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Chi salva una vita salva il mondo intero
Storia e cittadinanza Temi e percorsi Chi salva una vita salva il mondo intero CECILIA NIZZA Dal 1962 opera in Israele una Commissione che ha l’incarico di conferire un’onorificenza a quanti, tra i non ebrei, agirono disinteressatamente, rischiando la propria vita e quella dei loro congiunti, per salvare la vita a uno o più ebrei durante la Shoah. Queste persone sono designate come “Giusti delle Nazioni” (in ebraico traslitterato Chasside’ Umot Ha-Olam), espressione ripresa dalla letteratura talmudica. AA.VV., Storia 2012. Idee e strumenti per insegnare, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori © 2012, Pearson Italia, Milano-Torino 232 Chi salva una vita salva il mondo intero W Una procedura complessa La Commissione per la nomina dei “Giusti delle Nazioni” è composta di 35 personalità, storici, professionisti, tutti volontari, molti dei quali all’inizio essi stessi dei sopravvissuti, e presieduta da un ex-giudice della Corte Suprema. La procedura per l’assegnazione del titolo di “Giusto delle Nazioni” è complessa, prevede diverse fasi, richiede un’inchiesta meticolosa e una ricerca puntigliosa di testimonianze che avvalorino l’atto di eroismo e il rischio corso dai salvatori. Dopo la fase preliminare, l’incartamento viene affidato in genere a un membro della Commissione, esperto della storia e della lingua del paese di origine del salvatore. Ogni testimonianza raccolta deve essere autenticata da un notaio o da un diplomatico rappresentante in quel paese lo stato di Israele. Questi sottocomitati operano autonomamente e in genere la Commissione plenaria ne ratifica le decisioni, con l’assegnazione del titolo. Nei casi dubbi o insoluti, la Commissione plenaria interviene, decidendo se esistano i presupposti per un supplemento di indagine o per dare un’interpretazione più ampia alla nozione di salvataggio, come avvenne quando si trattò di riconoscere i meriti di alcuni diplomatici, che agirono spesso in contrasto con i propri governi.1 Chi ottiene questo riconoscimento riceve una medaglia con il proprio nome, un diploma d’onore e il privilegio di vedere il proprio nome inciso nel Giardino dei Giusti, che sorge sul monte della Rimembranza (Har HaZikaròn), a Gerusalemme, presso lo Yad Vashem2, il Memoriale ufficiale delle vittime della Shoah, istituito nel 1953 con una legge ad hoc dal parlamento israeliano e divenuto il più importante istituto di ricerca sullo sterminio degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. È interessante ricordare che il secondo Presidente della Commissione fu Moshe Bejski3, salvato assieme ai fratelli da Oskar Schindler, grazie alla sua famosa lista. 1. Ecco alcuni casi, di cui si possono leggere le storie cercando su Google. Sugihara Chiune, vice console giapponese in Lituania. Aristides de Sousa Mendes, console generale del Portogallo a Bordeaux. Giorgio Perlasca, che si fece passare per console spagnolo. Inoltre, ai “Giusti delle Nazioni” viene riconosciuta la cittadinanza onoraria di Israele, possono godere di un sussidio se indigenti, dell’assistenza sanitaria e di pensione se risiedono nel paese. La stessa cerimonia di riconoscimento si svolge nel paese in cui risiede la persona, a cura della rappresentanza diplomatica israeliana. Il numero dei Giusti Alla fine del 2010 Yad Vashem ha riconosciuto 23 788 Giusti in 45 paesi. paese Giusti paese Albania 69 Lituania Armenia 19 Lussemburgo Austria Belgio 88 Macedonia 1 584 Moldova Bielorussia 555 Montenegro Bosnia 40 Norvegia Brasile Bulgaria 2 Paesi Bassi 19 Polonia Cile 1 Portogallo Cina 2 repubblica Ceca Croazia danimarca 102 Gran Bretagna (inclusa scozia) 3 331 spagna 1 svezia 495 svizzera 2 108 522 6 4 10 45 1 14 Ucraina 2 363 307 Italia 498 Vietnam Lettonia 129 233 5 108 6 266 1 turchia Grecia 2. L’espressione Yad Vashem significa letteralmente “un memoriale e un nome” ed è tratta dal libro del profeta Isaia (56,5), in cui il Signore dice «concederò nella mia casa e dentro le mie mura un memoriale e un nome… darò loro un nome eterno che non sia cancellato». 1 47 131 1 slovacchia Germania 10 79 173 3 slovenia Giappone 1 russia El salvador Francia 800 22 serbia Estonia Georgia Giusti Usa 3 1 Totali: 23 788 3. Il primo fu Moshe Landau (Danzica, 1912-Gerusalemme, 2011), che presiedette nel 1961 il processo a Adolf Eichmann, responsabile della “soluzione finale”. AA.VV., Storia 2012. Idee e strumenti per insegnare, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori © 2012, Pearson Italia, Milano-Torino storIA E CIt tAdINANZA W L’Italia e i suoi Giusti W Il concetto di “giusto” nella tradizione ebraica Al gennaio 2011, i Giusti italiani4 identificati e segnalati a Yad Vashem sono 498, un numero decisamente inferiore rispetto alla realtà, anche considerando che la popolazione ebraica in Italia era numericamente molto inferiore a quella di altri paesi europei (circa 46 000, cui vanno aggiunti i numerosi profughi giunti in Italia, dagli anni trenta fino all’8 settembre 1943, per sfuggire allo sterminio già in atto soprattutto nell’Europa centrale e orientale) e al numero di vittime della deportazione. Una spiegazione può essere che questa funzione di Yad Vashem è stata a lungo poco nota, ricevendo impulso, solo a partire dagli anni novanta, dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione e dagli appelli sulla stampa nazionale ed ebraica a segnalare allo Yad Vashem i casi di salvataggio avvenuti in Italia. Ciò non toglie che, già subito dopo la guerra, in Italia sono stati attribuiti riconoscimenti da parte delle singole comunità ebraiche a quanti si spesero a favore non solo dei loro concittadini perseguitati, ma anche degli stranieri. Nel 1955, nel decimo anniversario della liberazione, l’Unione delle comunità ebraiche italiane insignì di medaglia d’oro diversi benemeriti. Inoltre, bisogna tener presente che in Italia ci fu una solidarietà diffusa, basata su rapporti di amicizia consolidati, di buon vicinato che rendevano il soccorso una cosa normale e naturale, pur in presenza di un pericolo reale. Per quanto riguarda gli stranieri, sparsi nel mondo dopo la guerra, hanno contribuito a diffondere quell’immagine degli italiani “brava gente” che sul piano storico ha impedito in qualche modo una seria assunzione di responsabilità nazionale nei confronti di quanto successo. Un importante ruolo nella diffusione dell’opera di Yad Vashem hanno avuto il Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec) di Milano, incaricato ufficialmente delle indagini preliminari, e l’Associazione degli Amici di Yad Vashem, guidata da Emanuele Pacifici, figlio del rabbino Riccardo Pacifici, arrestato a Genova e morto ad Auschwitz. La figura del giusto è parte integrante della tradizione ebraica. Noè5 è presentato come «uomo giusto e integro». Poichè «camminava con il Signore», avrà il compito di salvare parte dell’umanità dal diluvio. Il testo biblico aggiunge però «nella sua generazione». Per i Maestri questo dettaglio non è superfluo (nessuna parola o espressione è superflua nel testo sacro), ma vuole significare che Noè è giusto e integro nella sua generazione, in un’altra forse no, ma in questa sì e ciò basta perché possa compiere la sua missione. Il giusto non è necessariamente una persona eccezionale, può essere un individuo normale, ma al momento opportuno sa distinguere il bene dal male, sa assumere le sue responsabilità, rifiuta l’indifferenza. Esiste una tradizione ebraica secondo la quale il mondo, nonostante il male che lo pervade, si regge sulla presenza di 36 Giusti6 ispirati dalla presenza divina, coperti da assoluto e mutuo anonimato, essi stessi inconsapevoli della loro missione. Non è qui la sede per un discorso teologico. Il messaggio insito in questa leggenda è che, nonostante la sproporzione tra l’esiguo numero di giusti e quello incommensurabile dei peccatori, basta che nel mondo ci siano persone disposte a sacrificarsi per gli altri, per salvarlo almeno moralmente. 4. I Giusti d’Italia – I non ebrei che salvarono gli ebrei 1943-1945, a c. di Israel Gutman e Bracha Rivlin. Edizione italiana di Liliana Picciotto. Quest’opera fa parte di un progetto di Yad Vashem di una enciclopedia completa con le storie individuali di ogni salvatore. AA.VV., Storia 2012. Idee e strumenti per insegnare, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori © 2012, Pearson Italia, Milano-Torino W Le motivazioni psicologiche di una scelta Ci si interroga spesso sulle motivazioni che spingono esseri normali a comportamenti di inaudita crudeltà7, mentre è più inconsueto chiedersi cosa spinge un essere normale a mettere a rischio la propria vita per salvarne un’altra. D’altra parte lo stesso Talmud, con il celebre aforisma citato nel titolo di questo contributo, mettendo in luce come il salvataggio anche di una sola vita equivalga a un atto di grandissimo coraggio, tale da ridare al mondo quel senso etico che troppo spesso gli manca, sottolinea come anche l’opzione del bene sia di per sé complessa. Questa complessità la si può evidenziare nel cambiamento, avvenuto proprio a Yad Vashem, Un volume per ogni paese. 5. Genesi, 2, 9. 6. In ebraico Tzadikim nistarim (“Giusti nascosti”) o Lamed Vav Tzadikim (“36 Giusti”). In ebraico i numeri vengono indicati con le lettere dell’alfabeto (lamed = 30; vav = 6). Il primo riferimen- 234 to si trova in un breve passo del Talmud babilonese, ripreso e ampliato dalla tradizione mistica e hassidica. 7. H. Arendt, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli, Milano 1964. Chi salva una vita salva il mondo intero nella procedura di riconoscimento del titolo. Se all’inizio prevaleva l’idea che il giusto dovesse essere una persona integerrima, coerente, eroica, sotto la direzione di Bejski si riconobbe che anche persone dall’esistenza non proprio specchiata, per soccorrere un perseguitato, avevano trovato la forza di distanziarsi da se stessi, dalle loro nature non proprio propense all’eroismo. Oskar Schindler è divenuto il simbolo di questo tipo di persona, lui, iscritto per interesse al Partito nazista, salvatore di 1100 ebrei. Lo storico Mordecai Paldiel, direttore del Dipartimento dei Giusti a Yad Vashem dal 1982 al 2007, in un suo studio dedicato al salvataggio dei perseguitati8 ad opera di singoli, parte dalla reazione istintiva e istantanea, che definisce quasi genetica, di un individuo posto davanti a una la leggenda dei 36 Giusti a commento del famoso episodio raccontato nel libro della Genesi, di abramo che tenta invano di salvare le città di Sodoma e Gomorra dalla distruzione totale decretata dal Signore, i Maestri del talmud ricavano l’insegnamento che in ogni generazione ci sono delle persone buone, grazie alle quali l’umanità si salva dall’annientamento per il suo egoismo, la sua ignoranza, la sua cattiveria. diverse le ipotesi avanzate dagli studiosi sul significato di questo numero. ne riporto una molto affascinante: il numero 36 è il doppio di 18, le cui lettere formano la parola chai = “vita”. il che significa che queste persone vivono sia per sé sia per gli altri. da questa tradizione scaturì una letteratura fatta di leggende e racconti giunta fino ai nostri giorni, come dimostra il romanzo di andré Schwarz-Bart, L’ultimo dei giusti 9 scritto nel 1959, in cui l’autore ripercorre, sul filo di questa leggenda, il tragico destino del popolo ebraico nei tempi. n 8. M. Paldiel, The face of the Other: Reflections on the Motivations of Gentile Rescuers of Jews. Contenuto sul sito http://www1. yadvashem.org/yv/en/righ…es/ paldiel.pdf. CeCIlIa CoHeN HemSI NIZZa Vive a Gerusalemme, dove insegna all’Università ebraica ed è assessore alla cultura nel consiglio della locale comunità ebraica italiana. Per Bruno Mondadori ha curato un’edizione commentata e annotata de La Nuit di elie Wiesel e il volume Testimoni, a partire da brani di Vita e Destino di V. Grossman e due racconti tratti da Il fumo di Birkenau di Liana Millu. n bIoGrafIa situazione eccezionale e traumatica. Nel caso di cui stiamo parlando, la reazione può prendere due opposte direzioni: del carnefice o dell’indifferente, oppure del salvatore. Occupandosi della seconda categoria, anche in questo caso, lo studioso si chiede in quali circostanze avvenga il contatto tra salvatore e salvato. In genere, e proprio qui entra in gioco l’aspetto psicologico, è la vittima che sceglie il suo salvatore e lo pone davanti a una scelta. Non stiamo parlando di gruppi di resistenza o di vere e proprie organizzazioni di salvataggio, ma di singoli che improvvisamente si confrontano con quella situazione eccezionale e traumatica di cui si diceva prima. Soprattutto nell’Europa orientale (Polonia, Urss), dove le uccisioni in massa avvengono quasi alla luce del sole, dove i ghetti sono l’anticamera della morte, dove le vittime sono braccate là dove capita10, spesso sotto gli occhi della popolazione, la vittima che è riuscita miracolosamente a sfuggire ai suoi carnefici si presenta alla porta del suo potenziale salvatore, che non è detto non sia intriso di un antiebraismo ancestrale. Ma, di fronte a un essere che gli mette nelle mani la sua vita, pur non essendosi opposto alle misure persecutorie fino a quel momento prese (arresti, restrizione nei ghetti ecc.), l’idea di essere lui a dare la morte fa scattare quel meccanismo che lo trasforma in salvatore. 9. Titolo originale, Le dernier des justes, Parigi, Editions du Seuil, Traduzione italiana di V. Riva, Feltrinelli, Collana Universale economica, Milano 2002, 5 ed. 10. C. Lanzman, Shoà, documen- 235 tario fiume del 1985, in cui l’autore indaga anche sul comportamento degli “spettatori”. AA.VV., Storia 2012. Idee e strumenti per insegnare, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori © 2012, Pearson Italia, Milano-Torino storia e cit tadinanza W La lezione dei Giusti Altre indagini sul comportamento altruistico sono state fatte dopo la guerra. Il filosofo francese Emmanuel Levinas11 ha dedicato importanti riflessioni sull’etica della responsabilità e sul rapporto con l’Altro, indicati come fine primario della filosofia; altri hanno preso per assunto l’idea che nell’uomo ci sia una naturale predisposizione alla giustizia. La storia di quel periodo, con i milioni di morti dovuti a un’ideologia che pretendeva di insegnare cos’è il bene, deve farci riflettere. I Giusti con il loro comportamento non possono farci dimenticare gli orrori commessi. Purtroppo, il loro comportamento non fu maggioritario, altrimenti l’enormità di quegli orrori sarebbe stata inferiore se non nulla. La valorizzazione degli atti di solidarietà e di giustizia deve essere d’esempio per costruire un mondo civile e giusto. Ma, come ci ricorda Gabriele Nissim nella sua riflessione riportata qui sotto, perché questa memoria abbia un significato, occorre continuare nel riconoscimento di quanti si danno da fare per opporsi alla tirannia, ai massacri, agli abusi. E forse ha anche un significato il fatto che questo 11. Emmanuel Levinas (1906-95), filosofo ebreo di origine lituana, emigrato in Francia negli anni trenta, influenzato dalle filosofie di Husserl e Heidegger, sviluppa un pensiero autonomo, indicando nella comprensione del rap- porto con l’Altro il fine della filosofia. L’etica è dunque il compito primario della filosofia, l’individualità esiste solo se si rapporta con l’Altro. 12. G. Nissim, La Foresta dei Giusti. Spunti di riflessione per bibliografia Links utili n www.yadvashem.org/museum È il sito di Yad Vashem, il più completo. Cliccando “Righteous among the Nations” è possibile visitare virtualmente il Viale dei Giusti, il Giardino dei Giusti, il Muro d’Onore, il monumento ai salvatori anonimi. Inoltre vi si trovano le procedure per l’assegnazione del titolo e l’elenco dei Giusti riconosciuti al gennaio 2011. I 498 Giusti italiani riconosciuti da Yad Vashem sono elencati nella voce it.wikipedia.org/wiki/Giusti_tra_le_ nazioni. AA.VV., Storia 2012. Idee e strumenti per insegnare, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori © 2012, Pearson Italia, Milano-Torino riconoscimento ai Giusti parta proprio da Gerusalemme, il cui nome contiene la parola shalom, “pace”. Scrive Nissim: «Nonostante lo straordinario messaggio morale universale della foresta di Gerusalemme, l’idea di rendere omaggio ai “giusti” fino ad ora è stata confinata esclusivamente alla memoria della Shoah, […] senza mai diventare un parametro etico universale in grado di far scoprire, di mettere a fuoco comportamenti, prese di posizioni individuali che, seppur con risultati diversi, hanno cercato di opporsi ai genocidi del nostro secolo. […] Questa mancanza nasce forse dall’incomprensione che il Novecento è stato il secolo di un genocidio infinito, cominciato con l’annientamento di un milione e mezzo di armeni nei deserti della Mesopotamia, proseguito con la morte di milioni di uomini nei gulag staliniani e nelle campagne cinesi, marchiato dall’immane distruzione di quasi 6 milioni di ebrei nelle camere a gas e poi da nuovi genocidi in Cambogia ed in Rwanda, e che si avvia alla conclusione con le macerie della pulizia etnica in Bosnia ed in Kosovo»12. un convegno internazionale sui Giusti. In www.gariwo.net/file/ doc_comitato.pdf e ancora Il Tribunale del Bene. La storia di Moshe Bejski, l’uomo che creò il Giardino dei Giusti, Mondadori, Milano 2011. www.cdec.it È il sito della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, il principale istituto italiano di storia e documentazione dell’ebraismo contemporaneo in Italia. n www.gariwo.net È il sito del Comitato della Foresta dei Giusti – Gariwo, costituito nel 2009 e presieduto da Gabriele Nissim, che ricerca in tutto il mondo i Giusti che hanno operato contro tutti i genocidi. Nel 2003 Nissim ha inaugurato la Foresta dei Giusti sul Montestella a Milano, con i primi alberi dedicati ai fondatori del Giardino dei Giusti di Gerusalemme. n 236