peste a mettere in crisi le concezioni e i valori medievali, a scuotere le certezze della fede, a provocare i cambiamenti che conducono ai tempi moderni, in definitiva ad aprire le porte al Rinascimento. Per questa e altre ragioni, molti storici considerano la peste nera e le epidemie successive come uno spartiacque nella storia europea. In sintesi La storia di una città di mare si intreccia spesso con eventi legati all’esplodere di crisi sanitarie legate ad epidemie di colera. Livorno, che nel corso della sua esistenza ha affrontato ben sette gravissime epidemie (la prima nel 1835 l’ultima nel 1911) fu una delle prime città a dotarsi di un ufficio sanitario di igiene ed ad emettere ordinanze recanti indicazioni di profilassi e prevenzione della malattia; in quest’ottica è particolarmente interessante l’intervento sanitario adottato nella città dall’Ufficio di Igiene presieduto dal Prof. Dott. Ivo Bandi,durante l’ultima grande epidemia del 1911. Il caso di LIVORNO Clicca sull’immagine della Madonna di Montenero La peste nel Novecento 1894-1906 - Terza grande pandemia: coinvolge India, Canton, Hong Kong, Taiwan e Giappone. Solo a Canton le vittime furono tra 40.000 e 100.000 con un tasso di mortalità stimato dell'80%. In India le vittime furono 11.000.000. Durante l'epidemia a Taiwan, Alexandre Yersin isola il batterio e crea un siero che si dimostra efficace nel rallentare in modo decisivo la progressione del morbo. Anni 1920 - Epidemia nel Madagascar. Si verificarono circa 40.000 casi Anni 1960 - Epidemia in Vietnam. Nel solo 1967 si verificarono nel paese asiatico quasi 6.000 casi. Le epidemie più recenti si sono avute in India (ottobre 1994), Uganda (novembre 1998), in Namibia (maggio 1999) e nel Malawi (luglio 1999). La peste nel XXI secolo 2009 - Il 18 giugno almeno 13 casi di peste bubbonica sono registrati nella Libia orientale. L'epicentro del fenomeno è un villaggio a 30 chilometri da Tobruk, vicino al confine con l'Egitto. 2014-2015 - Una certa preoccupazione ha destato presso l'OMS l'epidemia sviluppatasi nel 2014-2015 in Madagascar che ha raggiunto la capitale Antananarivo e minaccia di espandersi ulteriormente. A tutto il 24 novembre 2014 erano stati registrati 138 casi, tra cui 47 decessi. Nuove epidemie hanno ormai soppiantato l’antica e terribile peste nera. Nei primi anni del XXI secolo si sono registrati tra i 1.000 e i 3.000 casi annuali di peste nel mondo, specialmente in Africa e in Asia ed alcuni focolai vengono saltuariamente segnalati in alcune aree caucasiche e nordamericane (Canada sudoccidentale, Stati Uniti occidentali e meridionali, Messico settentrionale). Una pandemia (dal greco pandemos, "tutto il popolo") è una epidemia la cui diffusione interessa più aree geografiche del mondo, con un alto numero di casi gravi ed una mortalità elevata. Nella storia si sono verificate numerose pandemie, fra le più recenti si ricordano l'"influenza spagnola" nel 1918, l'"influenza asiatica" nel 1957, l'"influenza di Hong Kong" nel 1968, l'HIV.