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le grandi epidemie - allarotondadellardenza allarotondadellardenza
LE GRANDI EPIDEMIE
La peste come malattia specifica viene
identificata solo nel 1894,
quando Alexander Yersin scopre il bacillo
che la provoca (Yersinia pestis), ospitato
dai topi e trasmesso all’uomo dalle pulci
che vivono nella loro pelliccia.
Tuttavia nel Medioevo il termine “peste‟ stava a indicare molti
tipi di malattie caratterizzate da epidemicità e alto tasso di mortalità, come il
colera, il tifo, il morbillo, il vaiolo.
Il nome deriva dal latino pestis, cioè “distruzione‟, “rovina‟,
“epidemia‟,probabilmente affine a peior, pessimus.
La terribile peste che nel Trecento colpisce sia l’Oriente sia l’Occidente non
viene identificata perciò dal nome, intercambiabile con epidemia, ma dai
sintomi visibili descritti dai contemporanei:
bubboni dolorosi alle ascelle, all’inguine e al collo, macchie scure e livide (da
cui peste nera), vomito, convulsioni, febbre, delirio e, nella maggior parte dei
casi, rapida morte.
Così ne scrive Boccaccio:
“Nascevano nel cominciamento
d’essa a’ maschi ed alle femmine
parimenti o nell’anguinaia [agli
inguini] o sotto le ditelle [le
ascelle] certe enfiature [dette]
gavaccioli [che] erano sicuro
indizio di futura morte […] infra il
terzo giorno dell’apparizione de’
sopraddetti segni ...”
La peste compare in
Europa alla fine del 1347.
Arriva dall’Oriente, e più
precisamente dalle regioni
della Mongolia e del
deserto del Gobi, dove è
comparsa negli anni Venti
del XIV secolo.
Nel suo viaggio verso
l’Europa sembra aver
seguito le vie carovaniere
del Nord del Caspio, per
risalire poi il Volga e
discendere verso il Mar
Nero, importante
appendice del
Mediterraneo nel sistema
commerciale basso
medievale.
La diffusione della peste nera
Nel 1347 raggiunge Caffa in
Crimea, ricca colonia della
Repubblica di
Genova, e da questo grande
emporio sulla via dell’Oriente
si propaga velocemente per via
d’acqua, seguendo le galee e le
navi che percorrono l’estesa
rete di rotte commerciali del
Mediterraneo. Nello stesso
anno, infatti, colpisce l’Oriente
bizantino e musulmano, i
grandi porti di Costantinopoli e
Alessandria e penetra in
Europa.
Negli ultimi mesi del 1347, compare a Messina per
diffondersi poi negli altri porti (Genova, Marsiglia,
Venezia, Pisa...) in cui fanno scalo le navi.
Dai porti dilaga nell’entroterra e fino al 1351 percorre
tutta l’Europa muovendo da sud est verso nord.
Uomini e donne di fronte alla morte nera
Si muore nelle case, nei palazzi, per le strade, sulle navi, in viaggio.
Muoiono uomini e donne, vecchi e giovani, ricchi e miserabili, contadini e re.
Di fronte a tante morti le reazioni individuali degli uomini e delle donne sono
apparentemente contraddittorie. Per trovare scampo dalla peste, c’è chi fugge.
Per esempio, fuggono le sette fanciulle e i tre ragazzi del Decameron, ma anche
chi ha delle responsabilità nei confronti della comunità o dei cittadini, come
ecclesiastici o governanti.
C’è chi, all’opposto, ricerca godimenti immediati: banchetta, fa
baldoria e si dà a una vita sfrenata, comportandosi come se ogni giorno fosse
l’ultimo.
Matteo Villani nella
sua Cronica scrive che
“gli uomini [...] si
dierono alla più
sconcia e disonesta
vita che prima non
aveano usata.
Perocchè vacando in
ozio, usavano
dissolutamente il
peccato della gola, i
conviti, taverne e
delizie con dilicate
vivande e giuochi,
scorrendo senza
freno alla lussuria.”
In ogni caso, il terrore e lo smarrimento rompono le strutture consuete della
società.
Boccaccio scrive che “li padri e le madri, i figlioli, quasi loro non fossero, di
visitare e servire schifavano” e Guy de Chauliac, medico presso la corte papale di
Avignone, che “si moriva senza servitore, si veniva sepolti senza prete, il padre non
visitava il figlio, né il figlio il padre, la carità era morta, la speranza annientata.”
Molti, per proteggersi dall’infezione e sfuggire alla morte, trovano
consolazione nella religione e c’è dunque chi prega, canta, digiuna, partecipa a funzioni
religiose e a processioni, compie pellegrinaggi. Molti confidano nel potere di
intercessione della Vergine Maria e dei santi, in particolare di San Sebastiano e San
Rocco.
Questi santi,
infatti, nei quadri
e nelle statue,
sono collegati alle
frecce,
simbolo delle
pestilenze, sulla
scia di una
tradizione
iconografica
classica, che
assimila la collera
degli dei contro
l’umanità alle
frecce scagliate da
Apollo.
San Rocco
San Sebastiano
(Il figlio
di Latona e di Giove) Irato al Sire
destò quel Dio nel campo un feral morbo,
e la gente perìa: colpa d'Atride
che fece a Crise sacerdote oltraggio.
….
L'udì Febo, e scese
dalle cime d'Olimpo in gran disdegno
coll'arco su le spalle, e la faretra
tutta chiusa. Mettean le frecce orrendo
su gli omeri all'irato un tintinnìo
al mutar de' gran passi; ed ei simìle
a fosca notte giù venìa. Piantossi
delle navi al cospetto: indi uno strale
liberò dalla corda, ed un ronzìo
terribile mandò l'arco d'argento.
Prima i giumenti e i presti veltri assalse,
poi le schiere a ferir prese, vibrando
le mortifere punte; onde per tutto
degli esanimi corpi ardean le pire.
Nove giorni volâr pel campo acheo
le divine quadrella.
Iliade - Libro I
Altri, nella coscienza di una colpa da espiare, danno vita al fenomeno,
soprattutto tedesco, di breve durata ma molto popolare, dei flagellanti.
Questi uomini (le donne sono escluse), per placare la collera divina, riuniti in
folti gruppi, vanno di città in città e attirano le folle cantando e flagellando
violentemente in pubblico il proprio corpo con fruste munite di punte
metalliche.
Quanti morirono di peste?
Il carattere lacunoso dei dati a disposizione rende impossibile
calcolare con esattezza i morti di peste in Oriente e in
Occidente.
Per quel che riguarda l‟Europa si ritiene che,
complessivamente, nello spazio di tre o quattro anni, sia
scomparso un terzo della popolazione, stimata intorno ai 75-80
milioni di abitanti all’inizio del Trecento, prima della peste e
dopo tre secoli di continuo incremento, e intorno ai 50 milioni
a distanza di cinquant’anni, dopo la peste.
Il declino della popolazione europea continua per tutto il XIV
secolo, tocca il minimo (30 milioni circa) nei primi decenni del
XV secolo e comincia faticosamente e lentamente ad
aumentare attorno al 1460, dopo oltre un secolo.
Nel lungo crollo demografico europeo, la peste gioca un ruolo
importante, anche perché alla prima pestilenza, la più micidiale (la
peste nera vera e propria) fanno seguito ondate successive di peste, a
intervalli variabili e con vari gradi di intensità e mortalità.
Fra metà Trecento e metà Quattrocento, il periodo più segnato
dalla peste, sono ad esempio state individuate sette ondate a
carattere generale e altre cinque nell’Italia centro-settentrionale;
nel Trecento Firenze viene colpita ben cinque volte e Londra tre.
Dopo il 1348, la
peste dunque
non scompare
dall’Europa,
ma torna a
colpire
ripetutamente,
stabilendosi in
forma
endemica in
tutto
l’Occidente per
quattrocento
anni, fino al
XVIII secolo.
L’ultima grande
pestilenza del
Mediterraneo
è quella di
Marsiglia del
1720.
Non tutta l’Europa è colpita con la stessa
intensità dalla peste nera.
La mortalità varia sensibilmente da paese a
paese, da regione a regione e addirittura da
villaggio a villaggio.
Alcune zone sono quasi spopolate, altre
(poche) restano quasi incolumi dal
contagio.
In generale si può affermare che, come
per tutte le malattie epidemiche,
l’indice di mortalità risulta più alto
nelle aree fittamente popolate e ad
alta circolazione, nelle città più che
nelle campagne.
In Italia, una tra le aree più
urbanizzate dell’Europa, l’epidemia
registra ad esempio valori superiori alla
media europea.
Nel mondo medievale pochi
muoiono di vecchiaia; la maggior
parte muore per malattie
batteriche o virali, per le guerre e
le carestie.
Non a caso una invocazione che,
per secoli e secoli, viene elevata a
Dio recita: “A peste, fame et bello,
libera nos, Domine.”
In quel mondo dunque, malattie,
epidemie, morte non giungono
inattese. Ma quando muore un
numero così elevato di persone,
quando la morte è un fenomeno
repentino, inevitabile,
imprevedibile e di massa si cercano
spiegazioni, che nel Basso
Medioevo sono innanzitutto
religiose.
La Morte Nera: le cause
Il papa Clemente VI, chiuso nel suo palazzo in Avignone, cita espressamente l’ira
divina che punisce con la pestilenza i cristiani. Così, anche la maggior parte delle
cronache occidentali, seguendo il modello interpretativo biblico, individua la causa
della peste nella volontà di Dio che castiga gli uomini per i loro peccati.
La spiegazione medica, invece, che segue la tradizione ippocratico-galenica, pur non
escludendo la volontà divina come causa ultima, addebita la peste alla “corruzione
dell’aere”, all’aria putrida e corrotta che corrompe, rompe l’equilibrio degli umori
del corpo, ed è magari propiziata da comete o eclissi, o dalla particolare
congiunzione di Saturno, Marte e Giove nel segno dell’Acquario.
Scrivono i medici
dell’Università di Parigi:
“Una congiunzione
astrale, insieme ad altre
congiunzioni ed eclissi, è
causa reale della
gravemente mortifera
corruzione dell’aria che
ci circonda, fonte di
mortalità e di carestia
[…] Noi crediamo che la
presente epidemia
provenga direttamente
dall’aria corrotta...”
Capri espiatori, provvedimenti e rimedi
Sia per la medicina sia
per la religione la peste
è quindi il risultato di
fattori ambientali
corrotti (fisici o
metaforici) e dunque
può essere
prevenuta, contenuta e
curata eliminando i
fattori all’origine della
corruzione, ovvero
purificando l’ambiente,
in senso fisico dai
miasmi letali e in senso
metaforico dai peccati o
da gruppi sociali e
individui considerati
corrotti o contaminati.
I numerosi massacri di Ebrei, accusati di diffondere intenzionalmente il morbo, sono
l’esempio più evidente e terribile di ricerca di un capro espiatorio.
L’antisemitismo non inizia con la peste del 1348, tuttavia l’epidemia accelera,
intensifica, diffonde geograficamente la persecuzione nei loro confronti.
Accanto agli Ebrei, sono
accusati di provocare
l’epidemia,
contaminando i pozzi o
l’aria, anche i lebbrosi o
altri gruppi marginali
come maghi, streghe,
vagabondi o prostitute.
Di fronte alla terribile moria, i rituali
ecclesiastici di devozione personale e collettiva
(preghiere, processioni, penitenze,
pellegrinaggi, esposizione di reliquie ….) offerti
dalla Chiesa sono inadeguati e la medicina, che
non conosce né la causa né il modo in cui la
peste si diffonde, è impotente.
I rimedi terapeutici e dietetici proposti, di cui si
trova traccia nei numerosi Consigli contro la
peste (la cui finalità pratica è chiaramente
manifesta), sono scarsamente efficaci se non
inutili e bizzarri: salassi e clisteri ripetuti,
fumigazioni con erbe aromatiche, chiodi di
garofano, bacche di alloro e di ginepro da
tenere in bocca per protezione, acqua di rose e
aceto per lavarsi viso e mani, dare aria alle
stanze ma aprendo solo le finestre esposte a
nord, non dormire durante il giorno …
Tuttavia, fin dal 1348,
innanzitutto nelle città,
vengono messe in atto delle
misure per limitare l’epidemia.
I provvedimenti, già impiegati
contro altre malattie
epidemiche più familiari,
tentano di limitare i movimenti
degli uomini e delle merci con
quarantene e di migliorare le
condizioni igieniche urbane , ad
esempio con la rimozione dei
rifiuti e di tutto ciò che causa
cattivi odori o con la
regolamentazione delle
sepolture .
Il forte calo
demografico per le
epidemie ripetute,
dopo la grande
peste del 1348, ha
importanti effetti
sulle campagne e
sulle città d’Europa,
che conoscono
alcune
trasformazioni di
segno opposto a
quelle avvenute nei
secoli tra il X e il
XIII, quando la
popolazione era
aumentata, erano
nati nuovi villaggi,
si erano estese le
terre coltivabili, era
cresciuta la
produzione.
Gli effetti delle ondate di peste
In generale, si può affermare che nel tardo Trecento molti villaggi sono
abbandonati e cadono in rovina; molti campi restano incolti e ben presto
vengono riconquistati dalla natura; intere aree si spopolano e si impaludano, come la
Maremma; la maggioranza delle città perde circa il 40% della popolazione; calano le
rendite signorili e scoppiano numerose rivolte popolari, sia in campagna (la jacquerie
francese ad esempio) sia nelle città (come il tumulto dei Ciompi a Firenze), segno
comunque di un malessere diffuso.
Nel 1348 la mortalità fu altissima: dato che
in Europa la peste non compariva dal VII
secolo, epoca in cui terminò la cosiddetta
"peste di Giustiniano" descritta da Procopio
di Cesarea e iniziata nel 542-543, non
esisteva più una "memoria immunitaria"
per questa malattia e quindi la forma più
frequente di manifestazione fu quella
polmonare, a contagio inter-umano (cioè
non mediata dalla pulce), e con una
mortalità prossima al 100%.
In un secondo tempo e
specialmente nelle epidemie
degli anni seguenti la peste si
propagò nella forma
bubbonica, sensibilmente
meno letale.
Molti fattori di
indubbia crisi, però,
sono controbilanciati
da altri positivi: si
rimescola la
popolazione per il
ripopolamento dei
luoghi abbandonati o
perché molti si
trasferiscono nelle
città; si abbandonano
le terre meno
produttive e si
diversificano le
attività e le colture
(dalla vite
all’allevamento)
E ancora: terre, beni, botteghe cambiano proprietari e in molti luoghi si verifica una
concentrazione di fortune; il costo della manodopera, sia in città che in campagna
sale; cresce la ricchezza
pro capite; calano i
prezzi dei cereali e,
anche se la vita del
contadino rimane per lo
più quella della mera
sussistenza, migliorano
le condizioni di vita per
una percentuale
significativa della
popolazione; le classi
dominanti cittadine
scomparse vengono
sostituite (in Toscana
comincia, ad esempio,
l’ascesa dei Medici).
Si verificano,
insomma, una serie di
cambiamenti che
portano a una
ristrutturazione della
società medioevale e
che, per convenzione,
vanno sotto
il nome di crisi del
Trecento, dove in
questo caso la parola
“crisi” non significa
automaticamente
decadenza per tutti gli
storici.
La storia dell'antichità riporta numerose
descrizioni di epidemie di peste; tuttavia,
dato che il termine veniva usato
generalmente per indicare pandemie a
letalità elevata non si può parlare con
certezza di pandemie pestose prima di
quella cosiddetta di Giustiniano (VI secolo
d.C.), che devastò il bacino del
Mediterraneo. Da alcune descrizioni pare
che alcuni focolai fossero già presenti nel
Nord Africa intorno al III Secolo dell'era
cristiana.
Il greco Tucidide è il primo storico a
descrivere accuratamente un'epidemia
che si suppone di peste, anche se alcuni
moderni epidemiologi ritengono dalla
descrizione che possa essersi trattato
anche di vaiolo.
La peste nell’antichità
Tucidide narra gli eventi di Atene durante la
guerra del Peloponneso (431-430 a.C.).
Nella descrizione della peste
che colpì gravemente la città nel
430-429 a.C., egli mostrò tutta
la sua bravura nell'osservazione
acuta e nell'attenta analisi degli
eventi.
Difatti enumerò i sintomi e gli
effetti sul corpo con grande
precisione e scrupolosità, per
poi allargarsi alle ripercussioni
sull'anima. La solitudine, lo
scoraggiamento, la minaccia alle
norme della convivenza umana,
la sfrenatezza dei costumi, così
come le descrisse Tucidide,
verranno prese ad esempio da
vari altri scrittori di epoche
successive.
La popolazione dell'Attica perse almeno circa
60.000 persone su quasi 300.000 abitanti
Alcuni testi egizi del secondo millennio a.C.
descrivono alcune gravi epidemie di quella che
convenzionalmente viene chiamata peste, così
come ne parlano gli Ittiti, della Mesopotamia
(l'attuale Iraq).
Anche nella Bibbia si parla di pestilenze ed
epidemie, a testimonianza della frequenza di
questi eventi.
Dopo il 1348 la peste nera rimarrà in Europa
per i successivi 200 anni, anche se fino al '600
colpì per lo più in forma attenuata e senza
coinvolgere tutto il continente in un'unica
epidemia.
Ma bisognerà aspettare il XIX secolo per arrivare a quelle significative scoperte in
campo medico e scientifico che hanno permesso di comprendere l'origine e le
modalità di diffusione del morbo.
Notevoli furono però, in Italia e nelle regioni limitrofe, le epidemie del 1360
(peste dei bambini, morirono quasi esclusivamente minori), 1404, 1527-1529,
1575-1577 (peste di San Carlo Borromeo), 1589 (peste d'Ivrea, perché si limitò
ad alcune zone del Piemonte orientale e delle alpi che erano state risparmiate
dalla peste del 1577), 1598 .
Ma anche dopo il 1348 le epidemie continuano…
Alcuni aspetti di queste pestilenze medioevali e rinascimentali si
differenziano dalla normale eziologia della "Yersinia pestis"
contemporanea. In particolare chi si ammalava di peste, se era così
fortunato da sopravvivere, sviluppava poi un'immunità totale, cosa
che con la Yersina non funziona, poiché l'immunità è solo
temporanea e limitata a pochi anni.
La peste di Milano del 1630 è descritta anche dal Manzoni nel celebre
romanzo I promessi sposi e nel suo saggio storico Storia della colonna
infame.
Il Manzoni trasse ispirazione da un resoconto dettagliato scritto dallo storico
e canonico milanese Giuseppe Ripamonti nel 1340, su incarico del Senato di
Milano.
Questa epidemia imperversò in
maniera indiscriminata in tutta
la società.
Colpite furono così sia le piccole
comunità rurali, sia le città,
poiché morirono molti artigiani
specializzati, mercanti, tecnici,
imprenditori, e persone dotate
di competenze elevate. La
ripresa fu lenta e difficoltosa.
Clicca sull’immagine e leggi queste famose
pagine di A. Manzoni tratte dai Promessi Sposi
La peste scardinò il sistema produttivo e impedì che si riformasse in tempi
brevi, aumentando in maniera artificiale il costo di alcuni lavori rispetto ad
altri, privando le campagne di braccia in eccesso che sarebbero accorse nelle
città per ripianare i buchi.
L'intera economia manifatturiera del settentrione italiano ne risultò
danneggiata, ed impiegò molti anni per rigenerarsi, proprio in un momento
cruciale di competizione con l'Olanda e l'Europa settentrionale che ne uscì
avvantaggiata.
Durante l'epidemia gli usi, i costumi e le abitudini consuete subivano pesanti alterazioni,
dato che le autorità vietavano assembramenti,balli, feste, viaggi.
Per limitare il contagio si erigeva, attorno alla città, il cordone sanitario che consentiva
l'ingresso nei centri solo ai possessori del certificato di sanità, si formavano ronde nei punti
di accesso alla località sia stradali sia marini, si attrezzavano appositi ospedali di cura
solitamente lontani dalla città, si organizzavano pulizie straordinarie per le strade e
nei pozzi neri, era prevista la quarantena o addirittura il rogo per le navi arrivate da luoghi
sospetti.
Per saperne di più sui lazzaretti di
Livorno clicca sull’immagine
Alcune città venivano suddivise in quartieri affidati a commissari,
medici, chirurghi e speziali.
Tra le misure precauzionali vigeva l'allontanamento dei mendicanti forestieri e il
controllo delle case insalubri, sporche e dei poveri, considerati possibili veicoli di
contagio.
I medici segnalavano ai commissari i nuovi casi sospetti e la casa di questi ultimi
veniva immediatamente sprangata con gli abitanti dentro; l'isolamento era
interrotto solamente da personale autorizzato che prima di toccare oggetti
appartenenti agli infetti, lo immergevano nell'aceto per disinfettarlo.
I medici, durante le loro visite ai malati,
indossavano una specie di toga lunga e
incerata, una maschera dotata di occhiali e di
un lungo becco con spezie all'interno che
rendeva più difficile il contagio.
Ai ricchi era concesso di farsi curare a casa, risparmiandosi così il trasferimento e le
cure gratuite nel lazzaretto. Peraltro le famiglie del malato rimaste isolate, se erano
povere, ricevevano gratuitamente il vitto.
Dopo la morte del malato, tutta la sua biancheria veniva bruciata e si punivano
severamente gli atti di sciacallaggio.
Inutile dire che a quei tempi abbondavano i ciarlatani convinti di aver inventato
gli antidoti, quali macerazioni nel vino di varie sostanze naturali
(aglio, salvia, ruta, pepe, noce, ecc.), profumi, unguenti, e fumi di mirra, incenso.
I medici dell'epoca invece
consigliavano di consumare pasti
leggeri a base
di carni magre, verdure, pane ben
cotto, certamente preferibili
ai fritti, ai dolci; di dormire in una
camera profumata e con le finestre
chiuse e di mantenere pulite le
lenzuola, di sottoporsi al salasso e
più raramente a interventi
chirurgici.
La peste di Londra del 1665
Nel 1665 un'epidemia di peste diffusasi
in Inghilterra portò alla morte un
numero di persone compreso tra 75.000
e 100.000, vale a dire più di un quinto
dell'intera popolazione di Londra.
Storicamente si ritiene che la malattia
sia stata un'infezione di peste
bubbonica trasmessa attraverso la
puntura delle pulci dei ratti o tramite il
morso dei ratti stessi o di altri roditori.
La peste del 1665-1666, comunque, si
diffuse in maniera ridotta rispetto
alla peste nera.
È tuttavia denominata "grande" perché
fu una delle ultime malattie che ebbero
una larga diffusione sul territorio
britannico.
L'elenco dei morti del 1665 in
un documento dell'epoca
I resoconti
dell'epoca parlano
inizialmente di
mille morti a
settimana; questi
conteggi si alzano
poi a duemila, per
poi raggiungere,
nel settembre del
1665, le settemila
vittime a
settimana.
Alla fine
dell'autunno il
contagio cominciò
a placarsi ed il re e
la corte poterono
fare ritorno in
città.
Probabilmente l’epidemia
arrivò in Inghilterra tramite
navi da commercio
olandesi che trasportavano
cotone da Amsterdam.
Episodi di peste continuarono
ancora per qualche mese fino
allo scoppio di un grande
incendio, che devastò gran
parte della città di Londra.
L'avvento della Rivoluzione industriale a
partire dalla fine del XVIII secolo mise
fine nel giro di pochi decenni alle
epidemie in Europa.
Un notevolissimo miglioramento delle
condizioni socio-economiche e igienicosanitarie di gran parte della popolazione
dei paesi occidentali contribuirono al
debellamento della malattia, assicurando
inoltre una più regolare produzione
agricola che scongiurò le periodiche
carestie sempre presenti nei secoli
precedenti.
Case operaie
Tali fattori hanno
quindi determinato a
partire dal XIX secolo la
scomparsa pressoché
totale delle epidemie
di peste dallo scenario
europeo.
Nuove opere di urbanizzazione
C’è chi afferma che sia stata proprio la tragedia umana
della peste a mettere in crisi le concezioni e i valori
medievali, a scuotere le certezze della fede, a provocare i
cambiamenti che conducono ai tempi moderni, in
definitiva ad aprire le porte al Rinascimento.
Per questa e altre ragioni, molti storici considerano la
peste nera e le epidemie successive come uno spartiacque
nella storia europea.
In sintesi
La storia di una città di mare
si intreccia spesso con eventi
legati all’esplodere di crisi
sanitarie legate ad epidemie
di colera. Livorno, che nel
corso della sua esistenza ha
affrontato ben sette
gravissime epidemie (la
prima nel 1835 l’ultima nel
1911) fu una delle prime città
a dotarsi di un ufficio
sanitario di igiene ed ad
emettere ordinanze recanti
indicazioni di profilassi e
prevenzione della malattia; in
quest’ottica è
particolarmente
interessante l’intervento
sanitario adottato nella
città dall’Ufficio di Igiene
presieduto dal Prof. Dott. Ivo
Bandi,durante l’ultima
grande epidemia del 1911.
Il caso di LIVORNO
Clicca sull’immagine della
Madonna di Montenero
La peste nel Novecento
1894-1906 - Terza grande pandemia:
coinvolge India, Canton, Hong Kong, Taiwan e Giappone.
Solo a Canton le vittime furono tra 40.000 e 100.000 con un
tasso di mortalità stimato dell'80%. In India le vittime
furono 11.000.000. Durante l'epidemia a Taiwan, Alexandre
Yersin isola il batterio e crea un siero che si dimostra
efficace nel rallentare in modo decisivo la progressione del
morbo.
Anni 1920 - Epidemia nel Madagascar. Si verificarono circa
40.000 casi
Anni 1960 - Epidemia in Vietnam. Nel solo 1967 si
verificarono nel paese asiatico quasi 6.000 casi.
Le epidemie più recenti si sono avute
in India (ottobre 1994), Uganda (novembre 1998),
in Namibia (maggio 1999) e nel Malawi (luglio 1999).
La peste nel XXI
secolo
2009 - Il 18 giugno almeno 13 casi di
peste bubbonica sono registrati
nella Libia orientale. L'epicentro del
fenomeno è un villaggio a 30
chilometri da Tobruk, vicino al confine
con l'Egitto.
2014-2015 - Una certa preoccupazione
ha destato presso l'OMS l'epidemia
sviluppatasi nel 2014-2015 in
Madagascar che ha raggiunto la
capitale Antananarivo e minaccia di
espandersi ulteriormente. A tutto il 24
novembre 2014 erano stati registrati
138 casi, tra cui 47 decessi.
Nuove epidemie
hanno ormai
soppiantato l’antica
e terribile peste
nera.
Nei primi anni del XXI secolo si sono registrati tra i 1.000 e i 3.000 casi annuali
di peste nel mondo, specialmente in Africa e in Asia ed alcuni focolai vengono
saltuariamente segnalati in alcune
aree caucasiche e nordamericane (Canada sudoccidentale, Stati
Uniti occidentali e meridionali, Messico settentrionale).
Una pandemia (dal greco pandemos, "tutto il popolo") è
una epidemia la cui diffusione
interessa più aree geografiche del
mondo, con un alto numero di
casi gravi ed una mortalità
elevata. Nella storia si sono
verificate numerose pandemie,
fra le più recenti si ricordano
l'"influenza spagnola" nel 1918,
l'"influenza asiatica" nel 1957,
l'"influenza di Hong Kong"
nel 1968, l'HIV.
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