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Energia nucleare
TOMO V convenzioni: i simboli in grassetto vanno frecciati, 238 nei simboli come 92U i numeri vanno sovrapposti in verticale Modulo 4 Energia e ambiente Unità 2 L’energia nucleare La relazione di equivalenza fra massa e energia, formulata da Albert Einstein all‟inizio del secolo scorso rende concepibile la conversione diretta di massa in energia, che viene attuata nel 1942 da Enrico Fermi sfruttando la fissione nucleare di nuclei pesanti. L‟energia prodotta seguendo questa strada fornisce oggi un contributo assai importante al fabbisogno mondiale di elettricità. Ma si può ottenere energia anche da processi di fusione di nuclei leggeri. Non ancora attuata in pratica, questa soluzione è oggetto di intense ricerche perché, nonostante le difficoltà per realizzarla, appare assai promettente per il futuro energetico dell‟umanità, a cui garantirebbe una crescita sostenibile. Figura 0. Il 2 dicembre 1942, a Chicago, si svolge la prima reazione di fusione nucleare controllata, nel reattore costruito da Enrico Fermi e dai suoi collaboratori. Questo risultato segna una svolta nelle vicende dell‟umanità aprendo la porta alla disponibilità di grandi quantità di energia. (classica foto di Enrico Fermi al lavoro, come in Scienza della Materia, vol. 2, pag. 379) 2.1 L’energia nucleare di fissione La frammentazione di un nucleo più pesante del ferro, cioè la fissione nucleare (pag. xxx), si accompagna in generale alla liberazione di energia. Come mostra la figura 1, la massa dei nuclei prodotti da queste reazioni è infatti minore di quella del nucleo iniziale, sicchè la differenza di massa m si converte in energia secondo l‟equazione di di equivalenza di Einstein: E = m c2. L‟energia liberata si manifesta generalmente come energia cinetica dei prodotti di reazione. L‟elemento usato comunemente nelle centrali nucleari per ottenere energia dalla sua fissione è l‟uranio, cioè lo stesso impiegato da Fermi a Chicago nel famoso esperimento del 1942, che vide il funzionamento del primo reattore nucleare. Si tratta, più precisamente, dell‟isòtopo U235, la cui fissione presenta le seguenti caratteristiche: a) essa avviene quando un nucleo di uranio viene colpito da un neutrone che gli conferisce energia deformandolo al punto che le forze elettrostiche repulsive fra i protoni vincono la forza nucleare forte sicchè il nucleo si spezza, generalmente in due frammenti; b) la fissione di un nucleo produce tipicamente due o tre neutroni, i quali possono colpire altri nuclei di uranio, consentendo così lo sviluppo di una reazione a catena ( pag. xxx). Va detto però che la reazione di fissione dell‟uranio-235 richiede neutroni di energia relativamente bassa, chiamati perciò neutroni “lenti” o anche “termici” in quanto dotati di energia prossima a quella dell‟ambiente, mentre i neutroni prodotti dalla fissione hanno energie cinetiche assai elevate, sicchè devono essere convenientemente rallentati perché diventino utili. La fissione dei nuclei di uranio-235 non segue un‟unica reazione nucleare perché essi possono spezzarsi producendo un‟ampia varietà di frammenti, alcuni dei quali sono radioattivi e quindi decadono liberando energia a loro volta. Queste reazioni, quando si producono due nuclei, si possono rappresentare nella forma generale (1) 1 0n + 23592U xhA + ykB + z(10n) dove z è il numero dei neutroni prodotti, mediamente 2,5, e A e B sono i nuclei di due elementi con carratteristiche tali da soddisfare la conservazione sia del numero di massa che del numero atomico. E l‟energia prodotta? Mediamente, l‟energia liberata dalle reazioni di fissione (1) è di circa 230 MeV, considerando sia l‟energia cinetica dei prodotti, sia quella sviluppata a breve dai successivi decadimenti dei prodotti. Questa energia, in pratica, si manifesta nel riscaldamento dell‟uranio e delle altre parti all‟interno dell‟apparato dove si svolge la reazione, e quindi è disponibile come energia termica. Esempio 1. Confrontiamo l’energia prodotta dalla fissione di 1 kg di uranio con quella prodotta dalla combustione di 1 kg di benzina. 1 La massa di un atomo di uranio-235 è approssimativamente 235 u, cioè 2351,66∙10-27 = 3,9∙10-25 kg. E quindi 1 kg di uranio contiene 1/(3,9∙10-25) = 2,56∙1024 nuclei. Dato che la fissione di ciascun nucleo libera 230 MeV, la fissione completa di 1 kg di uranio produce 2,56∙1024230∙106 eV = 5,89∙1032 eV = 5,89∙10321,6∙10-19 J = 9,42∙1013 J. La benzina ha potere calorifico di circa 11000 kcal/kg = 1,1∙10 44187 J/kg = 4,6∙107 J. E quindi l‟energia prodotta bruciando 1 kg di benzina è sei ordini di grandezza inferiore. Ciò si spiega facilmente considerando le energia di legame. Nelle reazioni nucleari intervengono infatti le energie di legame fra i nucleoni, che sono dell‟ordine di qualche MeV; nelle reazioni chimiche, quelle fra gli elettroni esterni e i nuclei degli atomi, che sono dell‟ordine di qualche eV, cioè un milione di volte minori delle prime. L‟uranio è un metallo pesante, con densità 19∙103 kg/m3. L‟uranio naturale, che si estrae da giacimenti che si trovano in numerosi Paesi del mondo, contiene in realtà solo una piccola frazione (0,72%) dell‟isotopo U-235 essendo costituito sopratutto da U-238 (99,27%) con tracce di U-234. Nella maggior parte dei reattori nucleari lo sviluppo della reazione di fissione a catena richiede una maggiore percentuale di U-235, tipicamente fra 1% e 4%, sicchè l‟uranio naturale deve essere preventivamente “arricchito”: tale operazione, che non è fattibile Quesito. Perché l‟uranio naturale impiegando reazioni chimiche, viene attuata con tecniche fisiche, non può essere “arricchito” per esempio mediante centrifugazione, in tal caso sfruttando la usando tecniche chimiche? piccolissime differenze di densità fra i due isòtopi. Anche l‟isòtopo U-238, contenuto nel combustibile nucleare, subisce delle reazioni quando viene colpito dai neutroni prodotti dalla fissione dell‟uranio-235. Esso si trasforma infatti in uranio239 con emissione di fotoni gamma secondo la reazione: 238 92U + 10n 23992U + Questo isòtopo, che è instabile, subisce due decadimenti beta successivi, con emissione di elettroni e di neutrini, trasformandosi prima in nettunio (Np) e poi in plutonio (Pu), che sono due elementi transuranici, non esistenti in natura: 239 92U 23993Np + 0-1e + ̄ ; 239 93Np 23994Pu + 0-1e + ̄ Il plutonio-239, prodotto finale di queste reazioni, è un isòtopo radioattivo con tempo di dimezzamento di 24 mila anni, che subisce decadimento alfa trasformandosi in uranio-235. Come l‟uranio-235, il plutonio-239 è soggetto a fissione nucleare, e infatti nei reattori esso contribuisce apprezzabilmente allo sviluppo di energia. Ma c‟è un problema: il plutonio così prodotto si presta, più dell‟uranio, alla realizzazione di armi nucleari, perché subisce fissione anche da parte di neutroni “veloci”, cioè non rallentati: la bomba atomica sganciata su Nagasaki al termine della II Guerra mondiale era fatta di plutonio. Un reattore nucleare non potrebbe trasformarsi I reattori nucleari in una bomba atomica? Ciò è impossibile. L‟impiego pratico dell‟energia proveniente della Perché la reazione a catena diventi così veloce fissione dell‟uranio richiede che la reazione a catena si da procededere a un ritmo effettivamente svolga in modo controllato, cioè sprigionando esplosivo, occorre la presenza di uranio-235 in abbastanza lentamente l‟energia da poterla utilizzare concentrazioni assai maggiori di quelle, senza pericolo, in particolare evitando che l‟impianto si qualche unità per cento, dell‟uranio arricchito usato come combustibile. surriscaldi. L‟apparato nel quale si svolge la fissione controllata prende il nome di reattore nucleare: le sue parti essenziali, mostrate schematicamente nella figura 3, sono le sbarre di uranio, le sbarre di controllo, il moderatore e il sistema di protezione. Un sistema di tubazioni provvede poi alla circolazione di un fluido, generalmente acqua, che trasferisce l‟energia termica alle altre parti della centrale nucleare all‟esterno del 2 reattore, alimentando le macchine termiche che a loro volta azionano gli alternatori che producono l‟energia elettrica. Le sbarre di uranio contengono il “combustibile nucleare”, cioè uranio opportunamente arricchito. Fra queste sono disposte le sbarre di controllo, che sono fatte di sostanze, come il cadmio o il boro, che hanno la proprietà di assorbire i neutroni. Quando queste sbarre sono del tutto abbassate, l‟assorbimento dei neutroni è tale che la reazione a catena non può svilupparsi; man mano che esse vengono sollevate, un numero crescente di neutroni raggiunge l‟uranio, provocandone la fissione e allora la reazione a catena può procedere. Regolando la posizione delle sbarre di controllo è dunque possibile fare in modo che la reazione proceda alla velocità desiderata, determinando il ritmo con cui si libera l‟energia, cioè la potenza sviluppata dal reattore. Le sbarre di combustibile e quelle di controllo sono immerse nel moderatore, che provvede a rallentare i neutroni prodotti dalla fissione, seguendo la tecnica introdotta da Fermi negli anni ‟30 a Roma, in modo che il loro urto con i nuclei di uranio ne provochi la fissione. Come moderatore si utilizzano infatti sostanze che non assorbono apprezzabilmente i neutroni, ma che ne catturano parte dell‟energia cinetica per urto: generalmente acqua, ma anche acqua pesante oppure grafite. Un vantaggio dei reattori che impiegano come moderatore l‟acqua è che la sua densità diminuisce al crescere della temperatura, riducendo così l‟efficacia dell‟azione di rallentamento dei neutroni e quindi rallentando lo sviluppo delle reazioni di fissione. I reattori hanno forma compatta, generalmente cilindrica, allo scopo di ridurre al minimo le perdite di neutroni verso l‟esterno, attraverso la sua superficie. Nei reattori costruiti in Occidente, tutte le parti interne, che ne costituiscono il cosidetto nòcciolo, sono racchiuse in un contenitore di acciaio a tenuta, che a sua volta si trova all‟interno di un edificio in cemento armato, per impedire la fuoriuscita di sostanze radioattive anche nel caso di guasti. Parte essenziale di un reattore sono poi i sistemi di sicurezza, mirati a evitare il surriscaldamento, o addirittura la fusione, delle barre di combustibile e delle altre parti interne. Nei reattori ad acqua, per esempio, un sistema di emergenza provvede a iniettare nel reattore dell‟acqua di riserva nel caso di un guasto che interrompa la normale circolazione dell‟acqua di raffreddamento, che ne trasferisce il calore all‟esterno. Questa funzione è assai importante perché, anche quando le sbarre di controllo vengono abbassate e la fissione s‟interrompe, il nòcciolo deve comunque venire raffreddato perché in esso continua a svilupparsi l‟energia prodotta dal decadimento dei prodotti radioattivi delle reazioni di fissione. La sicurezza assoluta, naturalmente, non è mai possibile ottenerla. Ma è un fatto che, in molti decenni di funzionamento di centinaia di reattori, l‟unico incidente che tutti ricordano, che fu una vera catastrofe, avvenne a Chernobyl quando un reattore di costruzione sovietica, inerentemente instabile per sua natura e privo delle strutture di contenimento usate nei reattori costruiti in Occidente, fu sottoposto a manovre assolutamente fuori norma ( La fisica attorno a noi 1). Sebbene siano stati progettati e costruiti vari tipi diversi di reattori, che differiscono per il tipo di moderatore usato e per il sistema di estrazione del calore dall‟interno del nòcciolo, quelli attualmente più diffusi impiegano acqua normale sia come moderatore che come fluido termovettore. Nei reattori denominati PWR (Pressurized Water Reactors) si usa acqua in pressione; in quelli chiamati BWR (Boiling Water Reactors), acqua che entra in ebollizione. In entrambi i casi l‟acqua del circuito primario, cioè quella che nel nòcciolo viene riscaldata dal combustibile, circola soltanto all‟interno dell‟edificio di contenimento, dove trasferisce energia termica all‟acqua del circuito secondario, trasformandola nel vapore che viene portato all‟esterno per azionare le turbine. La fisica attorno a noi 1. Il disastro della centrale sovietica di Chernobyl. La centrale Lenin situata a Chernobyl, oggi in Ucraina, ospitava nel 1986 quattro reattori in funzione e altri due in costruzione, ciascuno con potenza termica di 3,2 GW e potenza elettrica di 1 GW. Questi reattori, di progettazione sovietica, utilizzano uranio arricchito al 2% come combustibile, grafite come moderatore, acqua come fluido refrigerante. La grafite provvede dunque a rallentare i neutroni prodotti dalla fissione, mentre l‟acqua ne assorbe una parte. Quando però 3 l‟acqua si trasforma in vapore, la sua densità diminuisce considerevolmente, aumentando così il numero dei neutroni lenti che operano la fissione e quindi la velocità con cui procede la reazione. Ciò produce un aumento della potenza termica che a sua volta accresce la vaporizzazione dell‟acqua, creando così una condizione di instabilità intrinseca, ben controllabile in condizioni normali ma che si manifestò tragicamente in occasione dell‟incidente. I reattori di questo tipo, inoltre, sono privi di un edificio a tenuta di esplosione, a differenza di quelli costruiti in altri Paesi. Il disastro ebbe luogo nella notte fra il 25 e il 26 Aprile 1986, quando sul reattore numero 4 della centrale, che si doveva spegnere per eseguire operazioni normali di manutenzione, si vollero compiere delle prove eseguendo una serie di manovre assolutamente fuori norma, in particolare disattivando sia il sistema automatico di regolazione affidato alle sbarre di controllo sia il sistema di raffreddamento di emergenza. L‟instabilità intrinseca del reattore produsse così un aumento repentino della potenza termica e quindi della temperatura del nòcciolo fino a deformare le barre di controllo impedendone l‟inserimento manuale. Il risultato fu un aumento della pressione del vapore tale da dar luogo a una gigantesca esplosione. Questa distrusse il nòcciolo del reattore e le barriere interne, e lanciò in aria il tetto dell‟edificio rilasciando detriti radioattivi nell‟atmosfera. La grafite rovente, esposta all‟aria, prese poi fuoco provocando un tremendo incendio, che fu affrontato eroicamente (privi di adeguate protezioni, quasi tutti i pompieri persero la vita), ma spento soltanto dopo due settimane, durante le quali proseguì l‟emissione di fumi fortemente radioattivi. Le autorità locali reagirono assai lentamente al disastro e infatti l‟ordine di evacuare i 15 mila abitanti della cittadina di Pripyat, a 3 km dalla centrale, fu dato solo 24 ore dopo l‟esplosione; quello di evacuare una zona più estesa, una settimana dopo. Le autorità governative, che inizialmente aveano negato il disastro, ne avvisarono i Paesi confinanti soltanto dopo che questi erano già stati raggiunti dalle nubi radioattive che si propagavano da Chernobyl, mentre la stampa sovietica, soggetta a severe norme di censura, forniva alla popolazione del Paese informazioni scarse e reticenti. I danni? Si stima che nell‟ambiente siano state immesse 20-30 tonnellate di materiale radioattivo, con un rilascio rilascio totale di radioattività di circa 10 19 Bq, che si è disperso su un‟area pari a due terzi dell‟Italia da cui si sono dovute allontanare circa 300 mila persone. La zona più colpita, quasi 50 mila km2, resterà interdetta a qualsiasi uso per tre secoli (pari a 10 tempi di dimezzamento dei radioisòtopi stronzio-90 e cesio-137). Le vittime accertate a breve, soggette a dosi assai elevate, furono 58, quelle causate dall‟esposizione a dosi inferiori sono assai difficili da valutare sicchè le stime oscillano fra qualche centinaio e qualche migliaio. Milioni di persone, inoltre, subirono danni psicologici a causa dell‟incidente e delle sue conseguenze. Per saperne di più: Le Scienze, Maggio 2007; http://ulisse.sissa.it/biblioteca/saggio/2007/Ubib070126s001 Figura A. La cartina rappresenta la ricaduta radioattiva sul territorio, in unità di sievert ( pag. xxx), a seguito dell‟avanzamento delle nubi di gas e polveri provenienti da Chernobyl trasportate dai venti, il 2 Maggio 1986, cioè qualche giorno dopo il disastro (i confini fra gli stati sono quelli dell‟epoca). Le nubi radioattive raggiunsero in seguito anche l‟Italia, i cui abitanti furono esposti a una dose media di 0,4 mS: per valutarla, confrontatela con l‟esposizione alla radioattività naturale. (Adattare da Fisica per tutti, pag. 435, modificata come segue: aggiungere la scritta UNIONE SOVIETICA; sostituire la scritta rem con millisievert moltiplicando tutti i numeri per 100) Figura 1. Il grafico in figura, ricavato dalla figura X a pag. xxx, rappresenta approssimativamente come varia la massa per nucleone dei nuclei atomici dei vari elementi in funzione del numero atomico. La massa per nucleone non è costante: essa è assai grande per i nuclei più leggeri, presenta un minimo in corrispondenza del ferro e poi cresce moderatamente per i nuclei più pesanti. Ciò significa che la fissione di un nucleo pesante, e ancor più la fusione di due nuclei leggeri, è accompagnata da liberazione di energia, corrispondente alla perdita di massa. 4 Figura 2. La distribuzione delle masse dei prodotti delle reazioni di fissione dell‟uranio-235 presenta due massimi, uno attorno ad A = 95, l‟altro attorno ad A = 140. (La scala verticale è in unità logaritmiche) (Adattare tracciando il grafico con una curva continua, tagliata in basso al livello indicato da 1,00E-06; asse orizzontale graduato in decine, cioè 70, 80, 90, ecc. con la scritta numero di massa; asse verticale graduato dall‟alto come segue: 1, 0,1, 0,01, 0,001, 0,0001, 0,00001.) Figura 3. Rappresentazione schematica delle parti essenziali di un reattore nucleare: a) le sbarre di combustibile, che contengono l‟uranio, generalmente nella forma di biossido di uranio; b) le sbarre di controllo, costituite da sostanze che assorbono fortemente i neutroni, la cui posizione determina la velocità con cui si sviluppa la fissione; c) il moderatore, generalmente costituito dall‟acqua che provvede a trasferire all‟esterno l‟energia termica prodotta; d) il contenitore d‟acciaio a tenuta, che opera come schermo di protezione. (Adattare da Il mondo della fisica, tomo B, pag. 667, solo la parte b), eliminando la guaina di cemento e riducendo a metà la lunghezza della parte esterna delle sbarre di controllo) Figura 4. Una centrale elettronucleare ad acqua in pressione (PWR) è costituita dal reattore, dai circuiti che provvedono all‟estrazione dell‟energia termica, dalle turbine azionate dal vapore e dai generatori elettrici. I materiali radioattivi, sono racchiusi in un contenitore a tenuta, all‟interno di un edificio di contenimento in cemento armato. Nello stesso edificio si trova anche il circuito primario dove circola l‟acqua che estrae il calore dal reattore e lo cede a quella del circuito secondario vaporizzandola in uno scambiatore di calore. La grande torre di raffreddamento provvede a cedere all‟aria il calore proveniente dalla condensazione del vapore del circuito secondario, dopo che ha esso ha attraversato le turbine. Anche i fisici più prestigiosi, anche i 2.2 Il contributo dell’energia nucleare al fabbisogno di premi Nobel, a volte possono sbagliarsi. energia elettrica. Lord Rutherford, per esempio, nel 1933 Il primo reattore nucleare per la generazione di elettricità dichiarò pubblicamente che l‟idea di ricavare grandi quantità di energia entrò in funzione nel 1954 a Obninsk, a 100 km da Mosca, dall‟atomo era semplicemente assurda. producendo 5 MW. A questo ne seguirono numerosi altri, di potenza decisamente maggiore. Oggi sono in funzione nel mondo 436 (Aprile 2007) reattori nucleari, ciascuno tipicamente in grado di fornire con continuità la potenza di 1 GW. Le centrali nucleari forniscono una frazione importante, il 16% circa, del fabbisogno mondiale di energia elettrica. In Francia, dove vi sono 33 reattori, essi forniscono il 78% dell‟elettricità; in Svizzera il 45%, in Germania il 30%. E anche in Italia circa un settimo dell‟energia elettrica che consumiamo è di origine nucleare, proveniente però da centrali estere, molte delle quali situate a breve distanza dalle nostre frontiere, che è conveniente acquistare perché assai meno costosa. La crescita del numero dei reattori nel mondo, ve ne sono attualmente soltanto 31 in costruzione, è oggi più lenta che in passato sia perché, a fronte del loro buon funzionamento, si è potuta prolungare la vita utile di molti reattori ben oltre il previsto, cioè fino a 50-60 anni, sia a causa dell‟opposizione alla scelta nucleare che si è manifestata nelle popolazioni di vari Paesi. Questa opposizione deriva da diversi fattori. Fra questi, il timore della proliferazione delle armi nucleari, legato alla diffusione delle tecnologie nucleari in un numero crescente di Paesi e alla produzione da parte dei reattori di notevoli quantità di plutonio, che si presta particolarmente alla fabbricazione di armi nucleari, e i problemi associati alla sistemazione finale degli elementi radioattivi contenuti nel combustibile nucleare esaurito, alcuni dei quali estremamente attivi, altri 5 con tempi di dimezzamento estremamente lunghi. Ma il motivo principale dell‟opposizione deriva dal timore di incidenti, che dopo il disastro di Chernobyl è assai diffuso nell‟opinione pubblica, sebbene in misura piuttosto diversa nei diversi Paesi, anche in relazione al diverso atteggiamento dei media. In Italia, per esempio, le autorità di governo hanno scelto di interrompere il funzionamento dei quattro reattori che vi erano stati costruiti e di provvedere al loro smantellamento, nel contempo assicurando il fabbisogno di energia elettrica attraverso la costruzione di nuove centrali alimentate da combustibili fossili e, come si è detto, l‟importazione di elettricità nucleare. L‟impiego di grandi quantità di elettricità provenienti dall‟estero, che durante le ore notturne copre circa la metà del fabbisogno, presenta tuttavia delle criticità, in particolare il rischio di blocco del servizio elettrico (Black out Tomo IV, pag.xxx) nel caso di guasti delle linee elettriche d„interconnessione. Si ritiene tuttavia che le obiezioni alla costruzione di nuovi reattori potranno essere in gran parte superate quando si realizzeranno i cosidetti reattori “intrinsecamente sicuri”, attualmente in fase di sviluppo ( Approfondimento 1). La fisica della tecnologia 1. Lo smaltimento dei materiali Da un reattore della potenza di 1 GW si estraggono tipicamente ogni anno circa radioattivi prodotti dai reattori. Il funzionamento dei reattori nucleari richiede la sostituzione 20 tonnellate di combustibile irraggiato, che contengono circa 20 kg di sostanze periodica, generalmente ogni anno, delle sbarre di radioattive a vita lunghissima. combustibile, che contengono i prodotti delle reazioni di fissione, alcuni dei quali fortemente radioattivi, il plutonio prodotto dalla trasmutazione dell‟uranio238, l‟uranio-235 non utilizzato e l‟uranio-238. Il combustibile esaurito può essere trattato per estrarne combustibile nucleare utile o avviato direttamente allo smaltimento. In entrambi i casi si producono rilevanti quantità di sostanze radioattive, che vanno gestite con estema attenzione per evitare qualsiasi danno alla popolazione e all‟ambiente. Lo smaltimento avviene attraverso fasi successive, la prima delle quali consiste nell‟immagazzinamento in aree rigorosamente controllate per periodi dell‟ordine di alcuni anni, in modo che si esaurisca la radioattività degli isòtopi a vita più breve. La fase seguente prevede la separazione dal resto degli elementi radioattivi a vita lunga, che vengono vetrificati e avviati in depositi profondi scelti per la loro stabilità geologica a lungo termine. Una soluzione alternativa assai promettente, attualmente oggetto di ricerche, consiste nel sottoporre gli elementi residui a vita lunga, cioè quelli che destano maggiori preoccupazioni, a processi di trasmutazione nucleare, attuati mediante macchine acceleratrici o bombardamento neutronico in appositi reattori, che li trasformino in elementi stabili oppure radioattivi, ma a vita breve. Approfondimento 1. I reattori di terza generazione. I reattori nucleari attualmente in funzione nel mondo appartengono alla cosidetta seconda generazione, che venne sviluppata nei decenni passati, dopo la realizzazione delle prime macchine negli anni ‟50 e ‟60 del secolo scorso. Sono ora maturi i progetti di reattori della terza generazione, che incorporano l‟esperienza raccolta durante vari decenni di funzionamento di centinaia di reattori, con particolare riguardo agli aspetti relativi alla sicurezza. Un esempio è il reattore europeo EPR (European Pressurized Reactor), attualmente in costruzione in Finlandia e in Francia, che produrrà 1,6 GW di potenza elettrica con rendimento del 37% fra l‟energia elettrica e l‟energia termica sviluppata dalla fissione e avrà una vita utile di 60 anni Il progetto di questo reattore prevede molteplici sistemi di protezione sia attivi che passivi, per tener conto di vari tipi di incidenti. Esso dispone infatti di quattro circuiti primari di raffreddamento indipendenti, ciascuno dei quali capace da solo di refrigerare il reattore dopo il suo spegnimento, ha uno schermo metallico a tenuta, a prova di fuoriuscite di materiale radioattivo, ed è poi circondato da una doppia parete in cemento armato con 2,6 metri di spessore, che è in grado di resistere anche all‟impatto di un grande aereo jet commerciale. 6 Figura 5. Le diverse fonti utilizzate per produrre energia elettrica nella Comunità Europea (Diagramma a torta da fare) Figura 6. Il sito di d'Olkiluoto, in Finlandia, dove è attualmente in costruzione un moderno reattore EPR. . 2.3 L’energia nucleare da fusione La fusione di due nuclei leggeri in un nucleo più pesante, cioè la fusione nucleare (pag. xxx), è accompagnata della liberazione di energia quando il nucleo così prodotto appartiene a un elemento con numero di massa relativamente basso. In tal caso, come mostra la figura 1, la massa del nucleo prodotto dalla reazione è minore di quella dei nuclei iniziali, sicchè la differenza di massa m si converte in energia secondo l‟equazione di equivalenza di Einstein: E = m c2. L‟energia liberata si manifesta generalmente come energia cinetica dei prodotti di reazione, costituiti tipicamente dal nucleo più pesante e da uno o due nucleoni (neutroni o protoni). L‟utilizzazione dell‟energia proveniente dalla fusione nucleare, che offre prospettive assai promettenti, è da tempo oggetto di intense ricerche a livello mondiale. Perché tanto interesse verso lo sviluppo di reattori a fusione? Perché gli elementi leggeri a ciò necessari sono assai abbondanti sulla Terra o facilmente ottenibili; perché il funzionamento di questi reattori produce minori quantità di isòtopi radioattivi rispetto ai reattori basati sulla fissione; perché i reattori a fusione, per la loro natura, non presenteranno pericoli di incidenti nucleari. La figura 1 indica quali siano le reazioni di fusione più convenienti dal punto di vista dello sviluppo di energia. Cioè quelle che coinvolgono gli elementi più leggeri, in particolare l‟idrogeno, dato che l‟energia di legame per nucleone varia più fortemente proprio nel tratto iniziale della curva, e quindi l‟energia che si ricava dalle differenze di massa è maggiore. Fra le diverse reazioni nucleari che sono state considerate in vista del loro impiego per sviluppare energia in un reattore, quella di maggiore interesse per vari motivi, e quindi maggiormente studiata, è la fusione fra il deuterio (21H) e il trizio (31H), due isòtopi dell‟idrogeno, (2) 2 1H + 31H 42He (3,5 MeV) + 10n (14,1 MeV) i cui prodotti sono un nucleo di elio e un neutrone, entrambi dotati di elevata energia cinetica. Esempio 2. La fusione del deuterio e del trizio sviluppa più energia della fissione dell’uranio. L‟energia prodotta dalla fissione di un nucleo di uranio-235 è circa 230 MeV. Quella prodotta dalla fusione di un nucleo di deuterio e di uno di trizio è 3,5 + 14,1 = 17,6 MeV, cioè inferiore alla precedente. Per confrontare significativamente la produzione di energia nei due casi occorre peò considerare l‟energia sviluppata a parità di massa dei nuclei coinvolti. Assumendo per semplicità che le masse dei nuclei oggetti a fissione o a fusione siano direttamente proporzionali ai rispettivi numeri di massa, cioè al numero dei protoni e dei neutroni che li costituiscono, si ha nei due casi: 230 MeV/(235 u) = 0,98 MeV/u; 17, 6 MeV/((2 + 3) u) = 3,52 MeV/u. Quindi la fusione del deuterio con il trizio libera per unità di massa circa tre volte e mezzo più energia della fissione dell‟uranio-235. Il deuterio si estrae dall‟acqua, che contiene un atomo di deuterio ogni circa 7000 di idrogeno; il trizio si ottiene dal litio (Li), un elemento relativamente abbondante in natura, con la reazione 1 0n + 63Li 31H + 42He 7 che in pratica può utilizzare gli stessi neutroni prodotti dalla reazione di fusione (2). E quindi per ottenere il trizio basta aggiungere del litio alla miscela iniziale che alimenta la reazione. Si noti che le “ceneri nucleari” di entrambe le reazioni, a differenza della fissione dell‟uranio, non sono radioattive, trattandosi di nuclei stabili di elio, cioè particelle alfa. Realizzare in pratica la reazione di fusione (2) è però tuttaltro che facile. La difficoltà sta nel fatto che per fondere assieme i nuclei di deuterio e di di trizio bisogna prima avvicinarli a sufficienza, vincendo quella che si chiama la barriera coulombiana, cioè la repulsione elettrostatica fra questi nuclei, che è dovuta ai protoni in essi presenti. Ciò è possibile soltanto se i nuclei in avvicinamento possiedono una energia cinetica sufficientemente elevata, dell‟ordine di almeno 0,01 MeV. E questo avviene se essi si trovano a una temperatura sufficientemente elevata, anzi elevatissima, come mostra l‟Esempio seguente. Esempio 3. Calcoliamo la temperatura necessaria perché si possa sviluppare la fusione fra deuterio e trizio. L‟energia cinetica media E di una particella che si trova alla temperatura assoluta T è E = kT, dove k = 1,38∙10-23 J/K è la costante di Boltzmann. Se l‟energia cinetica necessaria per avvicinare i nuclei di deuterio e di trizio, vincendo la barriera coulombiana, è E = 0,01 MeV, la temperatura dei nuclei deve essere T = E/k = 0,01∙1061,6∙10-19/1,38∙10-23 ≈ 1,2∙108 K. Cioè 120 milioni di gradi. Sono sufficienti, in realtà, temperature un po‟ più basse di quella calcolata sopra perché l‟energia cinetica delle particelle che si trovano a una data temperatura non è uguale per tutte: alcune infatti possiedono energia minore di quella media, altre maggiore ( Tomo II, Modulo , Unità 2, pag. xxx). Alle temperature che consentono lo sviluppo della fusione qualsiasi tipo di materia può esistere soltanto nello stato di plasma, cioè di gas completamente ionizzato. Per ottenere la reazione (2), il plasma deve essere costituito da una miscela di elettroni e di nuclei di deuterio e di trizio. Si capisce che per avviare la reazione di fusione occorre spendere l‟energia necessaria a riscaldare il “combustibile” in modo da provocarne Anche l‟accensione di un fiammifero l‟ignizione. Una volta avviata, è poi la reazione stessa a richiede energia, quella occorrente per fornire l‟energia per mantenere la temperatura al livello portare la sostanza combustibile a una temperatura sufficientemente elevata; desiderato, con un auspicabile eccesso che costituisce nella fusione la differenza sta nel fatto l‟obiettivo del processo. Ma questo avviene soltanto se la che si debbono raggiungere densità n degli ioni è sufficientemente elevata per garantire lo temperature straordinariamente elevate. sviluppo della reazione e si mantiene tale per un tempo T c, chiamato tempo di confinamento, sufficientemente lungo. Questa condizione è rappresentata dal criterio di Lawson, che richiede che il prodotto nTc sia maggiore di un valore caratteristico di ciascuna diversa reazione di fusione. Nel caso particolare della reazione (2) deve essere verificata la disuguaglianza nTc ≥ 1020 s/m3. E qui naturalmente sorge un altro problema. Quale tipo di contenitore è in grado di mantenere al suo interno un plasma caldissimo con densità elevatissima per il tempo necessario all‟innesco della reazione? Qualsiasi materiale concepibile vaporizza infatti a temperature di qualche migliaio di gradi, ben inferiore a quelle richieste dalla fusione. Si valuta che per ottenere il Il problema del confinamento del plasma confinamento gravitazionale Nel Sole e nelle stelle, il confinamento del plasma è affidato alla necessario alla fusione deuteriotrizio occorrerebbe una massa forza gravitazionale di masse enormi, che creano pressioni 11 totale maggiore di quella di Giove. gigantesche (~ 3∙10 atmosfere nel centro del Sole): una soluzione evidentemente non attuabile in un impianto terrestre. E‟ invece fattibile, almeno in linea di principio, il confinamento inerziale: un breve impulso di energia, di grande intensità, viene applicato a una microcapsula di combustibile in forma di ghiaccio, provocandone al tempo stesso l‟implosione, per portarlo a elevate densità, e il 8 riscaldamento, in modo da innescare la fusione. L‟impulso può essere costituito da un fascio di ioni fortemente accelerati o da un fascio laser, in particolare ottenuto da laser a stato solido. La soluzione maggiormente studiata, perché più promettente, è basata sul confinamento magnetico, cioè sull‟impiego di campi magnetici di grande intensità per confinare il plasma, che è costituito da particelle elettricamente cariche, evitando così che esso entri in contatto con le pareti del reattore, che si distruggerebbero immediatamente. L‟idea consiste nel creare una regione toroidale, cioè a forma di ciambella, nella quale il campo magnetico tende a riportare gli ioni che ne sfuggissero, grazie alla forza di Lorenz ( Tomo 3, pag. xxx) che li costringe a percorrere traiettorie elicoidali attorno alle linee di forza. Per ottenere ciò, occorre una configurazione assai particolare del campo magnetico, che in pratica è ottenuta sovrapponendo più campi magnetici: uno di questi generato da una corrente elettrica che attraversa circolarmente il plasma stesso, riscaldandolo, altri prodotti da apposite bobine, impiegando correnti con intensità di migliaia di ampere. La prima realizzazione di una macchina sperimentale di questo tipo, chiamata tokamak (dal russo toroidal'naya kamera v magnitnykh katushkakh che vuol dire camera toroidale in bobine magnetiche) risale al 1955, per opera dei fisici russi Andrej Sacharov e Lev Artsimovich. Fra le macchine a confinamento magnetico toroidale che sono state realizzate in anni recenti, quella che ha fornito sinora le migliori prestazioni è il JET (Joint European Torus), costruito in Inghilterra da parte della Comunità Europea. Nel JET è stata infatti infatti realizzata, sia pure per pochi secondi, la fusione di deuterio e trizio, sviluppando impulsi con potenza di 16 MW. Richiedendo però una potenza maggiore per il funzionamento della macchina, e quindi senza produzione netta di energia. Gli scienziati di tutto il mondo sono ora impegnati nella realizzazione della macchina ITER (International Tokamak Experimental Reactor), che sorgerà in Francia, dalla quale ci si aspetta di produrre energia fra 5 e 10 volte quella necessaria al suo funzionamento. Il passo successivo sarà la costruzione di un prototipo dimostravo (DEMO) e poi di reattori in grado di produrre grandi quantità di energia elettrica, ma non prima di qualche decennio da oggi, per le straordinarie difficoltà dell‟impresa. E infatti fra coloro che dubitano del successo circola la battuta: “Sono molti anni che ci si aspetta di realizzare la fusione nucleare nel giro di trenta anni. E probabilmente sarà così anche in futuro…” Figura 7. La reazione di fusione nucleare più promettente consiste nella fusione di un nucleo di deuterio e di uno di trizio, che produce un nucleo di elio e un neutrone, liberando 17,6 MeV di energia. (Lo schizzo va ridisegnato in orizzontale con i due nuclei (rispettivamente con le scritte 21H (deuterio) e 31H (trizio)) a destra e i prodotti (con le scritte 42He + 3,5 MeV (elio) e n + 14,1 MeV (neutrone)) a destra) Figura 8. Un tecnico con veste protettiva al lavoro di manutenzione all‟interno della gigantesca ciambella del JET, la macchina sperimentale per la fusione costruita a Culham, Gran Bretagna, da parte della Commissione Europea. Figura 9. Andrej Dmitrevic Sacharov (1921-1989) diede contributi importantissimi alla fisica e all‟astrofisica, in particolare nel campo della fusione nucleare, e fu fra i realizzatori della bomba all‟idrogeno sovietica, ricevendo per questo il Premio Stalin. Sacharov è ricordato anche per il suo impegno nella lotta per i diritti civili, espresso fra l'altro nel saggio “Progresso, coesistenza e libertà intellettuale”, diffuso come samizdat. Nel 1975 ricevette il premio Nobel per la pace; fra il 1980 e il 1986 fu confinato nella città di Gorkij perché dissidente. 9 2.4 L’idrogeno Contrariamente a quanto si legge sui giornali, Come l‟elettricità, l‟idrogeno è un vettore di spesso ricchi di inesattezze su questioni riguardanti la scienza, l’idrogeno non è una fonte di energia, energia, nel senso che costituisce un mezzo per ma un vettore di energia, utilizzabile sia per trasportare energia a distanza, usando gasdotti trasportarla a distanza sia per immagazzinarla. anziché linee elettriche. E ancora, come l‟elettricità, l‟idrogeno può essere convenientemente prodotto utilizzando l‟energia sviluppata nelle centrali nucleari. Mentre però l‟elettricità deve essere utilizzata quando viene generata, l‟idrogeno stesso è una forma di accumulo di energia. Che offre in particolare prospettive assai interessanti come combustibile per autoveicoli: un settore che attualmente assorbe una quota rilevantissima di derivati del petrolio, benzina e gasolio, e quindi incide fortemente sul consumo di combustibili fossili, il cui impiego provoca forti emissioni di anidride carbonica. La combustione dell‟idrogeno con l‟ossigeno, invece, produce soltanto vapor d‟acqua, con la reazione chimica 2H2 + O2 = 2H2O sviluppando energia termica nella misura di 2580 kcal per m 3 in condizioni normali di temperatura e pressione, pari a circa un terzo di quanto si ottiene dal metano o dal gas naturale. Sebbene l‟idrogeno sia l‟elemento più abbondante nell‟Universo (75% in massa), sulla Terra esso non esiste allo stato libero, sicchè deve essere prodotto dai suoi composti, il più diffuso dei quali è l‟acqua, spendendo dell‟energia. Lo si può ottenere, attraverso opportune trasformazioni chimiche, dal metano e da altri composti ricchi di idrogeno; oppure decomponendo l‟acqua, in tal caso utilizzando il fenomeno dell‟elettrolisi (Tomo IV, pag. xxx), grazie a una corrente elettrica. Tutte queste trasformazioni, tuttavia, non hanno rendimento unitario, nel senso che una parte dell‟energia viene dissipata in forme non utilizzabili. In altre parole, per produrre l‟idrogeno occorre spendere più energia di quanta se ne ottiene poi bruciandolo. Attualmente l‟idrogeno complessivamente prodotto nel mondo, 44 milioni di tonnellate l‟anno pari a 500 miliardi di m3, è usato nell‟industria chimica e metallurgica e non trova dunque impieghi energetici. Ricordiamo però che in passato il gas distribuito nelle città era costituito da idrogeno e ossido di carbonio (CO) ottenuti dalla gassificazione del carbone, cioè facendo reagire carbone e vapor d‟acqua ad alta temperatura. La fisica intorno a noi. Adriatica: energie rinnovabili e idrogeno per un battello a vela. Una parte dell‟energia prodotta a bordo da celle fotovoltaiche e da altri dispositivi viene inviata a un elettrolizzatore per produrre idrogeno. Questo viene immagazzinato impiegando polveri di particolari sostanze chimiche per essere poi utilizzato quando occorre, per produrre nuovamente energia elettrica, quando occorre, alimentazione notturna http://www.velistipercaso.it/cronaca/default.asp?id=1611 http://jekyll.sissa.it/gate.php?url=http%3A%2F%2Fwww.enel.it%2Fdarwin . Figura 10. La fotografia mostra l‟interno di una turbina del tipo chiamato Pelton. Nel funzionamento, il getto d‟acqua proveniente dai cinque ugelli va a colpire i “cucchiai” disposti attorno all‟asse della macchina, ponendolo in rapida rotazione. (da Fisica per tutti, pag. 202) 10 Test di verifica 1) Ο Ο Ο Si ottiene energia dalla fissione di nuclei più leggeri del ferro di ferro più pesanti del ferro 2) Le energie di legame fra i nucleoni sono tipicamente O milioni O decine di migliaia di volte maggiori di quelle fra gli atomi e gli elettroni. O centinaia 3) L‟uranio-235, che è utilizzato come combustibile nucleare, rappresenta circa il Ο 30% Ο 1% O 0,001 % dell‟uranio naturale estratto dalle miniere 4) L‟arricchimento dell‟uranio, che ha lo scopo di aumentarne il contenuto di U-235, viene svolto sfruttando Ο tecniche fisiche Ο tecniche chimiche Ο la diversa radioattività dei suoi isòtopi 5) Completate le frasi seguenti. In un reattore nucleare a fissione è richiesta la presenza di un moderatore, che ha la funzione di rallentare i neutroni prodotti dalla reazione di fissione in modo che operino la fissione di altri nuclei di uranio-235. Nei reattori maggiormente diffusi questa funzione è affidata alla stessa acqua che è usata per il raffreddamento del reattore, cioè per estrarne l‟energia termica prodotta dal processo di fissione. 6) Vero o falso? In un reattore a fissione l‟uranio-238 non è soggetto a reazioni nucleari La fissione nucleare dell‟uranio-235 richiede l‟intervento di neutroni “lenti” Le sbarre di controllo di un reattore contengono sostanze che rallentano i neutroni Il funzionamento dei reattori a fissione è basato su un reazione a catena controllata Le reazioni nucleari in un reattore a fissione producono direttamente energia elettrica Il funzionamento di una centrale nucleare è simile a quella di una centrale termica V O O O O O O F O O O O O O 7) Completate le frasi seguenti. In un reattore nucleare, lo svolgimento delle reazioni di fissione può essere rallentato o interrotto inserendo nel nòcciolo le sbarre di controllo, che contengono sostanze che assorbono i neutroni. Tale inserimento non interrompe tuttavia completamente lo sviluppo di energia termica, dovuto alla presenza nelle sbarre di combustibile dei prodotti delle reazioni di fissione che sono fortemente radioattivi. 8) L‟energia elettrica prodotta dai reattori nucleari contribuisce O quasi totalmente O per circa la metà O per circa il 10% al fabbisogno elettrico della Francia 9) L‟energia elettrica utilizzata dagli abitanti dei comuni italiani che si sono proclamati “denuclearizzati” O è totalmente O è in parte O non è assolutamente di origine nucleare. 11 10) Vero o falso? V Da parecchi anni, nel mondo non si costruiscono più nuovi reattori nucleari O E‟ possibile trasformare integralmente in elettricità l‟energia termica prodotta da un reattore nucleare O L‟opposizione all‟impiego dell‟energia nucleare deriva soprattutto dal timore di incidenti O Dai reattori a fissione si ricava una frazione assai piccola del fabbisogno mondiale di energia elettrica O F O O O O 11) Il plutonio prodotto nel normale funzionamento dei reattori nucleari viene considerato con grande preoccupazione soprattutto perché si tratta di un elemento O fortemente tossico O fortemente radioattivo O adatto alla fabbricazione di armi nucleari 12) I prodotti della reazione di fusione nucleare attualmente allo studio O sono fortemente O sono debolmente O non sono radioattivi. 13) Esaminando la figura 1 si conclude che le reazioni di fusione nucleare dalle quali si ottiene una maggiore quantità di energia sono quelle fra elementi O molto leggeri O moderatamente leggeri O appena più leggeri del ferro 14) L‟innesco di una reazione di fusione nucleare richiede che O il rapporto O la somma O il prodotto fra la densità degli ioni che costituiscono il combustibile e il tempo di confinamento, durante il quale tale densità viene mantenuta, sia maggiore di un valore caratteristico di tale reazione. 15) Vero o falso? V A parità di massa, la fissione dell‟uranio-235 produce più energia della fusione fra deuterio e trizio O I prodotti delle reazioni di fissione nucleare non sono radioattivi O Alle temperature più alte la materia può esistere soltanto nello stato di plasma O I reattori nucleari a fusione forniscono oggi grandi quantità di energia elettrica O F O O O O 16) La reazione nucleare di fusione fra deuterio e trizio richiede temperature dell‟ordine di O centinaia di milioni O centinaia di migliaia O migliaia di gradi 17) La strada considerata oggi più promettente per realizzare la fusione nucleare è basata sul confinamento O gravitazionale O magnetico O inerziale 18) Una automobile alimentata a idrogeno, a parità d‟altro, richiede un serbatoio di volume Ο 2 Ο 3 Ο 10 volte maggiore di una alimentata a metano. 19) La combustione dell‟idrogeno produce O ossigeno O anidride carbonica O vapor d‟acqua 12 Problemi e quesiti 1. L‟uranio estratto dalle miniere contiene una percentuale di uranio-235 che con ottima approssimazione è la medesima (0,72%) in tutte le parti del mondo. Interpretate questa osservazione, ricordando quanto avete studiato nell‟Unità 2. Risoluzione. L‟uranio naturale contenuto che si trova oggi nei giacimenti terrestri è il risultato del decadimento radioattivo di quello presente nella fase iniziale di formazione del nostro pianeta, costituito essenzialmente dai due isòtopi U-235 e U-238. Questi hanno tempi di dimezzamento diversi ma entrambi lunghissimi, dell‟ordine di miliardi di anni. Sicchè la composizione isotopica dell‟uranio che si trova oggi riflette semplicemente, con proporzioni diverse da quelle iniziali, quella dell‟uranio presente al momento della formazione del nostro pianeta. 2. Scrivendo le possibili reazioni di fissione (1) dell‟uranio-235 nella forma: 1 235 x y 1 0n + 92U hA + kB + z( 0n), ricavate le due uguaglianze che le grandezze x, y, z, h e k devono soddisfare perché sia soddisfatta la conservazione del numero di massa e del numero atomico. Risoluzione. La conservazione del numero di massa richiede l‟uguaglianza fra la somma dei numeri di massa che figurano nei due membri della (1), cioè: 1 + 235 = x + y + z. La conservazione del numero atomico richiede l‟uguaglianza fra la somma dei numeri atomici che figurano nei due membri della (1), cioè: 92 = h + k. Una possibile reazione di fissione dell‟uranio-235, che produce nuclei di zirconio (Zr) e di tellurio (Te), è la seguente: 10n + 23592U 97hZr + 13652Te + z(10n). Calcolate il numero z dei neutroni prodotti e il numero atomico h dello zirconio. Risoluzione. La conservazione del numero di massa richiede l‟uguaglianza fra la somma dei numeri di massa che figurano nei due membri della reazione cioè: 1 + 235 = 97 + 136 + z, da cui si ricava z = 3. La conservazione del numero atomico richiede l‟uguaglianza fra la somma dei numeri atomici che figurano nei due membri della reazione, cioè: 92 = h + 52, da cui si ricava h = 40. Calcolate il tempo che occorre perchè un reattore con potenza termica di 3 GW “bruci” completamente 1 tonnellata di combustibile contenente il 3% di uranio-235. Risoluzione. Una tonnellata di combustibile contiene 0,03103 = 30 kg di uranio-235. Assumendo la massa di un atomo di uranio-235 pari a 235 u = 2351,66∙10-27 kg = 3,9∙10-25 kg, il numero di nuclei di questo isòtopo contenuti in 30 kg è n = 30/3,9∙10-25 = 7,7∙1025. Se la fissione di un nucleo produce lo sviluppo di 230 MeV, l‟energia totale prodotta dagli n nuclei è: E = 7,7∙10252,3∙108 eV = 7,7∙10252,3∙1081,6∙10-19 J = 2,72∙1015 J. Poiché il reattore ha la potenza P = 3∙109 W, il tempo necessario per esaurire una tonnellata di combustibile è t = E/P = 2,72∙1015/3∙109 = 9,07∙105 s ≈ 1 giorno. 5. Stabilite se, per ottenere energia nucleare dal ferro, sia necessario sottoporre i nuclei di questo elemento a reazioni di fusione oppure di fissione. Risoluzione. Dal ferro non si può ottenere energia né con reazioni di fusione né con reazioni di fissione. Infatti, come mostra la figura 1, la massa per nucleone del ferro è la minima fra tutti gli elementi. Sicchè fondendo il ferro con un nucleo leggero, si produce un nucleo pesante con massa per nucleone maggiore di quella dei nuclei di partenza; e lo stesso avviene quando si frantuma il nucleo di ferro in due nuclei leggeri. Quindi in entrambi i casi lo sviluppo delle reazioni non fornisce energia, ma ne richiede per attuarsi. 6. Calcolate l‟energia cinetica, in unità di eV, che deve possedere un protone per potersi avvicinare a un altro protone alla distanza di 0,1 fm, vincendone la repulsione, ammettendo che a distanze più brevi intervenga l‟effetto attrattivo della forza nucleare e si abbia la fusione fra i due nuclei. Risoluzione. Schematizziamo il problema considerando un protone in quiete e l‟altro in moto diretto verso il primo, per ricavare l‟energia cinetica che il secondo deve possedere per superare la barriera coulombiana. Questa energia è pari all‟energia potenziale che occorre per portare il secondo da una distanza infinita alla distanza d = 1014 m dal primo. Ricordiamo ( Tomo 3, Unità 2, pag. xxx) che l‟energia potenziale di una carica q che si trova nel campo elettrico generato da una carica puntiforme Q in un punto a distanza d dalla sorgente è: U Qq . Nel nostro caso le due 4 d cariche sono uguali, pari a e = 1,6∙10-19 C, e quindi, assumendo nel vuoto = 8,85∙10-12 C2/(Nm2), si ha 13 U qe2 4 d 1, 6 10 19 2 4 3,14 8,85 1012 1014 2,30 1014 J . Esprimendo tale energia in unità di eV si ha: U = 2,30∙10-14/1,6∙10-19 = 1,4∙105 eV = 0,14 MeV. 7. Calcolate la differenza m fra le masse iniziali e quelle finali, l‟energia totale sviluppata e l‟energia sviluppata per nucleone nel caso della reazione di fusione nucleare (2). Utilizzate i seguenti valori delle masse delle particelle coinvolte: mD = 2,01410 u; mT = 3,01605 u; mHe = 4,00260 u; mn = 1,008665 u. Risoluzione. La differenza fra le masse iniziali e quelle finali è: m = (mD + mT) – (mHe + m n) = 2,01410 + 3,01605 4,00260 - 1,00866 = 0,01889 u. Sicchè, ricordando che 1 u = 1,660539∙10-27 kg ( pag. xxx), l‟energia sviluppata dalla conversione della massa m è: E = m c2 = 0,018891,660539∙10-27(3∙108)2 = 2,8210-12 J = 2,8210-12 /1,6∙10-19 eV = 17,6 MeV. Cioè 17,6/5 = 3,52 MeV/nucleone. 8. Su una rivista si legge: “I futuri reattori nucleari a fusione realizzeranno gli stessi processi che sviluppano energia nel Sole”. Commentate questa frase. Risoluzione. La frase è inesatta, dato che la reazione di fusione fra deuterio e trizio, che si prevede di utilizzare in queste macchine non è la stessa che alimenta il Sole, basata invece sulla fusione di protoni. Sarebbe invece corretta nella forma: “I futuri reattori nucleari a fusione realizzeranno processi analoghi a quelli che sviluppano energia nel Sole”. Calcolate il volume di acqua di mare che occorre per estrarne un grammo di deuterio, sapendo che l‟idrogeno in natura contiene questo isòtopo nella percentuale dello 0,015%. Risoluzione. La massa di una molecola di acqua (H2O) è mH2O = 2mH + mO e quindi la frazione di massa di idrogeno è 2mH/(2mH + mO). Calcolando tale frazione utilizzando, per semplicità, i numeri di massa (1 per l‟idrogeno e 16 per l‟ossigeno) si ha: 2mH/(2mH + mO) = 2/18 = 0,111. Sicchè la frazione di massa costituita da deuterio è 0,1110,015/100 = 1,67∙10-7. E quindi per ricavare 1 g di deuterio occorrono 10-3/1,67∙10-7 ≈ 6∙103 kg di acqua, cioè 6 m3. 10. Supponendo di sostituire con idrogeno ottenuto dall‟elettrolisi dell‟acqua il petrolio impiegato in Italia nel settore dei trasporti su gomma, pari a circa 50 milioni di Tep all‟anno (I Tep = 41,9 GJ), calcolate il volume dell‟acqua da elettrolizzare per ottenerlo, sapendo che in condizioni normali di temperatura e pressione l‟idrogeno ha densità = 0,084 kg/m3. Risoluzione. L‟energia del petrolio che l‟idrogeno deve sostituire è E = 50∙10641,9∙109 = 2,1∙1018 J. Dato che la combustione di 1 m3 di idrogeno produce 144 MJ, il volume dell‟idrogeno necessario è V = 2,1∙10 18 /144∙106 = 1,46∙1010 m3, in condizioni normali di temperatura e pressione. La massa di idrogeno necessaria è dunque mH = V = 0,0841,46∙1010 = 1,23∙109 kg. Dato che la molecola dell‟acqua (H2O) contiene due atomi di idrogeno con numero di massa 1 e uno di ossigeno con numero di massa 16, la massa d‟acqua necessaria è (16/2)1,23∙109 = 9,84∙109 kg. E quindi il volume dell‟acqua necessaria, con densità 1000 kg/m3, è dunque circa 107 m3. 11. La benzina ha densità = 0,72 g/cm3 e potere calorifico 46 MJ/kg. Calcolate la pressione a cui, in linea di principio, va compresso l‟idrogeno a temperatura normale per ridurlo, a parità di energia immagazzinata, al volume occupato dalla benzina Risoluzione. Il potere calorifico della benzina per unità di volume è: (46∙106 J/kg) (720∙103 kg/m3) = 3,3∙1013 J/m3; quello dell‟idrogeno è 1,4∙1011 J/m3 in condizioni normali di temperatura e pressione. Per immagazzinare nell‟idrogeno la stessa quantità di energia della benzina occorre ridurne il volume di un fattore 3,3∙1013/1,4∙1011 = 240, cioè comprimerlo, a temperatura costante, alla pressione di 240 atmosfere. 12. Vogliamo trasportare a distanza energia nella forma di idrogeno, sostituendo una linea elettrica da 2 GW. Calcolate la portata in m 3/s dell‟idrogenodotto a ciò necessario, assumendo l‟idrogeno compresso a 10 atmosfere a temperatura ambiente. Risoluzione. Il potere calorifico dell‟idrogeno per unità di volume è 144 MJ/m3, in condizioni normali di temperatura e pressione. Per trasportare 2 GW con idrogeno a 10 atmosfere occorre dunque una portata di 2∙109/(1,44∙10810) = 1,39 m3/s. 14