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Introduzione alla scrittura devan ¯agar¯ı

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Introduzione alla scrittura devan ¯agar¯ı
Introduzione alla scrittura devan āgarı̄
Giulio Geymonat
website: www.sanscrito.it
i
www.sanscrito.it
La scrittura devanāgarı̄
ii
Indice
1 Premessa
1.1 Colpo d’occhio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1
1
2 Un “alfabeto sillabico”
2.1 Le consonanti . . . . . . . . .
2.1.1 Il “tratto distintivo” . .
2.2 Le vocali . . . . . . . . . . .
2.2.1 I segni vocalici . . . .
2.2.2 I modificatori vocalici
2.3 Varianti . . . . . . . . . . . .
2.4 I numeri . . . . . . . . . . . .
2.5 Altri segni . . . . . . . . . . .
2
3
4
5
5
6
6
7
7
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3 Prospetto riassuntivo dell’alfabeto
4 I “congiunti” consonantici
4.1 Rimozione dell’elemento verticale
4.2 Impilazione dei caratteri . . . . .
4.3 Trasformazione dei caratteri . . .
4.4 Il caso di (ra) e (śa) . . . . . .
4.5 Composti irriconoscibili . . . . .
8
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9
9
9
9
10
11
5 Calligrafia
11
6 Tabella dei composti consonantici
13
www.sanscrito.it
La scrittura devanāgarı̄
1
1 Premessa
La scrittura devanāgarı̄ (termine sanscrito che significa letteralmente “(scrittura) della città degli dèi” probabilmente perchè originaria di una qualche città importante) è quella con cui solitamente troviamo scritti i testi in
sanscrito. La devanāgarı̄ (il termine è di genere femminile in sanscrito) è una grafia indiana relativamente recente
che ha però di fatto soppiantato le altre grafie indiane per quanto riguarda la scrittura del sanscrito. Si può dire che
ormai il sanscrito viene scritto solo o in devanāgarı̄ o in trascrizione (esistono in realtà ancora pubblicazioni in
sanscrito in alfabeti del Sud dell’India, ma sono pochissime e ad esclusivo utilizzo locale 1 ).
Storicamente però si sono utilizzate molte scritture per il sanscrito, e questo perchè il sanscrito è stato utilizzato
come lingua di cultura e di prestigio su un territorio molto vasto, addirittura oltre i confini del subcontinente indiano
(per esempio in Indonesia): la lingua era sempre la stessa, ma le scritture adottate erano quelle in uso localmente.
Con ciò, vista l’importanza di una pronuncia corretta, ogni alfabeto in cui storicamente si scrisse in sanscrito
riusciva a rappresentarne tutti i suoni ed ognuno in modo univoco, per non dare luogo ad imprecisioni 2.
1.1 Colpo d’occhio
Proviamo a fare alcune considerazioni di tipo meramente “grafico” osservando un esempio di scrittura in devanāgarı̄ (Bhagavadgı̄tā IV, 20-23), allo scopo di cominciare a mettere a fuoco alcune caratteristiche tipiche di
questa grafia.
(
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12
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J
+K
Possiamo notare:
• una linea orizzontale superiore che “sostiene” la scrittura, linea ogni tanto “superata” da elementi ricurvi e
che ogni tanto si interrompe lasciando uno spazio fra un “blocco” e l’altro;
• sotto questa riga superiore, ma ad essa sempre congiunto, troviamo quello che con ogni probabilità è il corpo
principale della grafia, che alterna tratti più arrotondati con altri più squadrati;
• sotto la “linea di base” del corpo centrale delle lettere vi sono sporadicamente degli elementi, perlopiù
arrotondati e di proporzioni ridotte;
• a destra di alcuni dei “blocchi”, per esempio l’ultimo della prima, seconda, terza, quinta e settima riga,
troviamo due “puntini” uno sopra l’altro;
1 Per
esempio manuali per bambini di sanscrito elementare in Malayalam, lingua appunto del Sud.
di simile avviene quando scriviamo in trascrizione utilizzando i segni diacritici, che di fatto ci permettono di scrivere del vero
sanscrito, lingua storicamente scritta con più grafie.
2 Qualcosa
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La scrittura devanāgarı̄
2
• nella prima, nella quarta e nell’ultima riga vediamo anche un singolo puntino sopra la linea superiore;
• possiamo notare ancora dei trattini verticali un po’ a destra del testo, uno solo o due di seguito e, quando ce
ne sono due, dei “segni” isolati da essi 3 ;
• notiamo infine che tutti i tratti “dritti” (orizzontali o verticali) sono spessi, mentre quelli “curvi” sono
caratterizzati da un’alternanza di tratto spesso e sottile (vedi sotto La calligrafia).
2 Un “alfabeto sillabico”
La devanāgarı̄ appare come una specie di ibrido fra un vero e proprio alfabeto (tipo il nostro, dove ogni lettera
rappresenta un suono) e una scrittura sillabica, dove cioè l’unità minima di scrittura è la sillaba. Questa apparente
contraddizione è dovuta al fatto che in devanāgarı̄ il carattere consonantico “possiede”di per sé un suono vocalico,
nella fattispecie una “a ” breve, e forma cosı̀ una sillaba.
In devanāgarı̄ la scrittura procede dunque il più possibile sillaba per sillaba, e data una sequenza consonantevocale è la consonante ad avere “preminenza grafica”. Notiamo subito che tale sequenza sillabica, che dobbiamo
considerare come il “passo normale” di questa grafia (con la menzionata preminenza grafica della consonante)
viene ricercata anche quando consonante e vocale appartengono in realtà a due parole distinte, che dunque graficamente si troveranno unite in un unico “blocco”. Ne consegue che i “blocchi” che saltano subito agli occhi
osservando un passo in devanāgarı̄ spesso sono formati da più parole 4 .
Poichè in sanscrito non abbiamo mai una parola con due vocali di seguito (e questo ha a che vedere con
la lingua, non con la grafia), ne risulta che possiamo scrivere “gran parte” del sanscrito come una sequenza di
“caratteri sillabici” consonante o più consonanti 5-vocale. Restano “fuori” da questo schema (cioè la sequenza
consonante/i-vocale) i casi in cui abbiamo una vocale non preceduta da una consonante, la cosiddetta vocale in
posizione isolata6 , e quelli in cui abbiamo una consonante non seguita da vocale alla fine di un periodo .
Nel caso della vocale in posizione isolata useremo quello che possiamo chiamare il “carattere vocalico” (in
opposizione al “segno vocalico” che è quello appunto “ridotto” utilizzato dopo una consonante), cioè una vera e
propria lettera gaficamente “all’altezza” della consonante. Per quanto riguarda la consonante finale cui non segue
un suono vocalico (in pratica solo alla fine di una frase o di un verso, o quando citiamo una singola parola, un tema
o una radice terminante per consonante) dobbiamo utilizzare un segno che si appone sotto la consonante (chiamato
in sanscrito virāma) che ha la funzione di “togliere” la “a” inerente e con essa ogni suono vocalico 7.
3 Si
tratta della numerazione dei versi. Ricordiamo en passant che dobbiamo agli indiani antichi l’invenzione del sistema decimale.
invece trascriviamo un testo dalla devanāgarı̄ solitamente stacchiamo ogni singola parola per facilitare la comprensione del testo,
ma non di rado la lettura ne può risentire risultando meno fluida.
5 Come vedremo, quando due o più consonanti si uniscono fra loro sarà l’ultima a “reggere” la vocale. La/e consonante/i che precedono
invece si “fondono” l’una nell’altra eliminando in questo modo la “a” inerente.
6 All’inizio di frase o dopo la creazione di uno iato per la caduta di un visarga finale di parola.
7 Ne troviamo un esempio alla fine della quarta riga del passo citato all’inizio (appunto la fine di un verso).
4 Quando
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La scrittura devanāgarı̄
3
2.1 Le consonanti
Come detto, in devanāgarı̄ prevalgono le consonanti, vera “struttura portante” della grafia, a cui si attaccano delle
forme “ridotte” della vocale. Per questo, e per il fatto che le vocali, avendo due forme distinte (“ridotta” dopo una
consonante e “completa” in posizione isolata, quando cioè non è preceduta da un suono consonantico), possono
creare qualche ulteriore difficoltà, cominciamo la descrizione dell’alfabeto 8 dalle consonanti.
Di seguito le 33 consonanti del sanscrito 9 in devanāgarı̄:
Gutturali:
Palatali:
Retroflesse:
Dentali:
Labiali:
Semivocali:
Sibilanti:
Aspirata:
ka
kha
ga
gha
ṅa
ca
cha
ja
jha
ña
.ta
.tha
d
.a
d
. ha
n
.a
ta
tha
da
dha
na
pa
pha
ba
bha
ma
ya
ra
#
la
$
va
śa
s.a
sa
"
%
!
ha
Osservando attentamente l’insieme dei “caratteri consonantici 10” possiamo indicarne una serie di caratteristiche11 :
-Presenza di un elemento verticale La maggior parte dei caratteri consonantici ha un elemento verticale, che
generalmente rappresenta il “limite destro” del carattere.
Per esempio: (kha), (ga), (gha), (ca), (ja), (jha), (ña), ecc.
Solo (ka) e (pha) hanno l’elemento verticale ma posto non all’estrema destra del carattere stesso.
-Caratteri senza elemento verticale Questi invece i caratteri che non hanno un elemento verticale:
la nasale gutturale (ṅa), la palatale aspirata (cha), le retroflesse (t. a), (t.ha), (d
. a),
dentale dolce (da), le semivocali (ra) e (la), e l’aspirata % (ha).
(d.ha), la
-Presenza di un tratto superiore orizzontale Tutti i caratteri hanno un tratto orizzontale superiore che “chiude”
il carattere.
Possiamo notare che tale linea è nella maggior parte dei casi continua, ma si interrompe a metà del carattere
in (tha), (dha) e (bha).
8 Come
detto la natura sillabica della scrittura devanāgarı̄ è solo apparente, poichè in realtà si tratta di un vero e proprio alfabeto.
una descrizione dei suoni del sanscrito, dei punti articolatori, delle varie classi di consonanti e del sistema di trascrizione qui adottato
vedi: “I suoni del sanscrito: alfabeto in trascrizione e pronuncia delle parole”.
10 Uso questa dicitura per intendere l’insieme “consonante+a breve” tipico della grafia in esame
11 In parte già notate dando uno sguardo d’insieme ad un passo in devanāgarı̄, vedi Colpo d’occhio.
9 Per
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4
-Maggiore “espansione” di alcuni caratteri Tutti i caratteri hanno uguale altezza, ma alcuni (in particolare quelli che esprimono le occlusive aspirate) risultano essere più corposi di altri.
Compariamo per esempio (ka) con (kha), o (ga) con (gha), o (ca) con (cha), o ancora
(da) con (dha) : ne risulta una maggiore “espansione” del carattere che esprime l’aspirata.
-Somiglianza fra caratteri Osservando con attenzione, possiamo individuare alcuni caratteri somiglianti fra loro.
(gha) e (dha) si distinguono quasi esclusivamente per il fatto che il tratto superiore orizzontale è continuo in e “spezzato” in . Lo stesso si può dire comparando (ya) con (tha), e (ma) con (bha).
! (va) e (ba) si distinguono solo per il tratto obliquo che “taglia” l’elemento circolare a sinistra del tratto
verticale; mentre è solo un puntino a destra del carattere che distingue (ṅa) da (d. a).
(pa) e (pha) si distinguono invece per l’elemento ricurvo al di là dell’elemento verticale che caratterizza (pha).
-Elementi grafici ricorrenti Esistono, oltre alle menzionate somiglianze fra caratteri, degli elementi grafici che
ricorrono in caratteri altrimenti dall’aspetto diverso.
Comparando (ra) con (kha) e $ (sa) possiamo vedere questi ultimi due come “costruiti” a partire
da una 12 (ra).
(pha) e (ka) invece hanno in comune l’elemento ricurvo a destra del tratto verticale.
-Alternanza tratto pieno/tratto sottile Notiamo infine che si distinguono un tratto più spesso ed uno più sottile,
alternanza tipica di questa grafia 13 .
2.1.1 Il “tratto distintivo”
Al di là di somiglianze, elementi ricorrenti, e tipologie divergenti 14, ogni carattere consonantico possiede un suo
“tratto distintivo” che lo distingue da ogni altro rendendolo “leggibile”. In altre parole si definisce “tratto distintivo”
di ogni carattere quella parte del carattere che non si trova in nessun altro.
È dunque evidente che nessuno degli elementi ricorrenti individuati in precedenza costituiscono il tratto distintivo dei singoli caratteri. Al contrario sarà proprio “sottraendo” gli eventuali elementi ricorrenti in altri caratteri
che individueremo il tratto distintivo di ogni carattere cogliendone in tal modo l’unicità al di là di ogni possibile
somiglianza con altri caratteri.
Ne consegue una netta distinzione tipologica fra i caratteri con il tratto verticale, il cui tratto distintivo è la parte
a sinistra del tratto stesso15 , e quelli “tondeggianti” il cui tratto distintivo equivale all’intero carattere, poichè non
è possibile “rimuovere” alcunchè senza comprometterne la riconoscibilità.
L’importanza del tratto distintivo è duplice: da un lato è la parte che l’occhio cerca in fase di lettura, cioè quello
su cui si deve concentrare l’attenzione per decifrare la grafia; d’altro lato è la parte del carattere consonantico che si
mantiene quando “fondiamo” due o più caratteri consonantici per rappresentare una sequenza di consonanti senza
vocali fra loro (vedi I “congiunti” consonantici).
Va notato infine che nel caso di gha e dha, tha e ya, e bha e ma, il tratto orizzontale
superiore (fondamentale per distinguere tali caratteri fra loro) fa parte del tratto distintivo 16 .
12 A ben guardare esiste anche una relazione fra (ra) e
(ga) in quanto l’elemento a sinistra del tratto verticale di quest’ultima è uguale, o
comunque molto simile, alla metà superiore della .
13 Che però si perde usando le normali biro, matite o penne stilografiche. Vedi La calligrafia.
14 In particolare l’aspetto più squadrato o più tondeggiante.
15 Uniche eccezioni
(ka) e (pha) il cui tratto distintivo comprende l’elemento verticale e solo la parte “ascendente” dell’elemento
ricurvo a destra del tratto verticale.
16
e
si distinguono anche per quella specie di ricciolo a sinistra dell’interruzione del tratto orizzontale in .
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La scrittura devanāgarı̄
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2.2 Le vocali
Come detto in devanāgarı̄ ogni vocale ha due forme: una graficamente più “importante” (l’abbiamo chiamata
“carattere vocalico”) ma molto meno frequente, l’altra graficamente “ridotta” (“segno vocalico”) ma più frequente.
Questo è dovuto al fatto che il “carattere vocalico” si usa esclusivamente quando la vocale non è preceduta da una
consonante, cosa che avviene solo all’inizio della frase (o verso), o dopo uno iato, cioè una pausa, uno “spazio”,
che si crea fra la fine della parola e quella successiva (cominciante appunto per vocale) in conseguenza della caduta
di un visarga finale di parola 17 . In tutti gli altri casi (dove esiste una sequenza consonante-vocale) usiamo invece
il segno vocalico.
I caratteri vocalici
Osserviamo la serie dei caratteri vocalici:
Vocali di base18 :
Dittonghi:
& & ' '(
) *
+ , - .
a
ı̄
u
ū
.r
e
ai
o
au
ā
i
/ /0 &0 &1
.r̄
.l
.l̄
Notiamo che:
• anche le vocali, come le consonanti, sono caratterizzate da un tratto orizzontale superiore che chiude il
carattere; in & (a), & (ā), &0 (o) e &1 (au), il tratto “lascia fuori” una parte del carattere;
• prevalgono le forme arrotondate;
• solo in alcuni caratteri vocalici esiste un elemento verticale:
•
•
& (a), & (ā), + (r. ) , (r̄.) &0 (o) &1 (au);
& (a) e & (ā) si differenziano solo per la presenza di un tratto verticale in più nella forma lunga;
&0 (o) e &1 (au) possono essere entrambi visti come “costruiti” su una & (ā), e si differenziano tra loro
solo per la presenza in au (&1) di quella specie di occhiello in più sopra il tratto orizzontale ; notiamo la
diversa lunghezza e inclinazione degli elementi “a occhiello ”;
•
•
/ (e) e /0 (ai) si differenziano per la presenza in ai (/0) dell’elemento a occhiello sopra il tratto orizzontale;
+ (r.) e , (r̄.) si differenziano solo per la presenza in r̄. (,) di un “ricciolo” in più nella parte inferiore del
carattere; lo stesso vale per - (l. ) e . (.l̄).
2.2.1 I segni vocalici
Sappiamo già che i segni vocalici si utilizzano quando la vocale è preceduta da una consonante. Vediamo a titolo
d’esempio (i segni vocalici sono sempre gli stessi a prescindere dalla consonante a cui sono uniti) i segni vocalici
con la consonante (ka) :
17 A causa del cosiddetto fenomeno del sandhi, termine sanscrito che significa “giustapposizione” e col quale si indicano una serie di regole
che codificano tutte le possibili trasformazioni, e le trasformazioni stesse, che avvengono nell’incontro fra la parte finale di una parola e la parte
iniziale di quella successiva all’interno di una frase. Trasformazioni fra cui si annovera anche, appunto, la creazione di uno iato.
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La scrittura devanāgarı̄
6
2 3 32 4 5 6 7 8 9
ka
kā
ki
kı̄
ku
kū
kr.
0 1 20 21
ke
kai
ko
kr̄.
kl.
k.l̄
kau
Proviamo a fare qualche osservazione:
• come già sapevamo il segno vocalico per esprimere la a è uguale a zero (s’è detto che il carattere consonantico “possiede” di per sé una a breve);
• il segno vocalico della ā è un tratto verticale che si aggiunge dopo la consonante;
• il segno vocalico della i è invece un tratto verticale che prosegue con una specie di gancio al di sopra del
tratto orizzontale che si mette prima della consonante (è quest’ultima una caratteristica unica della i); il
segno vocalico della ı̄ è simile (ma non del tutto identico) a quello della i ma si mette dopo la consonante a
cui si riferisce;
• i segni vocalici di u e ū si segnano invece con un elemento tondeggiante sotto la consonante. Notare che
l’inclinazione e il “verso” di tale elemento differisce fra la breve e la lunga;
• i segni vocalici di .r e .r̄ anche si appongono sotto la consonante: un “ricciolo” per la breve, due per la lunga;
• .l e .l̄ usano un segno vocalico che è una forma rimpicciolita del carattere;
• o e au “usano” del carattere vocalico solo l’elemento verticale, mentre e e ai si marcano rispettivamente con
uno e due “occhielli” posti sopra la consonante.
Si notino:
r + u = ru
r + ū = rū
:
:
+
+
) = ;
* = <
2.2.2 I modificatori vocalici
I due modificatori vocalici 19 , l’anusvāra (m
. ) e ilvisarga (h.), corrispondenti rispettivamente ad una nasalizzazione
ed ad un’aspirazione della vocale precedente 20, si rendono in devanagari con un punto sopra il tratto orizzontale
superiore (per esempio = kam
. ) e con due punti uno sopra l’altro sotto il tratto orizzontale superiore e a destra della
vocale a cui si riferisce (per esempio > kah. ).
Notare i modificatori vocalici dopo una i breve:
3= (kim.), 3> (kih.).
2.3 Varianti
Alcuni caratteri vocalici e consonantici hanno delle forme alternative, più rare. Esse sono:
•
•
•
?, ?, ?0, ?1 per &, &, &0 , &1 (a, ā, o , au)
@, A per +, , (r., .r̄)
B per (jha)
19 Ne esiste anche un terzo, chiamato anunāsika, che non si distingue dall’anusvāra quanto a pronuncia e si rende con un punto e un
archetto sopra il tratto orizzontale, come nel famosissimo mantra . E’ utilizzato in Vedico e nei mantra monosillabici.
20 Vedi: “I suoni del sanscrito: alfabeto in trascrizione e pronuncia delle parole”.
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•
•
•
•
La scrittura devanāgarı̄
7
C per (n.a)
D per (la)
E per F (ks.a)
G per H (jña)
2.4 I numeri
Di seguito i numeri da 0 a 9:
I J K L M N O P Q R
0 1 2 3 4 5 6 7 8
Di seguito le varianti per alcuni numeri:
9
S T U V W X
1 4 5 6 8 9
Tali numeri si usano esattamente come i nostri (infatti dobbiamo il sistema decimale, giuntoci attraverso gli
arabi, prorio agli indiani).
Esempi:
KIIU
2005
SIVV
1066
2.5 Altri segni
Gli unici segni di interpunzione in devanāgarı̄ sono uno o due tratti verticali ( Y o Y Y), che hanno la funzione, in
poesia, di segnare il semi-verso (un tratto solo) e la fine del verso (due tratti), e in prosa di segnare la fine della
frase (tratto singolo) e quella del paragrafo (tratto doppio) 21.
Esiste un segno chiamato avagraha (Z) che si usa per indicare la caduta (per effetto del sandhi 22 ) di una a
breve, reso in trascrizione da una specie di apostrofo. Per esempio:
$0Z%: so ham ‘quello io sono’.
Ricordiamo infine il virāma che si appone sotto i caratteri consonantici per rimuovere la a inerente. Per
esempio:
: t, : n, : .t, ecc.
21 Quando si trascrive un testo dalla devanāgarı̄ invece, si è soliti inserire i segni di interpunzione nostri quali virgole, due punti, virgolette,
punti esclamativi, ecc., per facilitare la comprensione del testo, o per lo meno l’interpretazione che se ne vuole dare.
22 Per una definizione di sandhi vedi nota 17.
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8
3 Prospetto riassuntivo dell’alfabeto
Di seguito l’alfabeto devanāgarı̄ con tutte le varianti.
Vocali di base
&/?
a
Dittonghi
& / ?
ā
u
ū
.
.r
.r̄
.l
.l̄
/
/0
&0 / ?0
&1 / ?1
e
ai
&=
/
o
?=
&>
/
au
?>
am
.
ah.
ka
kha
ga
gha
/ B
ṅa
ca
cha
ja
jha
/ C .ta
.tha
d.a
d.ha
n.a
ta
tha
da
dha
na
pa
pha
ba
bha
ma
Aspirata
ı̄
*
-
Sibilanti
i
)
,/ A
Semivocali
'(
+/@
Modificatori vocalici
Occlusive e nasali
'
ña
/
!
ya
ra
la
va
"
#
$
śa
.sa
sa
%
ha
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La scrittura devanāgarı̄
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4 I “congiunti” consonantici
Abbiamo visto che i caratteri consonantici in devanāgarı̄ “possiedono” una a breve, e per questo ogni carattere
consonantico è in realtà una sillaba. Ne consegue che quando vogliamo scrivere in devanāgarı̄ una sequenza di
consonanti non intercalate da vocali, dobbiamo “agire” sulle consonanti da mettere in sequenza in modo da eliminare la a inerente, ma preservando il “segno distintivo”, e con esso la leggibilità, di ogni consonante. Definiamo
una tale sequenza (per esempio -tra-, -ntya-, -śca-, -ddhva-, ecc.) un “congiunto” consonantico 23.
In devānagarı̄ i congiunti consonantici si formano in tre modi principali 24.
4.1 Rimozione dell’elemento verticale
1) Rimozione dell’elemento verticale Quando un carattere consonantico puó essere deprivato dell’elemento verticale senza perdere i propri connotati (cioè l’elemento distintivo), esso si unisce, senza il tratto verticale,
direttamente al carattere consonantico seguente. Esempi 25 :
t + ya = tya
p + sa = psa
s + ta = sta
n + t + ya = ntya
: + = : + $ = $
$: + = [
: + : + = 4.2 Impilazione dei caratteri
2) Impilazione dei caratteri Quando è assente il tratto verticale (caratteri “tondeggianti”), i caratteri si compongono impilandoli uno sopra l’altro, ponendo in alto la consonante che viene prima. Per mantenere la
proporzione con gli altri caratteri, è necessario rinpicciolire un po’ i caratteri “impilati”, badando però a
mantenere visibili i tratti distintivi di ogni carattere. Esempi:
d + ga = dga
ṅ + ka = ṅka
.t + .ta = .t.ta
d. + ga = d.ga
: + = \]^
: + = _`cab^
: + = ddc
: + = _c]^^
4.3 Trasformazione dei caratteri
3) Trasformazione dei caratteri Dove non è possibile né rimuovere l’elemento verticale né impilare i caratteri,
il congiunto consonantico si forma trasformando un po’ i caratteri senza però perdere completamente i tratti
distintivi. Si osservino per esempio i casi di (ka), % (ha), e (da) (tutte consonanti “tondeggianti”) quando
si uniscono a (ya) e (ma):
23 O
“composto consonantico”.
alcuni composti consonantici particolarmente complessi (ma per fortuna rari) la seguente trattazione semplificata non è sufficiente. Per
questi casi vedi la “Tabella dei composti consonantici” al fondo del presente scritto
25 Si tratta di sequenze prive di significato compiuto ma che possono normalmente occorrere all’interno di una parola. Notiamo nei seguenti
esempi sui congiunti consonantici, l’utilizzo del virāma, quel segnetto posto sotto la consonante da comporre, che serve per rimuovere la a
inerente.
24 Per
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10
: + = e^
: + = \fg^2
%: + = %e^
%: + = DZ
: + = i2
: + = j
d + ya = dya
d + ma = dma
h + ya = hya
h + ma = hma
k + ya = kya
k + ma = kma
In questa categoria rientrano anche i seguenti gruppi consonantici 26:
k + ta = kta
: + = k
k + t + vā = ktvā : + : + ! = l2
:
:
:
#:
#:
p + ta = pta
p + na = pna
t + ta = tta
s + .ta = .s.ta
s. + .tha = .s.tha
4.4 Il caso di (ra) e
+
+
+
+
+
= m
= n^
= o
= p
= q
(śa)
Le due consonanti (ra) e " (śa) si comportano in modo anomalo.
(ra) quando precede un’altra consonante prende la forma di un semicerchio o “ricciolo” da scrivere sopra la
consonante che segue. Esempi:
r + ta = rta
r + pa = rpa
:
:
+
+
=
=
(
(
Quando invece (ra) viene dopo un’altra consonante si segna come un trattino obliquo alla base di tale consonante. Notiamo come in entrambi i casi si ribadisce il “verso” dall’alto in basso visto nel caso dell’impilazione dei
caratteri). Esempi:
p + ra = pra : + = r
g + ra = gra : + = s
Da notare il comportamento del “ricciolo” quando la (ra) precede una consonante unita ad ā, ı̄, o, au, e, ai.
Esempi:
r + kā = rkā
r + kı̄ = rkı̄
r + ke = rke
:
:
:
:
+
+
+
+
2 = 2(
32 = 32(
0 = 0(
20 = 20(
r + ko = rko
Notiamo l’effetto dell’aggiunta di un anusvāra (m
. ):
rkām
. 2t
rkı̄m
32t
.
Per quanto riguarda " (śa), quando si compone con un’altra consonante, nella maggior parte dei casi utilizza
26 E altri, da essi derivati e non, meno frequenti. Per un elenco completo dei congiunti consonantici vedere “Tabella dei composti
consonantici”.
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il metodo dell’impilazione partendo da una grafia trasformata. Esempi:
ś + ca = śca
ś + ra = śra
ś + na = śna
ś + la = śla
Ma,
ś + ya = śya
":
":
":
":
+
+
+
+
= uvw
= ur
= unx
= uy^w
si scrive ".
4.5 Composti irriconoscibili
Esistono due composti “non riconoscibili”, cioè in cui le consonanti coinvolte perdono completamente il proprio
tratto distintivo. Essi sono:
j + ña = jña : + = H
k + .sa = ks.a : + # = F
ks.a se composto con un’altra consonante perde l’elemento verticale, mentre jña non si compone ulteriormente.
Esempi:
ks.ma F
ks.va
F!
Ricordiamo che jña è anche l’unico caso in cui la pronuncia si discosta dalla grafia, pronunciandosi come
una palatalizzazione del gruppo gutturale-nasale -gn- (pronuncia gnya). Vedi “I suoni del sanscrito: alfabeto in
trascrizione e pronuncia delle parole”.
5 Calligrafia
Abbiamo già notato come la devanāgarı̄ sia caratterizzata dall’alternanza di un tratto pieno con uno sottile, alternanza evidente soprattuto nei tratti “curvi”.
Si osservino per esempio: (ka), (ṅa), (cha), (ja), % (ha), & (a), ' (i), ecc.
Per rendere tale alternanza di tratto, cosı̀ caratteristica di questa grafia, dobbiamo utilizzare una penna stilografica con un pennino “tagliato”, cioè che finisca con una troncatura, in grado appunto di produrre un tratto
“pieno” e uno “sottile”: vanno bene penne da grafico 27 , penne da calligrafia (chiamate anche penne per il gotico)
o più semplicemente pennini “vecchio stile” 28 .
Se però, essendoci dotati di un tale pennino, proviamo a scrivere un carattere in devanāgarı̄ ci accorgiamo
che l’alternanza pieno/sottile è “opposta” a quella che desidereremmo: dove ci vorrebbe il tratto pieno c’è quello
sottile e viceversa. Questo è dovuto al fatto che il taglio del pennino indiano ha un’inclinazione opposta a quello
nostro. Per ovviare a questo problema bisogna impugnare la penna stilografica in modo tale che il pennino risulti
“rovesciato” rispetto al normale modo con cui si scrive 29 . Per verificare di stare adottando l’impugnatura giusta
per il devanāgarı̄ possiamo tracciare una “V” un po’ più aperta (con un’inclinazione di ogni “braccio” di 45 gradi
circa) controllando che il tratto che va da sinistra in alto a destra in basso sia sottile, mentre quello che va dal
vertice basso verso destra sia pieno.
27 Che
però tendono a costare care.
a non molto tempo una scrittura calligrafica in italiano prevedeva l’alternanza di un tratto pieno con uno sottile.
29 Questo vale per i destrorsi: i mancini invece mantenendo l’impugnatura cui sono abituati otterranno la giusta alternanza tratto pieno/tratto
sottile.
28 Fino
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Una volta adottata l’impugnatura giusta 30 , il destrorso noterà che ottiene un risultato migliore, ed è più facile 31 ,
invertendo anche la direzione con cui normalmente scrive, cioè provando a scrivere dal basso verso l’alto. Nel
caso di per esempio con un primo tratto “curvo” traccerà, dal basso verso l’alto, il segno distintivo, poi, sempre
dal basso verso l’alto, il tratto verticale e infine il tratto orizzontale superiore, da sinistra verso destra. Nel caso
di caratteri come & (a) o (dha), per facilitare la scrittura dal basso verso l’alto, invece di partire dalla linea di
base, partirà da metà tracciando prima la parte superiore del segno distintivo (dal punto mediano verso l’alto), poi
si sposterà sulla linea di base (o meglio verso sinistra un po’ più in alto della linea di base nel caso di &, e verso
destra, cioè fino “all’attacco” sull’elemento verticale, nel caso di ) e si ricongiungerà con un secondo tratto dal
basso verso l’alto con la parte superiore del tratto distintivo; poi, come ogni volta che c’è, traccerà il tratto verticale
dal basso in alto e per ultimo il tratto orizzontale da sinistra a destra 32 .
Come detto, l’alternanza dei due tratti pieno e sottile non può essere ottenuta con le normali penne a sfera o
matite colle quali solitamente si scrive. Nonostante ciò, se si impara a scrivere con il pennino facendo attenzione
all’alternanza dei tratti, quando poi si utilizza una normale penna a sfera, se si mantiene la stessa procedura di
scrittura (quella cioè adatta per il pennino), sarà possibile ottenere un bel devanāgarı̄ 33 . Il “segreto” per imparare
a scrivere bene in devanāgarı̄ è dunque fare pratica con un pennino adatto e poi mantenere la stessa “mano”
quando si passa alla penna a sfera. In ogni caso 34 , è importante ricordarsi di tracciare prima il segno distintivo, poi
il tratto verticale (se c’è), poi il segno vocalico (anche nei casi in cui si trova sopra il tratto orizzontale che chiude
la consonante, per esempio 0 (ke), 1 (kai), 20 (ko), 21 (kau), ecc.) e per ultimo il tratto orizzontale.
30 Impugnatura
che bisogna stare attenti a non modificare.
non “sforza” il pennino
32 Il mancino invece, che non ha dovuto invertire l’impugnatura abituale, farà l’opposto: i segni distintivi e i tratti verticali dall’alto in basso
e il tratto orizzontale, sempre tracciato per ultimo, da destra verso sinistra.
33 Perchè ci si è ormai “fatta la mano”.
34 Anche cioè se non impariamo ad usare il pennino, e quindi se scriviamo dall’alto verso il basso e con un’impugnatura normale.
31 Soprattutto
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6 Tabella dei composti consonantici
Di seguito una tabella completa dei composti consonantici, qui inclusa per completezza 35:
kka
kkn.a
kkya
kkśa
kkha
kkhya
kṅa
kca
kcha
kja
kt.a
kt.ra
kt.ha
kn.a
kta
ktca
ktya
ktra
ktrya
ktva
ktha
kthna
LM
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ks.ra
ks.la
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kspra
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kda
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knya
kpa
kpra
kpha
kma
kmya
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kla
klya
kśa
kśla
LM
N#
ksra
ksva
khkha
khta
khna
khnya
khma
khya
khra
khla
khva
khśa
khsa
gga
ggha
gghya
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gdhra
gdhva
gna
gnya
gba
gbha
gbhya
gma
gmya
gya
gra
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gva
gsa
g+ha
ghna
ghnya
ghma
ghya
ghra
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ghla
ghva
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q
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35 Non è necessario studiarla in quanto la maggior parte dei composti sono facilmente realizzabili o riconoscibili con i criteri sopra esposti.
Può però essere utile consultarla per composti particolarmente complessi, e per vedere le possibili varianti.
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ṅktya
ṅktra
ṅktrya
ṅktva
ṅktha
ṅkya
ṅkra
ṅkva
La scrittura devanāgarı̄
q
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ṅn.va
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ṅsva
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ckta
ckha
cca
ccya
ccha
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cchra
cchla
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ctrya
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